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Anteprima del libro
Devi orzare, Baal! - Virginia Less
Boldi
1
Punta Ala. L'equipaggio di Excalibur.
Primo incontro con Micaela.
Che pasticcio, le stazze! Il primo incidente.
Con la schiena comodamente appoggiata alla base dell'albero e le lunghe gambe distese sulla tuga, Paolo rivolgeva alla banchina le suole zigrinate delle vecchie Timberland. Teneva d’occhio la manovra di Samantha, un 10 metri vecchiotto ma ben tenuto che, appena arrivato, si disponeva all'ormeggio.
L'equipaggio aveva riordinato vele e manovre durante l'ultimo tratto di navigazione - com'è buona norma quando il vento scarseggia, apprezzò Paolo- e in un attimo due giovani e una ragazza saltarono agilmente a banchina. Sistemate le cime a terra con rapidità ed efficacia evidenti all'occhio esperto dell'osservatore, si diressero tra chiacchere e risate verso la zona commerciale della marina. Un uomo più anziano li osservò per qualche secondo dal pozzetto, poi sparì sottocoperta pronunciando qualche parola che Paolo non afferrò, rivolto a un invisibile interlocutore.
Questa scena si era ripetuta più volte, con varianti poco significative, nel corso di quella calda giornata di fine aprile, e il ragazzo aveva seguito ogni volta senza annoiarsi le manovre che si svolgevano nelle vicinanze perché tutto ciò che riguardava la vela attirava comunque la sua attenzione.
Aveva appena vent'anni e quella era, dalla prima adolescenza, la sua esclusiva, dominante passione. Gli era mancata la tradizionale iniziazione velica infantile -Optimist a sette anni, 420 intorno ai dodici e via elencando fino al J 24- perché non era figlio d'arte. Ma da quando, tredicenne, gli era capitato di salire quasi per caso su un vecchio Mini tonner, era stato un amore a prima vista.
Non sarebbe forse mai diventato un vero manico
: gli faceva un po' difetto quella sensibilità imponderabile per le minime variazioni di rendimento e di assetto della barca che caratterizza i timonieri di vaglia. Però se la cavava decentemente nei campionati zonali di Finn e sulle barche grandi aveva ormai al suo attivo quattro anni di regate, sia lunghe che costiere, tra Fiumicino, Nettuno e la Toscana. Alto, robusto e agile, era un valido e ricercato prodiere
Concluse le operazioni di stazza, Paolo era rimasto da solo a bordo di Excalibur, un 42 piedi della X- Yachts, con l'intenzione dichiarata di studiare un po' di diritto privato.
Iscritto al primo anno di Scienze economiche e commerciali, aveva garantito in perfetta buona fede a suo padre, preoccupato per l'intensificazione delle attività veliche, un regolare svolgimento degli esami. Pur limitate ai fine settimana finché aveva frequentato l'istituto tecnico, sempre erano state causa di beghe in famiglia.
Era appena la fine di ottobre, quando avevano avuto inizio i campionati invernali, e la prima tornata di esami sembrava lontanissima! Invece in quei mesi aveva sostenuto appena uno scritto e due esoneri. Le regate si erano moltiplicate in sincronia con le lamentele materne, perché Annibale correva sia a Fiumicino che a Cala Galera. A marzo c'erano state le selezioni regionali di Finn e ora iniziava questo importante circuito tirrenico.
Paolo spostava i libri di matematica e di diritto da casa a macchina e da macchina a barca, ma era difficile che riuscisse a studiare davvero... o che non ci fosse qualcosa di velico a distrarlo!
Excalibur era stata una delle prime barche a concludere le procedure di stazza. Merito della buona organizzazione: arrivo in porto al mattino presto, coordinamento dell'equipaggio, gestione attenta e ponderata del suo skipper.
Annibale, detto Baal senz'alcuna malevolenza, alzava raramente di tono la sua voce nasale dal marcato accento romanesco. Non si arrabbiava mai; se a bordo succedeva qualche grosso casino aveva l'abitudine di recitare sottovoce un pittoresco mea culpa di oscenità: come poteva essere tanto rincoglionito da presumere di far regate con un simile branco di paralitici, corti di mente per giunta? E se c'era a bordo una donna, amica o ragazza di qualche membro dell'equipaggio, il che accadeva di rado, la giaculatoria non veniva omessa ma pronunciata a volume quasi impercettibile.
Quanto ai trasferimenti, avvenivano in regime di tutto riposo, a meno che le condizioni atmosferiche non richiedessero particolare attenzione. Si svolgevano sempre un paio di esercitazioni, ma per il resto l'equipaggio, solitamente diviso in due o anche tre guardie
se si andava a motore con l'autopilota, ne approfittava per riposare. Lo stesso Annibale si dava a lunghi sonni nella cabina di poppa, in monastica solitudine: era uno scapolone maturo, ormai, poco sopra i cinquanta e, se donne aveva, in barca non s'erano mai viste!
Paolo tentò di riportare la sua attenzione sul libro di diritto privato e riuscì a studiare volenterosamente per un'oretta scarsa.
Cominciava ad avere un po' freddo nella Tshirt con il nome dell'imbarcazione sul petto e si accingeva a integrare il suo abbigliamento, il che implicava la discesa sottocoperta, quando si sentì chiamare dalla banchina.
Andrea, uno dei grinder, lo esortava a raggiungere al ristorante il resto dell'equipaggio: «È vero che manca ancora un quarto alle sette, ma Baal ha detto di sbrigarci: c'è in giro tanta di quella gente che tra poco non troveremo un tavolo libero. Dopo la stazza, poi, non è che abbiamo fatto 'sto gran pranzo!»
Paolo si affrettò a riporre i libri e, infilata una felpa, raggiunse il compagno a terra.
Percorsero rapidamente il mezzo pontile che li separava dalla banchina centrale, costeggiarono il porticato fitto di negozi e di agenzie e, superata la piazzetta soprelevata che costituisce il fulcro anche mondano del marina, fecero il loro ingresso nell'Harry's bar, il più noto dei quattro ristoranti affacciati sul porto.
Durante le trasferte Baal non era alieno dallo spostarsi di qualche chilometro con la Multipla, quasi sempre al seguito nei porti, per compiere escursioni gastronomiche. Questa volta però aveva preferito rimanere nelle immediate vicinanze degli ormeggi perché -così aveva riferito Andrea- si era imbattuto in un sacco di vecchie conoscenze ed era tutto su di giri.
Infatti non aveva preso posto al loro tavolo insieme agli altri membri dell'equipaggio, ma a quello di un altro gruppo poco distante. Conversava animatamente con un uomo corpulento, dai capelli di un bruno sospetto, che doveva esser vicino ai settanta.
Paolo prese posto tra Andrea e Lucio, il quale stava appunto commentando con Nicola il tattico l'incontro tra Baal e il tipo anziano.
«Appena l'ha visto è rimasto piantato sul molo a bocca aperta, poi si è buttato ad abbracciarlo esclamando tu sé lo mio maestro e lo mio duca
mentre quello era sbalordito perché non l'aveva affatto riconosciuto! Non si vedevano da almeno venticinque anni, se ho ben capito, e Baal ha detto che è stato lui a fargli correre le prime regate importanti, quando non aveva ancora una barca sua. Hanno fatto parecchie cose insieme, compresa una Giraglia. Lui aveva un Arpège già vecchio, ma molto ben messo...»
«Ne ha uno mio zio» saltò su Roberto il randista, detto ci penso io
per la sua abitudine di offrirsi al volo, tanto era contento di stare in barca, per incarichi di ogni sorta. Non che avesse bisogno di essere invitato, anzi: era fatto così.
Più giovane di Paolo di un anno scarso, proveniva da una famiglia in cui tutti andavano a vela, compresa la sorellina decenne che regatava sugli Optimist, ed era sempre in grado di citare uno zio, un cugino, un qualsivoglia parente che possedeva questa o quella barca. Il padre lo aveva prestato
a Baal, suo vecchio amico, per la stagione velica, e questi mostrava di apprezzarne anche le doti di timoniere affidandogli talvolta la ruota per un mezzo bordo, onore mai concesso agli altri ragazzi, cui poteva capitare, al massimo, di riportare Excalibur all'ormeggio dopo la regata, escluse beninteso le manovre d'attracco!
«Ormai è una barca d'epoca, ma ancora valida nel suo genere- stava dichiarando saputo il ragazzo. Negli anni '60 è stata la prima di serie che potevano permettersi quelli che non erano Agnelli: nove metri, dislocamento medio, larghetta per quei tempi, abbastanza abitabile e buona boliniera. Mio zio la tiene come un gioiello e ci fa la sua crocierina ogni anno. D'altra parte non è molto più giovane di quello là!» concluse indicando l'amico di Baal.
«Lui ha fatto carriera- rimarcò Andrea. Adesso ha uno Swan 42, qui a Punta Ala. A quanto pare non fa regate da un sacco d'anni e perciò Baal l'aveva perso di vista, però ora gli è venuta voglia di seguire questo circuito».
«Uno Swan! Mi piacerebbe vederlo...» si animò Roberto
Paolo e Andrea non gli risposero perché osservavano con interesse il gruppo che faceva in quel momento il suo ingresso nel locale.
Si trattava evidentemente di un altro equipaggio quasi al completo e comprendeva due ragazze intorno ai 20 anni, brune e graziose. La più bassina si teneva per mano con un ragazzo ricciuto, l'altra camminava accanto all'anziano del gruppo, al quale somigliava vagamente.
Erano napoletani, come Paolo arguì dall'accento, ma contrariamente al luogo comune parlavano a bassa voce.
Presero posto al tavolo che dovevano aver prenotato, l'ultimo libero, accanto a quello del gruppo di Baal il quale, distratto dalla conversazione per via del rumore di seggiole smosse, prese a osservare uno dopo l'altro i nuovi arrivati.
E si udì un'esclamazione a due voci: «Pietro! Annibale! Anche tu qui!»
«E non vedi chi c'è con me?» chiese Baal. Il napoletano studiò con attenzione l'uomo più vecchio, che attendeva sorridendo la conclusione dell'esame.
«Ma certo, Nicolaccio! E come potrei scordare lo skipper che mi ha fatto correre a frustate mezzo Mediterraneo! Sei uno splendore, carissimo, come va?»
«Si tira avanti da poveri vecchi- rispose quello con marcato accento toscano. Siediti qui anche tu. Lo sai che mi rivedo innanzi il vecchio equipaggio di Rimbaud?- sospirò immalinconito. Annibale mi stava dicendo che sono qui con le loro barche pure l'Andrea e il Massimo».
«Davvero? Ma guarda che coincidenza! Micaela, - fece alla ragazza bruna che aveva seguito la scena con un sorrisetto poco decifrabile. Pensa tu a ordinare. Io mi siedo con questi vecchi amici. È mia figlia- comunicò, con tono alquanto pomposo. Bella e brava. Tre volte tra le prime dieci agli italiani di Laser e, se avesse più tempo per allenarsi, il titolo sarebbe alla sua portata. Ma deve pure studiare».
Paolo non aveva perso una battuta e osservò la ragazza con rinnovato interesse.
Micaela era effettivamente un tipo attraente: viso abbronzato, lunga chioma e un bel corpo, per quel che si poteva capire, snello e robusto. Gli occhi scuri dal taglio un po’ allungato le conferivano un tocco esotico. Quando sfilò il giubbotto blu, con fodera verde bandiera come la polo sottostante, i ragazzi di Excalibur poterono notare il collo slanciato e il seno florido.
«Però! Non male 'sta Napoli» sussurrò Andrea. Paolo annuì, senza distogliere lo sguardo.
«E chiudi almeno la bocca! -gli consigliò l'altro. Pure la piccoletta non è male, ma sta ben attaccata a quel tipo».
«Già, non lo molla un attimo» rispose Paolo, spostando a fatica la sua attenzione sui due, che chiacchieravano fitto.
Il pasto andò abbastanza per le lunghe, grazie all'affollamento del locale. Micaela ricambiò un paio di volte le occhiate di Paolo, con espressione tranquilla e riservata. Mangiava composta, scambiando qualche frase con i suoi vicini, due ragazzi poco più grandi.
Il tavolo degli skipper concluse la cena prima degli altri e il napoletano si avvicinò sorridendo al suo equipaggio.
«Serata libera, ciurma! Noi andiamo a trovare altri due amici che sono qui in barca. Vi affido tutti a Ciro che sa come tenervi a bada, non fate troppo tardi. Ci vediamo domani mattina alle 10, sperando che gli stazzatori abbiano finito».
«Non dobbiamo aspettarti per tornare in albergo?» chiese Micaela.
«No, no: mi riporterà Annibale».
Anche Baal scambiò qualche battuta con i suoi; i tre uomini uscirono, diretti, ipotizzò facilmente Paolo, ai pontili di ponente dove erano ormeggiati, a breve distanza l'uno dall'altro, Arcidiavolo, un gemello di Excalibur, e Gaudeamus, un Grand soleil 45. Panella e Boringhieri erano infatti l'Andrea e il Massimo nominati a tavola, ben noti, come i loro equipaggi, ai ragazzi di Baal in quanto romani e frequentatori degli stessi campi di regata.
Le tavolate orfane degli skipper terminarono il pasto quasi contemporaneamente; i commensali si erano scambiati a tratti occhiate incuriosite, ma non c'era stata occasione, con vivo rincrescimento di Paolo, per una conoscenza vera e propria.
I napoletani si alzarono per primi e quando, dopo pochi minuti, anche gli altri si diressero verso la piazzetta erano già un pezzo avanti.
I due gruppi si rividero un paio di volte a distanza, nel loro girovagare tra negozi di nautica, bar, boutiques e agenzie che si aprono sotto lo stretto porticato giallino. A intervalli regolari brevi scalette conducono alle abitazioni soprastanti e, sul lato prospiciente le banchine, un muretto offre appoggio e riposo ai numerosi frequentatori del marina.
I ragazzi di Excalibur lo utilizzarono più volte, commentando quel che li colpiva: una faccia buffa, qualche bella ragazza, gli oggetti in vendita. Passeggiavano pigramente, percorrendo la banchina, dai cancelli del cantiere alla bianca torre di controllo, e si fermarono davanti a parecchie barche, incuriositi da qualche particolarità dello scafo o dell'attrezzatura. Nel variopinto mondo nella nautica si trova sempre qualcosa di cui prendere nota, nel bene e nel male.
Erano rimasti presto in tre, visto che Nicola aveva prenotato una camera al Pellicano, dove, si presumeva, sarebbe stato raggiunto in tarda serata da Federica, la sua donna. Poiché gli faceva da segretaria, era lei in buona sostanza a rendere possibili le frequenti trasferte veliche.
Elegante trentacinquenne di bell’aspetto, nella vita civile Nicola ricopriva il ruolo di socio giovane
nello studio dei commercialisti utilizzato da Baal. Il quale aveva cominciato a imbarcarlo ancora ragazzetto: era nipote del titolare, allora unico, che gliene aveva lodato la passione marinaresca.
Quanto a Lucio, dopo avercelo accompagnato con la macchina, s'era chiamato fuori, ritirandosi in cuccetta.
Andrea e Roberto blateravano, ingolfati in un'accesa discussione sui sistemi di stazzatura delle barche, decisamente rivoluzionati negli ultimi lustri. Paolo li ascoltava distrattamente: aveva sentito più volte quelle dispute, ed era piacevolmente occupato dai primi pensieri, vaghi e inconcludenti, sulla bella Micaela.
Deplorò l'assenza di Simone, che li avrebbe azzittiti con la sua vociona da orco, mentre quella di Silvio non era significativa. Parlava pochissimo, quasi sempre per esclamare non è possibile
quando capitava qualche guaio, e così l'aveva soprannominato Baal. Entrambi sarebbero arrivati il mattino seguente di buon'ora a completare l'equipaggio.
Oltretutto la diatriba non aveva alcun senso al presente: per quel circuito era previsto un sistema di compensi ad hoc, tale da risultare vantaggioso solo per le barche regata/crociera spinte ma non troppo.
Il tattico l’aveva commentato con un pizzico di malignità durante la navigazione: «Non vogliono il barcone con nonna e canarino, ma neppure i professionisti sui mostri d’avanguardia. Hanno pensato proprio a te, glorioso Annibale, stagionato ma competitivo!»
«Certo che so’ competitivo… Statte sicuro che ce famo onore» aveva risposto lo skipper, ignorando l’ironia a buon mercato del commercialista.
Quella sui rating è una polemica annosa; Paolo, giustamente convinto che un confronto senza equivoci possa avvenire soltanto tra monotipi, era stufo di sentirne parlare.
Le derive e alcuni cabinati appartengono a questa categoria, cioè sono identici. Disputano competizioni proprie, nelle quali, semplicemente, vince chi arriva prima. Esistono poi delle barche a formula
, diverse tra loro ma costruite secondo parametri che rispettano alcuni valori matematici fissi; le più note sono quelle della Coppa America.
La gran massa delle vele che partecipa alle regate amatoriali, anche di antica notorietà quali la Barcolana e la Giraglia -o molto impegnative, come la Sidney-Hobart- comprende invece scafi molto diversi tra loro. Per confrontarne le prestazioni, nel corso degli anni sono stati messi a punto diversi sistemi di compensazione, ovvero di handicap. Sempre criticati dai regatanti.
A opera dello stazzatore che ne prende le misure, dimensioni, altezza d’albero, vele, attrezzature, materiali, eccetera, vengono inseriti in acconcie procedure di calcolo che danno origine a un numero, detto appunto rating , il quale determina il cosiddetto tempo compensato
. Vince dunque la prova non chi precede gli avversari sull'acqua, ma chi ha impiegato il minor tempo in rapporto al suo rating.
Inevitabili i malumori. Periodicamente le polemiche raggiungono livelli tali da indurre i piani alti della vela cambiare sistema…E tutto ricomincia!
«Io dico che è stata una cazzata! - insisteva Andrea. A suo tempo la FIV ha obbligato tutte le barche a stazzarsi in IMS, ma ha creato un casino. Non ce n'era nessun bisogno: l’IRC va benissimo per le barche da crociera, che vogliono farsi tranquillamente i loro campionatini di circolo senza dover perdere tempo e quattrini con tanti cavoli inutili, mentre quelle spinte e i prototipi potevano benissimo continuare con lo IOR o qualcosa del genere...»
«Ma dai, tra un po’ mi fai l’elogio della vela quadra! È un sistema dei tempi del cucco, noi manco eravamo nati. Comunque girano ancora barche costruite allora, guardale: superate e ridicole! Era anche dannoso, non puoi negarlo; per anni i progettisti hanno lavorato nei buchi del regolamento. Purché gli scafi pagassero poco in termini di rating si era disposti ad accettare forme strane e soluzioni a rischio...»
«Ti concedo che è difficile trovare un buon metodo per valutare barche tanto differenti, vecchie e nuove. S’è provato a penalizzare le attrezzature più ricercate, privilegiando i cosiddetti equipaggi familiari... Che comiche! Gli armatori si auto-certificavano, spesso dichiarando di possedere attrezzature di recupero, degne di un boliniano di ferro, invece delle sartie in tondino e delle drizze di spectra! Non è serio, dai. Niente stazzatore, una bella dichiarazione e via...»
«Ma figurati, quante storie per quattro bordi tra vicini di pontile! C'è solo da rallegrarsi se le barche escono in mare anche d’inverno, invece di fare la muffa a banchina. A Nettuno e a Fiumicino, dove ho potuto