Federico Della Sala (Verona 1989). Laurea Triennale (2012-2013) presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - "Tertulliano interprete di Valentino", Storia delle dottrine teologiche [104/110]. Laurea Magistrale (2015-2016) all'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - "Frammenti di Avvenire. Nietzsche e l'Europa", Estetica [110 e lode/110]. Dottorando in "Filosofia" presso "Pontificia Universitas Lateranensis" (Roma; 2016 - ). Redattore presso il centro di ricerca "Laboratorio di Archeologia filosofica" (Roma; 2019- ). Membro fondatore e caporedattore dell'associazione "Filosofia in Movimento" (Roma; 2014- 2018). Presidente dell'associazione "Athene Noctua - centro studi di filosofia" (Roma; 2013-2015).
La rubrica inaugurata da Marcello Tarì e Mario Tronti ha posto sin da subito l’urgenza e la diffi... more La rubrica inaugurata da Marcello Tarì e Mario Tronti ha posto sin da subito l’urgenza e la difficoltà di pensare una specifica forma di estraniamento che consenta di farsi stranieri «nel mondo ma non del mondo». Xeniteia è la formula, il moto o la tecnica che è stata individuata per definire una tale soglia. Ed anzi, proprio come tecnica contemplativa, la xeniteia sembra garantire un farsi stranieri al mondo «non semplicemente per rifiutarlo, ma per combatterlo»
E infatti se proprio si dovesse circoscrivere la questione fondamentale del saggio di Donatella d... more E infatti se proprio si dovesse circoscrivere la questione fondamentale del saggio di Donatella di Cesare, la si dovrebbe indicare proprio nel respiro; meglio, nel respirare insieme, nel cospirare – in opposizione all’asfissia della politica divenuta governance. Ed anzi, se il coabitare rappresenta la condizione umana che precede e revoca «la mitologia dell’origine» e del radicamento, il cospirare rappresenta l’operazione fondamentale attraverso cui accedere ad una diversa relazione con i mondi e con gli ambienti che revochi sin dal principio l’asfissiante “mitologia del progresso”, con i suoi corollari di sfruttamento, dominio, lavoro, controllo immunitario etc. Se nel coabitare si trattava di articolare un’etica del soggiorno e dell’ospitalità tra gli uomini, nel cospirare si tratta di sviluppare un’etica della convivenza e della sovrapposizione tra gli ambienti, i mondi, i tempi, le specie.
Se si prova a definire la questione centrale di cui tratta Paolo Godani nel suo ultimo Sul piacer... more Se si prova a definire la questione centrale di cui tratta Paolo Godani nel suo ultimo Sul piacere che manca. Etica del desiderio e spirito del capitalismo, ci si accorge immediatamente che il centro stesso non c’è; e non tanto per demerito di Godani quanto, piuttosto, perché il centro della questione si rivela essere fin da subito un vuoto, una mancanza appunto. Ed infatti, come l’autore tiene più volte a precisare, è il piacere «ciò che manca al nostro tempo, ciò che manca in un senso non contingente, ma strutturale – se è vero […] che la cancellazione del piacere è una delle condizioni fondamentali per la conservazione del capitalismo (tanto più nella sua variante neoliberale)».
Dunque per capire cosa significhi «crisi» occorre chiedersi: “chi è Europa”? E, lo si noti di sfu... more Dunque per capire cosa significhi «crisi» occorre chiedersi: “chi è Europa”? E, lo si noti di sfuggita, chiedere chi sia Europa ci pone già al di fuori di quel modo di interrogarsi che pone l’inevitabilità della res: già da questa domanda Europa non è una «cosa», non è un «prodotto», non è una «merce», un qualche cosa di cui si può disporre, o su cui ci si può imporre. Europa è un «chi», una vita, un volto e ciò ci spinge verso quella particolare filosofia che Nietzsche chiama genealogia. Quel che si vorrebbe proporre è quindi una mito-fenomenologia dell’originario «Chi» europeo; un’archeologia del nome attraverso cui tracciare una breve ed incisiva genealogia di una vita segnata dalla crisi, dalla nevrosi, dal nichilismo.
The article is focused on the Gadamerian position about European culture and its heritage, with a... more The article is focused on the Gadamerian position about European culture and its heritage, with a particular consideration granted both to Das Erbe Europas and Robert Sullivan's comment on Europa und die Oikoumene, a text dated 1936 and conceived to be as a supplement of the Heidegger's conference transcription Europe and German philosophy. The chosen thematic angle will also look towards how a mainly geographic and political question has been grafted with epistemological ones: does Knowledge possess an Heimat? This is precisely what universal claims of scientific-mathematical science seems to deny.
Pólemos. Materiali di filosofia e critica sociale (ISBN 9788855221153), 2020
Se nelle ricerche di Andrea Cavalletti si provasse ad isolare un qualche cosa come un nucleo tema... more Se nelle ricerche di Andrea Cavalletti si provasse ad isolare un qualche cosa come un nucleo tematico fondamentale, questo andrebbe a circoscrivere un area in cui sicurezza, paura e morte sono gli oggetti d’indagine privilegiati per comprendere l’architettura della macchina biopolitica e, al medesimo tempo, gli snodi attraverso cui afferrare la possibilità di una radicale defezione.
Laboratorio 'archeologia filosofica' (ISSN 2531-6524), Jun 17, 2019
Recensione a Orfismo e tragedia di Gianni Carchia.
L’orfismo è perciò uno di questi «nomi propri ... more Recensione a Orfismo e tragedia di Gianni Carchia. L’orfismo è perciò uno di questi «nomi propri che vanno intesi, dunque, come se fossero eventi» (p.86); sentieri e vie di fughe che la storia dei vincitori ha tentato di occultare e nascondere o, proprio come nel caso dell’orfismo, di bruciare e seppellire. E a ragione sostiene Coupat, dal momento che «l’orfismo è un nome in codice della destituzione di un’intera civiltà nel momento stesso in cui questa si istituisce» (p.91). Per dirla con Daniel Heller-Roazen, l’orfismo è la prima delle lingue oscure, quella che si articola come radicale alternativa alla costruzione del λόγος ateniese senza per ciò stesso ricadere nel gorgogliare del μύθος. Meglio ancora, l’orfismo è la prima forma della destituzione in quanto si propone come secessione assoluta nel momento stesso in cui l’intera Grecia si adopera all’edificazione del fondamento, all’istituzionalizzazione dell’arché nella sua indistinzione di origine e comando.
Mondo e catastrofe. Margini del tempo presente, 2021
E tuttavia è solo da questa prospettiva di morte e di stanchezza, che le domande poste da Amato a... more E tuttavia è solo da questa prospettiva di morte e di stanchezza, che le domande poste da Amato assumano davvero tutta la loro urgenza e tutta la loro rilevanza politica. Del resto, se la vita è ormai vissuta come una non-vita, allora farla finita con questa catastrofe è il solo compito politico rimasto. Ma come fare? Occorre poi davvero fare qualcosa? E dove andare? In quale direzione? Con quali strategie, quali linguaggi, quali mezzi? È intorno a questa gamma di questioni che fa la sua comparsa il concetto di diserzione [...].
Cosa cambia nel modo in cui si muore? maschere, iconografie, letteratura, filosofia hanno codific... more Cosa cambia nel modo in cui si muore? maschere, iconografie, letteratura, filosofia hanno codificato i modi del morire la cui lingua risulta di difficile ascolto nell'assordante rumore di fondo dell'informazione e delle prescrizioni, delle parole scambiate intorno alla malattia, alla degenza, alla rianimazione del corpo individuale e politico, al dispositivo di governo della “nuda vita”. La collusione storica della devastazione del pianeta, della fine delle democrazie e di una inesorabile crisi energetica ed economica, si è risolta nel fatto che la nostra civiltà è già morta da tempo. Asssistiamo oggi alla mobilitazione dell'insieme dei dispositivi di emergenza che dovrebbero far fronte al presente: la morte nella “giusta maniera di vivere”. Questa immagine vogliamo resusicitare attraverso i diversi intenti di questi incontri: sentire come parla la morte, quali figure sono all'opera. Si tratta di indagare i linguaggi del morire in contesti fatti di frammenti, estratti, “materiali” e di scoprire che le lingue sepolte non sono quelle di un'altra maniera di vivere.
12 INCONTRI AL MACRO ASILO - ROMA - LABORATORIO ARCHEOLOGIA FILOSOFICA, 2019
Utopie ed eterotopie si provano da sempre in una felicità che giace al crocevia fra vita corporea... more Utopie ed eterotopie si provano da sempre in una felicità che giace al crocevia fra vita corporea e vita politica. I loro lontani modelli sono, forse, figure antiche come l'Eden o l'Arcadia. Scissa dalla propria corporeità e separata dalla natura, l'umanità ha cercato, nel corso di tutta la sua storia, di riaccedere a una vita innocente e indivisa. L'erranza e la cattura, il giardino e il Regno, l'uso e la colpa: i dispositivi di governo non hanno mai avuto gioco facile. Oggi che queste faglie si dilatano e la catastrofe diventa dispositivo di governo, si spalanca qui e ora anche la possibilità di accedere al "giardino delle delizie" che è la giusta abitazione su questa terra. Se, infatti, è vero che il capitalismo produce una mortifera animalizzazione dell'uomo e antropizzazione della natura, è ugualmente vero che si affaccia la figura politica di un divenire-animale capace di sottrarsi ai dispositivi di cattura. Il seminario di quest'anno affronterà il tema dell'uso e del paesaggio. Non c'è più luogo in cui muovere, né programma da realizzare. Non c'è più nulla da produrre, né da consumare. La vita beata è quella forma di vita comune che riposa senza scopo presso di sé.
The present work does not intend to advance a critique of the destitution thought. Rather, it wil... more The present work does not intend to advance a critique of the destitution thought. Rather, it will be a matter of highlighting the theoretical-practical risks that such a proposal assumes as unavoidable conditions within a political context. In other words, we will try to think of that threshold in which the praxis that deposes reflects in the most nocturnal practices of sovereign power. Taking seriously the Agambenian invitation to reflect on the anarchy of power, the present research intends to examine the frayed relationship that links the philosophical-political proposals of Walter Benjamin and Ernst Jünger in the years of Weimar Republic. In the emblematic comparison between the two it is possible to trace a series of conceptual junctions - such as the one between the end of time and the time of the end - that will help define a set of tactics capable of escaping ambiguity. Only by untying anarch and soldier, overcoming and nihilism, life-form and type, it will be possible to access that space that is still "to think" that no longer has any relation with sovereign power.
L’articolo di Josep Rafanell i Orra, Le monde revient. Ebauche d’une antipolitique è stato pubbli... more L’articolo di Josep Rafanell i Orra, Le monde revient. Ebauche d’une antipolitique è stato pubblicato su Lundimatin, #252, il 3 settembre 2020 ed è consultabile su Le monde revient. Ebauche d’une antipolitique. Di seguito la traduzione a cura di F. Della Sala.
«Dunque, a che punto siamo? Si deve proprio scegliere tra mondi senza divisione e divisione senza mondi? Per uscire da questa aporia bisogna mettere definitivamente fine alla politica la cui scenografia eterna è stata fissata dal demos greco. Farla finita quindi con i suoi pretendenti predatori, con i funzionari competenti che denunciano l’incompetenza degli altri, con i governanti e i governati. Nonché con le sue postazioni commerciali in giro per il Mediterraneo. D’altro canto Détienne Marcel ci aveva ammonito sin dalle prime pagine di Les dieux d’Orphée del contrasto esistente tra le forme di vita che sussistevano negli ibridi e nei misteri della khôra da un lato e l’assemblea dei rivali nella polis dall’altro; la prima era "un tipo di vita assolutamente separato da quelli che nascono cittadini programmati, addestrati ad uccidersi intorno ai loro altari insanguinati"»
Con la pubblicazione nel 2014 di Spartakus. Simbologia della rivolta di Furio Jesi – cui seguono ... more Con la pubblicazione nel 2014 di Spartakus. Simbologia della rivolta di Furio Jesi – cui seguono nel corso dello stesso anno anche quelle di Germania segreta e Il tempo della festa –, i lettori anglofoni sono ora in grado di apprezzare meglio tutta l’ampiezza e la complessità di una delle opere teoriche più illuminanti e penetranti del Novecento italiano. Un dei principali temi dell’opera jesiana nel decennio tra il 1968 e il 1977 riguarda il modo in cui la presenza del mito e il ritirarsi di una sua autentica esperienza possano ostacolare una trasformazione sociale e politica liberatoria. È infatti solo un apparente paradosso che in un’epoca post-mitologica, in cui cioè mancano le premesse metafisiche e culturali di una collettività festiva, la violenza mitica non scompaia affatto, ma si riaffermi piuttosto in forme negative. Nel testo che segue intendo dimostrare che la concezione jesiana di ‘festa crudele’ rappresenta il culmine di una lunga riflessione su alcuni dei temi fondamentali della filosofia politica del ventesimo secolo; attraverso questo stesso concetto intendo poi rimettere in discussione la comprensione che abbiamo dell’emergere della soggettività politica, della natura della rivoluzione, nonché del significato della violenza in gioco in quest’ultima.
Il saggio di Frédéric Neyrat, Undercomets: On the Structure of Antagonism and the Cosmo-Geologica... more Il saggio di Frédéric Neyrat, Undercomets: On the Structure of Antagonism and the Cosmo-Geological Field è stato originariamente scritto per la conferenza Undercommons & Destituent Power, successivamente rinviata a causa della pandemia. È stato poi pubblicato in Ill Will, 09 Aprile 2011, ed è consultabile su Undercomets: On the Structure of Antagonism and the Cosmo-Geological Field . Di seguito la traduzione a cura di F. Della Sala.
Il saggio di Malte Fabian Rauch An-archē and Indifference: Between Giorgio Agamben and Reiner Sch... more Il saggio di Malte Fabian Rauch An-archē and Indifference: Between Giorgio Agamben and Reiner Schürmann sarà pubblicato dalla, e consultabile sulla, rivista Philosophy Today, 65:3 (Summer 2021). Questo saggio pionieristico di Rauch tocca uno degli assi di ricerca più fecondi e cari al Laboratorio di Archeologia Filosofica – la relazione tra il pensiero di Giorgio Agamben e quello di Reiner Schürmann – tentando di esortare chi legge al confronto nonché alla rielaborazione (in) comune di questo nesso cruciale e, tuttavia, ancora largamente inesplorato. Di seguito, in anteprima, la traduzione annotata a cura di F. Della Sala e F. Guercio.
Il saggio di Kieran Aarons Destitution and Creation: Agamben's Messianic Gesture è stato pubblica... more Il saggio di Kieran Aarons Destitution and Creation: Agamben's Messianic Gesture è stato pubblicato dalla rivista Journal of Italian Philosophy-Volume 3 (2020) ed è consultabile su Destitution and Creation: Agamben's Messianic Gesture. Di seguito la traduzione a cura di F. Della Sala e F. Guercio.
«Un mondo comunista non è altro che la raccolta attenta o ‘composizione’ di processi convergenti di diserzione che permette loro di coesistere attraverso le loro singolari differenze in una modalità di comunione che Agamben chiama 'esilio'».
L'intervista a cura di Gerardo Munoz e intitolata 'Hölderlin en su 250 aniversario. "El hombre mo... more L'intervista a cura di Gerardo Munoz e intitolata 'Hölderlin en su 250 aniversario. "El hombre moderno es un hombre a la intemperie, y eso lo ve Hölderlin antes que ninguno". Entrevista a la germanista y traductora Helena Cortés Gabaudán' è stata pubblicata dalla rivista Inicio-Vallejo & Co. del 08 Agosto 2020. Di seguito la traduzione a cura di F. Della Sala e F. Guercio.
Italian translation of "Destitution and Creation: Agamben's Messianic Gesture." Di seguito la tra... more Italian translation of "Destitution and Creation: Agamben's Messianic Gesture." Di seguito la traduzione a cura di F. Della Sala e F. Guercio.
La rubrica inaugurata da Marcello Tarì e Mario Tronti ha posto sin da subito l’urgenza e la diffi... more La rubrica inaugurata da Marcello Tarì e Mario Tronti ha posto sin da subito l’urgenza e la difficoltà di pensare una specifica forma di estraniamento che consenta di farsi stranieri «nel mondo ma non del mondo». Xeniteia è la formula, il moto o la tecnica che è stata individuata per definire una tale soglia. Ed anzi, proprio come tecnica contemplativa, la xeniteia sembra garantire un farsi stranieri al mondo «non semplicemente per rifiutarlo, ma per combatterlo»
E infatti se proprio si dovesse circoscrivere la questione fondamentale del saggio di Donatella d... more E infatti se proprio si dovesse circoscrivere la questione fondamentale del saggio di Donatella di Cesare, la si dovrebbe indicare proprio nel respiro; meglio, nel respirare insieme, nel cospirare – in opposizione all’asfissia della politica divenuta governance. Ed anzi, se il coabitare rappresenta la condizione umana che precede e revoca «la mitologia dell’origine» e del radicamento, il cospirare rappresenta l’operazione fondamentale attraverso cui accedere ad una diversa relazione con i mondi e con gli ambienti che revochi sin dal principio l’asfissiante “mitologia del progresso”, con i suoi corollari di sfruttamento, dominio, lavoro, controllo immunitario etc. Se nel coabitare si trattava di articolare un’etica del soggiorno e dell’ospitalità tra gli uomini, nel cospirare si tratta di sviluppare un’etica della convivenza e della sovrapposizione tra gli ambienti, i mondi, i tempi, le specie.
Se si prova a definire la questione centrale di cui tratta Paolo Godani nel suo ultimo Sul piacer... more Se si prova a definire la questione centrale di cui tratta Paolo Godani nel suo ultimo Sul piacere che manca. Etica del desiderio e spirito del capitalismo, ci si accorge immediatamente che il centro stesso non c’è; e non tanto per demerito di Godani quanto, piuttosto, perché il centro della questione si rivela essere fin da subito un vuoto, una mancanza appunto. Ed infatti, come l’autore tiene più volte a precisare, è il piacere «ciò che manca al nostro tempo, ciò che manca in un senso non contingente, ma strutturale – se è vero […] che la cancellazione del piacere è una delle condizioni fondamentali per la conservazione del capitalismo (tanto più nella sua variante neoliberale)».
Dunque per capire cosa significhi «crisi» occorre chiedersi: “chi è Europa”? E, lo si noti di sfu... more Dunque per capire cosa significhi «crisi» occorre chiedersi: “chi è Europa”? E, lo si noti di sfuggita, chiedere chi sia Europa ci pone già al di fuori di quel modo di interrogarsi che pone l’inevitabilità della res: già da questa domanda Europa non è una «cosa», non è un «prodotto», non è una «merce», un qualche cosa di cui si può disporre, o su cui ci si può imporre. Europa è un «chi», una vita, un volto e ciò ci spinge verso quella particolare filosofia che Nietzsche chiama genealogia. Quel che si vorrebbe proporre è quindi una mito-fenomenologia dell’originario «Chi» europeo; un’archeologia del nome attraverso cui tracciare una breve ed incisiva genealogia di una vita segnata dalla crisi, dalla nevrosi, dal nichilismo.
The article is focused on the Gadamerian position about European culture and its heritage, with a... more The article is focused on the Gadamerian position about European culture and its heritage, with a particular consideration granted both to Das Erbe Europas and Robert Sullivan's comment on Europa und die Oikoumene, a text dated 1936 and conceived to be as a supplement of the Heidegger's conference transcription Europe and German philosophy. The chosen thematic angle will also look towards how a mainly geographic and political question has been grafted with epistemological ones: does Knowledge possess an Heimat? This is precisely what universal claims of scientific-mathematical science seems to deny.
Pólemos. Materiali di filosofia e critica sociale (ISBN 9788855221153), 2020
Se nelle ricerche di Andrea Cavalletti si provasse ad isolare un qualche cosa come un nucleo tema... more Se nelle ricerche di Andrea Cavalletti si provasse ad isolare un qualche cosa come un nucleo tematico fondamentale, questo andrebbe a circoscrivere un area in cui sicurezza, paura e morte sono gli oggetti d’indagine privilegiati per comprendere l’architettura della macchina biopolitica e, al medesimo tempo, gli snodi attraverso cui afferrare la possibilità di una radicale defezione.
Laboratorio 'archeologia filosofica' (ISSN 2531-6524), Jun 17, 2019
Recensione a Orfismo e tragedia di Gianni Carchia.
L’orfismo è perciò uno di questi «nomi propri ... more Recensione a Orfismo e tragedia di Gianni Carchia. L’orfismo è perciò uno di questi «nomi propri che vanno intesi, dunque, come se fossero eventi» (p.86); sentieri e vie di fughe che la storia dei vincitori ha tentato di occultare e nascondere o, proprio come nel caso dell’orfismo, di bruciare e seppellire. E a ragione sostiene Coupat, dal momento che «l’orfismo è un nome in codice della destituzione di un’intera civiltà nel momento stesso in cui questa si istituisce» (p.91). Per dirla con Daniel Heller-Roazen, l’orfismo è la prima delle lingue oscure, quella che si articola come radicale alternativa alla costruzione del λόγος ateniese senza per ciò stesso ricadere nel gorgogliare del μύθος. Meglio ancora, l’orfismo è la prima forma della destituzione in quanto si propone come secessione assoluta nel momento stesso in cui l’intera Grecia si adopera all’edificazione del fondamento, all’istituzionalizzazione dell’arché nella sua indistinzione di origine e comando.
Mondo e catastrofe. Margini del tempo presente, 2021
E tuttavia è solo da questa prospettiva di morte e di stanchezza, che le domande poste da Amato a... more E tuttavia è solo da questa prospettiva di morte e di stanchezza, che le domande poste da Amato assumano davvero tutta la loro urgenza e tutta la loro rilevanza politica. Del resto, se la vita è ormai vissuta come una non-vita, allora farla finita con questa catastrofe è il solo compito politico rimasto. Ma come fare? Occorre poi davvero fare qualcosa? E dove andare? In quale direzione? Con quali strategie, quali linguaggi, quali mezzi? È intorno a questa gamma di questioni che fa la sua comparsa il concetto di diserzione [...].
Cosa cambia nel modo in cui si muore? maschere, iconografie, letteratura, filosofia hanno codific... more Cosa cambia nel modo in cui si muore? maschere, iconografie, letteratura, filosofia hanno codificato i modi del morire la cui lingua risulta di difficile ascolto nell'assordante rumore di fondo dell'informazione e delle prescrizioni, delle parole scambiate intorno alla malattia, alla degenza, alla rianimazione del corpo individuale e politico, al dispositivo di governo della “nuda vita”. La collusione storica della devastazione del pianeta, della fine delle democrazie e di una inesorabile crisi energetica ed economica, si è risolta nel fatto che la nostra civiltà è già morta da tempo. Asssistiamo oggi alla mobilitazione dell'insieme dei dispositivi di emergenza che dovrebbero far fronte al presente: la morte nella “giusta maniera di vivere”. Questa immagine vogliamo resusicitare attraverso i diversi intenti di questi incontri: sentire come parla la morte, quali figure sono all'opera. Si tratta di indagare i linguaggi del morire in contesti fatti di frammenti, estratti, “materiali” e di scoprire che le lingue sepolte non sono quelle di un'altra maniera di vivere.
12 INCONTRI AL MACRO ASILO - ROMA - LABORATORIO ARCHEOLOGIA FILOSOFICA, 2019
Utopie ed eterotopie si provano da sempre in una felicità che giace al crocevia fra vita corporea... more Utopie ed eterotopie si provano da sempre in una felicità che giace al crocevia fra vita corporea e vita politica. I loro lontani modelli sono, forse, figure antiche come l'Eden o l'Arcadia. Scissa dalla propria corporeità e separata dalla natura, l'umanità ha cercato, nel corso di tutta la sua storia, di riaccedere a una vita innocente e indivisa. L'erranza e la cattura, il giardino e il Regno, l'uso e la colpa: i dispositivi di governo non hanno mai avuto gioco facile. Oggi che queste faglie si dilatano e la catastrofe diventa dispositivo di governo, si spalanca qui e ora anche la possibilità di accedere al "giardino delle delizie" che è la giusta abitazione su questa terra. Se, infatti, è vero che il capitalismo produce una mortifera animalizzazione dell'uomo e antropizzazione della natura, è ugualmente vero che si affaccia la figura politica di un divenire-animale capace di sottrarsi ai dispositivi di cattura. Il seminario di quest'anno affronterà il tema dell'uso e del paesaggio. Non c'è più luogo in cui muovere, né programma da realizzare. Non c'è più nulla da produrre, né da consumare. La vita beata è quella forma di vita comune che riposa senza scopo presso di sé.
The present work does not intend to advance a critique of the destitution thought. Rather, it wil... more The present work does not intend to advance a critique of the destitution thought. Rather, it will be a matter of highlighting the theoretical-practical risks that such a proposal assumes as unavoidable conditions within a political context. In other words, we will try to think of that threshold in which the praxis that deposes reflects in the most nocturnal practices of sovereign power. Taking seriously the Agambenian invitation to reflect on the anarchy of power, the present research intends to examine the frayed relationship that links the philosophical-political proposals of Walter Benjamin and Ernst Jünger in the years of Weimar Republic. In the emblematic comparison between the two it is possible to trace a series of conceptual junctions - such as the one between the end of time and the time of the end - that will help define a set of tactics capable of escaping ambiguity. Only by untying anarch and soldier, overcoming and nihilism, life-form and type, it will be possible to access that space that is still "to think" that no longer has any relation with sovereign power.
L’articolo di Josep Rafanell i Orra, Le monde revient. Ebauche d’une antipolitique è stato pubbli... more L’articolo di Josep Rafanell i Orra, Le monde revient. Ebauche d’une antipolitique è stato pubblicato su Lundimatin, #252, il 3 settembre 2020 ed è consultabile su Le monde revient. Ebauche d’une antipolitique. Di seguito la traduzione a cura di F. Della Sala.
«Dunque, a che punto siamo? Si deve proprio scegliere tra mondi senza divisione e divisione senza mondi? Per uscire da questa aporia bisogna mettere definitivamente fine alla politica la cui scenografia eterna è stata fissata dal demos greco. Farla finita quindi con i suoi pretendenti predatori, con i funzionari competenti che denunciano l’incompetenza degli altri, con i governanti e i governati. Nonché con le sue postazioni commerciali in giro per il Mediterraneo. D’altro canto Détienne Marcel ci aveva ammonito sin dalle prime pagine di Les dieux d’Orphée del contrasto esistente tra le forme di vita che sussistevano negli ibridi e nei misteri della khôra da un lato e l’assemblea dei rivali nella polis dall’altro; la prima era "un tipo di vita assolutamente separato da quelli che nascono cittadini programmati, addestrati ad uccidersi intorno ai loro altari insanguinati"»
Con la pubblicazione nel 2014 di Spartakus. Simbologia della rivolta di Furio Jesi – cui seguono ... more Con la pubblicazione nel 2014 di Spartakus. Simbologia della rivolta di Furio Jesi – cui seguono nel corso dello stesso anno anche quelle di Germania segreta e Il tempo della festa –, i lettori anglofoni sono ora in grado di apprezzare meglio tutta l’ampiezza e la complessità di una delle opere teoriche più illuminanti e penetranti del Novecento italiano. Un dei principali temi dell’opera jesiana nel decennio tra il 1968 e il 1977 riguarda il modo in cui la presenza del mito e il ritirarsi di una sua autentica esperienza possano ostacolare una trasformazione sociale e politica liberatoria. È infatti solo un apparente paradosso che in un’epoca post-mitologica, in cui cioè mancano le premesse metafisiche e culturali di una collettività festiva, la violenza mitica non scompaia affatto, ma si riaffermi piuttosto in forme negative. Nel testo che segue intendo dimostrare che la concezione jesiana di ‘festa crudele’ rappresenta il culmine di una lunga riflessione su alcuni dei temi fondamentali della filosofia politica del ventesimo secolo; attraverso questo stesso concetto intendo poi rimettere in discussione la comprensione che abbiamo dell’emergere della soggettività politica, della natura della rivoluzione, nonché del significato della violenza in gioco in quest’ultima.
Il saggio di Frédéric Neyrat, Undercomets: On the Structure of Antagonism and the Cosmo-Geologica... more Il saggio di Frédéric Neyrat, Undercomets: On the Structure of Antagonism and the Cosmo-Geological Field è stato originariamente scritto per la conferenza Undercommons & Destituent Power, successivamente rinviata a causa della pandemia. È stato poi pubblicato in Ill Will, 09 Aprile 2011, ed è consultabile su Undercomets: On the Structure of Antagonism and the Cosmo-Geological Field . Di seguito la traduzione a cura di F. Della Sala.
Il saggio di Malte Fabian Rauch An-archē and Indifference: Between Giorgio Agamben and Reiner Sch... more Il saggio di Malte Fabian Rauch An-archē and Indifference: Between Giorgio Agamben and Reiner Schürmann sarà pubblicato dalla, e consultabile sulla, rivista Philosophy Today, 65:3 (Summer 2021). Questo saggio pionieristico di Rauch tocca uno degli assi di ricerca più fecondi e cari al Laboratorio di Archeologia Filosofica – la relazione tra il pensiero di Giorgio Agamben e quello di Reiner Schürmann – tentando di esortare chi legge al confronto nonché alla rielaborazione (in) comune di questo nesso cruciale e, tuttavia, ancora largamente inesplorato. Di seguito, in anteprima, la traduzione annotata a cura di F. Della Sala e F. Guercio.
Il saggio di Kieran Aarons Destitution and Creation: Agamben's Messianic Gesture è stato pubblica... more Il saggio di Kieran Aarons Destitution and Creation: Agamben's Messianic Gesture è stato pubblicato dalla rivista Journal of Italian Philosophy-Volume 3 (2020) ed è consultabile su Destitution and Creation: Agamben's Messianic Gesture. Di seguito la traduzione a cura di F. Della Sala e F. Guercio.
«Un mondo comunista non è altro che la raccolta attenta o ‘composizione’ di processi convergenti di diserzione che permette loro di coesistere attraverso le loro singolari differenze in una modalità di comunione che Agamben chiama 'esilio'».
L'intervista a cura di Gerardo Munoz e intitolata 'Hölderlin en su 250 aniversario. "El hombre mo... more L'intervista a cura di Gerardo Munoz e intitolata 'Hölderlin en su 250 aniversario. "El hombre moderno es un hombre a la intemperie, y eso lo ve Hölderlin antes que ninguno". Entrevista a la germanista y traductora Helena Cortés Gabaudán' è stata pubblicata dalla rivista Inicio-Vallejo & Co. del 08 Agosto 2020. Di seguito la traduzione a cura di F. Della Sala e F. Guercio.
Italian translation of "Destitution and Creation: Agamben's Messianic Gesture." Di seguito la tra... more Italian translation of "Destitution and Creation: Agamben's Messianic Gesture." Di seguito la traduzione a cura di F. Della Sala e F. Guercio.
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Keywords: Gadamer, Europe, Anfang, Cacciari, Reale, Patočka, Hussel, Wahrheit und Methode, Krisis, Epistemology.
L’orfismo è perciò uno di questi «nomi propri che vanno intesi, dunque, come se fossero eventi» (p.86); sentieri e vie di fughe che la storia dei vincitori ha tentato di occultare e nascondere o, proprio come nel caso dell’orfismo, di bruciare e seppellire. E a ragione sostiene Coupat, dal momento che «l’orfismo è un nome in codice della destituzione di un’intera civiltà nel momento stesso in cui questa si istituisce» (p.91). Per dirla con Daniel Heller-Roazen, l’orfismo è la prima delle lingue oscure, quella che si articola come radicale alternativa alla costruzione del λόγος ateniese senza per ciò stesso ricadere nel gorgogliare del μύθος. Meglio ancora, l’orfismo è la prima forma della destituzione in quanto si propone come secessione assoluta nel momento stesso in cui l’intera Grecia si adopera all’edificazione del fondamento, all’istituzionalizzazione dell’arché nella sua indistinzione di origine e comando.
Questa immagine vogliamo resusicitare attraverso i diversi intenti di questi incontri: sentire come parla la morte, quali figure sono all'opera. Si tratta di indagare i linguaggi del morire in contesti fatti di frammenti, estratti, “materiali” e di scoprire che le lingue sepolte non sono quelle di un'altra maniera di vivere.
«Dunque, a che punto siamo? Si deve proprio scegliere tra mondi senza divisione e divisione senza mondi? Per uscire da questa aporia bisogna mettere definitivamente fine alla politica la cui scenografia eterna è stata fissata dal demos greco. Farla finita quindi con i suoi pretendenti predatori, con i funzionari competenti che denunciano l’incompetenza degli altri, con i governanti e i governati. Nonché con le sue postazioni commerciali in giro per il Mediterraneo. D’altro canto Détienne Marcel ci aveva ammonito sin dalle prime pagine di Les dieux d’Orphée del contrasto esistente tra le forme di vita che sussistevano negli ibridi e nei misteri della khôra da un lato e l’assemblea dei rivali nella polis dall’altro; la prima era "un tipo di vita assolutamente separato da quelli che nascono cittadini programmati, addestrati ad uccidersi intorno ai loro altari insanguinati"»
«Un mondo comunista non è altro che la raccolta attenta o ‘composizione’ di processi convergenti di diserzione che permette loro di coesistere attraverso le loro singolari differenze in una modalità di comunione che Agamben chiama 'esilio'».
Keywords: Gadamer, Europe, Anfang, Cacciari, Reale, Patočka, Hussel, Wahrheit und Methode, Krisis, Epistemology.
L’orfismo è perciò uno di questi «nomi propri che vanno intesi, dunque, come se fossero eventi» (p.86); sentieri e vie di fughe che la storia dei vincitori ha tentato di occultare e nascondere o, proprio come nel caso dell’orfismo, di bruciare e seppellire. E a ragione sostiene Coupat, dal momento che «l’orfismo è un nome in codice della destituzione di un’intera civiltà nel momento stesso in cui questa si istituisce» (p.91). Per dirla con Daniel Heller-Roazen, l’orfismo è la prima delle lingue oscure, quella che si articola come radicale alternativa alla costruzione del λόγος ateniese senza per ciò stesso ricadere nel gorgogliare del μύθος. Meglio ancora, l’orfismo è la prima forma della destituzione in quanto si propone come secessione assoluta nel momento stesso in cui l’intera Grecia si adopera all’edificazione del fondamento, all’istituzionalizzazione dell’arché nella sua indistinzione di origine e comando.
Questa immagine vogliamo resusicitare attraverso i diversi intenti di questi incontri: sentire come parla la morte, quali figure sono all'opera. Si tratta di indagare i linguaggi del morire in contesti fatti di frammenti, estratti, “materiali” e di scoprire che le lingue sepolte non sono quelle di un'altra maniera di vivere.
«Dunque, a che punto siamo? Si deve proprio scegliere tra mondi senza divisione e divisione senza mondi? Per uscire da questa aporia bisogna mettere definitivamente fine alla politica la cui scenografia eterna è stata fissata dal demos greco. Farla finita quindi con i suoi pretendenti predatori, con i funzionari competenti che denunciano l’incompetenza degli altri, con i governanti e i governati. Nonché con le sue postazioni commerciali in giro per il Mediterraneo. D’altro canto Détienne Marcel ci aveva ammonito sin dalle prime pagine di Les dieux d’Orphée del contrasto esistente tra le forme di vita che sussistevano negli ibridi e nei misteri della khôra da un lato e l’assemblea dei rivali nella polis dall’altro; la prima era "un tipo di vita assolutamente separato da quelli che nascono cittadini programmati, addestrati ad uccidersi intorno ai loro altari insanguinati"»
«Un mondo comunista non è altro che la raccolta attenta o ‘composizione’ di processi convergenti di diserzione che permette loro di coesistere attraverso le loro singolari differenze in una modalità di comunione che Agamben chiama 'esilio'».