Poesie
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Che cosa racchiudo in me
in questi momenti di tristezza?
Ahi, chi taglia i miei boschi
dorati e fioriti!
Che cosa leggo nello specchio
d'argento commosso
che l'aurora mi offre
sull'acqua del fiume?.
Federico García Lorca
Federico García Lorca (1898-1936) es el poeta español más leído de todos los tiempos y miembro destacado de la Generación del 27. Desde muy joven, sus inquietudes artísticas fueron muy variadas, desde la música hasta el dibujo. Su estancia en la Universidad de Granada y la Residencia de Estudiantes de Madrid, así como sus viajes por América, consolidaron su creación literaria y lo convirtieron en un referente, tanto en la poesía como en el teatro.
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Anteprima del libro
Poesie - Federico García Lorca
mia
Novembre
LIBRO DE POEMAS (1921)
INDICE
Ban deruola
Gli incontri di una l umaca avventurosa
Canzone d'au tunno
Canzo ne primaverile
Canzone minore
Elegia a D onn a Giovanna la pazza
Ci cala!
Ballata triste
M attino
L'ombra dell'anim a mia
Piog gia
Se le mie mani po tessero sfogliare
Il canto del miele
Eleg ia
Santia go
Il diama nte
Madrigale d'estate
Nuovi c anti
Al ba
Il pres entimento
Canzone p er la Luna
Elegia d el silenzio
Ballata di un giorno d i Luglio
In me moriam
Sog no
Pa esaggio
Nov embre
Do mande
La bande ruola caduta
Cuore nuovo
Il tr amonto del sole
Uccellino di carta
Mad rigale
Una camp ana
C onsulto
Se ra
Ci sono anime ch e hanno…
Prol ogo
Ballata int eriore
La lucertola vecchia
Pat io
Ballata della piccola piazza
Cr ocevia
Ora st ellata
La strada
Il concerto inte rrotto
Canzone orie ntale
Piop po morto
Cam pagna
Ballata dell'acqu a del mare
A lberi
La luna e la morte
Ma drigale
Desid erio
I pioppi d'arge nto
Sp ighe
Meditazione sotto la pioggia
Fon te
M are
Sog no
Altro so gno
Quer cia
Invocazio ne all'alloro
Ritmo d'au tunno
No tturno
Nido
Altra can zone
Il cap rone
Ballatel la dei tre fiumi
Poema della sigui riya gitana
Poema d ella soleà
Poema de lla saeta
Grafico della pe tenera
Due r agazze
Quadre tti flamenchi
Tre città
Sei capric hos
Scena del tenente colonnello della gu ardia civile
Dialogo dell'amargo
Sta gni
Quattro ballate g ialle
Palin sesti
Teo rie
Notturni della fi nestra
Canzoni pe r bambini
Anda luzas
Tre ritratti co n ombra
Gio chi
Canzoni di Luna
Eros con bas tone
Tras mondo
Am ore
Canzoni per c oncludere
Romanza della L una, Luna
Bella e il ve nto
Misc hia
Romanza sonnambula
La monaca gitana
La sposa infedele
Romanza d ella pera nera
San Michele
S an Raffaele
San Ga briele
Cattura di Antonio El Camb orio sulla strada di Siviglia
Morte di Antonio El Camborio
Morto d' amore
Romanza del conve nuto
Romanza della gu ardia civile spagnola
Tre roman ze storiche
Poesie della solitudine alla Colu mbia University
I n egri
Strade e so gni
Poesie del lago Ede n Mills
Nella capanna d el Farmer
Introduzione alla mo rte
Ritorno in città
D ue odi
Fuga da Ne w York
Il poeta giu nge all'Avana
Addenda a p oeta a New York
Il cozzo e la morte
Il sangue ve rsato
Cor po presente
Anima assente
Madrigale alla città di Santiago
Romanza della M adonna della barca
Canto del garzo ne di bottega
Notturno dell'a dolescente morto
Ninna nanna per Rosal ia Castro, morta
Danza della L una a Santiago
Gazz elle
Cas ide
SUITES
Suites del rit orno
Il giardino delle brune
La suites degli s pecchi
Nott e
Tre sta mpe del cielo
Tre storielle del vento
La selva degli o rologi
Za mpilli
Suite dell'ac qua
Son etti
Miserer e
Voto
L'orto della petenera
No tte
Mezzan otte
L ei
F uori
Camp agna
Str ofa
Lam ento
S ibilla
Luna nera
Bor done
Cicogne musicali
La preghiera d elle rose
Alle poesie complete di Antonio Machado
G ranada
Che cos'ha l 'acq ua del fiume…?
M adrigale
Aria
L uce
Canzone bruna
Ogni ca n zone
Si è spezzato il sole
R osa
Scuo la
Canz one
Corrente l enta
Canzone del ragaz zo dai sette cuori
Arco di lune
Il satiro bi anco
Po rti co
A Catalina Ba rcena
Angolo eterno
Sera del giovedi s anto, 1924
Mare latino
Ab bandono
Canzone dell'A rbolé
Altra pi ccola stampa
Alba e c ampane!
Canzoncina del bambi no non nato
Pioppo e torre
Es tate
Canzone dell a disperazione
Canz one
Piccola stampa e gi ocattolo
Can zone
Miguel Pi zarro
Er bari
La sirena e il doganiere
Appunti p er un'ode
Ode a S alvator Dalì
Ca nz one
A Catalina Barcena
Solitudine in certa
No rme
Solitudi ne
Ode al santissimo sacrament o dell'altare
Infanzia e morte
Parla la Madonna Santi ssima
Strofa cuba na
A ddio
Alla mia amic a Teresa
Can zone
Canzone della m orte piccola
Canto notturno dei marinai anda lusi
Ninna n anna
Terra e Luna
Luna e panorama deg li insetti
A Margarita (X irgu)
O mega
Le tre fog lie
I quattr o mulattieri
Il Caff è di Chinitas
I pel legrini
Sevillanas
del se colo XVIII
Le morett ine di Jaén
And a Jaleo
I ragazzi di M onleon
Ninna na nna di Siviglia
I re del mazzo
La ta rara
Zorongo
La romanza di d on Boyso
Ninna nanna
BANDERUOLA (torna all'indice)
Vento del sud,
bruno, ardente,
scendi sulla mia carne
e porti semi
di sguardi
brillanti col profumo
d'aranceti.
Fai arrossire la luna
e singhiozzare
i pioppi prigionieri, ma vieni
troppo tardi!
Ho già deposto la notte del mio racconto
nello scaffale.
Senza vento,
credimi,
gira, cuore;
gira, cuore.
Vento del nord,
orso bianco del vento!
Scendi sulla mia carne
tremante d'aurore
boreali
col tuo strascico di spettri
capitani
e ridendo
di Dante.
O pulitore di stelle!
Ma vieni
troppo tardi.
La casa dell'anima è coperta di muschio
e ho perso la chiave,
Senza vento,
credimi,
gira, cuore;
gira, cuore.
Brezze, gnomi e venti
di nessun luogo.
Zanzare della rosa
di petali a piramide.
Alisei filtrati
fra gli alberi rudi,
flauti nella burrasca
lasciatemi!
Il mio ricordo
trascina pesanti catene
e l'uccello è prigioniero
quando disegna di trilli
la sera.
Le cose che se ne vanno non tornano piú,
tutti lo sanno,
e fra l'illustre moltitudine dei venti
è inutile lamentarsi.
Non è vero, pioppo, maestro di brezza?
È inutile lamentarsi.
Senza vento,
credimi,
gira, cuore;
gira, cuore.
Fuente Vaqueros, Granada, luglio 1920
GLI INCONTRI DI UNA LUMACA AVVENTUROSA (tor na all'indice)
A Ramón P. Roda
Che dolcezza infantile
nella mattina tranquilla.
Gli alberi tendono
le braccia verso la terra.
Un vapore tremulo
copre i seminati
e i ragni tendono
le loro strade di seta
- incrinature sul cristallo pulito
del vento -.
Sul viale,
una fonte recita
il suo canto fra l'erbe.
E la lumaca, pacifica
borghese del sentiero,
umile e ignorata
contempla il paesaggio.
La pace divina
della natura
l'ha rincuorata,
e dimenticando le pene
della casa, desiderò
vedere la fine del sentiero.
Camminando s'internò
in un bosco d'edere
e d'ortiche. In mezzo
c'erano due rane vecchie
a prendere il sole,
tristi e malate.
«Questi canti moderni
mormorava una di loro -
sono inutili». «Tutti,
cara - le risponde
la compagna che era
ferita e quasi cieca -.
Da giovane credevo
che se un giorno Dio sentisse
il nostro canto, ne avrebbe
pietà. La mia scienza
ho vissuto molto -
m'impedisce di crederlo.
E io non canto piú...»
Le due rane si lamentano
chiedendo l'elemosina
a una giovane ranocchia
che passa sdegnosa
scartando l'erba.
Davanti al bosco cupo
la lumaca si spaventa.
Vuol gridare. Non può.
Le rane le si avvicinano.
«È una farfalla?»
dice la cieca.
«Ha due piccole corna
- risponde l'altra rana -.
È la lumaca. Lumaca,
vieni da altri paesi?»
«Vengo da casa mia e voglio
tornarci subito.»
«È un verme vile
esclama la rana cieca -.
Non canti mai?». «Non canto»,
dice la lumaca. «E non preghi?»
«Neppure: non ho mai imparato.»
«Non credi alla vita eterna?»
«E che cos'è?»
«Mah, vivere sempre
nell'acqua trasparente
vicino a una terra fiorita
di ricchi pascoli.»
«Da bambina, un giorno
la mia povera nonna mi disse
che dopo morta sarei andata
sulle foglie piú tenere
degli alberi piú alti.»
«Tua nonna era un'eretica.
La verità te la diciamo noi.
Dovrai crederci!»
dicono le rane furiose.
«Perché ho voluto vedere il sentiero?
geme la lumaca - Sí, credo
per sempre alla vita eterna
che dite voi...»
Le rane
pensierose si allontanano
e la lumaca spaventata
si perde nella foresta.
Le due rane mendicanti
restano come sfingi.
Una alla fine chiede:
«Credi alla vita eterna?»
«Io no», dice tristemente
quella ferita e cieca.
«Allora perché abbiamo detto
di credere, alla lumaca?»
«Perché... Non lo so
dice la rana cieca -.
Mi emoziono
quando sento i miei figli
invocare Dio con fiducia
dal canale...»
La povera lumaca
torna indietro. Nel sentiero
un silenzio ondulato
sgorga dal viale.
S'incontra con un gruppo
di formiche rosse.
Sono tutte in tumulto
e trascinano a forza
un'altra formica
con le antenne spezzate.
La lumaca esclama:
«Pazienza, formiche.
Perché maltrattate così
la vostra compagna?
Ditemi quello che ha fatto.
Giudicherò io in coscienza.
Su, formica, racconta tu.»
La formica mezza morta
le risponde tristemente:
«Ho visto le stelle.»
«Che cosa sono le stelle?», dicono
le formiche inquiete.
E la lumaca pensierosa
domanda: «Stelle?»
«Sí - ripete la formica -.
ho visto le stelle,
son salita sull'albero piú alto
che abbia il viale
e ho visto migliaia d'occhi
nelle mie tenebre.»
La lumaca domanda:
«Ma che cosa sono le stelle?»
«Sono luci che portiamo
sulla nostra testa.»
«Noi non le vediamo»,
commenta
E la lumaca: «La mia vista
arriva fino all'erba.»
Le formiche esclamano,
muovendo le loro antenne:
«Ti uccideremo; sei
pigra e perversa.
La tua legge è il lavoro.»
«Sí, ho visto le stelle»,
dice la formica ferita.
La lumaca sentenzia:
«Lasciatela andare,
fate le vostre faccende.
Può darsi che muoia
presto, arresa.»
Nell'aria dolce
è passata un'ape.
La formica agonizzante
sente la sera immensa
e dice: «Viene a portarmi
su una stella.»
Le altre formiche fuggono
vedendola morta.
La lumaca sospira
e s'allontana stordita,
piena di confusione
per l'eternità. «Il sentiero
è finito - dice -.
Forse di qui
si arriva alle stelle.
Ma la mia grande lentezza
mi impedirà di arrivare.
Non pensiamoci piú.»
Tutto era soffuso
di sole pallido e nebbia.
Campane lontane
chiamavano in chiesa
e la lumaca, pacifica
borghese del sentiero,
intontita e inquieta,
contempla il paesaggio.
Granada, dicembre 1918
CANZONE D'AUTUNNO (torna a ll'indice)
Oggi sento nel cuore
un vago tremore di stelle,
ma il mio sentiero si perde
nell'anima della nebbia.
La luce mi spezza le ali
e il dolore della mia tristezza
bagna i ricordi
alla fonte dell'idea.
Tutte le rose sono bianche,
bianche come la mia pena,
e non sono le rose bianche,
perché ci ha nevicato sopra.
Prima ci fu l'arcobaleno.
Nevica anche sulla mia anima.
La neve dell'anima ha
fiocchi di baci e di scene
che sono affondate nell'ombra
o nella luce di chi le pensa.
La neve cade dalle rose,
ma quella dell'anima resta
e l'artiglio degli anni
ne fa un sudario.
Si scioglierà la neve
quando moriremo?
O ci sarà altra neve
e altre rose piú perfette?
Scenderà la pace su di noi
come c'insegna Cristo?
O non sarà mai possibile
la soluzione del problema?
E se l'amore c'inganna?
Chi animerà la nostra vita
se il crepuscolo ci sprofonda
nella vera scienza
del Bene che forse non esiste
e del Male che batte vicino?
Se la speranza si spegne
e ricomincia Babele
che torcia illuminerà
le strade della Terra?
Se l'azzurro è un sogno,
che ne sarà dell'innocenza?
Che ne sarà del cuore
se l'Amore non ha frecce?
Se la morte è la morte,
che ne sarà dei poeti
e delle cose addormentate
che piú nessuno ricorda?
O sole della speranza!
Acqua chiara! Luna nuova!
Cuori dei bambini!
Anime rudi delle pietre!
Oggi sento nel cuore
un vago tremore di stelle
e tutte le rose sono
bianche come la mia pena.
Granada, novembre 1918
CANZONE PRIMAVERILE (torna all'indice)
I
Escono allegri i bambini
dalla scuola,
lanciando nell'aria tiepida
d'aprile tenere canzoni.
Quanta allegria nel profondo
silenzio della stradina!
Un silenzio fatto a pezzi
da risa d'argento nuovo.
II
Vado pel cammino della sera,
tra i fiori dell'orto,
lasciando sulla strada
l'acqua della mia tristezza.
Sul monte solitario
un cimitero di paese
sembra un campo seminato
di semi di teschi.
E sono fioriti cipressi
come teste giganti
che con orbite vuote
e chiome verdognole
pensosi e dolenti
l'orizzonte contemplano.
Divino aprile, che vieni
carico di sole e di essenze,
colma di nidi d'oro
i teschi fioriti!
Granada, 28 marzo 1919
CANZONE MINORE (torn a all'indice)
Le ali dell'usignolo
hanno gocce di rugiada,
gocce chiare della luna
bloccate dall'illusione.
Il marmo della fonte
ha il bacio dello zampillo,
sogno di stelle umili.
Le bambine dei giardini
mi dicono tutte addio
quando passo. Anche le campane
mi dicono addio.
E gli alberi si baciano
nel crepuscolo. Io
piango per la strada,
grottesco e senza soluzione,
con tristezza da Cyrano
e don Chisciotte, redentore
di impossibili infiniti
col ritmo dell'orologio.
E vedo appassire i gigli
al contatto della mia voce
macchiata di luce sanguinante
e nella mia lirica canzone
vesto abiti da pagliaccio
infarinato. L'amore
bello e pulito si è nascosto
sotto un ragno. Il sole
come un altro ragno mi nasconde
con le sue zampe d'oro.
Non sarò mai felice
perché sono come l'Amore
che ha le frecce di pianto
e la sua faretra è il cuore.
Darò tutto agli altri
e piangerò la mia passione
come un bambino abbandonato
in un racconto che s'è sbiadito.
Granada, dicembre 1918
ELEGIA A DONNA GIOVANNA LA PAZZA (torna all'indice)
A Melchor Fernández Almagro
Principessa innamorata senz'essere corrisposta.
Garofano rosso in una valle profonda e desolata.
La tomba che ti chiude trasuda la tua tristezza
attraverso gli occhi aperti sopra il marmo.
Eri una colomba dall'anima gigante
il cui nido fu sangue del suolo castigliano,
spargesti il tuo fuoco su un calice di neve
e per volerlo nutrire le tue ali si spezzarono.
Speravi in un amore come l'infante
che ti segue reggendoti il manto.
E invece di fiori, di versi e di collane di perle
la Morte ti diede rose appassite al ramo.
Portavi nel cuore la formidabile aurora
di Isabella di Segura. Melibea. Il tuo canto,
come allodola che vede spezzarsi l'orizzonte,
diventa all'improvviso monotono e amaro.
E il tuo grido fa fremere le fondamenta di Burgos.
E opprime la salmodia del coro certosino.
E si scontra con l'eco delle lente campane
perdendosi nell'ombra tremante e lacerato.
Avevi la passione che dà il cielo di Spagna.
La passione del pugnale, dell'occhiaia e del pianto.
O principessa divina dal crepuscolo rosso
con la rocca di ferro e il filo d'acciaio!
Non hai mai avuto il nido né il madrigale dolente
né il liuto che singhiozza lontano.
Il tuo trovatore fu un giovane dalle squame d'argento
e i suoi accenti d'amore l'eco della tromba.
E tuttavia eri fatta per l'amore,
fatta per il sospiro, l'abbandono e le carezze,
per piangere triste sul cuore amato
sfogliando una rosa profumata con le labbra.
Per guardare la luna ricamata sul fiume
e sentir la nostalgia che il gregge si trascina
e guardare gli eterni giardini dell'ombra,
o principessa bruna che dormi sotto il marmo!
Hai gli occhi neri aperti alla luce?
O ai tuoi seni esausti si aggrovigliano i serpenti...
Dove sono i tuoi baci buttati al vento?
Dove la tristezza del tuo amore infelice?
Nella cassa di piombo, dentro il tuo scheletro
hai il cuore rotto in mille pezzi.
E Granada ti conserva come santa reliquia,
o principessa bruna che dormi sotto il marmo!
Eloisa e Giulietta furono due margherite
ma tu sei stata un rosso garofano insanguinato,
che venne dalla terra dorata di Castiglia
a dormire fra neve e casti cipressi.
Granada era il tuo letto di morte, donna Giovanna,
i cipressi i tuoi ceri, la sierra il tuo altare.
Una pala di neve che placa le tue ansie,
con l'acqua che ti passa vicino. L'acqua del Dauro.
Granada era il tuo letto di morte, donna Giovanna,
con le sue vecchie torri e il giardino silenzioso,
con l'edera morta sopra i muri rossi,
con la nebbia azzurra e il romantico mirto.
Principessa innamorata e mal corrisposta.
Garofano rosso in una valle profonda e desolata.
La tomba che ti chiude trasuda la tua tristezza
attraverso gli occhi aperti sopra il marmo.
Granada, dicembre 1918
CICALA! (torn a all'indice)
A Maria Luisa
Cicala!
Beata te,
che sopra il letto di terra
muori ubriaca di luce.
Tu sai delle campagne
il segreto di vita,
e il racconto della vecchia fata
che nascere sentiva l'erba
rimane nascosto in te.
Cicala!
Beata te,
che muori sotto il sangue
di un cuore azzurro.
La luce è Dio che scende,
e il sole
breccia per dove filtra.
Cicala!
Beata te,
che senti nell'agonia
tutto il peso dell'azzurro.
Tutto il vivo che passa
dalle porte della morte
va con la testa bassa
e un'aria bianca assonnata.
Con parola di pensiero.
Senza suoni... Tristemente,
coperto dal silenzio
ch'è il mantello della morte.
Ma tu cicala assorta,
piena di suoni, muori
e resti trasfigurata
in suono e luce celeste.
Cicala!
Beata te.
T'avvolge nel suo mantello
lo Spirito Santo stesso
ch'è luce.
Cicala!
Stella sonora
sopra i campi addormentati,,
vecchia amica delle rane
e dei grilli neri,
hai sepolcri d'oro
nei raggi vibranti
del sole che ti colpisce dolcemente
nel vigore dell'estate,
e il sole porta via la tua anima
per farla luce.
Il mio cuore diventi cicala
sopra i campi divini.
Muoia cantando lentamente
nel cielo azzurro ferito
e quando starà per spirare
la donna ch'io so
lo sparga