Tomba dei Patriarchi
La Tomba dei Patriarchi o Grotta di Macpelà (in ebraico מערת המכפלה?, , "la Grotta delle [Tombe] Doppie"; in arabo المغارة?, al-Maghāra, "la Grotta") è un complesso architettonico costruito su una serie di grotte sotterranee situate ad Hebron, in Cisgiordania. Il nome ebraico si riferisce sia alla disposizione delle sepolture sia alle coppie bibliche che vi sono sepolte.
Bene protetto dall'UNESCO | |
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Città vecchia di Hebron/al-Khalīl | |
Patrimonio dell'umanità | |
Tipo | Culturale |
Criterio | (ii) (iv) (vi) |
Pericolo | dal 2017 |
Riconosciuto dal | 2017 |
Scheda UNESCO | (EN) Hebron/Al-Khalil Old Town (FR) Scheda |
La struttura è il secondo luogo sacro dell'ebraismo in quanto è considerata il sepolcro dei Patriarchi di Israele Abramo, Isacco e Giacobbe. Secondo il racconto biblico (Genesi 49, 29-31), Giacobbe, giunto in punto di morte, fece giurare a suo figlio Giuseppe di essere portato qui per esservi sepolto. Giuseppe, dall'Egitto, lo fece imbalsamare e così mantenne il suo giuramento.
Il luogo è venerato anche dai musulmani, che lo chiamano Moschea di Abramo (المسجد الإبراهيمي al-Masjid al-Ibrāhīmī) o Santuario di Abramo (الحرم الإبراهيمي ).
Il 7 luglio 2017 l'UNESCO ha dichiarato la tomba patrimonio dell'umanità.
Storia
modificaAli ibn Abi Bakr al-Harawi nel 1173 scrisse che, durante il regno di Baldovino II di Gerusalemme nell'anno 1119, una parte della volta della tomba dei Patriarchi era crollata e "alcuni ifranj erano penetrati all'interno" ed avevano scoperto "[i corpi] di Abramo, Isacco e Giacobbe... i loro sudari erano caduti a pezzi, e giacevano appoggiati contro un muro... Allora il Re, dopo aver provveduto a nuovi sudari, fece nuovamente chiudere il luogo".
Analoghe notizie sono presenti nella Cronaca di Ibn al-Athīr per l'anno 1119: "In quest'anno fu aperta la tomba di Abramo e quelle dei suoi due figli Isacco e Giacobbe... Molte persone hanno visto i Patriarchi. Le loro membra non erano scomposte e accanto a loro erano state poste lampade d'oro e d'argento."[1]
Anche lo storico damasceno Ibn al-Qalānisī, nella sua cronaca su Damasco, allude alla scoperta, in questo periodo, di reliquie ritenute essere quelle di Abramo, Isacco e Giacobbe, una scoperta che suscitò un'accesa curiosità nelle tre comunità della Palestina: musulmana, ebraica e cristiana.[2][3]
Nel 1166 Maimonide visitò Hebron, che, a quanto pare, egli credeva fosse ad est di Gerusalemme,[4] e scrisse,
«Domenica, 9 Marheshvan (17 ottobre), lasciai Gerusalemme verso Hebron per baciare le tombe dei miei antenati nella Grotta. In quel giorno, in piedi nella grotta pregai, Dio sia lodato (in gratitudine) per ogni cosa.»
Nel 1170 Beniamino di Tudela visitò la città, che chiamò con il nome che gli avevano dato i crociati S. Abram de Bron. Egli ritenne che le strutture funerarie dei patriarchi fossero opera dei gentili e osservò che i pellegrini desiderosi di vedere il "sepolcro dei padri" erano assoggettati a tasse esorbitanti.[5]
Nel 1260 il Sultano Baibars impose sulla località il dominio dei Mamelucchi; i minareti furono eretti sulla struttura della grotta di Macpelà/Moschea Ibrahimi a quell'epoca. Sei anni più tardi, mentre era in pellegrinaggio a Hebron, Baibars promulgò un editto che proibiva a cristiani ed ebrei l'ingresso nel santuario.[6]
Nel 1862 l'erede al trono britannico Alberto Edoardo fu il primo cristiano cui le autorità islamiche concessero il permesso di visitare la grotta dopo sei secoli.[7]
Nell’agosto del 1929, la popolazione araba uccise 67 ebrei (la metà del totale dei caduti ebraici morti durante la rivolta), alcuni dopo violenze carnali e torture, e 135 furono feriti (episodio passato alla storia come il massacro di Hebron del 1929). Durante gli scontri avvenne la quasi totale distruzione del quartiere ebraico pluricentenario.
Nel 1994 il fondamentalista sionista Baruch Goldstein entrò in divisa militare nella sala di preghiera riservata ai fedeli musulmani, aprì il fuoco su di loro con un fucile d'assalto Galil, uccise trenta persone e ne ferì 125. La strage è oggi ricordata come il massacro di Hebron del 1994.
Note
modifica- ^ (EN) Le Strange, Guy, Palestine under the Moslems, Londra, 1890.
- ^ C. Kohler, Un nouveau récit de l’invention des Patriarches Abraham, Isaac et Jacob à Hebron, in Revue de l'Orient Latin, vol. 4, 1896, pp. 477 e segg..
- ^ Runciman, vol. II p. 319.
- ^ Horatius Bonar, The Land of Promise: Notes of a Spring-journey from Beersheba to Sidon, Adamant Media Corporation, 2002 ristampa, p. 71
- ^ (EN) C. Warren, Machpelah, in James Hastings (a cura di), A Dictionary of the Bible, 1900.«Qui è il grande luogo di culto chiamato S. Abramo, ... dove i Gentili hanno eretto sei sepolcri che fingono essere quelli di Abramo e Sara, di Isacco e Rebecca e di Giacobbe e Lea; ai pellegrini è stato detto che sono i sepolcri dei padri e del denaro viene loro estorto.»
- ^ Michael Angold, Eastern Christianity, Cambridge University Press, 2006, p. 402.
- ^ Bat Ye'or, Il declino della cristianità sotto l'Islam, 2009, p. 107.
Bibliografia
modifica- (EN) Steven RUNCIMAN, The Kingdom of Jerusalem and the Frankish East, 1100-1187, in A history of the Crusades, vol. II, Cambridge, Cambridge University Press, 1952; (traduzione italiana di E. Bianchi, A. Comba, F. Comba, in due volumi: Storia delle Crociate, Torino, Einaudi, 2005; ISBN 978-88-06-17481-1), ISBN 978-0-521-06162-9.
- (FR) Paul Edouard Didier Riant, Invention de la Sépulture des patriarches Abraham, Isaac et Jacob à Hébron, le 25 juin 1119, in Archives de l'Orient latin, Imprimerie de l'Institut Royal des Sourds-muets, 1883, Vol. II pp. 411-421.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su grotta di Macpela
Collegamenti esterni
modifica- Macpela, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- (EN) Cave of Machpelah, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Opere riguardanti Ḥaram al-Ibrāhīmī (Hebron), su Open Library, Internet Archive.
- (EN) Machpelah, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 154801351 · ISNI (EN) 0000 0001 0357 8922 · LCCN (EN) n82235950 · GND (DE) 4385890-9 · BNF (FR) cb17748710b (data) · J9U (EN, HE) 987007265103905171 |
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