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Un natale travolgente
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Un natale travolgente
E-book160 pagine2 ore

Un natale travolgente

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Info su questo ebook

Confessare il suo segreto più nascosto al suo migliore amico rovinerà la loro amicizia? 
Sutter Thompson ha trascorso gran parte della vita nascondendosi dietro una menzogna.
Quella menzogna l’ha portato a sposare una donna che non amava come avrebbe dovuto, mentre si sforzava di accontentare le aspettative della sua famiglia. Dopo la nascita del figlio Zachary, Sutter si è reso conto di aver bisogno di vivere alla luce della verità. Non soltanto per se stesso ma anche per Zach. Quella verità include fare coming out a quarant’anni, divorziare quando suo figlio è molto piccolo e cercare di adattarsi a essere davvero se stesso.
Il suo migliore amico, Watley McCutcheon, gli è sempre stato accanto attraverso le tempeste della vita. Watley ha sempre capito quanto potesse essere difficile essere liberi. Lui era uscito dall’armadio molti anni prima quando erano ancora nella stessa squadra di hockey del college. Sutter ha sempre ammirato il coraggio di Wat. Ha sempre ammirato il suo migliore amico anche per altre cose… il suo sorriso, la sua risata, il modo in cui adora suo figlio Adam e il suo animo predisposto all’amore. Ora che Watley è di nuovo single, Sutter spera di riuscire a svelare l’ultimo segreto che ha nel cuore: l’ha sempre amato e sempre lo amerà.
Non progettava di dichiararsi durante le premiazioni dell’hockey giovanile e non si aspettava certo che una valanga bloccasse lui, Watley, i loro figli e molti dei compagni di squadra dei ragazzi in un grazioso hotel del Colorado. Forse è l’atmosfera romantica, forse è il rendersi conto all’improvviso che la vita è troppo breve per tenere nascosti sentimenti tanto importanti nascosti, ma Sutter è pronto.
Riusciranno a uscire dalla friend zone e a vivere una storia d’amore, o la sua confessione distruggerà anni di affetto fraterno?
Checking it Twice (Una novella della raccolta Snowed Inn) è una storia d’amore gay friends-to-lovers piena di neve e con una generosa porzione di romanticismo, battaglie a palle di neve, barzellette terribili, riferimenti alla cultura pop e uno splendido lieto fine
 
LinguaItaliano
Data di uscita21 nov 2024
ISBN9791220709828
Un natale travolgente

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    Anteprima del libro

    Un natale travolgente - V. L. Locey

    1

    «S iamo arrivati?»

    Il mio occhio sinistro prese a pulsare. Il mio navigatore e migliore amico ridacchiò piano dal sedile accanto. Guardai Watley con un’occhiataccia che avrebbe potuto far avvizzire un’intera foresta. Lui rise ancora più forte mentre armeggiava con la connessione Bluetooth del nostro furgoncino in affitto.

    «No, Zachary, non siamo ancora arrivati. Siamo partiti un’ora fa.»

    Mio figlio sbuffò. Zach non era un bambino paziente. Ovviamente aveva preso quel tratto da sua madre visto che io ero il tipo di persona che sarebbe potuta restare seduta così a lungo da pietrificarsi. Come quelle uova di dinosauro fossilizzate che avevamo visto al Museo Americano di Storia Naturale due estati prima quando io e Zach avevamo visitato New York. Già, non c’era gallina o dinosauro che potesse sedere più a lungo di Sutter Thompson.

    «Quanto ci vuole per arrivare in Colorado?» chiese Adam, il figlio di Watley.

    Agitai una mano al mio amico e coach associato dei Red Pines Pumas, una squadra estiva di hockey sul ghiaccio under 11 dalla pittoresca Red Pines in New Mexico, ad appena trenta minuti da Albuquerque. La stessa piccola città che era sede della Red Pines University, dove io e Watley lavoravamo.

    Io ero il direttore atletico e Wat era il preparatore di tutte le squadre inclusa quella di cheerleading del nostro piccolo campus. I cinque giocatori nominati per ottenere dei premi erano con noi. Zach era un’ala, Adam un difensore, Tigh Williams un attaccante con capelli incredibilmente rossi, Seth Mankowski un’ala destra e Matt Vigliano un centro. Avrebbero dovuto essere sei, ma Millicent Davies, il nostro portiere, era andata a sud a passare le vacanze con i nonni in Florida. Era disperata all’idea di perdersi il viaggio con gli amici, ma sapere che sarebbe andata all’Universal Theme Park aveva compensato un po’. Avevamo il suo breve discorso di accettazione nel caso avesse vinto il premio per Miglior Portiere.

    «Circa sei ore,» rispose Wat, proprio quando Sweet Dreams degli Eurythmics prese vita dagli altoparlanti, mettendo a tacere la stazione radio pop che eravamo stati costretti a sopportare nell’ultima ora. Cominciai subito a muovere la testa a tempo. Wat iniziò a canticchiare la sua versione: «Sweet dreams are made of cheese, who am I to dis a brie.» I bei sogni sono fatti di formaggio, chi sono io per disprezzare il brie. Tutti e cinque i ragazzi seduti dietro si lamentarono. Che fosse a causa della stupida battuta di Wat o per la canzone in sé, non lo sapevo. Probabilmente per la seconda. Sbuffai alle lamentele dei ragazzini, tutti di dieci anni.

    «Finalmente della buona musica,» urlai, poi toccai il pulsante del volume sul volante.

    «Emergenza cuffiette!» urlò Zach ai suoi compagni di squadra. In pochi secondi, i lamenti annoiati si spensero man mano che i ragazzi si mettevano a godersi la propria musica o aprivano un film da guardare sui tablet o sui telefoni.

    «Funziona ogni volta,» sussurrò Watley, facendomi l’occhiolino. Quel gesto mi faceva sempre effetto. Così come il suo sorriso, la sua risata, la sua camminata, il modo in cui stava in piedi, i suoi riccioli castani che adesso erano striati d’argento, il suo culo, i suoi occhi e circa un altro milione di cose. Amavo quell’uomo da più di trent’anni e non avevo mai detto una parola riguardo alla mia attrazione. Già. Ecco Sutter seduto sull’uovo fossilizzato che veniva dal suo triste passato trascorso a nascondersi. Dubitavo che si sarebbe mai schiuso. «Ti ricordi quando eravamo giovani?»

    «Vagamente,» risposi. Presi la mia tazza d’asporto con il caffè dalla console mentre la musica sfumava da Annie Lennox agli A-Ha. Dio, amavo quella canzone. Mi riportava alla mente così tanti ricordi.

    Wat ridacchiò. «Mi ricordo quella volta che stavamo andando in California del sud per giocare nella semifinale Western. Eravamo così annoiati che per passare il tempo abbiamo giocato a Tua, un pugno per ogni maggiolino giallo.»

    «Oh sì, ci giocavo con Donna tutto il tempo quando andavamo a Boston a trovare i nonni. Ha ancora il destro di Muhammad Ali.» Mia sorella maggiore aveva delle nocche incredibilmente ossute. «Giocavamo anche un sacco a indovina cosa vedo e indovina cosa penso. Questo prima che i bambini stessero tutto il tempo con la faccia nel telefono.» Guardai mio figlio seduto dietro, che ovviamente aveva la faccia nel telefono. Che sorpresa.

    «Già, non devono usare l’immaginazione come facevamo noi ai nostri tempi.» Watley sospirò e raddrizzò la gamba sinistra. Il suo ginocchio malandato scattò come un colpo di pistola all’inizio di una gara. «Ahia. Dannazione.»

    «Ancora cinque ore di viaggio, nonno.» Lo presi in giro e in cambio ottenni un furtivo dito medio che mi fece sorridere. Non che io avessi molto da prendere in giro. La mia schiena sarebbe stata un disastro pieno di contratture al nostro arrivo a Chester Lake, in Colorado, verso la fine della giornata. Per fortuna, partendo il venti, avevamo evitato un sacco del traffico festivo e saremmo dovuti arrivare abbastanza presto. Il programma era di passare alcuni giorni allo splendido Retreat Inn, magari vincendo qualche premio, di giocare con i ragazzi sulla neve, e poi tornare a casa per Natale.

    Avere cinquantadue anni e fare lunghi viaggi in macchina erano due cose che non andavano molto d’accordo, il più delle volte. La mia sciatica adorava farsi sentire nei momenti peggiori e restare in un veicolo per ore mi uccideva. Spostavo il peso da una natica all’altra a intervalli di pochi chilometri. Ancora un’ora di viaggio e avremmo fatto una pausa, per alleviare il mal di schiena e dare sollievo alla mia vecchia vescica. E per lasciare che i ragazzi scorrazzassero in giro, disperdendo un po’ di quella gloriosa energia che desideravo tanto che qualcuno distillasse per i vecchi come me e Watley.

    Anche se, a essere onesti, pensavo che Watley fosse invecchiato molto meglio di me. Forse ero solo pignolo. Tendevo a criticare senza sosta i miei difetti, tormentando le mie imperfezioni come se fossero pellicine delle unghie. Ma Watley veleggiava davvero nei cinquanta con un’incredibile grazia e un ottimo aspetto. Il suo divorzio da Paul, suo marito da lungo tempo, l’aveva distrutto cinque anni prima. Sapevo bene che tipo di devastazione portasse un matrimonio che si disfaceva del tutto. Ci ero passato anche io quando Zach era piccolo, ma avevo aggiunto il coming out al caos. Una doppia martellata alle palle. Se avessi avuto il coraggio, avrei fatto coming out al college come Wat e avrei vissuto la mia vita orgogliosamente da uomo gay. Ma la mia educazione cattolica mi aveva costretto a restare nascosto per anni, con la paura di essere chi ero nato per essere, terrorizzato di perdere l’amore della mia famiglia e dei miei colleghi.

    Era stato solo dopo aver guardato negli occhi di un azzurro profondo di mio figlio neonato che avevo capito di dover smettere di vivere nella menzogna. Quel bimbo, a lungo desiderato, avrebbe avuto fiducia nella mia onestà. Su qualsiasi cosa. Come potevo essere la guida di un ragazzo se ero disonesto con lui e con il resto del mondo? Non potevo. Quindi, avevo detto a Kimberly di essere gay due mesi dopo la nascita di Zach. Ripensandoci, probabilmente avevo scelto il momento migliore, ma se non l’avessi fatto, quando avrei dovuto? Quando Zach si fosse diplomato? Al college? Al suo matrimonio? Alla nascita dei suoi figli? Sul mio letto di morte?

    «Vuoi fare a cambio?» La voce calma e profonda di Wat penetrò nella nebbia di giorni passati da tempo. Lo guardai assente per un secondo, poi riportai gli occhi sulla strada. «C’è Africa dei Toto in sottofondo e tu non stai cantando.»

    «Non pensavo ti mancasse la mia splendida voce.»

    «Nessuno sa cantare di cani selvatici e del Kilimanjaro come te, Sutter.»

    «Spiritoso.»

    Mi scatenai e presi a cantare a squarciagola, guardando Watley di soppiatto mentre urlavo i versi della canzone. Eravamo stati vicini per più di metà delle nostre vite. Si era trasferito dopo il divorzio per accettare il lavoro per cui avevo supplicato il preside di fargli un colloquio. Ora i nostri figli erano migliori amici e compagni di squadra e io avevo il mio miglior amico presente nella mia vita di tutti i giorni. Wat rise forte quando i ragazzi ci supplicarono di smetterla. Cantai ancora più forte pur di avere un altro sorriso dall’uomo seduto alla mia destra.

    Avrei fatto praticamente qualsiasi cosa pur di rendere Watley e mio figlio felici. Peccato che non potessi farlo per me stesso.

    2

    Più di sei ore dopo, finalmente entrammo nel parcheggio del Retreat Inn , un palazzo di quattro piani. I ragazzi si tolsero le cinture ancora prima che io tirassi il freno a mano. Mi fermai un attimo a godermi lo splendido albergo rustico, dall’aria calda e accogliente, coperto da una soffice coltre di neve sul tetto. Sulla sinistra c’era un grazioso gazebo, ideale per i molti matrimoni che venivano celebrati lì. A destra c’era un laghetto completamente congelato che sarebbe stato ottimo per una partita di hockey per scaricare energie giovanili. Tutti noi ci eravamo portati pattini e bastoni.

    Le foreste del Colorado, dense di pini, cedri e abeti, erano ricoperte di neve, e il sole al tramonto si rifletteva sui rami appesantiti. Me ne innamorai immediatamente. Tutto era perfetto, compreso il ponticello arcuato che attraversava un piccolo ruscello coperto di ghiaccio. Mi ricordava i film di Natale sdolcinati che Kim guardava ogni dicembre. L’hotel avrebbe potuto essere l’ambientazione di uno di quei film. Il romanticismo era senza dubbio nell’aria, ma anche nel menù. Il mio stomaco brontolò all’idea del cibo. Cena, un antidolorifico per i miei dolori lombari, una doccia calda e un buon libro. Il paradiso.

    «Ehi, ehi, ehi,» abbaiò Wat, voltandosi sul sedile per scoccare un’occhiata severa ai cinque teppistelli seduti dietro. «Non correte. Dobbiamo fare un discorsetto prima di andare dentro.»

    «Papaaà,» si lagnò Adam, mentre gli altri ragazzi sbuffavano e sospiravano drammatici. Facevano smorfie ma non si lamentavano ad alta voce con Watley, ad eccezione di suo figlio. Così come il mio faceva smorfie e roteava gli occhi ma non a Wat.

    «So che è stato un viaggio lungo.» Wat mi guardò mentre mi dondolavo su e giù sul sedile. Tra la mia schiena e il suo ginocchio saremmo stati fortunati a non aver bisogno di una sedia a rotelle per raggiungere le camere. «So che abbiamo tutti fretta di scoprire le attività che questo posto offre e incontrare gli altri candidati ai premi, quindi sarò breve. Voi cinque dovete comportarvi al vostro meglio. Non rappresentate soltanto Red Pines e tutte le persone che supportano la nostra squadra a casa, ma vi chiediamo di ricordarvi che siete anche l’immagine della Western United Youth Hockey Conference. Tutti in questo hotel vi valuteranno e considereranno l’hockey giovanile di conseguenza. Io e il Coach Thompson sappiamo che questo posto è fantastico con un sacco di attività divertenti, quindi, siate sempre educati, umili e collaborativi. Sono stato chiaro?»

    Lo sguardo castano scuro di Wat si soffermò su ognuno dei ragazzi che si contorceva sul sedile.

    «Sì, Coach McCutcheon,» risposero all’unisono.

    «Bene. Ora scendiamo, prendiamo i nostri bagagli e ci dirigiamo con calma nella lobby per fare il check-in. Niente corse, urla o botte.» Wat mi guardò. Io premetti il bottone per sbloccare le portiere e liberare i selvaggi. Caddero gli uni sugli altri come cuccioli agitati per uscire dal pulmino, e i loro squittii eccitati riempirono l’aria gelida. La prima palla di neve sarebbe arrivata in tre… due… eccola lì. Colpì il lato del pulmino con un tonfo.

    «Ho dimenticato di aggiungere alla lista, niente palle di neve nel parcheggio.» Wat sospirò mentre trascinava la gamba irrigidita fuori e urlava: «Cessate il fuoco!» facendo echeggiare chiara e forte la voce sul terreno

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