La porta nel fiume
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Un desiderio forte e indistinto di acqua che scorre li porterà a incontrarsi lungo le rive del fiume Brenta e nulla potrà impedire loro di provare a ridisegnare un destino. Le loro azioni si muoveranno lungo territori regolati dalle grandi leggi che sottendono all’esistenza dell’universo e una voce che fa capolino ci spiegherà quali. Voce che accompagnerà il dito del lettore ad immergersi nel barattolo della marmellata della vita. Potrà farlo grazie a fonti davvero esclusive perché parte di una conoscenza cosmica. Se si rivelano quali personaggi in qualche modo bizzarri è perché la sapienza più raffinata non fa rima con ordine e linearità ma con fantasia e paradosso.
Ezil riuscirà a riprendere contatto con il suo passato? A scoprire che fu padre di una donna con la quale trascorreva ore a interrogare uno fra i fiumi, alla ricerca di chissà che cosa. Fiumi, veri ombelichi dell’universo, luoghi da rispettare come sacri, punti focali dove ognuno proverà a scorgere qualcosa.
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Anteprima del libro
La porta nel fiume - Enrico Unterholzner
Tavola dei Contenuti (TOC)
Titolo pagina
Nota editoriale
Trappot
Elloi della classe Nèfesh
Calla
Io
Trappot
Io
Rimmal
Io e la cipolla
Elloi della classe Nèfesh
Ezil
Loro
Io
Ezil
Io
Rimmal
Elloi della classe Nèfesh
Adele
Rimmal
Loro
Ezil e Adele
Elloi della classe Nèfesh
Io
Adele ed Ezil
Io
Adele
Ezil
Loro
Ezil
Ezil
Rimmal
Rimmal
Loro
Adele
Loro
Ezil
Loro
Rimmal
Loro
Adele
Elloi della classe Nèfesh
img1.jpgUn Romanzo di:
Enrico Unterholzner
LA PORTA
NEL FIUME
In collaborazione con
img2.pngÈ un progetto di
img3.jpgimg4.pngISBN versione digitale
978-88-6660-384-9
LA PORTA NEL FIUME
Autore: Enrico Unterholzner
img5.png© CIESSE Edizioni
www.ciesseedizioni.it
info@ciesseedizioni.it - ciessedizioni@pec.it
I Edizione stampata nel mese di aprile 2021
Impostazione grafica e progetto copertina: © CIESSE Edizioni
Immagine di copertina fornita dall’Autore
img6.pngCollana: GREEN
Editing a cura di: Giulia Pretta
Editore e Direttore Editoriale: Carlo Santi
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione dell’opera, anche parziale, pertanto nessuno stralcio di questa pubblicazione potrà essere riprodotto, distribuito o trasmesso in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo senza che l'Editore abbia prestato preventivamente il consenso.
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore o sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.
Dedicato a chi sa guardare una cipolla
come si guarderebbe un'aurora boreale
Nota editoriale
img7.jpgLa scuola di scrittura dell'associazione culturale Fantalica
Lettera 22
è un progetto promosso dall'associazione culturale Fantalica APS di Padova, dal 2002 impegnata a sostenere la libera espressione creativa e l'arte nelle sue svariate forme. L'ideazione di una vera e propria scuola per appassionati di scrittura nasce nel 2013 come un percorso articolato per livelli che coinvolge i soci partecipanti in incontri strutturati per offrire gli strumenti necessari a dare forma all'idea. Con il tempo Lettera 22
ha visto nascere una nuova progettualità finalizzata a sostenere talenti inediti, promuovendo una serie di opere letterarie pubblicate grazie all'ormai collaudata collaborazione con Ciesse Edizioni.
"La porta nel fiume" è una di queste.
Un romanzo che nasce in seno all'associazione, frutto della fertile immaginazione del suo fondatore, Enrico Unterholzner. La passione per la scrittura e per l'arte in genere del presidente, ha, fin dai suoi inizi, stimolato i componenti dell'associazione, che ancora oggi dopo quasi vent'anni continuano a immergersi in esperienze artistiche con lo stesso entusiasmo di allora. È un piacere quindi per tutti i soci sostenere il progetto artistico di Enrico Unterholzner, al suo quarto romanzo.
Un'opera difficilmente collocabile all'interno di una semplice definizione di genere. Pura espressione dell'estro creativo dell'autore, che riesce a mescolare realtà e finzione toccando diversi generi: la fantascienza, il thriller, senza essere mai imbrigliato in una definizione. La storia di due mondi a confronto, che nascondono connessioni impensabili e personaggi da ricordare, dove il fiume è simbolo, chiave di lettura e sinuosa via di sapienza.
Roberta Rigato
Vicepresidente dell'associazione Fantalica APS
www.fantalica.com
LA PORTA NEL FIUME
Trappot
Il momento è solenne e atteso da tempo. Sta per aver inizio il varo dell’infisso a forma di chiocciola.
Trappot lascia scivolare con grande attenzione il proprio dito lungo la superficie lignea viva, prima di lavorarla. Sa benissimo che si tratta di un gesto puramente celebrativo, la sua sapienza tattile non può competere con le misurazioni strumentali. La superficie è pronta, punto e basta. Ma è un piacere provare la sensazione di sentirsi artigiano e quello è il lembo superiore di una parete in crescita della sua casa. Ama quella casa figlia del suo pensiero e quella casa ama lui, almeno così crede.
Appoggia e blocca accuratamente l’incisore e lo avvia. Un sibilo percepibile segnala il propagarsi nel legno di una fenditura longitudinale larga alcuni centesimi di millimetro e profonda circa un dito. Ha finito, l’intera lunghezza della parete, circa 3 metri, è incisa. È una parete spessa poco più di una mano, che si chiude arrotondata nella parte superiore, proprio dove ora è appena visibile quel sottilissimo intaglio.
Trappot ancora una volta indugia a scivolare con il palmo per pulire microscopici trucioli che in realtà non ci sono, perché la macchina li ha risucchiati e rimossi.
Si gira e preleva l’iniettore dalla confezione, per poi collocarlo all’inizio del lembo della parete curando quel che basta l’allineamento, farà tutto da sé. L’iniettore parte e subito sembra voler dimostrare di essere un essere intelligente, ma non lo è. Trappot lo osserva senza censurare il proprio stupore, per nulla diminuito dall’abitudine di aver già assistito alla scena molte volte. La parte inferiore potrebbe ricordare un gigantesco millepiedi lungo poco più di una spanna. Le zampine si muovono coordinate a ondate simili a «ole» da stadio e i piedini, a ogni minuscolo spostamento, si aggrappano al legno. Movimenti che servono a cercare la direzione di profondità dell’intaglio e l’allineamento longitudinale: l’iniettore non sta ancora avanzando, oscilla lentamente adagiato sui propri millepiedini come una nave attraccata in un mare appena mosso.
Ecco, trovata la posizione, si manifesta una luminescenza verde e Trappot può dare inizio all’iniezione. Nel corpo dell’attrezzo trasparente che ora avanza preciso si vede srotolare un nastro, all’interno del quale sono presenti dei sottili filamenti che appena in posizione scattano per conficcarsi nella fessura del legno prima incisa. Quei sottili filamenti contengono codice genetico che guiderà la crescita della parete lignea.
La stanza che sta realizzando e guidando nella crescita è una veranda, collegata al salone principale della casa tramite un’apertura ad arco. Salone che sua figlia Rimmal chiama la cattedrale.
Il millepiedi ha finito, con cura viene rimosso e messo a riposare nella propria confezione.
Ora Trappot solleva l’infisso e lo appoggia sul lembo della parete appena lavorata e lo blocca con dei supporti in modo che sia dritto, allineato, leggermente rialzato.
Non è un infisso qualunque. Il profilo è quello di un animale della classe gasteropode, il profilo di una chiocciola, diremmo. È la prima volta che tenta di realizzare una finestra dalla forma così complessa nella sua casa viva. Fino ad ora si è limitato a sezioni elementari, rettangoli o cerchi. Non è per ragioni di gusto che ora installa quell’infisso dalla forma bizzarra, ma una sfida tecnologica che ha preparato a lungo.
Crede di aver individuato le modifiche genetiche corrette nei filamenti di DNA di acero appena iniettati, in modo che il legno cresca avvolgendo esattamente il contorno, perché la stanza è un albero vivo di acero. Ha investito circa un anno di studi e sperimentazione prima di applicarle.
Ci vorranno circa quattro mesi perché lo sviluppo attorno all’infisso si completi, se tutto va secondo i piani. Lui ha tempo, può aspettare.
Doveva scegliere una forma con curve articolate, ha optato per il profilo di un animale che ispira simpatia a sua figlia Rimmal: la lumaca.
Trappot sgombera la stanza dalle attrezzature utilizzate, entra nella cattedrale che è un albero vivo di olmo e perfettamente accostato all’albero vivo di acero, apre una teca, versa un alcolico in un bicchierino. Poi torna indietro a rimirare la parete e la chiocciola, accarezza ancora con un dito i contorni mentre sorseggia la bevanda. Ogni sorso è una calda carezza al proprio corpo. Negli ultimi mesi il suo umore tende al sereno perché la sua anima sta trovando il nutrimento giusto per un pensante come lui che ha bisogno di sfide, di obiettivi ambiziosi, meglio se incastonati fra grandi incognite e ostacoli imprevedibili.
Guarda attentamente, controlla ancora i dettagli. Si sente soddisfatto. Può uscire e scendere verso il fiume.
Pochi passi e il sentiero scende. È emozionato e agitato. Non solo per il varo dell’infisso a chiocciola che comunque era un evento che aspettava da tempo, ma soprattutto perché negli ultimi giorni ha fatto progressi decisivi nell’aprire quella porta che dal fiume porta molto, molto lontano. Il suo passo non è sicuro come al solito. Inciampa ma non ci fa caso più di tanto, conosce se stesso abbastanza per dedurre che si tratta di una naturale e piacevole conseguenza della propria eccitazione. D’altra parte può contare su una rodata confidenza con quel sentiero per preoccuparsene.
In dieci minuti, camminando di buona lena, raggiunge una radura a poco più di metà strada dalla meta finale, dove sa essere nascosti i controlli delle protezioni. Li verifica uno a uno, un’operazione che richiede un quarto d’ora. Poi si ferma e guarda le montagne che si stagliano imponenti. Ci vogliono una quarantina di chilometri per arrivare ai piedi dei primi versanti, ma sembrano a un passo. Quelle più alte spuntano come minuscoli pennacchi baluginanti.
Rimane sempre là, immobile, per cinque minuti esatti a cercare chissà quali risposte da quel panorama che una guida turistica definirebbe pedissequamente mozzafiato.
Poi riprende la discesa. Ripassa a mente la strategia messa a punto. Dovrà prima di tutto consolidare i progressi raggiunti, questo significa approcciarsi al fiume esattamente come ha fatto in settimana e ritrovare quei sottili equilibri che a un certo punto aveva individuato. Si siederà sullo stesso masso, disporrà il corpo nella stessa posizione, guarderà lo stesso punto del fiume dove si intrecciano gli stessi guizzi d’acqua, condurrà la propria mente a percorrere le stesse dinamiche intraprese, seguirà gli stessi tempi, riprodurrà gli stessi ritmi, cercherà di raccogliere gli stessi segnali e con la medesima qualità. Solo dopo aver catturato con sicurezza l’estremità del filo che aveva dovuto abbandonare per stanchezza e anche per il sopravvenire dell’oscurità, proverà a mettere nel sacco qualche cosa di nuovo. Magari riuscirà davvero a trasformare suoni ancora confusi e che talvolta sembrano rivelarsi quali frammenti di voci in segnali acustici organici.
Raggiunge un passaggio stretto fra due pareti rocciose. Lo supera. Si apre una zona pianeggiante ricoperta da pietre e ghiaia, in mezzo scorre un ruscello ricco di piccoli pesci e gamberi. Lo attraversa senza tralasciare un rapido sguardo perlustrativo. Spesso in quel punto raccoglie scene da gustare, un accoppiamento di crostacei, il sostare di molluschi mai visti, qualche roditore assetato o uccelli che si accostano. Una volta ha assistito a un agguato messo in atto da una volpe a un piccolo mustelide intento ad abbeverarsi. Non ha capito bene come sia finita.
Ora deve superare una striscia fitta e alta di canne attraverso un passaggio che ha aperto lui stesso e che spesso deve ribadire. Dietro c’è il fiume e Trappot può già ascoltarne il rumore.
Raggiunge la riva e si sofferma su alcuni strumenti idrici che ha collocato fin dai primi giorni del suo esilio. Sulla sua mano l’unità di memorizzazione visualizza un titolo: «Vitalità giornaliera dell’animale fiume». Una alla volta le informazioni del giorno confluiscono nel suo diario fluviale: velocità dell’acqua, portata, livello, colore, trasparenza, temperatura, tipo di sedimenti trasportati, grado di organicità presente. Compie questa operazione tutti i giorni meticolosamente, puntualmente e sempre appena arrivato ai piedi della riva. Non ha la più pallida idea se quel diario possa rivelarsi utile per qualche ragione che ancora non si è materializzata. Sa che prova soddisfazione a farlo. Una volta ha pensato che il suo subconscio riconosca al fiume una sorta di merito a ricevere quell’attenzione.
Si toglie le scarpe. A piedi nudi entra in acqua.
Elloi della classe Nèfesh
Elloi appartiene alla classe Nèfesh e sta passeggiando rilassato in compagnia. Sente un ronzio ben riconoscibile, che si spegne solo quando avverte un leggero prurito sul collo. Elloi giudica improbabile che possa essere stata superata la copertura protettiva del proprio corpo. Tuttavia è infastidito. Con un rapido movimento della mano intercetta il corpicino dell'insetto.
Elloi della classe Nèfesh ha ucciso una zanzara, prova una profonda soddisfazione.
Calla
Avevano camminato pomeriggio e mattina della giornata precedente a ritmo sostenuto. Si erano fermati nella notte in quest’immensa foresta, poi la mattina avevano ripreso il cammino ma più lentamente e, da un certo punto in poi, a intervalli sempre più brevi.
È tardo pomeriggio. Calla è agitata. Cerca di carpire dal volto di Rapsos anche il minimo accenno di espressione che possa rassicurarla che tutto sta procedendo secondo i piani. Si rende conto che è tempo sprecato. È lui il capo del commando, che detta ritmi, tempi, direzione. È lui che è in costante contatto con la base. Lo osserva mentre cammina sempre in testa al gruppo con l’aria spensierata di chi abbia in programma una seduta di birdwatching. Anche il sudore che filtra dalla sua pelle è anonimo, lontano parente della fatica: un sottile tonificante profumato e irrorato per una serata galante. Invece devono uccidere un uomo e non uno qualunque, l’uomo più discusso del mondo.
Calla ha sviluppato per la vittima predestinata, anno dopo anno, il più puro e intenso distillato di odio che lei sia in grado di generare. Ma ora che si avvicinano, quel sentimento ineccepibile e incontenibile è disturbato da un nervosismo strisciante, imprevisto. Scavalca con la gamba un arbusto urticante. Da alcune ore procedono lontani da sentieri e ogni passo deve essere gestito con attenzione. Prova a calmierare la tensione pensando che riusciranno a ucciderlo senza alcun ostacolo perché sono saltate le protezioni politiche di cui godeva. Più in alto si sono accordati. Calla lo sa perché le è stato spiegato chiaramente nel momento in cui si è concretizzata l’opportunità di far parte della spedizione. Avrebbe accettato anche a fronte di un rischio personale di grado maggiore.
Rapsos si ferma, fissa i suoi quattro compagni, cerca di dar peso alle sue parole.
«Da adesso in poi avanziamo a tratti, rapidi quando possiamo muoverci, lenti o fermi quando siamo in attesa. Ci regoliamo zona per zona, man mano che disattivano le protezioni, nessuno si deve attardare.»
Aggiunge poi: «Ogni protezione rimane disattivata per dieci minuti, non un secondo in più». Poi rotea verso destra lo sguardo, in una direzione dove non c’è altro che rovi, sembra che ora pensi ad altro. Poi riprende.
«Ogni zona può essere attraversata in cinque minuti circa, quindi abbiamo un buon margine, ma quando vi dico di correre, si corre. Non ci sono problemi e difficoltà se non riusciamo a inventarcele e noi siamo stati selezionati perché siamo affidabili oltreché preparati. Siamo i migliori. È probabilmente la missione più facile che abbiate mai affrontato, ma anche la più importante. Quindi se è vero che è difficile sbagliare è altrettanto vero che va escluso categoricamente qualsiasi sbaglio. Oltre queste fronde di ficus comincia la prima zona.»
Prende fiato e aggiunge: «Se lasciamo che solo un allarme si attivi possiamo tornare a casa a tagliare l’erba del giardino. E potremo tagliarla con la massima cura perché avremo tanto tempo a disposizione».
Rapsos sfiora il ramo dell’albero. Si sincera che tutti siano pronti. Dà il via, la prima a entrare è Calla, gli altri la seguono veloci.
Attraversano la prima zona in poco più di due minuti, la seconda in quasi quattro minuti. Infine un’altra decina sempre rimanendo abbondantemente sotto i cinque minuti. Poi si fermano in una piccola radura, tra una zona e l’altra.
Calla è stata addestrata in una settimana, un tempo tutto sommato breve se rapportato al tempo speso per preparare altre missioni, sa che le zone sono strutturate a frazioni di anelli circolari irregolari distanziati fra loro da cento a duecento metri e che coprono angoli variabili da 45° a 90°, insieme formano un labirinto impossibile da evitare se non si dispone di una conoscenza esatta dei tracciati. L’area coperta è di poco meno di trenta chilometri quadrati. Man mano il labirinto si infittisce verso il centro, la casa di Trappot. Sa che tutte le strumentazioni attivate sono in mano a Rapsos e che uno degli altri tre del gruppo dispone di ricambi non attivati. Conosce la tempistica di ogni tappa e quindi sa che in serata, ovvero fra un paio di ore, saranno a tiro del bersaglio. Conosce ogni dettaglio della vegetazione, dell’orografia dell’area, della casa viva di Trappot, del