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Napoli: la città del Sole e di Partenope
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E-book324 pagine3 ore

Napoli: la città del Sole e di Partenope

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Info su questo ebook

Questo saggio svela il segreto più recondito della città di Napoli attraverso un'indagine archeoastronomica delle motivazioni religiose e filosofiche alla base della fondazione del suo antico nucleo greco, Neapolis, da parte dei Cumani tra il VI e il V secolo a.C. Neapolis sembra essere stata progettata in modo da richiamare, nella geometria delle sue strade e nel suo peculiare orientamento geografico-astronomico durante i solstizi e gli equinozi, il culto di Apollo (il dio Sole dei Greci) e di Partenope (il nume tutelare a cui la città era dedicata e che ricorda la mitica Sibilla Cumana). La pianta dell'antica città greca appare ispirata alla cosmologia pitagorica in quanto schematizzabile con le proporzioni armoniche della sezione aurea e del numero dieci, numeri che simboleggiavano il «cosmo». Neapolis fu quindi concepita come un microcosmo, o meglio, come una città-tempio, con al centro il sole divino, degna dimora della sacerdotessa Partenope. I decumani e i cardini del centro storico, la cultura partenopea, le chiese e il Duomo di Napoli conservano ancora oggi, nelle loro geometrie, nei simboli, nei canti, nei dolci, nei mosaici e nelle reliquie, la memoria dell'intera tradizione solare di Neapolis. (125 immagini a colori. Autore: Nicola Scafetta, docente presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, è esperto di Fisica dei Sistemi Complessi e di interazioni Sole-Terra. Prefazione a cura di Federico Rausa, professore di Archeologia Classica presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Patrocinio editoriale della Società dei Naturalisti in Napoli. Versione inglese pubblicata da FedOA -Federico II University Press).
LinguaItaliano
Data di uscita24 gen 2020
ISBN9788831658195
Napoli: la città del Sole e di Partenope

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    Anteprima del libro

    Napoli - Nicola Scafetta

    Indice

    Frontespizio

    Prefazione

    Introduzione

    1. Sopra i tetti di Napoli

    2. L’urbanistica ippodamea delle città nuove

    3. Il ruolo della religione e della cosmologia nell’urbanistica antica

    4. I templi di Cuma e gli anfiteatri di Puteoli

    5. La cosmologia di Pitagora: i numeri mistici 10 e Φ

    6. La fondazione di Neapolis come la Nuova Città di Partenope

    7. L’orientazione dei decumani e dei cardini di Neapolis

    8. La rêverie neoclassica di Palmieri

    9. I solstizi mistici a 36° e l’orientazione antioraria di Neapolis a 22,5°

    10. La geometria decagonale e aurea di Neapolis

    11. La pianta di Neapolis: un gioiello cosmologico pitagorico

    12. La volta celeste nella vita della città antica

    13. L’equinozio d’autunno: il viaggio di Partenope dalla Grecia a Neapolis

    a) Leggende e miti di Partenope: la principessa/sacerdotessa o l’arpia/sirena?

    b) L’orientazione di Neapolis verso Pithecusae

    14. Le monete di Neapolis: Partenope e il Toro Androprosopo

    15. Partenope, la Pizia di Delfi e la Sibilla di Cuma

    16. Considerazioni finali: la testimonianza di artisti e poeti

    17. Epilogo: Da Apollo a Gesù Cristo ... grazie al martirio di San Gennaro

    18. Appendice A: Interpretazioni alternative e curiosità

    a) I decumani di Neapolis furono orientati secondo l’inclinazione dell’asse terrestre?

    b) Il modello di Neapolis di Longo e Tauro

    c) L’orientazione solare di Ercolano e Pompei

    d) Il Tempio Etrusco: la cosmologia del numero 16

    e) Partenope e la Sibilla Cumana erano lo stesso personaggio?

    f) Elementi di geografia astronomica

    g) La leggenda della Pastiera Napoletana

    19. Appendice B

    Ringraziamenti

    L’autore

    La Società dei Naturalisti in Napoli

    Bibliografia

    Landmarks

    Cover

    ******

    Nicola Scafetta

    – NAPOLI –

    La Città del Sole e di Partenope

    Il ruolo dell’astronomia, della mitologia e di Pitagora nella pianificazione urbana di Neapolis

    Società dei Naturalisti in Napoli

    ******

    ISBN: 9788831658195

    Terza Edizione, Novembre, 2024.

    Copyright © 2020, 2021, 2023, 2024: Tutti i diritti riservati all’Autore.

    Made by Human

    Nessuna parte di questo libro può essere diffusa, riprodotta, tradotta o fotocopiata senza il preventivo assenso dell’Autore. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    Borè s.r.l. – Youcanprint

    Via Roma 73 – 73039 Tricase (LE)

    info@youcanprint.it

    https://www.youcanprint.it/

    In copertina: Napoli, Città del Sole & Stampa di Partenope (1826).

    ******

    SINOSSI

    Questo saggio svela il segreto più recondito della città di Napoli attraverso un'indagine archeoastronomica delle motivazioni religiose e filosofiche alla base della fondazione del suo antico nucleo greco, Neapolis, da parte dei Cumani tra il VI e il V secolo a.C. Neapolis sembra essere stata progettata in modo da richiamare, nella geometria delle sue strade e nel suo peculiare orientamento geografico-astronomico durante i solstizi e gli equinozi, il culto di Apollo (il dio Sole dei Greci) e di Partenope (il nume tutelare a cui la città era dedicata e che ricorda la mitica Sibilla Cumana). La pianta dell'antica città greca appare ispirata alla cosmologia pitagorica in quanto schematizzabile con le proporzioni armoniche della sezione aurea e del numero dieci, numeri che simboleggiavano il «cosmo». Neapolis fu quindi concepita come un microcosmo, o meglio, come una città-tempio, con al centro il sole divino, degna dimora della sacerdotessa Partenope. I decumani e i cardini del centro storico, la cultura partenopea, le chiese e il Duomo di Napoli conservano ancora oggi, nelle loro geometrie, nei simboli, nei canti, nei dolci, nei mosaici e nelle reliquie, la memoria dell'intera tradizione solare di Neapolis.

    Nicola Scafetta, professore di Fisica presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II.

    Prefazione di Federico Rausa, professore di Archeologia Classica presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II.

    Patrocinio editoriale della Società dei Naturalisti in Napoli.

    ******

    Questo libro è una traduzione (ampliata) dell’opera:

    Naples, the City of the Sun and Parthenope: the role of astronomy, mythology and Pythagoras in the urban planning of Neapolis. Nicola Scafetta. Napoli, FedOAPress, 2024.

    DOI: 10.6093/978-88-6887-242-7. Cavoliniana: monografie della Società dei Naturalisti in Napoli, n. 5.

    Società dei Naturalisti in Napoli

    Via Mezzocannone 8

    80134 Napoli

    Email: postmaster@societanaturalistinapoli.it

    https://www.societanaturalistinapoli.it/

    2024 FedOAPress - Federico II University Press

    Università degli Studi di Napoli Federico II

    Centro di Ateneo per le Biblioteche «Roberto Pettorino»

    Piazza Bellini 59-60

    80138 Napoli, Italy

    http://www.fedoabooks.unina.it/index.php/fedoapress

    Cavoliniana è una collana sottoposta a revisione paritaria. Il contenuto di ogni volume è valutato da studiosi scelti dal comitato editoriale.

    Prefazione

    A distanza di sessant’anni dalla pubblicazione del celebre saggio The Two Cultures and the Scientific Revolution (1959), con il quale Charles Percy Snow (1905–1980) denunciava la frattura tra discipline umanistiche e scientifiche, si può affermare senza dubbio che i più recenti indirizzi della ricerca antichistica si orientino verso una sempre più viva e feconda dialettica con i saperi propri delle scienze naturali, fisiche, biologiche, matematiche. Sebbene con non poche difficoltà e resistenze, l’archeologia in particolare mostra ormai da tempo una innegabile tendenza al dialogo interdisciplinare con altri ambiti del sapere. Almeno da quando Mortimer Wheeler (1890–1976), al principio del XX secolo, adottò nello scavo archeologico i principi della stratigrafia geologica, divenuti nel tempo uno dei capisaldi metodologici della disciplina, il confronto con le cosiddette hard sciences si è progressivamente consolidato.

    Nuovi ambiti di ricerca come la geoarcheologia, l’archeometria, la paleopatologia e l’archeogenetica o metodologie di studio come la fisica applicata all’archeologia e gli ormai celebri esami al radiocarbonio o ancora i processi di computer grafica in 3D permettono oggi di ricavare dati, informazioni e risultati su siti, contesti, monumenti e manufatti del passato impensabili agli albori della disciplina archeologica, intervenendo a integrare i metodi tradizionali della ricerca in campo archeologico. La consapevolezza che la storia del mondo antico possa essere più compiutamente ricostruita attraverso la comprensione delle modalità d’interazione tra l’uomo del passato e il suo ambiente circostante sostanzia oggi nuove prospettive di studio che propongono, a ritroso, problemi di drammatica attualità. Un fresco esempio è il recente saggio di Kyle Harper (The Fate of Rome. Climate, Disease and the End of an Empire, 2017) dove, per la prima volta, l’ambiente compare come soggetto storico nel quadro della ricostruzione delle cause che determinarono la fine dell’Impero Romano.

    Tra le scienze che hanno avviato un precoce dialogo con l’archeologia, sebbene non sempre scevro da contrasti e incomprensioni reciproche ma tuttavia ancora oggi vivo e persistente, l’astronomia ha avuto un ruolo di primo piano. Dall’inizio degli anni ’70 del Novecento si parla, infatti, di archeoastronomia, formula sintetica dei due ambiti di ricerca utilizzata per definire lo studio del rapporto tra il cielo e i suoi fenomeni e l’uomo antico, e volto, quindi, a indagare la mentalità di quest’ultimo in relazione a molteplici aspetti del suo operare, dalla scelta degli insediamenti, alla costruzione degli edifici sacri, alle pratiche religiose e cultuali. Questo indirizzo di ricerca, connotato, nei contenuti, in senso latamente culturale piuttosto che marcatamente scientifico e in senso multidisciplinare, sul piano del metodo, ha rivelato di potere validamente affiancare l’archeologia nella lettura complementare e integrata dei dati, per proporre e determinare anche cronologie di monumenti e manufatti dedotte dai calcoli astronomici con essi associabili.

    Una ormai nutrita serie di contributi scientifici, che dal tardo Ottocento fino a oggi fa capo ai nomi di Lockyer, Thom, Hawkins, Ruggles, Aveni, rivela come campo d’indagine originario e privilegiato dell’archeoastronomia le culture megalitiche pre- e protostoriche dell’Europa insulare (spicca, fra tutti, il sito celeberrimo di Stonehenge) e centrale, dalle quali gli interessi si sono poi estesi all’Egitto faraonico, alla Mesopotamia, all’Estremo Oriente fino alle civiltà nord-, meso- e sudamericane.

    Il mondo classico, tuttavia, non è rimasto estraneo a questo filone della ricerca. Il connubio tra archeologia e astrologia nell’interpretazione di un monumento antico si può fare risalire già al principio del XVIII secolo per merito di Francesco Bianchini (1662–1729), convinto assertore, al contrario del contemporaneo Isaac Newton, della necessità di ricorrere anche alle fonti archeologiche per ricavare dati sulla cronologia delle età più antiche della storia dell’uomo. Si deve, infatti, a questa straordinaria figura di scienziato, nel contempo astronomo e archeologo, la prima corretta interpretazione dell’Atlante Farnese del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, del quale egli indagò attentamente il complesso sistema di segni astrali raffigurati sul globo celeste che la mitologica figura sostiene sulle spalle. Grazie al riconoscimento della precessione equinoziale, nota nell’antichità attraverso l’Almagesto tolemaico, Bianchini, stabilendo una coincidenza cronologica della statua con la composizione del trattato astronomico di Tolomeo, poté datarla con precisione al II secolo d.C., cronologia confermata anche sul piano dell’analisi stilistica e formale.

    L’Atlante Farnese che regge il globo celeste con le costellazioni. (Museo Archeologico Nazionale di Napoli).

    Nella seconda metà dell’Ottocento, monumenti e contesti topografici del mondo greco e romano furono oggetto di studi basati sull’applicazione di calcoli astronomici. La serie prese avvio col lavoro di Heinrich Nissen – da alcuni considerato l’iniziatore dell’archeoastronomia – che nel 1869 pubblicava la sua opera sull’orientazione di templi e siti urbani romani e italici (Das Templum. Antiquarische Untersuchungen), seguita da quelle dedicate ai templi ateniesi del francese Émile-Louis Burnouf (La légende athénienne. Étude de mythologie comparée, 1872) e dell’inglese Francis Cranmer Penrose, collaboratore di Lockyer, del quale applicò il metodo immediatamente dopo la pubblicazione degli studi su Stonehenge e i templi egizi (A Preliminary Statement of an Investigation of the Dates of some of the Greek Temples as Derived from their Orientation, 1892). All’inizio del XX secolo, Nissen ritornò sull’argomento con un nuovo saggio di sintesi (Orientation. Studien zur Geschichte der Religion, 1907–1910) nel quale rivedeva alcune sue precedenti tesi.

    L’accoglienza di questa nuova prospettiva di studio presso l’archeologia accademica non fu inizialmente favorevole: molte delle teorie dei primi studiosi di archeoastronomia furono, spesso con troppa supponenza e disinvoltura, stigmatizzate come frutti delle pseudo-scienze e non adeguatamente tenute in conto dagli archeologi. Complice di ciò fu anche, in alcuni casi, l’applicazione di calcoli astronomici non sempre adeguatamente verificati che condussero, specialmente per le cronologie dei templi greci, a risultati enormemente distanti da quelli archeologici e inconciliabili con essi. Tuttavia, come scrisse nel 1939 il celebre archeologo e storico dell’architettura antica, William Bell Dinsmoor (1886–1973), "l’errore non sta nella teoria in sé, ma nella deduzione dei risultati da dati incompleti e che, quindi, sia le informazioni, quantunque frammentarie, derivanti dalle fonti letterarie antiche sia i rilevamenti delle attuali orientazioni considerati nel loro insieme, forniscono una prova sufficiente dell’esistenza del principio generale".

    Oggi dopo circa un secolo di studi e ricerche, l’archeoastronomia ha confermato, e consolidato, le sue premesse epistemologiche nel metodo interdisciplinare e nelle finalità della ricerca, finalizzate alla definizione dell’orientazione dei monumenti architettonici, al riconoscimento dei criteri della pianificazione urbana e del territorio e all’esegesi ed ermeneutica dei testi di astronomia antica. In questi ultimi anni, monumenti, contesti e testi del mondo greco e romano, come il Pantheon, lo schema urbanistico di Alessandria, l’organizzazione centuriale romana delle città italiche e i richiami astrali del culto di Artemide Orthìa a Sparta, contenuti nei versi del Partenio del poeta spartano Alcmane (metà del VII secolo a.C.), sono stati interpretati secondo una prospettiva archeoastronomica in grado di fornire nuove chiavi di lettura.

    La posizione degli equinozi di autunno e di primavera rispetto alle costellazioni suggerisce che l’Atlante Farnese sia stato realizzato intorno al II secolo d.C.

    Grazie alle ricerche e ai calcoli astronomici di Nicola Scafetta, al numero dei siti che possono vantare un’analisi archeoastronomica del proprio impianto urbanistico è possibile ora aggiungere quello dell’antica Neapolis, una città greca che, pur nella sua secolare continuità di vita, ha conservato ancora oggi, chiara e leggibile, l’impronta del regolare schema geometrico, tracciato al momento della sua fondazione. E se questo aspetto è ancora oggi capace di stupire e affascinare per la sua rarità, ancora più suggestiva ci appare la matrice astronomica della pianificazione della città, una "città del Sole" disegnata non sulla scorta di riferimenti geo-topografici bensì in base alle osservazioni dei percorsi solari durante i solstizi. Una città ideale, dunque, una città-santuario dedicata ad Apollo – personificazione divina dell’astro celeste per gli antichi Greci – ma anche una città pitagorica che, come osserva Scafetta, rivela l’adozione, nel suo tessuto urbano, di un sistema proporzionale derivante dall’angolo aureo di 36° e dal numero dieci, elementi mistici della geometria pitagorica. A fronte della concomitanza di tali aspetti, è verosimile pensare, come riteneva oltre cinquant’anni fa Per Gustav Hamberg (1913–1978) e come, molto probabilmente, intuì già alla fine del Quattrocento Fra’ Giocondo da Verona (1433–1515), che Vitruvio si ispirasse all’impianto urbanistico di Neapolis per teorizzare la sua città ideale costruita sull’armonia delle proporzioni geometriche e riflesso essa stessa del cosmo.

    A secoli di distanza dalla sua fondazione e dopo profonde trasformazioni non solo urbanistiche ma anche politiche e sociali che hanno segnato la storia della città, non tutto è andato perduto dell’antica città ideale, solare e pitagorica. Attraverso le pagine del libro di Nicola Scafetta anche un lettore non specialista, infatti, potrà ancora individuarne le tracce nei vicoli del centro storico e nelle parole delle canzoni della tradizione popolare che salutano il sole.

    Federico Rausa

    Professore di Archeologia Classica

    Università degli Studi di Napoli Federico II

    Apollo Citaredo (Apollo con la cetra). Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

    Introduzione

    Jesce Sole! ("Esci, Sole!) è tratto da una sequenza di rime che risalgono almeno al 1200 d.C., durante il regno dell’imperatore Federico II; O Sole mio è una famosa canzone napoletana composta nel 1898 da Giovanni Capurro, Eduardo Di Capua e Alfredo Mazzucchi; Chist’ è ‘o paese d’ ‘o Sole (Questo è il paese del Sole") è un altro noto brano musicale napoletano composto nel 1925 da Vincenzo D’Annibale e Libero Bovio. A Napoli è popolare il nome Ciro, che in antico persiano significa "Sole". Vicino alla Basilica di Santa Maria Maggiore della Pietrasanta, una strada in salita che conduceva all’antica Acropoli di Neapolis porta il nome di Via del Sole – Vicus Radii Solis – come menzionato in alcuni documenti medievali. Nella zona del Duomo di Napoli sorgeva un grande tempio greco-romano dedicato ad Apollo, il dio Sole, che oggi è annesso alla Cattedrale Metropolitana dell’Assunzione di Maria. Alla base dell’obelisco di Piazza San Domenico Maggiore, eretto in onore del santo come ex voto per aver liberato la città dalla peste, i raggi del sole si intersecano con il monumento votivo. La grande piazza del centro cittadino richiama l’ordine cosmico. L’elenco potrebbe continuare: la città di Napoli, la sua storia e la sua cultura fanno costantemente riferimento al Sole. Cosa determina questo misterioso legame tra Napoli e il Sole?

    L’obiettivo di questo saggio è far luce sulla natura del misterioso legame tra Napoli e il Sole. Esamineremo insieme al lettore le motivazioni religiose e le idee cosmologiche che potrebbero aver ispirato la fondazione e la progettazione del suo antico centro urbano, che i greci chiamavano "Neapolis, cioè, la Città Nuova". La tesi che propongo è che la griglia stradale di Neapolis intendeva incarnare un certo archetipo mitico. Più specificamente, la città appare un modello che, nella sua forma geometrica e nella sua orientazione geografico-astronomica, intendeva rappresentare la visione cosmologica dei suoi fondatori greci e il loro modo di relazionarsi con il divino. Nel caso specifico di Neapolis, approfondiremo il ruolo del culto di Apollo, il dio Sole, e il nume tutelare a cui la città era dedicata, Partenope.

    Secondo la tradizione, Neapolis fu fondata poco prima del 470 a.C. dai Cumani e da altri coloni della Magna Grecia (principalmente Siracusani e Ateniesi), probabilmente per celebrare la loro vittoria definitiva sugli Etruschi nell’importante battaglia navale di Cuma del 474 a.C. Questo evento pose fine all’espansione etrusca nell’Italia ellenica e determinò l’inizio dell’egemonia greca nella regione e lungo la costa della Campania. Tuttavia, alcune evidenze archeologiche suggeriscono che la costruzione della città potrebbe essere iniziata tra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C., probabilmente dopo la prima battaglia di Cuma (524 a.C.) o la battaglia di Aricia (506 a.C.), in cui Aristodemo (550 a.C. – 490 a.C.), il tiranno di Cuma, sconfisse gli Etruschi.

    La griglia stradale di Neapolis non fu disegnata in modo casuale, ma rispettò un ordinato disegno ortogonale. Questa griglia ortogonale, che all’epoca era un’innovazione architettonica, fu in seguito sviluppata dall’architetto greco Ippodamo di Mileto (498 a.C. – 408 a.C.). Fu poi adottata nel mondo greco per la costruzione di nuove città, come Alessandria d’Egitto, fondata nel 331 a.C. da Alessandro Magno (356 a.C. – 323 a.C.), e in seguito per la costruzione di diverse città romane.

    L’orientazione delle strade di Neapolis non fu dettata da confini topografici come le linee costiere e le sponde dei fiumi, né da semplici punti cardinali (linee Nord-Sud ed Est-Ovest). L’analisi della griglia stradale ortogonale di Neapolis mostra che le strade della città presentano proporzioni geometriche specifiche e una precisa orientazione geografica e astronomica. Entrambe le componenti verranno studiate in dettaglio e interpretate in chiave archeoastronomica, cioè secondo il particolare ideale cosmologico e religioso dell’epoca. Sosterrò che il design urbano e l’orientazione geografica furono scelti con cura e deliberatamente affinché Neapolis potesse essere riconosciuta e celebrata come la "Città del Sole e di Partenope". I costruttori della città, che adoravano il Sole, cercarono di incorporare il significato religioso e cosmologico del luogo nel loro progetto urbanistico. Neapolis fu probabilmente dedicata ad Apollo, il dio Sole, e fu progettata come una città-tempio per rappresentare

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