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Giovanni Schioppo

Contribuo all'etruscologia
Le gesta degli Spurinna,una delle più importanti famiglia di Tarquinia.
Research Interests:
Le ricerche etruscologiche nei secoli IXX e XX.
Sequel di "La fortuna degli Etruschi nel Medioevo".
Research Interests:
Segue "La fortuna degli Etruschi nel Medioevo".
Research Interests:
Un contributo all'etruscologia.
Research Interests:
UN CONTRIBUTO ALL'ETRUSCOLOGIA.
Research Interests:
Contribuo all'etruscologia
Research Interests:
La libertà e la licenza delle donne etrusche erano uno dei luoghi comuni più diffusi tra gli scrittori greci del IV e del III sec. a. C. Secondo Aristotele (IV sec. a. C.) gli Etruschi pranzavano giacendo con le donne sotto il loto... more
La libertà e la licenza delle donne etrusche erano uno dei luoghi comuni più diffusi tra gli scrittori greci del IV e del III sec. a. C. Secondo Aristotele (IV sec. a. C.) gli Etruschi pranzavano giacendo con le donne sotto il loto mantello. Secondo Teopompo (IV sec. a. C.), del quale era famoso il suo moralismo e la sua maldicenza, "è costume presso gli etruschi che le donne siano in comune, che esse curano molto il loro corpo facendo esercizi sportivi da sole o con gli uomini e che non ritengono vergognoso apparire nude in pubblico; stanno a tavola non vicino al marito ma vicino al primo venuto tra i presenti; brindano alla salute di chi vogliono; sono forti bevitrici e sono molto belle a vedere. Gli Etruschi allevano tutti i bambini che nascono non sapendo chi sia il padre di ciascuno di essi". Senz'altro c'è qualcosa di vero nelle affermazioni di Teopompo, ma sarà certamente da attribuire alle donne dell'alta aristocrazia. Quello che comunque è senza dubbio vero e che, diversamente dalle donne greche e latine, che erano considerate proprietà del padre o del marito, quelle etrusche godevano di una libertà inammissibile per i Greci e per i Latini. Esse avevano un nome, un cognome e un gentilizio. Mecenate, il ministro della cultura dell'imperatore Augusto, esponeva nel suo tablinium il proprio albero genealogico nel quale faceva discendere la propria famiglia, per parte di madre, ai Cilnii di Arezzo di alcuni secoli prima. Le donne etrusche poi potevano ereditare, possedere e lasciare in eredità i propri beni e, come si evince da alcuni affreschi delle tombe ti Tarquinia, partecipavano ai banchetti con i mariti e ad eventi pubblici. Oggi diremmo che l'etrusca era una donna emancipata. Se, infine, osserviamo i coperchi di molti sarcofagi (un esempio famosissimo è costituito dal "sarcofago degli sposi"1) non possiamo fare a meno di notare quanto il senso della famiglia non era estraneo agli etruschi: in molti casi sul coperchi è rappresentato un marito che cinge teneramente con il suo braccio le spalle della consorte. Conosciamo molti nomi di donne etrusche (Velelia, Anthaia, Thania, Larthia, Tita, Nuzinai, Ramutha, Velthura, Thesathei) ma solo pochi appartengono a donne famose (Tanaquilla, moglie di Tarquinio Prisco, Tullia maior e Tullia minor, figlie del Superbo, Urgulania e Urguinlanilla, attive nella corte di Augusto). Nei Musei Vaticani è conservata un'olletta in bucchero (un piccolo recipiente che serviva per contenere alimenti) sul quale si legge la scritta " mi ramuthas kansinaia", ovvero "io sono di Ramutha Kansinai", dove una donna proprietaria del vaso, è identificata con nome e cognome. Al Louvre si trova invece una pisside, databile al 630 a. C. circa, sulla quale è apposta l'iscrizione "Kusnailise", che potrebbe essere tradotta con "nella bottega di Kusnai", dove Kusnai (nome femminile) è presumibilmente la proprietaria dell'attività commerciale. Arianna etrusca2 Arianna non è una donna reale ma, dalla sensuale espressività che traspare dal busto che la rappresenta, non possiamo fare a meno di assumerla come emblema del concetto di donna etrusca tramandatoci dalle fonti storiche.
Per tutto l'alto medioevo la battaglia del cristianesimo contro le tradizioni etrusco-pagane sembrò vinta. Dalla fine dell'impero romano d'occidente, già annunciata dal sacco di Roma di Alarico, e fino al sorgere delle prime scintille... more
Per tutto l'alto medioevo la battaglia del cristianesimo contro le tradizioni etrusco-pagane sembrò vinta. Dalla fine dell'impero romano d'occidente, già annunciata dal sacco di Roma di Alarico, e fino al sorgere delle prime scintille dell'Umanesimo, il mondo etrusco era uscito dalla scena sociale e religiosa. L'erudizione di questo periodo, al di là di qualche breve e raro accenno alle origini degli etruschi ed alla loro religione, è rivolta principalmente all'apologetica e alle storie dei popoli barbari. L'unica voce di un certo interesse è quella di Giovanni Lido. Questi, nato a Filadelfia nel 490 d. C., era ancora vivo nel 557. Fu attivo alla corte bizantina sotto Anastasio I (491-518), Giustino I (515-527) e Giustiniano I (527-565). Ivi ebbe molto successo come funzionario ricevendo numerose onorificenze durante tutta la sua carriera. Fu anche molto apprezzato come letterato. Della sua produzione ci restano tre opere: De mensibus, De ostensis e De magistratibus. È il De ostensis (1 F 7 6 Περ Διοσημείων) il lavoro in cui l'autore mostra particolare interesse per la disciplina etrusca. Qui, infatti, si intrattiene sui prodigi e sulle tradizioni divinatorie greche ed etrusche e si occupa dei Libri fulgurales. La traduzione si questi libri, resa dall'etrusco al latino da Nigidio Figulo nel I secolo a. C., fu da lui ripresa e tradotta in greco. Attraverso quest'opera veniamo a sapere come venivano interpretati i fulmini. Il De mensibus è invece un lavoro sul calendario la cui fonte sembra essere stata l'opera di un certo Clodious Tuscus. Solo l'architettura esprime una certa continuità con la tradizione etrusca riproponendo con schemi nuovi il modello più famoso di tomba: il tumulo. Questo, sparso un po' dovunque in tutta la Toscana e nel Lazio, composto essenzialmente da un tamburo circolare sormontato da una calotta sferica, viene adottato prima nella costruzione di tombe di personaggi illustri, come ad esempio il mausoleo di Teodorico a Ravenna, e poi nelle cupole delle chiese cristiane e bizantine per diffondersi poi anche in oriente nelle cupole delle moschee islamiche. Durante tutto il medioevo il ritrovamento casuale di strani oggetti in terra etrusca non accende alcun desiderio di indagine sui loro artefici ma, al contrario, questi oggetti vengono sottoposti ad esorcismi per allontanare i loro presunti effetti malefici. La legislazione longobarda e, in particolare, l'editto di Rotari (643 d. C.), trattando del ritrovamento di tombe, stabiliva il principio secondo il quale i tesori in esse celati, non essendo in alcun modo utili ai defunti, potevano dare giovamento ai vivi. In questo modo si dava campo libero alla profanazione di antichi sepolcri da parte di signorotti locali, di collezionisti di antichità e di tombaroli. È solo con l'Umanesimo che l'anima etrusca, sepolta e dimenticata da secoli, si affaccia al mondo con i suoi primi vagiti, e ciò, non a caso, accade proprio in Toscana e nel Lazio che erano state la sua culla. L'antica civiltà stava per avere la sua rivincita. Dopo un periodo poco più lungo della durata dell'intera vita del popolo etrusco1 si incominciano a vedere i primi segni di questo risveglio che trova le sue prime espressioni nelle arti figurative della pittura e della scultura che, riprendendo un tema frequente negli affreschi delle tombe etrusche, incominciano a riproporre rappresentazioni di demoni infernali e mostri spaventosi (ill. 9 e 10). 1 I primi quattro saecula furono di 100 anni ciascuno, il quinto durò 123 anni, il sesto e il settimo 119 anni ciascuno, mentre l'ottavo, il nono e il decimo durarono rispettivamente 58, 64 e 98 anni, per un totale complessivo di 961 anni fino alla morte di Claudio. Se agli anni della morte di Claudio si aggiungono i 961 anni calcolati si arriva all'anno 1011.
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Le forme etrusco-pagane del cristianesimo «L'editto di Milamo, la magna charta della tolleranza, aveva confermato ad ogni singolo individuo del mondo romano il privilegio di scegliere e di professare la propria religione. Ma questo... more
Le forme etrusco-pagane del cristianesimo «L'editto di Milamo, la magna charta della tolleranza, aveva confermato ad ogni singolo individuo del mondo romano il privilegio di scegliere e di professare la propria religione. Ma questo inestimabile privilegio venne spesso violato: con la conoscenza della verità l'imperatore assimilò le massime della persecuzione, e le sette che dissentivano dalla chiesa cattolica furono tormentate e oppresse dal trionfo del cristianesimo. … Costantino proibiva nella maniera più assoluta le assemblee degli eretici e ne confiscava le proprietà pubbliche a beneficio delle casse imperiali o della chiesa cattolica» (E. Gibbon, Declino e caduta dell'impero romano, cap. X). La battaglia iniziata dai vincitori del concilio di Nicea contro le eresie e contro il paganesimo assunse forme diverse. Contro le prime la battaglia, comunque feroce, si servì delle istituzioni e dei dogmi approvati dal concilio; la lotta al paganesimo e, in particolar modo contro quello etrusco, fu molto più subdola. Tenendo anche presente il breve tentativo di Giuliano l'Apostata di ripristinare le antiche tradizioni pagane, ai ministri della nuova fede risultò praticamente impossibile sostituire di punto in bianco con la nuova dottrina cristiana un'antichissima cultura, fatta di tradizioni, di superstizioni e di ritualità che affondavano le loro radici in tempi ormai antichissimi. Ciò, poi, era tanto più vero se si pensa che esponenti delle alte sfere aristocratiche continuavano, anche se di nascosto, ad interpellare gli aruspici. Lo stesso Costantino autorizzò in un suo rescritto gli abitanti di Spello a scegliere un sacerdote affinché celebrasse pubblicamente nel loro centro gli antichi riti religiosi che prima si svolgevano presso Volsinii. In quest'altra città gli antichi riti sarebbero poi stati celebrati da un sacerdote scelto dagli abitanti della Tuscia. Il fatto è documentato da una lastra marmorea che fu trovata nel 1733 nei pressi dell'anfiteatro romano del centro umbro, visibile nel palazzo comunale della cittadina, che riporta la sua disposizione. È pensabile, a questo punto, anche se non vi è alcuna prova in tal senso, che l'autorizzazione sia stata elargita dall'imperatore anche ad altri centri etruschi o, quanto meno, che piccoli centri vicini, certi ormai che l'imperatore non si sarebbe più interessato di loro, abbiano continuato nelle loro tradizioni pagane (v. Marta Sordi, Prospettive di storia etrusca, Edizioni New Press, Como 1995). Si sa inoltre che nel 410 d. C., nel tentativo di salvare Roma dall'assedio di Alarico, il prefetto di Roma, Pompeiano, contattò alcuni aruspici venuti dall'Etruria nonostante il divieto dell'imperatore Teodosio. Gli aruspici raccontarono a Pompeiano di aver liberato la città di Narni dallo stesso pericolo celebrando i riti dell'antica disciplina. Il prefetto, allora, convinto della urgente necessità di tali riti, parlò dell'incontro al papa Innocenzo I il quale, anteponendo la salvezza di Roma alla fede ufficiale, permise che queste celebrazioni fossero svolte, ma in segreto. Al che gli aruspici, facendo presente che solo rendendo pubbliche queste celebrazioni Roma sarebbe stata salvata, abbandonarono la città al suo destino (Zosimo, Storia contemporanea, V, 41). Qualche anno dopo Onorio, figlio di Teodosio e suo successore in occidente, fece bruciare pubblicamente i libri sibillini. Ciò nonostante l'antica religione continuava ad avere i suoi fedeli, specialmente nei piccoli centri e nelle campagne. Si capì allora che la diffusione del cristianesimo doveva avvenire in maniera indolore. Così, poco per volta, la nuova religione incominciò ad assumere le forme e le ritualità del paganesimo etrusco. I più antichi centri dell'Etruria divennero le prime sedi episcopali e il vescovo adottò la veste di porpora del lucumone il cui bastone (lituus) divenne il suo pastorale. Molte chiese furono costruite là dove una volta si ergevano antichi templi pagani che una volta erano stati etruschi; l'inferno
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Il Mediterraneo occidentale dal VII al VI secolo a. C. I principali popoli colonizzatori che solcarono le rotte del Mediterraneo occidentale oltre agli Etruschi furono i Greci, i fenici e i cartaginesi. Differentemente da questi popoli... more
Il Mediterraneo occidentale dal VII al VI secolo a. C. I principali popoli colonizzatori che solcarono le rotte del Mediterraneo occidentale oltre agli Etruschi furono i Greci, i fenici e i cartaginesi. Differentemente da questi popoli che fondarono colonie lungo tutte le sponde di questo mare, gli Etruschi, se si eccettuano le loro presenze in Sardegna e in Corsica, non fondarono colonie fuori dalle loro terre, e fino ad oggi non si hanno notizie in tal senso tramandateci dagli storici antichi o provenienti da ricerche archeologiche 1. Tuttavia le attività commerciali degli Etruschi lungo le sponde del Mediterraneo dovettero essere necessariamente intense e proficue se si pensa, ad esempio, ai numerosi oggetti rinvenuti nelle loro tombe provenienti da quasi tutti i paesi affacciati sul grande bacino. Inoltre i rapporti commerciali con i popoli del Mediterraneo, in particolar modo quelli con il mondo greco, furono senz'altro il principale veicolo tramite il quale gli Etruschi approdarono a quella superiore civiltà che caratterizzò il loro periodo storico che gli studiosi sono soliti definire con il termine "orientalizzante". Fu a cavallo dei secoli VIII e VII a. C. che gli Etruschi iniziarono a scrivere servendosi dell'alfabeto greco arcaico importato dall'euboica Pitekousa. La crescita culturale dell'Etruria in questo periodo fu poi anche determinata dallo stabilirsi nelle città etrusche, principalmente in quelle costiere, di ricchi commercianti e artisti provenienti dal mondo greco. Ne sono un chiaro esempio Demarato di Corinto che intorno al 657 a. C. si stabilisce a Tarquinia e il ceramista Aristonothos che si firma in greco su un suo cratere ritrovato in una tomba di Cerveteri. Il cratere raffigura su un lato l'accecamento di Polifemo da parte dei compagni di Ulisse e, su quello opposto, una battaglia navale tra Greci ed Etruschi. La prima scena è una conferma del fascino esercitato dalla cultura greca sugli Etruschi, mentre la seconda ci fa capire come i rapporti sul mare tra i due popoli, al di là degli scambi commerciali e culturali, furono di natura anche conflittuale fin dall'inizio. Come ultimo esempio citiamo quello di un ricco mercante di Egina di nome Sostrato che, all'inizio del VI secolo a. C., fermatosi a Gravisca, che era il porto di Tarquinia, dedicò ad Apollo un'ancora votiva di pietra. "Viceversa-come sostiene Fridhelm Prayon2-anche nella madrepatria greca sono presenti tracce etrusche … Di particolare importanza sono in tal senso alcuni piccoli scudi votivi rinvenuti nel santuario di Zeus a Olimpia, poiché suggeriscono una stretta familiarità culturale e religiosa tra etruschi e greci già nell'VIII secolo a. C. …". E sempre il Prayon continua affermando che "Le epopee omeriche costituivano per gli etruschi parte del loro mondo spirituale, a tal punto che in quei poemi epici, e soprattutto nell'Iliade e nell'Odissea, si sentiva un passato eroico comune. Infine queste epopee, e tra esse l'Odissea, si svolgevano in parte anche in Italia, anzi la stessa Etruria era stato teatro delle vicende di Eracle durante il suo viaggio di ritorno dalla Spagna". La tradizione greca parla di atti di pirateria da parte degli Etruschi, ma senz'altro anche i Greci non furono immuni a simili imprese, con la differenza che mentre questi ultimi scrissero la storia secondo il loro punto di vista, gli Etruschi, dal canto loro, non lo fecero o, qualora l'avessero fatto, nulla ci è pervenuto di loro eventuali cronache. 1 La stele ritrovata nell'isola di Lemno nel 1885 che rappresenta un guerriero e che riporta delle iscrizioni in caratteri Etruschi potrebbe essere la prova di un insediamento etrusco in quell'isola, ma le questione è tutt'ora aperta.
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Un viaggio attraverso luoghi etruschi.
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Appendice. Il trentennio postgallico
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Breve descrizione e storia della Piscina Mirabilis.
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Cerco editore serio, non APS, per pubblicare il mio " Frammenti di storia etrusca " .
Questo è un tentativo di suscitare l'interesse di un maggior numero di studiosi sugli argomenti trattati.
La fedeltà degli etruschi a Roma nel III secolo a.C. Con la vittoria di Zama (202 a. C.) e il successivo ritorno di Scipione in Italia il Senato romano si trovò a dover decidere sulle misure da adottare nei riguardi di quelle popolazioni... more
La fedeltà degli etruschi a Roma nel III secolo a.C. Con la vittoria di Zama (202 a. C.) e il successivo ritorno di Scipione in Italia il Senato romano si trovò a dover decidere sulle misure da adottare nei riguardi di quelle popolazioni e città che, tradendo i patti di alleanza con Roma, avevano dato sostanziali aiuti ad Annibale. Si trattava solo di città meridionali, prima fra tutte Capua. Alla città sannita il Senato romano tolse tutto il suo territorio. Così, in proposito, si esprime Mommsen: " ad eccezione di poche proprietà appartenenti a stranieri o a Campani devoti ai Romani, e lo diede d'allora in poi, diviso per lotti a gente meschina. In modo simile vennero trattati i Picentini sul Silaro; la loro capitale fu rasa al suolo, e gli abitanti sparpagliati nei circostanti villaggi. La sorte dei Bruzi fu ancora più dura; essi vennero fatti in massa servi della gleba dei Romani, e furono esclusi per sempre dal diritto ti portare le armi. Ma anche gli altri alleati di Annibale ebbero a scontare la loro colpa: così le città greche, ad eccezione delle poche che avevano sempre tenuto per Roma, come i Greci campanici ed i Reggiani. Né molto meno soffrirono gli Arpini ed una schiera di altri comuni apuli, lucani e sanniti, che perdettero quasi tutti una parte del loro territorio1 " .
Marta Sordi – “I rapporti romano-ceriti e l’origine della civitas sine suffragio”, “L’Erma” di BRETSCHNEIDER, Roma 1960, capitolo V - La politica estera di Roma nel periodo della sua intesa con Cere
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Anche la Disney ha capito l'importanza degli etruschi!
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I rapporti tra Roma e Caere nel IV secolo a. C.
Un simpaticissimo dialogo tra un vecchio tombarolo e un brigadiere in pensione.
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Un altro capitolo della preziosa opera di Marta Sordi
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Marta Sordi – “I rapporti romano-ceriti e l’origine della civitas sine suffragio”, “L’Erma” di BRETSCHNEIDER, Roma 1960, capitolo secondo, Cere e Roma al tempo della catastrofe gallica.
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Un articolo dell'autorevolissima e compianta etruscologa Marta Sordi
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Il primo capitolo di un interessantissimo libro di Marta Sordi che penso sia ormai introvabile.
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Breve sintesi sulle azioni politiche e militari del personaggio durante le ultime fasi della guerra tra Roma e Veio.
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Un episodio che vede i cristiani chiedere l'intervento degli aruspici.
Alcune ipotesi su un personaggio etrusco poco conosciuto.
Il queste righe vengono evidenziate le note caratteriali di due donne di antichissima discendenza etrusca alla corte di Augusto.
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Riflessioni sulle cause e le conseguenze del primo scontro tra Roma e Cartagine.
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Sulle origini degli etruschi Ci sono ancora oggi alcuni studiosi che per sostenere le origini orientali degli etruschi continuano a fondare le loro ipotesi su argomenti di carattere principalmente linguistico tralasciando alcune evidenze... more
Sulle origini degli etruschi Ci sono ancora oggi alcuni studiosi che per sostenere le origini orientali degli etruschi continuano a fondare le loro ipotesi su argomenti di carattere principalmente linguistico tralasciando alcune evidenze archeologiche che, come mostreremo, sono degli ottimi indizi utili a spostare altrove il campo delle indagini. Tali studiosi, facendo riferimento a supposte ed esigue radici dei termini Tυρρηνοι (Tyrrenoi) o Τυρσηνοι (Tyrsenoi) ed altri simili propongono deduzioni ardite e spesso non pertinenti. A tal proposito osserviamo che i termini Tυρρηνοι e Τυρσηνοι erano i nomi che i greci (probabilmente quelli della madrepatria) davano agli etruschi i quali chiamavano se stessi RASENNA o RASNA e che l'appellativo " etrusco " deriva dalla fusione di due parole greche, ετεροι (eteroi) e οσκιοι (oskioi), cioè gli altri osci: probabilmente nei loro primi contatti i greci della Magna Grecia chiamavano in tal modo gli etruschi proprio per distinguerli da altre etnie (osco-umbri, osco-sabelli, osco-sanniti ed altre) dalle quali erano ritenuti sostanzialmente e culturalmente differenti. Ciò premesso, non possiamo escludere a priori influenze orientali sulle popolazioni italiche, ma dobbiamo collocarle in un quadro più ampio che vede i popoli più attivi del Mediterraneo tessere tra loro intensi rapporti commerciali attraverso i quali si influenzavano reciprocamente producendo " contaminazioni " anche nelle rispettive lingue. Da quanto detto risulta che dobbiamo necessariamente accettare l'idea che il popolo etrusco sia stato il risultato di un processo formativo, durato probabilmente diversi secoli, che ha senz'altro risentito di influenze estranee al mondo italico e che, ovviamente, deve aver coinvolto tutti gli aspetti culturali e, in particolar modo, la lingua. Queste considerazioni ci portano poi a respingere definitivamente l'idea di una migrazione di un intero popolo come sosteneva Erodoto. Tra l'altro lo storico greco, scrivendo nel V secolo a. C., ci tramanda fatti che, risalendo a molti secoli prima, sono conditi con leggende che appaiono inverosimili anche al lettore più sprovveduto. Va osservato, inoltre, che le poche iscrizioni rinvenute nell'isola di Lemno (stele di Kaminia ed alcune brevi iscrizioni vascolari), in qualche modo imparentate con l'etrusco, non possono costituire una ulteriore prova a favore della provenienza orientale di questo popolo; queste iscrizioni, infatti, risalgono al VI sec. a. C. quando, cioè, tutta l'Etruria viveva il periodo della sua massima fioritura; né è possibile metterle in relazione con il racconto di Erodoto che, invece, ci riporta al XIII sec. a. C.; al massimo potrebbero essere la prova di uno stanziamento etrusco su quell'isola. Se ci domandiamo da dove provenga il popolo francese e la sua lingua ci poniamo una domanda sbagliata. Sappiamo tutti che la regione occidentale dell'Europa che oggi chiamiamo Francia fu abitata fin dagli inizi del primo millennio a. C. da popolazioni celtiche che ebbero contatti commerciali con greci ed etruschi attraverso la valle del Rodano. Sappiamo inoltre che la regione fu conquistata dai romani, che subì l'influsso di germani, sassoni, longobardi e normanni e che raggiunse una prima forma di identità nazionale con la dinastia dei Capetingi. Da quanto detto risulta allora chiaro che il popolo francese non venne da nessuna parte del mondo ma fu il risultato di un processo formativo durato diversi secoli e che risentì, in modi e tempi diversi, degli influssi di culture e popolazioni diverse. Questo periodo di " formazione " raggiunse il suo compimento con la nascita della nazione francese e della sua lingua. Dunque, per gli stessi motivi non possiamo chiederci da dove provenissero gli etruschi. Così, in proposito, si esprime l'etruscologo italiano Romolo Staccioli: " Il problema delle origini etrusche va impostato non già nel senso della provenienza, bensì in quello della formazione. Cioè nel senso di un processo graduale di evoluzione, trasformazione, integrazione, d'elementi diversi (etnici, culturali, linguistici) interni ed esterni, che ha avuto come esito finale la «nascita», in Etruria, del popolo etrusco e della sua peculiare civiltà: una realtà nuova, prima inesistente. " ,

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Trattamento dei processi storici, sociali e macroeconomici con le leggi della fisica classica.
L’autore propone con un linguaggio scorrevole e accattivante un viaggio attraverso la travagliata storia etrusca che parte dalla fine della seconda guerra punica, passa per la questione agraria e l’opera dei Gracchi; attraversa la guerra... more
L’autore propone con un linguaggio scorrevole e accattivante un viaggio attraverso la travagliata storia etrusca che parte dalla fine della seconda guerra punica, passa per la questione agraria e l’opera dei Gracchi; attraversa la guerra sociale con la conquista della cittadinanza romana e la guerra civile tra mariani e sillani fino alla romanizzazione. L’autore poi si sofferma sulla nostalgia degli eruditi dell’età di Augusto per questo popolo dando uno sguardo particolare all’opera di Mecenate che raccoglie intorno a sé i maggiori antiquari del suo tempo. Il viaggio poi riprende dall’oblio del mondo etrusco determinato dal sopravvento del Cristianesimo; tocca i secoli bui del Medioevo e, passando per il Rinascimento con le prime scoperte archeologiche ed i primi timidi studi, giunge fino alla moderna etruscologia.
Dopo una descrizione geografica dell’Etruria e delle sue condizioni politiche nel III secolo a.C., relativamente ai rapporti con Roma prima della seconda guerra punica, vengono trattate la nascita e la costituzione dell’impero... more
Dopo una descrizione geografica dell’Etruria e delle sue condizioni politiche nel III secolo a.C., relativamente ai rapporti con Roma prima della seconda guerra punica, vengono trattate la nascita e la costituzione dell’impero cartaginese, l’alleanza tra etruschi e punici, il secolare conflitto tra Cartagine e Siracusa, e i motivi che opposero Roma e Cartagine nel loro primo scontro. La seconda guerra punica costituisce poi il filo conduttore della narrazione, in cui è dato ampio spazio al ruolo che ebbero gli etruschi nella guerra stessa, descrivendone in modo particolare la partecipazione e il comportamento
Romanizzazione I rapporti secolari che Roma ebbe con gli etruschi e con i sanniti furono di natura completamente diversa. Dediti al commercio e alle attività produttive e poco inclini alla guerra, gli etruschi, che avevano avuto tanta... more
Romanizzazione I rapporti secolari che Roma ebbe con gli etruschi e con i sanniti furono di natura completamente diversa. Dediti al commercio e alle attività produttive e poco inclini alla guerra, gli etruschi, che avevano avuto tanta parte nello sviluppo della cultura romana, specialmente attraverso la loro religione e la loro architettura, in passato erano visti dai romani come "vicini di casa" con i quali spesso si litiga1, ma, in circostanze particolari, ci si dà anche una mano2. I sanniti, di origine montanara e di natura fiera e bellicosa, erano invece considerati i principali avversari e nemici nella lunga contesa per il predominio sulle regioni del meridione italico. Mentre i primi avevano accettato la supremazia di Roma già dalla prima guerra punica, i secondi continuarono a nutrire e a mostrare forti sentimenti di ostilità contro la città capitolina fino a quando furono messi definitivamente a tacere da Silla alla fine della guerra civile. Il rapporto di fedele sudditanza a Roma che gli etruschi avevano accettato già dalla seconda metà del III secolo a. C. aveva consentito a molti aristocratici e plutocrati di trasferirsi a Roma. Molti di questi, diventando spesso cives romani optimo iure3 e stando vicini al centro del potere, potevano meglio gestire i loro affari e tessere anche rapporti di amicizia con molti esponenti dell'aristocrazia romana. Dal canto loro i romani, con la deduzione di tante colonie in terra etrusca, avevano imparato a conoscere più da vicino i valori di quella antica civiltà. Questa osmosi sociale incominciò a produrre i suoi effetti nelle culture di entrambi i popoli già dalla metà del III secolo a. C. e fino a quando fu raggiunta la completa integrazione politica dopo la guerra sociale. Mentre la romanizzazione arrivava a compimento, negli ambienti aristocratici e colti di Roma nacque un'appassionata ammirazione per quella civiltà che secoli prima aveva tenuto a battesimo la nascente romanità 4. Romanizzazione non vuol dire scomparsa degli etruschi ma, come afferma il Pallottino, «Con il concetto di romanizzazione si vuole intendere un processo per quanto possibile ravvicinato alla realtà storica che, mentre non altera se non parzialmente l'integrità razziale delle città e specialmente delle campagne etrusche-non implica cioè in alcun modo una "scomparsa" del popolo etrusco …-, cambia gradualmente lingua, concezioni religiose, modi di vita»5. E, in effetti, gli etruschi continuarono ad esistere fino a quando, come sostiene il Lopes Pegna6, «l'originario carattere etnico scomparve attraverso diluizioni che nel IV secolo risalgono già a varie generazioni». Tuttavia bisogna necessariamente ammettere che, anche se è vero quanto affermato dal Lopes Pegna, la diluizione del carattere etnico etrusco e la romanizzazione procedettero con ritmo sempre più sostenuto nel secondo e ancora di più nel I secolo a. C. con le assegnazioni di terre ai numerosissimi veterani sillani e, successivamente, ai veterani di Cesare e poi di Augusto. Tale processo, poi, incominciò a vedere il suo compimento a partire dal I secolo d. C. Uno degli aspetti con cui, nel I secolo a. C., si manifestò il progressivo e più sostenuto avanzamento della romanizzazione dell'Etruria va visto nella sempre più frequente latinizzazione di nomi etruschi, come ad esempio i Caecina (etr. Keikna), i Caesennii, (etr. Keisinie), i Fulcinii, (etr.
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Premessa Agli inizi del quinto secolo a. C. si assiste ad eventi che, anche se coinvolsero solo marginalmente gli Etruschi, ne segnarono irrimediabilmente il declino, già annunciato dalla fine della monarchia a Roma, e la loro lenta... more
Premessa Agli inizi del quinto secolo a. C. si assiste ad eventi che, anche se coinvolsero solo marginalmente gli Etruschi, ne segnarono irrimediabilmente il declino, già annunciato dalla fine della monarchia a Roma, e la loro lenta uscita dalla scena politica del Mediterraneo occidentale: la battaglia del lago Regillo e la battaglia di Himera. Successivamente la battaglia di Cuma (474 a. C.) segnerà inequivocabilmente la strada che porterà l'Etruria Campana alla sua fine, mentre l'Etruria propria sopravvivrà, tra alterne fortune, fino al suo completo assoggettamento a Roma (III secolo). La battaglia del lago Regillo Svanito il pericolo di Porsenna Roma si trovò ad affrontare la pressione esercitata dalla Lega Latina i cui rapporti con Roma si erano inaspriti sotto il Superbo e, successivamente, quando Porsenna aveva sottomesso Roma. Ora andavano peggiorando anche a causa dell'influenza esercitata dalla numerosa fazione etrusca presente nel governo repubblicano di Roma. In proposito il Brizzi afferma1: «Di per sé verosimile, il fatto che gli Etruschi siano rimasti per qualche tempo ancora padroni di Roma è confermato dalla tradizione; la quale per questo periodo registra, nei Fasti, un gran numero di gentilizi di origine tirrenica». Queste tensioni sfociarono in una guerra dichiarata dalla Lega nel 499 a. C. e che terminò nel 496 a. C. con la battaglia del lago Regillo (nei pressi di Tuscolo). Secondo la tradizione antica la battaglia, descritta con toni epici2 sia da Livio (II, 19-22) che da Dionigi (VI, 4-13), si concluse con la vittoria di Roma, ma in proposito nutriamo qualche dubbio; infatti osserviamo che solo tre anni dopo fu stipulato tra le due parti un trattato che passò alla storia con il nome di foedus cassianum, e ciò ci fa pensare non ad una vittoria romana ma ad una situazione di stallo durante la quale siano intercorse frequenti trattative alternate probabilmente anche da qualche schermaglia e che alla fine si sia giunti ad un accordo vantaggioso per entrambe le parti. Inoltre la situazione di stallo potrebbe essere stata generata dalla crescente aggressività dei volsci3 i quali proprio in quegli anni incominciavano ad aggredire i territori Romani e Latini. Questo nuovo pericolo avrebbe poi convinto Latini e romani a deporre le armi per giungere ad un trattato che avrebbe dato ad entrambi maggiori possibilità di difesa. Comunque siano andate le cose, la pace tra Romani e Latini fu sancita ne 493 a. C. con il foedus cassianum4 con il quale Roma entrava a far parte della Lega Latina come secondo contraente. Questi furono i termini del trattato5: • Tra i Romani e le città latine ci sarà pace reciproca finché il cielo e la terra avranno la stessa posizione; • non faranno guerra tra loro, né la invocheranno gli uni contro gli altri da altri luoghi, né lasceranno libero transito (ai nemici); • gli uni soccorreranno gli altri con tutte le energie e divideranno in parti uguali il bottino delle guerre comuni; 1 G. Brizzi, op. cit., p. 48. 2 Secondo la tradizione avrebbero preso parte alla battaglia perfino i dioscuri Castore e Polluce. 3 Antica popolazione italica che occupava un'ampia zona del Lazio meridionale interno e costiero. 4 Il trattato prese il nome dal console Spurio Cassio Vecellino che lo "firmò" per conto dei Romani. 5 Dionigi di Alicarnasso, op. cit., VI, 95.
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Dettagliata descrizione della battaglia del lago Trasimeno.
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Invito alla presentazione di "Frammenti di storia etrusca"
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Negli anni in cui Roma era impegnata a risolvere i problemi con la Lega Latina maturavano in oriente le condizioni politiche che avrebbero portato Greci e Persiani a scontrarsi nella battaglia di Salamina, e in occidente Cartaginesi e... more
Negli anni in cui Roma era impegnata a risolvere i problemi con la Lega Latina maturavano in oriente le condizioni politiche che avrebbero portato Greci e Persiani a scontrarsi nella battaglia di Salamina, e in occidente Cartaginesi e Siracusani a darsi battaglia presso Himera: entrambe le battaglia furono combattute nel 480 a. C. Secondo Erodoto1 le due battaglie furono combattute nello stesso giorno; altri, poi, arrivano a sostenere (il che ci sembra inverosimile) che ci sia stato un piano concordato da Persiani, Fenici e Cartaginesi per sferrare un attacco definitivo ai Greci orientali e occidentali. Comunque siano andati i fatti è interessante ciò che in proposito sostiene il Mommsen2: «Questa fu una delle più grandiose combinazioni politiche, la quale nel medesimo tempo rovesciava le schiere asiatiche sulla Grecia e le puniche sulla Sicilia, per cancellare con un sol colpo dalla terra la libertà e la civiltà. La vittoria arrise agli Elleni». La causa prima della battaglia di Himera deve essere vista nelle preoccupazioni dei Cartaginesi circa una più vasta espansione greca nel mediterraneo occidentale. Questi timori erano motivati anche dalle vittorie che i Greci avevano riportato sul suolo italico (battaglia terrestre si Cuma del 524 a. C. e battaglia di Aricia del 506 a. C.) e poi dalla crescente potenza di Siracusa. Questi timori furono poi rafforzati dalla battaglia navale che ebbe luogo nel 490 a. C. nelle acque tra Cabo de Nao3 (detto anche Artemisio spagnolo) e Ibiza nella quale le navi cartaginesi furono sconfitte da una flotta massaliota, e definitivamente confermati quando nel 482. a. C. Anassilao, tiranno di Reggio, realizzò un blocco navale nello stretto di Messina. Il "casus belli" fu dato ai cartaginesi nel 483 a. C. quando il tiranno Terillo di Himera fu cacciato dalla città da Terone di Agrigento. Per riprendere la sua città Terillo chiese ed ottenne l'aiuto del cartaginese Amilcare Magonide che sbarcò in Sicilia con un grande esercito, anche nel tentativo di evitare che il dominio di Siracusa si estendesse su tutta l'isola. Congiunte le loro forze, Gelone di Siracusa e Terone affrontarono i Cartaginesi nella battaglia terrestre di Himera, sulla costa settentrionale della Sicilia occidentale. A capo del loro esercito i Cartaginesi posero lo stesso Amilcare la cui flotta arrivò fin dentro il porto di Panormo4. Da qui il generale cartaginese si diresse verso Himera dove fece portare a secco le sue navi. Il tiranno di Siracusa, intanto, lo aspettava con un esercito di ventiquattromila fanti e duemila cavalieri. Nessuno dei comandanti dei due eserciti aveva elaborato un piano di battaglia. Ma Gelone, che era riuscito ad intercettare un messaggio con il quale Amilcare chiedeva all'alleata Selinunte l'invio di un contingente di cavalleria, inviò i suoi cavalieri ad Himera che, fatta strage dei nemici, appiccarono il fuoco alle navi che furono tutte distrutte. Lo stesso Amilcare restò ucciso nella battaglia. Questa disfatta non fu un completo disastro per la città punica; Gelone infatti impose ai Cartaginesi miti condizioni di pace (un'indennità di duemila talenti e il finanziamento per la costruzione di due templi dove furono scritte le condizioni del trattato di pace). Tuttavia, come sostiene B. H. Warmington5, la perdita dell'esercito non fu grave quanto la distruzione dell'intera flotta (circa duecento navi). L'esercito, infatti, era composto principalmente da mercenari e per
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Frammenti di storia etrusca Sabato 21 settembre 2019 alle ore 10.00 nell'auditorium della Multicenter School (via Campana 270, Pozzuoli, Napoli) Presenterò il mio ultimo libro dal titolo "Frammenti di Storia etrusca" edito da Kairòs... more
Frammenti di storia etrusca Sabato 21 settembre 2019 alle ore 10.00 nell'auditorium della Multicenter School (via Campana 270, Pozzuoli, Napoli) Presenterò il mio ultimo libro dal titolo "Frammenti di Storia etrusca" edito da Kairòs Edizioni Napoli. Il lavoro è un "excursus" nella storia etrusca dal VII sec. a. C. alla vigilia della guerra di Annibale. Invito tutti alla presentazione.
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In questo lavoro espongo, con interessanti spunti critici e ardite soluzioni a problemi storici irrisolti, la travagliata storia degli etruschi, popolo che nell'immaginario collettivo appare ancora oggi avvolto dalla nebbia del mistero.... more
In questo lavoro espongo, con interessanti spunti critici e ardite soluzioni a problemi storici irrisolti, la travagliata storia degli etruschi, popolo che nell'immaginario collettivo appare ancora oggi avvolto dalla nebbia del mistero. Dopo una analitica descrizione dei luoghi che furono la culla degli etruschi, inizio la narrazione con una esauriente esposizione delle condizioni geopolitiche dei principali popoli che solcavano le rotte del Mediterraneo occidentale nel VII secolo a. C. Proseguo poi con le vicende che caratterizzarono Roma con la dinastia dei suoi re etruschi. La conflittualità tra il sodalizio etrusco-punico e la greca Siracusa accompagnerà il lettore dalla vittoriosa battaglia di Alalia (535 a. V.) alla disastrosa battaglia navale di Cuma, evento che segnerà la fine dell'Etruria Campana, e, dopo, dalla sconfitta della potente Veio fino alla totale sottomissione a Roma di tutta l'Etruria.
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Marta Sordi – “I rapporti romano-ceriti e l’origine della civitas sine suffragio”, “L’Erma” di BRETSCHNEIDER, Roma 1960, Appendice, Aspetti e problemi della tradizione storiografica del trentennio postgallico. II. La tradizione sulle... more
Marta Sordi – “I rapporti romano-ceriti e l’origine della civitas sine suffragio”, “L’Erma” di BRETSCHNEIDER, Roma 1960, Appendice, Aspetti e problemi della tradizione storiografica del trentennio postgallico. II. La tradizione sulle invasioni galliche nella prima metà del IV secolo.
Aspetti e problemi della tradizione storiografica del trentennio postgallico. I. Camillo eroe romano-etrusco e l’origine della tradizione annalistica sul ricupero dell’oro gallico.
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Sinossi In questo lavoro espongo, con interessanti spunti critici e ardite soluzioni a problemi storici irrisolti, la travagliata storia degli etruschi, popolo che nell'immaginario collettivo appare ancora oggi avvolto dalla nebbia del... more
Sinossi In questo lavoro espongo, con interessanti spunti critici e ardite soluzioni a problemi storici irrisolti, la travagliata storia degli etruschi, popolo che nell'immaginario collettivo appare ancora oggi avvolto dalla nebbia del mistero. Dopo una analitica descrizione dei luoghi che furono la culla degli etruschi, inizio la narrazione con una esauriente esposizione delle condizioni geopolitiche dei principali popoli che solcavano le rotte del Mediterraneo occidentale nel VII secolo a. C. Proseguo poi con le vicende che caratterizzarono Roma con la dinastia dei suoi re etruschi. La conflittualità tra il sodalizio etrusco-punico e la greca Siracusa accompagnerà il lettore dalla vittoriosa battaglia di Alalia (535 a. V.) alla disastrosa battaglia navale di Cuma, evento che segnerà la fine dell'Etruria Campana, e, dopo, dalla sconfitta della potente Veio fino alla totale sottomissione a Roma di tutta l'Etruria. Prefazione Con grande interesse e, direi, con non meno grande soddisfazione ho letto queste pagine alle quali l'Autore, Giovanni Schioppo, ha voluto dare il titolo di Frammenti di storia etrusca, e che invece ho trovato essere una vera e propria introduzione (tutt'altro che frammentaria) allo studio dell'Etruscologia, materia nella quale ho avuto la ventura di sostenere l'esame alla Sapienza negli anni in cui ne era titolare Massimo Pallottino, insigne Maestro di tutti noi. Il piacere della lettura mi ha accompagnato per tutte le quasi 250 pagine, mostrandomi gli itinerari segreti dei luoghi tante volte visitati all'epoca dei miei studi e indicati nella corposa bibliografia che Giovanni ha voluto citare nell'apposita appendice, seguendo una lunga frequentazione che qui egli ripercorre con l'entusiasmo di chi scopre (ancora una volta, viste le sue numerose pubblicazioni) l'irresistibile fascino di smarrirsi in quella inevitabile anamnesi della Malattia dell'Umanità che è la Storia. L'articolata esposizione delle vicende, che costituisce un'esaustiva narrazione degli aspetti più rilevanti dell'eredità etrusca e della sottesa identità italica (generata dal passato etrusco), non impedirà al lettore acculturato di attingere personalmente alle pagine più interessanti della storiografia antica, e addirittura ai documenti epigrafici, riprodotti nel testo originario, corredato di persuasive traduzioni, anche se l'impianto narrativo dei capitoli dedicati ai singoli secoli di storia è il vero cuore del libro, che si raccomanda per la sua chiarezza espositiva anche al lettore meno fornito di strumenti critici e dunque più desideroso di capire la logica del lungo processo di trasformazione innescato nella dinamica della formazione della prima unità d'Italia: questo sarà alla fine il risultato della lungimirante architettura politica delineata dalle menti illuminate del senato romano (Posidonio considerava questa assemblea quasi una incarnazione del logos), ma già adombrata da quella antica sapienza etrusca che aveva indelebilmente connotato, con la sua onnipresenza, la " diversità " del quadro etnico della Penisola. Mariano Malavolta1 Introduzione 1 Mariano Malavolta è docente di Storia Romana presso l'Università Roma 2 Torvergata.
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Descrizione del luogo lella battaglia e ancune riflessioni personali
Un breve viaggio attraverso il medioevo alla ricerca delle tracce lasciate dagli etruschi in questo periodo.
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Una breve raccolta di notizie su alcune delle più famose famiglie etrusche
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Qualche osservazione sulla "Disciplina Etrusca" e il ruolo che avevano gli aruspici nell'indicare al popolo i vari periodi della loro esestenza.
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Descrizione delle cause, dei frangwnti e delle conseguenze dalla battaglia di Alalia
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Descrizione dell’assedio e della presa della roccaforte punica Cartagena da parte di Scipione l’Africano durante la seconda guerra punica.
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