Endurance, viaggio di un uomo
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Anteprima del libro
Endurance, viaggio di un uomo - Marta Mangiapelo
Prefazione dell’autore
La prima volta che incontrai mio marito non potevo immaginare la sofferenza che si nascondeva dietro ogni suo sorriso. Negli anni ho imparato a leggere le sue cicatrici: quelle più evidenti e quelle sepolte nella sua memoria.
Quando decise di raccontarmi il viaggio che lo aveva portato in Italia fui costretta a interromperlo. Non riuscivo a sopportare tutto quel dolore in una volta sola.
Abbiamo trascorso notti insonni a leggerci dentro. Lui che parlava e io che lo ascoltavo. Alla fine di tutto, quel viaggio era diventato anche un po’ il mio.
Il giorno in cui mi disse che voleva raccontarsi al mondo mi sentii in dovere di prestargli la mia penna.
Questo libro vuole essere la testimonianza di uomini che non hanno ancora avuto voce. Ogni dettaglio è frutto della sua testimonianza, confermata nel tempo dai suoi compagni di viaggio.
La mia unica speranza è che queste parole possano risvegliare in ogni lettore la voglia di comprendere e denunciare ciò che ormai da anni accade sotto i nostri occhi.
Una Auschwitz contemporanea, che a pochi passi dai nostri porti sicuri, continua a seminare odio e violenza restando, ancora una volta, per troppo tempo impunita.
Prefazione
L'esistenza umana è un tessuto ricco e complesso di sogni, aspirazioni e speranze. Ma è anche un vortice di lotte e sfide. La prova della forza di un uomo e la sua capacità di resistenza sono al centro di questa emozionante e commovente celebrazione della vita.
Con un acume acuto e un senso profondo dell'umanità, l'autrice, ci porta in un viaggio che esplora l’esperienza di un uomo combattuto tra il desiderio impellente di tornare a casa e il bisogno istintivo di sopravvivere.
«Poco importava se fossi morto in mare.»
Questa affermazione toglie il respiro, ma allo stesso tempo ci spinge a riflettere sulla nostra identità e sulla nostra lotta per sopravvivere. Le parole di Marta risuonano con l'eroismo quotidiano e il coraggio resiliente, una testimonianza di resistenza e audacia che richiede la vita.
La via dell'uomo, come tracciata in questa narrazione, non è mai fatta di rette, ma di ostacoli, curve e deviazioni come la più classica metafora delle montagne russe dell'emotività umana. Il protagonista si trova al centro di un turbine, costantemente sfidato da montagne inaffrontabili, torrenti indomabili e l'implacabile asprezza del terreno. Questa non è semplicemente una storia di sopravvivenza fisica, ma una brillante rievocazione di resistenza psicologica e spirituale. Il protagonista combatte ma anche si riscatta, attraversa la disperazione e il disincanto, ma scopre anche la gioia e il trionfo - un intreccio complesso di esperienze che compone la gamma infinita del dramma umano.
Nel realizzare questo ritratto di tenacia e resistenza umane, Marta Mangiapelo usa la penna come un bisturi, disegnando un ritratto fedele della vita del protagonista. Il suo stile di scrittura è un meraviglioso connubio di schiettezza che non nasconde le asperità della lotta e di una tenerezza infinita che trapela tra le righe di ogni capitolo.
«Alla sera tornavo a casa e quando era ora di andare a dormire i miei occhi si incendiavano.»
Queste parole ci offrono lo scorcio di una verità cruda e genuina, e al tempo stesso ci mostrano una grandiosa testimonianza di perseveranza. Marta mette in mostra la sua abilità nel trasmettere emozioni profonde e complesse con una semplicità disarmante.
Leggere questa storia è come osservare un orizzonte immenso non con timore, ma con audacia e visione. Il libro raggiunge il cuore di ognuno di noi, portando in superficie sentimenti familiari e risvegliando con forza il bisogno di avere coraggio. Il messaggio principale del romanzo è un inno potente ma silenzioso alla condizione umana: la vita è una questione di forza, una lotta continua, una discesa, ma anche una ascesa. Non si tratta della destinazione o del traguardo, ma del viaggio, del trascinarsi attraverso le tempeste verso la luce del giorno.
Attraverso i suoi personaggi fortemente caratterizzati, Marta ci mostra che anche nei momenti di più profonda oscurità, il seme della speranza non muore mai. Ogni pagina del libro si fa portatrice di emozioni viscerali, ti fa vivere la stessa angoscia, gioia, speranza e disperazione dei protagonisti.
Endurance. Viaggio di un uomo, è una lanterna luccicante nel buio, la bussola che ci orienta nel mezzo del caos. Rivela la vera forza che si manifesta nella sopravvivenza, quella dell'amore e del sacrificio. È un grido di speranza e una celebrazione del tenace spirito umano. Una chiamata a tutti noi a riconoscere e onorare la nostra forza interiore e il nostro coraggio, una dimostrazione che esalta l'eroe che ognuno di noi porta dentro.
Capitolo 1
Il banco dei pegni
Faceva caldo quel giorno, un caldo che ti si appiccicava addosso. La terra aveva sete e la polvere si alzava a ogni passo, impregnando l’aria tutta intorno. Non era di certo una novità il caldo a Benin City ma ricordo quel giorno come epico in ogni suo dettaglio.
Noël e Osas mi seguivano a fatica mentre svoltavo l’angolo per Iguma street. Non avevo voglia di aspettare il loro passo svogliato perché sentivo che la fortuna stavolta girava dalla mia parte. Come ogni pomeriggio, da quando avevamo lasciato gli studi, ci incontravamo nel cortile di casa per andare al chiosco di Mama Ncioncì.
Raggiungemmo la fine della strada ed entrammo con aria decisa nel chioschetto fatiscente. Tutti e tre in fila indiana sfilammo sotto la tenda di perline colorate, messa lì per impedire l’ingresso alle mosche.
Mama Ncioncì ci lanciò il solito cenno di disapprovazione mentre iniziava già a stappare i nostri Alomo bitters
¹, completando così un rituale diventato sacro per noi.
Prendemmo le nostre bottiglie e ci dirigemmo sul retro. Riuscivamo già a sentire le imprecazioni e le risate sguaiate rimbombare tra le mura in alluminio.
Osas mi trattenne per il braccio prima di entrare e mi disse: Cerca di non fare casini almeno per oggi
. Io neanche risposi, entrai con l’aria da spavaldo, facendomi largo tra i tavolini in plastica, e raggiunsi quella che era diventata la mia postazione ufficiale.
Nel retro del chiosco di Mama Ncioncì si ritrovavano ogni giorno i brutti ceffi del quartiere. Non gente cattiva, intendiamoci: ragazzacci dall’aria vissuta con la barba bella folta e i tatuaggi altisonanti, che poco avevano da condividere con noi appena diciottenni.
Giocavano d’azzardo in quella tana nascosta al resto del mondo. Si giocava a WHAT!
un gioco di