La libertà religiosa in Messico: Dalla rivoluzione alle sfide dell’attualità
Di Paolo Valvo
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L’eccezionalità del caso messicano sul piano della tutela del diritto di libertà religiosa continua dunque a suscitare domande, per rispondere alle quali non si può prescindere dalla complessa (e talora drammatica) storia dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica nel paese. Riflettere sul valore paradigmatico dell’esperienza messicana, a partire da una prospettiva al tempo stesso storica e giuridica, è l’obiettivo che si propone il presente volume.
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La libertà religiosa in Messico - Paolo Valvo
PAOLO VALVO (ED.)
LA LIBERTÀ RELIGIOSA IN MESSICO
Dalla rivoluzione alle sfide dell’attualità
Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura
ed Universale
sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.
Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura
ed Universale
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Copyright © 2020 by Edizioni Studium - Roma
ISSN della collana Cultura 2612-2774
ISBN 978-88- 382-4915-0
www.edizionistudium.it
ISBN: 9788838249150
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http://write.streetlib.com
Indice dei contenuti
INTRODUZIONE
I. LA SANTA SEDE E LA DIFESA DEL DIRITTO ALLA LIBERTÀ RELIGIOSA DA PIO XI A FRANCESCO*
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
II. LOS DESAFÍOS A LA LIBERTAD RELIGIOSA EN EL ACTUAL CONTEXTO SOCIAL Y POLÍTICO GLOBAL
III. EL CAMINO DE LA LIBERTAD RELIGIOSA EN MÉXICO, DE LA CRISTIADA HASTA HOY
IV. LA CONSTITUCIÓN MEXICANA DE 1917 Y LOS ESCRITOS DEL EPISCOPADO EN DEFENSA DE LA LIBERTAD RELIGIOSA
1. Contexto histórico
2. Obispos exiliados y escondidos
3. La cuestión religiosa en la Constitución mexicana
4. La libertad religiosa en dos documentos redactados en el exilio
5. Conclusiones
V. EL CONFLICTO ENTRE EL ESTADO Y LA IGLESIA EN MÉXICO (1925–1938), LA CRISTIADA (1926–1929) Y LA LIBERTAD RELIGIOSA
1. Secularización
2. Intolerancia
3. La Cristiada
4. Religión, Libertad, Tolerancia
5. Hacia la tolerancia
VI. LA SUPREMA CORTE DE JUSTICIA Y LAS LEYES SOBRE NÚMERO MÁXIMO DE SACERDOTES (1917-1940)
1. La legislación estatal y federal sobre número y registro de sacerdotes
2. Entre la legalidad estricta y la discrecionalidad legislativa
3. Conclusión
VII. EL MAGISTERIO CATÓLICO SOBRE LA «RESISTENCIA ARMADA A UN GOBIERNO OPRESOR» ANTES Y DESPUÉS DE LA GUERRA CRISTERA
Introducción
1. La «guerra justa» como una expresión de la legítima defensa*
2. Magisterio pontificio sobre la obediencia a la autoridad
3. Magisterio de los obispos sobre la resistencia armada a un gobierno opresor
4. La Firmissimam constantiam y su no condena a la resistencia armada
5. Estado de la cuestión después de la Firmissimam constantiam
6. A modo de conclusión
VIII. IL CONFLITTO RELIGIOSO MESSICANO IN ITALIA
1. Introduzione
2. Messico in Italia: il conflitto religioso e la reazione della stampa cattolica
3. La propaganda liguera in Italia
4. Conferenzieri, film e propagandisti: il caso del reverendo Ziliani
5. Verso la fine della partita?
6. Conclusioni: echi messicani nel cuore della Seconda guerra mondiale
IX. CHIESA E TOTALITARISMI: LE ORIGINI STORICHE DELLA DICHIARAZIONE DIGNITATIS HUMANAE
1. La storiografia sulla Chiesa e i totalitarismi
2. L’apporto degli archivi vaticani
3. Dalla tolleranza civile alla libertà religiosa
X. LIBERTÀ RELIGIOSA E RAPPORTI STATO-CHIESA NELLA STORIA DEL MESSICO. IL DIBATTITO INTORNO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE (1982-1992)*
1. Introduzione
2. I prodromi del dibattito sulla riforma costituzionale
3. La presidenza de la Madrid (1982-1988)
4. La gestazione della riforma durante la presidenza Salinas (1988-1992)
5. Conclusione
XI. LA LIBERTÀ RELIGIOSA IN AMERICA LATINA DOPO IL CONCILIO VATICANO II
1. All’origine di una svolta culturale e giuridica
2. L’eclissi della libertà religiosa
3. Il ruolo di Karol Wojtyla
4. Benedetto XVI: libertà religiosa, relativismo etico e neo-individualismo
5. Gli anni Novanta: un cambiamento di rotta
6. Fondamentalismi, Stato post-secolare e pluralismo religioso
GLI AUTORI
INDICE DEI NOMI
Cultura Studium - Nuova serie
PAOLO VALVO (ED.)
LA LIBERTÀ RELIGIOSA IN MESSICO
Dalla rivoluzione alle sfide dell’attualità
INTRODUZIONE
Paolo Valvo
Sono diversi i primati del Messico nella storia del Novecento. È qui innanzitutto che va in scena la prima grande rivoluzione politico-sociale del secolo (in anticipo su quella russa del 1917), destinata a lasciare sul terreno un milione di morti nell’arco di un decennio (1910-1920) [1] , senza contare i suoi sanguinosi sviluppi negli anni Venti. Nell’ambito della rivoluzione matura un altro importante primato, quello che vede il Messico dotarsi, all’inizio del 1917, di una costituzione consapevolmente sociale
, in cui ad esempio all’art. 123 vengono introdotte la giornata lavorativa di otto ore, la proibizione del lavoro femminile notturno e del lavoro minorile per i minori di dodici anni (mentre per i lavoratori di età compresa tra i dodici e i sedici anni la giornata lavorativa sarà di sei ore), la tutela per le donne lavoratrici negli ultimi mesi della gravidanza e in quelli immediatamente dopo il parto; su un altro versante l’art. 27 dichiara la terra e le risorse del sottosuolo «proprietà della nazione», disciplinando l’esercizio della proprietà privata [2] . Per queste ragioni si può affermare che la Carta messicana ha anticipato quelle normalmente considerate archetipiche in materia, come la costituzione di Weimar (1919) e le sovietiche del 1918 e 1936 [3] , da cui sapranno trarre spunti di riflessione anche i costituenti italiani del 1946-47.
Il binomio rivoluzione-costituzione fa da sfondo a un ulteriore primato, sul quale si è forse riflettuto meno in sede storiografica, e che attiene alla radicalità del conflitto tra lo Stato e la Chiesa [4] . Da questo particolare punto di vista, infatti, la legge fondamentale messicana promulgata dal Congresso costituente di Querétaro il 5 febbraio 1917 – in particolare gli artt. 3, 5, 24, 27 § 7.II e 130 – fissa un precedente fondamentale per la storia di tutto il secolo breve
, attribuendo al potere civile la facoltà di coartare pesantemente la libertà della Chiesa fino a cancellarne potenzialmente la presenza fisica [5] , in un Paese in cui all’epoca oltre il 99% degli abitanti si riconosce nella fede cattolica. In Messico, dunque, la Chiesa cattolica fa in un certo senso le prove generali
della persecuzione che dovrà subire nel corso del Novecento per mano di regimi autoritari e totalitari dei colori più diversi: questo avviene in un primo tempo nel caos della fase armata del processo rivoluzionario (1910-1920), successivamente negli anni della lotta armata contro il governo anticlericale di Plutarco Elías Calles (la guerra cristera o Cristiada, 1926-1929) e poi nei chiaroscuri degli anni Trenta, con la ripresa della persecuzione legale nella più gran parte degli Stati della federazione. Nella successiva fase di distensione – raggiunta grazie al pragmatismo del presidente Lázaro Cárdenas del Río (1934-1940) e all’intelligenza politica di prelati quali l’arcivescovo di México Luis María Martínez y Rodríguez e l’arcivescovo di Guadalajara José Garibi y Rivera – un modus vivendi non scritto lascerà alla Chiesa una notevole libertà d’azione in ambito culturale ed educativo, precludendole però allo stesso tempo qualsiasi possibilità di intervento in quello sociale e politico. Un equilibrio fragile, soggetto a qualche estemporaneo ripensamento, e in ogni caso legato alla non-applicazione di una costituzione il cui impianto anticlericale verrà in buona parte smantellato solo nel 1992, grazie alla riforma costituzionale voluta dal presidente Carlos Salinas de Gortari: riforma che a buon diritto può definirsi storica
, raggiunta dopo lunghe e complesse negoziazioni e sostanzialmente imposta da Salinas anche ai settori più recalcitranti del Partido Revolucionario Institucional (PRI), fino ad allora protagonista incontrastato della vita politica del Paese.
È lecito chiedersi che cosa rimanga di questi primati a oltre un secolo di distanza dall’avvio della Rivoluzione messicana. Per quanto riguarda l’ideale rivoluzionario, che pure continua a essere un tratto distintivo dell’identità culturale e della memoria collettiva del Paese, appare evidente come esso abbia smarrito gran parte del suo richiamo – nonostante i tentativi di rivitalizzarlo con nuovi contenuti [6] – come esito di un processo di lungo periodo, che si è sviluppato in parallelo con la progressiva crisi di legittimazione del PRI nella seconda metà del XX secolo [7] . Un declino contro il quale, in tempi recenti, ha provato a porsi come antidoto la rigenerazione nazionale
da cui prende il nome il partito dell’attuale presidente della Repubblica Andrés Manuel López Obrador [8] . Va d’altra parte rilevato come l’opinione pubblica, a più di un anno dall’insediamento del presidente, sia profondamente spaccata sui contenuti e i risultati della cosiddetta 4T
( Cuarta Transformación), con la quale López Obrador ha preteso porsi in continuità con le tre grandi trasformazioni che hanno segnato la storia del Messico moderno e contemporaneo (l’indipendenza, la stagione della Reforma
liberale di Benito Juárez e la rivoluzione). Quanto alla costituzione, pur rappresentando secondo alcuni storici un punto di riferimento per le «lotte sociali latinoamericane del secolo XX, e anche del XXI» [9] , non si può fare a meno di constatare che alle soglie del suo primo centenario solo il 2,54% del testo in vigore rispecchiava ancora la versione originale, a seguito delle oltre duecento riforme (per un totale di più di seicento modifiche complessive) che hanno segnato i primi cento anni di vita della Carta magna messicana [10] , tanto da porre seriamente la domanda se quella vigente possa considerarsi ancora la costituzione del 1917.
A fronte della progressiva erosione delle basi ideologiche e sociali su cui è andato costruendosi il paese, e della conseguente perdita di un’originalità storica di cui poter rivendicare l’attualità, occorre invece constatare che l’anticlericalismo – inteso come un’attitudine di ostilità verso la libertà delle fedi religiose di agire come tali nello spazio pubblico – continua a rappresentare un tratto distintivo del Messico contemporaneo, uno dei pochi paesi a definirsi nella sua costituzione (all’art. 40, riformato in questo senso nel novembre del 2012) come repubblica laica
[11] . Colpisce, in particolare, che il Messico sia ancora oggi uno dei luoghi più pericolosi al mondo in cui esercitare il ministero sacerdotale [12] – come ai tempi della persecuzione immortalata da Graham Greene nel reportage The Lawless Roads (1938) e nel capolavoro The Power and the Glory (1939) –, pur rimanendo uno dei paesi con la più alta percentuale di cattolici sul totale della popolazione [13] . Sono ben sette i sacerdoti uccisi nel Paese nel corso del 2018, ventisei quelli assassinati nell’arco dell’intera presidenza di Enrique Peña Nieto (2012-2018) e cinquantadue il totale di quelli uccisi a partire dal 1990. Cifre impressionanti, che hanno spinto qualche commentatore a riandare con la memoria al sacrificio di tanti sacerdoti e religiosi consumatosi negli anni della Cristiada [14] . Al rischio concreto per la vita di presbiteri, religiosi e laici attivamente impegnati sul territorio, in particolare negli Stati più colpiti dalla narcoguerra che dall’inizio della presidenza di Felipe Calderón Hinojosa (2006) ha precipitato il Messico in un abisso di violenza e di morte, con oltre 250.000 vittime, si aggiunge il frequente ostracismo del potere politico verso chi, anche rivestendo ruoli di primo piano nella gerarchia ecclesiastica, sostiene pubblicamente rivendicazioni di natura sociale o civica. È quanto ha testimoniato ad esempio il vescovo di Cuernavaca monsignor Ramón Castro Castro nel dicembre del 2018, in occasione della presentazione in Messico del Rapporto 2018 sulla libertà religiosa curato dalla Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre [15] .
L’eccezionalità del caso messicano sul piano della tutela del diritto di libertà religiosa continua a suscitare interrogativi, a dispetto delle riforme costituzionali che nel 1992 e da ultimo nel 2013 hanno cercato di adeguare agli standard riconosciuti a livello internazionale – pur con evidenti limiti – la disciplina interna del diritto alla libertà religiosa (si veda in particolare l’art. 24 della costituzione) [16] . Riflettere sul valore paradigmatico dell’esperienza messicana sul tema, a partire da una prospettiva al tempo stesso storica e giuridica, appare allora necessario, tanto più in un momento come quello attuale, in cui la revisione della Ley de Asociaciones Religiosas y Culto Público del 15 luglio 1992 (ovvero la legge che ha introdotto a tutti gli effetti la riforma costituzionale del presidente Salinas nell’ordinamento giuridico messicano) figura tra i temi in agenda del dibattito politico [17] . Questo è l’obiettivo che si propone il presente volume, che raccoglie gli interventi di studiosi e personalità di diversi paesi e diversi ambiti di competenza.
Sull’evoluzione storica del magistero cattolico sulla libertà religiosa si sofferma il contributo iniziale di S. E. Mons. Paul Richard Gallagher, il quale offre una panoramica ampia e articolata degli insegnamenti pontifici fino ai più recenti interventi di Benedetto XVI e Francesco, mettendo particolarmente in luce l’importanza delle vicende messicane per lo sviluppo della dottrina cattolica sul tema. L’intervento – originariamente pronunciato in apertura di un convegno internazionale promosso nel marzo 2017 dal Dipartimento di Storia dell’economia, della società e di Scienze del territorio Mario Romani
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dall’Universidad Panamericana (Campus México) – unisce idealmente i diversi fili del percorso tracciato nel volume, permettendo di osservare l’evoluzione del magistero della Chiesa in parallelo con quella delle sfide alla libertà religiosa. Tra queste monsignor Gallagher menziona significativamente il «sospetto» con cui la dimensione religiosa viene oggi vista anche in Paesi «di antica tradizione democratica» e la «crescita inquietante di forme di intolleranza e di episodi di discriminazione nei confronti dei cristiani», che interessa sempre più anche il continente europeo [18] . Centrale, nella riflessione di Gallagher, è inoltre la sottolineatura della «valenza anche sociale della libertà religiosa, che non può pertanto essere limitata alla mera libertà di culto».
In linea con queste considerazioni è il successivo contributo di José Antonio Lozano Díez, che mette in luce la crisi del paradigma liberale su cui si basano il diritto costituzionale di gran parte dei paesi del mondo occidentale e il diritto internazionale contemporaneo, un paradigma che concepisce l’uomo nella sua individualità piuttosto che nella sua natura di animale sociale
. Sulla scorta della riflessione di autori quali Hannah Arendt e Jürgen Habermas, la proposta avanzata da Lozano è quella di fondare un nuovo paradigma, centrato non sulla promozione esclusiva di diritti individuali avulsi dal contesto sociale, ma che ricomprenda la tutela dei diritti della persona nella costruzione di uno spazio pubblico precedente e superiore allo Stato, al mercato e all’individuo: solo così lo «spazio religioso» potrà essere percepito come parte integrante del bene comune, che rappresenta «il fine necessario di ogni società civilizzata».
Il contesto storico, culturale e giuridico nel quale prende forma la persecuzione antireligiosa nel Messico rivoluzionario e postrivoluzionario è ampiamente illustrato dai successivi interventi. Il saggio di José Luis Soberanes Fernández, in particolare, offre un’introduzione preziosa all’argomento, enumerando le disposizioni antireligiose contenute nella Costituzione del 1917 e qualificando come hate speech la retorica anticlericale adottata da molti dei costituenti riunitisi a Querétaro dal dicembre del 1916 al gennaio del 1917: un «discorso di odio» che, secondo Soberanes, ha pesantemente condizionato la dialettica politica nazionale lungo tutto il XX secolo. Le reazioni dell’episcopato messicano alla Costituzione sono al centro del documentato saggio di Carmen Alejos, che dopo aver ricostruito la complessità dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa durante la rivoluzione si sofferma in particolare su due documenti redatti da cinque arcivescovi e vescovi messicani alla fine del 1918, durante l’esilio negli Stati Uniti, per far conoscere il proprio punto di vista sulla persecuzione in corso. Colpisce il vedere affermato, nelle argomentazioni dei presuli, che la Chiesa non chiede per sé privilegi ma solo di poter godere di una «piena libertà religiosa» come quella garantita a tutte le confessioni religiose in Paesi come Stati Uniti, Canada, Australia, Cuba, Brasile e Olanda. Un’affermazione che da sola non basta a eradicare una mentalità ancora poco propensa ad accettare che il cattolicesimo venga giuridicamente messo sullo stesso piano di tutte le altre religioni, ma che tuttavia aiuta a comprendere come l’esperienza della persecuzione abbia sollecitato da parte della Chiesa il riconoscimento del diritto fondamentale alla libertà religiosa, fino alla sua sanzione definitiva nella dichiarazione conciliare Dignitatis humanae (7 dicembre 1965). Su questo passaggio offre riflessioni illuminanti Philippe Chenaux, il quale – a partire da un’analisi del magistero di Pio XI (in particolare le tre encicliche del marzo 1937 su nazionalsocialismo, comunismo e situazione religiosa del Messico) – sottolinea che «l’esperienza drammatica dei totalitarismi e le persecuzioni subite dalla Chiesa negli anni Trenta e Quaranta hanno […] condotto alla riscoperta e alla difesa da parte del magistero romano (Pio XI, Pio XII) della dignità intangibile della persona umana e dei suoi diritti inalienabili di fronte allo Stato». A questo riguardo si può osservare che se da un lato il Messico rivoluzionario e postrivoluzionario difficilmente può rappresentare un termine di paragone adeguato sul piano politologico per i totalitarismi fascista, comunista e nazionalsocialista [19] , dall’altro lato è proprio in Messico che la Chiesa – in anticipo rispetto a quanto accaduto in altri contesti nazionali – ha dovuto fare i conti con le pretese lato sensu totalitarie di uno Stato e di un partito unico decisi a non riconoscere l’esistenza di altri attori sociali all’infuori di se stessi.
Su quest’ultimo punto in particolare insiste con profondità di sguardo il saggio di Jean Meyer, che analizzando in parallelo la mentalità della classe dirigente rivoluzionaria e quella dei cattolici che si sollevano in armi dal 1926 al 1929 contro il governo anticlericale individua, tra le ragioni ideologiche del conflitto religioso, la fede assoluta dei rivoluzionari nel potere della ragione, che fa della «religione dell’incredulità» – da imporre a una popolazione nel complesso recalcitrante – un credo «non meno fanatico di quello che [i rivoluzionari] intendono distruggere». Almeno in partenza la guerra cristera è così lo scontro tra due mondi che si escludono a vicenda, agendo in modo speculare, al punto che secondo Meyer «è impossibile capire Calles senza capire i cristeros». Nei proclami e negli scritti politici del movimento cristero l’autore riconosce d’altra parte una progressiva presa di coscienza del fatto che la libertà religiosa per cui i cristeros combattono, lungi dall’esaurirsi nella sola rivendicazione dei diritti conculcati del cattolicesimo, deve necessariamente declinarsi al plurale. Aurelio Acevedo, ex comandante cristero dello Stato di Zacatecas, dirà al riguardo in un’intervista del 1967, citata da Meyer, che i cristeros combattevano «per tutte le libertà».
Alla sublimazione della legge in quanto «negazione della storia» (ovvero della realtà) si unisce nel modus operandi dei rivoluzionari la costante subordinazione della legge stessa alle esigenze del nazionalismo del governo messicano, che per Meyer incarna un vero e proprio «nuovo monoteismo». Sotto questo particolare profilo il contributo di Pablo Mijangos esemplifica bene il rapporto ambiguo tra potere politico e amministrazione della giustizia negli anni dal 1917 al 1940, attraverso una puntuale analisi dei dispositivi giuridici adottati dalla Corte Suprema messicana in riferimento ai ricorsi per incostituzionalità avanzati nei vari Stati della federazione contro le leggi restrittive del numero dei sacerdoti. Dal saggio emerge la propensione del potere giudiziario a conformarsi alle direttive politiche espresse dal potere esecutivo, che porta al rigetto delle istanze di amparo quando è più rovente il conflitto Stato-Chiesa e a una maggiore duttilità quando l’accoglimento dei ricorsi dei sacerdoti esprime, da un lato, il mutato clima nei rapporti tra il governo e l’episcopato e permette al potere federale, dall’altro lato, di ridimensionare l’attivismo di alcuni governatori locali. L’elasticità nell’interpretare la Costituzione, che necessariamente dipende da queste dinamiche, è per Mijangos la vera premessa giuridica del modus vivendi destinato a regolare i rapporti tra lo Stato e la Chiesa fino al 1992.
A un risvolto della guerra cristera ancora poco indagato in sede storiografica si dedica la riflessione di Massimo De Giuseppe, il quale analizza, sulla base di un’ampia documentazione archivistica e a stampa, la propaganda a sostegno della Chiesa perseguitata in Messico realizzata in Italia, negli anni del conflitto religioso, dagli attivisti della Liga Nacional Defensora de la Libertad Religiosa (nata nel marzo del 1925 come federazione di alcune preesistenti realtà associative del laicato cattolico e in seguito divenuta protagonista di primo piano del conflitto armato). Dal contributo emerge un significativo spaccato dei nessi transnazionali che hanno unito il cattolicesimo italiano a quello messicano in un frangente storico cruciale per entrambi i Paesi, alimentando un fecondo immaginario collettivo che merita di essere ulteriormente approfondito [20] . Il caso italiano evidenzia inoltre come la persecuzione religiosa messicana sia riuscita a catalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica cattolica internazionale, offrendo un esempio di mobilitazione globale di cui è difficile rintracciare precedenti analoghi nella storia religiosa moderna e contemporanea [21] .
Il ruolo paradigmatico del Messico come terreno di lotta per la libertà religiosa emerge anche nella riflessione di Juan González Morfín, che muovendo dal caso peculiare messicano si sofferma sulla legittimità del ricorso alle armi dal punto di vista della dottrina cattolica, quando serva a difendere i diritti religiosi conculcati da un potere dispotico. A partire dall’analisi delle circostanze che hanno portato il magistero pontificio a occuparsi della questione nell’enciclica sulla situazione religiosa del Messico Firmissimam constantiam (28 marzo 1937) – principalmente la sollevazione armata dei cattolici messicani contro il governo Calles (1926-1929), ma con uno sguardo anche alla guerra civile spagnola da poco iniziata –, lo studio prende in considerazione anche i successivi sviluppi della dottrina sulla guerra giusta
, fino all’enciclica Populorum progressio (1967) e oltre. Dal saggio emerge il carattere di assoluta eccezionalità che una sollevazione armata per motivi religiosi deve avere per essere considerata legittima dal punto di vista della dottrina cattolica; l’autore sottolinea tuttavia come questo aspetto non sia stato sufficientemente tenuto in conto dai vescovi messicani che si sono pronunciati sul tema al tempo della guerra cristera.
Nel prosieguo del volume l’incidenza della cultura – in particolare della conoscenza storica – nel determinare un clima favorevole o ostile alla libertà religiosa è al centro del contributo di chi scrive, che si sofferma sulle diverse narrative storiche che hanno animato il dibattito sulla riforma della Costituzione messicana in materia religiosa dal principio degli anni Ottanta al 1992, e che per molti versi continuano ancora oggi a influenzare le attitudini personali e collettive verso il ruolo pubblico svolto dalla Chiesa cattolica. Dall’analisi emerge l’urgenza di disseminare (soprattutto nelle giovani generazioni) un’adeguata consapevolezza della storia religiosa del Paese – in particolare delle sue pagine più controverse – per contrastare interpretazioni unilaterali e manichee che possano minarne ulteriormente la coesione sociale ed esasperare la violenza diffusa [22] .
Lo sviluppo storico della libertà religiosa nel Messico contemporaneo viene infine inquadrato in una riflessione di respiro continentale da Gianni La Bella, il cui contributo riconduce il tema della libertà religiosa a quello più generale della tutela dei diritti umani nel quadrante latino-americano. Nel tentativo di offrire una sintesi delle sfide attuali e future che la libertà religiosa deve affrontare in America Latina, l’autore si sofferma principalmente sull’«idolatria della violenza» – che troppo spesso diventa «una prassi quotidiana, un valore, un ideale, uno strumento di governo» e appare «sempre più alla ricerca di legittimazioni religiose, come nel caso del culto della Santa Muerte, in Messico» –, sul politeismo etico «fondato sull’idolatria del valore supremo della volontà individuale» e sull’analfabetismo religioso, ovvero «la perdita della valenza culturale dell’elemento religioso» che «acuisce la cultura dello scontro all’interno di società multiconfessionali e multireligiose, rallentando i meccanismi di integrazione, di partecipazione alla cittadinanza, di condivisione dello spazio pubblico».
Al termine di questa breve introduzione mi corre l’obbligo di ringraziare, insieme agli autori, quanti hanno reso possibile con il loro aiuto la realizzazione del presente volume, cominciando da Maria Bocci, per l’interesse costantemente mostrato in questi anni verso gli studi sulla libertà religiosa nel Messico contemporaneo e per aver sostenuto attivamente la pubblicazione. Sono del pari grato a Massimo de Leonardis, Roberto Regoli, Juan José Lucas López, Daniele Bardelli e Marta Busani per l’amicizia e l’impegno con cui hanno seguito gli sviluppi dell’opera fin dagli inizi. Un ringraziamento particolare va inoltre a Rafael García Pérez, per aver reso possibile una parte delle ricerche confluite nel volume attraverso il progetto " Narrativas en conflicto: libertad religiosa y relaciones Iglesia-Estado en los siglos XIX y XX (2017-2019), da lui coordinato presso l’Instituto Cultura y Sociedad dell’Universidad de Navarra e finanziato dal Ministerio de Economía y Competitividad del Governo di Spagna insieme al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. Ringrazio infine tutti gli allievi del corso
Religione e libertà nel mondo contemporaneo" che ho potuto tenere durante l’a.a. 2017/18 presso la Pontificia Università Gregoriana, per avermi insegnato con le loro domande e la loro testimonianza quanto la libertà religiosa sia essenziale alla missione della Chiesa cattolica e alla pacifica convivenza tra le fedi nel contesto globale odierno.
[1] In proposito si rimanda, nel quadro di una letteratura ormai amplissima, ad A. Knight, La revolución mexicana, Fondo de Cultura Económica, México 2010 e a M. De Giuseppe, La rivoluzione messicana, il Mulino, Bologna 2013.
[2] P. Rouaix, Genesis de los artículos 27 y 123 de la Constitución política de 1917, Biblioteca del Instituto Nacional de Estudios Históricos de la Revolución Mexicana, México 1947; J. Adame Goddard, Influjo de la doctrina social-católica en el artículo 123 constitucional, Instituto Mexicano de Doctrina Social Cristiana, México 1994; J.L. Soberanes Fernández, Y la Revolución se hizo Constitución, Porrúa, México 2016, pp. 143-162, 173-195.
[3] A. D’Orsi, 1917. L’anno della rivoluzione, Laterza, Roma-Bari 2016, pp. 32-33.
[4] J. Baubérot, Representación e influencia de la laicidad mexicana sobre la laicidad francesa, in R. Blancarte (a cura di), Las Leyes de Reforma y el Estado laico. Importancia histórica y validez contemporánea, El Colegio de México, México 2013.
[5] Sul punto concorda anche Angelo D’Orsi, che peraltro giudica gli articoli anticlericali della costituzione del 1917 «un frutto di grande civiltà». A. D’Orsi, 1917, cit., p. 34.
[6] In proposito si veda V. Ronchi, La metamorfosi della rivoluzione. Il liberalismo sociale nel Messico di Salinas (1988-1994), Mimesis, Sesto San Giovanni 2015.
[7] Significativo al riguardo quanto scritto nel 1986 dal penalista messicano Rafael Ruiz Harrell: «Esaminando gli ultimi cento anni della storia politica del Messico […] risulta evidente che i nostri governi non sono riusciti a far sì che la nazione superi realmente i suoi problemi più gravi. I cambiamenti e i progressi che si sono verificati da allora a oggi si devono più all’impatto irresistibile dell’avanzamento tecnologico e meccanico tipico del nostro secolo che alle azioni del governo. Il Messico è cambiato al pari di molti altri Paesi che non si fregiano di essere rivoluzionari
semplicemente perché è cambiato il mondo, ma lo ha fatto senza che i problemi di fondo venissero toccati». R. Ruiz Harrell , Exaltación de ineptitudes. Una visión crítica del presidencialismo mexicano, Editorial Posada, México 1986, p. 13 (traduzione nostra).
[8] Non è casuale, nel nome del partito MORENA (Movimiento de Regeneración Nacional), il riferimento al periodico fondato nel 1901 dai fratelli Jesús e Ricardo Flores Magón «Regeneración», che svolse un ruolo cruciale nel diffondere le idee da cui avrebbe preso le mosse nel 1910 la rivoluzione contro la dittatura di Porfirio Díaz. «Regeneración» è peraltro anche il nome del periodico ufficiale di MORENA.
[9] Così ancora D’Orsi, 1917, cit., p. 33.
[10] Si veda al riguardo J.M. Soberanes Díez, Análisis formal de las reformas constitucionales, Instituto de Investigaciones Jurídicas-Universidad Nacional Autónoma de México, México 2015, pp. 1-3.
[11] In merito alle ambiguità presenti nella nozione di laicità
che ha ispirato la riforma costituzionale dell’art. 40 si rimanda alla puntuale lettura di J.L. Soberanes Fernández, La reforma al artículo 40 constitucional de 2012, in Estado constitucional, derechos humanos, justicia y vida universitaria. Estudios en homenaje a Jorge Carpizo. Estado constitucional, tomo IV, vol. 2, a cura di M. Carbonell Sánchez-H.Fix Fierro-L.R. González Pérez-D. Valadés, Instituto de Investigaciones Jurídicas-Universidad Nacional Autónoma de México, México 2015, pp. 733-747.
[12] Un dato su cui concordano il Rapporto 2018 sulla libertà religiosa della Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre ( https://religious-freedom-report.org/it/report-it/?report=2073), il 2018 Report on International Religious Freedom del Dipartimento di Stato USA ( https://www.state.gov/reports/2018-report-on-international-religious-freedom/mexico/) e l’ Indipendent Review sulla persecuzione dei cristiani commissionata nel 2018 dal ministro degli Esteri britannico Jeremy Hunt al vescovo anglicano di Truro, Rev. Philip Mountstephen ( https://christianpersecutionreview.org.uk/interim-report/). Il dato è efficacemente rappresentato anche nel reportage di F. Speranza, Messico in bilico. Viaggio da vertigine nel paese dei paradossi, Infinito Edizioni, Formigine 2018, pp. 137-144.
[13] Pari all’82%, secondo i dati diffusi nel 2010 dall’Instituto Nacional de Estadística, Geografía e Informática (INEGI).
[14] Si veda ad esempio A. Metalli, Il clericidio
messicano: 26 preti assassinati, tutti i crimini impuniti, «La Stampa», 29 dicembre 2018: https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2018/12/29/news/il-clericidio-messicano-26-preti-assassinati-tutti-i-crimini-impuniti-1.34069888.
[15] In tale circostanza il presule – tra i più attivi nel denunciare anche in sede internazionale le innumerevoli violenze e gli ostacoli alla libertà religiosa che perdurano nel Paese – ha raccontato di aver ricevuto nell’agosto del 2017 pressioni politiche ad altissimo livello, tali da farlo desistere dal proposito di raggiungere a piedi la capitale federale insieme alla Marcha por Morelos
, da lui promossa per denunciare lo stato di violenza endemica nello Stato di Morelos insieme all’attivista per i diritti civili Javier Sicilia Zardain, al rettore dell’Universidad Autónoma del Estado de Morelos Jesús Alejandro Vera Jiménez e al sindaco di Cuernavaca Cuauhtémoc Blanco Bravo. Cfr. G. Gazanini, Gobernación restringió entrada de Obispo de Cuernavaca a Ciudad de México, «Periodista digital», 11 dicembre 2018: https://www.periodistadigital.com/cultura/religion/america/20181211/gobernacion-restringio-entrada-obispo-cuernavaca-ciudad-mexico-noticia-689401962587/.
[16] Per una panoramica dei contenuti della riforma all’art. 24 del 2013 si veda P. Valvo, La riforma dell’articolo 24 della Costituzione messicana, «Quaderni di diritto e politica ecclesiastica», 2012, n. 2, pp. 479-508. Per una valutazione del suo impatto sull’ordinamento giuridico messicano si veda J.L. Soberanes Fernández, La reforma al artículo 24 constitucional de 2013 o el parto de los montes, «Ars iuris – Revista del Instituto Panamericano de Jurisprudencia», 49, 2013, pp. 289-304.
[17] Il riferimento è all’iniziativa di riforma presentata dalla senatrice del gruppo parlamentare di MORENA María Soledad Luévano Cantú nel dicembre del 2019: https://infosen.senado.gob.mx/sgsp/gaceta/64/2/2019-12-11-1/assets/documentos/Inic_Morena_Sen_Luevano_Asociaciones_Religiosas_Culto_Publico.pdf.
[18] Su questi e su molti altri risvolti della libertà religiosa nel mondo contemporaneo si sofferma anche il documento La libertà religiosa per il bene di tutti, recentemente pubblicato dalla Commissione Teologica Internazionale, a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti sul tema. Commissione Teologica Internazionale, La libertà religiosa per il bene di tutti. Approccio teologico alle sfide contemporanee, Città del Vaticano, 26 aprile 1019 ( http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_20190426_liberta-religiosa_it.html).
[19] Riferendosi al Messico novecentesco Domenico Fisichella ha parlato ad esempio di «regime autoritario a partito egemone». D. Fisichella, Lineamenti di scienza politica. Concetti, problemi, teorie, Carocci, Roma 1988, p. 322. In proposito si vedano anche L. Meyer, Liberalismo autoritario. Las contradicciones del sistema político mexicano, Océano, México 1995 e R. Ai Camp, La política en México. El declive del autoritarismo, Siglo XXI, México 1995.
[20] A questo riguardo va segnalata la tesi di dottorato Católicos mexicanos en el extranjero: la Unión Internacional de Todos los Amigos (VITA México) de la Liga Nacional Defensora de la Libertad Religiosa, 1929-1934, che Ariadna Guerrero Medina sta attualmente svolgendo presso l’Instituto de Investigaciones Dr. José María Luis Mora (Città del Messico).
[21] In proposito non sembra del tutto fuori luogo scorgere in queste pagine di storia una sorta di anticipazione dell’impatto che le vicende religiose e politiche dell’America Latina avranno sul cattolicesimo europeo tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Si vedano al riguardo Towards 1968. Studenti cattolici nell’Europa occidentale degli anni Sessanta, a cura di M. Bocci-M. Busani, Studium, Roma 2020 e M. De Giuseppe, L’altra America: i cattolici italiani e l’America latina. Da Medellín a Francesco, Morcelliana, Brescia 2017.
[22] Tale urgenza appare confermata anche dalle recenti polemiche sull’annientamento delle culture preispaniche da parte dei colonizzatori spagnoli, che hanno visto i massimi vertici dello Stato indirizzare alla Spagna e alla Santa Sede un invito ufficiale a chiedere perdono al Messico per le colpe commesse dai conquistadores. Sul punto si segnala un’interessante intervista resa al giornalista Victor Vorrath dallo storico dell’UNAM Jorge Traslosheros Hernández il 27 marzo 2019: https://revista-humanum.com/2019/03/27/hay-que-pedir-perdon-por-la-conquista/.
I. LA SANTA SEDE E LA DIFESA DEL DIRITTO ALLA LIBERTÀ RELIGIOSA DA PIO XI A FRANCESCO*
S. E. MONS. PAUL RICHARD GALLAGHER
* Viene qui pubblicata la Prolusione letta da S. E. Mons. Paul Richard Gallagher, segretario ai Rapporti con gli Stati della Santa Sede, in