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Piccole donne crescono: Ediz. integrale
Piccole donne crescono: Ediz. integrale
Piccole donne crescono: Ediz. integrale
E-book381 pagine5 ore

Piccole donne crescono: Ediz. integrale

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Info su questo ebook

EDIZIONE REVISIONATA 28/10/2019.

Le sorelle March, protagoniste di Piccole donne, il celeberrimo romanzo di Louisa May Alcott, sono cresciute ed è arrivato per loro il momento di lasciare natale e vivere nuove emozioni, tra gioie e dolori. Meg e Amy incontrano l’amore: Meg sposa John Brooke, dal quale avrà due figli gemelli; Amy si reca in Europa con la zia March e nel corso del viaggio incontra l’amico d’infanzia Laurie, partito per dimenticare l’amata Jo, da cui era stato respinto. I due giovani si innamorano e decidono di sposarsi. Jo, rimasta sola dopo la morte della sorella Beth in seguito a complicanze cardiache causate dalla scarlattina, si reca a New York, alla ricerca di nuove esperienze e di nuovi spunti per i suoi romanzi. Anche in questo libro è lei la protagonista: femminista e indipendente, continua a combattere contro i pregiudizi e le regole di una società che relega le donne in un ruolo secondario. Ma il destino riserva a Jo una sorpresa: lavorando come istitutrice presso una famiglia newyorkese, incontra l’uomo della sua vita, un professore tedesco di filosofi a, buono, sensibile e intelligente. Louisa May Alcott ha dipinto con la sua prosa vivace e asciutta un bellissimo affresco del mondo femminile nell’America ottocentesca, regalando a generazioni di lettori un libro indimenticabile, ancora oggi capace di commuovere, appassionare ed emozionare.
LinguaItaliano
EditoreCrescere
Data di uscita30 ott 2015
ISBN9788883375118
Piccole donne crescono: Ediz. integrale
Autore

Louisa May Alcott

Louisa May Alcott (1832-1888) won international renown with the publishing of Little Women and its sequel, Good Wives. Her works include An Old Fashioned Girl, Eight Cousins and Jack and Jill. Alcott grew up in Concord, Massachusetts, where her family befriended such literary greats as Henry David Thoreau and Ralph Waldo Emerson.

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    Anteprima del libro

    Piccole donne crescono - Louisa May Alcott

    raccolta

    Capitolo primo

    Chiacchiere e pettegolezzi

    Per poter riprendere in tutta calma il filo della nostra storia, e arrivare così alle nozze di Meg con la mente libera da curiosità insoddisfatte, sarà bene dare un’occhiata alle vicende accadute durante il periodo appena trascorso. E qui lasciatemi dire che se qualcuno dei lettori più in là con gli anni trova che gli avvenimenti che mi accingo a narrare siano un po’ troppo sdolcinati (sono sicura che i giovani non faranno certo obiezioni del genere) non potrò che rispondergli citando un frase della signora March: Che cos’altro ci si deve aspettare quando in casa ci sono quattro ragazze piene di vita e, proprio di fronte, un vicino tanto giovane e affascinante?.

    Quei tre anni non avevano portato che pochi cambiamenti nella vita della quieta famiglia. La guerra si era finalmente conclusa e il signor March, tornato sano e salvo, divideva la sua vita fra i libri e la piccola parrocchia che aveva trovato in lui un ministro davvero ideale per dedizione, calore umano e fervore; era infatti un uomo tranquillo, studioso, ricco di quella saggezza che vale più di qualsiasi erudizione, di quella carità che sola fa chiamare gli altri fratelli e di quella devozione che sa suscitare ovunque amore e stima.

    Queste doti, a dispetto della povertà e della straordinaria integrità morale che gli avevano precluso successi di natura più mondana, attiravano su di lui le simpatie degli animi migliori, così come i fiori attirano le api. E, con altrettanta naturalezza, il vecchio signore offriva loro un nettare nel quale cinquant’anni di dure esperienze non erano riusciti a mescolare neppure una goccia di amarezza. I giovani trovavano che il cuore di quell’uomo dai capelli ormai grigi era giovane quanto il loro, le donne turbate e infelici istintivamente gli confidavano dubbi e dolori, sicure di ottenere da lui la comprensione tanto agognata, i peccatori gli parlavano dei peccati commessi avendone in cambio rimprovero e redenzione, gli uomini dotati d’ingegno lo consideravano un interlocutore ideale; infine gli ambiziosi ricevevano illuminazioni sull’esistenza di ambizioni più nobili di quelle da loro abitualmente coltivate e perfino le persone dedite ai piaceri della vita riconoscevano la bellezza e la verità delle sue convinzioni pur sostenendo, subito dopo, che non gli avrebbero certo reso gran che.

    Agli estranei poteva sembrare che fossero le cinque donne della famiglia a tenere in mano le redini della casa, ma questo era vero soltanto sotto certi aspetti. Quel saggio così sereno, sempre chino sui libri, rappresentava infatti tutt’ora la coscienza, la sicurezza e il conforto di ognuna di loro che a quel padre e marito ideale, nel vero senso della parola, si rivolgevano ansiose nei momenti di difficoltà.

    Le ragazze gli avevano donato l’anima come alla madre avevano donato il cuore e per entrambi i genitori nutrivano un amore che cresceva col tempo, unendoli nel più tenero dei legami, quello che è una benedizione durante la vita e sopravvive alla morte.

    La signora March era ancora energica e attiva come nel momento in cui l’abbiamo lasciata, nonostante i capelli ormai grigi, e si dava un gran da fare per Meg, trascurando le abituali visite agli ospedali e agli istituti benefici ancora pieni di feriti e di vedove di combattenti, che dalla sua presenza trovavano tanto conforto.

    John Brooke aveva fatto il suo dovere al fronte per quasi un anno e, dopo essere stato ferito, aveva ottenuto il congedo. Nessuno gli aveva dato medaglie o onori, nonostante se li fosse meritati per aver rischiato tutto ciò che aveva di più prezioso: la vita e l’amore, entrambe nel pieno della loro fioritura. Rassegnato alla sorte toccatagli aveva pensato a guarire dalla ferita e si era messo alla ricerca di un’occupazione che gli consentisse di offrire una casa a Meg. Il buon senso e lo spirito d’indipendenza che da sempre lo avevano contraddistinto gli avevano anche impedito di accettare le generose offerte del signor Laurence. La scelta, infatti, era caduta su un posto di contabile che gli garantiva un salarlo sicuro, anche se modesto, senza affrontare il rischio costituito da un’attività in proprio avviata con soldi presi in prestito.

    Meg passava il suo tempo lavorando e aspettando: maturava nel carattere, diventava una brava donna di casa e si faceva di giorno in giorno più graziosa, perché l’amore rende bello colui che ama. Restavano ancora intatte, però, le sue ambizioni e le sue speranze infantili che mal tolleravano l’idea di iniziate quella nuova vita su basi tanto modeste. Ned Moffat aveva appena sposato Sallie Gardiner e Meg non poteva fare a meno di paragonare la bella casa dell’amica, la carrozza, gli abiti eleganti e gli splendidi regali alla frugalità di ciò che l’aspettava. Allora provava un po’ d’invidia che però subito scompariva al pensiero di quanta pazienza, di quanto amore e di quanto lavoro John avesse messo nella casetta destinata ad accoglierli e, quando al tramonto se ne stavano seduti fianco a fianco e parlavano dei loro semplici progetti, allora il futuro le appariva così bello e luminoso da farle dimenticare gli splendori di Sallie e da indurla a considerarsi la più fortunata e felice delle ragazze.

    Jo aveva smesso di andare a tenere compagnia alla zia March. La vecchia signora aveva preso in gran simpatia Amy e se l’era accattivata con la promessa di farle prendere lezioni da uno dei migliori insegnanti di disegno. Per raggiungere uno scopo tanto a lungo agognato, Amy sarebbe stata disposta a servire una padrona ancor più esigente. Così riservava le sue mattinate al dovere, i pomeriggi al piacere e, a conti fatti, se la cavava a meraviglia. Jo aveva tutto il tempo per dedicarsi alla letteratura e a Beth, che dopo la scarlattina era ancora cagionevole di salute. Non che fosse un’invalida, ma non ce l’aveva proprio fatta a tornare la creatura sana e rosea di un tempo. Tuttavia era felice, serena, piena di speranze per il futuro, amica di tutti e sempre dedita alle amate faccende domestiche. Insomma, un autentico, dolce angelo del focolare.

    Da quando lo Spread Eagle aveva pagato un dollaro a colonna quella robaccia senza valore, come lei amava definirla, Jo si sentiva una nababba e continuava a scrivere racconti con assiduità. Il suo cervello ambizioso e sempre in fermento era anche tutto un ribollire di grandi progetti, e sulla vecchia cucina di ferro che in soffitta le serviva da scrivania si andavano accumulando pile di manoscritti che in futuro avrebbero forse dato lustro al nome dei March.

    Laurie si era iscritto all’università soltanto per accontentare il vecchio nonno e stava ormai ambientandosi nel migliore dei modi grazie ai molti soldi che poteva permettersi di spendere, alle maniere gentili e affabili, all’intelligenza e al buon cuore che lo spingevano a mettersi sempre nei guai pur di aiutare il prossimo, tanto da essere ormai il beniamino di tutti. Tanto successo e tanta considerazione lo avrebbero magari anche irrimediabilmente corrotto se non avesse avuto a disposizione tre potenti antidoti contro il male: il vecchio Laurence, che riponeva in lui tutte le sue speranze, la materna amicizia della signora March, che gli voleva bene come si vuole bene a un figlio e per ultima, ma non per questo meno importante, la convinzione che quattro brave ragazze lo amavano, lo ammiravano e credevano in lui con tutto il cuore.

    In fondo, però, era un giovane come tutti gli altri e quindi gli piaceva divertirsi, corteggiare le ragazze, atteggiarsi da elegantone e primeggiare negli sport. A volte faceva il prepotente ma subiva anche le prepotenze altrui, parlava il gergo in voga fra gli studenti e in più di un caso aveva corso il rischio di essere sospeso o addirittura espulso dal college. Alla base delle sue scappatelle, comunque, non c’era la cattiveria, ma solo un’incontenibile esuberanza e una sfrenata irrequietezza che gli permettevano di riuscire a cavarsela sempre, confessando con coraggio e apertamente i suoi torti e scontando poi il castigo con virile fermezza. Tante volte, invece, era riuscito anche a scagionarsi servendosi di quell’irresistibile potere di persuasione che certo non gli mancava. A dire il vero era assai fiero di sapersela cavare per il rotto della cuffia, e nelle lettere che scriveva alle ragazze March gli piaceva vantarsi di aver messo nel sacco il professore più severo, l’istruttore più attento e i rivali più accaniti e prepotenti. Quelli che Laurie definiva gli uomini della mia classe erano degli eroi agli occhi delle ragazze che non si stancavano mai di leggerne le prodezze e quando Laurie li invitava a casa sua durante le vacanze, avevano addirittura l’onore e il privilegio di scambiare qualche sorriso con quelle figure quasi leggendarie.

    Era soprattutto Amy che godeva di questo privilegio, grazie alla sua indiscussa bellezza e al fascino che sua madre le aveva trasmesso in gran quantità, fascino del quale sapeva servirsi molto bene. Meg era troppo assorbita dal suo amore per John per potersi interessare ad altri padreterni e Beth, troppo timida per andare oltre qualche occhiata fugace, si meravigliava che Amy trattasse quei personaggi con tanta disinvoltura. Chi si trovava completamente a suo agio era Jo che solo a fatica riusciva a non imitare ogni gesto, ogni parola, ogni atteggiamento dei ragazzi, tutte cose che le sembravano assai più naturali delle noiose belle maniere prescritte alle signorine di buona famiglia. Da parte loro, gli amici di Laurie l’ammiravano molto e la consideravano simpaticissima, ma mai nessuno s’innamorò di lei mentre molti sospiravano per la bella Amy, allontanandosene poi col cuore pesante. E parlando di sentimenti, a questo punto non si può non parlare della Piccionaia.

    Questo era il nome che Laurie aveva affibbiato alla casetta che John Brooke stava preparando per Meg. Lui diceva che era il nome più appropriato per il nido dei due innamorati che quando stavano insieme sembravano un paio di tortore che non fanno altro che tubare e sbaciucchiarsi. La casa era piccola, con un giardino altrettanto piccolo sul retro, e davanti un praticello delle dimensioni di un fazzoletto. Meg progettava di far costruire una fontana, piantare alberi per un boschetto e far crescere fiori a profusione. Al momento, però, la fontana era rappresentata da una vasca di pietra corrosa dal tempo e incrostata di fango, il boschetto consisteva di qualche giovane larice ancora incerto fra la vita e la morte, e l’ambita profusione di fiori era suggerita da una fila di bastoncini che indicavano il punto in cui erano stati interrati i semi. In compenso l’interno della casa era delizioso e la futura sposa era entusiasta di tutto, a partire dalla soffitta per finire alla cantina. A dirla tutta il soggiorno era talmente piccolo che il fatto di non possedere un pianoforte era considerato un bene, dato che tutto non ci sarebbe neanche stato. La sala da pranzo era così sacrificata da non poter contenere più di sei persone e le scale della cucina sembravano costruite col solo intento di far precipitare chi serviva tavola direttamente dentro la cassa del carbone, con i piatti e tutto il resto. Tuttavia, una volta abituatisi a quei piccoli inconvenienti, e visto che non si può pretendere tutto e subito, l’insieme poteva essere considerato accettabile. I mobili erano stati scelti con buon gusto e buonsenso (niente tavoli con ripiani di marmo, né specchi enormi, né tantomeno tende di pizzo alle finestre del piccolo salotto) ma cose semplici, molti libri, un paio di bei quadri alle pareti, piante fiorite ai davanzali e, sparsi un po’ dappertutto, graziosi regali fatti da mani amiche, semplici dimostrazioni di un affetto sincero. La statuetta di Psiche in marmo bianco, dono di Laurie, non aveva perduto niente della sua bellezza, anche se la mensola su cui posava, messa a posto da John, si teneva su per puro miracolo. Un tappezziere professionista non avrebbe drappeggiato la modesta stoffa delle tende con maggior garbo di quanto aveva fatto Amy, l’artista di famiglia. Il guardaroba traboccante di biancheria e di scatoloni, messo in ordine dalla mamma e da Jo, aveva un’aria festosa e familiare e la cucina doveva la funzionale disposizione dei mobili ai numerosi tentativi di Hannah che li aveva cambiati di posto almeno una dozzina di volte prima di trovare la soluzione adatta, e che addirittura aveva sistemato già la legna nel caminetto, in modo da poterlo accendere non appena la futura signora Brooke avesse messo piede nel suo nido. E posso assicurarvi che poche padrone di casa al mondo hanno cominciato la loro nuova vita con una mole così imponente di strofinacci, contenitori, tovaglioli e sacchetti di ogni tipo. Beth ne aveva preparata una tale quantità che sarebbe bastata abbondantemente fino alle nozze d’argento della sorella. Solo per il servizio di porcellana cinese, che doveva essere usato per il banchetto nuziale, aveva creato addirittura tre diversi tipi di copripiatto.

    La gente non immagina neppure cosa si perde quando acquista in negozio tutte queste cose invece di riceverle in regalo, perché anche l’oggetto più umile diventa bello se offerto da mani affettuose. E Meg lo sperimentò di persona perché tutto del suo piccolo nido, dal mattarello al vaso d’argento sul tavolo del salotto, erano la testimonianza dell’amore e dell’affetto dei suoi cari.

    Quante ore liete trascorse a fare progetti, quante corse nei negozi per fare tutti gli acquisti possibili e immaginabili! E quanti sbagli divertenti e quante risate per i regali buffi e bizzarri di Laurie! Nonostante stesse per finire gli studi a volte si comportava come un ragazzino e non rinunciava alla sua voglia di scherzare. Aveva preso l’abitudine di portare a Meg qualcosa di nuovo ogni settimana, che avrebbe dovuto essere originale e utile, almeno a parer suo. Per esempio un sacchetto di eccezionali mollette per stendere la biancheria, oppure una meravigliosa grattugia per la noce moscata che, invece di grattugiare, riduceva tutto in pezzi, o un battipanni che invece di portar via la polvere dai tappeti li scorticava; e ancora un affila-coltelli che toglieva il filo alle lame più robuste, un sapone rivoluzionario che ti spellava le mani, un’infallibile colla che incollava solo le dita di chi provava a usarla. E poi altre cento cianfrusaglie, da un salvadanaio per gli spiccioli a un miracoloso bollitore che lavava le stoviglie a vapore (miracoloso davvero a parte il fatto che sembrava sempre sul punto di esplodere). Meg lo supplicava inutilmente di piantarla, mentre John lo prendeva in giro e Jo lo aveva rinominato il signor Compratutto. Ma Laurie non mollava, spinto dal desiderio di incoraggiare le nuove invenzioni del genio americano e di fornire agli amici quanto di meglio e di nuovo offriva il mercato. E così ogni settimana arrivava con qualche assurda novità.

    Finalmente fu tutto pronto, fin nei minimi particolari. Amy aveva provveduto a mettere in ogni stanza una saponetta del colore della tappezzeria e Beth aveva apparecchiato la tavola per il pranzo.

    - Sei soddisfatta? Ti senti già a casa tua, tesoro? Pensi che sarai felice qui? - chiese alla figlia la signora March, mentre, a braccetto, ispezionavano per l’ennesima volta il piccolo regno da cima a fondo. E il loro legame era più affettuoso che mai.

    - Sì, mamma, sono soddisfattissima, grazie a voi tutti, e talmente felice da non poter dire quanto, - riprese Meg rivolgendole uno sguardo raggiante, più eloquente di qualsiasi parola.

    - Se Meg potesse avere un paio di domestiche, sarebbe davvero perfetto, - disse Amy, uscendo dal salotto dove aveva riflettuto a lungo se il Mercurio di bronzo stesse meglio sulla mensola o sul caminetto.

    - Mamma e io ne abbiamo parlato più volte e ho deciso di seguire il suo consiglio e cavarmela da sola, - riprese tranquillamente Meg. - Non avrò tutto quel lavoro, con Lotty che sbrigherà per me le commissioni e mi darà una mano per le faccende più pesanti. Senza contare che restando troppo con le mani in mano rischierei di provare nostalgia per la mia vecchia casa, o di impigrirmi.

    - Sallie Moffat ha quattro domestici, - replicò Amy.

    - Se anche Meg li avesse, - intervenne Jo, impegnata a dare un’ultima lucidatina alle maniglie, avvolta in un grembiulone azzurro, - non saprebbe dove metterli. Lei e John dovrebbero andarsene a dormire in giardino.

    La signora March sorrise.

    - Il marito di Sallie è un uomo ricco e la loro casa è impegnativa da mandare avanti e richiede quindi molto personale. Meg e John, invece, cominciano più umilmente, ma sono sicura che saranno ugualmente felici in questa casetta.

    Per una giovane sposa è un grosso sbaglio iniziare la vita coniugale non avendo altro da pensare che cambiarsi d’abito, dare ordini alla servirti e spettegolare. Ricordo che io, subito dopo il matrimonio, speravo che i miei vestiti nuovi si sciupassero in fretta, magari si strappassero, solo per il piacere di poterli rammendare. Ero così stufa di ricamare e stirare fazzoletti!

    - Perché non te ne andavi in cucina a mettere tutto sottosopra come fa per divertirsi Sallie, nonostante poi non le riesca mai niente di buono e la cuoca ride di lei ? - disse Meg.

    - Lo feci anch’io, infatti, ma solo dopo un certo periodo, e non per pasticciare, come dici tu, ma per imparare da Hannah come devono essere fatte le cose, e così nessuno rise di me. All’inizio lo facevo quasi per gioco, per non annoiarmi, ma poi arrivò il momento in cui fui felice non solo per aver voluto imparare a cucinare e di riuscire a preparare qualcosa di buono per le mie bambine, ma anche di sapermela cavare da sola in ogni occasione.

    Accadde quando non riuscii più a sostenere le spese della servitù. Tu, mia cara Meg, cominci da niente ma tutto quello che imparerai ora ti sarà utilissimo anche se John diventerà ricco, perché una padrona di casa, per quanto splendida sia la sua casa, bisogna che sappia come vanno fatte le cose se vuole essere servita e non presa in giro.

    - Si, mamma, hai ragione, - rispose Meg, che aveva ascoltato rispettosamente la piccola predica della mamma, piuttosto lunga a dire il vero, perché qualsiasi donna quando si mette a parlare di come far andare avanti una casa non la finirebbe più.

    Poi madre e figlia salirono al piano superiore e si diressero verso il guardaroba dov’era disposta in bell’ordine la biancheria nuova.

    - Di questa mia casa di bambole, il guardaroba è la stanza che amo di più, - disse Meg, con aria soddisfatta.

    Beth era là, intenta a disporre sui ripiani pile e pile di biancheria e aveva dipinto in faccia un sorriso radioso, come se quel lavoro la divertisse tantissimo. E tutte e tre risero alle parole di Meg. Quando si parlava del guardaroba, infatti, nessuno riusciva a trattenere una risatina pensando alla zia March. Dovete sapere che la vecchia megera aveva promesso solennemente che se Meg si fosse davvero sposata con quel John Brooke, lei non le avrebbe lasciato il becco di un quattrino; ma poi, col passare del tempo, la rabbia e la delusione s’erano placate, mettendola quindi in una posizione molto imbarazzante perché non sapeva come liberarsi di un giuramento di cui ormai si era pentita.

    Senza dirlo a nessuno si era arrovellata a lungo sul modo di aggirarlo e alla fine aveva ideato un piano di cui si era piuttosto sentita fiera. La signora Carrol, la madre di Florence, era stata incaricata di acquistare, far confezionare una gran quantità di finissima biancheria da casa e da tavola (con tanto d’iniziali) e d’inviarla poi come suo regalo. Il che era stato puntualmente eseguito. Tuttavia il segreto aveva finito per trapelare, con grande soddisfazione della famiglia March. La vecchia zia aveva continuato a fare l’indifferente, ripetendo che avrebbe mantenuto l’antica promessa di regalare alla prima ragazza March che si fosse sposata la sua collana di perle e nient’altro.

    - Mi dà una grande gioia vedere tutta questa roba. Avevo un’amica che portò in dote solo sei lenzuola. In compenso possedeva sei coppette lavadita e ne era molto orgogliosa, - disse la signora March, accarezzando con mano esperta la bella tovaglia di tessuto damascato.

    - Io di coppette lavadita non ne ho neanche una, ma questa biancheria mi durerà per tutta la vita, - replicò Meg, con aria d’importanza. - Almeno a detta di Hannah.

    - Sta arrivando Compratutto! - gridò Jo dal piano di sotto.

    E tutte andarono incontro a Laurie. Le sue visite settimanali erano uno dei principali diversivi nel loro trantran quotidiano. Proprio in quel momento stava infatti attraversando la strada a grandi passi un giovanotto alto, con le spalle larghe, i capelli cortissimi, un cappello di feltro a larghe tese e un vestito senza pretese. Arrivato al cancello, invece di aprirlo, saltò la siepe andando poi incontro a braccia aperte alla signora March.

    - Eccomi qui mamma! Sì, tutto bene, - disse con voce allegra.

    Quelle parole erano in risposta all’occhiata dell’anziana signora, un’occhiata tenera e interrogativa che i begli occhi del ragazzo ricambiarono con tanta franchezza da far si che il piccolo siparietto fosse già chiuso, come sempre, da un bacio materno.

    - Per la futura signora Brooke, ecco qui, con mille complimenti e da parte dell’autore. Che Dio ti benedica, Beth! E tu, Jo, che piacere rivederti. Amy, carissima, ogni giorno diventi più bella!

    Mentre parlava, Laurie porse a Meg un pacchetto avvolto in carta marrone, tirò il nastro che stringeva i capelli di Beth, lanciò un’occhiata al grembiulone senza maniche di Jo e un’altra, di esagerata ammirazione, ad Amy e quindi distribuì strette di mano a destra e a manca.

    Poi cominciò la pioggia di domande da parte delle ragazze.

    - Dov’è John? - chiese ansiosamente Meg.

    - E’ andato a prendere la licenza di matrimonio per domani!

    - Chi ha vinto l’ultima partita, Teddy? - volle sapere Jo che, a dispetto dei suoi diciannove anni, continuava a manifestare grande interesse per gli sport maschili.

    - Noi, naturalmente. Avrei voluto che fossi là ad ammirarci.

    - Come sta la bella signorina Randall? - domandò Amy con un sorrisino significativo.

    - Più crudele che mai. Non vedi come spasimo per lei? E Laurie si batté il petto, alzando gli occhi al cielo con un sospiro melodrammatico.

    - Vediamo un po’ che novità c’è nel pacco. Sicuramente qualcosa di bizzarro. Aprilo subito, Meg, - disse Beth che fissava con curiosità la confezione piena di protuberanze.

    - E’ una cosa utile da avere in casa in caso di incendio o di furti, - spiegò Laurie, mentre dal pacco usciva, tra le risate delle ragazze, una trombetta uguale a quelle usate dalle guardie notturne. - Quando John non c’è, se qualcosa ti spaventa, mia cara Meg, non devi far altro che affacciarti alla finestra e suonare la trombetta. In un attimo sveglierai tutti i vicini. Bella, vero?

    E Laurie fornì un esempio della potenza dello strumento costringendo tutti a tapparsi le orecchie.

    - Così questa sarebbe la vostra gratitudine, eh? Oh, a proposito di gratitudine, Meg, mi viene in mente che devi ringraziare Hannah: è riuscita a salvare la tua torta nuziale dalla rovina. La stavano portando proprio mentre arrivavo e, se lei non l’avesse difesa a spada tratta, avrei fatto un assaggino: aveva un aspetto così appetitoso!

    - Io mi chiedo quando ti deciderai a crescere, Laurie, - disse Meg con un’aria da direttrice di collegio.

    - Faccio del mio meglio, bella signora, ma temo che non crescerò molto più di così. E poi, in questi tempi di decadenza, direi che un metro e ottanta abbondante di altezza non sia poi da buttar via, - rispose Laurie la cui testa toccava quasi il piccolo lampadario. - Beh, a me sembra che sia una profanazione mangiare qualcosa in questo salottino nuovo di zecca e tutto tirato a lucido, e siccome ho una fame da lupo proporrei di togliere la seduta. Che ne dite?

    - Mamma e io andiamo ad aspettare John, ci sono ancora le ultime cose da sistemare, - disse Meg svignandosela.

    - Beth e io andremo da Kitty Bryant a prendere altri fiori per domani, - disse Amy, appoggiando con grazia il cappello sui riccioli ben acconciati, soddisfatta come nessun altro del figurone che faceva.

    - Non mi abbandonerai anche tu, vero Jo? - esclamò Laurie. - Sono talmente sfinito che non ce la farei a raggiungere casa mia senza un aiuto. No, non toglierti il grembiule, ti dona molto.

    Ma Jo non gli dette ascolto e ripose in tasca, ben ripiegato, quell’indumento che odiava dal profondo del cuore. Poi porse il braccio all’amico, come se davvero lui avesse bisogno di sostegno.

    - Ora, Teddy, vediamo di parlare seriamente, una volta tanto, - esordì, mentre si avviavano fianco a fianco. - Si tratta di domani. Prometti che ti comporterai bene, che non ne combinerai qualcuna delle tue, che non farai scherzi e che non ci rovinerai in alcun modo la festa.

    - Niente scherzi: lo giuro.

    - Prometti anche che non ti metterai a dire sciocchezze quando è il momento di restare seri.

    - Sei tu che fai queste cose, mica io...

    - E non guardarmi, durante la cerimonia, ti supplico! Finirei per mettermi a ridere.

    - Non mi vedrai neanche, di sicuro. Sarai così impegnata a piangere che uno spesso velo di lacrime t’impedirà la visuale.

    - Io non piango mai, a meno che non sia proprio a pezzi. - Come quando un amico parte per tornare all’università? ribatté Laurie, con un sorrisino malizioso.

    - Non vantarti per così poco: ho piagnucolato un po’, tanto per non distinguermi dalle mie sorelle.

    - Già. E ora dimmi, Jo, di che umore è il nonno in questi giorni? Malleabile?

    - Molto. Perché me lo chiedi? Ti sei messo in qualche guaio e vuoi sapere in anticipo come la prenderà? - chiese Jo, piuttosto aspramente.

    - Insomma, Jo, credi che avrei guardato in faccia tua madre e le avrei detto che tutto andava per il meglio se non fosse stato vero?

    E Laurie si fermò su due piedi con un’aria offesa. - No, no di certo...

    - E allora non essere sempre così sospettosa! Ho solo bisogno di soldi, - disse Laurie, riprendendo a camminare, rabbonito dal tono convinto dell’amica.

    - Tu spendi troppo, Teddy.

    - Che Dio ti benedica, Jo, non sono io a spenderlo, credimi, è il denaro che si squaglia come neve al sole, senza che neanche me ne accorga.

    - Sei così generoso e tenero di cuore che non riesci a dir di no a nessuno. Abbiamo saputo di Henshaw e di quello che hai fatto per lui. Ed effettivamente quando spendi dei soldi in questo modo nessuno ti può rimproverare, - disse Jo con calore.

    - Oh, Henshaw ha esagerato. Come avrei dovuto comportarmi, lasciare che un ragazzo in gamba come lui si ammazzasse di fatica senza intervenire? Lui, da solo, vale quanto una dozzina di perdigiorno come noi.

    - Infatti nessuno ti biasima per questo, Teddy. Però ogni volta che torni a casa, hai sempre qualche gilet, un numero incalcolabile di cravatte e almeno un cappello, tutti quanti nuovi. Speravo che col passare del tempo saresti diventato meno vanitoso. Invece continui a peggiorare. Adesso essere alla moda vuoi dire somigliare a delle caricature: capelli talmente corti che sembrano una spazzola da bucato, giacche larghe e informi, guanti arancioni e scarpe con la punta quadrata. Se tutti questi orrori costassero poco capirei pure, ma costano esattamente quanto le cose di buon gusto e allora, scusami, non vedo proprio che soddisfazione ci sia ad andare in giro conciati così.

    Laurie, la testa gettata all’indietro, si mise a ridere di tutto cuore, tanto che il cappello gli cadde per terra. Jo lo calpestò di proposito. Lui non se la prese e anzi, mentre coglieva l’occasione per tessere gli elogi dell’abbigliamento alla moda, lo raccolse e, impolverato com’era, se lo mise in tasca.

    - Adesso basta con le prediche, ti prego! - esclamò. - Ne ho sopportate a sufficienza per una settimana e voglio un po’ di tranquillità quando torno a casa. Domani, per la soddisfazione generale, mi vedrete risplendere in tutta la mia bellezza, vestito come Dio comanda. Va bene?

    - Io non ti lascerò in pace finché non ti sarai fatto ricrescere i capelli. Non sono un’aristocratica, ma non sopporto di farmi vedere in compagnia di una persona che ha l’aspetto di un pugile professionista, - osservò severamente Jo.

    - Vestire comodamente e senza pretese sollecita l’attività intellettuale, ecco perché all’università abbiamo adottato questo stile, - replicò Laurie che certo non poteva essere accusato di vanità per aver sacrificato i folti riccioli alla moda dei capelli tagliati a spazzola. - A proposito, Jo, credo che il giovane Parker si sia preso una gran brutta cotta per Amy. Non fa che parlare di lei, scrive poesie e se ne sta sempre con il naso per aria sospirando. Non sarebbe meglio che soffocasse la sua passioncella sul nascere? - aggiunse poi, dopo un minuto di silenzio, in tono protettivo e paterno.

    - Certo che dovrebbe! Non vogliamo altri matrimoni in famiglia nel prossimo futuro. Che Dio ci aiuti, che cos’hanno in testa questi ragazzi?

    Jo appariva scandalizzata come se Amy e il giovane Parker avessero una decina d’anni o poco più.

    - I tempi cambiano velocemente mia cara, e neanch’io so dove andremo a finire. Anche tu sei poco più di una bambina, ma la prossima ad andarsene per la sua strada sarai tu, Jo, lasciandoci a piangere lacrime sconsolate, - disse Laurie scrollando tristemente la testa amareggiato dalla degenerazione dei tempi.

    - Non preoccuparti. A me non succederà. Nessuno mi vuole e ne sono ben contenta: in ogni famiglia deve pur esserci una zitella.

    - Tu non offri a nessuno la possibilità di farsi avanti, - disse Laurie, rivolgendole un’occhiata in tralice.

    Nonostante l’abbronzatura si vedeva che Jo era parecchio arrossita.

    - Non vuoi mostrare il lato più dolce del tuo carattere, - riprese poi, - e se per caso qualcuno riesce a scoprirlo, se per caso dimostra di apprezzarlo, tu lo tratti come faceva la signora Gummidge con i suoi innamorati: un bel secchio di acqua fredda sulla zucca. E diventi così pungente che nessuno osa più guardarti né tantomeno sfiorarti con un dito.

    - Cose del genere non mi piacciono, sono troppo occupata per preoccuparmi di simili sciocchezze. Inoltre penso che non sia bello rompere l’unità delle famiglie. Non tornare mai più su questo argomento, ti prego: il matrimonio di Meg ha fatto

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