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Stendhal: un rossiniano del 1815
Stendhal: un rossiniano del 1815
Stendhal: un rossiniano del 1815
E-book98 pagine1 ora

Stendhal: un rossiniano del 1815

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Forse non tutti sanno che Stendhal ha scritto delle biografie su Haydn e Rossini oltre ad altri testi sulla musica. In questo pregevole saggio di Alessandro Cardinali, frutto di un lavoro certosino e di una passione combinata per la letteratura e la musica classica, viene ricostruita la storia del pensiero del grande scrittore francese sulla musica della sua epoca. 
Dalla predilezione per la musica italiana alla teoria sull’influenza dei climi e dei caratteri sulla musica, dalla supremazia della voce umana sugli strumenti all’analogia tra la musica e l’amore. Probabilmente, come sostiene l’autore “molte pagine dei capolavori stendhaliani non sarebbero state scritte senza questa profonda sensibilità musicale e senza questo ascolto assiduo delle opere predilette”.
Affidandosi a molte citazioni tratte dai suoi libri sull’argomento ‒ Vita di Rossini in primis ‒, Cardinali individua i tratti salienti della sensibilità musicale di Stendhal, che considera la voce umana il miglior mezzo di espressione dei sentimenti, ma che non disprezza l’ascolto dei grandi maestri tedeschi, più orientati alla strumentazione e alla ricerca dell’armonia. Tuttavia, come suggerisce il titolo, è proprio in Rossini che l’autore francese individua il suo modello di musica prediletta, credibile tanto quanto i personaggi a cui ha dato vita nei suoi grandi romanzi.

Alessandro Cardinali è nato a Pesaro, dove vive tuttora, immerso tra il verde delle colline e l’azzurro del mare Adriatico. Si è laureato in Lettere Moderne all’Università di Bologna. Ha pubblicato, con il Gruppo Albatros Il Filo, la raccolta di novelle Da un’osteria all’altra (2022) e il libro di poesie Il cammino di un viandante (2023).
LinguaItaliano
Data di uscita9 apr 2024
ISBN9788830697768
Stendhal: un rossiniano del 1815

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    Anteprima del libro

    Stendhal - Alessandro Cardinali

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Introduzione

    Sebbene la musica sia stata per Stendhal la passione più forte e più costosa, il grande romanziere non conosceva la tecnica e la teoria musicale. Aveva tentato di intraprendere lo studio del violino e del clarinetto, ma senza successo; aveva provato anche a prendere lezioni di canto, ma senza ottenere risultati: non era questa la sua vera vocazione. Destinato pertanto a rimanere un dilettante, riesce tuttavia a crearsi, grazie all’assidua frequentazione dei teatri, un notevole bagaglio di esperienza nell’ascolto e un affinamento del gusto musicale. Frequentando i teatri, soprattutto La Scala, Henri Beyle acquisisce una vasta conoscenza della vita musicale dell’epoca: le opere liriche, i compositori, i cantanti, i librettisti, i coreografi, gli impresari, i dibattiti di natura estetico-musicale, estetico-letteraria, ecc. I giudizi estetici di Stendhal sono solo legati alle improvvise illuminazioni del suo spirito e ai ricordi delle sue esperienze personali? No, perché le sue idee estetiche, benché non siano state organizzate in un sistema teorico organico, si sono sviluppate intorno a dei principi solidi e coerenti. A partire dagli anni Ottanta del secolo XX, la riscoperta e la rivalutazione del bel canto (soprattutto grazie al lavoro filologico e organizzativo del Rossini Opera Festival) ha riabilitato anche i giudizi musicali espressi da Stendhal. Henri Beyle, per quanto sprovvisto di cognizioni musicali tecniche e teoriche, non era privo di cognizioni filosofiche. Seguace delle correnti sensistiche e materialistiche del Settecento, matura, oltre che un nucleo di idee gnoseologiche ed etiche, anche alcuni principi di estetica. Discepolo degli Illuministi e degli Ideologi (che si definiscono studiosi delle idee), Stendhal attinge da questi filosofi alcuni principi estetici che assimila e stendhalizza, perché sono in sintonia con i propri gusti. Gli appunti della Filosofia nova ci rivelano gli interessi filosofici del grenoblese e ci mostrano come Stendhal fosse ansioso di giungere a una conoscenza esatta della natura umana e del linguaggio delle passioni. Le teorie degli Illuministi e degli Ideologi rappresentano però solo un punto di riferimento per le indagini di questo spirito libero nella conoscenza di se stesso e dell’animo umano in generale. Passo dopo passo, esperienza dopo esperienza, riflessione dopo riflessione, Stendhal supera la visione degli Ideologi (Hélvetius, Tracy e Cabanis) e, soprattutto nei romanzi, raggiunge una maturità e un’originalità di pensiero che fanno di lui il più acuto e profondo psicologo del suo tempo (come aveva ben compreso Nietzsche). Stendhal pertanto cerca di capire quali siano stati gli errori compiuti dagli Illuministi e dagli Ideologici, i quali pensavano che un governo democratico e razionale avrebbe portato agli uomini progresso, prosperità, libertà e felicità. L’esperienza della storia insegna invece a Stendhal che queste previsioni non si sono verificate. La monarchia costituzionale di Luigi Filippo aveva sicuramente garantito al popolo francese maggiore progresso e prosperità, ma non libertà e felicità. I filosofi del secolo XVIII hanno avuto troppa fiducia nella natura umana, mentre Stendhal scopre che l’animo umano è più complesso e presenta degli aspetti irrazionali, così come sono presenti elementi irrazionali anche nei rapporti tra

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