La strega, ovvero, degli inganni de' demoni: dialogo
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Anteprima del libro
La strega, ovvero, degli inganni de' demoni - Giovanni Francesco Pico della Mirandola
Giovanni Francesco Pico della Mirandola
La strega, ovvero, degli inganni de' demoni: dialogo
Pubblicato da Good Press, 2022
goodpress@okpublishing.info
EAN 4064066071912
Indice
BIBLIOTECA RARA
TIP. REDAELLI
LA STREGA. OVVERO. DEGLI INGANNI DE' DEMONI
AVVERTENZA DELL'EDITORE
EPISTOLA
LA STREGA
ALLA ILLUSTRISSIMA SIGNORA. LA SIGNORA. LEONORA DI TOLEDO. DUCHESSA DI FIORENZA
AL REVERENDO SIGNOR ABATE. TURINO DE TURINI
GIOVANFRANCESCO PICO
LA STREGA
II.
III.
BIBLIOTECA RARA
Indice
PUBBLICATA DA G. DAELLI
VOL. XL.
LA STREGA
TIP. REDAELLI
Indice
LA STREGA OVVERO DEGLI INGANNI DE' DEMONI
Indice
DIALOGO
di
GIOVAN FRANCESCO PICO DELLA MIRANDOLA
tradotto in lingua toscana da TURINO TURINI
MILANO
G. DAELLI e C., EDITORI
M. DCCC. LXIV.
AVVERTENZA DELL'EDITORE
Indice
Giulio Michelet scrisse la leggenda della Strega, leggenda più meravigliosa ed attraente che le stupide storie estorte coi tormenti dalle imaginazioni inferme di povere donne in delirio. Col suo profondo sapere del medio evo, il grande storico mostrò come il diavolo fosse il necessario consolatore nelle dolenti tenebre di quell'età; come insegnasse segreti e rivelasse semi di futura scienza; come perseguitato dai signori e dai preti, contr'alla cui tirannide non era invocato invano, il diavolo diventasse uno spirito di Dio, quando serviva alla corruzione od alla avarizia sacerdotale. Così gl'idoli, nei primi tempi della nova fede, furono ai preti or diavoli or santi, secondo che loro tornava. Non si può leggere senza pietà quello strazio di anime più assetate di conforti, più avide d'idealità, che veramente colpevoli.
Il Michelet profonde le testimonianze non meno della scelleraggine che della stupidità inquisitoriale. Il Malleus di Sprenger è l'Iliade della stregheria. Tutte le luride fantasie della ignoranza popolare, e tutte le imposture della catalessia claustrale vi andarono a metter capo. Mancava però nel Michelet la testimonianza di un filosofo, di un principe, di un uomo di stato, di un letterato che rannettesse le sciocchezze della credulità moderna alle favole della credulità antica, che velasse di bello stile e di reminiscenze classiche gl'instrumenti di supplizio che adornano le sale del sant'Ufizio. Questo filosofo, letterato, statista lo presentiamo noi ai lettori nella persona di Giovan Francesco Pico della Mirandola, che tra l'infinite sue opere, non essendo vero che tenesse mano a far monete false, volle pure inserire questa falsa moneta della Strega, con l'impronta e il colore della buona antichità.
«Giovanfrancesco Pico dalla Mirandola, figlio di Galeotto fratello di Giovan Pico, era nato, dice il Tiraboschi, nel 1470. Attese agli studj in Ferrara, dove di molto aiuto dovette essergli l'assistenza e l'esempio del suo zio Giovanni, che ivi fece lungo soggiorno. Dopo la morte del suddetto Galeotto fratel di Giovanni, che accadde nel 1499, Gianfrancesco gli succedette nel dominio della Mirandola. Ma Lodovico di lui fratello pretendeva di aver diritto a quel principato, ed egli avea un forte sostegno in Francesca sua moglie, figlia del famoso Gianiacopo Trivulzi, generale allora dell'armi di Francia. Unitosi dunque con Federigo suo fratello, e aiutato da Ercole I, duca di Ferrara, e dal suddetto Trivulzi, nel 1502, costrinse colle armi Gianfrancesco ad uscire dalla Mirandola. Il conte Lodovico fu ucciso in guerra nel 1509; ma Francesca insieme co' suoi figli si tenne ferma in quel luogo fino al 1511, quando il bellicoso Giulio II, stretta personalmente d'assedio la Mirandola, ed entratovi per la breccia, ne restituì il dominio al conte Gianfrancesco. Ma poco tempo ei lo tenne; che l'anno stesso vi rientrò co' suoi francesi il Trivulzi, e Gianfrancesco di nuovo fu costretto ad uscirne. La decadenza dell'armi francesi in Italia gli fece riavere due anni appresso il due volte perduto dominio, e per mezzo del vescovo di Gurck, ministro di Cesare, si stabilì un amichevole accomodamento tra' due contrari partiti. La pace tra essi però non fu di lunga durata. Nella notte dei 15 di ottobre del 1533, Galeotto nipote di Lodovico, seguito da quaranta uomini, sorpresa la Mirandola, ed entrato a mano armata nelle stanze di Gianfrancesco, che udito lo strepito, e sapendo ciò che avea a temere, erasi gittato ginocchioni innanzi a un Crocefisso, a lui e ad Alberto, uno de' figliuoli di esso fece barbaramente troncar il capo e chiuderne in prigione la moglie e Paolo, l'ultimo de' figliuoli.»
Del valore filosofico del nostro Giovan Francesco, in raffronto al suo glorioso zio, udiamo il giudizio degli autori del Dictionnaire Philosophique (Paris, Hachette 1844-52).
. . . Il inclina encore davantage au mysticisme biblique, et s'éloigna d'autant de la philosophie ancienne, de la Kabbale et même de la scholastique. La Bible est à ses yeux la vraie, l'unique source de toute doctrine supérieure; seulement il admet une lumière interne qui en éclaire la lettre, mais qui l'éclaire si activement, que, sous son influence, l'esprit peut demeurer passif.
Ses oeuvres unies à celles du son oncle, ont été publiées à Bâle en 1573 et 1601, en 2 vol. in fol.
On y distingue le traité De studio divinæ sapientiæ, que Buddeus a récommandé à la jeunesse studieuse par une édition spéciale (in-8, Halle, 1702).
_Les neuf livres De prænotionibus, imités du traité de son oncle contre l'astrologie, combattent également cette vaine science._
_Les six livres intitulés Examen doctrinæ vanitatis gentilium, sont dirigés contre Aristote en faveur de Platon, dont l'auteur n'admet pas, cependant, toutes les idées fondamentales._
Lo stesso Pico ha parlato delle sue opere in una lettera latina a Lilio Gregorio Giraldi, parente ed amico del nostro Giraldi Cintio, che ci parve bene riprodurre, così perchè porge un'idea dello scrittore, come perchè, citata da tutti, non è riportata da nessuno, e chi voglia leggerla, dee cercarla nel grosso volume dell'edizione di Basilea.
Dell'opera che noi ristampiamo, ecco le notizie bibliografiche che dà il Tiraboschi nella sua Biblioteca Modenese, T. 4, p. 117-8.
«Dialogus in tres libros divisus, cujus titulus est STRIX, sive de Ludificatione Daemonum: ejusdem ad Leonem X de reformandis moribus Oratio; ejusdem pro asserendis a calumnia libris Dionysii Areopagitae Epistola: ejusdem ad excitandum genus humanum a vitae hujus somno ad futurae vigiliam, Carmen, 1523, in-4. Senza data di luogo e di stampatore: edizione citata nel catalogo della biblioteca del re di Francia, e che è probabilmente la stessa che quella fatta in Bologna, lo stesso anno 1523, da Girolamo de' Benedetti. La prima di queste operette fu l'anno seguente tradotta in lingua italiana dal celebre fra Leandro Alberti, domenicano, e stampata col titolo: Libro detto Strega o delle Illusioni del Demonio. In Bologna per maestro Geronimo de' Benedetti, 1524, in-4. Evvi innanzi una breve Prefazione del traduttore, e poscia la dedica da esso fatta alla molto illustre signora della Mirandola, Madonna Giovanna Caraffa Pica, moglie di Gianfrancesco, nella quale racconta che l'anno innanzi erasi nella Mirandola introdotto un giuoco detto la Donna, che andava a terminare in empie bestemmie, e in insulti fatti alla santa Croce, che gl'inquisitori avean perciò dannati all'estremo supplicio gli autori di questa empietà, che essendosi molti di ciò lagnati, perchè dicevano, che frivole e calunniose erano cotali accuse, il conte Gianfrancesco avea voluto attentamente esaminare il fatto, e avendo conosciuto, che pur troppo eran vere le accuse, aveagli ciò dato occasione di scrivere il presente dialogo. Esso fu poscia nuovamente tradotto in lingua italiana da Turino Turini da Pescia, e stampato in Pescia nel 1555, in-8. Martino Weinrichio, avendo avuto tra le mani una copia a penna del dialogo latino del Pico, la credette opera inedita, e ne fu però fatta l'edizione in Argentina nel 1612. Quest'opera non è inserita nelle edizioni delle opere di Gianfrancesco.»
Noi alla nostra ristampa ci siamo valsi della traduzione del Turini, che scrive in buon toscano, e dà una tal qual patina di eleganza alle pitture, un po' tetre, del signore infelice della Mirandola. Abbiamo qui una Strega in carne e in ossa, che negl'intervalli dei feroci interrogatorj, confessa alla buona i suoi ratti e i suoi amori con Lodovico. Vivissimo è il carattere di Dicaste, l'inquisitore tutto benignità e mansuetudine, che si riserba l'adirarsi al dassezzo, e intanto va avvolgendo nella rete la sua buona Strega, per darla poi al fuoco, forse per grazia già priva di spirito con l'indulgenza della strangolazione. Apistio è l'incredulo che sa non avervi luogo nè la ragione, nè lo scherzo, e oppone per esser vinto. È proprio un quadro di genere; e colto certamente in una delle sale del sant'Ufizio.
Ai nostri dì rifiorisce la stregheria nello spiritismo, e uno degli eroi il signor Home, passato dall'eresia al cattolicismo, se ne confessa e fa penitenza, tornando poi al peccato, tanta è la forza che lo leva a mezz'aria, e il visibilio dei miracoli che in quel capogiro gli aliano intorno. Ma ora non si risica la tortura ed il fuoco; si risica sol la ragione. La superstizione non succhia più il sangue, ma il cervello, e quando l'ha ben rassetto a suo modo, come la donna dipinta col sangue della sua vita nel ritratto ovale di Poe, il cervello è perfettamente ridotto all'ortodossia, e non ha che un difetto come la cavalla d'Orlando: è morto.
Carlo Téoli.
EPISTOLA
Indice
de operibus literariis Ioan. Francisci
Pici, et Ioan. Pici