Nobile inganno: Harmony Collezione
Di Jennie Lucas
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Info su questo ebook
Paolo Caretti non è il tipo d'uomo che si vergogna delle proprie origini. Ma c'è una cosa che non si perdona: aver amato la principessa Isabelle de Luceran, una donna che si considera superiore a lui. Una donna che non l'ha ritenuto degno del proprio lignaggio.
Isabelle sa di aver ferito Paolo e avergli spezzato il cuore, e sa anche che quando lui scoprirà il segreto che gli nasconde la sua vendetta sarà tremenda. Ma ha bisogno del suo aiuto, ed è pronta a pagare qualunque prezzo pur di ottenerlo.
Jennie Lucas
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Nobile inganno - Jennie Lucas
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Caretti’s Forced Bride
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2008 Jennie Lucas
Traduzione di Velia De Magistris
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-126-3
1
Paolo Caretti scese dalla Rolls-Royce e, stringendosi nel cappotto nero che indossava, si avviò lungo il marciapiede. Il tramonto era solo una striscia scarlatta che attraversava il cielo grigio di New York mentre il suo autista reggeva un ombrello per proteggerlo dalla pioggia gelida.
«Paolo. Fermati.»
Per un attimo pensò di aver immaginato quel dolce richiamo, si convinse che l’insonnia lo avesse infine indotto a sognare a occhi aperti. Poi una snella figura sbucò da dietro la grossa scultura di metallo posta di fronte l’ingresso del palazzo di venti piani che ospitava i suoi uffici. La donna aveva vestiti e capelli bagnati di pioggia. Il viso era pallido per il freddo. Probabilmente lo stava aspettando da ore.
«Non voltarmi le spalle. Per favore.»
La voce era bassa, vellutata. Esattamente come la ricordava, si rese conto Paolo. Dopo tutti quegli anni, rammentava ogni cosa di lei, non importava quanto denaro avesse accumulato, o quante amanti avesse avuto, da allora, con il solo scopo di cancellarla per sempre dalla sua memoria.
Serrò le mascelle. «Non dovresti essere qui» replicò infine.
«Ho... bisogno del tuo aiuto.» La principessa Isabelle de Luceran tirò un profondo respiro. I suoi occhi color nocciola scintillavano alla luce dei lampioni. «Per favore. Non saprei a chi altri rivolgermi.»
I loro sguardi si incrociarono. Per un momento, il suo pensiero tornò a quei giorni felici di primavera trascorsi facendo pic-nic a Central Park, alle notti d’estate passate a letto, nel suo piccolo appartamento a Little Italy. Tornò a quando, per quattro deliziosi mesi, lei aveva reso il suo mondo brillante e nuovo, tanto che alla fine aveva capito che la sua vita senza Isabelle non avrebbe avuto più senso e le aveva chiesto di sposarlo.
Ora, Paolo la guardò con freddezza. «Prendi un appuntamento.»
Si accinse a muovere un passo, ma lei lo fermò. «Ho provato» replicò. «Avrò lasciato più di dieci messaggi alla tua segretaria. Non te lo ha riferito?»
In realtà Valentina lo aveva fatto, ma lui li aveva ignorati. Isabelle de Luceran ormai non significava più nulla. Da molto tempo.
O, almeno, questo era quanto si era detto. Adesso però la sua bellezza si stava già insinuando sotto la sua pelle, pericolosa come un veleno. Gli occhi espressivi, la bocca piena, le curve così femminili nascoste sotto il cappotto... Ricordava tutto. Il sapore della sua pelle. Le sensazioni che le sue labbra gli avevano regalato sfiorandogli ogni parte del corpo. Le mani eleganti che lo avevano accarezzato...
«Sei sola?» domandò Paolo, i pugni stretti nel tentativo di mantenere il controllo. «Dove sono le tue guardie del corpo?»
«In albergo» sussurrò lei. «Aiutami, per favore. Fallo in nome di quello che c’è stato fra noi.»
Sconcertato, Paolo notò lacrime mischiarsi alle gocce di pioggia che le rigavano il volto. Isabelle? Piangere? Le mani le tremavano. Qualsiasi cosa volesse, decise, la voleva disperatamente.
Bene. Immaginarla in ginocchio nell’atto di supplicarlo era senza dubbio piacevole. Non le sarebbe bastato per meritarsi il perdono, ma poteva essere un inizio.
Allungò la mano per sfiorarle la guancia. «Vuoi un favore?» La pelle di lei era fredda, come fosse davvero quella principessa di ghiaccio che il mondo considerava. «Però dovrai ripagarmi.»
«Sì» rispose Isabelle, la voce così bassa da essere quasi coperta dalla pioggia. «Lo immaginavo.»
«Seguimi» ordinò Paolo, poi, dopo aver preso l’ombrello dalle mani dell’autista, si avviò verso i gradini che conducevano all’ingresso. Spinse la grande porta a vetro e fece un cenno con il capo agli addetti alla sorveglianza di servizio nell’atrio. Sentì alle sue spalle il risuonare dei tacchi di Isabelle sul pavimento di marmo.
«Buongiorno, Salvatore» disse alla prima delle guardie.
«Buongiorno.» L’uomo si schiarì la voce. «Una giornata gelida, non è così, signor Caretti? Mi fa venire nostalgia della nostra Italia, dove il clima è sempre così mite.» I suoi occhi si spostarono su Isabelle. «O di San Pietro, forse.»
Dunque Salvatore l’aveva riconosciuta. Paolo si chiese se anche la sua segretaria lo avrebbe fatto. Valentina Novak, un’ottima professionista con una sola debolezza: le riviste di cronaca rosa. E Isabelle, la principessa di un piccolo regno del Mediterraneo, una delle donne più famose del mondo...
Riprese a camminare e udì Salvatore fischiare lievemente. Non poteva biasimarlo. Isabelle era stata una splendida ragazza, a diciotto anni. E ora era ancora più bella, come se il tempo stesso fosse innamorato di lei.
Infastidito da quei pensieri, scosse la testa come per cancellarli. Entrò nell’ascensore, pigiò il pulsante dell’attico e, non appena le porte della cabina si richiusero, si voltò per affrontarla. «D’accordo. Parla pure.»
La voce di Isabelle era bassa, vibrante di disperazione. «Alexander è stato rapito.»
«Tuo nipote?» Paolo le scoccò un’occhiata incredula. «Rapito?»
«Tu sei il solo che possa salvarlo.»
«L’erede al trono di San Pietro ha bisogno del mio aiuto?» domandò lui, il tono scettico.
«Non è più solo l’erede. Ora è il re. Mio fratello e mia cognata hanno perso la vita due settimane fa, ne avrai sentito parlare...»
«Sì.» Era stato ragguagliato sull’evento da Valentina, che gli aveva raccontato di come la coppia reale fosse rimasta vittima di un incidente in mare al largo di Maiorca, lasciando orfano un bambino di soli nove anni. E non era stata quella l’unica notizia che gli aveva dato... Strinse i denti, sforzandosi di non pensare a quello. «Mi dispiace» aggiunse.
«Mia madre è stata nominata reggente fin quando Alexander raggiungerà la maggiore età, ma è una donna anziana, e io faccio del mio meglio per aiutarla.» Isabelle fece una pausa e sospirò. «Ieri ero a Londra per partecipare a un convegno di economia. Mi ha telefonato la babysitter di Alexander. Era in preda al panico, il bambino sembrava svanito nel nulla. Poi ho ricevuto una lettera con la quale mi si ordina di incontrare il rapitore questa notte, a mezzanotte, nei giardini del Palazzo a San Pietro. Da sola.»
«Non mi stai per caso dicendo che hai intenzione di seguire le istruzioni?»
«Se tu non mi aiuterai, non saprei cos’altro fare.»
«Tuo nipote ha un esercito, guardie del corpo, poliziotti. Affidati a loro.»
«No» insistette Isabelle, «nella lettera si precisa che, se avessi contattato le forze dell’ordine, non avrei più rivisto Alexander.»
«È ovvio che un rapitore affermi una cosa simile» sottolineò Paolo. «Non comportarti come una stupida, non hai bisogno del mio aiuto. Vai alla polizia. Lascia che sia chi di dovere a gestire questa situazione.» Le porte si aprirono. «Vai a casa, Isabelle» concluse, uscendo dalla cabina.
«Aspetta.» Lei gli prese un polso. «C’è dell’altro. Qualcosa che ancora non ti ho detto.»
Paolo fissò la mano di lei. Percepiva qualcosa di molto simile a una scossa elettrica attraverso la manica del cappotto e della giacca di cashmere che indossava. All’improvviso provò il desiderio di richiudere le porte, di inchiodarla con il suo peso contro la parete dell’ascensore, di alzarle la gonna e possederla. Oh, quanto voleva leccare via le gocce di pioggia dalla sua pelle, toglierle quei vestiti bagnati, riscaldarla con il calore del proprio corpo...
Ma cosa gli stava succedendo? Per Isabelle de Luceran provava solo disprezzo, disprezzo per la sua natura fatua e per il ragazzo ingenuo che era stato quando l’aveva amata.
Così, come era possibile che soli cinque minuti trascorsi accanto a lei fossero bastati per farlo andare in fiamme? Anche attraverso i vestiti, il tocco di lei gli bruciava la pelle.
Sottrasse il braccio.
«Ti concedo un minuto» borbottò. «Cerca di non sprecarlo.»
Attraversò il suo ufficio privato, affollato di impiegati che collaboravano alla gestione delle sue imprese sparse per il mondo. Dietro la sua scrivania, Valentina scattò in piedi. Come sempre, era il ritratto dell’efficienza. Il tailleur rosso che indossava accentuava l’eleganza della sua figura, i capelli color mogano erano raccolti in un sofisticato chignon. L’unico gioiello era l’orologio d’oro di Tiffany che lui le aveva regalato in occasione del Natale precedente.
«Buongiorno, signor Caretti» esordì la segretaria. «Ecco i resoconti che aspettava dalla sede di Roma. Palladium ha superato di due punti Nymex, ovviamente abbiamo ricevuto innumerevoli telefonate dai giornalisti. Poi ha chiamato di nuovo quella donna che afferma di essere...» Lasciò la frase in sospeso e fissò Isabelle con occhi sgranati.
«Tu naturalmente hai spiegato che la Caretti’s Motors non è in vendita, giusto?» replicò Paolo.
La rossa trentaquattrenne sembrava proprio sul punto di perdere i sensi. «Sì. No. Cioè...»
«Non passarmi telefonate» ordinò Paolo. Prese il polso di Isabelle, la condusse nel suo ufficio e richiuse la porta alle loro spalle. Lasciò cadere il cappotto sul divano di pelle nera e accese la lampada posta sulla scrivania.
«Grazie» disse Isabelle, massaggiandosi il polso. «Apprezzo che...»
«Dimmi ciò che devi e poi vattene» tagliò corto lui.
Isabelle socchiuse gli occhi, quindi sospirò. «Ho bisogno del tuo aiuto.»
«Ti stai ripetendo» puntualizzò lui. «Però ancora non mi hai spiegato perché sei venuta da me invece di rivolgerti alla polizia o alle guardie del corpo, il cui compito specifico è proteggere il re di San Pietro. O, ancora meglio, al tuo fidanzato» concluse con tono ironico.
«Sai di Magnus?»
Paolo incrociò le braccia sul petto. «Sei famosa. Sento notizie sul tuo conto, che lo voglia o meno.»
Ma era più di quello.
Isabelle e Magnus.
Insieme.
Era ancora sotto shock. Da quando Valentina aveva iniziato a parlare con aria rapita della loro relazione da favola, lui aveva desiderato solo una cosa. Prendere a pugni il bel viso di Magnus.
«Mi dispiace. Non mi fa piacere finire sulle pagine di cronaca rosa. Sono i giornalisti che non mi danno tregua. Così si guadagnano da vivere.»
«Deve essere difficile per te» commentò Paolo sarcastico. Non riusciva a credere che Isabelle stesse fingendo di non adorare la sua immagine pubblica. Tutta la sua fatua esistenza ruotava intorno al tempio della vanità e del suo insaziabile bisogno di adulazione. Persino lui era stato tanto stupido da... Cancellò il pensiero e serrò i pugni. «Perché non chiedi aiuto al tuo fidanzato?»
«Non è il mio fidanzato. Non ancora.»
«Ma lo sarà presto.»
Per la prima volta, Isabelle distolse lo sguardo. «Mi ha chiesto di sposarlo qualche giorno fa. Io non gli ho ancora dato una risposta, ma non appena Alexander sarà al sicuro, accetterò la sua proposta.»
Era esattamente ciò che si era aspettato, tuttavia, involontariamente, Paolo mosse un passo verso di lei. Isabelle... moglie di Magnus? Le parole riecheggiarono nella sua mente assordanti come uno sparo.
«Non posso chiedere il suo aiuto perché insisterebbe per informare la polizia» riprese lei. «Ma io non posso aspettare. Non quando mio nipote è nelle mani di un criminale.»
«Dunque è per questo che sei qui?»
«Anche io sono informata sul tuo conto.» Isabelle lo guardò negli occhi. «Sei spietato, conosci la gente che conta. Magnus mi ha detto che...»
«Cosa ti ha detto?» Paolo la interruppe con