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Delle Varie Eresie: Diversarum Hereseon Liber
Delle Varie Eresie: Diversarum Hereseon Liber
Delle Varie Eresie: Diversarum Hereseon Liber
E-book238 pagine2 ore

Delle Varie Eresie: Diversarum Hereseon Liber

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Info su questo ebook

Il libro delle eresie, scritto da Filastrio tra il 365 e il 391 dopo Cristo, noto come Diversarum Hereseon Liber, è il più antico volume scritto da un autore bresciano giunto fino a noi. Nei 1630 anni della sua storia, le copie fatte lo hanno mantenuto integro e lo spirito originale è stato preservato. Questo testo latino, molto noto nel IV-V secolo (citato da Ambrogio e Agostino), è proposto qui per la prima volta in lingua italiana corrente.
Edizione a cura di Claudia Foletti, inquadramento storico di Sara Dalena e Simone Agnetti.
LinguaItaliano
Data di uscita15 mar 2021
ISBN9791220277839
Delle Varie Eresie: Diversarum Hereseon Liber

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    Anteprima del libro

    Delle Varie Eresie - Filastrio di Brescia

    Filastrio di Brescia

    Delle Varie Eresie

    Diversarum Hereseon Liber

    Antichi testi bresciani

    Filastrio di Brescia

    Delle Varie Eresie

    Diversarum Hereseon Liber

    Versione in lingua italiana corrente a cura di Claudia Foletti

    Inquadramento storico a cura di Sara Dalena e Simone Agnetti

    Tutte le immagini sono tratte dalla versione a stampa edita in Amburgo nel 1721, proprietà degli editori: S. Philastri episcopi brixiensis, De Hreresibus liber cum emendationibus et notis Jo. Alberti Fabricii

    Prima edizione ebook, marzo 2021

    Prima edizione cartacea, aprile 2021

    Centro Culturale 999

    www.serviziculturali.it

    UUID: acf76419-0b3e-480a-bf5e-0b1db7ef7b04

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    immagine 1

    Introduzione all'edizione italiana

    Eresia è una parola che, passando per il latino haeresis, deriva dal greco αἴρεσις, che nella lingua classica significa, tra le varie accezioni, scelta. Un vocabolo, dunque, che nasce privo di quella connotazione così negativa attribuitole dai Padri della Chiesa, tra i quali san Filastrio, e che persiste nel nostro italiano. Ebbene, troviamo particolarmente calzante porre questa osservazione a premessa del testo. Con questa edizione non si ha certo la pretesa di presentare una traduzione filologicamente inattaccabile, quanto piuttosto di proporre una versione di più semplice lettura: si è scelto, appunto, di districare ove possibile la maestosa seppur labirintica struttura ipotattica delle frasi latine, così come si è cercato di rendere accessibili ad un pubblico, anche digiuno di studi teologici, alcune scelte lessicali dell’autore appartenenti al vocabolario tecnico della teologia patristica, pur sacrificandone la specificità. Sono state, inoltre, inserite diverse note all’interno del testo per aiutare il lettore a comprendere i concetti più complessi esposti dall’autore, nonché a contestualizzarne i riferimenti storici, dottrinali e letterari, perlopiù biblici. Dunque quello che speriamo di presentare in questo volume è una versione forse un poco distante formalmente dallo stile di san Filastrio. È, però, nelle nostre intenzioni, fedele allo spirito pedagogico con il quale il vescovo compose a suo tempo questo lungo e approfondito elenco delle molte e varie eresie da cui era bene che i suoi fedeli imparassero a guardarsi.

    Claudia Foletti

    Brescia, 18/02/2021

    NOTA: con * sono indicate la parti lacunose nel testo.

    immagine 1

    Filastrio vescovo di Brescia e il suo tempo

    vita di un protagonista del IV secolo

    Filastrio fu l’ottavo vescovo di Brescia (in alcune cronotassi è detto sesto o settimo), si colloca tra Ursicino (o Ursacio, documentato nel 342 d.C.), Faustino suo predecessore (documentazione imprecisa) e prima di Gaudenzio, suo allievo e successore a fine IV secolo. L’etimologia del suo nome è greca, Filastrio o Filastro (Filastrius, Filaster, Phelaster) è un nome greco; questo non vuol dire che egli fosse greco, era, infatti, in uso nella prima cristianità cambiare nome con il battesimo in età adulta. Il nome è composto da due parole, filos (greco) e dalla parola astrum (latino, corrispondente al greco aster, che ha lo stesso significato in entrambe le lingue: astri/stelle). Il nome, quindi, significa amante delle stelle. All'altezza cronologica del IV secolo circolavano comunemente nomi greci anche in Europa continentale. Filastrio è l'unico santo della cristianità a portare questo nome, che non risulta, in generale, molto diffuso.

    Le sue origine non sono note, alcuni ritengono che fosse greco-africano (appartenente alla cultura ellenica diffusa in tutto il mediterraneo, anche se tale cultura è ampiamente disprezzata nei suoi scritti), forse ebreo convertito o forse spagnolo. Bernardino Faino nel Coelum Sanctae Brixianae Ecclesiae, edito in Brescia da Ricciardi nel 1658, afferma che era spagnolo originario di Cordova; forse la tradizione agiografica collegava la formazione antiariana e antieretica di Filastrio al vescovo Osio di Cordova, che fu uno degli animatori del Concilio di Nicea e combatté fino all'esilio contro l'arianesimo. Di certo sappiamo che era cristiano, appartenente alla popolazione dell'impero romano e che aveva viaggiato molto. Potrebbe essere nato intorno al 330 d.C. Si può ipotizzare che sia stato ordinato sacerdote verso i 30 anni e vescovo a circa 50 anni. Doveva essere un uomo con una importante formazione in Sacre Scritture. Secondo Gaudenzio, suo successore, Filastrio aveva sul corpo i segni di violenze fisiche subite a causa della sua predicazione per tutti i territori della romanità. Questa informazione collocherebbe la figura del giovane Filastrio tra i cristiani in lotta contro i fedeli dei culti greci e romani nel corso della lunga e travagliata persecuzione dei pagani effettuata, con frequenti scontri fisici, incendi e devastazioni di templi, per tutto il IV secolo. Negli anni della giovinezza di Filastrio la lotta giunse a punti critici. Tra il 353 e il 357 in Oriente furono distrutte statue di divinità e uccisi sacerdoti e fedeli per decreto dell'imperatore Costanzo; nel 359 in Siria i cristiani organizzano campi di prigionia per i pagani arrestati; tra il 361 e il 363 sono ripristinati i culti pagani dall'imperatore Giuliano, nato cristiano ma convertito ai culti di Cibele e Mitra in contrasto al cristianesimo; dal 364 l'imperatore Flavio ordina incendi e distruzioni dei templi pagani e i suoi successori proseguirono con la condanna di ogni tipo di culto non cristiano. Alla fine di questo periodo tumultuoso, tra il 372 e il 374, troviamo Filastrio a Milano come guida spirituale dei cristiani cattolici intento a correggere l'eresia ariana (Ario, sacerdote berbero di Alessandria d'Egitto, scomunicato nel 300 dal patriarca Pietro I, sosteneva che Gesù nella Trinità non fosse divino come il Padre. Ario morì a Costantinopoli nel 336 e la sua dottrina ebbe seguito tra i popoli germanici e le classi sociali nobiliari). L'arianesimo a Milano era sostenuto dal vescovo Aussenzio, predecessore di Ambrogio. Il sacerdote venne condannato come eretico in un concilio romano indetto da papa Damaso I nel 372. Aussenzio visse ancora due anni, presente a Milano Filastrio come esponente del pontefice romano. Con l'elezione, il 7 dicembre 374, di Ambrogio vescovo di Milano, pare che Filastrio tornò a Roma continuando a predicare l'ortodossia cattolica in stretto rapporto con papa Damaso, primo pontefice massimo (che aveva scomunicato e cacciato da Roma il papa ariano Ursino). L'arrivo di Filastrio a Brescia si può collocare tra il 375 ed il 380 d.C., anno dell'editto di Tessalonica, in cui gli imperatori romani Graziano, Teodosio I e Valentiniano II sancirono il cristianesimo come unica religione consentita nell'impero, mettendo, nei fatti, al bando gli altri culti. Secondo lo storiografo bresciano del Quattrocento Giacomo Malvezzi, Filastrio frequentò il suo predecessore Faustino e subentrò con il titolo di vescovo alla morte di questo. Dobbiamo ricordare che la Diocesi di Brescia è la prima suffraganea di Milano, che all'epoca era sede imperiale, la nomina di Filastrio è per una sede importante, forse a riconoscimento del lavoro svolto nel preparare la strada del vescovo Ambrogio e per la fedeltà a papa Damaso. La città di Brescia era allora cosmopolita, come molte del mondo antico, e multireligiosa, popolata di romani che praticavano gli antichi culti nei templi ancora in uso, con una nutrita comunità ebraica dotata di una propria sinagoga in città e di un cimitero fuori le mura che poteva essere presso l'attuale parcheggio di piazzale Arnaldo. La sinagoga non ha lasciato tracce certe della sua collocazione. Abbiamo prove epigrafiche di questa antica comunità conservate nel Museo di Santa Giulia. Vi era anche una comunità di cristiani ariani che, come a Milano, trovavano sostegno nelle classi nobili imperiali oltre che i cristiani cattolici che praticavano i loro culti nelle chiese sorte presso le aree cimiteriali fuori le mura cittadine. Il primo cimitero cristiano era sotto l'attuale chiesa di Sant'Angela Merici, detto di San Latino. Fu, forse, lo stesso Filastrio a far erigere la prima cattedrale di Sant'Andrea o, più probabilmente, a essere il benefattore della chiesa eretta dai suoi predecessori. Sostiene Giacomo Malvezzi che erano tre le chiese antiche fuori le mura cittadine a oriente: San Salvatore, Sant'Apollonio e Sant'Andrea e che già il vescovo Ursicino pose la sede episcopale in Sant'Andrea, dove sedettero Faustino vescovo e dove fu accolto Filastrio. Al tempo in cui il cronista bresciano scrive (1435-38 circa) le chiese sono già in rovina, in particolare Sant'Andrea sta crollando e il suo chiostro è da poco stato abbattuto perché abbandonato e pericolante. In seguito, nel 1516-17, i veneziani, rientrati in possesso della città, eseguono la spianata, cioè la distruzione, per ragioni militari, di ogni edificio esterno alle mura cittadine per un miglio; viene scavata una trincea per separare il Castello dai Ronchi, ogni traccia delle antiche basiliche paleocristiane e della prima cattedrale è così perduta. Nel 381 Filastrio era presente tra i vescovi convocati al concilio anti-ariano di Aquileia. Il sinodo iniziò il 3 settembre 381, parteciparono trentadue vescovi del Nord Italia e alcune rappresentanze dalle attuali Francia, Spagna e Africa nord-occidentale, all'epoca regioni dell'impero romano. Fu un processo di condanna contro i due vescovi illirici (Balcani), Palladio di Ratiaria e Secondiano di Singidunum, tra gli ultimi sostenitori dell'eresia ariana dopo la purga operata dai cattolici. Furono presenti, secondo gli Acta concili Aquileiensis: Valeriano di Aquileia, Ambrogio di Milano, Eusebio di Bologna, Limenio di Vercelli, Anemio (o Anomio) di Sirmio, Sabino di Piacenza, Abbondanzio di Trento, Artemio (di sede ignota), Costanzo di Siscia (legato dei Galli), Giusto di Lione (legato dei Galli insieme col vescovo di Siscia), Filastrio di Brescia, Costanzo di Orange, Teodoro di Sion, Almachio (di sede ignota), Donnino di Grenoble, Amanzio di Nizza, Massimo di Emona, Felice di Zara, Bassiano di Lodi, Numidio (forse di Massula in Tunisia), Ianuario (di sede ignota), Procolo di Marsiglia, Eliodoro di Altino (laguna veneta), Giovino (di sede ignota), Felice (forse di Selemsele in Tunisia), Esuperanzio di Tortona, Diogene di Genova, Massimo (di sede ignota), Macedonio (di sede ignota), Cassiano (di sede ignota), Marcello (di sede ignota), Eustasio (di sede ignota), Evenzio di Pavia (firmatario, ma assente al concilio).

    Dopo il Concilio di Aquileia seguono gli anni in cui Girolamo (poi santo) è segretario di papa Damaso e spinge per una politica di riforma del clero e per il celibato dei sacerdoti (382-84 d.C.) all'epoca non praticato in forma stretta. A Milano Filastrio, al seguito del vescovo Ambrogio, conobbe tra il 383 e il 387 Agostino di Ippona, allora ancora in ricerca spirituale, il futuro vescovo, nel 427 circa, scriverà di Filastrio e del suo libro delle eresie all'allievo Quodvultdeus di Cartagine, dandoci testimonianza scritta di quell'incontro e della notorietà di Filastrio nel mondo antico. Come si evince dall'elenco dei vescovi presenti ad Aquileia, durante l'episcopato ambrosiano non erano molte le città dell'Italia settentrionale con la presenza di un vescovo.

    Nel 388 pare che Filastrio fosse tra i promotori dei moti antigiudaici in Italia, che portarono all'incendio di alcune sinagoghe, tra cui quelle di Roma. Ambrogio proseguì la linea dei vescovi cristiani di conversione degli ebrei nell'impero romano, facendo leva sul suo influsso, politico e legislativo, presso la corte imperiale di Milano. La questione agostiniana sui giudei era complessa, si basava sulla giustificazione della presenza di un popolo che esisteva solo perché doveva necessariamente aderire alla nuova verità di Cristo, poiché questo era insito nella loro stessa storia di fede. Se l'arianesimo era una eresia da annientare, l'ebraismo era da assorbire nel cristianesimo. Questo si trasformò in prediche antigiudaiche cariche di livore che portò ad atti di violenza in tutto il mondo romano. Nel 388 vi fu il caso esemplare a Callicum in Mesopotamia, una folla guidata dal vescovo Flavenio incendiò e rase al suolo il luogo di culto ebraico; il governatore romano ordinò la punizione dei colpevoli e al vescovo la ricostruzione della sinagoga. Teodosio I approvò, secondo la legge romana, questi ordini. Ambrogio persuase l'imperatore che se lo avesse fatto non si sarebbe comportato da cristiano. I tumulti, anche sanguinari, tra cristiani cattolici e ariani, tra cattolici e pagani e contro gli ebrei caratterizzarono la seconda metà del IV secolo, ricorda Gaudenzio che Filastrio abbatté gli idoli che avevano ancora degli altari nei templi. A questo proposito è sul finire del IV secolo che fu incendiato il Tempio Capitolino di Brescia, nei pressi del quale, in un ripostiglio murato, fu nascosto il tesoretto dei bronzi romani, tra cui la Vittoria Alata. Sia Filastrio prima, sia Gaudenzio poi potrebbero aver creato a Brescia il clima adatto a fomentare azioni concrete di distruzione contro gli altri culti ancora in uso in città. in questo clima Filastrio fu autore tra il 365 e il 391 del Diversarum Hereseon Liber, chiamato per brevità De Haeresibus o Liber de Haeresibus, ed esprime

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