Info su questo ebook
Introduzione e presentazioni di Giovanni Antonucci
Antologia critica e note di Lucio Chiavarelli
Con un saggio di James Joyce
Edizioni integrali
Pirandello considerava Ibsen non solo il creatore del teatro moderno, ma anche il maggiore drammaturgo mai esistito dopo Shakespeare. Se è vero che Ibsen è stato il più alto interprete dei drammi individuali e sociali dell’Ottocento, è altrettanto vero che egli ha anticipato, quasi profeticamente, la condizione esistenziale e «il male di vivere» dell’uomo del Novecento. Oggi Ibsen ci coinvolge profondamente, oltre che per la sua grandezza di drammaturgo, per la capacità che hanno i suoi testi di rispondere alle domande di fondo del nostro tempo.
«Eri molto carino con me: ma la nostra casa non è stata altro che un luogo di ricreazione. La mia vita! Con mio padre, una bambola-figlia; con te, una bambola-moglie. E i nostri figli, le mie bambole. Mi divertivo quando giocavi con me, come loro si divertono quando giocano con me. Ecco cos’è la nostra unione, Torvald.»
Henrik Ibsen
Nacque a Skien, in Norvegia, nel 1828. Nel 1850 pubblicò il suo primo testo, Catilina. L'anno dopo fu nominato direttore artistico del Norske Theater di Bergen e nel 1857 del teatro di Kristiania. Nel 1864 si trasferì in Italia, dove scrisse le sue prime opere importanti: Brand e Peer Gynt. Con Casa di bambola, nel 1880, ottenne un successo internazionale, confermato in seguito dagli altri suoi capolavori. Morì a Kristiania nel 1906.
Henrik Ibsen
Henrik Johan Ibsen was a Norwegian playwright and theatre director. As one of the founders of modernism in theatre, Ibsen is often referred to as "the father of realism" and one of the most influential playwrights of his time.
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Anteprima del libro
I capolavori - Henrik Ibsen
I pilastri della società
Samfundets stötter
Commedia in quattro atti
(1877)
Traduzione di Giuseppe Ottaviano
Presentazione de I pilastri della società
I pilastri della società, concepiti nell'estate del 1875 durante una vacanza a Colle Isarco/Gossensass e a Kitzbühel, furono conclusi solo nell'agosto del 1877. Pubblicati nell'ottobre dello stesso anno, andarono in scena per la prima volta con grande successo il 18 novembre al Det Kongelige Theater di Copenaghen. L'anno seguente trionfarono dapprima a Berlino e poi in tutti i paesi di lingua tedesca.
In Italia furono rappresentati per la prima volta dalla Compagnia di Cesare Rossi nel 1892, ma nonostante alcune riproposte anche da parte di interpreti popolari come Alfredo Sainati non sono mai entrati in repertorio. Lo dimostrano anche le rare edizioni di questi ultimi cinquantanni. Fra esse, di gran lunga la migliore fu quella diretta nel 1951 dal nostro maggiore regista ibseniano, Orazio Costa, che si avvaleva di un cast eccellente: Tino Buazzelli nelle vesti di Bernick, Evi Maltagliati, Anna Proclemer, Anna Miserocchi, Tino Carraro, Antonio Battistella. Costa aveva messo in scena il dramma come se fosse una tragedia e il grande finale di Bernick si trasformava in una sorta di confessione e di pentimento. Comunque da ricordare è anche l'edizione del 1960 diretta da Paolo Giuranna, che aveva per interpreti Giancarlo Dettori, Franca Nuti, Bianca Galvan, Vittorio Sanipoli, Carlo Cataneo. La scarsa fortuna di questa commedia ibseniana nel nostro paese è difficilmente spiegabile se si pensa al successo che ha sempre avuto fuori dei nostri confini. D'altra parte, pur con certi suoi limiti, è un testo fondamentale per cogliere la svolta di fondo di Ibsen verso un nuovo teatro. Se è vero, infatti, come ha sottolineato¹ uno dei maggiori critici viventi, George Steiner, che «con Ibsen la storia del dramma ricomincia da capo. E basta questo a farne il più importante drammaturgo dopo Shakespeare e Racine», è altrettanto vero che «il teatro moderno si può far risalire ai Pilastri della società». Steiner ha accostato I pilastri della società a Casa di bambola, a Spettri e a II nemico del popolo per concludere che, pur trattandosi di drammi familiari alla maniera di Augier e di Dumas, hanno una loro straordinaria originalità: «Il fattore rivoluzionario sta nell'avere adoperato espedienti logori, come il passato misterioso, la lettera intercettata o la confessione sul letto di morte, per trattare gravi e urgenti problemi sociali». Sarebbe, tuttavia, un errore sopravvalutare i riflessi sociali e ideologici di questo testo, anche perché Ibsen, a differenza di George Bernard Shaw, non ha mai voluto essere, né è mai stato un ideologo. Sono numerosi i luoghi in cui ha dichiarato di essere un poeta e non un riformatore della società.
I pilastri della società ne sono una piena conferma, a tal punto che non ha alcun fondamento una loro lettura in chiave marxista, come ha fatto² recentemente uno studioso italiano, che ha finito per darci di Ibsen un'immagine assolutamente fuorviante di «intellettuale organico» della borghesia nel suo periodo di sviluppo capitalistico e di espansione imperialistica. Proprio questo primo dramma del nuovo Ibsen rivela che bel altri sono i suoi obiettivi. Il Console Bernick, che per quasi quattro atti è stato glorificato per le sue capacità di capitano d'industria intelligente e consapevole del suo ruolo, mette in discussione la sua credibilità e il suo successo per confessare le proprie colpe, passate e presenti. Se egli fosse un capitalista senza scrupoli, non giungerebbe mai a una confessione pubblica dei suoi peccati pubblici e privati. Bernick, in realtà, è il primo grande personaggio ibseniano nella sua ansia di verità e di libertà, le quali sono prevalenti sull'ambizione, sulla voglia di ricchezza e di successo sociale. Commedia contro l'ipocrisia, I pilastri della società esaltano il ruolo della verità e della libertà individuale contro tutto e tutti. Il significato ultimo del dramma è «occupiamoci meno della società: pensiamo a esser onesti noi. Non facciamo i pilastri
, ma siamo uomini. Così come Ibsen era riuscito ad affermare che l'arte è individualità, e onestà purificatrice di spirito, afferma anche positivamente che la vita è vita di individui, onestà, fedeltà di individui a se stessi»³.
Il nucleo centrale de I pilastri della società, che è già tutto del «nuovo» Ibsen, non deve impedirci di vedere certi limiti drammaturgici del testo: l'happy end, che resta ambiguo e che ci rimanda a tanto teatro francese del tempo, e una certa sommarietà nel tratteggio di alcuni personaggi. Ma si tratta di difetti di una commedia di transizione (l'ultima) verso quella nuova forma teatrale ibseniana che avrà in Casa di bambola la sua prima, esemplare realizzazione. Tuttavia, anche nei personaggi femminili, nei loro diversi destini e atteggiamenti, c'è una singolare anticipazione delle figure più complesse e memorabili dei capolavori degli anni seguenti. Alla fine, I pilastri della società ci appare una commedia storicamente importante, anche se artisticamente non del tutto risolta.
G.A.
¹ Cfr. G. Steiner, Morte della tragedia, Milano, Garzanti, 1965, p. 225. L'edizione originale in inglese è del 1961.
² Cfr. R. Alonge, op. cit., pp. 214-230.
³ Cfr. S. Slataper, op. cit., p. 158.
PERSONAGGI
Il console Karsten Bernick
La signora Betty Bernick, sua moglie
Olaf, loro figlio tredicenne
La signorina Marta Bernick, sorella del console
Johan Tönnesen, fratello minore della signora Bernick
La signorina Lona Hessel, sorellastra della signora Bernick
Hilmar Tönnesen, cugino della signora Bernick
Rörlund, professore e vicario
Rummel, negoziante grossista
Vigeland, commerciante
Sandstad, commerciante
Dina Dorf, giovane ospite in casa del console
Il procuratore Krap
Aune, costruttore navale
La moglie di Rummel
La moglie dell'ufficiale postale Holt
La moglie del dottor Lynge
La signorina Holt
La signorina Rummel
Borghesi e altri abitanti della città, marinai stranieri, passeggeri di un piroscafo, ecc.
L'azione si svolge in casa del console Bernick, in una cittadina della costa norgevese.
Prima rappresentazione: Köbenhavn, 1877
Prima rappresentazione in Italia: Milano, 1892 (Compagnia Cesare Rossi)
ATTO PRIMO
Salone aperto sul giardino della casa del console Bernick. In primo piano, a sinistra, una porta che conduce nello studio del console; più in fondo, sulla stessa parete, un'altra porta. Al centro della parete opposta, porta d'ingresso, più grande. La parete di fondo è quasi tutta a vetri, con una porta che si apre sopra un'ampia gradinata coperta da una tenda. Al di sotto della breve scala si vede una parte di giardino circondata da una cancellata con una porticina d'ingresso. Al di là di questa, una strada parallela al giardino. Dalla parte opposta, casette di legno tinte a colori vivaci. Stagione estiva: il sole è cocente. Per la strada, ogni tanto, passano delle persone che si fermano a chiacchierare o entrano in una bottega all'angolo, a far compere.
Nel salone è riunito un gruppo di signore sedute attorno ad un tavolo. Al posto centrale siede la signora Bernick. Alla sua sinistra la signora Holt con la figlia; quindi la signorina Rummel e la signora Rummel. Alla destra della signora Bernick siedono la signora Lynge, la signorina Bernick e Dina Dorf. Tutte le signore sono occupate in lavori di cucito. Sul tavolo sono ammucchiati capi di biancheria e di vestiario. A parte, presso un tavolinetto su cui sono due vasi con fiori ed un bicchiere di acqua zuccherata, è seduto Rörlund¹ che legge, ad alta voce, in un libro dal taglio dorato, in modo che gli spettatori possono sentire solo qualche parola. Nel giardino Olaf Bernick corre qui e là e tira con un arco contro un bersaglio. Dopo qualche istante Aune entra senza far rumore dalla porta di destra. La lettura resta interrotta; la signora Bernick indica, con un cenno, al nuovo venuto la porta a sinistra. Aune vi si dirige lentamente e bussa lievemente due colpi, con un certo intervallo, alla porta dello studio del console. Il procuratore Krap, col cappello in mano e con alcune carte sotto il braccio, esce dalla stanza.
PROCURATORE KRAP: Ah, è lei che ha bussato?
AUNE: Il console mi ha mandato a chiamare.
PROCURATORE KRAP: Sì, ma non può riceverla e mi ha incaricato di...
AUNE: Lei? Avrei preferito...
PROCURATORE KRAP: ...mi ha incaricato di dirglielo. Si desidera che lei ponga termine a quelle conferenze del sabato agli operai.
AUNE: Credevo di poter impiegare il mio tempo libero...
PROCURATORE KRAP: Lei impiega il suo tempo libero per rendere inefficienti gli operai del cantiere durante il lavoro! Sabato scorso ha parlato del danno causato dall'impiego delle nuove macchine e delle nuove tecniche di lavoro. Perché lo fa?
AUNE: Per essere utile alla società.
PROCURATORE KRAP: Strano! Il console pensa che questo la rovini.
AUNE: La mia società non è la stessa del console, signor procuratore. Come presidente della società operaia, devo...
PROCURATORE KRAP: Lei è il direttore dei lavori nel cantiere del console Bernick. Quindi, prima di tutto, deve assolvere i suoi doveri verso quella società che ha come ragione sociale il nome del console Bernick; perché è essa che ci dà da vivere... Ecco, ora sa ciò che il console voleva dirle.
AUNE: Il console non si sarebbe espresso in questo modo, signor procuratore. Ma capisco chi bisogna ringraziare per questa faccenda. È quel maledetto americano che ha la nave in avaria. Vorrebbe che si lavorasse con lo stesso ritmo cui sono abituati, laggiù, ed è...
PROCURATORE KRAP: SÌ, SÌ, non ho tempo da perdere. Adesso sa come la pensa il console; e penso che basti! Torni al cantiere; fra poco la raggiungerò... Con permesso, signore. (Saluta ed esce, attraverso il giardino, avviandosi sulla strada.)
(Il costruttore navale Aune esce tranquillamente dalla porta di destra. Il professor Rörlung, che ha continuato a leggere durante la precedente conversazione, tenuta sottovoce, poco dopo finisce la lettura e chiude il libro.)
PROF. RÖRLUND: ECCO, mie gentili ascoltatrici, per oggi ho finito.
SIGNORA RUMMEL: Che storia istruttiva!
SIGNORA HOLT: E così morale!
SIGNORA BERNICK: Un libro di questo genere dà veramente molto da pensare.
PROF. RÖRLUND: Certo! Inoltre costituisce un salutare contrasto con tutto ciò che, purtroppo, ci capita di leggere su giornali e riviste. Quella esteriorità dorata e imbellettata delle grandi società... che cosa nasconde in realtà? Il vuoto e la corruzione. Mancano di una morale di base. In una parola... le odierne grandi società non sono altro che sepolcri