Da Pietro Al Papato
Da Pietro Al Papato
Da Pietro Al Papato
Da Pietro al Papato
di Fausto Salvoni
INDICE
Presentazione dell'Autore Prefazione Capitolo Primo Excursus 1 Capitolo Secondo Capitolo Terzo Excursus 2 Capitolo Quarto Capitolo Quinto Capitolo Sesto Capitolo Settimo Capitolo Ottavo Excursus 3 Capitolo Nono Capitolo Decimo Capitolo Undicesimo Capitolo Dodicesimo Capitolo Tredicesimo Capitolo Quattordicesimo Capitolo Quindicesimo Capitolo Sedicesimo Appendice
Pietro uno dei Dodici Apostoli Gli Apostoli e i Dodici Il Tu sei Pietro nella sezione comune Il Tu sei Pietro nel brano mattaico L'interpretazione patristica del Tu sei Pietro Il presunto conferimento del primato: dalla passione di Cristo alla Pentecoste L'apostolo nella Chiesa nascente Pietro scrittore La persona di Pietro nei primi secoli della Chiesa L'ipotesi del Pietro fondatore della Chiesa romana Dagli apostoli ai vescovi Dal collegio presbiteriale all'episcopato monarchico Verso il primato della Chiesa romana Reazioni episcopali alle pretese romane Ia questione degli appelli Il potere temporale dei papi Sviluppo del potere spirituale del papato Il problema dell'infallibilit papale: dalle origini all'odierno dissenso teologico Qualche parola di conclusione Elenco dei papi secondo la Chiesa Cattolica
PRESENTAZIONE DELL'AUTORE
II professor Fausto Salvoni(1907-1982), nato a Rudiano (Brescia) il 2 ottobre 1907, ha compiuto i suoi studi prima a Milano, dove ha conseguito la laurea in teologia, e poi a Roma dove ha ottenuto la licenza in Sacre Scritture. Ha collaborato a varie riviste tra cui Medicina e Morale , la Scuola Cattolica e ai primi tre volumi della Enciclopedia Cattolica. E' stato l'autore del volume la Pedagogia del Vangelo (1946) e del Dizionario Biblico (edito sotto lo pseudonimo di Salvadori da Ceschina nel 1953). A u l i si deve pure la preparazione del commento al libro dei Re che, in seguito a varie peripezie, fu edito da Marietti a cura del Garofalo (1950). Uscito dal Cattolicesimo, e divenuto membro di una delle Chiese di Cristo in Italia, si dedic alla predicazione del Vangelo nella sua purezza originaria per mezzo di opuscoli e della predicazione diretta. Dal 1952 inizi a tenere pubbliche conferenze nelle principali citt italiane ed europee incontrando nella maggior parte dei casi il favore della gente. Nel 1959 ha fatto dei viaggi anche negli Stati Uniti, dove nel 1969 divenuto Associate Professor of Bible presso l'Abilene Christian College in cui ha tenuto corsi monografici sul Cattolicesimo Moderno e sulla Storia dei Dogmi. Dal 1959 ha insegnato anche a Firenze presso la Scuola Biblica patrocinata da alcune Chiese di Cristo. Dal 1966 ha diretto a Milano il Centro Universitario di Studi Biblici (in seguito Libera Facolt B iblica) e la rivista Ricerche Bibliche e Religiose. Avendo nel frattempo acquisito una certa fama nella ricerca biblica in campo nazionale e mondiale, stato invitato, assieme al professor Italo Minestroni della chiesa di Cristo di Bologna, a collaborare alla preparazione della famosa Bibbia Concordata, edita da Mondadori nel 1968, della quale ha tradotto i libri delle Cronache, dei dodici Profeti Minori e il libro di Daniele; ha poi rivisto e corretto tutte le note e le introduzioni generali e particolari.
3 PREFAZIONE Pietro e il papato l'oggetto di questo impegnativo saggio storico-religioso certamente nell'ambito del cattolicesimo contemporaneo un tema quanto mai attuale e scottante, coinvolge infatti nella sua problematica l'essenza stessa della Chiesa Cattolica Romana, la quale, fondata com' indefettibilmente sul principio della tradizione, pone al centro, anzi al vertice, di tutto il sistema ecclesiastico una Persona che solo regna. E' lui il fondamento della Chiesa, la causa della sua unit e stabilit : non sono parole mie, le ha scritte un biblista cattolico italiano a conclusione di un libretto che si occupa appunto dei fondamenti biblici e storici del primato di Pietro1 Il libretto risale al 1959 e veniva presentato con la dichiarata intenzione di favorire il dialogo ecumenico. Non trascorsero dieci anni da quella pubblicazione che, nell'ottobre del '69, quale conseguenza di tutta la crisi suscitata dal Concilio Vaticano Secondo, Roma vedeva in un'assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi dibattuto ad altissimo livello il problema del rapporto primato del Papa e collegialit episcopale. Ma, a priori, l'undici ottobre del 1969 Paolo VI ribadiva testualmente i noti principi tradizionali e dogmatici del ministero del Papa quale vicario di Cristo, che ha una responsabilit la quale non potr essere condizionata dall'autorit pur somma del collegio episcopale. Si chiudeva cos con una intransigenza, che certo non stupisce lo storico, l'ultimo grave scontro avvenuto nell'ambito dei rappresentanti pi qualificati dell'intera cattolicit. Il problema del primato del Papa, con il suo secolare gerarchismo (necessario portato del dogma dell'infallibilit che si badi tale per se stessa, non per il consenso della Chiesa - Concilio Vaticano I, sessione IV, cap. 4), certamente uno degli ostacoli maggiori sulla strada d ello ecumenismo, di quell'ecumenismo almeno che si preoccupa degli aspetti dottrinali e istituzionali. Ma proprio a questo proposito noi abbiamo l'impressione che, nonostante tutta le eccessiva pubblicistica che oggi si presenta in questo campo, ci sia una nota di stanchezza. Essa si rivela in modo tangibile (e vorremmo dire drammatico) soprattutto tra le nuove generazioni, cristiane e non cristiane. In effetti i grandi problemi del mondo: guerre senza vie d'uscita, guerriglie, rivoluzioni e ribellioni, aspre tensioni sociali ed economiche, fame, crisi morale e cos via paiono oggi assorbire tutta l'attenzione della giovent mondiale, ed anche quella cristiana, pi che mai turbata e sbandata, si getta oggi nella lotta con una aggressivit anche ideologica tale da mettere in causa l'essenza stessa evangelica, il messaggio cio di pace, di non violenza di Ges Cristo. Non certo a caso che anche nelle riviste qualificate d'ispirazione cattolica si discuta con seriet sconcertante la tesi della violenza quale strumento di lotta del credente cristiano 2 Detto ci, ci si potrebbe chiedere perch si debbano aggiungere ai tanti, ai troppi libri, che sui problemi religiosi decine e decine di case editrici italiane pubblicano, un nuovo saggio che affronta tra l'altro un argomento che stato centro di polemica e di ribellione dall'inizio del cristianesimo stesso ai movimenti ereticali medioevali, dalla Riforma protestante agli odierni dibattiti. Un argomento quindi che ha visto una sterminata letteratura controversistica. Ma proprio a tal proposito e in que1
D. Grasso, il primato di Pietro, Roma, 1959. Il volumetto stato in un certo qual modo provocato dal noto omonimo scritto del Cullmann (tr. it. Bologna, 1965). Il saggio del Cullmann suggestivo, ma alcune tesi (come quella della collocazione del passo di Matteo 16, 18) abbisognano di una verifica. Al riguardo anche un Bornkamm (Ges di Nazaret, tr. it. Torino, 1968) appare essere suggestionato dalla tesi, forse pi per l'autorit dell'Autore che non per un e ffettivo esame critico. Cito, exempli causa, il n. 19 di Momento (Rivista di testimonianza e di dialogo), ottobre, 1968, Milano, dedicato al tema Violenza, non violenza e rivoluzione.
4 sto momento che siamo lieti di presentare questa lunga fatica di Fausto Salvoni e ci per tre fondamentali considerazioni. Innanzitutto, come bene stato detto3 , la religione una delle tante componenti del moto storico e dello storicizzarsi del soggetto e se la ragione storica sa farsi pi attenta deve pure accorgersi che la religione per se stessa un centro di forza tale e con tale capacit di articolazione e di propulsione, se non addirittura di deflagrazione, da doversi studiare per se stessa: nel nucleo primitivo, nel suo articolarsi dogmatico e culturale. Quindi, se la teologia cattolica si richiama esplicitamente a un passo che si vuole presentare come dato di fatto storico in una certa direzione esegetica (alludo a Matteo XVI, 18), ebbene di diritto e dovere di ogni uomo onesto e autenticamente cristiano di v erificare la legittimit di un discorso che vuole appunto essere storico. E se noi sappiamo benissimo che la letteratura pertinente al problema del primato di Pietro e dei suoi successori immensa, sappiamo altres (e lo diciamo con amarezza) che la moderna cultura teologica cattolica italiana si dimostrata al riguardo di una povert sconcertante4 . Sono rari i casi in cui si sia usciti da uno schema autoritario - dogmatico e da uno spirito controversistico - apologetico per fare o per tentare di fare un limpido discorso critico. Forse anche per questo oggi la crisi del cattolicesimo contemporaneo ha investito in pieno anche il giovane clero italiano e, si badi bene, non solo nel campo dei rapporti con la gerarchia e con l'autorit ecclesiastica. In secondo luogo, Fausto Salvoni ha affrontato questa impresa con le carte in regola, con la esperienza cio di una pluridecennale preparazione filologica ed esegetica, padrone com' non solo delle lingue classiche e delle principali lingue moderne ma anche dell'ebraico (e varrebbe la pena di scrivere la storia della lotta che i semitisti italiani da Minocchi a Rinaldi hanno combattuta per l'affermazione di una cultura linguistica necessaria per una autentica esegesi biblica!). Ha inoltre collaborato alle pi qualificate riviste bibliche e ai migliori commentari vetero - testamentari esistenti oggi in Italia5 . Perci a noi certo non interessa quale sia il suo credo religioso, perch il vero studioso sa sempre distinguere tra la propria fede interiore e la ricerca storica e dello sforzo di obiettivit del Salvoni danno testimonianza, ad esempio, le pagine che ha dedicate alle recenti ipotesi di Margherita Guarducci a proposito degli scavi effettuati per la ricerca della tomba dell'Apostolo Pietro. E infine una terza ed ultima osservazione. Tutti i lavori che spaziano per un ampio arco di tempo non si sottraggono di solito ai rischi propri di ogni impostazione compilativa e questo, a maggior ragione, potrebbe valere per una tematica del tipo in questione, considerate la problematica e la b ibliografia che sono coinvolte. E' facile quindi offrire in casi come questi il fianco a critiche e a a ttacchi di solito settoriali. Tuttavia, soprattutto l dove l'autore studia il problema in rapporto ai primi secoli del cristianesimo non solo siamo lontani dal classico discorso divulgativo, ma Salvoni dimostra ancora una volta la sua eccezionale padronanza della materia e della letteratura ad essa connessa. Comunque si vorr considerare l'indagine del Salvoni (con diffidenza certo da parte di ogni critica di tipo confessionale) occorre riconoscere al lavoro un altro merito, quello cio di offrire a noi studiosi o profani non solo una ricchissima raccolta bibliografica ma anche validissime appendici
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A. Vecchi, Sulla nozione di storia del Cristianesimo, 1959, pp. 211/2. Si confrontino in Die Religion in Geschichte und Gegenwart, Tubinga, 1961 (3 ed.) le bibliografie und Primat, Papsttum e cos via, oppure in The Oxford Dictionary of the Christian Church, Londra, etc. Ovviamente sarebbe doveroso ricordare qualche nome quale quelli di Maccarrone, Brezzi, Rinaldi e di altri membri dell'Associazione Biblica Italiana. Ma di che nazionalit sono gli Autori Maggior conforto non danno le bibliografie generali del Bihlmeyer-Tuichle. degli articoli Papat 1961 le voci Peter Soranzo, Garofalo, di cui si servono?
E' del 1935 un suo saggio su La storiografia degli antichi israeliti in La Scuola Cattolica. Tra i pi recenti vanno ricordati i suoi saggi apparsi su Ricerche bibliche e religiose
5 con traduzioni di fonti, di testi, di documenti che di per s fanno di questo volume, almeno per gli italiani, una preziosa antologia. E noi che lavoriamo nelle scuole e nelle universit sappiamo bene quanto ci sia concretamente utile e civilmente fattivo per il rinnovamento della cultura religiosa italiana.
Attilio Agnoletto Prof. di Storia del Cristianesimo presso l'Universit di Milano Novembre 1969
6 At 15, 14, tale nome sembra attestato anche in 2 Pt 1, 1 (codici SAKLP) pi del concorrente Simone (B).
7 Andrea nome greco con il senso di virile; cfr. S. Dalman, Les itineraires de Jsus, Paris 1930, pp. 215ss. 8 Gv 1, 42; 21, 15.16.17. In Gv 1, 42 vi sono tuttavia varie lezioni, oltre a Ioannou si legge Iona e Ioanna lezioni monistiche derivate probabilmente da Mt16, 17. a r-
9 Nei discorsi chiamato Cefa (= Pietro) solo in Mt 16, 18 dove gli si impone appunto tale nome. Nelle narrazioni r icorre Simone solo nei racconti che riguardano l'apostolo prima della sua vocazione. Interessante al proposito il cambio di nome che si rinviene in Mt 17, 24-26. Giovanni ama il binomio Simone-Pietro (= Simone, il roccioso), che invece non appare mai in Marco e una volta sola in Matteo e Luca in circostanze che si riferiscono a tratti salienti della vita dell'apostolo: sua confessione (Mt 16, 16) e sua vocazione (Lc 5, 8). Nei discorsi solo eccezionalmente e quasi per abitudine, chiamato Pietro come nel caso dell'angelo (Mc 16, 7) o per sottolineare il contrasto tra la fermezza del nome e il prossimo rinnegamento (Lc 22, 34). Tale nome pure usato dalla voce celeste che gli parl, quasi per sottolineare che quella era una delle circostanze in cui Simone doveva esercitare la sua missione insita nell'appellativo Pietro (At 10, 13; 11, 7). Pietro ricorre 154 volte nel Nuovo Testamento, Simone 75 volte, Kefas 9 volte di cui 8 volte in Paolo, che lo chiama Pietro solo 2 volte, ma mai Simone. Tra i vari studi pi recenti riguardanti il nome Kefas-Petros cito George Howard, The Meaning of Petros-Petra, in Restoration Quarterly 10 (1967), 217221
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Non vi motivo per supporre con K.G. Goets (Petrus als Grunder und Oberhaupt der Kirche und Schauer von Gesichten nach den alterchristlichen Berichten und Legende, 1927, pp. 67) che siano stati gli apostoli e non Ges a imporgli tale epiteto. Mc 3, 16. Il passo di Marco vuole semplicemente identificare l'apostolo Simone con colui che era meglio noto come Cefas/Pietro. Anche Giacomo e Giovanni sono gi soprannominati Boanerges (3, 17), bench tale epiteto sia stato imposto loro in un'altra circostanza.
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7 fu considerato come nome proprio e fin con l'eliminare quasi totalmente gli originari Simeone o Simone12 . Dati biografici Pietro era figlio di Giovanni13 , nome che non si pu ricollegare con il bar-jona di Matteo, usualmente tradotto con figlio di Giona ( Mt 16, 17); infatti i due nomi Giona (colomba) e Giovanni (Il Signore misericordioso) non sono tra loro intercambiabili; inoltre il nome personale di Giona, dopo essere stato portato dal profeta vissuto al tempo dei Re, pi non riappare nell'onomastica ebraica, per cui ben difficilmente pot essere usato dal padre di Simone 14 . Quindi o ricorrere all'errore di un copista che scambi il nome di Giovanni con quello di Giona o fare di Nelle lettere paoline ricorre sempre la forma Cefa, grecizzata Cefas (Ga 1, 18; 2, 9; 1 Co 1, 12; 3, 22; 9, 5 ecc.), ad eccezione di Ga 2, 7.8 dove ricorre Petros (forse perch riproduce un documento anteriore), che A. Merx vorrebbe per correggere anche qui in CefasBarjona un appellativo con il senso di terrorista, epiteto proprio degli zeloti15 . Nato a Betsaida (= citt di pescatori), da ricercarsi con ogni verosimiglianza sulla riva nordorientale del lago di Tiberiade presso lo sbocco del Giordano, il futuro apostolo vi apprese una cultura impregnata di ellenismo. La citt ricostruita da Erode Filippo con il nome di Giulia, in onore della figlia di Augusto, giaceva in una regione pagana, dove il greco era predominante; si spiegano in tal modo i nomi greci di Simone, Andrea, fratello di Pietro, e di Filippo pur esso di Betsaida (Gv 1, 44). Pietro dovette ben presto stabilirsi a Cafarnao (Caphernahum), dove lo troviamo, con la famiglia, all'inizio della vita pubblica di Ges e dove esercitava il lavoro di pescatore16 . In questa citt posta sulla sponda nord-occidentale del lago di Tiberiade e ora chiamata Tell Hum, distante poco pi di trenta chilometri da Nazaret l'apostolo possedeva una casa nella quale ospit non poche volte, Ges Cristo. Pietro aveva un fratello di nome Andrea, era gi sposato quando conobbe Cristo, e teneva con s la propria suocera (Mt 8, 14). Lasciata la moglie per seguire Ges pi da vicino (Lc 18, 28-29), la riprese pi tardi e la condusse con s nei viaggi missionari17 . Le notizie tardive sui suoi figli e sul martirio della moglie, di cui parleremo pi avanti, sono puramente leggendarie.
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Nelle lettere paoline ricorre sempre la forma Cefa, grecizzata Cefas (Ga 1, 18; 2, 9; 1 Co 1, 12; 3, 22; 9, 5 ecc.), ad eccezione di Ga 2, 7.8 dove ricorre Petros (forse perch riproduce un documento anteriore), che A. Merx vorrebbe per correggere anche qui in Cefas . Secondo il Keim si sarebbe chiamato Pietro anche un liberto di Berenice, madre di Agrippa I (cfr. G. Flavio, Ant. Giud. 18, 6, 3: Petrus che sarebbe una abbreviazione di Petronius), ma tale nome, mai attestato, va corretto in Prtos con i codici migliori. Solo in aramaico appare un Petrs da ricollegarsi a pter (primogenito; cfr. StrackBillerbeck, Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midrash, vol. I, p. 330). Gv 1, 42; 21, 15.16.17. In Gv 1, 42 vi sono tuttavia varie lezioni, oltre a Ioannou si legge Iona e Ioanna lezioni armonistiche derivate probabilmente da Mt16, 17. Per questo senso si veda il commento a Mt 16, 17 Il nome Cafarnao significa il villaggio di Nahum che, secondo una tradizione poco attendibile, sarebbe il profeta omonimo. Il nome odierno Tell Hum o colle di Hum una storpiatura dell'antico Tahum, nome del rabbino che vi ebbe una sepoltura venerata. La casa di Pietro trasformata in tempio da parte dei proprietari, suoi parenti e forse vescovi della Chiesa locale era ancora visibile al sec. IV, quando un pellegrino (forse Egeria) la visit. Mt 8, 14. La casa innominata, dove Ges pi volte prese dimora mentre era a Cafarnao, con tutta probabilit l'abitazione di Pietro (Mc 2, 1; 3, 20; 7, 17; 9, 28; 9, 33; Mt 9, 28; 13, 1.36; 17, 25 e forse anche Mc 10, 10), perch Ges mancava di casa propria (Mt 8, 20). Il fatto che Ges vi si ferm pi volte fa dire all'evangelista che Cafarnao era la
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8 Come pescatore possedeva una barca con la quale lavorava assieme al fratello (Lc 5, 3) in unione con i due figli di Zebedeo, detti suoi soci (Lc 5, 10). La vita di pescatore sul lago di Tiberiade, assai spesso turbolento, dovette sviluppare in Pietro vigore e coraggio, rendendogli pi facile il trarsi d'impaccio nella varie situazioni della vita. Dal contesto in cui Giovanni pone la vocazione di Pietro, sembra si possa dedurre con relativa sicurezza che egli pure apparteneva al gruppo dei discepoli di Giovanni dei quali condivideva l'attesa messianica. Di qui l'entusiasmo del fratello che, dicendogli bruscamente: Abbiamo trovato il Messia , lo invita ad andare con lui (Gv 1, 41). Sia nella citt natale sia a Cafarnao, divenuta poi la sua residenza, Pietro fu spesso in contatto con stranieri, per cui dovette acquisire una certa familiarit con la cultura ellenista e con la lingua greca. Il suo aramaico aveva un accento spiccatamente galilaico, che ne tradiva l'origine (Mt 26, 73). Pietro conosceva bene l'Antico Testamento che veniva letto nelle sinagoghe, cosicch egli lo cita spesso a sostegno delle sue affermazioni secondo la versione greca dei Settanta (At 1, 20; 2, 15-21.2528.34). I sinedristi tuttavia lo ritenevano, unitamente agli altri apostoli, un illetterato (agrmmatos ) e un incolto (idiots) perch non aveva seguito un vero corso di studi rabbinici18 . Vocazione di Pietro a) Il primo contatto di Pietro con il Maestro avvenne poco dopo il battesimo di G es 2, pare, di 19 buon mattino ; in quell'attimo il Maestro con i suoi occhi penetranti scrut ben presto (emblpsas) Simone, cos come far una seconda volta dopo il rinnegamento20 . In quell'occasione egli preannunci il suo futuro cambiamento di nome con la frase: Tu sei Simone, figlio di Giovanni, ma s arai chiamato Cefa (Gv 1, 42). Pietro, con Ges e i suoi primi discepoli, il giorno dopo (Gv 1, 43), part per Cafarnao, passando da Cana, paese d'origine di Natanaele, che va forse identificato con l'apostolo Bartolomeo (Gv 21, 2). Siccome il terzo giorno si attuarono le nozze di Cana (Gv 2, 11), si pu pensare che i discepoli vi siano arrivati con alcuni giorni di ritardo, il che permise loro ugualmente di partecipare alla festa nuziale che di solito si protraeva per sette giorni. E' pi comprensibile in tal caso la scarsezza del vino, consumato nei primi banchetti pi abbondantemente del previsto. Quivi Pietro assistette di persona al miracolo della mutazione dell'acqua in vino (Gv 2, 11). Dopo un breve s oggiorno a Cafarnao con la madre, i fratelli di Ges e i suoi discepoli, Pietro torn con gli altri apostoli al proprio lavoro, pur non perdendo i contatti con il Maestro che stava iniziando la sua vita pubblica (Gv 2, 12). Pi tardi Pietro fu definitivamente chiamato da Ges ad abbandonare la sua pesca per seguire il Maestro nella sua missione. Di questo appello all'apostolo abbiamo due diverse relazioni, una pi breve propria dei primi due sinottici e l'altra pi lunga presentata da Luca.
sua citt (Mt 9, 1 + Mc 2, 1). Si legga l'interessante studio di P. Efrem Ravarotto, La casa del Vangelo di Marco la casa di Simone-Pietro?, in Antonianum 42 (1967), pp. 399-419.
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At 4, 13. L'aggettivo agrmmatos indica una persona senza istruzione letteraria sia per i greci (cfr. Platone, Timeo 23, 8) che per i Giudei (cfr. Gv 7, 15). Il vocabolo idiots (idiota) designava per i greci il semplice cittadino privato e per i Giudei la gente del volgo ( 'am-h-rez ). Cfr. il proverbio Mai uno zoticone teme il peccato n lo teme un uomo del volgo ( 'am-h-rez ; Pirge Avoth Ediz. Taylor, p. 30). Per questo fatto i sacerdoti si irritavano dinanzi alle citazioni bibliche, che Pietro adduceva. Tra le varie lezioni prtos , prton e pro i moderni propendono ora per quest'ultima di buon mattino, bench sia testimoniata solo da pochi codici dell'Italia (b e, Vers. Sir. cfr Bible de Jerusalemme; Boismard , Du Baptme Cana , Paris 1959, p. 84; C.J. Cadoux , The Johannine Account of the Early Ministry of Jesus , in Journal of Theol. St udies 1919, pp. 311 ss; Placido da Sortino , La vocazione di Pietro secondo la tradizione sinottica e secondo S. Giovanni , in Pietro, Atti della XIX Settimana Biblica, Brescia 1967, pp. 27-57. Gv 1, 42 (emblpsas ) con Lc 22, 61 (enblepsen ); Giovanni vuol forse con questo ricollegare le due scene?
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9 Secondo Marco e Matteo, Ges trov Pietro ed Andrea mentre stavano gettando in mare dalla spiaggia il giacchio (amfblestrom) e promise loro di farli pescatori d'uomini. Poi, passando oltre, chiam Giacomo e Giovanni i quali stavano rappezzando le reti (ta diktua che si c alavano dalla barca. I quattro, lasciata ogni cosa, seguirono definitivamente il Maestro (Mc 1, 16-20; Mt 4, 18-21). Luca vi aggiunge delle precisazioni che aveva accuratamente attinto dalla tradizione o da altri documenti: Ges, dopo una notte trascorsa dagli apostoli inutilmente sul mare in cerca di pesci, si m ise a predicare dalla barca di Simone alla folla adunatasi sulla spiaggia. Poi ordin a Simone di prendere il largo e di gettare le reti, il che egli si affrett a compiere non senza avere prima notato l'inutilit dei tentativi precedenti. La pesca fu cos abbondante che le reti minacciavano di rompersi, e Simone fece cenno ai suoi soci di venire in aiuto. Giovanni e Giacomo accorsero e le due barche furono ricolme di pesci; allora Simone, stupito, s i pose ginocchioni dinanzi a Ges pregandolo: Allontanati da me, che sono peccatore!. Gli altri lo imitarono. Ma Ges disse a Simone: Non temere, da questo momento pescherai uomini. Allora i quattro ricondotte le barche a terra, lasciarono tutto per seguire Ges21 La differenza dei racconti si spiega con la diversa scelta psicologica dei particolari da parte dei singoli evangelisti. Luca pi che sulla chiamata dei quattro, insiste sul prodigio che l'ha occasionata e pone l'enfasi sul colloquio di Ges con Pietro, lasciando nell'ombra gli altri apostoli. Marco invece, seguito da Matteo, tralascia il miracolo determinante, per descrivere con pi particolari la chiamata diretta dei quattro, con la loro successiva pronta ubbidienza: Seguitemi! (dute opso mou). Psicologicamente pi armonico il racconto di Luca che fa preparare la pronta risposta degli apostoli con l'episodio della pesca miracolosa, rendendo cos pi logico il loro abbandono della vita di p escatori per seguire il Taumaturgo. Subito dopo avvenne a quel che pare la guarigione della suocera di Pietro, anche se vi pu essere discussione in merito22 . Pi tardi Pietro fu scelto con altri discepoli perch costituisse il gruppo dei Dodici. Ci avvenne dopo una notte di preghiera (Lc 6, 12 s), su di una montagna ritenuta un luogo pi vicino a Dio (Mc 3, 13; Mt 10, 1 ss). Siccome i Dodici furono inviati a predicare a due a due il prossimo avvento del regno (Mc 6, 7), essi furono chiamati apostoli, nome che etimologicamente significa inviati (Lc 6, 13; Mt 10, 2; Mc 6, 30). Pietro con ogni probabilit ebbe per compagno di missione Giovanni, come si pu arguire dai seguenti motivi: 1) Anche pi tardi Ges invi loro due perch preparassero ogni cosa per la cena pasquale (Lc 22, 8). 2) Spesso Pietro e Giovanni appaiono associati nella storia evangelica per cui assieme seguono G es condotto dinanzi al Sinedrio (Gv 18, 5 ss) e insieme corrono al sepolcro vuoto del Risorto (ivi 20, 3 ss).
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Lc 5, 1-11. Si noti come l'evangelista lasci, come sempre, Andrea nell'ombra, per far risaltare il trinomio Simone, Giacomo, Giovanni. Si noti pure che in Matteo Pietro fu per primo chiamato all'apostolato, per cui si spiegherebbe meglio il prtos ( primo ) di Mt 10, 2. La cronologia infatti incerta: Matteo non d alcuna indicazione cronologica; Luca (4, 16-38) pone il miracolo prima d ella chiamata dei discepoli (Lc 5, 1-11); Marco dopo la vocazione (Mc 1, 14-20; 21; 29). Bench i Vangeli non abbiano usualmente intenti cronologici, preferibile la cronologia di Marco che ci presenta in questo caso indicazioni assai pi precise: Ges chiama i discepoli che lo seguono nella sinagoga (1, 20ss) dove il Maestro guarisce un indemoniato; appena usciti, Ges va in casa di Simone (v. 29) e vi rimane tutto il giorno (si noti l'imperfetto dikone ! lo serviva continuativo!). All'uscio si presentavano vari ammalati (v. 32), la mattina dopo Ges va nel deserto dove viene trovato dai discepoli (v. 35ss).
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10 3) Stavano vicini e se la intendevano tra di loro all'ultima Cena quando Pietro volle sapere chi fosse il traditore (Gv 13, 24). Pietro si interess particolarmente di Giovanni durante l'apparizione del R isorto: Di lui che ne sar? (Gv 21, 20-21). Anche nel libro degli Atti si trovano insieme sia nella guarigione dello zoppo (At 3, 1) sia nella missione a Samaria (8, 14). 4) Entrambi formavano, con Giacomo, il cerchio delle persone pi intime di Ges, come appare dalla resurrezione della figlia di Giairo (Mc 5, 37) e nella trasfigurazione di Ges (Mc 9, 2); sul monte degli Ulivi chiesero a Ges quando si sarebbe avverata la distruzione di Gerusalemme (Mc 13, 31); essi furono vicini al Maestro anche durante la preghiera nell'orto di Getsemani (Mc 14, 33). 5) Si ricordi che Andrea e Giacomo sono inclusi nella lista degli apostoli tra Pietro e Giovanni (Mc 6, 14 e paralleli), per cui il ricollegare questi due ultimi tra di loro saltando i due anelli intermedi sembra voler dire che essi erano uniti nel lavoro (Lc 8, 51; 9, 28; At 1, 13). Funzione di Pietro nel gruppo dei Dodici Pietro, per il suo carattere ardente e impetuoso, era il naturale trascinatore degli altri discepoli. Nei Vangeli appare sempre come primo nella lista degli apostoli, pur variando la successione dei nomi seguenti. Matteo espressamente scrive: Primo, Pietro (Mt 10, 2)23 . I Vangeli lo presentano spesso quale portavoce degli apostoli, per cui Pietro spesso risponde a nome degli altri, come ad esempio nel Tu sei il Cristo (Mc 8, 19ss). Dopo il suo tentativo di r imuovere Ges dalle sofferenze e dalla morte, Ges guard tutti i discepoli, ma rivolse solo a Pietro la severa parola: Allontanati da me, Satana! (Mc 8, 33). Fu Pietro a proporre di alzare tre tende durante la trasfigurazione di Ges (Mc 9, 5). Spesso lui che pone delle domande riguardanti tutti i discepoli: Quante volte devo perdonare ai miei fratelli? (Lc 12, 41; Noi tutto abbiamo abbandonato per seguirti (Mc 10, 28). In Mc 14, 29 Pietro che giura fedelt al Signore; al v. 37 Pietro che Ges rimprovera per non aver saputo vegliare un'ora; ancora Pietro che chiede a Ges chi sia il traditore (Gv 13, 24). A Cafarnao dopo la moltiplicazione dei pani, alla domanda di Ges, se pur essi i Dodici, se ne volessero andare, Pietro risponde a nome di tutti: A chi ce ne andremo? Tu solo hai parole di vita eterna, noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio (Gv 6, 68). La forma del perfetto allude alla precedente esperienza, che perdura tuttora nei suoi effetti: Abbiamo creduto (pepistekamen) e saputo (egnkamen), ma continuiamo pure a credere e a sapere. L'espressione Santo di Dio indica uno stadio primitivo della fede evangelica, anteriore alla penetrazione evangelica propria del Vangelo di Giovanni, per cui esso presenta ogni garanzia di autenticit, anche a coloro che si accostano al Vangelo come a un puro documento del passato24 L'elevatezza spirituale del Messia, in contrasto con la miseria umana, funse sempre da calamita per Pietro (cfr 1 Pt 2, 22). Non per detto che Pietro comprendesse tutte le implicazioni teologiche incluse nella sua confessione Tu sei il Santo di Dio. Sar lo Spirito Divino che successivamente conferir agli apostoli la visione completa del Cristo, quale Messia spirituale.
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Prtos (senza articolo), indica il primo di una serie e si pu tradurre dapprima (d'abord , P. Bonnard , S. Matthieu); esso pu indicare sia che Pietro era il pi significativo dei Dodici, sia che per primo era stato chiamato all'apostolato L'espressione Santo di Dio include i seguenti elementi: a) Ges il maestro pi alto, per cui Pietro pu dire: A chi ce ne andremo, se non da Ges! (Gv 3, 2); b) Ges sorgente di illuminazione vitale, in quanto dona la vita (6, 63); c) Ges l'incarnazione stessa della santit, il santo di Dio . Questo epiteto posto in bocca ai dmoni (cfr Mc 1, 24), doveva segnare un titolo messianico. Ai Giudei Pietro rimprovera di aver rinnegato il Santo dei Giusti! (At 3. 14). Dio il santo per eccellenza (Is 1, 4), in quanto per la sua superiorit e unicit si diversifica da tutte le creature. A tale santit partecipano i suoi ambasciatori: Aronne (Sl 106, 16), il profeta (2 Re 4, 9), la nazione d'Israele (Es 19, 6; Nm 16, 3) costituita da santi (Zc 14, 5; Dn 7, 18.22.25.27). Il Messia, il pi perfetto inviato di Dio, il Santo di Dio per eccellenza (Ap 3, 7; 1 Gv 2, 20; per il Giusto cfr 1 Gv 2, 1)
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11 Matteo aggiunge di proprio di proprio alcuni episodi riguardanti Pietro, come, ad esempio, l'invito di Ges rivolto a questo uomo di scarsa fede (oligpiste) di camminare sulle acque (Mt 14, 28ss); l'elogio a Pietro dopo la sua professione di fede (16, 17-19); l'obolo pagato da Ges per il solo Pietro (17, 24-27). E' inutile insistere su quest'ultimo episodio per sostenere l'importanza vicariale di Pietro dal momento che, essendo presente solo lui (v. 25), Ges non poteva compiere un miracolo anche per altri apostoli assenti; tale prodigio era poi un segno di riconoscenza per Pietro che lo ospitava. L'episodio mostra solo l'interesse mattaico per Pietro, ma non la superiorit dell'apostolo sugli altri. Anche Luca, a suo modo, mette in risalto Pietro: Pietro, infatti, che dovr confermare gli altri apostoli (Lc 22, 31). Marco che arbitrariamente si presenta come testimone dell'umilt di Pietro pone in rilievo l'apostolo come quanto riporta il comando di Ges alle donne: Andate a dire ai d iscepoli e a Pietro, che Ges li precede in Galilea sottolineandone cos, a modo suo, l'importanza (Mc 16, 7). Pure nel quarto Vangelo, dove predomina la figura di Giovanni, il discepolo che Ges amava25 , non mancano accenni al risalto goduto da Pietro. Dopo la resurrezione del Cristo Giovanni arriva per primo al sepolcro e crede, ma attende che Pietro vi entri per primo (GV 20, 4). I cattolici danno un enorme risalto a questi interventi particolari di Pietro per dedurne che egli era capo del collegio apostolico. Se tale fenomeno avesse avuto inizio solo dopo il Tu sei Pietro , potremmo anche accettare tale conclusione, ma il fatto che esso sussista sempre anche prima dell'elogio di Ges, ci vieta di intenderlo come prova della sua missione di Vicario di Cristo; tali fatti provano solo il carattere dinamico dell'apostolo, che possedeva eminenti doti di iniziativa personale e di entusiasmo propulsore. Anche nel suo lavoro di pescatore, tra i quattro suoi collaboratori, egli, forse per l'et o per il carattere, godeva di una superiorit indiscussa tra gli stessi Zebedei, che sono detti soci di Simone (Lc 5, 10). Tali episodi documentano solo l'innata attitudine al comando, ma non provano ancora la reale sussistenza di tale sua superiorit in mezzo al collegio apostolico. Anzi il resto del Nuovo Testamento, come vedremo meglio in seguito, esclude il suo ruolo di capo in mezzo ai discepoli di Cristo e alla chiesa primitiva.
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L'espressione Santo di Dio include i seguenti elementi: a) Ges il maestro pi alto, per cui Pietro pu dire: A chi ce ne andremo, se non da Ges! (Gv 3, 2); b) Ges sorgente di illuminazione vitale, in quanto dona la vita (6, 63); c) Ges l'incarnazione stessa della santit, il santo di Dio . Questo epiteto posto in bocca ai dmoni (cfr Mc 1, 24), doveva segnare un titolo messianico. Ai Giudei Pietro rimprovera di aver rinnegato il Santo dei Giusti! (At 3. 14). Dio il santo per eccellenza (Is 1, 4), in quanto per la sua superiorit e unicit si diversifica da tutte le creature. A tale santit partecipano i suoi ambasciatori: Aronne (Sl 106, 16), il profeta (2 Re 4, 9), la nazione d'Israele (Es 19, 6; Nm 16, 3 ) costituita da santi (Zc 14, 5; Dn 7, 18.22.25.27). Il Messia, il pi perfetto inviato di Dio, il Santo di Dio per eccellenza (Ap 3, 7; 1 Gv 2, 20; per il Giusto cfr 1 Gv 2, 1).
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Nella scuola Bultmanniana questo uno dei cardini fondamentali del sistema, che tuttora ammesso anche da G. Bornkamm ( Jesus von Nazareth, Stuttgart 1959). H. Toedt ha sostenuto la sua idea nel libro Der Menschensohn in der synoptischen Ueberlieferung , Gtersloth 1959. Per una confutazione di questa idea si cfr. B. Rigaux, l'Historicitde Jsus devant l'exegse rcent , in Revue Bibl., 65 (1958) pp. 481-522; La seconde venue de Jsus, in La venue du Messie, Paris-Bruges 1964, pp. 201-202; Schnackenburg, Gotteshersschaft und Reich, Freiburg 1954, pp. 113-115. 27 W. Schmithals, Das Kirchliche Apostolat, Eine Historische Untersuchung (Forschungen zur Religion und Literatur des Alten und Neuen Testament, 79) , Gttingen 1961. I primi accenni ai Dodici si rinvengono nell'Apocalisse, in Giustino, nello Pseudo-Barnaba, in 2 Pietro e in Giuda. 28 Egesippo, verso il 180, scrisse le sue memorie ( Ypomnmata ), nelle quali si propone di esporre, come frutto dei suoi viaggi, la sana dottrina la quale fu tramandata dagli apostoli , di cui sarebbe garanzia la successione ( diadochn) ininterrotta dei vescovi a partire dagli apostoli. Cfr. B. Altaner , Patrologia , Torino 1960, Marietti, n. 121 (pp. 92-93).
13 abbia fatto sentire il suo influsso sullo gnosticismo, nel quale sorse cos, per imitazione l'apostolato gnostico. Perci G. Klein propose un'altra ipotesi: secondo lui l'apostolato sarebbe stato codificato da Luca, opera anonima sorta verso la met del II secolo, unitamente con la seconda lettera di Pietro29 . Luca, notando come gli gnostici abusassero degli scritti paolini, volle subordinare Paolo alla autorit dei Dodici; egli quindi sostenne, per primo, che costoro erano stati scelti direttamente da Cristo con il quale avevano conversato (Lc 6, 13; At 1, 21) mentre gli altri apostoli, Paolo compreso, inviati da una chiesa particolare (Antiochia; At 12, 1ss) o da un profeta (Anania: At 9, 22) stavano praticamente sotto il controllo delle tre colonne della Chiesa, vale a dire Pietro, Giacomo e Giovanni (Ga 2, 2.9). Il Gerhardson rimprovera a questi due critici il loro scetticismo gratuito verso le fonti, la fiducia esagerata nelle proprie idee ed il rifiuto altrettanto esasperante delle opinioni altrui, che siano in contrasto con le loro, la ricostruzione irreale della comunit primitiva30 . Una creazione del II secolo avrebbe fatto scomparire l'ambiguit e la polivalenza del termine apostolo che ora si applica ai D odici e ora a discepoli pi numerosi, e avrebbe ottenuto il numero Dodici tramite l'apostolo Paolo, anzich con l'ignoto Mattia (At 1, 16). Di pi per sostenere una simile evoluzione dell'apostolato biblico si deve rimandare ad epoca troppo tardiva la formazione di molti scritti neotestamentari contro l'attestazione chiara dell'archeologia e in contrasto con i risultati della critica odierna31 . L'ingegnosa ipotesi del Klein ha poi il difetto di misconoscere il valore dei passi neotestamentari d'origine non lucana che parlano dei Dodici, e contrastano la supposizione che Luca sia stato il creatore di tale gruppo32 . Pu darsi che Luca abbia contribuito a diffondere il nome dell' apostolo, ma ci non impedisce che Ges stesso abbia scelto direttamente i Dodici33 . Ges intendeva fondare una chiesa? Secondo l'interpretazione escatologica del Nuovo Testamento, riallacciantesi allo Schweitzer, Ges si ingannato in quanto si immaginava che la consumazione dell'universo con la conseguente fondazione del Regno di Dio si sarebbe avverata entro la sua generazione, perci dopo la sua morte, si
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G. Klein, Die zwlf Apostel. Ursprung und Gehalt einer idee (Forschungen zur Religion und Literature in das A. Und N. Testaments, 59), Gttingen 1961. 30 B. Gerhardson, Die Botten Gottes, und die ApostelChristi , in Svensk Exegetik Arsbok, 27 (1963), pp. 89-131; Memory and manuscript Oral tradition and written trasmission in Rabbinic Judaism and early Christianity (Act. Sem. N.T. Ups 22), Uppsala 1961, pp. 182-187. 31 Questi ragionamenti servono evidentemente per i critici non credenti, poich per chi ammette l'ispirazione del Nuovo Testamento il problema non esiste affatto. 32 Cos, ad esempio, Mc 3, 13-19 (= Mt 10, 1 -4): Ap 21, 14. In Gv 15, 26-27, pur mancando il numero dodici, si parla di loro (cfr Gv 13, 18-21; 6, 70-71 dove si parla della loro scelta ad opera di Ges come i Dodici; Mc 14, 17). Il passo giovanneo perderebbe un po' della sua importanza su questo punto, se vi si riconoscesse, come fa il Boismard , un i nflusso lucano (Revue Bibl. 1962, p. 618), provato dalla espressione dall'origine (Gv 15, 27 = Lc 1, 2), dal fatto che lo Spirito Santo viene fatto inviare dal Cristo (Gv 15, 26 = At 2, 33) anzich da Dio (Gv 14, 6.26), la cui testimonianza tramite gli apostoli richiama Lc 1, 48-49; At 1, 8 e specialmente At 5, 32; 15, 28. Sul problema dei rapporti Giovanni-Luca cfr E. Boismard , Saint Luc et la rdaction du quattrime Evangile , in Revue Bibl. 1962, pp. 185211. 33 Cfr J. Dupont, Le nom d'Aptre a-t-il t donn aux douze par Jesus?, Louvain 1956; B. Rigaux, Die Zwlf in G eschichte und Kerygma, in Der historische Jesus und der kerygmatische Christus. Bertrge zum ChristumVerstndnis in Forschung un Verkundigung , Berlin 1960, pp. 468-486; N. von Bohemen , L'institution des Douze. Contribution l'tude des rlations entre l'Evangile de Matthieu et celui de Marc, in La Formation des Evangiles, Paris 1957, pp. 116-151.
14 ovviato a tale ritardo con la creazione della Chiesa. Secondo la nota espressione del Loisy, Ges predic il Regno dei Cieli, ma purtroppo ne nacque la Chiesa34 . L'indagine pi recente ha messo in risalto, che la Chiesa, pur non essendo del tutto identica al R egno di Dio, ne per l'anticipazione embrionale e imperfetta (Cl 1, 13). Da diverse parabole risulta che il Regno dei Cieli nello stadio presente non si identifica completamente con quello finale, perch in mezzo al frumento vive ancora zizzania (Mt 13, 36-43) e vi si trovano pure dei pesci piccoli accanto a quelli grossi (Mt 13, 47-50). Il medesimo concetto appare nella parabola dell'abito nuziale per cui chi ne privo sar s rimosso, ma solo all'arrivo finale del re (Mt 22, 11-14); in quella delle vergini stolte e prudenti la cui separazione si attuer solo dopo l'avvento a lungo atteso dello sposo (Mt 25, 1-13). Solo al tempo del giudizio le pecore saranno separate dai capri35 . Questo periodo intermedio in cui il Regno di Dio non si ancora dispiegato totalmente, corrisponde appunto alla Chiesa, che non sarebbe perci fuori dalla visuale del Cristo. In passato si insisteva molto sul fatto che Ges, chiamandosi Figlio dell'Uomo, alludeva alla visione di Daniele, dove tale espressione ambivalente in quanto insieme all'idea di un Messia personale include anche quella di un nuovo popolo di santi36 . Daniele sarebbe quindi La fonte dell'idea della Chiesa (Kattenbusch). Si pure fatto leva sull'analisi del Resto asserito dai profeti per presentare Ges come il restauratore del vero Israele, di questa nuova alleanza messianica. Anche gli affiliati di Qumrn si ritenevano il vero Israele, la piantagione eterna, la casa santa della Nuova Alleanza, riuniti per l'avvento del Messia 37 . A questa interpretazione A. Oepke obietta, a ragione, che il resto di Israele profetico si concepisce entro lo stesso Israele e non come qualcosa di opposto, per cui occorre aggiungervi il nuovo concetto del rifiuto di Israele affinch il regno possa passare a tutte le nazioni38 . Di qui l'idea di una nuova costruzione appartenente a Ges, inclusa nella frase Io edificher la mia Chiesa. Pi di recente si esaminato meglio il Nuovo Testamento e vi si visto che Ges prevede la riunione attorno alla sua persona di un gruppo di discepoli che attendono il regno e sono in contrasto con coloro che costituiscono le pecore disperse della casa di Israele (Mt 10, 6). Egli quindi il pastore che non si pu concepire senza un gregge da lui guidato (Mt 26, 31; Lc 12, 32). Ges sa che il suo appello sar respinto, in quanto prevede la sua morte che predice ai discepoli. Questa morte sar sofferta a vantaggio di molti (MC 14, 24) senza distinzione fra giudei e paga34
Cos W. Kmmel , Verheissung und Erfllung. Untercuchungen zur eschatologischen Verkndigung Jesu , Zrich 1945; 1953; Jesus und die Anfnge der Kirche, in Studia Theologica, 7 (1953), pp. 1 -27; Die Naherwartung in der Verkndigung Jesu, in Zeit und Geschichte Dankesgabe an R. Bultmann, Tbingen 1964, pp. 31-46. 35 Cfr. W.F. Smith, The Mixed State of the Church in Matthews' Gospel , in Journal of Biblical Literature, 82 (1963), pp. 149-158. Egli richiama pure la frase: Molti sono i chiamati, pochi gli eletti (Mt 22, 14 e in alcuni codici anche in 20, 16); la disciplina contro i non fedeli (Mt 18, 15-17); la parabola della pecora perduta (Mt 18, 12-13) del servo perdonato che non perdona (Mt 18, 23ss). Tutti questi dati rispecchierebbero la situazione dell' 85 d.C. nella Siria, dove sarebbe appunto sorto, secondo lui, il primo Vangelo, accentuando, per motivi polemici contro gli Esseni recatisi a Damasco, il pensiero di Ges. 36 Cfr Daniele 7, 18.21-22.27 sul rapporto Messia-Popolo di Dio nell'espressione Figlio dell'Uomo, cfr J. Coppens- J. De Queker, Les Fils de l'homme et les Saints du Trs Haut en Dan.VII, dans les Apocryphes et dans le N. Testament, Lovanio, Pubblications Universitaires 1961; F Kattenbusch , Der Quellort der Kirchenidee , in Festgabe fr A.V. Harnack, Tbingen 1921, pp. 142-172 (unisce la profezia di Daniele con il cap. 53 del Deutero-Isaia). 37 K.L. Schmidt, Die Kirche der Urchristentums, in Festgabe fr A. Deismann Tbingen 1927, pp. 251-359. Per le citazioni dei testi qumranici cfr Regola della Comunit 8, 5-10. 38 A. Oepke, Der Herrenspruch ber die Kirche Mt 16, 17-19 , in Studia Theologica 1948-1949, pp. 110-165; Das neue Gotteswolk in Schriftum Schauspiel, bildende Kunst und Weltgestaltung , Gtersloh 1950; cfr pure sulla stessa linea R. Flew, Jesus and His Church. A Study of the Idea of the Ecclesia in the New Testament , London 1953; O. Cullmann , St. Pierre , pp. 167-174; D. Miller , The people of God. About the Basic New Testament Account of the origin and Nature of the Church , London 1959; J. Jeremias , Der Gedanke der Heiligen Reste in Sptjudentum und in der Verkndigung Jesu, in Zeitschr. f. neut. Wissenschaft 42 (1949). p. 184.
15 ni39 . Egli si rivolge ai peccatori, a tutti coloro che dovranno formare un nuovo popolo di Dio destinato a succedere a quanti lo hanno respinto (Mc 2, 17; Mt 11, 28-30; 21, 31-32). Con la sua morte si attua quindi una nuova alleanza, nella quale i suoi discepoli riuniti in gruppo attueranno le promesse di Ges40 . Perci la Chiesa che nascer solo con la Pentecoste, gi vista in embrione nella selezione, nella scelta, nella missione dei Dodici che saranno i giudici delle dodici trib di Israele41 . Il numero dodici aveva per gli Ebrei un profondo valore simbolico, la cui prima origine tuttora incerta42 , ma che, con il tempo si era legato ai dodici figli di Giacobbe, i capostipiti delle dodici trib israelitiche43 . Esso quindi simboleggiava l'Israele carnale intimamente legato a Dio, al quale era stato promesso il futuro regno messianico. La scelta dei Dodici apostoli, intimamente legati a G es, mostrava che il vero Israele della promessa era ormai connesso con questi nuovi capostipiti del nuovo popolo di Dio44 . Si comprende in tal caso come nella Bibbia sia amato il numero dodici o un suo multiplo: i centoquarantaquattromila (12x12x1000) raffigurano nell'Apocalisse i salvati di Israele, mentre la folla innumerevole d'ogni nazione e lingua, che tosto segue, raffigura i credenti della gentilit (Ap 7, 4 -8). La celeste Gerusalemme che scende sulla terra, circondata da mura che poggiano su dodici fondamenti, cio sui Dodici apostoli, ed dotata di dodici porte, tre per ogni punto cardinale45 . Conseguentemente la scelta dei Dodici apostoli da parte di Ges non fa pi meraviglia e conferma un'altra volta la sua volont di formare un nuovo popolo di Dio. Diviene quindi naturale che i Dodici siano particolarmente ricollegati nella loro missione con il popolo ebraico46 .
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A. Friedrichsen, Messias und Kirche Ein Buch von der Kirche , Gttingen 1951, pp. 45-48 (Ges supera le attese messianiche di Israele perch situa al centro di esse la sua persona e la sua morte); A. Voegtle , Jesus und die Kirche , in Begegnung der Christen, Festschrift O. Karrer, Stuttgard-Frankfurt 1959, pp. 54-81 (Ges facendo conoscere al cerchio ristretto dei discepoli il senso della sua morte, indicava il sorgere di un nuovo popolo di Dio). 40 R. Schnackenburg, Gotterherschaft und Reich. Eine biblish theologischen Studie , Freiburg 1965; Die Kirche im N.T. (Quaestiones disputatae, 14), Freiburg 1963 (trad. ital. La Chiesa del Nuovo Testamento, Morcelliana, Brescia); cfr pure B. Butler, Spirit and Institution in the New Testament (Studia Evangelica, III) Berlin 1964, pp. 138-165. 41 J. Dupont, Le loghion des douze trnes (Mt 19, 28; Lc 22, 28-30), in Biblica, 43, (1964), pp. 355-392. Secondo l'Autore Matteo aggiunge un detto riguardante i Dodici alle riflessioni sul rifiuto del ricco a seguirlo; Marco, pi g enerico, lo ricollega a tutti i discepoli; Luca lo introduce nell'ultima Cena. L'articolo ben fatto; solo le deduzioni teologiche circa la collegialit episcopale (pp. 391 ss) non hanno nulla a che vedere con il contesto; anzi il fatto che alla loro morte i Dodici non siano stati sostituiti, depone contro la loro successione ad opera dei vescovi. Non ben chiarito il rapporto tra i Dodici e gli Apostoli. 42 L'origine simbolica del numero dodici incerta; proviene forse dai dodici mesi dell'anno, oppure dal fatto che essendo il doppio di sei, la cifra dell'uomo, potrebbe anche significare il popolo di Dio, dove l'uomo non si trova pi s olo, ma costituisce con altri una famiglia dotata di missione divina. 43 Gn 35, 23: At 7, 8 44 Anche a Qumrn il consiglio della comunit era composto di dodici uomini pi tre sacerdoti (Regola della Comunit 8, 1), il che ci richiama i dodici apostoli e il cerchio pi intimo di essi: Pietro, Giacomo e Giovanni. I capi sacerdoti e i capi leviti saranno dodici, uno per ogni trib (Regola della guerra 2, 1-3); le insegne belliche recheranno i dodici nomi delle dodici trib (ivi 3, 14). 45 Ap 21, 12-14. La posizione delle porte, tre per ogni punto cardinale, si pu spiegare forse con Avoth dei Rabbi N athan e Ma'yan ganin di Ibn Mashud (Comm. al libro di Giobbe, ed. Bubert, 1889) dove si dice che Giobbe al pari di Abramo, si costru una tenda con le quattro aperture rivolte ai quattro lati del mondo, affinch l'ospite non si affacciasse a cercarne l'entrata. Tale dato indicherebbe simbolicamente la facilit di accesso alla nuova Gerusalemme. 46 Su questo punto vi accordo quasi generale tra gli esegeti; cfr H. Schuermann, Die Juengerkreis Jesu als Zeichen fr Israel , in Geist und Leben, 16 (1963), pp. 21-35; J. Dupont, Le loghion des douze trnes, in Biblica, 1964, pp. 387 s. Grande la risonanza teologica della elezione dei Dodici, in quanto presuppone la coscienza messianica di Ges, anche se la proclamazione di questa sua prerogativa fu graduale; all'inizio Ges predic il regno di Dio o dei Cieli (dove la parola cieli sostituisce l'impronunciabile nome di Dio) di cui Dio stesso re (Mt 5, 35; 18, 23; 22, 2.7.11.13). Ma dinanzi a Pilato prima di salire sulla croce (che in Giovanni presentato come il trono da cui Ges ascende al cielo), il Cristo si proclam re messianico, il Figlio dell'Uomo (cfr Dn 7, 9.10) che sarebbe asceso sulle nubi al cielo (Gv 18, 33-38; Lc 23, 69). Come Figlio dell'Uomo egli perci associato alla funzione regale, che sar rimessa al Padre dopo la sua missione (1 Co 15, 24); quindi talora nel Vangelo si parla del regno del Figliuol del-
16 Gli apostoli e i Dodici nel Nuovo Testamento Il nome apostolo d'origine greca e dal significato iniziale di spedizione navale47 , pass ad indicare, sin dal tempo di Erodoto, un messaggero48 ; infatti quei giudei che furono inviati a Roma al tempo di Varo per ottenere la libert di vivere secondo le leggi native furono chiamati apostoli49 . Ahia fu un apostolo duro verso la moglie di Geroboamo, perch le annunzi a nome di Dio la prossima morte del figlio; apostoli furono detti anche i messi che l'Etiopia invi alle nazioni50 . Tutti i profeti, al dire di Giustino, possono chiamarsi apostoli, perch furono inviati da Dio a c omunicare il suo messaggio51 . Nella versione dei LXX il termine apostolo traduce lo shalach ebraico: un participio passato con il senso di inviato divino52 . Anche i messi che di tanto in tanto il Sinedrio inviava da Gerusalemme per qualche missione speciale o per raccogliere il denaro a favore del tempio, si chiamavano apostoli (aramaico: sheluchn) e il loro invio avveniva, secondo la testimonianza di Giustino, dopo l'imposizione delle mani53 . Secondo una attendibile notizia di Eusebio, Paolo sarebbe stato un apostolo giudaico prima di divenire un apostolo cristiano ed infatti la sua missione con lettere credenziali del Sinedrio, a Damasco, per incarcerarvi e trascinare a Gerusalemme i credenti in Ges, presenta tutte le caratteristiche dell'apostolo giudaico54 . In armonia con l'etimologia del vocabolo55 e con il precedente uso giudaico, anche i cristiani ebbero i loro apostoli. Apostolo per eccellenza fu il Cristo, in quanto inviato dal Padre a recare salvezza all'umanit (Eb 3, 1). Coloro che ricevevano una missione speciale dalle Chiese erano chiamati apostoli delle chiese (2 Co 8, 23); tali furono Barnaba e Sila inviati dalla Chiesa di Gerusalemme per notificare alle comunit dei Gentili le decisioni degli Apostoli (At 15, 27); Paolo e Barnaba che la Chiesa antiochena invi ad evangelizzare i gentili56 ; Timoteo ed Erasto che furono inviati in Macedonia prima di Paolo (At 19, 22). Ma apostoli per eccellenza furono dette le persone inviate da Cri-
l'Uomo (Mt 13, 41; 16, 28) o del regno di Ges (Mt 20, 21); Mt 25, 40 dopo aver introdotto il Figlio dell'Uomo, continua a parlare di un re. 47 Cfr Platone, Ep. 7, 346a apstolon plin indica una flotta da trasporto; Demostene , Oratio, 3, 5; 18, 107 designa una spedizione navale; tn apstolon (plion apostllein) significa spedire una flotta (cfr pure 18, 252, 262). In Lisia (sec. V a.C.) usato anche il plurale (Oratio , 19, 21); In Diogene Laerzio (storico del III secolo d.C.) vale dispaccio, o rdine, permesso d'esportazione (5, 59). La parola apstoloi nella legislazione tardiva acquist il valore di Litterae dimissoriae), con la quale un caso veniva deferito all'alta corte. 48 In Erodoto 1, 21, 38 designa il messo che fu spedito da Aliatte a Mileto e poi da Mileto a Sparta. 49 G. Flavio, Ant. Giud., 17,11,1. 50 1 Re 14, 6 LXX (Ahia); Is 18, 1s (Etiopia). 51 Adv. Triphonem 75 PG 6, 652 B; cfr pure Girolamo. Comm. ad Galatas, 1, 1 PL 26, 335 D. 52 Nm 16, 28; Is 6, 8. 53 Giustino, Adv Triphonem c. 108 PG 6, 755 C. L'apologeta cristiano afferma che il Sinedrio, dopo aver loro imposto le mani ( keirotonsantes ), invi dei messi in tutto il mondo per annunziare il sorgere della eresia cristiana in seno al giudaismo (cfr pure Eusebio , Comm. in Is 18, 1 PG 24, 213-214). 54 Epifanio, Haer. 30,4,2 ed. K. Holl CB p. 338, 21 PG 41, 409 D. L'invio dei messi, iniziatosi al tempo di Giosafat (cfr 2 Cr 17, 7 -9), si svilupp assai dopo che il Sinedrio si fu stabilito a Tiberiade in seguito alla distruzione di Gerusalemme; gli apostoli ricevevano dal patriarca (= capo della Sinagoga) l'incarico di curare tra l'altro la raccolta di denaro. Tale sistema di tassazione fu abolito da Onorio nel 398 come risulta dal cod. di Teodosio 16,8,14. Una iscrizione di Venosa parla di duo apotuli et duo rebbites (cfr C.B. Frey , Corpus Inscriptionum judaicarum I, Roma 1936, p. 438, n. 611). Su questo problema cfr S. Krauss, Die Jdischen Apostel, in Jew. Quart. Rev., 17 (1905), 370 ss. 55 Apostolo deriva da apostllo : inviare, con il senso di inviato. 56 At 11, 30; 13, 3; 15, 2
17 sto ad evangelizzare, per cui quando si nominano gli Apostoli specialmente di loro che si parla. Come inviati da Ges sono pari a lui. poich l'apostolo va accolto come colui che lo invia57 . Gli Apostoli non sono limitati ai Dodici Dall'insieme dei passi biblici appare evidente che gli Apostoli inviati da Cristo non si possono limitare ai Dodici. I Dodici furono tutti Apostoli, ma non tutti gli Apostoli appartengono ai Dodici. Paolo , ad esempio, che si presenta come il minimo degli apostoli per aver perseguitato la Chiesa di Dio, pur non rivendicando mai la prerogativa d'essere uno dei Dodici, insiste nel presentarsi come un apostolo. Senza timore di essere contraddetto chiede: Non sono io un apostolo? (1 Co 9, 1). Assieme a lui anche Barnaba compie il lavoro di un apostolo, per cui entrambi si proclamano apostoli nella stessa misura degli altri ( lopoi) prima nominati58 . Andronico e Giunio , parenti di Paolo, sono presentati come apostoli assai stimati 59 . Tra gli apostoli va pure incluso Giacomo , il fratello del Signore, come risulta in modo chiaro dal fatto che G es apparve a Giacomo e a tutti gli apostoli (1 Co 15, 7); infatti evidente che l'aggettivo tutti non avrebbe senso se costoro si dovessero identificare con il precedente Cefa e i Dodici (ivi, v. 5) che gi ebbero una propria apparizione. Inoltre Giacomo non era affatto uno dei Dodici, perch durante la vita terrena di Ges egli non credeva che il proprio fratello fosse il Cristo60 ; ma egli chiaramente presentato come apostolo da Paolo, quando scrisse che, giunto a Gerusalemme, egli non vide alcun altro apostolo ad eccezione di Giacomo (Ga 1, 19). Siccome il numero degli Apostoli non era fissato, si comprende meglio la pretesa con cui alcuni, pur non essendolo, osavano presentarsi come tali ai fratelli, mentre in realt non erano altro che falsi apostoli, operai fraudolenti travestiti da apostoli di Cristo61 . Proprio per il loro numero illimitato gli Apostoli sono posti nella prima categoria delle persone arricchite da carismi, il che sarebbe incomprensibile se qui Apostoli fossero stati soltanto i Dodici62 . N si obbietti che solo i Dodici
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Lc 10, 16 anche se non c' la parola apostolo il concetto vi incluso, in quanto il verbo inviare in greco della stessa radice (apostllo ) usata per il vocabolo greco di apostolo. In Gv 15, 15 si afferma che l'apostolo, ivi chiamato per con il nome di servo, non pu essere superiore al padrone a cui serve. 58 1 Co 9, 5s. Alcuni vorrebbero includervi anche Apollo (1 Co 4, 9) supponendo che il plurale si riferisca anche allApollo prima nominato v. 6; possibile ma poco probabile, poich egli fu istruito da Aquila e Priscilla (At 18, 2428), visse lu8ngi dalla Palestina (Alessandria At 18, 24; Listra At 16, 12). Egli non aveva quindi le caratteristiche di un apostolo; anche Clemente Romano lo distingue dagli apostoli chiamandolo uomo stimato dagli (par) apostoli (Epist. 47). 59 Rm 16, 7. E' Illogico tradurre questo passo come segue: sono assai stimati dagli apostoli; in tal caso ci vorrebbe la preposizione par , non l'en che ora vi esiste e che costringe a tradurre il testo come segue: sono segnalati tra gli apostoli, tra coloro cio che sono apostoli come loro. Origene (In Rm 10, 21 PG 14, 1280 AB) pensa che con tutta probabilit Giunio e Andronico fossero due dei settanta discepoli scelti da Ges (cfr Lc 10, 1 -16). Il plurale apostoli di 1 Te 2, 6 (come quello di 1 Co 4, 6) un plurale maiestatico, da riferirsi solo a Paolo; l alcuni pensano che si voglia riferire anche a Silvano che con Paolo scrisse la lettera. Sarebbe tuttavia, in tal caso, da escludere Timoteo, che pure lui un altro mittente della lettera (cfr 1 Te 1, 1) in quanto egli altrove chiamato solo evangelista (2 Ti 4, 5) ed chiaramente distinto da Paolo (2 Co 1, 1; Cl 1, 1 Paolo apostolo e Timoteo suo fratello ). 60 Cfr Gv 7, 5. La sua conversione deve essersi avverata con l'apparizione del Risorto della quale parlano Paolo (1 Co 15. 6 -7) e anche il Vangelo giudeo cristiano degli Ebrei, secondo un suo frammento riportato da Girolamo: Il Signore, dopo aver dato la sindone al servo del sacerdote, and da Giacomo e gli apparve (Giacomo aveva infatti giurato di non mangiare pi pane da quel momento in cui egli aveva bevuto dal calice del Signore sino a quello in cui egli avrebbe visto il morto risorto). E tosto l i Signore disse: Portate una mensa e del pane. Prese il pane, (lo) benedisse, lo spezz e lo diede a Giacomo il giusto e gli disse: Fratello mio, mangia il tuo pane, perch il Figlio dell'uomo risorto dai dormienti (Girolamo , De viris illustribus , in E. Hennecke , Neutestamentliche Apokriphen , Tbingen 1959, vol. 1, p. 108). 61 2 Co 11, 15-13; il cotesti sommi apostoli non va riferito ai Dodici ai quali Paolo non si dichiarerebbe inferiore, bens, secondo il contesto, a quegli apostoli boriosi che, pur non essendo tali, osavano con baldanzosit biasimare lo stesso Paolo (cfr 2 Co 11, 13; Ap 2, 2); la Didach (c. 11) d delle norme per distinguere i veri dai falsi apostoli. 62 1 Co 12, 28; Ef 4, 11.
18 sono fonte di rivelazione per i cristiani, poich in tal caso dovrebbero essere escluse le lettere di Paolo, di Giacomo e di Giuda, composte, queste ultime da due fratelli di Ges che non erano membri del collegio dei Dodici. Qualifiche necessarie per divenire apostoli Per essere riconosciuto apostolo il cristiano doveva presentare delle credenziali indispensabili che sono qua e l indicate dal Nuovo Testamento e che cercher qui di sintetizzare assai brevemente: a) L'apostolo doveva aver visto il Signore, vale a dire il Cristo risorto Paolo, a chi negava il suo apostolato, ricord senza timore di smentita: Non ho io forse veduto Ges il Signore nostro? (1 Co 9, 1; At 9). L'accenno al Signore, vale a dire al Cristo glorificato, ci fa capire che la visione del Risorto era un elemento indispensabile per aspirare all'apostolato (cfr At 2, 36), Apparendo ai discepoli raccolti nella camera alta dove erano presenti anche altre persone oltre i Dodici vi si trovavano fra l'altro almeno i discepoli di Emmaus, secondo Luca Ges disse a tutti: Voi mi sarete testimoni di queste cose (Lc 24, 48). Gli apostoli dovevano quindi aver v eduto il Risorto dopo la sua morte infamante, per poter cos testimoniare la sua gloriosa resurrezione. Infatti per tutte le persone presentate dal Nuovo Testamento come apostoli vi , se non la certezza dato il silenzio delle fonti almeno una forte presunzione che abbiano visto il Cristo risorto. Lo v ide certamente Giacomo, fratello del Signore63 ; lo videro con tutta probabilit Barnaba, ardente cristiano dei primi giorni e che forse era uno dei settanta discepoli, come Andronico e Giunio, presentati appunto come tali64 . Era quindi inevitabile che con il corso degli anni gli apostoli dovessero scomparire dall'orizzonte poich con l'inesorabile progredire del tempo i testimoni oculari andarono sempre pi assottigliandosi fino a scomparire del tutto. Alla fine del sec. I e all'inizio del II sussistevano ancora alcuni apostoli ai quali si erano aggiunti molti altri pseudo-apostoli; la Didach diede delle norme pratiche per distinguere i veri dai falsi65 . Ma verso il 150, e forse anche prima al tempo del Pastore di Erma, gli apostoli erano gi scomparsi, in quanto lo scrittore ne considera gi completo il numero che simbolicamente riduce a quaranta66 . b) L'apostolo doveva essere inviato dal Cristo risorto almeno tramite lo Spirito Santo. Molte persone cinquecento in una sola volta videro il Risorto, alcune delle quali erano tuttora in vita al momento in cui Paolo scrisse la sua lettera ai Corinzi (1 C o 15, 6), ma non per questo tutte divennero automaticamente degli apostoli. Per far parte di tale categoria occorreva la chiamata di Dio, tramite il Cristo o almeno mediante lo Spirito Santo. Paolo, conformemente al decreto divino, anteriore alla sua nascita (Ga 1, 15) cos come gi era avvenuto per Geremia (Gr 1, 5), fu chiamato dallo stesso Cristo67 . La sua dignit apostolica risale a ll'appello diretto ricevuto dal Signore sulla via di Damasco (At 9, 15; 22, 14s). Fu lo Spirito Santo ad
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1 Co 15, 7. E' probabile che lo abbiano visto anche gli altri fratelli in quanto fin dall'inizio li troviamo raccolti nella camera alta in attesa dello Spirito Santo, assieme a Maria, a Giacomo e ai Dodici. 64 Per Barnaba che era levita cfr At 4, 36; Per Giunio e Andronico, cfr Rm 16, 7 e, sopra, la nota 12. Giunia nome maschile e non femminile, come erroneamente pensava il Crisostomo; contratto di Junianus. 65 Didach o Dottrina dei Dodici apostoli. 66 Sim. IX, 15,4: Questi sono gli apostoli e i dottori che predicarono (al passato) il none del Figlio d i Dio (Sim OX, 16, 5 -6; Vis. 14, 5; Sim IX, 25; cfr Ef 4, 11). Il fatto che Paolo affermi che fu il Cristo glorioso asceso al cielo (Ef 4, 7-11) a sceglierli, significa ancora una volta la necessit d'aver visto il Risorto, per essere inclusi tra gli Apostoli. 67 Ga 1, 1; 1 e 2 Co 1, 1.
19 inviarlo in missione come apostolo, quando, durante un'assemblea di cristiani ad Antiochia, ispir alcuni profeti a far mettere da parte Barnaba e Saulo perch iniziassero la predicazione tra i Gentili (At 13, 2). Tale chiamata dello Spirito Santo che del resto aveva agito pure sui Dodici il giorno della Pentecoste abilitava chiunque avesse visto il Signore a divenire un apostolo, un testimone ispirato68 . Da ci si vede la differenza tra l'invio da parte della Chiesa di un credente, per un incarico specifico, come ad esempio quello di inviare delle lettere ad altre comunit (At 15, 25), e la missione affidata dallo Spirito Santo. Ogni inviato poteva chiamarsi apostolo, ma in realt solo coloro che erano stati inviati dallo Spirito Santo a testimoniare il Risorto, da loro visto, entravano a far parte della categoria degli apostoli nel senso pi stretto del termine. Proprio per tale motivo Paolo a f69 ferm che lo Spirito Santo ha costituito nella Chiesa primieramente gli apostoli . Tuttavia siccome lo Spirito Santo non altro che il continuatore dell'opera del Risorto il quale anzi in un passo persino identificato con lo Spirito70 ne deriva che l'attivit dello Spirito pu essere considerata l'attivit dello stesso Cristo. Possiamo quindi comprendere le parole paoline E' lui (il Cristo glorioso) che diede (dken) gli uni come apostoli71 . c) La missione dell'apostolo non si limita a regioni particolari, ma si estende a tutte le genti. Infatti tutti gli uomini devono essere portati a salvezza mediante la conoscenza del Cristo l'ubbidienza (= fede) alla sua volont. Guai a me se non evangelizzo, afferm Paolo (1 Co 9, 16). Egli non fu inviato primariamente a battezzare, bens ad evangelizzare (1 Co 1, 17) senza limitazione di sorta. La divisione del campo di lavoro per cui Pietro si occupa particolarmente dei Giudei e Paolo dei Gentili non da prendersi in senso assoluto (Ga 2, 7). Fu infatti Pietro a predicare per primo ai Gentili convertendo Cornelio (At 10), cos come Paolo era solito rivolgersi ai Gentili solo dopo che gli Ebrei di una citt avevano respinto l'Evangelo. Se Paolo non intendeva edificare sul terreno altri lo faceva solo per spontanea volont e per motivi di prudenza, non per una particolare limitazione da parte del Cristo (Rm 15, 20). Lo Spirito Santo ag potentemente negli Apostoli. Sugli apostoli presenti nella camera alta il giorno di Pentecoste scese potentemente lo Spirito Santo, perch fossero testimoni del Cristo risorto72 . Per influsso dello Spirito gli apostoli poterono svolgere la loro missione con segni e svariate opere potenti. a) Rivelazione divina la rivelazione trasmessa dagli apostoli come dimostra ben chiaramente O. Cullmann73 , che costituisce la Tradizione cristiana. Per questo Paolo, nonostante che Ges avesse stigmatizzato la tradizione degli antichi (Mc 7, 3ss; Mt 15, 6), poteva ordinare: Mantenete le tradizioni (2 Ti
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Paolo dovette da un parte opporsi alle pretese dei seguaci di Giacomo nella direzione della Chiesa e dall'altra a quelle dei fautori dei Dodici. Perci egli mostra che la sua investitura non proviene da Giacomo o dai Dodici, bens direttamente da Dio. 69 1 Co 12, 28; l'aoristo indica che lo Spirito aveva stabilito in passato le varie categorie ivi accennate. 70 2 Co 3, 17. 71 Ef 4, 11; gli apostoli sono qui considerati come una realt del passato, o, come una categoria fissa? Sembra migliore la seconda ipotesi. Lo Spirito ha stabilito delle categorie che non possono venire modificate. 72 Non si pu restringere la presenza delle persone solo ai Dodici, poich vi erano indubbiamente presenti anche i fratelli del Signore, anzi a quel che pare gli stessi centoventi prima ricordati (cfr At 1, 14. 15 e 2, 1). 73 =. Cullmann, La Tradition, o.c., p. 15.
20 2, 15). Infatti, la tradizione di cui parla Paolo non affatto una tradizione umana74 , bens l'insegnamento che per rivelazione75 egli aveva ricevuto da Dio e che a sua volta aveva trasmesso ai credenti (1 Co 2, 11-13). Questa rivelazione poteva essere diretta76 , come il piano salvifico di Dio il quale fu da Dio svelato in modo particolare a Paolo e che consiste nel fatto che tutti, Giudei e Gentili, sono destinati a far parte del nuovo popolo di Dio (Ef 3, 3-7; Ga 1, 15s). Essa poteva pure avvenire in modo indiretto vale a dire tramite altri apostoli che erano stati in contatto diretto con Ges, come, ad esempio, Pietro (Ga 1, 18). Tuttavia anche queste comunicazioni apostoliche trasmesse oralmente prima d'essere poste per iscritto erano pur sempre una rivelazione, in quanto provenivano da Dio per ispirazione divina. L'insegnamento dell'apostolo infatti un insegnamento divino, proprio perch egli era guidato dallo Spirito Santo in ogni verit (Gv 16, 23). Per questo si spiega meglio il fatto che Paolo, pur riferendo il racconto della Cena del Signore in una forma gi stilizzata e proveniente dalla tradizione apostolica, possa dire: L'ho r icevuto da parte del Signore (1 Co 11, 23). L'apostolo Paolo compreso quando scrive per utilizzare un detto di Ges, come ad esempio in 1 Co 7, 10, dove si legge: Ai maritati io annuncio, non io stesso ma il Signore, di non separarvi (1 Co 7, 10; cf Mc 10, 11s), in quel preciso momento, tramite l'apostolo, era il Signore che parlava. Ma anche quando mancava un preciso detto detto (lghion ) del Signore, l'apostolo impartiva sempre degli ordini che in ultima analisi, data la sua ispirazione, provenivano da Dio; per cui Paolo poteva scrivere: Agli altri (non coniugati) ordino io, non il Signore (= Ges Cristo) (1 Co 7, 12). Tuttavia anche in questo caso, in virt del suo carisma apostolico, egli meritava fiducia incondizionata e il suo insegnamento doveva divenire pietra di paragone per valutare gli altri insegnamenti: Riguardo alle vergini, non ho un ordine del Signore. Ma io do il mio avviso come un uomo a cui il Signore, nella sua misericordia ha dato il dono d'essere degno di fede77 ...Se alcuno si stima essere profeta o spirituale, riconosca che le cose che io vi scrivo sono comandamenti del Signore. E se alcuno lo vuole sprezzare, sia sprezzato (da Dio) (1 Co 14, 37 s; cfr 1 Co 11, 16). Tramite la tradizione apostolica il Signore che si fa conoscere a quanti non poterono vedere il R isorto. Naturalmente ci possibile solo se chi ascolta ubbidisce a tale tradizione, come sta incluso nel verbo greco ascoltare (ako ). Chi ascolta non colui che semplicemente ode, ma colui che con cura pratica ci che stato udito78 . b) Doni taumaturgici Lo esprime chiaramente Paolo scrivendo ai Corinzi: Certo i segni dell'apostolo sono stati manifestati in atto tra voi, nella perseveranza a tutta prova, nei miracoli, nei prodigi e opere potenti (2 Co 12, 12)
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Cl 2, 8 Pardosis to anthrpou . Ga 1, 12 di apokalpseos . 76 I negatori dell'esistenza di Ges (Couchoud , Le Mystre de Jsus , Paris 1924, p. 141) poggiano su questo punto per asserire che tutto quanto fu detto del Cristo proviene da una supposta rivelazione avuta da Paolo. L'apostolo avrebbe trasferito sul piano storico il contenuto di una sua visione soggettiva! Posizione evidentemente assurda! Come tutti l'avrebbero cos facilmente accolta, se il Cristo non fosse nemmeno esistito? 77 1 Co 7, 25 degno di fede; traduzione pi esatta che non quella di fedele. Il greco pists einai ha il senso di essere degno di fede anche in 1 Ti 7, 12 (degno di fiducia); At 13, 34. 78 Ef 4, 21. Perci Paolo scrive loro se pur l'avete ascoltato in quanto non basta udire, occorre anche praticare. Udire l'ammaestramento o la tradizione apostolica non udire un uomo, bens ascoltare lo stesso Cristo.
21 Per questo Paolo, predicando ai Corinzi con debolezza (personale), con timore e con tremore , non ha cercato di convincere usando discorsi meravigliosi ed avvincenti, bens con manifestazione di Spirito e di potenza affinch la loro fede poggiasse non su sapienza umana, ma sulla potenza divina (1 Co 2, 3 ss). A motivo dello Spirito potente che li spingeva ad agire, gli apostoli (e non altri) imponendo le mani potevano conferire lo Spirito Santo in un dispiegamento visibile di potenza meravigliosa79 . La stessa ombra di Pietro guariva gli ammalati, cos come gli asciugamani e i grembiuli di Paolo portavano guarigione80 . Perci l'autore della lettera agli Ebrei richiamando la salvezza annunziata dal Signore e poi confermata da quelli che 'lavevano udito (= apostoli) osserva che Dio stesso aggiungeva la sua testimonianza alla loro con segni e dei prodigi, con opere potenti svariate, e con doni dello Spirito Santo distribuiti secondo la sua volont81 . Un dono miracoloso interiore, ma ancor pi potente degli altri, era la conversione delle anime, che costituiva il primo suggello dell'apostolato. La trasformazione di un'anima infatti un'opera ben pi potente della guarigione corporale, per cui Paolo poteva scrivere: Se per altri non sono (ritenuto) un apostolo, lo sono almeno per voi, poich il suggello del mio apostolato siete voi, nel Signore (1 Co 9, 2) La loro conversione testimoniava infatti ch'egli lavorava davvero per il Signore e che la grazia di Dio era con lui. Paolo non aveva bisogno di raccomandazioni, poich poteva presentare la commendatizia pi bella del suo apostolato, vale a dire i cristiani viventi a Corinto da lui convertiti al Signore: Siete voi la nostra lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini essendo m anifesto che siete una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro ministero, ma con lo Spirito dell'Iddio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di carne (2 Co 3, 2 ss). Il fondamento della Chiesa La classe degli apostoli costituiva perci nella Chiesa primitiva il grado pi alto dei doni carismatici (1 Co 12, 28-29; Ef 4, 11). Talora gli apostoli sono messi in connessione con i profeti dell'Antico Testamento (Lc 11, 49; 2 Pt 3, 2)82 , in quanto essi costituivano i veri autentici profeti del Nuovo Testamento il cui insegnamento non poteva venir discusso, mentre, al contrario, lo potevano essere i profeti della Chiesa primitiva. La loro dottrina apostolica costituiva il mezzo pi sicuro per discernere la vera dalla falsa profezia83 . Gli apostoli costituiscono perci il fondamento della Chiesa84 in quanto solo per mezzo loro che gli altri uomini possono conoscere il Cristo. Se il Cristo fosse venuto al mondo senza essere sta79 80
Per Pietro e Giovanni cfr. At 5, 15; per Paolo cfr At 19, 12. Per Pietro cfr At 5, 15; per Paolo cfr At 19, 12. 81 Eb 2, 4. Anche se qui non si dice che le potenti opere taumaturgiche erano privilegio degli apostoli (di fatto vi era nella Chiesa apostolica anche il carisma delle guarigioni, donato a varie persone), si pu per concludere che tali doni erano principalmente riservati agli apostoli. 82 In Ap 18, 20 sembra che i profeti quivi nominati dopo gli apostoli siano quelli dell'A.T. Rallegrati o cielo, e voi santi, e voi apostoli, e voi profeti 83 In Ga 1, 1ss. In merito agli apostoli e profeti di Ef 2, 20, va notato che si tratta di un unico gruppo di persone, non di due gruppi distinti, in quanto non vi si ripete l'articolo dinanzi alla seconda parola profeti (come avviene in Ap 18, 20 e Ef 4, 11), ma un articolo unico regge entrambi i nomi. Quindi gli apostoli sono gli unici autentici e legittimi profeti del Cristianesimo. Gli altri profeti possono essere discussi, ma gli apostoli no! 84 Il themlion il fondamento che l'architetto getta a base della costruzione futura. Gli apostoli hanno posto il fondamento della Chiesa che Ges Cristo (1 Co 3, 10), ma anche loro costituiscono il fondamento della chiesa in quanto sono stati utilizzati da Cristo per fondare la sua Chiesa (Ef 2, 20) e sono gli unici mezzi che abbiamo a disposizione per conoscere il Cristo.
22 to annunziato dagli apostoli, noi saremmo ancora nella situazione che precedette la sua venuta, in quanto non potremmo conoscerlo e avere fede in lui. La fede viene tramite l'udire, e l'udire si ha per mezzo della testimonianza esplicita trasmessa a noi dagli apostoli ispirati (cfr Ef 2, 20; Rm 10, 13.14.17)85 . Perch il fondamento della Chiesa rimanesse stabile, gli apostoli non solo predicarono, ma scrissero pure dei libri sotto l'influsso dello Spirito Santo, che furono poi raccolti devotamente dai primi cristiani come libri ispirati e racchiusi nel canone della Bibbia o dei libri divini. Siccome gli apostoli oltrepassarono il numero di dodici, si comprende come le lettere di Paolo, di Giacomo e di Giuda siano state ritenute sacre; i loro autori, infatti, pur non essendo annoverati tra i Dodici, erano pur sempre degli apostoli. Si comprende anche meglio l'ispirazione del Vangelo di Marco, che probabilmente fu lui pure un apostolo testimone della resurrezione e della cattura di Cristo, qualora lo si identifichi, com' probabile, con il giovane sfuggito seminudo ai soldati che lo volevano catturare (Mc 14,51-52) e con il Giovanni Marco la cui casa era luogo di riunione della Chiesa primitiva (At 12, 12). Egli inizi tosto a lavorare per il Signore (At 16, 39 con 13, 13) con Barnaba e Saulo apostoli e collabor con Pietro che lo chiama mio figlio86 . I Dodici Tra il gruppo pi vasto degli Apostoli (scelti pur essi in quello ancora pi numeroso dei Discepoli) primeggiano i Dodici, che, come abbiamo gi visto erano il simbolo del Nuovo Israele e pi degli altri erano ricollegati con l'Antico Israele secondo la carne 87 . Per essere ammessi nel gruppo dei Dodici occorreva, non solo aver visto il Risorto, come gli Apostoli, ma essere stati con Ges anche durante la sua vita terrena sin dall'inizio del suo battesimo ad opera di Giovanni (At 1, 22). Siccome il numero dodici aveva un significato simbolico, ne consegue che esso doveva rimanere tale per sempre, per cui quando Giuda, il traditore, si rese indegno di essere annoverato tra di loro, se ne scelse un sostituto nella persona di Mattia, il quale venne tratto a sorte affinch la sua scelta fosse divina e non umana (At 1, 26). Pietro invece, pur avendo rinnegato il Cristo, fu riabilitato dallo stesso Signore (Gv 21). Siccome il numero dei dodici era fisso, ne segue che esso non vari mai, per cui dopo la loro morte essi non poterono affatto venir sostituiti da altri; in tal modo si pot scri85
W. Schmithals, Das Kirchliche Apostolat. Eine Historische Untersuchung (Forschungen zur Religion und Literatur des Alten und Neuen Testament, 79 ), Gttingen 1961. L'Autore, come gi vedemmo, si riallaccia al suo studio sulla gnosi di Corinto (Die Gnosis in Korinth. Eine Untersuchung zu den Korintherbriefen, Forschungen z. Religion ... n. 66, Gttingen 1956), per sostenere che l'apostolato non altro che la retrodatazione della dignit apostolica esistente presso gli gnostici. 86 L'unico problema in tal caso sarebbe l'ispirazione del Vangelo di Luca che non fu apostolo, sia perch convertito pi tardi, sia perch lui stesso si distingue dai testimoni (Lc 1, 1 -4). Tale questione si risolve con il fatto che Luca citato, assieme a un passo del Signore, da parte di Paolo (1 Ti 5, 18 che cita Dt 25, 4 e Lc 10, 7) divenendone cos suo garante e con il fatto che l'evangelista ha voluto raccogliere solo ci che sicuramente proveniva dai testimoni autorizzati (= apostoli) e perci arricchiti di ispirazione (suo prologo). Di solito il problema del canone neotestamentario molto trascurato dagli acattolici. 87 Mt 10, 5-6. Fu Paolo, che non era dei Dodici, a proclamarsi l'apostolo dei Gentili, come Pietro lo era per i circoncisi, ossia i Giudei. Gli apostoli inizialmente si limitarono a predicare agli Israeliti e solo con difficolt accettarono la predicazione ai Gentili; per muovere Pietro ci volle una apposita visione (cfr At 10). Come si concilia questa opposizione con il comando di Ges ammaestrate tutte le genti ? (Mt 28, 18-20; cfr Lc 24, 47; At 1, 8). Il Gaechter (Das Matthus Evangelium. Ein Kommentar , Tyrolis Verlag, Innsbruck 1963 a. 1) suppone che questa frase sia stata inventata da Matteo in accordo con la teologia posteriore della Chiesa primitiva. Ges avrebbe detto andate per tutto il mondo , il che poteva intendersi ai soli Giudei della Diaspora ; essa poi fu ritoccata in tutte le genti secondo la teologia successiva (cfr At 19, 11 e 15). Non penso che ci sia necessario: il problema di At 10 e 15 non era quello della possibilit o no di predicare ai Gentili, ma se questi Gentili dovessero prima farsi circoncidere o no. La frase di Ges fu intesa nel senso che la predicazione poteva rivolgersi anche ai Gentili, ma solo dopo che questi erano divenuti Ebrei con la circoncisione. Fu lo Spirito Santo che, con Pietro Prima (At 10), e con Paolo poi, chiar il senso escludendo la circoncisione (At 15).
23 vere che la Nuova Gerusalemme, simbolo del Nuovo Israele, fondata su dodici fondamenti che sono appunto i Dodici (Ap 21, 12-14). Paolo, pur essendo stato uno dei massimi apostoli, non fu mai considerato uno dei Dodici n dai cristiani n da se stesso; egli, pur difendendo pi e pi volte il suo apostolato, non ha mai preteso di entrare a far parte del gruppo dei Dodici (cfr 1 Co 15, 5.8-9; 1 Co 9, 1 ss). La missione specifica dei Dodici non era solo quella di testimoniare la Resurrezione del Cristo ci poteva essere attuato pure dagli altri apostoli bens quella di fungere da testimoni anche per la vita terrena di Ges. Si vede da ci come non sia possibile dare dei successori agli Apostoli e tanto m eno ai Dodici; il testimone non pu avere dei successori! Chi non ha veduto non pu testimoniare ci che non vide; egli potr solo ripetere la testimonianza dei Testimoni! Si vede quindi come vi debba essere una differenza essenziale tra la Chiesa apostolica e quella postapostolica. Nella prima gli apostoli potevano di continuo completare la loro testimonianza; nella seconda i credenti vescovi compresi non possono fare altro che ripetere la testimonianza ormai completa dei testimoni oculari. I Dodici nei racconti evangelici La scelta dei Dodici avvenne su di un monte dopo una notte trascorsa in preghiera (Lc 6, 12) e per puro beneplacito di G es (Mc 3, 13). Il Maestro ne fece dei compagni inseparabili, associati alla sua missione e collaboratori nella predicazione della buona novella88 . Perch potessero ricordare ci che da Ges avevano udito, il Cristo promise loro l'invio dello Spirito Santo89 . Quattro sono le liste dei Dodici contenute nel Nuovo Testamento, una ciascuno dei Sinottici e l'ultima nel libro degli Atti (Mt 10, 24; Mc 3, 16-19; Lc 614-16; At 1, 13). Nonostante le variazioni nella successione dei nomi, si pu notare quanto segue: tutte iniziano con Pietro e finiscono con Giuda Iscariota, il traditore. Vi si possono distinguere tre quaterne di nomi, di cui il primo sempre identico, mentre gli altri sono presentati in ordine diverso. Forse coloro che presentarono tali elenchi, lo fecero tenendo conto dei raggruppamenti esistenti nella realt. Il primo gruppo costituito da Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea. Il secondo da Filippo, Bartolomeo (= Natanaele), Tommaso e Matteo. Il terzo da Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo zelota, Giuda Taddeo e Giuda Iscariota. Tutti costoro s'erano uniti, almeno inizialmente, con la segreta speranza che Ges desse origine al regno messianico con la sconfitta definitiva dei nemici di Israele, in prima linea dei Romani. Anche Pietro, mosso da tale idea, si oppose a Ges quando sent che questi parlava della sua futura morte (Mt 16, 21s). Ges, quando la gente impressionata dalla miracolosa moltiplicazione dei pani, voleva proclamarlo re, s'affrett ad allontanare i suoi discepoli, perch non fossero contagiati da tale entusiasmo popolare (Gv 6, 5; Mt 14, 22). Giacomo e Giovanni per mezzo della loro madre Salom, zia a quel che pare di Ges90 , chiesero di essere posti uno alla destra e l'altro alla sinistra del maestro nel suo regno (Mt 20, 20). Ancora p oco prima della sua assunzione al cielo, i discepoli radunati attorno al Cristo, gli chiesero: Signore, in questo tempo che ridonerai il regno a Israele? (At 1, 6). La terza quaterna sembra riunire le persone maggiormente interessate alla restaurazione nazionale dei Giudei e in certo senso ricollegate al gruppo degli zeloti fondati da Giuda il Galileo (At 5, 37) e
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Mc 6, 7-13.30. Cfr L. Cerfaux , la mission de Galile dans la tradition synoptique, in Ephem. Theol. Lovan. 27 (1951), pp. 369- 389; 28 (1952), pp. 629-647. 89 Gv 14, 26. 90 Si cfr Gv 19, 25 ss e F. Salvoni , La verginit di Maria , Editrice Lanterna, Genova 1969, pp. 57-68.
24 nemici giurati dei Romani (At 5, 37). Ci insinuato da alcuni appellativi aggiunti ai loro nomi come Simone lo zelota detto pure cananeo91 . Tra questi zeloti eccelleva il gruppo dei sicari, cos detti dallo stiletto (sica) che nascondevano nelle pieghe del loro mantello e con cui assassinavano, quando ne capitava l'occasione, qualsiasi romano che fosse isolato, occultandosi poi tra la folla accorsa e facendo scomparire le proprie tracce. Oggi si pensa che l'epiteto Iscariota attribuito a Giuda, anzich riferirsi al suo ignoto villaggio detto Keriot, sia la trascrizione aramaica di sicario. Quindi egli sarebbe stato un fautore della ribellione violenta contro i Romani, rendendo cos pi comprensibile l'esistenza di due spade in seno agli apostoli (Lc 22, 30). Il suo tradimento di Ges, secondo alcuni, sarebbe dovuto non solo ad amore verso il denaro che certamente aveva, secondo Giovanni (12, 6) bens al desiderio di costringere il Cristo a liberarsi dai suoi avversari e ad entrare finalmente in lotta con i Romani, utilizzando la sua potenza taumaturgica a favore di tale causa santa. In tal modo si spiegherebbe meglio la frase mattaica: Giuda, vedendo che Ges era stato condannato, si pent e riport i trenta sicli d'argento (Mt 27, 3). Sembra quindi che egli, nel tradire Ges, avesse la segreta speranza che il Maestro si sarebbe ribellato a tale condanna mediante il d ispiegamento taumaturgico della sua potenza divina92 .
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Il termine cananeo (Mc 13, 18, Mt 10, 4) non ha nulla a che vedere con il territorio di Canaan, ma la trascrizione dell'aramaico Kanana, traduzione del greco zelota (= fanatico) che trascritta in caratteri greci, anzich essere tradotto (Lc 6, 15; At 1, 13). Altri anzich zelota vorrebbero tradurre il termine con zelante nella legge giudaica; ma anche in tal caso egli non avrebbe dovuto essere in buona armonia con l'oppressore romano, che aveva limitato la i lbert d'azione del popolo giudaico. 92 Cfr F. Schultess, Das Problem der Sprache Jesu , 1919, pp. 54 s. Secondo alcuni anche Pietro sarebbe appartenuto a questo gruppo di rivoluzionari (si veda pi avanti il significato discusso di Barjona).
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13. Ora essendo venuto ne lla regione di Cesarea di Filippo, Ges interrogava i suoi discepoli dicendo: Che dicono gli uomini che sia il Figliuol dell'uomo?
18. E avvenne che mentre in un luogo solitario, era occupato a pregare, i suoi discepoli erano accanto a lui. Ed egli domand loro: Ce dicono le turbe che io sia? 19. Essi risposero: Giovanni il Battista; altri Elia; altri: Uno dei profeti antichi tornato in vita
14. Essi dissero: Gli uni di28. Essi gli dissero: Giocono: Giovanni il Battista, vanni il Battista, altri Elia, e altri Elia; altri ancora Gealtri uno dei profeti remia o qualcuno dei profeti
20. Ed egli disse loro: Ma 15. Ed egli disse loro: Ma 29. Ed egli chiese loro: Ma voi, che dite che io sia? voi che dite che io sia? voi, che dite che io sia? Pietro gli disse: Il Cristo di 16. Rispondendo Simone Pietro rispondendo gli disDio Pietro disse: Tu sei il Cristo se: Tu sei il Cristo , il figlio di Dio vivente 30. Ed egli ingiunse loro di non dire nulla ad alcuno. 31. Poi incominci a insegnare loro che era necessario che il Figliuol dell'uomo soffrisse molte cose, e fosse reietto dagli anziani e dai capi sacerdoti e dagli scribi, e fosse ucciso, e in capo a tre giorni risuscitasse 32. E diceva queste cose apertamente. E Pietro, trattolo da parte prese a rimproverarlo. 20. Allora egli ordin ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo 21. Da quell'ora Ges cominci a dichiarare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose dagli anziani, dai capi sacerdoti e dagli scribi ed essere ucciso e risuscitare il terzo giorno 22. E Pietro, trattolo da parte, cominci a rimproverarlo, dicendo: Tolga ci Iddio, Signore questo non ti avver21. Ora egli ingiunse loro severamente di non dirlo ad alcuno (che egli era il Cristo) e aggiunse: Bisogna che il Figliuol dell'uomo soffra molte cose, e sia reietto dagli anziani e dai capi sacerdoti e dagli scribi e sia ucciso e risusciti il terzo giorno
26 proverarlo. 33. Ma egli rivoltosi e guardati i suoi discepoli, rimprover Pietro dicendo: Via da me, Satana! i tuoi sentimenti non sono quelli di Dio, bens quelli degli uomini r mai 23. Ma Ges rivoltosi, disse a Pietro: Via da me, Satana; tu mi sei di scandalo; i tuoi sentimenti non sono quelli di Dio, bens quelli degli uomini
Si tratta di uno stesso episodio? Contro l'interpretazione pi ovvia, che vi vede un medesimo episodio, l'ex rabbino E. Zolli, convertitosi al cattolicesimo, poggiando su di un concetto troppo rigido di ispirazione, sostenne che dai particolari diversi dei tre sinottici si deve concludere a tre episodi diversi della vita di Ges, con i quali il Maestro avrebbe ripetutamente cercato di meglio illuminare i suoi discepoli93 . Tuttavia, come gi ebbi occasione di mostrare altrove questa opinione insostenibile94 . Le principali ragioni per la distinzione degli episodi si riducono a tre: diversit di luogo, diversit di ragionamento, diversit di confessione. Ma gli agiografi non erano dei semplici copisti riproducenti alla lettera le parole a ltrui e gli episodi della vita di Cristo; essi conservavano una certa elasticit d'espressione, si adeguavano alla cultura dei lettori che intendevano catechizzare e presentavano i racconti secondo la visuale propria di ciascuno. a) Il luogo Per Marco e Matteo si tratta di Cesarea di Filippo, una citt ricostruita nel I secolo d.C. da Filippo (4-34 d.C.), tetrarca della Gaulanitide e della Traconitide, accanto alle sorgenti del Giordano; distante circa 66 Km da Damasco, essa ora abitata da circa duecento famiglie arabe95 . Il suo nome attuale, Banjas , si ricollega al dio Pan che era venerato in una delle grotte vicine. Tale citt giaceva di fatto in un luogo solitario, per cui non vi motivo di ritenere che la relazione lucana narri un episodio diverso da quello riferito dai sinottici96 . L'omissione del nome da parte di Luca si spiega con la teologia geografica del terzo Vangelo; infatti l'ultimo nome proprio ricordato da Luca Betsaida (Lc 9, 10), pi avanti tutta l'attenzione dell'evangelista sembra concentrarsi su Gerusalemme, dove Ges deve subire il suo martirio. Per questo Luca fa svolgere tutto il restante Vangelo in un lungo viaggio di Ges verso Gerusalemme, nel quale incorpora quasi tutti gli eventi della vita di Ges (Lc 9, 51 - 19, 48). Poi dopo la morte e la resurrezione nella citt santa, la buona novella si sparge gradatamente da Gerusalemme, poi ad Antiochia, passando per la Samaria, e infine verso i confini del mondo (Atti). Ci che non collima con questo schema di geografia teologica viene omesso (ad esempio le apparizioni di Cristo in Galilea che farebbero evangelizzare questa regione prima della pi vicina Samaria) o presentato senza indicazione di luogo. Il fatto stesso che Luca presenti il racconto della confessione dopo aver ricor93 94
E. Zolli, La confessione e il dramma di Pietro , Roma, Figlie della Chiesa Cor Unum, Viale Vaticano 62, 1964. F. Salvoni , La confessione di Pietro secondo E. Zolli , in Ricerche Bibliche e Religiose 1 (1966), pp. 353-363. 95 Cfr G. Flavio , Ant. Giud. 18, 2, 1. E' detta di Filippo per distinguerla dalla Cesarea posta sul Mediterraneo, che era sede del procuratore romano. 96 Villaggi (Marco) e regione (Matteo) indicano la stessa cosa, vale a dire il territorio contiguo alla c itt di Cesarea, ritenuta da Marco un complesso di villaggi.
27 dato Betsaida che si trovava a nord -est del lago di Tiberiade secondo i risultati pi recenti ed era stata pur essa ricostruita da Filippo, ci fa comprendere che anche qui la confessione petrina a vvenne nel territorio appartenente al tetrarca, dove appunto si trovava Cesarea, che era davvero un luogo solitario97 . Il nome omesso solo perch, se fosse nominato farebbe allontanare Ges da Gerusalemme anzich farlo avvicinare, secondo lo schema geografico del suo Evangelo. Non si pu dire che la preghiera ricordata solo da Luca ci obblighi a riconoscervi un episodio diverso da quello degli altri sinottici: spesso Luca aggiunge di suo nel Vangelo la preghiera di Ges per sottolineare l'importanza dell'evento98 . b) Il colloquio Le variazioni che vi si trovano sono puramente psicologiche o stilistiche, quali si riscontrano sempre presso persone che non riferiscono alla lettera le parole altrui. Il che dicono gli uomini cambiato in le turbe da Luca, perch questo vocabolo indicava meglio la gente che era stata in contatto con Ges, che non il termine generico di uomini, il quale per s indica il genere umano nella sua totalit in quanto distinti dagli animali. Anche il risorto aggiunto ad uno dei profeti usato da Luca per chiarire ai Gentili, alieni dal concetto di resurezione, come mai si potesse pensare che un antico profeta gi defunto fosse tornato su questa terra. Anche il cambiamento del Figlio dell'uomo (Mt) nel pronome io (Mc e Lc) si spiega con il semplice fatto che l'espressione Figlio dell'uomo, pur essendo talora sinonimo di Messia99 , non di rado si riduceva ad avere un semplice valore pronominale. Che tale sia il caso nel passo presente risulta dal fatto che Ges non pu aver chiesto che cosa pensassero le turbe del Messia, poich in tal caso la risposta sarebbe stata diversa, ma che cosa esse pensassero di lui (cfr pire Mc 8, 31 e Lc 9, 21 con Mt 16, 21). Anche il richiamo delle voci circolanti su Ges non altro che una esplicitazione pi o meno ricca del medesimo concetto. Per alcuni, ad esempio Erode, in cui si mescolavano vari sentimenti e rimorsi per la decapitazione del profeta e le credenze farisaiche o pagane riguardanti la resurrezione e la reincarnazione dei morti, Ges era il redivivo Battista (cfr Mc 14, 1 s). Per altri egli era semplicemente uno dei profeti antichi, forse lo stesso Elia che tanta risonanza godeva nell'apocalittica giudaica; trasferito da Dio in cielo, secondo le idee rabbiniche sarebbe dovuto riapparire negli ultimi giorni100 . Anche l'Ecclesiastico presentava Elia come colui che era riservato per le prove future, per placare la collera prima che divampasse, per ricondurre il cuore del padre verso il figlio, per r istabilire la trib di Giacobbe (Eccli 48, 10). Ges correggendo i falsi concetti messianici del suo tempo, identific Elia con il Battista, non perch costui fosse la reincarnazione del primo, ma perch del precedente possedeva lo Spirito e la potenza101 . Matteo, all'enumerazione precedente, aggiunge anche la figura di Geremia, colui che, pur avendo occultato, secondo la leggenda giudaica, il fuoco sacro, l'altare e la tenda del Convegno in una grotta prima del saccheggio di Gerusalemme, non assunse mai una posizione di rilievo nell'apocalittica
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Sulla teologia della geografia lucana cfr F. Salvoni , Modern Studies in the Resurrection of Jesus, in Restoration Quarterly 5 (1961), pp. 88-99 (specialmente p. 98). 98 Cfr l'aggiunta, da parte di Luca della preghiera anche in occasione della chiamata dei Dodici (Lc 6, 12); cfr Mt 10, 1 4; Mc 3, 13-19. 99 Cfr O. Cullmann , Christologie du N.T. , Neuchtel 1958, pp. 118-166; A Feuillet , Les Fils de l'Homme de Daniel et la tradition biblique , n i Rev. Bibl., 1953, pp. 170-202; R. Marlow , The Son of Man in Recent Journal Literature , in Cath. Bibl. Quart. 28 (1966, pp. 20-30. 100 Ml 3, 23 oppure 4, 5 secondo altre numerazioni. 101 Mc 9, 11-13 e Lc 1, 17. Per la figura di Elia nell'escatologia ebraica cfr J. Hering , Le royaume de Dieu et sa venue , 2 ediz.; Neuchtel 1959, pp. 68-72.
28 giudaica (2 Macc 2, 1-8). Era per logico che il popolino pensasse che Geremia gi apparso in v isione a Onia per consegnargli una spada aurea (2 Macc 15 13-16) dovesse riapparire prima del Cristo onde svelare la grotta e ridonare agli Ebrei gli oggetti necessari al culto. c) La confessione di Pietro102 . Pur nella diversit dei vocaboli il concetto perfettamente identico provando l'unicit dell'episodio. La forma pi semplice quella di Marco, che attraverso la frase lucana, raggiunge la sua espressione pi vasta in Matteo. a) Tu sei il Cristo (Mc 8, 29) b) Tu sei il Cristo di Dio (Lc 9, 20) c) Tu sei il Cristo, il Figlio dell'Iddio vivente (Mt 16, 16) L'appellativo vivente non altro che una specificazione assai usata nella Bibbia per indicare il vero Dio, ben diverso da tutti gli altri idoli muti e privi di vita103 . Come Dio vivente e d vita, cos anche suo Figlio diviene datore di vita per cui anche il credente, innestato al Cristo, si trasforma in un sasso vivente nell'edificio della Chiesa (cfr 1 Pt 2, 4-5). L'appellativo Figlio di Dio solo una esplicazione del vocabolo Cristo, aggiunta da Matteo in tempo posteriore, in armonia con lo sviluppo teologico del suo tempo, per rendere pi enfatica la professione di fede attuata da Pietro. Tuttavia anche se si volesse supporre che davvero Pietro abbia aggiunto lui stesso le parole Figlio di Dio , tralasciate dagli altri sinottici, non ne deriverebbe che egli ne abbia compreso tutte le implicanze. Nei sinottici Cristo e Figlio di Dio sono espressioni intercambiabili ed esprimono pi la messianicit di Ges che non la sua divinit. Infatti talora per indicare che Ges il Cristo si usa la frase Figlio di Dio, confermando in tal modo la sinonimia dei termini104 . In quanto espressioni intercambiabili, al mattaico: Salvato se sei il Figlio di Dio corrisponde il lucano Salvati, se sei il Cristo105 . Anche dopo essere stato proclamato Figlio di Dio da Pietro, Ges proibisce ai discepoli di annunziare che egli era il Cristo (Mt 16, 16-20). Quando i demoni affermano che Ges Figlio di Dio. Ges proibisce loro di dire ch'egli il Cristo (Lc 4, 41). Anche presso gli apocrifi il Messia talora chiamato il mio Figlio, il Messia106 . Dobbiamo quindi stare cauti nell'inferire implicazioni teologiche conformi alla mentalit odierna, da termini allora intesi in modo ben pi semplice107 . Il rimprovero di Pietro Dopo questa professione di fede, Ges pass a chiarire che egli, pur essendo il Messia, doveva a ttuare una missione ben diversa da quella che usualmente gli Ebrei si attendevano. Egli avrebbe d ovuto passare per la sofferenza e il dolore; subire il rifiuto a Gerusalemme, il centro della vita religiosa, da parte degli organi rappresentativi giudaici (anziani, capi sacerdoti, scribi); alla sua morte sarebbe tuttavia successo il trionfo della resurrezione. Mentre tutti e tre i sinottici s'accordano nel riferire questa predizione, Matteo e Marco vi aggiungono pure l'opposizione di Pietro a tale visione
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Cfr. G. Dalman , Worte Jesu , Leipzig 1898, 219-226. Cfr Th. de Kruijf , Der Sohn des lebendigen Gottes. Ein Beitrag zur Christologie des Matthusevangeliums , Roma 1962; M.B.F. van Iersel , Der Sohn in den synoptischen Jesusworten. Christusbezeichnung der Gemeinde oder Seibstbezeichnung Jesu , Leida 1961, pp. 94-95. 103 Cfr Gv 6, 57; Rm 9,26; Os 2, 23; Gr 10, 6-19. 104 Cfr Mt 8, 29; 14, 23; 27, 40.43; Mc 3, 11; Lc 21, 70; Gv 1, 34.39; 11, 27; 19, 7 105 Mt 27, 40; Lc 23, 35. 106 4 Esdra 4, 7.28. Cfr ivi 13, 32.37.52; Enoc 10, 5.2. 107 Mi sembra questo un errore in cui incorso S. Cipriani, nel suo studio La confessione di Pietro in Gv. 6, 69-71 (in Pietro, o.c. pp. 93-111); nonostante le interessanti notizie e le deduzioni felici che vi si riscontrano, egli tende ad identificare la confessione di Cesarea presso i sinottici con quella di Gv 6, 69-71.
29 di dolore ( Lungi da te questo ) e il successivo rimprovero di Ges che lo scaccia, come gi aveva scacciato Satana, allorch voleva rimuoverlo dalla sua missione: Via da me Satana. I tuoi sentimenti non sono quelli di Dio, bens quelli degli uomini 108 . L'elogio proprio di Matteo Nel racconto precedente, comune a tutti e tre i sinottici, Matteo aggiunge il proprio elogio e la promessa di Ges a Pietro, che cos suonano: Prendendo la parola Ges gli disse: Tu sei beato, Simone Barjona: perch non la carne n il sangue che te l'hanno rivelato, bens il Padre mio, che sta nei cieli; e io ti dico: Tu sei Pietro e su questa Pietra edificher la mia Chiesa, le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa. Io ti dar le chiavi del Regno dei cieli. Ci che tu legherai sulla terra sar legato nei cieli, e ci che scioglierai sulla terra sar slegato nei cieli (Mt 16 17-19) Prima di analizzare il senso mi sia permesso richiamare alcuni problemi collaterali Genuinit del passo a) Il problema Fu solo verso la fine del secolo scorso che si prese a negare l'autenticit di questo brano esclusivo di Matteo109 . Il Cristo credendo imminente la venuta del regno escatologico finale, non poteva preannunciare la comparsa della Chiesa che ne una fase intermedia. Secondo la frase suggestiva di A. Loisy Ges ha predicato il Regno di Dio, e ne balzata fuori la Chiesa110 . Il Loghion, messo in bocca a Ges pi tardi, sorse probabilmente a Roma nel II secolo (non infatti citato prima del 190) e costitu il primo passo verso l'autorit della Chiesa romana 111 . Il Harnack, poggiando sulla presunta lezione del Diatessaron di Taziano, anzich respingere tutto il loghion (detto) di Cristo, si limit ad eliminare le parole: Su questa pietra edificher la mia chiesa ed a modificarne il pronome su di essa (auts) in su di te (sou). In tal modo la frase si ridurrebbe alla promessa di immortalit dell'apostolo Pietro da parte di Ges Tu sei Pietro e le porte dell'Ades non prevarranno su di te112 . Pi tardi i critici tornarono ad ammettere la genuinit del detto, sia per il suo colorito semitico (J. Jeremias), sia per la inscindibile connessione esistente tra il Figliuol dell'Uomo e i Santi del Nuovo
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Mt 16, 23; Mc 8, 33 (per Satana cfr. Mt 4, 9-10). L'episodio narrato in Lc 9, 22; Mc 8, 31-33; Mt 16, 21-23. Cfr Ortensio da Spinetoli , I problemi letterari di Mt 16, 13-20 , in Pietro, Brescia 1967, pp. 79-92. 110 Loisy, L'evangile et l'Eglise, Paris 1902, p. 111. 111 Cos H. J. Holzmann , Handkommentar , t. l. ad locum. L 'origine romana stata suggerita da E. Bonaiuti , Storia del Cristianesimo , vol. I (Roma). La creazione del detto nel II sec. sostenuta anche nel recente volume di P. Martinetti (Ges Cristo e il Cristianesimo , Milano, il Saggiatore, 1964, p. 83): In esso (Vangelo di Matteo) ricorre il famoso detto di Ges a Pietro: Tu sei Pietro, che il linguaggio di un presbitero del II secolo, non certamente quello di Ges. Ecclesiastica la sua dottrina di fede, la sua concezione del Cristo; in esso gi traspare l'inizio della disciplina ecclesiastica: le tendenze socialiste di Luca sono ripudiate; il sogno apocalittico comincia a svanire in un avvenire indefinito. 112 A. Harnack , Der Spruch ber Petrus als Felsen der Kirche , in Sitzungsberichte der Berl. Akad. der Wissenschaft 1918, pp. 637-654. L'ipotesi fu combattuta da L. Fonk , Tu es Petrus , in Biblica, 1 (1920), pp. 240-264; la supposta base tratta dal Diatessaron di Taziano fu confutata da S. Euringer , Der Locus classicus des Primatus (Mt 16, 16) und der Diatessaron Text des heiligen Ephraim , in Festgabe fr A. Ehrhard, 1922, pp. 141 ss. Dal fatto che S. Efrem in un Commento al Diatessaron di Taziano (probabilmente del 170 d.C.) non parli della frase Su questa pietra edificher la mia chiesa , non si pu inferire che in tale antica versione siriaca la frase mancasse.
30 Israele (Kattenbusch), sia perch la parola ecclesia non esprime ancora la Chiesa del II secolo, ma equivale al resto d'Israele gi predetto dai profeti dell'Antico Testamento (Schmidt)113 . Una seconda reazione ebbe inizio nel 1941 con gli scritti del Bultmann, il quale pur ammettendo l'antichit del loghion, comprovata dalla sua impronta semitica, ne neg l'origine dal Cristo, perch questi intendeva dare inizio a un regno escatologico futuro, non a una Chiesa immediatamente realizzabile114 . W. C. Kmmel, pur ammettendo che il futuro regno escatologico sia gi in un certo qual senso anticipato con il Cristo, neg che tale anticipazione sarebbe dovuta continuare nella Chiesa. Fu solo pi tardi, che i primi cristiani, vedendo il ritardo della parusia, pensarono che il r egno escatologico fosse gi anticipato non solo nel Cristo, ma anche nella Chiesa; a loro quindi, ma non a Ges, risale il detto Tu sei Pietro 115 Pi recentemente il critico A. Oepke torn a difenderne la genuinit insistendo sul fatto che la frase, corrispondendo alle idee messianiche contemporanee circa il nuovo popolo di Dio, poteva essere espressa anche da Ges116 . Oggi i critici si dividono in due gruppi di pari forza di cui gli uni difendono la genuinit del brano mattaico, mentre gli altri la negano. b) Regioni favorevoli all'autenticit Non fa pi difficolt oggi la sua omissione in Marco e Luca, dal momento che i loghia di Ges circolavano all'inizio in gran parte isolati, come appare dall'apocrifo Vangelo di Tommaso recentemente scoperto a Nag Hammadi in Egitto117 . L'origine palestinese del loghion su Pietro appare dal suo colorito semitico: n ome Barjona , espressione carne e sangue , gioco di parole su Pietro-pietra , possibile solo nell'aramaico Kefa 118 , dall'affinit del brano con un passo degli Inni trovati nei pressi di Qumrn119 , dalla sua presenza solo in Matteo che un Vangelo di origine palestinese. La sua antichit provata dal fatto che in esso non v' ancora alcun cenno polemico a Giacomo, il quale nella tradizione posteriore entr in concorrenza con Pietro120 . Il loghion dev'essere anzi anteriore al 53 d.C. come si pu dedurre dall'esame di un brano delle Omelie Pseudo-Clementine , risalente al tempo della polemica antipaolina svelata pure dall'epistola ai Galati (ca. 53 d.C.). In essa Pietro obietta a Paolo di essersi opposto al fondamento della Chiesa. E' contro la solida rocca e il fondamento della chiesa che ti sei eretto da avversario 121 . Queste parole utilizzano il detto Tu sei
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Kattenbusch , Der Quellhort der Kirchenidee , in Festgabe fr A. Harnack, 1921, pp. 142 ss; K.L. Schmidt , Das Kirchenproblem im Urchristentum, in Theol. Bltter 6 (1927), pp. 297 ss.; Idem , Die Kirche des Urchristentums , Festgabe fr Adolf Deissmann, 1927, pp. 259 ss.; A. Jeremias , Golgotha , 1926, pp. 68 ss. Si cfr F.M. Braun , Aspects nouveaux du problme de l'Eglise , Freiburg 1942, pp. 99ss. 114 R. Bultmann , Die Frage nach der Echtheit von Mat. 16, 17-18 , in Theologische Bltter, 20 (1941), pp. 265-275. Fu seguito da E. Hirsch , Frgeschichte des Evangeliums , Tbingen 1941, vol. II, p. 305; L.J. Cadoux , The Historic Mission of Jesus , London 1941, pp. 133-305. 115 W.G. Kmmel, Kirchenbegriff und Geschitbewusstsein in der Urgemeinde und bei Jesus, Uppsala 1943 116 A. Oepke, Der Herrenspruk ber die Kirche, Mat. 16, 17-19 in der neuesten, in Studia Theologica 2 (1948-1950. Secondo lautore lomissione stata attuata dalla Chiesa ellenista influenzata da Paolo 117 Cfr F. Salvoni, Il Vangelo di Tommaso , in Il Seme del Regno 9 (1962), pp. 169-176. 219-266. 269-377 (specialmente pp. 274-277). 118 Cfr N. Clavier , Ptros kai Ptra , in Neutestamentliche Studien fr A. Bultmann, Berlin 1954, pp. 101-103; J Ringger , Das Felsenwort, Zur Sinndeuteung von Mat 16, 18 von allem im lichte der Symbolgeschichte , in RoesleCullmann, Begegnung der Christen, Frankfurt am Main 1960, pp. 273-278. 119 I Qumrn, Hodayt 6, 26 che riporter in seguito. 120 Cfr F. Salvoni, Il Vangelo di S. Tommaso (vedi nota n. 25). 121 Om 17, 13-19. Il brano successivo insiste invece sulla rivelazione avuta da Pietro (Mt 16, 17): Cos anche a me il Figlio stato rivelato mediante il Padre. Per questo io conosco per mia propria esperienza la potenza delle rivelazioni. Nel momento stesso in cui il Signore domandava: Che si dice ch'io sia? mentre io udivo gli altri due dare risposte dif-
31 Pietro dimostrandone cos la sua esistenza presso alcuni ambienti petrini che lo usavano nella loro diatriba antipaolina (ca 53 d.C.). Penso che alla stessa conclusione si giunga leggendo l'epistola ai Galati, dove Paolo presenta la sua dignit apostolica in modo che non appaia per nulla inferiore a quella di Pietro122 . Anche se, quando Paolo scrisse la sua lettera ai Galati (ca 63 d.C.), il Vangelo greco di Matteo non era ancora esistente, doveva per gi circolare il detto di Ges Tu sei beato o Simone... , perch Paolo di fronte alla rivelazione di Pietro elogiata da Ges (Mt 16, 17 s), esalta la sua propria rivelazione ( apoclupsis , Ga 1, 15-16), e afferma di non aver voluto consultare carne e sangue (Mt 16, 17), vale a dire alcuna persona, fosse pure l'apostolo Pietro, per recarsi tosto in Arabia a meditare su quanto lui personalmente aveva ricevuto123 . Una conferma dell'intento apologetico dei primi due capitoli della epistola ai Galati appare anche dal fatto che per parificare se stesso all'apostolo fondamento, Paolo anzich chiamare, come al solito, l'apostolo del giudaismo con il nome Cefa (cfr anche sotto al v. 11), qui, eccezionalmente, adopera il nome Pietro, che, etimologicamente, era meglio comprensibile ai suoi lettori greci (roccia, rupe o sasso). Tutto ci milita per la esistenza del loghion anteriormente al 53 d.C. Vi sono poi indizi sufficienti per attribuire questo detto a Ges Cristo124 . L'espressione Tu sei beato (makrios) ricorre spesso sul labbro di Ges, sia in senso generico (Mt 5, 3 ss) sia in senso individuale125 . Il simbolismo delle chiavi usato anche altrove da parte di Ges (Lc 11, 52); la ripetizione di un'idea in tre strofe (Mt 16, 17.18.19), riappare in altri passi sul labbro di Ges126 . Il concetto poi di assemblea (ecclesia) per indicare il nuovo popolo messianico non fa pi meraviglia ora, in quanto era corrispondente all'attesa di quel tempo, specialmente presso la comunit di Qumrn. Anche loro ammettevano che della loro comunit Dio aveva posto la fondazione sopra la roccia127 ; al pari del proto martire Stefano, essi credevano di costituire la comunit, la chiesa messianica128 . Molti elementi militano dunque a favore dell'autenticit del Loghion, che quindi non si pu pi tanto facilmente respingere.
ferenti, questa potenza sal nel mio cuore, e io dissi, non so come: Tu sei il Figlio di Dio vivente (Om 18, 1). Paolo non espressamente nominato, ma si legge tra riga e riga, sotto il nome di Simon Mago (almeno in questo brano). 122 Cfr Ga 1, 15s. Si leggano pure le considerazioni del capitolo seguente. 123 I legami intimi con Mt 16, 17 (e per Denis anche con il v. 18) furono rilevati da Albert M. Denis, (L'investiture de la fonction apostolique par l'apocalypse. Etude Thmatique de Gal 1, 16 , in Rev Bibl 64, 1957, pp. 492-515) e da R efoul ( Primaut de Pierre dans les evangiles , in Revue de Sciences Religeuses 98, 1964, pp. 1 -41, specialmente pp. 15-21), ma per sostenere al contrario la dipendenza del v. 17 di Mt 16 da Ga 1, 16, almeno nella sua forma attuale. Non penso necessario ricorrere a questa soluzione, sia perch il termine carme e sangue per indicare la persona umana, anche se non appare altrove nel Vangelo di Matteo, ricorre in Gv 6, 53 (cfr pure Enoc 15, 14 in Charles p. 198) e la apoclupsis ( o rivelazione) un termine usato anche altrove da Ges (cfr Mt 11, 25-27; Lc 10, 21-22); cfr H. Mertens , Lhymne de jubilation chez les synoptiques , Dis. Univ. Greg., Gembloux 1957. Le due espressioni possono quindi risalire benissimo a Ges. 124 E' evidente che qui intendiamo parlare a chi non ammette l'ispirazione biblica, perch per il credente questo problema non si pone nemmeno. 125 Cfr Lc 6, 20.21.22. Per altri macarismi cfr Mt 11, 6; 13, 16; 24, 46; Lc 11, 27; 14, 15; 23, 20; Gv 13, 17.20.29 ecc. 126 Mt 11, 7-9; 11, 25-30. Cfr J Jeremias , Golgotha und der heilige Fels , in Angelos 2 (1926), pp. 107 ss.; A. Oepke, o.c., pp. 150 s. 127 I Qumrn, Hodayt 6, 26. 128 La Comunit di Qumrn era detta jachad , corrispondente alla enots (unit) di Ef 4, 3.13 e alla koinona comunione fraterna di At 2, 42. Stefano la chiama synagogh in At 7, 38; cfr At 19, 32. Negli altri scritti neotestamentari il vocabolo ecclesia (da ek-kalo, etimologicamente chiamare assieme fuori da un gruppo) indica talora l'insieme delle chiese (Ef 1, 22; 1 Co 20, 32), talaltra un gruppo particolare di credenti che si riuniscono in una citt (At 8, 1; 9, 31; 1 Co 1, 2s) o in una casa (Rm 16, 5); si pu quindi parlare di chiese al plurale (Rm 16, 16). Il nome ekklesia pu corrispondere a qahl, o meglio dh usato presso Qumrn (4 Q pesher Salm 37, 11.16), che sarebbe da tradursi con
32 Occasione in cui il detto di Cristo fu pronunciato Recentemente alcuni studiosi, sia protestanti che cattolici, pur ammettendo la genuinit del loghion, negano che si riallacci alla confessione di Pietro, perch manca nei passi paralleli di Marco e Luca. Anche il verbo ti hanno rivelato, mancante dell'oggetto ci, fa vedere, secondo il Cullmann, che tale detto non doveva appartenere a questo contesto. Lo spostamento dei detti di Ges era facile nei primi tempi della Chiesa, quando essi circolavano isolati in collezioni prive di nesso con gli episodi storici della vita di Ges129 L'evangelista Matteo, che ama raggruppare anche altri episodi e discorsi di Cristo130 , pu aver ricollegato il detto di Ges alla professione di fede da parte di Pietro per affinit di argomento e di forma131 . Secondo A. Leagault, Matteo avrebbe avuto l'intento apologetico di smorzare con tale detto la sgradita impressione lasciata dal rimprovero di Ges a Pietro132 . L'ipotesi precedente pu accordarsi con l'ispirazione biblica; non sarebbe il primo caso in cui l'evangelista per ragioni teologiche o apologetiche sposta dei detti o degli eventi di Cristo133 . Ma in tal caso bisognerebbe trovare una situazione pi adatta della attuale presentata da Matteo, ci che tentarono appunto di fare alcuni autori recenti. Cos E. Stauffer ricollega tale detto alla apparizione di Ges risorto a Pietro134 ; Il Weiss alla confessione di Pietro a Cafarnao dopo la moltiplicazione dei pani135 ; il Cullmann all'ultima Cena quando Cristo profetizz il futuro rinnegamento di Pietro136 . Non mi sembra tuttavia che le circostanze suggerite da questi autori siano migliori di quella che esiste nel Vangelo di Matteo. L'omissione di Marco e Luca si potrebbe spiegare con il fatto che costoro non trovarono tale detto nella loro fonte storica, in quanto i detti di Ges circolavano allora isolati dal contesto, come in una specie di antologia. Oppure si pu anche pensare che, essendo il loghion ricollegato alla confessione di Pietro, di cui tesse un mirabile elogio, fu omesso da Marco perch non si confaceva alla progressiva manifestazione del segreto messianico da lui adottata. La confessione di Pietro che il punto centrale del Vangelo di Marco quivi narrata con il minor numero di parole: Tu sei il Cristo, solo per avere l'occasione di insegnare che il messianismo di Ges era ben diverso dall'aspettativa gloriosa dei suoi contemporanei, in quanto includeva l'obbedienza totale al Padre sino alla morte
synagogh (sinagoga riunione) e che pure la parola usata dagli scrittori siro-aramaici per designare la Chiesa. Cfr pure nello A.T. Es. 12, 3.19.47; Nm 16, 9; 27, 17; Es 34, 31 ecc. Cfr Jos M. Casciaro , El concepto de Ekklesia en el A.T. , in Estudios Biblicos 25 (1966), pp. 317-348; 26 (1967, pp. 5-38 (il concetto di Chiesa viene dall'A.T. anche se difficile decidere fra qahl e dh). 129 Si pensi ai detti contenuti nel Vangelo di Tommaso scoperto a Nag Hammadi in Egitto nel 1947. 130 Si pensi al carattere compilatorio dei discorsi di Ges sul Battista (Mt 11), sulle parabole del regno (Mt 13) e sui F arisei (Mt 23). 131 Cos A. Voegtle , Messiasbekenntniss und Petrusverheissung , in Biblische Zeitschrift 1 (1957), pp. 252-272; 2 (1958), pp. 85-103 (egli nota l'identit delle parole iniziali; pp. 101 ss). 132 A. Legault , l'autenticit de Mt 16, 11-19 et le silence de Marc et Luc , in L'Eglise dans la Bible, Montral 1962, p. 46. 133 Si pensi anche solo alla cacciata dei profanatori del tempio posta da Giovanni all'inizio della vita pubblica di Ges e dai sinottici alla fine. 134 Cfr Gv 21; E. Stauffer , Zur Vor u. Frgeschichte des Primatus Petri, in Zeitschr. f.Kirchengeschichte 1943-1944, pp. 1 ss. (il passo la riammissione di Pietro in qualcosa ch'egli gi prima possedeva, non quindi un posto adatto per il Tu es Petrus ). 135 Gv 6, 66; cfr B. Weiss , in Meyer Kommentar , 10 ed. 1920 a.l. Il contesto potrebbe andare bene, in quanto vi precede una confessione di Pietro circa il Cristo, ma non migliore di quello mattaico; se contro Matteo vi il silenzio di Marco e Luca, per Gv 6, v' il silenzio di Giovanni. Bisognerebbe dire che l'evangelista ha taciuto di proposito tale detto per il fatto ch'egli intendeva esaltare nel suo Vangelo il discepolo prediletto . 136 . O. Cullmann , Pierre , o.c., pp. 164-165. Il Cullmann tornato sull'argomento in L'aptre Pierre, instrument du diable et instrument de Dieu. La place de Mt 16, 16-19 dans la tradition primitive , in New Testament Essays-Studies in Memory of T.W. Manson. Manchester 1959, pp. 94-105 (tuttavia il brano di Luca anche se presenta le parole conferma i tuoi fratelli , pi che esaltare Pietro, intende profetizzarne il rinnegamento).
33 della Croce. Questo il climax raggiunto dal secondo evangelista137 . In tale contesto non v'era p osto per esaltare la confessione del Cristo pronunciata da Pietro Luca poi, che in questo caso segue come fonte Marco, omette l'elogio di Cristo solo perch non la trovava nella sua fonte. Di pi tale detto ora fondamentale nel cattolicesimo romano non era cos importante a quel tempo, per cui poteva benissimo essere omesso, dato che nulla diceva di pi di ci che gi era incluso nella precedente confessione petrina138 . Ad ogni modo a noi non interessa sapere quando Ges abbia pronunciato tale detto; quel che pi conta il contesto nel quale stato inserito da Matteo e dal quale esso riceve la sua luce interpretativa. In tal modo ci possibile vedere quale significato la Chiesa primitiva abbia dato al detto di Ges. Dal contesto vediamo che l'ispirato Matteo vi vede un collegamento con la fede in Cristo, prima proclamata da Pietro. E questo sufficiente per conoscere l'insegnamento che con esso Matteo voleva donare ai suoi lettori139 .
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Mc 8, 31-33. T.A. Burkill , Misterious Revelation , Ithaca, Cornell University Press 1963. Raggiungiamo sia pure per conto nostro l'idea espressa da Ignace del Potterie ( La confessione messianica di Pietro in Marco 8, 27-33 , in Pietro. Atti della XIX Settimana Biblica, Brescia 1967, pp. 59-77). L'episodio sta di mezzo tra la rivelazione progressiva di Ges (1, 14 - 8, 26) suddivisa in tre sezioni: Ges con la folla e i Giudei (1, 14 - 3, 6); Ges con i discepoli (3, 7 - 6, 6); Ges si rivela ai suoi discepoli (6, 7 - 8, 26) e la parte seconda (8, 27 - 16, 8) nella quale il racconto tutto vincolato verso la croce (cfr Ignace de la Potterie , De compositione Evangeli Marci , in Verbum Domini 44, 1966, pp. 135-141). La confessione di Pietro dopo aver raggiunto il suo apice riconoscendo il Cristo come Messia non elogiata poich l'autore, intendendo passare alla seconda parte, voleva mostrare come anche i suoi discepoli, Pietro compreso, non avessero capito la vera essenza del messianismo di Ges. 138 Molti cattolici si accontentano di sostenere la non corrispondenza del passo con la scena di Cesarea senza per indicarne meglio l'occasione in cui esso fu pronunciato da Ges: cos F. Refoul. Primaut de Pierre dans les vangiles , in Rech. de Sc. Rel. 28 (1964), pp. 1 -41; M Braendle , Neue discussion um das Felsenwort Mt 16, 18-19, in Orient 27 (1963), pp. 172-176; E.F. Sutcliffe , St Peter's Double Confession in Mt 16, 17-19 , in The Heyth Journal 3 (1962), pp. 31-42; K.L. Carrol , Thou Art Peter , in Novum Testamentum 6 (1963), pp. 268-276; Ortensio da Spinetol i, o.c. in Pietro, pp. 79-92. Sono invece favorevoli per la scena di Cesarea S. Cipriani, Tu es Petrus. I Protestanti e il primato, in Humanitas 81 (1953). p. 1088; M. Overnay , Le cadre historique des paroles de Jsus sur la primaut de Pierre, in Novera et Vetera 28 (1953), pp. 220-229; H.H. Gundry , The Narrative Framework of Mt 16, 17-19 , in Novum Testamentum, 7 (1964), pp. 1-9. 139 Si vede quindi come sia da accogliere con riserva la seguente asserzione di Ortensio da Spinetoli : La Formgeschichte che ha isolato il testo della "promessa" dalla confessione di Pietro, ha reso difficile riferire alla fede dell'apostolo la funzione di roccia della Chiesa (La portata ecclesiologica di Mt 16, 18-19, in Antonianum 42, 1967, p. 360). A noi non interessa conoscere quando Ges abbia pronunciato tale detto; a noi importa invece sapere come Matteo abbia interpretato questo detto isolato di Ges e come lo abbia voluto connettere lui stesso al contesto di fede, dandoci l'interpretazione tradizionale e ispirata di tale detto.
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Questa espressione che non si rinviene nell'A.T., e nemmeno nell'aramaico usuale (si trova tuttavia in un antico Targum su Ester 2, 24), era abituale presso i rabbini e presso gli scritti di Paolo (cfr 1 Co 15, 50; Ef 6, 12; Ga 1, 16; Eb 2, 14; Gv 1, 12 s). Tale espressione posta anche sul labbro di Ges anche da Giovanni nel cosiddetto sermone su il Pane di vita tenuto a Cafarnao, dove il mangiare la sua carne e bere il suo sangue significa riconoscere per fede che la persona passibile di Ges era stata inviata dal Padre celeste (cfr f. Salvoni, Eucaristia in discussione, Lanterna, Genova 1969, pp. 10-55). 141 Cos Eliezer ben Jehuda , Thesaurus totius hebraitatis , II p. 623 seguito pure da Robert Eisler , Jesous Basileus ou basileusas , Heidelberg 1929, pp. 67 s. Cfr G. Dalman , Aramaisch-neuhebrisches Wrterbuch , 1922, ed 2a, p. 65. Il nome di probabile origine accadica corrisponde all'ebraico moderno birion. Con questo non si vuol accedere all'ipotesi di Eisler che fa di Ges un rivoluzionario fallito. Se l'ipotesi precedente fosse vera vorrebbe solo dire che Pietro avrebbe fatto parte, o almeno simpatizzato con gli zeloti, il che si accorderebbe anche con il suo carattere impetuoso. Cfr pure la radice ebr. inh con il senso di oppressore (Gr 46, 16; 50, 16; Zc 3, 1; Sl 123, 4; Es 22, 20, ecc.). L'interpretazione tradizionale che lo traduce con figlio di Giona , non si accorda bene con il figlio di Giovanni asserito dal quarto evangelo. Cfr sopra il 1 capitolo.
35 Secondo la concezione ebraica chi riceve il nome da un altro diviene sottoposto all'altro ed entra in una particolare relazione con lui. I tre discepoli pi intimi di Ges sono appunto coloro che ricevettero dal Cristo uno nome nuovo: Simone, chiamato Pietro; Giacomo e Giovanni chiamati figli del Tuono142 . Per gli Ebrei il nome non era qualcosa di accessorio all'individuo, ma ne esprimeva l'intima essenza. I figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, per la loro impetuosit pronta a scagliare anatemi a destra e a manca, sono detti Boanerges (Figli di Tuono), in quanto i fulmini, secondo la poetica espressione ebraica, sono i Figli del Tuono. A Simone Ges impose l'epiteto aramaico Cefa143 il cui senso pare sia quello di roccia144 . Nell'originale aramaico come risulta dal giovanneo Kefa il gioco di parole era naturale, poich in esso si ripeteva due volte detta parola significante roccia: Tu sei roccia (kefa) e su questa roccia (Kefa) io edificher la mia Chiesa. Tale ricostruzione sembra richiesta dal pronome questa che ricollega la seconda roccia alla prima immediatamente precedente. Siccome il termine Kefa fu tradotto in greco con Ptros, appare che almeno all'inizio esso non era sentito come nome proprio, bens come semplice appellativo; poich i nomi propri non si traducono, ma si conservano come suonano. Nella traduzione dell'aramaico logico che l'appellativo dovesse assumere una desinenza maschile, dato che si riferiva ad un uomo e non a una donna; di qui l'espressione Simone Pietro, vale a dire Simone, la roccia Simone il roccioso145 . Pi tardi tale appellativo divenne il nome proprio dell'apostolo, che nel territorio di lingua semita o presso gli scrittori semiti (come ad esempio Paolo), fu chiamato prevalentemente con il nome di Kefa146 , mentre nelle regioni di lingua greca fu detto Pietro, termine che poteva equivalere tanto a sasso che a roccia147 . Quando Matteo compose il suo Vangelo, probabilmente in Siria verso l'80 d.C., nel tradurre il loghion (detto) di Ges, si trov costretto ad usare nella sua prima parte il vocabolo Pietro perch con questo nome l'apostolo era gi noto, pur conservando nella seconda parte il termine pietra che meglio si adeguava alla funzione di fondamento per la Chiesa nascente148 . Il rapporto di identit
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Si tratta di Pietro, Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, che in Mc 3, 17 si ebbero il nome mutato in Boanerges figli del tuono. Abramo si vide mutato il nome in Abrahamo, vale a dire padre di una moltitudine (Gn 17, 5); Giacobbe fu chiamato Israele perch vinse la lotta con Dio e divenne cos il capostipite del popolo eletto (Gn 32, 28). G es fu chiamato in tal modo dall'angelo perch doveva salvare il popolo ebraico (Mt 1, 21). Simone fu detto Cefa perch doveva essere una rupe, una roccia della Chiesa primitiva (Mt 16, 18). 143 Cfr Gv 1, 42. Il nome Kefah una parola aramaica e non ebraica, che A. Dell (Mt 16, 17-19 in Zeitschrift f. nt. Wissenschaft 15, 1914, 1-49) riteneva fosse di genere femminile, ma che ora la critica, basandosi sui Targum palestinesi e sul Targum samaritano, riconosce di genere maschile e quindi applicabile a un uomo. (Cfr J. Ringger, Petrus der Fels. Das Felsenvert. Zur Sinnedeutung von Mt 16, 18 vor allem im lichte der Symbolgeschichte, in Begegnung der Christen, Stuttgart-Frankfurt 1959, pp. 271-347; specialmente p. 275). Che tutto il brano sia in aramaico risulta oltre che dal nome Kefa (Gv 1, 42), da espressioni tipicamente semitiche come carne e sangue. chiavi. legare e sciogliere, ecc. 144 Alcuni sono esitanti tra il significato di pietra. sasso e roccia (Lagrange , Evangile selon Matthieu , Etudes Bibliques, Paris 1948, p. 324). Propendono per pietra E. Schweitlzer , Das Leben des Herrn , Zrich 1946; A. Schlatter , Mattaeuskommenta r, Stuttgart 1929, p.507. Oggi, tuttavia domina il senso di roccia; cos il gi citato J. Ringger (p. 275); J. Jeremias , Golgotha und die heilge Felsen , Leipizig 1926, p. 109 nota 6; H. Clavier , Ptros kai ptra , Studien fr R. Bultmann, Berlin 1945, pp. 94-109; J. Betz, Christus, Petra, petrus in Kirche und Ueberlieferung, Festschrift J.R. Gaiselmann ; Freiburg in Brisg. 1960, p. 1-21. 145 Un procedimento simile fu attuato nel greco classico quando per dare ad una donna il nome del fiore omonimo, se ne trasform l'originaria forma neutra Rdon (rosa) nel femminile Rde o Rosa (cfr At 12, 13). 146 1 Co 1, 12; 9, 5. 147 Sofocle nel suo Edipo a Colono v. 1595 parla di o thorkion ptros equivalente a rupe Torichia. Un simile passaggio semantico si nota pure nel Gran Sasso, che designa un monte dal nudo cocuzzolo e non un semplice sasso grosso, come direbbe la parola nel suo valore etimologico. 148 per la funzione di pietra come rupe su cui erigere il fondamento di un edificio cfr Mt 7, 24 ha edificato la sua casa sopra la roccia petra, ma specialmente Lc 6, 48 ha posto il fondamento (themlios) sulla roccia (petra). Ori-
36 tra i due termini fu per reso evidente al lettore dall'uso dell'aggettivo questa, che obbliga a riferire la pietra proprio al Pietro prima riferito. Simbolismo insito nel termine Pietro Perch mai Simone merit il soprannome di Pietro? Dal contesto vediamo che ci fu dovuto alla professione di fede attuata poco prima dall'apostolo. Per questa professione di fede nella missione di Ges, Simone partecipava gi alla fortezza e grandezza di Cristo, meritando cos di essere chiamato la prima pietra in ordine di tempo, su cui sarebbe poggiato il futuro edificio della Chiesa149 . Perci l'epiteto Pietro nell'intento di Ges era solo un mezzo per esaltare l'importanza della sua professione di fede. Ges amava infatti concretizzare in persone o situazioni i suoi insegnamenti, per evitare da buon semita e da buon psicologo ogni idea astratta. Dall'episodio dei Galilei fatti massacrare da Pilato, e dai diciotto individui su cui era caduta la torre di Siloe a Gerusalemme, Ges trasse lo spunto per insegnare la necessit del ravvedimento, pena, in caso contrario, la condanna simile morte (Lc 13, 1-5); per proclamare l'umile e fedele accettazione degli insegnamenti divini, Ges preso un bimbo, ordin ai discepoli di farsi simili a lui (Mt 18, 1 -4); per esaltare la veracit del suo insegnamento si proclam Via, Verit e Vita (Gv 14, 6). Ges, se non ha dinanzi delle persone concrete, le crea con la sua fantasia mediante suggestive parabole; cos per insegnare che occorre credere a lui come a ll'inviato dal Padre, dice che bisogna mangiare la sua carme e bere il suo sangue (Gv 6, 53). Per mostrare al popolo ebraico che ha solo poco tempo per ravvedersi se non vuole perire del tutto, presenta la parabola del fico sterile al quale, prima del taglio definitivo, si concede un'ultima concimazione e scalzatura (Lc 13, 6 -9). Per dire che bisogna ascoltare e praticare la parola di Dio, presenta la parabola del seminatore; per mettere in guardia i credenti dal ricadere nel male, paragona la Chiesa a un campo di frumento nel quale il nemico getta il seme della zizzania (Mt 13). Quando gli si chiede chi sia il prossimo, Ges non fa delle disquisizioni astratte, ma racconta la parabola del Samaritano, il quale si prende cura persino dell'odiato ebreo, che trova seminudo e semimorto sulla via di Gerico (Lc 10, 30). E' quindi naturale che volendo inculcare la necessit di far propria la fede proclamata da Pietro per chiunque intenda entrare nella Chiesa, presenti il Simone confessante, come la rupe della Chiesa di Dio (Mt 16, 16). Si possono perci ripetere le parole del Barnes: Con la tua confessione, o Simone, sei la rupe gi pronta per gettare il fondamento della Chiesa. Su di te io la voglio costruire. Tu sarai molto onorato, sarai infatti il primo a far conoscere l'Evangelo sia ai Giudei che ai Gentili150 . Al primo confessore in ordine di tempo Ges affida una parte di primo piano nella edificazione della Chiesa, in quanto lascia a lui l'annuncio delle decisioni fondamentali riguardanti l'ingresso nella Chiesa, rendendo cos l'apostolo una specie di sostegno permanente, in quanto sempre tutti i credenti che vogliono entrare nella famiglia di Dio, dovranno far propria la professione di fede compiuta
ginariamente petra significava rupe, anche se talora pot indicare un semplice sasso (cfr Omero, Odissea, 9, 243; Esiodo, Teogonia 675; Sapienza di Salomone 17, 17 LXX). Lo scambio dei nomi affermato per il II secolo d.C. dall'anatomista Claudio Galeno (XII, 194). 149 Va ricordato, che altrove, quando non Cristo l'edificatore come qui, bens gli apostoli, allora il fondamento posto da costoro lo stesso Cristo e lui solo (1 Co 3, 10-11). Quando Dio il costruttore il fondamento della Chiesa sono gli apostoli e il Cristo la pietra angolare pi preziosa (Ef 2, 20). In questo contesto in cui l'edificatore della Chiesa il Cristo, l'apostolo Simone diviene il fondamento in quanto lui solo aveva professato in quel momento la fede i ndispensabile per entrare nella vivente Chiesa di Dio (Mt 16, 18; 1 Pt 2, 4). 150 Barnes, Commentary to Matthew, o.c., p. 170.
37 da Pietro e ubbidire alle norme da lui sancite una volta per sempre: battesimo senza la circoncisione151 . Va poi notato che il simbolismo qui usato da Ges non era una novit incomprensibile ai suoi uditori. Gli stessi rabbini per esaltare le doti morali di u n individuo usavano il simbolismo di edificare un edificio su di lui. Per glorificare la fede mirabile di Abramo, pronto ad uccidere lo stesso proprio f iglio unigenito per ubbidire a Dio (cfr Eb 11, 8 -10), lo presentano come la rupe (roccia) che sorregge l'universo. Nel commento rabbinico al passo Lo vedo dalla cima della rupe (Nm 23, 9) si narra l'episodio di un re che, volendo costruire un edificio, scav a lungo in un luogo paludoso fino a trovare una roccia e poi si disse: Su questo luogo io costruir e getter le fondamenta! Cos l'Unico, ossia Dio, volendo creare il mondo, gett uno sguardo sulle generazioni di Enoc e del diluvio e disse: Come posso io creare il mondo, mentre questi uomini empi cercano solo di provocarmi? Ma appena s'accorse che sarebbe sorto Abramo, egli disse: Ecco io ho trovato la pietra su cui edificare e gettare le fondamenta. Perci egli chiam Abramo la Roccia (ur) come detto: Guardate alla roccia da cui siete stati recisi. Guardate ad Abramo vostro padre (Is 51, 1-2)152 . Da questo parallelo si deduce che l'aver chiamato Simone con l'epiteto di Roccia, rupe non equivale affatto a renderlo capo della Chiesa da sostituirsi poi con dei successori al suo governo. Anche Abramo era chiamato Roccia, ma solo per la sua fede eroica; il mondo si poteva dire creato su di lui, ma solo perch la sua vita d'eroismo ubbidiente suppliva a tutti i mali dell'umanit corrotta e perch a lui gli Ebrei dovevano guardare per riprodurne la fede eroica e cos nascere spiritualmente da lui (Eb 11, 8.10.17-19). Ma con ci Abramo non era ritenuto il capo degli Ebrei; i dirigenti del popolo ebraico giudici o re non erano successori del patriarca. Questi rimaneva una persona unica, alla quale dovevano guardare come a fulgido esempio tutti i membri pi fedeli del popolo di Dio. Anche a Pietro Roccia della Chiesa dovevano guardare i credenti, non perch egli sia il loro capo da sostituirsi con il papa dopo la s ua morte, ma solo come al fulgido esempio dei cristiani per la sua fede nel Cristo. A lui essi devono guardare per fare propria la sua professione di fede e per ubbidire ai comandi da lui dati a riguardo dell'ingresso nella Chiesa, cos come i Giudei obbedivano ai c omandi della circoncisione per far parte del popolo della promessa. A conferma di quanto stato detto precedentemente devo aggiungere che l'edificatore della Chiesa non Pietro, bens Ges, e che la Chiesa non appartiene a Pietro, bens a Cristo: Su di questa pie151
Ammettono una priorit solo cronologica di Pietro: Th. Zahn, Matthus , Leipzig 1922, p. 540; G. Wehrung . Kirche nach evangelischen Verstndnis , Gtersloh 1947; J. Horst , Kirchengedanke bei Matthus , in Zeitschr. f. System Theologie 20 (1943), pp. 127-145. Che l'attivit di Pietro riguardi l'edificazione della Chiesa e non la sua continuazione sostenuto da J. Leenhardt, Etudes sur l'Eglise dans le N. Testament , Genve 1940, pp. 28 s; oltrech dal gi citato O. Cullmann . Penso che l'attivit di Pietro-roccia riguardi in modo particolare la formazione della Chiesa (cfr lo studio sulle chiavi e lo slegare e il legare, bench anche ora egli continui ad additarci dalle pagine del Vangelo mattaico l'unico mezzo per entrare nella Chiesa: fede in Ges Cristo quale figlio di Dio. Per le idee pi o meno simili cfr J. Jeremias , Golgotha und der heilige Fels , Leipzig 1926; H. Schmidt , Der heilige Fels in Jerusalem, Tbingen 1933 ;O. Betz , Felsenmann und Felsegemeinde. Eine Parallele zu Mt 16, 13-19 in den Qumrnpsalmen , in Zeitschr. f. nt. Wissenschaft 48 (1957), pp. 49-77. Questo non significa che gli apostoli siano esaltati esclusivamente per la l oro funzione di scrittori, come ci accusa P. Benoit , bens per la loro funzione di testimoni, la cui testimonianza dura sempre nella Chiesa attraverso gli scritti che la contengono. 152 Yalcut 1, 766; cfr Taylor , Sayings of the Jewish Fathers , p. 160; K.G. Goetz , Petrus als Grunder und Oberhaupt der Kirche , Leipzig 1927 e in Zeitschr. nt. Woss. 1921 p. 165 ss. Dal simbolismo non si deduce che Abramo fosse il capo di Israele; egli, per la sua fede, fu solo l'antenato, il capostipite del popolo eletto. Anche Pietro il capostipite per la sua fede; l'antenato da cui proviene il nuovo popolo di Dio. Come il popolo ebraico per sussistere doveva guardare alla fede di Abramo, imitarlo e seguirne le norme (circoncisione, cfr Rm 4, 16-25), cos anche il nuovo popolo di Dio deve guardare a Pietro per imitarne la fede e seguirne gli insegnamenti (battesimo).
38 tra edificher la mia Chiesa153 . Si noti pure che la funzione di Pietro un'attivit connessa con l'edificazione della Chiesa, fatto che si avverr una volta sola nella storia del mondo154 . Una volta fondata, la Chiesa, poggia su Pietro solo in quanto il Simone di Cesarea attraverso l'ispirata pagina di Matteo continua a proclamare che la sua professione di fede indispensabile per entrare nella Chiesa. Morir il Simone uomo, il Simone carnale; ma il Simone confessante vivo per sempre n i quanto lo Spirito Santo ha voluto che la sua professione di fede entrasse a far parte dell'eterno messaggio evangelico. Udire il nome di Pietro, equivale a riudire Simone che confessa la messianicit di Ges e la filiazione divina di Ges; il che deve essere imitato da chiunque intenda entrare nella grande famiglia di Dio, che la Chiesa. Le porte dell'Ades non prevarranno Il verbo prevalere (katisko) indica l'attacco che le porte dell'Ades, ossia dell'Averno o del soggiorno dei morti sferreranno contro la Chiesa. Ma riesce assai difficile capire come mai le porte, adatte per la difesa, possano combattere il popolo di Dio, per cui alcuni esegeti hanno pensato che l'assaltante fosse la Chiesa alla quale le porte dell'Ades, non potendo resistere, saranno costrette a cedere i loro morti155 . I credenti non resteranno per sempre in balia della morte, ma saranno un giorno liberati per la potenza della Chiesa. E il mare rese i morti che erano in esso, e la morte e l'Ades resero i loro morti, ed essi furono giudicati, ciascuno secondo le sue opere (Ap 20, 13). Cristo, e quindi anche la Chiesa che ne il suo corpo, ha le chiavi dell'Ades evidentemente per farne uscire i morti (Ap 1, 13). La morte (e l'Ades che ne costituisce il regno) debellata dalla f ede in Cristo: Chi crede in me ha la vita eterna; anche se nuore vive (Gv 11, 25; cfr 1 Co 15, 26). Tuttavia il verbo katisko indica piuttosto l'azione offensiva dell'assalto e non la resistenza puramente passiva all'attacco della Chiesa; ma in tal caso non si riesce a capire come mai delle porte, che sono qualcosa di statico, possano essere presentate come avversari che si lancino all'attacco della Chiesa. Per tale ragioni si pensato di mutare le porte in portieri, poggiando sul fatto che l'aramaico originale, mancando di vocali, poteva facilmente causare tale confusione, riscontrabile anche altrove nella Bibbia156 . I portieri dell'Ades sono infatti raffigurati sotto forma di feroci e paurosi dragoni dall'apocrifo slavo di Enoc. Tuttavia anche i portieri sono pi adatti alla difesa che non all'attacco, per cui la correzione precedente non raggiunge lo scopo che si era prefisso. Per conto mio penso che il contesto simbolico del passo renda logico attribuire anche alle porte un simbolismo corrispondente al verbo prevalere. La porta (o le porte) delle citt orientali avevano una piazza antistante nella quali si esercitava la giustizia, si ordivano i complotti e le macchinazioni157 . Le stesse guerre si decidevano alla porta della citt: alla porta di Samaria che i falsi profeti aulici tranquillizzavano Acab, re di Israele e Giosafat re di Giuda, invitandoli a salire contro Ramot di Galaad per distruggerla (1 Re 22, 10-12). In tal caso le porte sul labbro di Ges indicherebbero tutte le macchinazioni che le potenze del male (Ades) avrebbero attuato contro la Chiesa,
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Si noti come al posto di Dio che edifica, qui sia presentato il Cristo edificatore, come plenipotenziario di Dio. Anche la comunit di Qumrn attribuiva a Dio la sua fondazione: Sei tu, o Dio, che hai posto la fondazione sulla roccia (1 Qumrn, Hodayoth 6, 26). Ma in 4 Qumrn Pesher Sal 37, 11.16 l'edificatore il Maestro giusto (di giustizia); cfr M. Delcor , Les Hymnes de Qumrn , Paris 1962, p. 33. In questo caso l'accordo con l'immagine usata da Ges sarebbe pi evidente. 154 Cfr nota 11 bis. 155 Cfr J. Dutlin , The Gates of the Ades , in The Expository Times 1916, pp. 401 ss. 156 Sh'r pu essere letto sha'ar porte (Gb 38, 17 TM), oppure sho'ar portieri (Gb 38, 17 LXX pulari). Cos R. Eppel in un interessante articolo (L'interpretation de Matthieu 16, 18, in Mlanges Offerts M. Coguel, Neuchtel. Paris 1950, pp. 71-73). 157 Cfr alle porte Gr. 1, 15; 14, 2; Sl 127, 5; ecc.
39 senza per riuscire a soffocarla e a distruggerla 158 , poich essa sta saldamente ancorata alla fede nel Cristo, personificata in modo concreto dal Pietro confessore. Il plurale porte si pu forse spiegare con il fatto che originariamente si pensava che molte porte, una dopo l'altra (come nelle odierne prigioni), chiudessero l'ingresso nell'Ades. Nel poemetto babilonese, La discesa di Istar nel soggiorno dei morti, la dea deve passare attraverso sette porte e l a159 sciare dinanzi a ciascuna di esse un pezzo del suo abbigliamento . Oppure si pu pensare ad un plurale rafforzativo per indicare l'immane potenza del male, che si sarebbe scatenata tutta, ma senza frutto, contro la Chiesa di Cristo, perch questa poggia sulla potenza del Risorto.. Il potere delle chiavi Dopo la presentazione di Pietro come elemento di primissimo piano nella costituzione della Chiesa, Ges pass a descrivere con altri simbolismi la sua funzione specifica: Io ti dar le chiavi del r egno dei cieli. Le chiavi simboleggiano diversi fatti nella Bibbia, per cui occorre stabilire bene il senso che vi attribuisce Ges. a) Potere del maggiordomo (visir) in un regno Tanto nell'Antico quanto nel Nuovo Testamento, le chiavi, specialmente nell'espressione chiavi di Davide indicano la funzione del Visir, del sostituto regale. Tale simbolismo deriva dal fatto che il maggiordomo portava appesa alle spalle la chiave fatta di legno vistoso, della reggia alla quale era preposto160 . Isaia per profetizzare la destituzione del maggiordomo Scebna, sostituto di Eliachim, dice a questi: Ti porr sulle spalle le chiavi della casa di Davide161 . Riferendosi al passo precedente, Giovanni afferma nella sua Apocalisse che Ges Cristo ha la chiave di Davide per cui pu aprire e chiudere, senza che alcun altro lo possa fare indipendentemente da lui (Ap 3, 7). Anche l'angelo, che il veggente vide scendere dal cielo aveva le chiavi dell'abisso vale a dire possedeva il dominio su Satana e i suoi angeli (Ap 9, 1; 20, 1). b) Il simbolismo delle chiavi nel pensiero di Ges Occorre tuttavia vedere quale simbolismo Ges Cristo ricolleghi al concetto di chiavi. Che non vi attribuisca quello di autorit vicaria, risulta da molti altri passi biblici su cui torneremo in seguito 162
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Cfr At 4, 24-31. Ad ognuna delle porte la dea Ishtar dice: Apri la porta, apri la porta, s che io possa entrare; io spezzer la porta. Il soggiorno dei morti chiamato: Le sette porte della terra senza ritorno (7 babu irsiti la tari, linea 14). Cfr Anet 106109; F. Vattioni , Porte o portieri dell'inferno , in Rivista Biblica 8 (1960), pp. 251-255. Il rabbino Aqiv parlava d i 40.000 porte. 160 Si confronti ancor oggi il dono delle chiavi simboliche della citt a un personaggio importante e che deriva dal fatto che nel Medio Evo chi conquistava una citt ne riceveva le chiavi in segno di sottomissione. Cfr F. Salvoni, Le chiavi del Regno, in Il Seme del Regno 7 (1960). pp. 15-21. 65-70. 161 Is 22, 22. I LXX (versione greca) parafrasano queste parole con Gli dar la gloria di Davide (B), Il Sinaitico ha: E dar pure a lui le chiavi della casa di Davide. Il cod A assomma le due lezioni. Per i poteri del Gran Visir cfr Is 36, 3.22; 37, 2; 1 Re 4, 2 -6; 18, 3; 2 Re 15, 5; 19, 2; 2 Cr 28, 7. Su questa interpretazione del passo cfr P. Benoit , St. Pierre d'aprs O. Cullmann , in Exegse et Thologie, vol. II, Paris 1961, p. 302; A.M. Dubarle , La primaut de Pierre dans Matthieu 16, 17-19. Quelques references l'Ancient Testament , in Istina 2 (1954), pp. 335-338: cfr H. von Campenhausen , Kirchliches Amt und Geschichte Vollmacht in den erster drei Jahrunderten, Tbingen 1953, p. 138. Sui poteri del Maestro del Palazzo cfr R. De Vaux, Les institutions de l'A.T., T. I. Paris 1958, pp. 199-200.
40 Sul labbro di Ges le chiavi indicano l'autorit del predicare l'Evangelo, la via della salvezza e di indicare il mezzo con cui entrare nel Regno dei Cieli. Ci chiaramente visibile nel Vangelo di L uca, dove sta scritto: Guai a voi dottori della Legge, poich avete tolto la chiave della scienza! Voi non siete entrati e avete impedito quelli che entravano (Lc 11, 52). Qui la chiave simboleggia l'insegnamento degli Scribi (= dottori della Legge) che riserbandosi il monopolio dell'interpretazione della Legge, con la loro dottrina, non solo non sono entrati nel Regno, ma ne hanno impedito l'accesso anche agli altri che vi volevano penetrare. Il medesimo concetto con il richiamo indiretto alle chiavi implicito nel verbo serrare (le porte si serrano con le chiavi) si trova pure nel passo parallelo di Matteo: Guai a voi, Scrivi e Farisei ipocriti, perch serrate il regno dei Cieli dinanzi alla gente perch ne vi entrate voi, n lasciate entrare quelli che cercano d'entrarvi (Mt 23, 13). Al posto dei dottori della legge (Scribi), che con la loro dottrina impedivano di accogliere Ges come Figlio di Dio e di entrare cos nel Regno dei Cieli, Ges pone il confessore Pietro perch con la sua fede allora dimostrata, apra il Regno dei Cieli a chi vuole entrarvi. Non gli Scribi, ma gli Apostoli (qui impersonati da Pietro), saranno gli araldi della Parola di Dio, i nuovi profeti del Cristianesimo163 . Tale missione si esplicher tuttavia pi tardi, al momento fissato dal Cristo, poich per ora essi devono tacere e non rivelare ad alcuno che Ges l'atteso Messia. Legare e sciogliere I verbi legare e sciogliere sono due termini di uso rabbinico, che assumono significati opposti secondo che si riferiscono da una proibizione o ad un obbligo164 . Nel caso della proibizione si lega quando si proibisce una cosa ad una persona (j Ber. 6 c), mentre si scioglie quando si toglie una proibizione, permettendo ci che prima era proibito (j. San. 28 d). Nel caso dell'obbligo si lega quando si stabilisce un obbligo e si scioglie al contrario quando si elimina tale obbligo. Un esempio di questo legare ricorre gi nell'Antico Testamento, dove si legge che una ragazza dopo aver pronunciato un voto, legata ad esso, vale a dire obbligata a osservarlo, qualora il padre (se nubile) o lo sposo (se sposata) non vi si oppongano (Nm 30, 1014). Uno che per malia costretto a fare una cosa, si dice legato, noi diremmo oggi stregato165 . Al contrario sciogliere indica l'eliminazione dell'obbligo: Simeone ben Lakish (ca. 260 a.C.), volendo imprecare contro dei ladri di frutta, che avevano svaligiato il suo orto, disse: Quella gente sia
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Cfr Mt 23, 7 e pi avanti il paragrafo speciale: Pietro fu stabilito capo della Chiesa? Il concetto di capo della Chiesa esula dal contesto, che parla di fondamento non di autorit; che presenta Ges personalmente come il costruttore e quindi capo della sua Chiesa. 163 Altri passi estenderanno ci agli altri apostoli e discepoli (cfr Mt 18, 18; Gv 20, 22 ss). Che le chiavi riguardino la predicazione di Pietro ammesso, tra gli altri, da W: Wischer , Der evangelische Gemeindeordnung. Matth. 16, 19-20 augeslegt, Zrich 1951, p. 24. 164 augeslegt, Zrich 1951, p. 24. 164 Cfr J.A. Emerton, Binding and Loosing-Forgiving and Retaining, in Journal Theological Studies 13 (1962), pp. 325-330. 165 b. Sabb. 81 b e le legature nella terminologia magica.
41 maledetta!, Ma quelli risposero: Quell'uomo sia maledetto!. Allora egli corse da loro e disse: Scioglietemi; ma quelli risposero: Prima sciogli tu noi e noi scioglieremo te!166 . Anche l'eliminazione di un incantesimo si esprime con lo stesso verbo sciogliere167 . Il verbo sciogliere pu pure acquistare il senso di perdonare, vale a dire slegare la colpa dell'individuo. Dio colui che scioglie, vale a dire che perdona, toglie i peccati 168 . E' appunto questo il senso che assumono i due vocaboli sul labbro di Ges: Ci che tu Pietro, scioglierai... e ci che legherai sar "sciolto" e "legato" in cielo. Tali parole in un contesto che riguarda l'uso delle chiavi per entrare nel Regno dei Cieli, devono riferirsi all'ingresso nella Chiesa, a qualcosa cio di necessario o non necessario per chi vuole entrare in essa. Nel libro degli Atti, che come un commento alla profezia di Cristo, risulta che proprio Pietro ha reso obbligatorio una volta per sempre il Battesimo per entrare nella Chiesa (legato), mentre ha dispensato dall'obbligatoriet della circoncisione (sciolto). Pietro ha legato il battesimo cristiano nel giorno di Pentecoste, quando, dopo aver proclamato che Ges con la sua resurrezione era stato dimostrato Cristo e Signore, continu: Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Ges Cristo, per la remissione dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo (At 2, 38). Con tale comando Pietro leg ossia stabil, una volta per sempre, l'obbligatoriet del battesimo, ricevuto da adulti, come mezzo per entrare nella Chiesa e r icevere la salvezza. Quelli dunque i quali accettarono la sua parola vennero battezzati e furono aggiunti al gruppo dei discepoli (At 2, 41). Pietro sleg la circoncisione, che gran parte dei primi cristiani pretendeva mantenere169 . Siccome il contatto con i Gentili era considerato qualcosa di impuro, Pietro dovette ricevere una visione a pposita per essere indotto a recarsi da Cornelio, centurione della coorte italica (At 10, 9-16.20). Pietro comprese allora che Dio non ha riguardo alle persone; ma che in qualunque nazione chi l o teme e opera giustamente gli accettevole (At 10, 34-35.44-48). La discesa dello Spirito Santo, durante il suo ammaestramento, lo indusse a far battezzare anche quei Gentili bench fossero incirconcisi (At 10, 47-48). Pietro ne fu rimproverato dai giudeo-cristiani, da quelli cio della circoncisione con le parole: Tu sei entrato da uomini incirconcisi e hai mangiato con loro; l'apostolo per placarli dovette raccontare loro come Dio stesso l'avesse forzato a seguire tale via170 . Ma l'opposizione giudeo cristiana, sopita per quel momento, si fece di nuovo sentire e fu eliminata dal cosiddetto concilio di Gerusalemme; quivi Pietro, all'inizio del suo discorso, ricord come egli fosse stato proprio il prescelto da Dio per accogliere i Gentili nella Chiesa: Fratelli, voi sapete che fin dai primi giorni Iddio scelse fra voi me, affinch dalla bocca mia i Gentili udissero la parola del Vangelo e credessero (At 15, 7). Questa scelta era proprio stata profetizzata da Ges nel colloquio di Cesarea con le parole: Ci che legherai e ci che scioglierai sulla terra, sar legato e sciolto nei cieli. Con il suo gesto Pietro, ancora prima di Paolo, sganciava il Cristianesimo dalla religione giudaica, slegava i Gentili dall'obbligo della circoncisione e stabiliva su solide basi internazionali
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j. Moed Katan 81 d. Legare riproduce il greco d (ebr. sr) e sciogliere traduce il greco l, ebr hittr, aram. sh e ra'. 167 sh era' b. Sabb. 81 b e j Sanh. 25 d. 168 Dio she r l e chvn: colui che scioglie i peccati Jer I Nm 14, 18. Sul valore dei verbi legare e sciogliere cfr G. Dalmann, Die Worte Jesu, vol. I, Leipzig 1898, pp. 174-178. 169 Per questo i primi cristiani godevano il favore del popolo (At 2, 47). I primi tentativi di sganciamento operato dagli Ellenisti finirono con il martirio di Stefano e la dispersione degli altri, mentre gli apostoli e i giudaizzanti rimasero n idisturbati a Gerusalemme (At 7, 1-60; 8 1, 3-4). 170 At 11, 3.4-18.
42 la Chiesa171 . Coloro che non accolsero il suo parere divennero la setta dei Nazarei, destinata a scomparire ben presto dall'orizzonte ecclesiastico. Legare e sciogliere in Matteo 18 Di solito si connette questo brano con Matteo 16, ma il contesto ben diverso: mentre a Pietro Ges confer la missione di aprire il Regno dei Cieli (= la Chiesa) alle persone indicando loro ci che era necessario attuare per entrarvi, qui Matteo riferendosi a un altro detto di Ges suggerisce come ci si debba comportare nel caso della disciplina ecclesiastica verso un peccatore172 . La correzione deve seguire tre stadi: il fratello che ne al corrente deve prima parlare a tu per tu con il colpevole nella speranza di convertirlo. Se tale tentativo fallisce, egli deve riprovare una seconda volta alla presenza di due o tre testimoni; in caso di ulteriore fallimento tutta l'assemblea locale deve rivolgersi al peccatore per un ultimo tentativo di ravvedimento. Ma se questi persiste nel male, allora il renitente va ritenuto come un pagano, slegato dalla Chiesa. Io vi dico in verit che tutte le cose che avrete legate sulla terra saranno legate in cielo, e tutte le cose che avrete slegate sulla terra saranno slegate in cielo (v. 18) . A chi si rivolge il Cristo con il voi? Si pensato agli apostoli come ai detentori della gerarchia ecclesiastica, oppure individualmente a ciascun cristiano. Il contesto suggerisce di vedervi l'insieme dei discepoli che costituiscono la comunit cristiana locale173 . Le parole di Ges sono quindi adattate da Matteo ai discepoli costituenti le singole comunit, quali gi esistevano all'epoca in cui Matteo scrisse il suo Vangelo (ca. 80 d.C.?). Il legare e lo slegare (sciogliere) in questo contesto non pu pi indicare ci che obbligatorio o libero per un credente, e nemmeno determinare ci che per lui lecito o non lecito secondo la gi ricordata casistica rabbinica. Trattandosi di peccati significa che la Chiesa pu slegare o legare le colpe dell'individuo. Quando il peccatore accetta il consiglio della Chiesa, si ravvede e conseguentemente la Chiesa lo mantiene nella sua comunione, il peccato da essa slegato, ossia eliminato, in quanto Dio sancisce ci che la Chiesa attua. Ma se il peccatore si ostina n ella colpa senza ascoltare il suggerimento dei fratelli (Chiesa), allora la Chiesa considerando il colpevole come un pagano non pi unito ad essa, lega tale peccato su di lui. Si consideri l'esempio sopra riferito in cui il rabbino Simeone ben Lakish e i ladri legano e slegano su di loro la mutua maledizione. Seguendo tale noma d'amore e mediante la correzione fraterna (non mediante l'assoluzione) la Chiesa (non i capi di essa) slega o lega le colpe dei rispettivi membri. J. Jeremias pensa che qui si tratti di una scomunica o espulsione definitiva dalla Chiesa in contrasto con la rottura provvisoria delle relazioni personali suggerita altrove174 . Il Bonnard con pi verosimiglianza la intende come una espulsione limitata e temporanea quale era frequente anche presso gli Esseni175 . In Matteo 18 vi quindi il concetto fondamentale di fissare (legare) i peccati su di uno o toglierli da lui ad opera della Chiesa (slegare), cos come in Matteo 16 vi quello di legare un obbligo alla persona (legare) o toglierlo (slegare) da esso.
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Che questa sia una delle missioni di Simone, in quanto Pietro, ossia in quanto roccia della Chiesa primitiva, appare pure dal fatto che in At 10, 13; 11, 7, contrariamente all'uso solito, Simone chiamato Pietro anche nelle parole che l'angelo gli rivolge. Negli altri dialoghi il nome regolarmente taciuto o detto Simone (cfr At 15). 172 Il contro di te presentato da alcuni Mss derivato da Lc 17, 4, non genuino in quanto mal s'addice al contesto che parla di peccato in genere e non di offese personali. Perci la maggioranza dei Mss non ha tale lezione. 173 Si cfr u vv. 1.19.12.14, dove riappare il medesimo voi comunitario assai diffuso nelle lettere paoline. 174 Theol. Worterbuch zum Neuen Testament III, 751. Cita come passi paralleli 2 Te 3, 14; 1 Co 5, 4-11. 175 Pierre Bonnard , L'Evangile selon St. Matthieu , Neuchtel 1963, pp. 275 ss. Secondo K. Stendhal ( Matthieu Peake's Commentary of the Bible , London 1962, pp. 787-788) Matteo 16 si riferirebbe alla impostazione di certe leggi (potere legislativo), mentre Matteo 18 si riferirebbe alla disciplina della comunit.
43 A questo potere di legare e di sciogliere possono ricollegarsi i due casi di Pietro e di Paolo che rispettivamente puniscono di morte Anania e Saffira e danno in mano di Satana perch sia tormentato forse dalla malattia l'incestuoso di Corinto176 . Questi due episodi ora irripetibili non rientrano nella normale disciplina ecclesiastica, bens nei doni carismatici riservati agli apostoli (dono di miracoli). Non sono quindi qualcosa di permanente conferito ai cristiani, cos come non era qualcosa di permanente la missione di Pietro, che si limit ad indicare nel momento della costituzione della Chiesa e una volta per sempre, la regola necessaria e permanente per l'ingresso dei credenti nella Chiesa. Pietro fu stabilito capo della Chiesa? Da parte cattolica insistendo sul fatto che Pietro viene proclamato rupe, roccia si vuole andare oltre all'interpretazione precedentemente asserita in base al contesto e ai paralleli, per dedurre che Pietro fu allora profetizzato come il futuro capo supremo della Chiesa e vicario di Cristo177 . Va innanzitutto notato che il contesto si riferisce a un punto particolare della storia della Chiesa, v ale a dire alla sua fondazione: Io fonder la mia Chiesa. E' dunque in quel preciso momento che deve svolgersi come gi notammo l'attivit di Pietro, il che esclude sia la funzione di capo, sia la persistenza di tale funzione per tutta la storia della Chiesa. Tutto l'insegnamento del Nuovo Testamento esclude che Pietro sia stato il capo della Chiesa e il v icario di Cristo. Pietro vi appare sempre aureolato da una certa grandezza nel collegio apostolico, ma mai come suo capo. In tutte le pagine bibliche il capo della Chiesa Cristo, solo ed esclusivamente il Cristo (Ef 1, 10.22s; 4, 11-15; 5, 23). E' lui che edifica la Chiesa, non attraverso un vicario umano, bens tramite l'attivit dello Spirito Santo (1 Co 12, 13.27-28; Ef 4, 11). Nel simbolismo apocalittico non si sottolinea mai la superiore bellezza di una pietra simboleggiante il capo degli apostoli, ma si parla sempre di dodici pietre presentate tutte allo stesso modo come il fondamento della celeste Gerusalemme e quindi come sua difesa di fronte agli assalti dell'errore (Ap 21, 14). Questo l ogico perch Ges non venuto a stabilire dei capi o dei principi, ma solo dei ministri dei servitori dediti al servizio dei fratelli (Lc 22, 24-27). Tale concetto profondamente cristiano, era stato ben capito da Paolo il quale, conoscendo a Corinto l'esistenza di vari partiti, tra cui uno che si rifaceva a Cefa (Pietro), li biasima dicendo che solo Ges Cristo era stato crocifisso per i credenti e suggeriva che i cristiani non devono appartenere a un uomo sia pure questo un Pietro ma solo a Cristo178 . In un modo ancora pi chiaro Paolo a fferma: Nessuno dunque su glori degli uomini perch ogni cosa vostra: e Paolo, e Apollo e Cefa... tutto vostro e voi siete di Cristo, e Cristo di Dio (1 Co 3, 21-23). Contro linterpretazione cattolica del passo Tu sei Pietro, sta la discussione degli apostoli che, nulla avendo compreso del concetto cristiano di servizio verso il prossimo, si andavano chiedendo chi mai tra loro fosse il primo, il maggiore (Mc 9, 33-35); Lc 22, 24-27), lasciando capire che per loro non era stato stabilito come tale Pietro. Gli stessi cugini di Ges, Giacomo e Giovanni, aspi176 177
At 5, 1-11; 1 Co 5, 5. Tale interpretazione fu suggerita dal Concilio Vaticano I dove si disse: Se alcuno avr detto che il beato Pietro Apostolo non stato costituito da Cristo Signore Principe di tutti gli Apostoli e Capo visibile di tutta la chiesa militante, ovvero che il medesimo ha ricevuto soltanto un primato d'onore e non un primato di vera e propria giurisdizione direttamente e immediatamente dallo stesso Nostro Signore Ges Cristo, sia scomunicato (Conc. Vaticano I, sess. IV, Can. 1). Denzinger-Bannewart, Enchiridion Symbolorum n. 1823; cfr G. Casali , Somma di teologia dogmatica , Edizioni Regnum Christi, Lucca 1964, pp. 132-134. 178 1 Co 1, 12-16. I cattolici d icono ora che si pu essere di Pietro anche solo implicitamente , nel senso che volendo e ssere di Cristo, si pure del papa, perch tale la volont di Cristo.. Ma in modo esplicito (come lo fa un cattolico) o in modo implicito (come lo fa un acattolico) occorre essere di Pietro per essere di Cristo, dicono i cattolici. Posizione questa del tutto antitetica a quella paolina.
44 rando a tale privilegio d'indole terrestre, fanno perfino intervenire la loro madre Salom, probabile Zia di Ges, per ottenere i primi posti nel regno179 , segno quindi che essi non riconoscevano gi decisa la superiorit di Pietro su di loro. Contro l'autorit di Pietro quale vicario di Cristo milita inoltre tutto l'insegnamento paolino, specialmente nella lettera ai Galati, come avremo occasione di vedere pi avanti studiando il prestigio di Pietro nella Chiesa nascente180 . Lo stesso Pietro, parlando di se stesso, non esalta la propria superiorit sugli apostoli, anzi nemmeno sui presbiteri, ma si afferma pure lui un compresbitero pari a loro, la cui unica superiorit consiste nel poter testimoniare la realt di quel Cristo con il quale era convissuto181 . Non lecito ad uno studioso addurre il solo passo simbolico e quindi non giuridico di Matteo (16, 18) per difendere una dottrina contraddetta chiaramente da tutti gli altri passi biblici privi di metafora. Osservazioni su altre interpretazioni a) Sino a non molti anni fa in campo protestante dominava l'ipotesi che l'espressione Su questa pietra, si riferisse a Ges e non a Pietro. Si sosteneva tale idea con due ragioni principali: la diversit di genere tra Pietro (maschile) e Pietra (femminile) suppone una diversit di persone; di pi nel Nuovo Testamento Ges presentato coma la pietra fondamentale della Chiesa, per cui anche qui questo termine deve riferirsi a Ges. E si concludeva: Pietro un piccolo sasso incapace di sorreggere la Chiesa, solo Cristo ne il fondamento sicuro, la solida pietra rocciosa. E' evidente che il fondamento della Chiesa non pu essere un uomo, ma solo il Cristo; anche nella interpretazione sopra presentata si mostrato che la Chiesa sarebbe stata fondata su vale a dire, tramite Pietro confessante la messianicit e la figliolanza divina del Cristo accolto come Figlio di Dio. A Pietro dovranno guardare i cristiani non per divenire sudditi di tale capo (da sostituirsi in seguito con il papa), bens per ammettere che la salvezza viene dal Cristo accolto per fede quale Figlio di Dio. Pietro, come lo saranno poi anche gli altri apostoli (Ef 2, 20), fondamento solo perch il suo insegnamento ci presenta il Cristo che dobbiamo accogliere con la medesima fede del Simone di Cesarea. La missione fondamentale degli apostoli quella di fungere da intermediari per insegnarci che Ges l'unico fondamento essenziale della Chiesa (1 Co 3, 11). L'unica questione possibile questa: qui Ges presentato come il fondamento della Chiesa in m odo diretto o solo indiretto tramite il fondamento di Pietro, cos come lo pure tramite tutti gli apostoli per Paolo (Ef 2, 20)? Tra questa duplice possibilit mi sembra pi logica e aderente al contesto solo la seconda soluzione. Infatti la parola pietra non necessariamente ci fa pensare subito e in modo esclusivo al Cristo. In tutto il Nuovo Testamento la parola pietra riferita al Cristo solo in tre passi, senza alcun riferimento all'erezione di un edificio. Pietro e Paolo la pongono due volte in parallelismo con sasso (lithos), il che prova la intercambiabilit dei due termini (1 Pt 2, 8; Rm 9, 33). Nel terzo passo indica la roccia mobile da cui sgorg l'acqua zampillante che, secondo una tradizione rabbinica, accompagnava gli Ebrei nel deserto sinaitico ed era simbolo di Cristo che d l'acqua della vita. Quivi a n-
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Mt 20, 20-28. Per la relazione di parentela tra Giacomo, Giovanni e Salom, cfr F. Salvoni , Verginit di Maria , Lanterna, Genova 1969, pp. 57-68. 180 Cfr sotto il capitolo quinto. 181 1 Pt 5, 1-4. Cfr E. Obrist o.c. Mnchen 1961; James Bales, Was Peter Pope?, senza data, pp. 12-13.
45 cora una volta manca ogni allusione al fondamento di un edificio182 . Di solito nel Nuovo Testamento Ges presentato come un sasso ( lithos ) spregevole agli occhi degli Ebrei e quindi gettato via dagli edificatori come buono a nulla, mentre Dio ne fa la pietra angolare (akrognaios)183 . Dal termine pietra non si pu quindi concludere che essa si riferisca direttamente a Ges. Di pi il contesto di elogio che si incentra su Pietro confessore rende difficile, per non dire impossibile, il cambiamento di soggetto e la presentazione improvvisa di Ges quale fondamento della Chiesa. Sembra duro, guardando al contesto e alle leggi grammaticali, pensare che Ges abbia detto: Tu sei beato Simone, poich hai affermato una verit sacrosanta; per tu sei solo un sasso, ma su di me, vera rupe della Chiesa, che io edificher la mia Chiesa. Sarebbe poi strano questo ragionamento anche per il fatto che Ges presenterebbe se stesso contemporaneamente come architetto edificatore e come fondamento, creando un simbolismo incongruente. Quando Ges presentato come sasso su cui si edifica la Chiesa, Dio, non lui, che costruisce tale edificio spirituale. Anche dopo queste parole Ges continua ad affidare una missione a Pietro simboleggiata dalle chiavi, dal legare e dallo sciogliere che chiariscono il modo con cui Pietro sarebbe stato usato da Cristo come sostegno della Chiesa nascente. Fuori metafora le parole di Ges vogliono solo indicare che Ges avrebbe edificato la sua Chiesa, utilizzando degli uomini, vale a dire gli apostoli, tra cui in prima linea il Simone, detto Pietro, scelto per questa missione specifica perch egli, per primo, sotto l'ispirazione divina e quindi come profeta di Dio, aveva professato la vera fede nel Cristo. b) Secondo altri esegeti la pietra su cui poggia la Chiesa sarebbe direttamente la confessione di fede in Cristo considerato come Figlio di Dio. E' l'interpretazione che fu sostenuta non molto tempo fa dal Billerbeck, che cos scrive: L'intera frase va cos interpretata: Ma anch'io ti dico: Tu sei Pietro; tu ti sei manifestato quale roccia, quando per primo, da credente, hai confessato la mia dignit messianica e la mia divina figlio-
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1 Co 10, 4 e Tosefta Sukka 3, 11 (Ediz. Zuckermandel, Pasewalk 1880, p. 196, 1, 25 e p. 107 1, 1: Cos era la sorgente che fu con Israele nel deserto, simile a una roccia... che saliva con loro sulla montagna e discendeva con loro nelle valli, nel luogo in cui si trovava Israele, essa si trovava parimenti di fronte a loro . Es 17, 6 parla solo di una rupe fissa; ma Paolo prende lo spunto dalla tradizione rabbinica, per presentare un simbolo di Cristo e della Cena del Signore. La pietra che accompagnava (ptra akolouthosa) in parallelo con la nube che li seguiva. La parola petra assume valori diversi nei diversi contesti e pu anche indicare svariati oggetti. Anche la parola themlios, fondamento, indica Cristo in 1 Co 3, 11, gli apostoli in Ef 2, 20 e il fondamento del ravvedimento dei morti in Eb 6, 11. Attenti, quindi, ai falsi parallelismi. Un passo della Bibbia spiega un altro, ma solo quando i contesti sono i medesimi. 183 Sull'identificazione del Messia-sasso gi usata nel giudaismo cfr Bertil Gaertner , Talfa als Messiasbezeichnung , in Svenk Exegetik Arbok, 1953, pp. 98-108. E' paragonato a un sasso, ciottolo (lithos) in Mt 21, 42; At 4, 11; 1 Pt 2, 4 -7; detto pietra angolare in Ef 2, 20 ecc. J. Jeremias intende questo termine non come pietra posta all'angolo di un fondamento, ma come pietra pi bella e preziosa che si poneva a lla sommit del portale. Se questo senso possibili in alcuni passi biblici, mi sembra escluso in Ef 2, 20 dove necessariamente significa la pietra angolare posta per prima nel fondamento e che determina la posizione dell'edificio. Il passo va tradotto: Voi siete edificati sul fondamento degli apostoli-profeti di cui Cristo Ges la pietra angolare su cui ogni edificio costruito cresce... su cui a nche voi siete edificati. K. Th. Schaefer ( in Neutestamentliche Aufstze, fr Prof. J. Schmidt zum 70 Geburstag. hrg. Blitzer-O. Kuss-F. Mussner, Regensburg, Pustet 1963, pp. 218-274) sostiene che questa interpretazione si adatta meglio alla metafora, collima con Is 28, 6 (qui citato, alla sua interpretazione in Rm 9, 33, ai due altri testi in cui ricorre tale parola 1 Pt 2, 6 e Barnaba 6, 2, al posto che compete a Cristo nella Chiesa. Secondo 1 Pt 2, 4.7 Cristo pietra vivente (lithon znta ), sprezzata come materia senza valore sulla croce, diverr una pietra preziosa ed eletta che Dio pose all'angolo (vv. 4 , 7). Perci tale pietra stata gettata via divenendo cos petra skandlou ( pietra d'intoppo ) che fa cadere chi in essa inciampa. In At 4, 11 (tratto da Sl 118, 21). Mc 17, 10s e Mt 21, 42 non vi alcun contrasto con l'ipotesi precedente; Mc 21, 44 generico; se si cade su una pietra vuol dire che in terra, ma se essa cade su di un altro significa che in alto. Non ci si pu basare su questo passo per sostenere che la pietra angolare costituisca sempre il vertice del portale.
46 lanza. Su questa roccia, ossia sul fatto da te confessato della mia dignit messianica e della mia f igliolanza divina, io edifico la mia Chiesa184 . L'interpretazione qui ricordata in armonia con il contesto, in q uanto poco prima precede proprio la confessione di Pietro che appunto riferita da Ges ad una rivelazione divina. Di pi evidente che solo la fede il fondamento della Chiesa, proprio perch senza fede impossibile piacere a Dio e perch solo la fede sorgente di vita (Eb 11, 5; Gv 3, 15-16). Non vero battesimo secondo l'insegnamento apostolico quello che non include la fede, unica potenza capace di dare valore e risonanza eterna a quest'atto di ubbidienza a Cristo. Si pu logicamente concludere che la fede proprio il fondamento immancabile della Chiesa: togli la fede e la Chiesa crolla. Infatti se ben si osserva anche l'interpretazione da me sopra difesa del passo, vuole appunto far risaltare l'importanza della fede impersonata da Simone. Tuttavia il riferimento diretto alla fede ha il difetto di esaltare una virt astratta la fede in Cristo, Figlio di Dio e Messia atteso mentre di solito Ges ama presentare l'idea concretizzata in una persona visibile, nel nostro caso il Simone confessante; inoltre il pronome usato dall'evangelista questa (taut) mal si applica alla precedente confessione di Pietro. In tal caso sarebbe stato pi logico dire: Tu sei Pietro, ma su quella (ekein) confessione che tu hai poco fa pronunciata, io edificher la mia Chiesa. Di pi tutto l'elogio di Pietro, la missione a lui conferita, obbligano a riferire a Pietro anche le precedenti parole: Su questa Pietra. Tutto ci si verifica assai bene nell'interpretazione da noi sopra enunciata; il pronome questa si riferisce alla persona di Pietro poco prima riferita; ma con le sue parole Ges intende esaltare non tanto la sua persona umana, quanto piuttosto la professione di fede in lui concretizzata. Proprio in quel momento, per la sua fede, egli, bench la Chiesa ancora non esistesse, era gi la pietra pronta per sostenerla al suo apparire. Proprio per questa sua professione, anteriore a quella di tutti gli altri apostoli, Pietro sar scelto a predicare per primo la buona novella ai Giudei e ai Gentili e determiner una volta per sempre il modo con cui si entra nella Chiesa (chiavi), con il battesimo da lui fissato (legato), senza l'obbligatoriet dalla circoncisione (slegata). Mi sia permesso concludere con le parole del Cullmann: I riformatori, vero, fecero degli sforzi per mostrare che la frase del Cristo era stata rivolta da Ges a Pietro; ma la relazione che essi cercano di stabilire tra la parola Pietro e la fede anzich con la persona dell'apostolo, non pu essere accolta da un esegeta imparziale. Essa t radisce l'influsso eccessivo che la tendenza polemica esercit su di loro per poter cos togliere al papa ogni possibile superiorit. Le parole furono rivolte alla persona dell'apostolo e solo a lui., in quanto che la fondazione della Chiesa un fatto attuatosi una sola volta nel tempo. Infatti una casa fondata una volta sola al suo inizio185 .
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Strack-Billerbeck , kommentar zum Neuen Testament aus den Talmud und Midrash , 1 Berlin, 1922, p. 731. Egli tuttavia nella stessa pagina suppone che la traduzione greca dell'originale aramaico sia errata; questo sarebbe stato: gan ani omer leka l'attah petros da tradursi un Anch'io dico a te, s a te, o Pietro: su questa pietra (= sua confessione di fede) io edificher la mia Chiesa dove lo 'attah sarebbe un rafforzativo del precedente a te (cfr Ag 1, 4). Il traduttore biblico al contrario avrebbe inteso lo 'attah come soggetto della nuova frase, con il verbo sottinteso (come se fosse 'attah h Petros ) con il senso Tu sei Pietro. La correzione superflua come inutile usare Petros quando sappiamo da Gv 1, 42 che il nome aramaico era Kefah . La stessa opinione, bench senza le correzioni precedenti al testo, ammessa pura da I. Minestroni , Tu sarai chiamato Pietro , Edizioni Risveglio (Via C. Mayr 148) Ferrara 1967. Contro la precedente opinione cfr G. Salmon , L'infallibilit della Chiesa , Roma 1960, pp. 336-339 (testo n iglese pp. 339-341), e specialmente W.G. Kmmel , Kirchenbegriff und Geschichtbewusstein in der Urgemeinde und bei Jesus , Uppsala 1943, p. 22; J.L. Kljin , Die Wrter Stein und Felsen in der syrischen Uebersetzung des Neuen Testaments , in Zetschr. f. nt. Wissench. 50 (1959), pp. 102 s. 185 O. Cullmann , Christ et le Temps , Neuchtel 1947, p. 123 (traduzione italiana). Per l'influsso della polemica va ricordato che una sessione speciale della Landeskirche di Wrtemberg nel 1953 ha addirittura condannato R. Baunamm
47 Sono espressioni che dovremmo meditare tutti. Solo uno studio imparziale e senza preconcetti pu farci penetrare pi a fondo nel messaggio del Vangelo. Ma bene sottolineare che, pur riferendo la parola pietra a Pietro, Ges vuole solo presentarlo come portavoce di questa fede186 . SINTESI ESEGETICA DI MATTEO 16, 18.19 La discussione precedente si pu sintetizzare in queste brevi parole: l'elogio di Ges va ripartito in tre strofe: a) Prima strofa (v. 18 Tu sei Pietro) : esaltazione della fede proclamata da Simone profeta e simboleggiata dalla persona concreta di Pietro. La fede biblica non mai fede astratta, ma una fede esistente in un individuo, in un essere personale. La persona credente di Pietro sar utilizzata da Cristo, il vero fondatore della Chiesa, come punto di appoggio su cui fondare la Chiesa, come il mezzo principale usato da Cristo per edificare questo edificio spirituale. b) Seconda strofa (v. 19 le chiavi) : Cristo utilizzer Pietro conferendogli la predicazione della missione salvifica del Cristo, vero figlio di Dio, esaltato come Signore al di sopra di tutto il creato. La sua predicazione espressa con il simbolismo delle chiavi che sul labbro di Ges indicano la predicazione del Vangelo, ossia della buona novella con cui si apre il Regno di Dio a chi crede; ma lo si chiude a chi non crede. Per ora Pietro (e gli altri apostoli) deve tacere; solo dopo la Pentecoste Pietro sar il primo a parlare e ad evangelizzare gli Ebrei (At 2). c) Terza strofa (v. 19 legare...sciogliere) : Nella sua predicazione Pietro legher una volta per sempre il battesimo, stabilendone la sua necessit per l'ingresso nella Chiesa, slegher una volta per sempre la circoncisione, togliendone l'obbligatoriet. I vescovi non possono essere suoi successori perch non possono cambiare nulla di ci che Pietro ha fissato; essi devono solo sorvegliare le chiese perch non scostino dal fondamento simboleggiato da Pietro, vale a dire dalla fede in Cristo, figlio di Dio e attuino il battesimo cos come egli lo ha imposto. a) Pietro = Simone confessante: Tu sei il Cristo il Figlio di Dio vivente. b) Le chiavi = la predicazione della precedente grande verit salvifica c) Legare = imporre l'obbligo del battesimo attuato con fede; slegare = togliere l'obbligo della circoncisione.
( Das Petrus Bekenntnis und Schlssel , Stuttgart 1950) per aver ammesso che Pietro fondamento deve significare qualcosa di durevole nella Chiesa! 186 Cfr A. Argyle , The Gospel According to Matthew , in The Cambridge Bible Commentary, Cambridge 1963, p. 126.
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Il libro ancor pi esauriente e completo quello scritto dal cattolico J. Ludwig, Die Primateorte Mt 16. 18-19 in der altkircheichen Exegese, Mnchen Westphalien 1952, che seguir nelle pagine seguenti. Si vedano pure le opere citate nei capitoli riguardanti lo sviluppo del papato nei primi secoli della Chiesa. 188 Ireneo ( Adv. Haer. 3, 18, 4 Antenicene Fathers I p. 448) dal v. 17 salta al 21, tralasciando ci che riguarda le chiavi e il legare e lo slegare riferito a Pietro, per cui W. L. Dulire ne deduce che il testo di Ireneo mancasse dei vv. 18-19 che vi furono aggiunti in Antiochia verso il 190 ( La pricope sur le pouvoir des chefs. Son absence dans le texte de Matthieu aux mains de Irne , in Nouvelle Clio, 1954, pp. 73 ss). Tuttavia se si esamina bene il passo, i vv. mancanti sono taciuti non perch ignoti, ma perch non interessavano, in quanto l'intento di Ireneo era quello di esaltare la dignit di Cristo e non l'importanza di Pietro nella fondazione d ella Chiesa. Di pi il v. 17 fa gi parte della pericope mancante nei passi paralleli di Marco e Luca, per cui la sua presenza non si pu scindere dal resto. 189 Presso Eusebio , Hist. Eccl. VI, 25,8 PG 20, 254 A. 190 In Mat 12, 10-11 PG 13, 997 C. 1000-1001. Tutti gli imitatori di Cristo traggono il nome di Pietro (ivi c. 1004). 191 Dialogo 100, 4 PG 6, 709 C. In Dial. 106, 3 (PG 6, 724 A) si rif a Mc 3, 16 per dire che Ges ha dato a un apostolo il nome di Pietro.
49 Tertulliano (m. dopo il 220), prima ardente apologeta e poi seguace del montanismo, si rif al passo biblico in occasione di una diatriba con il vescovo di Roma192 . Costui (probabilmente Callisto) pare che si appellasse al Tu sei Pietro per difendere la propria autorit, derivatagli dal fatto ch'egli era vicino alla tomba di Pietro, ma Tertulliano chiaramente gli ribatte: Chi sei tu che (in tal modo) sovverti e deformi l'intenzione manifesta del Signore che conferiva t a193 le potere personalmente a Pietro? . Tertulliano, in accordo con quanto abbiamo asserito sopra, attribuisce il potere delle chiavi esclusivamente alla persona di Pietro, che ebbe nel sorgere della Chiesa una missione ben specifica, come presto vedremo. L'apologeta nega quindi il passaggio di tale privilegio ad un qualsiasi successore di Pietro. Cipriano , vescovo di Cartagine, morto martire nel 258 e quindi ritenuto un santo per la chiesa cattolica, di fronte a Stefano che voleva probabilmente rifarsi alle parole del Tu sei Pietro per esaltare la propria posizione, aspramente combatte tale deduzione, pur essendo disposto a riconoscere una certa principalit alla Chiesa romana. Ges parl a Pietro egli disse non perch gli attribuisse una autorit speciale, ma solo perch rivelandosi ad uno solo fosse visibile il fatto che la chiesa deve essere tutta unita nella fede in Cristo. Egli nega che sia possibile provare una qualsiasi superiorit gerarchica di Pietro sugli altri apostoli e tanto meno della chiesa romana sulle altre chiese. Pietro solo il simbolo, il tipo di tutti gli apostoli e di tutti i vescovi. Ad ogni modo gli altri apostoli erano pur essi ci che fu Pietro e beneficiavano pur essi d'una speciale partecipazione all'onore e al potere, ma l'inizio ha il suo punto di partenza nell'unit, perch cos si sottolineasse l'unit della Chiesa 194 , la quale oggi viene simboleggiata dalla chiesa di R oma. In questo primo periodo non v' alcuna idea della preminenza di Pietro sugli apostoli e della chiesa di Roma sulle altre chiese. Secondo periodo : IV e V secolo Il passo mattaico, maggiormente studiato, riceve una gamma di differenti interpretazioni. a) In Oriente la Pietra identificata ora con il Cristo, ora con la persona di Pietro oppure con la sua professione di fede. La roccia di Cristo : cos Eusebio (m. 339), il quale vissuto alla corte di Costantino e impressionato dalla fastosa potenza dell'imperatore che, governando tutto il mondo, proteggeva la Chiesa da cui era anzi chiamato vescovo pur non essendo nemmeno battezzato (lo fu solo in fin di vita), vede nella pietra il simbolo del Cristo. L'unica Chiesa d i Dio diretta e centrata in Cristo, che la roccia il fondamento della Chiesa, cos come l'imperatore lo per lo stato. Il primo fondamento della Chiesa la roccia irremovibile sulla quale essa stata costruita: questa pietra il Cristo ( ptra d n o Christs )195 .
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Penso che questo pontifex maximus, da lui biasimato in tono ironico, sia il vescovo di Roma e non un ignoto Agrippino. Di ci parleremo pi avanti nel capitolo undicesimo. 193 De Pudicitia 21 , PL 2, 1078 ss. Il passo completo studiato pi sotto nella storia del Papato. 194 De catholica ecclesiae unitate, c. 4-5 . Vedi pi avanti i problemi posti da questo libro (Excursus 3). 195 Eusebio, Salmo 47, 2 PG 23, 420 D.
50 La roccia Pietro, ma a titolo solo personale . Secondo gli antiariani Pietro in persona la rupe su cui poggia la Chiesa, ma lui personalmente senza alcun successore, in quanto egli profess la vera fede ortodossa nel riconoscere Ges quale Figlio di Dio. Con la sua fede egli, confutando una volta per sempre gli Ariani che negano tale figliolanza divina, fu il vero fondamento della chiesa antiariana. Cos si esprimeva Epifanio, vescovo di Salamina (morto a Cipro nel 403): Pietro divenuto per noi proprio una pietra solida che sorregge la fede del Signore, sul quale edificata la Chiesa. In lui (Pietro) la fede sta salda in ogni sua parte. Egli ricevette pure il potere di sciogliere sulla terra e di legare in cielo196 , per cui nelle questioni di fede l'autorit di Pietro (si n oti: di Pietro! non del vescovo romano) la somma autorit della Chiesa. Pietro quindi il campione della vera fede ortodossa contro gli Ariani197 . Anche per Didimo il cieco (m. 398) la rupe (petra) Pietro; le porte dell'Ades sono le false dottrine eretiche, il potere delle chiavi consiste nell'indicare la vera fede trinitaria198 . La stessa interpretazione data dai Cappadoci, vale a dire da Basilio (m. 379), da Gregorio Nazianzeno (ca. il 300) e da Gregorio di Nissa (morto nel 394), i quali chiamano Simone la solida roccia su cui poggia la Chiesa poich egli il campione della fede 199 . Anche per Asterio, vescovo di Amasea nel Ponto (m. 410), l'Unigenito... chiam Pietro il fondamento della Chiesa quando disse: Tu sei Pietro e su questa pietra edificher la mia Chiesa... Lui (il Cristo) fu infatti inviato nel seno della terra... perch sorreggesse tutti i cristiani e li elevasse verso la patria della nostra speranza. Non infatti possibile porre un altro fondamento oltre a quello che gi stato posto, vale a dire lo stesso Cristo (1 Co 3, 11). Tuttavia il nostro Salvatore volle chiamare il primo dei suoi discepoli la pietra della fede. Per mezzo di Pietro il fondamento della Chiesa diviene incrollabile in quanto egli una sicura guida della confessione cristiana 200 . Pietro la fede confessata di Pietro. Gli Antiocheni spingendosi ancora pi avanti in questa direzione hanno finito per dimenticare la persona di Pietro e attribuire il valore di rupe (petra) alla sola fede che l'apostolo aveva professata nei pressi di Cesarea. Questa fede, non la persona di Pietro, la roccia su cui poggia la Chiesa; basti qui ricordare il campione di questa esegesi, cio il vescovo di Costantinopoli Giovanni Crisostomo , il cui epiteto datogli per la sua eloquenza significa Boccadoro (+ 407). Partendo dalla necessit della fede (Rm 10, 11) egli dice che essa il fondamento della Chiesa. Anche Ges ha detto: Tu sei Pietro e su questa pietra edificher la mia Chiesa, vale a dire sulla fede che tu hai confessato201 . Ebbe perci Pietro un primato? Si! poich fu il primo a confessare il Cristo, divenne anche il primo apostolo all'inizio della Chiesa202 . E' chiamato pietra, ma solo per il fatto che la sua fede non sarebbe mai venuta meno 203 .
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Epifanio , Ancoratus, 9, 6ss (Ed. K. Holl 1, 16). Epifanio, Panarion, Haer. 59, 7; 8, 12 (Ed. K. H. Holl II, 372s. 198 Didimo, De Trinitate, 1, 30 PG 39, 416 s. 199 Basilio, Adv. Eunonium 2 PG 29, 577 s. ( dl psteos usterochn ); Gregorio Nazianzeno, Orat. 28 PG36, 52 A: Pietro penetr pi profondamente che non gli altri apostoli nella conoscenza di Cristo. Perci egli fu lodato e ricevette la pi alta onorificenza. Da un altro passo sappiamo che questa consistette nelle chiavi (cfr Carm. 1, Sectio II, 589 PG 37, 559 A); secondo Gregorio di Nissa tali chiavi passarono a tutti i vescovi ( De Castigatione PG 46, 312 C). 200 Asterio, Omelia VIII, PG 40, 270. 201 Crisostomo, In Mat. Om. 54 , PG58, 534 (tout' esti t pstei ts omologas). Cfr J. Lcuye r, in Gregorianum 49 (1963), pp. 113-133. 202 Or. 8, 3 Adv Jud. PG 48, 931. 203 Comm. In Joh. hom. 88, PG 50, 480 A.
51 b) In Occidente. Cominci a farsi strada l'interpretazione del passo biblico favorevole al vescovo di Roma. Tuttavia Ambrogio (vescovo di Milano morto nel 397) mise ancora in rilievo che la pietra della Chiesa la fede non la persona di Pietro. Il primato di Pietro consiste in un primato di confessione, non di onore, di fede non di gerarchia204 . Per lui la fede che fondamento della Chiesa... la confessione che vince l'inferno205 . Nel suo commento al Vangelo di Luca afferma anzi che ogni credente una pietra della Chiesa: La pietra la tua fede, il fondamento della Chiesa la fede. Sei tu una pietra? Sei nella Chiesa, perch la Chiesa poggia su pietre. Se tu appartieni alla Chiesa, le porte dell'inferno non ti potranno sopraffare. Poich le porte dell'inferno indicano le porte della morte... Quali sono le porte della morte? I singoli peccati 206 . Quando in un inno liturgico ambrosiano, detto il Canto del gallo , egli chiama Pietro pietra della Chiesa ( petra Ecclesiae), lo fa solo per indicare che ogni credente una pietra della Chiesa e che perci a Pietro, come primo credente, stato rivolto l'appellativo di rupe (= petra ). Secondo Agostino, vescovo di Ippona (m. 430), l'interpretazione di Matteo 16 libera, come appare dalle sue Ritrattazioni . In un primo tempo egli identific la pietra con l'apostolo Pietro, poi, in seguito, cambiando opinione, la rifer alla fede che Pietro aveva confessato. Eccone il passo: Scrissi pure in un certo luogo al riguardo dell'apostolo Pietro, che su di lui, come su di una pietra, stata fondata la Chiesa. Ci pure cantato per bocca di molti con i versi del beatissimo Ambrogio, che nel canto del gallo cos afferma: Lui stesso, la pietra della Chiesa elimin la colpa del canto (del gallo) Ma so che pi tardi, ho assai spesso esposto le parole del Signore: Tu sei Pietro e sopra questa pietra edificher la mia Chiesa, nel senso seguente: Sopra ci che stato confessato da Pietro mentre d iceva: Tu sei il Cristo, il Figlio dell'Iddio vivente. Perci da questa Pietra egli fu chiamato Pietro personificando cos la Chiesa che si edifica su questa pietra e ricevette le chiavi del cielo. Infatti non stato detto a lui: Tu sei Pietra, ma Tu sei Pietro. La pietra era invece il Cristo, che fu confessato da Simone, perci detto Pietro, e che parimenti confessato da tutta la Chiesa. Il lettore scelga, fra le due sentenze, quella che gli pare migliore 207 .
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Petrus... primatum egit, primatum confessionis utique non honoris, primatum fidei non ordinis ( Ambrogio , De n icarnationis dominicae sacramento IV, 32 PL 16, 826 C). 205 Fides ergo est eccleasiae fundamentum, Non enim de carne Petri, sed de fide dictum est, quia portae mortis ei non prevalebunt. Sed confessio vicit infernum ( ivi, V, 34 PL 16, 827). 206 Expositio Evang. sec. Lucam VI, 98 s CSEL 32, 4 p. 275 (Ed. C. Shenkl). Per la successione della Chiesa di Roma nel primato cfr sotto la parte storica. 207 In quo dixit quodam loco de apostolo Pietro, quod in illo tamquam in petra fundata sit ecclesia, qui sensus etiam cantatur ore multorum in versibus baeatissimi Ambrosii ubi de cantu gallinacio ait: hoc ipse, petra ecclesiaecanente culpas diluit Sed scio me postea, saepissime sic exposuisse, quod a Domino dictum est: tu es Petrus, et super hamc petram aedificabo ecclesiam meam, et super hunc intelligeretur, quem confessus est Petrus dicens: Tu es Christus, filius Dei vivi, ac sic Petrus ab hac petra appellatus personam ecclasiae figuraret, quae super hanc petram edificatur et accepit claves regni caelorum: Non enim dictum illi est: Tu es petra, sed: Tu es Petrus; petram autem erat Christus, quem confessus Simon, sicut et tota ecclesia confitetur, dictus est Petrus. Harum duarum autem sententiarum quae sit probabilior, eligat lector . Retractationum S. Aufustini Liber O, 20, 2 (Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum 36; ex recensione P. Knll Vienna 1902, pp. 97-99). Cfr A.M. La Bonnardire , Tu es Petrus , 34 (1961), pp. 451-499 (porta 116 citazioni); il passo inteso secondo tre temi: a) elogio della fede di Pietro; b) la pietra su cui poggia la Chiesa Cristo; c) il potere di rimet-
52 E' a Roma che dapprima timidamente e poi con pi chiarezza si asser che le parole di Ges a Pietro conferiscono un primato a Roma. Fu dapprima Callisto (217-222) che, applicandosi tale testo, affermava di avere il potere di legare e sciogliere e quindi di accogliere nella Chiesa anche gli adulteri, in quanto la sua Chiesa era vicina al sepolcro di Pietro208 . Anche Stefano (254-257) a motivo del luogo dove egli era vescovo, afferm di essere il successore di Pietro e di avere quindi l'autorit di accogliere nella Chiesa anche i battezzati dagli eretici209 . Verso il sec. IV e V a Roma tale idea and sempre pi imponendosi, per cui difesa dalla lettera apocrifa di Clemente a Giacomo210 e sostenuta da Girolamo , esegeta e monaco morto nel 420. Per non solo il Cristo Pietra della Chiesa, ma anche Pietro che ha ricevuto i l dono di essere chiamato 211 Pietra . Bench tutti i vescovi siano il fondamento e i monti della Chiesa, tuttavia il Cristo ha voluto fondare la Chiesa su uno di questi monti, cio su colui al quale egli ha detto: Tu sei Pietro212 . Sembra che per Girolamo la pietra sia Pietro, e che la cattedra di Pietro sia poi passata a Roma 213 . L'interpretazione romana godette il suo pieno fulgore con il papa leone I il Grande (+461), il quale sostenne che a Pietro Ges concesse il primato della dignit apostolica, che pass poi al vescovo di Roma al quale compete la cura di tutte le Chiese214 . Come si vede abbiamo qui la prima chiara manifestazione del primato di Pietro e di quello romano, ma Leone non ha in ci seguito una tradizione in quanto prima di lui tale esegesi non era mai stata accolta dalle Chiese. Si noti poi che siamo gi verso la met del V secolo e in un ambiente non del tutto disinteressato in quanto il vescovo di Roma cercava in tal modo di sostenere quei privilegi che mano a mano si era andato acquistando215 . Contro la tesi cattolica il protestantesimo, riesumando un'antica tradizione della Chiesa, sostiene che Pietro fu detto roccia da Ges non come individuo, ma solo come credente: la vera roccia solo il Cristo; per la sua fede in Ges che anche Pietro merita di essere chiamato pure lui roccioso216 .
tere i peccati dato alla Chiesa che da Pietro raffigurata. Cfr pure F. Hofmann , Der Kirchen begriff des hl. Augustinus , Mnchen 1933, pp. 316 s. 208 Cos secondo Tertulliano , che combatte per tale pretesa (De Pudicitia 21 PL 2, 1078 ss). 209 Cos Firmiliano in una lettera a Cipriano che confuta tale pretesa di Stefano (PL 3, 1217). 210 Lettera di Clemente a Giacomo 1 , contenuta nella introduzione alle Omelie pseudo-clementine: Egli (Pietro) fu messo a parte per essere la fondazione della Chiesa e per questo ricevette dalla bocca veritiera dello stesso Ges, il nome di Pietro. 211 In Jerem. Proph. III, 65 CSEL 54 p. 312 (et Petro apostolo donavit ur vocaretur petra); cfr In Mat. Comm. 1, 7, 26 PL 26, 51 B (ab hac petra apostolus Petrus sortitus est nomen). 212 In Is 1, 2, 2 PL 24, 23 s. 213 Cfr Epist. 15, 2 CSEL 54, p. 63 (ed. H. Hilberg). 214 Cfr lo studio su Lone I nel capitolo decimo. 215 Si veda il capitolo sulla opposizione della altre Chiese al progressivo aumento delle pretese romane. 216 Tu sei roccioso, perch hai riconosciuto colui che la vera Roccia e l'hai chiamato secondo la Scrittura il Cristo, Lutero Wuder das Ppstum von Teufel gestiftet, (W. A. 54, citato da E. Muelhaupt. Luthers Evangelien Auslegung 2, p. 548). Non sulla roccia della chiesa romana edificata la Chiesa... bens sulla fede confessata da Pietro a nome di tutta la Chiesa (Resolutio Luterana super propositionem XIII de potestate papae 1519; W. A. 2 citato da E. Muelhaupt o.c. 2, p. 525); anche Calvino , (Commentaire a Mt 16) esalta la fede di Pietro: ogni credente diviene roccioso come Pietro; per Zwingli ( De vera et falsa religione , in Haptschriften IX, pp. 158 ss.) Pietro tipo di ogni credente.
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CAPITOLO QUARTO IL PRESUNTO CONFERIMENTO DEL PRIMATO DALLA PASSIONE DI CRISTO ALLA PENTECOSTE
Anche in questo periodo Pietro, pur non essendo mai presentato come capo, continua a fungere da persona di primo piano: fu lui a segnalare a Cristo che il fico si era inaridito in conseguenza della maledizione scagliata il giorno prima da Ges (Mc 11, 21); assieme a Giacomo, Giovanni e Andrea fu lui a chiedere quando si sarebbe attuata la distruzione del tempio217 . Assieme a Giovanni, Pietro fu inviato a preparare l'occorrente per la cena pasquale (Lc 22, 8). Ma due scene principali meritano l'attenzione: la predizione del rinnegamento di Pietro (Lc 22, 32) e l'incarico dato allo stesso apostolo di pascere gli agnelli (Gv 21). Conferma i tuoi fratelli Luca nel ventiduesimo capitolo del suo Vangelo, dopo aver riferito lo svolgersi dell'ultima cena (vv. 7-23), narra la contesa sulla priorit (vv. 24-30) e infine la profezia di Cristo sul prossimo rinnegamento di Pietro (vv. 31-34). Quest'ultimo brano cos suona: Simone, Simone, ecco Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano, ma io ho pregato per te affinch la tua fede non venga meno, e tu alfine di nuovo conferma i tuoi fratelli. E Pietro gli disse: Signore io sono pronto ad andare con te in prigione e alla morte. Ma Ges rispose: Io ti dico, Pietro, non canter oggi il gallo che, per tre volte, tu abbia negato di conoscermi (Lc 22, 31-34) Da questo passo biblico il Concilio Vaticano I trasse un argomento a sostegno della infallibilit p apale218 . Pietro non verr mai meno nella sua fede per cui potr sempre sostenere i suoi fratelli di apostolato con la propria autorit di capo. Tuttavia queste conclusioni sono ben lungi dall'essere dimostrate, come appare da un'analisi pi profonda del passo lucano, che suscita problemi notevoli sia per la traduzione, il senso e la durata della funzione sostenitrice di Pietro. 1) Circa la traduzione al posto di alfin di nuovo conferma altri traducono una volta che ( ti) sarai convertito, conferma. Pur essendo assai comune quest'ultima traduzione, preferisco la prima per il contesto e per l'uso del verbo greco conferma (sterzein) 219 . Non ritengo tuttavia dimostrata l'affermazione di coloro (Bultmann, Prete) che pretendono scindere dalla profezia riguardante il rinnegamento di Pietro, il futuro rafforzamento degli apostoli da parte sua220 . Anche se il detto di Ges
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Mc 13, 3; il singolare chiese (eperta) sembra suggerire che Pietro ne fosse il principale richiedente assieme agli altri tre. 218 Costituzione della Chiesa c. 4 Denz. 1836. 219 Su questo problema cfr B. Prete , il senso di epistorkas , in Luca 22, 32, in Pietro Atti XIX Settimana Biblica, Brescia, pp. 113-135. Egli mostra che il senso di conversione a Dio predominante nei 18 esempi in cui appare in Luca, ma sempre accompagnato da una preposizione (ep, es, prs) solo due volte si trova senza preposizione (Lc 8, 55; At 15, 36) dove, specialmente nel secondo, v' un parallelismo perfetto con la profezia di Ges (visiteremo di nuovo le citt gi evangelizzate). Si tratta di un semitismo riproducente il verbo shub, che spesso un completivo del verbo principale, a cui conferisce il senso di nuovo. 220 Le ragioni sono: diversit di nome (Simone v. 31 e Pietro v. 34), ma forse qui il nome di Pietro usato da Luca proprio per mostrare il contrasto tra la roccia-Pietro e il suo rinnegamento; l'avverbio ecco corrisponde all'ebr. hinneh che nell'A.T. introduce dei vaticini solenni; ma in realt ci non prova molto. Del resto anche se originariamente il detto fosse stato pronunciato in un contesto diverso, va notato che Luca, introducendolo nella scena attuale gli conferiva una sfumatura particolare. A noi interessa conoscere ci che l'ispirato Luca ci voleva insegnare.
54 fosse circolato all'origine isolato, di fatto Luca lo ha inserito in un contesto dal quale riceve il suo senso come lo intendeva l'evangelista, vale a dire il ritorno di Pietro alla funzione di sostegno del collegio apostolico, dopo il suo rinnegamento durante la crisi imminente221 . 2) Le parole di Ges sono di grande importanza per Pietro, come appare dalla ripetizione del nome Simone, Simone destinato a richiamare la sua particolare attenzione (cfr Mt 23, 27); dal fatto che l'evangelista Luca mette sul labbro di Ges il nome di Pietro (v. 34) quasi volesse sottolineare per via di contrasto la differenza tra il Pietro confessore e il Simone rinnegante; dall'uso della contrapposizione (eg de) che indica anche altrove, la coscienza e l'autorit messianica di Ges222 dalla parola (sterizein) che evoca l'immagine della roccia e si riferisce al compimento della sua missione223 . 3) Vorrei tuttavia notare che il detto di Ges non ha alcun riferimento alla infallibilit, dal momento che non riguarda l'insegnamento da dare alla Chiesa, condizione indispensabile perch si abbia l'infallibilit papale, bens la fede personale di Pietro. Pur rinnegando il Cristo, la sua fede vacillante non si spegner del tutto (come avvenne invece per Giuda), sicch egli rimarr pur sempre riunito da un tenue filo con il Salvatore224 . Il detto di Ges, sia per la particella alfine ( pte) sia per il participio tradotto con di nuovo , fa vedere che Pietro prima di riconfermare i suoi fratelli avrebbe dovuto attraversare un periodo in cui, per la sua fede vacillante, avrebbe cessato di essere un loro sostegno. La sua fede tuttavia non cadr del tutto solo perch lui, il Cristo, ha pregato per l'apostolo. Questa affermazione di Ges non riusc gradita a Pietro che si affrett a rassicurare il Maestro che egli era persino pronto a morire per lui, attirandosi cos la profezia del suo rinnegamento. Con le sue parole il Salvatore preannunci la futura crisi degli apostoli al momento della sua morte, il grande pericolo in cui Simone si sarebbe trovato pi ancora degli altri, il suo ravvedimento e la sua funzione, non di capo, bens di sostegno degli altri apostoli nel periodo cruciale intercorso tra la morte di Cristo e la sua resurrezione. Si vede come in uno scorcio il succedersi degli eventi avveratisi durante l'atroce martirio di Ges. Questa interpretazione fu sostenuta anche da alcuni padri della Chiesa, come ad esempio il Crisostomo : Ges disse ci duramente rimproverandolo, mostrandogli che per la sua caduta pi grave di quella degli altri, egli necessitava di maggiore assistenza. Perch egli era stato colpevole di due errori: primo di aver contraddetto il nostro Signore quando aveva dichiarato che tutti si sarebbero scandalizzati, affermando: Quand'anche tutti fossero scandalizzati, io per non lo sar, e, secondo, nel farsi superiore agli altri. Vi poi un terzo errore, ancor pi grave, quello di volersi attribuire ogni virt. Per curare queste malattie dello spirito, nostro Signore gli permise di cadere e perci, trascurando gli altri, si rivolse a lui: Simone, Simone Satana desidera vagliarvi come si fa col grano, vale a dire, vorrebbe affliggervi, tormentarci, tentarvi, ma io ho pregato per te, affinch la tua fede non venga meno. Se Satana desiderava vagliare tutti gli apostoli perch mai nostro Signore non dice: Ho pregato per tutti? Non forse ben chiaro che per la ragione sopraddetta? Per rimproverarlo e per mettere in rilievo che la sua caduta era ben pi grave di quella degli altri, Ges rivolge a lui le sue parole225 .
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Generalmente oggi si riconosce che il detto provenga realmente da Ges; non vi infatti alcun motivo per supporre una sua creazione da parte della Chiesa primitiva. Cfr W. Foerste r, Lukas 22, 31 , in Zeitschr d. Neuetestamtl. Wissenschaft 46 (1955), pp. 120-133. 222 Cfr W. Manson , The ego eim of Messianic Presence , in Journal of Theological Studies 48 (1947), pp. 137 ss. 223 In Hom. Ps. Clementine 17, 19, 4 . Pietro detto tn steram ptran. 224 . Eklip da eklipo (dal quale il nostro eclissi); significa venir meno, spegnersi del tutto, morire (cfr Lc 16, 9 morirete); Eb 1, 12 (i tuoi anni non verranno mai meno, vale a dire non morirai). 225 Hom 82 in Mat 26 PG 58, 741. Anche nel suo Commento agli Atti il Crisostomo vede, come abbiamo fatto pure noi poco sopra, nell'elezione di Mattia un'azione in cui Pietro conferma i fratelli . Non il caso di insistere sulla non autenticit di queste omelie inferiori per stile alle altre. Nihil unquam legis indoctius. Ebrius ac stertens scriberem
55 Identica idea fu presentata dal Venerabile Beda (+735) nel suo commento al passo lucano: Come io, pregando, ho preservato la tua fede perch non venisse meno quando fu sottoposta alla tentazione di Satana, cos anche tu ricordati di sollevare e confortare i tuoi fratelli pi deboli con l'esempio della tua penitenza, se per caso essi dovessero disperare del perdono226 . 4) Va infine rilevato che il verbo sorreggi (sterizo) non indica necessariamente la superiorit gerarchica di chi rafforza gli altri. E' dal contesto che deve apparire il suo senso: nel caso di At 18, 23, passi assai vicino al presente, Paolo che sostiene i discepoli, vale a dire coloro ch'egli aveva ammaestrati nella fede e che erano, come suoi figli spirituali, a lui inferiori. Ma nel presente passo del Vangelo coloro che devono essere rafforzati sono chiamati fratelli e quindi considerati alla pari di Pietro e per nulla affatto a lui inferiori ed a lui sottoposti come a un capo227 . 5) E' poi del tutto fuori contesto l'introdurre qui una missione duratura di Pietro e quindi attribuirgli dei successori in questo compito. Tale funzione ben delimitata al periodo della crisi nella quale si sarebbero ben presto trovati gli apostoli tutti. Il momento del vaglio evoca nel linguaggio profetico l'attimo decisivo in cui sarebbe stato costituito il resto, il nuovo popolo di Dio228 . E' il momento in cui Pietro stesso, nonostante il suo entusiasmo, stava per cadere, ma nel quale sar salvato dalla preghiera di Ges. Tale contesto strettamente personale esclude che qui Ges, parlando a Pietro, i ntenda evocare momenti diversi, anzi intenda riferirsi a tutto il periodo della Chiesa, in cui Pietro s arebbe stato sostituito dal papa. E' dal contesto che dobbiamo chiarire il genuino pensiero dell'insegnamento ispirato di Luca. Di pi lo stesso verbo impedisce tale estensione perch vi usato l'imperativo aoristo e non l'imperativo presente. L'imperativo presente indica la continuazione dell'azione, mentre l'imperativo aoristo puntualizza un'azione limitandola a un dato tempo229 . Sembra quindi logico restringere l'attivit sostenitrice di Pietro al periodo immediatamente successivo alla morte di Cristo, prima della resurrezione del Salvatore o almeno prima della discesa dello Spirito Santo, quando cio gli apostoli scoraggiati e pavidi si restringono attorno a Pietro ravveduto230 . Ci pure confermato da Giovanni secondo il quale gli antichi amici e collaboratori di un tempo si radunarono attorno a Pietro che disse loro: Io vado a pescare . Essi risposero: Anche noi veniamo con te (Gv 21, 2-3). Dopo l'assunzione di Cristo al cielo Pietro che facendo eleggere Mattia al posto di Giuda ricostituisce il numero dodici che si era perso con l'apostasia del traditore e tiene desta la fiaccola della fede nel ricostituendo regno d'Israele, di cui essi dovevano essere il fondamento (At 1, 15-26). Dopo la Pen-
meliora (Erasmo). Possono essere state pronunciate dal Crisostomo, ma raccolte dei suoi uditori (G. Salmon , l'infallibilit della Chiesa , o.c. pp. 342-343). 226 Ven. Beda , Comm. in Lucam 22 PL 92, 600 C. 227 Cfr Mt 23, 8 -10. Nei tredici passi in cui il verbo (sterizo) ricorre pu avere il senso di irrigidimento fisico (Lc 9, 51) o di rafforzamento mentale (i cuori 1 Te 3, 13; Gc 5, 8). Pu essere Dio che rafforza (Rm 16, 25; colui che vi pu fortificare); 2 Te, 2, 17 (consoli i vostri cuori e vi raffermi),1 Pt 5, 10 (Iddio vi render salvi e vi fortificher). Pu e ssere anche il Cristo che rende saldi (2 Te 3, 3); oppure lo sono gli apostoli e gli evangelisti At 18, 23 (Paolo conferma i fratelli andando di luogo in luogo); Rm 1, 11 (conferendo un dono spirituale); 1 Te 3, 12 ss (Paolo rafforza con il suo amore); 2 Pt 1, 12 (Pietro rafforza con l'insegnamento raccolto nella sua lettera; 1 Te 3, 2 (mandammo Timoteo... per confermarvi e confortarvi...). Pu anche essere l'angelo della Chiesa di Sardi che rafforza il resto della Chiesa vicino alla morte spirituale (Ap 3, 2), ma pu esserlo ogni cristiano che deve rafforzare il proprio cuore (Gc 5, 8). 228 Amos 9, 8-10; Lc 2, 34-35 (profezia di Simone). 229 Cfr il m ptou di Gv 20, 16 che dovrebbe essere tradotto non continuare a toccarmi anzich non mi toccare . come esigerebbe invece la forma aorista. 230 Senza alcun motivo alcuni autori (Refoul) vedono qui il risultato dell'azione (come in Lc 11, 27 apostte allontanatevi da me aoristo che descrive esattamente il momento dell'allontanamento, mentre Mt 7, 23 ha apochozite presente allontanatevi e restate lontani da me). Ma non vedo come questo caso si possa applicare al presente passo di Luca. Cfr P. Guendet , L'impratif dans le texte des vangiles , Paris 1924, p. 53.
56 tecoste sar invece lo Spirito Santo e non Pietro a sorreggere i credenti nei difficili momenti del d olore e dello scoraggiamento231 . Pasci le mie pecore Il problema della genuinit o meno del cap. 21 di Giovanni non ha importanza per la nostra questione; anche se non fosse genuino rispecchierebbe pur sempre un dato della tradizione antica.. Dalle parole Noi sappiamo che la sua testimonianza verace (v. 24) comprendiamo che lo scrivente, pur distinguendosi dal discepolo, assicura che il materiale trasmesso a lui dallo stesso Giovanni era di grande valore. Se il v. 23 provenga da una correzione fatta da Giovanni vecchio alla diceria formulata a suo riguardo o da una apologia da parte dei collettori delle sue memorie dopo la sua morte, non ha la minima importanza per il nostro soggetto232 . Dopo una notte infruttuosa di pesca sul lago di Tiberiade uno sconosciuto dice agli apostoli di gettare ancora una volta le reti che, miracolosamente, sono ricolme di pesci. Giunti a riva gli apostoli trovano gi del pesce arrostito ad opera di Ges, che tale era appunto lo sconosciuto (Gv 21, 14). Dopo aver mangiato assieme, Ges apr un colloquio con Pietro usando parole che meritano la n ostra pi attenta considerazione. Simone di Giovanni, mi ami tu pi di costoro?233 Egli rispose: s. Signore tu sai che ti voglio bene. Ges disse: Pasci i miei agnellini. Ges disse di nuova una seconda volta: Simone di Giovanni mi ami tu? Egli rispose: S, Signore, tu sai che ti voglio bene. Ges gli disse: Pastura le mie pecorine. Ma la terza volta gli chiese: Simone di Giovanni mi vuoi proprio bene? Pietro fu rattristato perch questa terza volta Ges gli aveva detto: Mi vuoi bene? e gli rispose: Signore, tu sai ogni cosa, tu conosci che ti voglio bene. Ges gli disse: Pasci le mie pecorine... (Gv 21, 15-18) In seguito Ges gli profetizz il futuro martirio, concludendo il suo dire con il comando: Seguimi! (v. 19). Pietro, curioso, vedendo Giovanni, chiese che sarebbe avvenuto di lui, ma Ges gli r ibatt di guardare a se stesso: Se voglio che rimanga finch io venga, che t'importa? Tu seguimi! (v. 21). Questo passo dai moderni teologi cattolici ritenuto il conferimento del primato dell'apostolo Pietro su tutta la Chiesa cristiana234 . Le parole: Pasci le pecore, pasci gli agnelli sono scolpite in greco sull'abside della basilica di S. Pietro in Vaticano. Anche gli esegeti contemporanei, pur essendo m e-
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Cfr i passi gi citati sopra, riguardanti le varie applicazioni di strizo (= conferma). . Sul problema dell'autenticit cfr Moraldi-Lyonnet , Introduzione alla Bibbia , vol. IV (Torino 1960), p. 205. Il racconto sembra riallacciarsi alla pesca miracolosa narrata da Luca in 5, 1-11, confermando in tal senso l'esistenza di n itimi legami, non ancora ben chiariti, fra Luca e Giovanni (cfr M.E. Boismard , Le chapitre XXI de St. Jean. Essai de critique littraire , in Rev. Bibl. 54, 1947 pp. 473-501). Sui rapporti del cap. 21 con il resto del quarto Vangelo cfr A. Schlatter , Der Evangelist Johannes , Stuttgart 1930 ( dello stesso autore); R. Bultmann , Das Evangelium Johannes , Gttingen 15, 1957 (si tratta di un autore diverso). Si cfr una accurata bibliografia degli autori favorevoli e contrari alla genuinit giovannea in S. Ghiberti , Missione e primato di Pietro in Giovanni 21 , in Pietro Atti XIX Settimana Biblica, Brescia 1967, p. 175. 233 Il Mi ami tu pi di costoro non pu essere inteso come una richiesta a Pietro per vedere se egli preferisse Ges ai pesci o agli altri suoi compagni di pesca. Tutta la vita di Pietro stava a dimostrare che egli era pronto a sacrificare ogni cosa per Ges; per lui aveva lasciato parenti, barca e moglie (Mc 10, 28), per lui aveva vigorosamente nuotato i ncontro al Maestro abbandonando la stessa barca (Gv 21, 7). La domanda si spiega invece se mette a confronto il suo amore con quello che per lo stesso Ges avevano gli altri apostoli. 234 Si cfr Conc. Vaticano I, Al solo Simone, Ges dopo la sua resurrezione, confer la giurisdizione di sommo pastore e di rettore di tutto il suo ovile, dicendo: Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore (Denz. 3053). Simile la dichiarazione della Cost. Dogm. Lumen Gentium al Conc. Vaticano II, n. p.19.22.
57 no dogmatici dei precedenti, continuano a vedervi il conferimento, almeno implicito, del primato giurisdizionale di Pietro sulla Chiesa totale235 . Anche Paolo VI in una allocuzione tenuta il mercoled in Albis del 1967, cos commento questo episodio: L'intenzione del Signore, palese in questo interrogatorio sull'amore di Pietro a Ges, termina in un'altra e definitiva lezione, insegnamento, comando, investitura insieme: termina al trasferimento dell'amore, che l'apostolo, con umile sicurezza non pi smentita, professava per il suo Maestro e S ignore, da Ges al gregge di Ges. Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore, tre volte disse il Signore all'Apostolo, ormai chiamato suo continuatore, suo vicario nell'ufficio pastorale... il primato di Pietro, nella guida e nel servizio del popolo cristiano, sarebbe stato un primato pastorale, un primato d'amore. Nell'amore ormai inestinguibile di Pietro a Cristo sarebbe fondata la natura e la forza della funzione pastorale del primato apostolico. Dall'amore di Cristo e per l'amore ai seguaci di Cristo la potest di reggere, di ammaestrare, di santificare la Chiesa di Cristo... Una potest di cui Pietro a lscer eredi i suoi successori su questa sua cattedra romana, ed a cui egli dar nel sangue la suprema testimonianza236 . Dobbiamo quindi saggiare l'esattezza delle affermazioni precedenti con un esame accurato del passo biblico nei suoi punti pi importanti237 . Va anzitutto ricordato che il pasci, espresso in greco per amore di variet con due verbi dal senso identico Osservatore Romano, 30 marzo 1967, p. 1.238 , non esclusivo per descrivere l'attivit di Pietro, ma usato anche per gli altri apostoli e per i vescovi239 ; lo stesso Pietro ammonisce i presbiteri , a pascere il gregge di Dio in cui si trovavano, dei quali anzi si autodefinisce un compresbitero, avente quindi i medesimi doveri e incarichi, a loro superiore solo per il fatto di poter testimoniare le realt cristiche da lui vedute. Essi devono quindi pascere il gregge mostrando loro un esempio di vita cristiana senza voler imporsi con autorit, la quale viene espressamente esclusa dal contesto (1 Pt 5, 1-3). Anche Paolo esorta gli episcopi di Efeso, convenuti a Mileto, a pascere la Chiesa di Dio vigilando contro le infiltrazioni di false dottrine (At 20, 28). Come si vede ben arduo dal verbo pascere dedurre una superiorit dell'apostolo su tutta la Chiesa di Dio.
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Si confrontino al riguardo i due commenti che ne fanno il P. Braun e G. Ghiberti , il primo assai pi sicuro, il secondo ben pi cauto: Non abbiamo motivo di pensare che gli agnelli raffigurino il popolo fedele e il gregge gli altri apostoli. Il cambiamento di parola indica che Ges intende qui parlare di tutto il gregge che affidato a Pietro. Si tratta di una vera delega di autorit su tutta la Chiesa. Tutta la tradizione ha inteso il passo in tal modo e cos pure inteso dal Concilio Vaticano contro i Protestanti. Ges conferisce al solo Pietro la giurisdizione quale capo supremo di tutto il gregge dicendo: Pasci i miei agnelli, pasci il mio gregge. Molti protestanti non vincolati ad una Chiesa confessionale riconoscono oggi l'accuratezza di tale interpretazione (Harnak, Heitmller; Bauer, Bernard). Cos F.N. Braun , St Jean , in La S. Bible par L. Pirot, vol. X, Paris 1935, pp. 482-483. Ed ecco la conclusione di G. Ghiberti al suo lungo studio su Giovanni 21: Di tutte le pecore deve interessarsi Pietro; di tutte ha responsabilit per una guida che dipende dalla sua direzione e dal suo controllo. Di tale atteggiamento di Ges nessun altro suo discepolo fatto oggetto, mentre l'importanza di Pietro confermata da contesti apparentati, quelli pasquali, in tutta la narrazione evangelica giovannea e infine in alcuni luoghi privilegiati (Mt 16 e Lc 22). Per questo onestamente sembra legittimo e doveroso concludere che un discorso moderno muoventesi sui concetti di primato giurisdizionale, purch sia mantenuto nelle prospettive giovannee descritte, non affatto sconfessato dalla rivelazione di Gv 21, anzi vi contenuto in forma equivalente ( G. Ghiberti , Missione e primato di Pietro secondo Giovanni 21 , in Pietro Atti XIX Settimana Biblica, Brescia 1967, p. 212). 236 Osservatore Romano, 30 marzo 1967, p. 1. 237 Utile lo studio di G. Ghiberti, Missione e primato di Pietro secondo Giovanni 21, in Pietro A. o.c., pp. 167-214. I mportante per la ricca documentazione bibliografica, utile per alcune idee presentate, scarso per la sintesi personale, n isufficiente per le deduzioni teologiche che vuole vedere implicite nel passo giovanneo. 238 Bsco (verbo non comune) e poimano . 239 Poimino per vescovi, presidenti (At 20, 28; 1 Pt 5, 2).
58 Si pu forse insistere di pi sul fatto che i due termini pecorine ed agnellini indicano che a lui ed a lui solo stato affidato tutto il gregge della Chiesa. Penso che le due parole ci costringano a vedere un limite nella missione affidata da Ges a Pietro. Usualmente oggetto del verbo pascere sono le pecore (prbata), il gregge (pomnion) la chiesa (ekklesia). Ma qui, stranamente, Giovanni adopera i due diminutivi, quasi mai usati altrove, che sembrano sottolineare la debolezza delle pecore pasciute: agnellini (arnon) e pecorine (probtia)240 . Il gregge evidentemente non costituito solo da gnellini e da pecorine; il suo elemento principale dato dalle pecore. Non voleva forse Ges suggerire qui a Pietro che, lui, dopo aver sperimentato con il rinnegamento a l debolezza umana, era il pi atto a sorreggere quei cristiani, che per essere le pecorine e gli agnellini del gregge pi abbisognano di guida e di aiuto? Non hanno invece b isogno dell'aiuto di Pietro le pecore, gi mature e quindi capaci di autoguidarsi. Da tali parole ben difficile dedurre la superiorit di Pietro su tutta la Chiesa241 . Ma perch tali parole furono rivolte solo a Pietro e non agli altri apostoli? Non questo un segno della superiorit sua sugli altri apostoli, del suo rapporto particolarmente intimo con Ges? Sono per l'affermativa i cattolici, mentre personalmente, dopo aver ripensato a lungo, ritengo che qui G es voglia donare il suo perdono a Pietro, che lo aveva rinnegato. e riaffidargli la missione apostolica. A riparazione del suo triplice rinnegamento Ges ora richiede una triplice professione di amore. La stessa domanda iniziale con la quale Ges chiede a Pietro se lo amasse (agapo) in modo superiore a quello degli altri apostoli, un richiamo psicologicamente discreto alla sua affermazione orgogliosa di volerlo seguire anche fino alla morte se necessario; tutti gli altri apostoli potranno pure scandalizzarsi di Ges ma Pietro mai (Mc 14, 29; Lc 27, 33). A una domanda cos discreta, ma cos pertinente per la sua connessione con la tragica colpa, in cui solo Pietro era caduto a differenza degli altri apostoli, egli non ha pi il coraggio di ripetere la sua precedente boriosa affermazione di s icurezza tronfia; non ha anzi nemmeno il coraggio di dire t'amo (agapo), ma lo sostituisce con f ilo , un verbo meno impegnativo, che si potrebbe tradurre con il nostro ti voglio bene242 . Ges allora ripete la sua domanda lasciando cadere il confronto con gli altri apostoli, e Pietro risponde al medesimo modo di prima. Ma Ges, riprendendo il verbo stesso di Pietro gli chiede: a
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Nel N. Testamento usualmente si trova (mnos ) agnello ; il diminutivo (arnin ) si legge solo in Ap 5, 6 dove i ndica la debolezza dell'agnello sgozzato ma che nonostante, anzi proprio per tale sua debolezza, dopo la conseguente vittoria sulla morte, degno di rompere i sigilli del libro celeste. Il diminutivo pecorine ( probtia ) si trova solo qui in Gv 21, mentre usualmente altrove si legge pecore ( prbata); qualche codice anche qui, data la stranezza della lezione, vi ha sostituito ( prbata). Forse qui vi una tinta polemica di Giovanni contro q uei cristiani che pretendevano difendere il primato di Pietro su tutto gli altri apostoli (corrente petrina). Cfr capitolo quinto. 241 N vale insistere sul numero 153 dei pesci catturati per vedervi designata la missione universale di Pietro a tutti gli uomini; anche se tale ipotesi fosse provata riguarderebbe tutti gli apostoli che hanno pescato tali pesci e non solo Pietro. Fu Girolamo a dare il valore di umanit intera ai 153 pesci, poggiando sul fatto che, secondo gli antichi 153 s arebbe stata la variet dei pesci (In Ez 47, 12 PL 25, 474); tuttavia il testo attuale di Alieutik di Oppiano non ha tale numero, che del resto non doveva essere troppo noto ai lettori di Giovanni. Su questo numero cfr J.A. Emerton , The Hundred and fifty three Fisches in John XXI, 11 , in Journ. Theol. Studies 9 (1958), pp. 86-89; P.R. Ackroyd , The 153 Fisches in John XXI, 11. A. Further Note , in Journ. Theol. Studies 10 (1959), p. 94; H. Kruse , Magni pisces centum cinquaginta tres (Jo 20, 11) , in Verbum Domini 38 (1960), pp. 129-141. Dobbiamo riconoscere che il simbolismo di tale numero, se vi esiste, sfugge tuttora alla nostra indagine. 242 Non pi agapo ma filo . Bench la maggioranza degli esegeti rifiuti di vedere una diversa sfumatura nell'uso di questi verbi che si scambierebbero tra loro, altri autori pi saggiamente vedono nel contesto delle sfumature particolari. (cos C. Spicq. R. Rfoul, O. Glombitza , Petrus - der Freund Jesu. Ueberlgung zu Joh 21, 15 , in Novum Testamentum 6 (1963), p. 279; B. Cassian , St Pierre et l'Eglise dans le Nouveau Testament , in Istina 1955, p. 328). Agapo sembra designare un amore pi profondo, cristiano, sorretto da motivi supernaturali (se ne confronti l'elogio in 1 Co 13), mentre il filo indica un amore pi umano, pi sentimentale, pi sensibile.
59 davvero mi vuoi proprio bene? Allora Pietro questa terza volta243 al sentirsi mettere in dubbio il suo stesso affetto per Ges, si rattrist e umilmente gli rispose: Tu ben sai che davvero ti voglio bene, che ho dell'affetto per te 244 . So che di recente alcuni hanno cercato di negare che la triplice domanda e la triplice missione affidata a Pietro, sia un richiamo al rinnegamento petrino. P. Gaechter ha voluto riferire questa ripetizione a motivi d'indole giuridica per sottolineare un caso particolarmente importante e solenne 245 . Tale suggerimento fu accolto e confermato con testi rabbinici da parte di E. Zolli246 . Se la triplicit di un'affermazione pu talora sottolineare la solennit di un compito affidato ad alcuni, qui mi pare del tutto fuori posto, se analizziamo la domanda di Ges: Mi ami? Mi vuoi proprio bene? e la tristezza che Pietro ne prov. Egli comprese che qui non si trattava di esaltazione, bens di saggiare la realt del suo sentimento affettuoso verso il Maestro. Idee preconcette e dogmatiche fanno talora fuorviare dal retto e semplice senso del passo biblico. Che poi Ges intendesse ridonare la missione apostolica a Pietro si pu capire meglio se si pensa al detto di Cristo: Chiunque mi rinnegher dinanzi agli uomini, anch'io lo rinnegher dinanzi al Padre mio che nei cieli (Mt 10, 33). Ma ora, dopo la sua protesta d'affetto, Pietro ancora ritenuto degno di annunciare l'amore divino a tutti coloro che come lui potranno cadere e aver bisogno di fiducia e di conforto. Che questo sia vero si pu dedurre da due motivi: primo il fatto che Giovanni segue nella descrizione lo schema della chiamata all'apostolato e dal verbo conclusivo che vi aggiunge. E' utile per questo confrontare la chiamata di Pietro all'apostolato secondo Luca (5, 1-11) con la presente narrazione (Gv 21, 1-19):
L c 5, 1-11 lago di Gennezareth (v. 1) pesca infruttuosa di notte gettate le reti (v. 4) pesca miracolosa Pietro confessa il kurios (Signore) Si riconosce peccatore (v. 11) lo seguirono Gv 21. 1-19 lago di Tiberiade (v. 1) pesca infruttuosa di notte gettate le reti (v. 6) pesca miracolosa E' il kurios (Signore) Si riconosce nudo247 pasto (v. 9-13), pasci Seguimi
Come si vede le due narrazioni corrono parallele e tale fatto si spiega, oltre che ad un influsso di Luca nella redazione definitiva del Vangelo di Giovanni, anche dal fatto che qui si trattava di una nuova chiamata di Pietro all'apostolato, nel quale Simone doveva essere reintegrato dato il suo precedente rinnegamento248 .
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Si noti il t trton con l'articolo; mentre precedentemente vi era duteron senza articolo una seconda volta; si tratta quindi di una terza domanda diversa dalle precedenti, che rattrista Pietro. 244 Gi Origene aveva notato che la causa della tristezza di Pietro derivava proprio dall'uso di questo verbo ( filo ) (mi sei affezionato ). Cfr Comm ai Proverbi 8, 17 PG 17, 184 C.D. 245 Gaechter , Das Dreifrache Weide meine Lmmer in Zeitschr Kath. Theol. 69 (1947), pp. 328-344 (337-340). 246 E. Zolli , La Confessione e il dramma di Pietro , Roma 1964, p. 49. Egli adduce a comprova Ge 31, 47.51.52; Mt 18, 15; At 10, 16, Lc 23, 14.20; e i trattati mihnici Rash ah.shanah 2, 7; Jebamot 12, 6. 247 Nudo (v. 8) vale a dire peccatore (cfr Ap 3, 17-18; 16, 15) anche in Filone, Leg. All. 11, 60 l'essere nudo indica la perdita della virt da Adamo. 248 Per tale parallelismo cfr. J. Schniewind, Die Parallelperikopen bei Lukas und Johannes 1958, pp. 11-16
60 Tale impressione confermata pure dal duplice comando di Ges rivolto a Pietro e che costituisce come il vertice a cui il racconto tende: Tu seguimi! (v. 19.22). E' una parola che Ges ripetutamente ha usato quando volle chiamare qualcuno all'apostolato249 . Segno quindi che con le sue parole il Risorto voleva ridonare la missione apostolica a Pietro. Questa interpretazione presentata pure da alcuni padri della Chiesa tra cui Cirillo Alessandrino. Se qualcuno chiede perch mai egli si rivolse solo a Simone, pur essendo presenti gli altri apostoli, e cosa significhi: Pasci i miei agnelli, e simili, rispondiamo che san Pietro con gli altri discepoli, era gi stato scelto all'Apostolato, ma poich Pietro era frattanto caduto (sotto l'effetto di una grande paura aveva infatti rinnegato per tre volte il Signore), Ges adesso sana colui che era un malato ed esige una triplice confessione in sostituzione del triplice rinnegamento, compensando questo con quella, l'errore con la correzione. E ancora: Con la triplice confessione Pietro cancella il peccato contratto con il triplice rinnegamento. La risposta di nostro Signore: Pasci i miei agnelli, considerata un rinnovamento della missione apostolica gi in precedenza conferita; rinnovamento che assolve la vergogna del peccato e cancella la perplessit della sua infermit umana250 . Sembra che null'altro voglia dire il Passo di Giovanni, che riceve cos una interpretazione semplice e priva di implicazioni misteriose. Le parole di Ges, che costituiscono un dialogo quanto mai personale, escludono qualsiasi idea di successione. La triplice richiesta ricorda il triplice rinnegamento; la conclusione ricorda a Simone la necessit di seguire il Signore come un apostolo fedele. Ora a Pietro che non poggia su di s, ma sulla potenza divina, Ges assicura il futuro martirio251 ; alla curiosit di sapere che cosa sarebbe avvenuto di Giovanni, il Signore nuovamente gli comanda Tu seguimi che ti importa di lui? (v. 22). In tale contesto la visuale del Maestro non si porta ad eventuali successori, ma a ci che il discepolo far sino alla sua morte252 .
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E' detto all'ignoto che voleva seppellire il padre (Mt 8, 22); a Matteo (Mt 9, 9), al vero credente pronto a morire per Ges (Mt 10, 38) al giovane ricco (Mt 19, 21), a Filippo (Gv 1, 43) ai discepoli in genere (Gv 12, 26; Mt 19, 28). 250 Cirillo d'Alessandria, In Joannes Evangelium, XII, PG 74, 749 A e 752 A. 251 Anche questo in opposizione a Lc 22, 33; quando Pietro orgogliosamente si dichiara disposto ad andare alla morte per Cristo, lo rinnega tre volte; quando con umilt confessa di voler bene al Cristo, pronto a subire la morte (Gv 21, 18). Per la glorificazione con la morte in riferimento a Cristo cfr Gv 13, 31; 17, 1. 252 F. Refoul , Primaut de Pierre dans les Evangiles , Revue de Sciences Religeuses 38 (1964, pp. 1 -41 (p. 40). Anche questo studioso pur pretendendo di ritrovare qui l'esaltazione del primato di Pietro, costretto a riconoscere che: dans ce chapitre 21, certains traits (allusions au reniment, martyre) ne peuvent s'appliquer que a Pierre. Le discernment entre ce qui a valeur exemplaire et ce qui a valeur individuelle est delicat .
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At 5, 1 -11 cfr P.H. Menoud , La mort d'Ananias et de Saphira (Actes 5, 1 -11), in Aux Sources de la Tradition Chrtienne Melanges Goguel, Neuchtel 1950, pp. 146 s.; J. Schmitt , Le Manuscriptes de la Mer Mort , Colloque de Strasbourg 1957, pp. 93 ss., vi trova un raffronto con i perfetti degli Esseni; non si deve tuttavia premere eccessivamente sulla equivalenza tra Esseni e Cristiani.
62 Pi tardi Pietro visse per un po' di tempo in Antiochia suscitando le critiche paoline per il suo comportamento verso i cristiani del gentilesimo dai quali si separ per timore dei cristiani giudaizzanti dipendenti da Giacomo254 . La sua fama arriv pure a Corinto dove viveva un partito a lui ricollegato, che si rifaceva al suo insegnamento e alla sua autorit (1 Co 1, 12). Il fatto si spiegherebbe m eglio supponendo che l'apostolo si sia recato personalmente nella capitale dell'Acaia per curarvi il gruppo giudaizzante255 . In questi suoi viaggi missionari egli conduceva seco anche la propria moglie (1 Co 9, 5). Per il prestigio goduto da Pietro, lo stesso Paolo and a Gerusalemme per incontrarlo e rimase con lui una quindicina di giorni256 . Si trattava di prestigio personale o invece di vero primato giurisdizionale, proprio di un capo? Importanti al riguardo sono alcune testimonianze paoline e l'affermarsi di Giacomo, i cui discepoli giunsero in seguito persino a farne il capo della Chiesa. Va anzitutto sottolineata l'indipendenza della predicazione dell'apostolo Paolo che attribuisce il suo messaggio a diretta rivelazione divina, sottolineando che al riguardo non si era consigliato con alcun uomo, nemmeno con gli apostoli che erano stati prima di lui a Gerusalemme (Ga 1, 11.16 s). Egli afferma chiaramente che le cosiddette colonne della Chiesa, annesse dai cristiani, in realt sono inesistenti, poich presso Dio non vi sono riguardi personali257 . Tra lui e Pietro l'unica d iversit non consisteva nel fatto che questi era capo della Chiesa mentre Paolo non lo era, bens nel semplice dato che a Pietro era stata affidata l'evangelizzazione dei circoncisi, ossia dei Giudei, mentre a lui, Paolo, quella degli incirconcisi, vale a dire dei Gentili (Ga 2, 9). Paolo non ebbe alcun t imore ad opporsi risolutamente a Pietro quando lo vide scostarsi dalla verit del Vangelo, in una violenta diatriba che ha fatto immaginare a qualche padre la presenza di un altro Cefa, diverso dall'apostolo Pietro258 .
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Ga 2, 11 La Chiesa d'Antiochia fu fondata da coloro che erano stati dispersi dalla persecuzione d i Gerusalemme (At 9, 15) e conseguentemente erronea la traduzione testimoniata da Origene (In Lucan Hom. VI PG 13, 1815 A), Eusebio (Hist. Eccl. III 36, 2 PG 20, 288 B); Crisostomo (Homelia 4, PG 50, 591) e Girolamo (De viris illustribus 1 PG 23, 637 B) che ne attribuiscono a Pietro la fondazione. Se ne confronti la confutazione da parte di H. Katzenmayer , Die Beziehungen des Petrus zur Urkirche von Jerusalem und Antiochien in Internationale Kirkliche Zeitschrift 1945, pp. 116 ss. 255 1 Co 9, 5. Dionigi di Corinto (ca. 170 d.C.) afferm che Pietro e Paolo fondarono la Chiesa di Corinto e vi insegnarono insieme: Voi avete unito Roma a Corinto, questi due alberi che sono stati piantati da Pietro e da Paolo. Nel medesimo modo l'uno e l'altro hanno fondato la Chiesa della nostra Corinto, ci hanno istruito nel medesimo modo e dopo aver insegnato insieme in Italia, subirono contemporaneamente il martirio . Tale asserzione non attendibile perch contrariamente alla chiara testimonianza degli Atti (c. 18), che attribuisce a Paolo la fondazione della Chiesa di Corinto, la riferisce a entrambi gli apostoli. A favore dell'andata di Pietro a Corinto: cfr E. Meyer , Ursprung ind Anfnge des Christentums , t. III, pp. 498 ss; H. Lietzmann , Die reise des Petrus , in Sitzungberichte des Berliner Akademie der Wissenschaft Berlin 1930, pp. 153 ss; H. Katzenmayer , War Petrus in Korinth? , in Internationale Kirkliche Zeitschrift 1945, pp. 20 ss. Contro tali idee cfr M. Goguel , l'aptre Pierre a -t-il jou un rle personel dans le crises de Grce et de Galatie? , in Rev. Hist. Phil. Rel., pp. 461 ss: Idem, La naissance du Christianisme, Neuchtel 1946, pp. 335 ss. 256 Ga 1, 18. E' inutile insistere sul verbo istorsai per dedurne che Pietro era il capo della Chiesa; il verbo indica solo che Paolo volle fare conoscenza personale di Pietro, la persona pi rappresentativa della Chiesa nascente. Anche la moglie di Lot si volse a guardare ( istorsai ) per conoscere e verificare personalmente ci che sarebbe accaduto a S odoma (Flavio Giuseppe, Ant. Giud. 1, 11, 4). Su l'esatto valore di istorsai kefan cfr G.D. Kilpatrik , Galatians 1, 18 istorsai kefan , in New Testament Essays. Studies in Memory of I.W. Manson, Manchster 1959, pp. 114-119; W.D. Davies , The Setting of the Sermon in the Mount , Cambridge 1964, pp. 453-455. 257 Ga 2, 5.6; quelli che sono ritenuti colonne erano Giacomo, Cefa (= Pietro) e Giovanni (si noti il Giacomo prima di Cefa, e il ritenuti non sono). La gente pensa cos, ma cos non la pensava P aolo: Quali gi siano a me non importa, Dio non ha riguardi personali (v. 6). Come avrebbe potuto Paolo pronunziare tali parole, se Pietro fosse stato proclamato da Cristo capo della Chiesa e suo vicario? 258 Clemente Alessandrino ne fa un discepolo di Pietro: Clemente nel libro quinto delle sue Ipotiposi, riferisce che quel Cefa di cui Paolo dice: Quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a fronte aperta, era uno dei settanta discepoli, omonimo dell'apostolo Pietro (cfr Eusebio, Hist. Eccl. 1,12,2).
63 Quando a Corinto sorse un partito che si rifaceva a Cefa (= Pietro), Paolo non afferm che occorreva essere di Pietro per appartenere al Cristo, essendone Pietro il suo vicario, ma scrisse in tono v ibrante che occorreva essere di Cristo perch solo il Cristo era morto per gli uomini e perch il battesimo veniva compiuto nel nome di Cristo e non nel nome di un qualsiasi altro uomo (1 Co 1, 13). Di pi nella medesima lettera afferma che gli apostoli, Pietro compreso, sono dei semplici servitori, per cui gli apostoli appartengono ai cristiani e non i cristiani agli apostoli; i cristiani appartengono a Cristo e per mezzo di Cristo a Dio. Nessuno dunque si glori degli uomini, perch ogni cosa vostra e Paolo, e Apollo e Cefa e il mondo... tutto vostro; e voi siete di Cristo e Cristo di Dio (1 Co 3, 21 s). Paolo non immagina nemmeno che sia possibile dire che occorre essere di Pietro per poter appartenere a Cristo! Anche secondo il libro degli Atti, Pietro ag collegialmente con gli altri apostoli, senza aver affatto autorit su di loro, tant' vero che fu il collegio apostolico ad inviare in Samaria Pietro e Giovanni per studiarvi la situazione (At 8, 14). L'esame dei testi biblici, criticamente analizzati, ci impedisce di vedere in Pietro il capo degli apostoli, nonostante il suo primato indiscusso. Gli ortodossi direbbero che Pietro godette di un primato d'onore, ma non di giurisdizione. E' la conclusione a cui giunge anche il cattolico J. Dupont nell'esame dei primi due capitoli della lettera ai Galati: Paolo parte dal presupposto indiscutibile della missione apostolica di Pietro, e s'attarda a dimostrare che la sua propria missione ne fa di lui l'uguale a Pietro (fait de lui l'gal de Pierre). Nel quadro di questa argomentazione, non fa meraviglia il vedere che Paolo parla della sua investitura apostolica in termini che richiamano la scena evangelica dell'investitura di Pietro. Da Ga 1, 12 egli afferma di non aver ricevuto o appreso l'evangelo da un uomo, ma di averlo ricevuto per rivelazione di Ges Cristo259 . Giacomo, il fratello del Signore Nel libro degli Atti assistiamo pure al progressivo affermarsi di Giacomo, il fratello Signore. All'inizio, durante la missione di Pietro e Giovanni in Samaria, Giacomo ancora nell'ombra, in quanto il collegio degli apostoli ad agire. Ma Giacomo, in quanto fratello di Ges e in quanto aveva goduto di una speciale visione del Risorto, al tempo della prigionia di Pietro a Gerusalemme godeva gi di una notevole rinomanza, tant' vero che l'apostolo Simone vuole che la sua miracolosa liberazione dia resa nota a Giacomo e ai fratelli260 . Attorno a lui, che ormai agisce come capo indiscusso della Chiesa di Gerusalemme, si raccolgono tutti i credenti (e non solo i giudeo-cristiani) tant' vero che anche i Gentili convertiti inviano alla chiesa madre di Gerusalemme l'obolo della loro riconoscenza261 . Nell'ultimo viaggio di Paolo a Gerusalemme, l'apostolo fu ospitato da Giacomo, che l'accolse assieme ai presbiteri, radunatisi presso di lui (At 21, 18).
259
J. Dupont, La rvlation du Fils de Dieu en faveur de Pierre(Mt 16, 17) et de Paul (Ga 1, 16) , in Recherches de Science Religieuse 52 (1964), pp. 411-420 (la citazione a p. 420). Paolo dipende da una fonte orale che conosceva il loghion su Pietro (cos J. Chapman , St Paul and the Revelation to St. Peter-Math XCI, 17, in Revue Bndectine 20, 1912, pp. 133-147). Secondo altri, meno bene, Matteo dipenderebbe invece da Paolo (cfr A.M. Denis , L'investiture de la fonction apostolique par apocalypse in Rev. Bibl. 64 (1957), pp. 335-362, 492-515; F: Refoul , Primaut de Pierre dans les evangiles , in Rev. de Sciences Religeuses 38 (1964). 260 1 Co 15, 7; At 12, 2. 261 Rm 15, 26; 1 Co 16, 1 s; 2 Co 8, 20.
64 Nel cosiddetto Concilio di Gerusalemme, Giacomo prese autoritativamente la decisione finale che fu accolta tosto all'unanimit e comunicata per lettera ai Gentili262 . Paolo scrivendo ai Galati in armonia con la posizione tenuta allora da Giacomo, prepone questo nome a quello stesso di Cefa: Giacomo, Cefa e Giovanni che sono reputati colonne263 . In quell'assemblea Pietro si limit a perorare la sua causa documentando come Dio avesse riversato lo Spirito Santo anche sui Gentili; dopo di lui parlarono pure Paolo e Barnaba; ma la decisione fu data da Giacomo: Perci io decido (krno) che non si dia molestia ai Gentili che si convertono a Dio; ma che si scriva loro di astenersi dagli idolotiti, dalla fornicazione, dalle carni soffocate e dal sangue (At 15, 19) Che il verbo decido (krno) sia un verbo forense implicante una decisione autoritaria appare dal suo uso nelle sentenze del tribunale. Si usa per Pilato che decide di condannare il Cristo (At 3, 13), per il tribunale di Cesare che deve giudicare Paolo (At 25, 10), per affermare che Paolo era stato chiamato in giudizio a motivo della sua speranza (At 26, 6), per i Dodici che sederanno su dei troni a giudicare le dodici trib di Israele (Lc 22, 30). Non v' motivo di dare al verbo, qui usato in un contesto di decisione autoritativa, il valore smorzato di opinione personale264 . Appunto dalla preminenza di Giacomo in seno all'assemblea di Gerusalemme, il Cullmann deduce l'abdicazione di Pietro dalla sua dignit di capo in favore di Giacomo, il che logicamente negato dai cattolici. Mi sembra che il problema sia impostato male; Pietro all'inizio della Chiesa non aveva una vera funzione di capo, ma si imponeva agli altri apostoli per il prestigio della sua natura esuberante. Giacomo, fratello del Signore e zelante giudeo stimato anche da tutti gli Ebrei, and gradata-
262 263
At 15, 3 s. Tutti tacquero e Giacomo prese a dire... Io decido. Ga 2, 9 -12. E' ridicolo supporre, come fa lo Haenchen, che questa successione si adovuta al fatto che Paolo voleva evitare la successione Giacomo e Giovanni, per impedire che i lettori lo confondessero con i figli di Zebedeo. I cristiani di quel tempo sapevano che Giacomo il Zebedeo era gi morto e sapevano pure che qui Paolo intendeva parlare di Giacomo il fratello del Signore, a cui aveva poco prima accennato in questa medesima lettera (Ga 1, 19). Cfr Haenchen, Petrus-Probleme, in New Test. Stud. 7 (1960-1961), pp. 187-197. 264 Non intendo discutere qui il rapporto di At 15 con Ga 2. Personalmente penso che si tratti del medesimo evento esposto da angoli visivi diversi. In At 15 si decreta l'astensione da parte dei Gentili dagli idolotiti, dalla fornicazione, dalla carne soffocata, dal sangue (At 15, 20 s). Paolo che in genere alquanto contrario a tali limitazioni tralascia il decreto, per insistere maggiormente sulla non obbligatoriet della circoncisione. il non mi imposero nulla di Ga 2, 6 non contraddice al decreto di At 15, 20, perch Paolo vuole solo dire che non vi furono altre imposizioni per lui oltre al semplice battesimo, nemmeno la circoncisione. Al pi (con il Cullmann) da At 21, 25 si potrebbe dedurre che il decreto, ed esso solo, sia stato imposto posteriormente e da Luca arbitrariamente spostato per connetterlo, d ata l'affinit d'argomento, con l'assemblea di Gerusalemme. Ma anche questo non necessario in quanto troppo concatenato con il concilio. Da At 21 non risulta che Paolo abbia conosciuto il decreto solo nel suo ultimo arrivo a Gerusalemme; Giacomo pu semplicemente averglielo richiamato. La libert cristiana raggiunse a gradi la sua maturit pi completa: a) dapprima vigeva per tutti l'obbligo della circoncisione prima di venire battezzati; b) poi se ne esonerarono i Gentili (cos Pietro secondo At 10) c) in seguito si sostenne la non obbligatoriet della legge mosaica, ad eccezione delle quattro limitazioni (At 15); d) poi si concesse la libert di seguire o no tali limitazioni, riguardanti il cibo e le feste (idolotiti 1 Co 81-13.23-33; Rm 14 13-23); e) da ultimo Paolo ordin di opporsi alle limitazioni dei cibi (Cl 2, 16-21; 1 Ti 4, 1 -5). Su questi problemi cfr per una orientazione E. Haenchen , Die Apostelgeschichte , 1959, pp. 396 ss; J Dupont , Les problmes du livre des Actes d'aprs les travaux recents, 1950, pp. 51 ss; W.G. Kuemmel , Theologische Rundschau , 1942, pp. 81 ss; 1948 pp. 3 ss; 1950 p. 1 ss; H Schlier, Der Brief an die Galater 1 949, pp. 66 ss; M. Debelius , Das Apostelkonzil, in Theologische Literaturzeitung 1947, pp. 193 ss; S. Giet , L'Assemble apostolique et le dcret de Jrusalemm. Qui etait Simon? , in Recherches de Science Religieuse 39 (1951; Mlanges Lbreton), pp. 203-220 (lo identifica con un altro Simone; il decreto posteriore al concilio).
65 mente acquistandosi importanza sempre maggiore dando cos inizio alla sua esaltazione da parte dei giudeo-cristiani, fino a farne il capo della stessa Chiesa265 .
265
Su questo partito sorto ben presto nella Chiesa, si confronti il capitolo riguardante le valutazioni di Pietro nei primi secoli della Chiesa. per il pensiero di O. Cullmann, si legga la sua opera Pietro (in Il Primato di Pietro, Bologna, il Mulino 1965, p. 63).
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Sono il Vangelo e gli Atti di Pietro. Girolamo vi aggiunge la Predicazione e l'Apocalisse (De viris illustribus, 1 PL 23, 639). L'Apocalisse ebbe una discreta diffusione e nel II secolo era accettata da alcuni come ispirata (cfr Frammento Muratoriano, in Enchiridium Bibl. 7). Non mi soffermo a ricordare L'Evangile de la jeunesse de Notre Seigneur Jsus Christ, edito a Parigi nel 1894 da Catulle Mends che traduce in francese il testo latino (edito per la prima volta) e che egli dice provenire dalla Abbazia di S. Volfango, creata forse dallo stesso Mends. 267 Il Vangelo di Pietro ricordato nella lettera a Serapione, vescovo di Antiochia (ca. 190) riportata da Eusebio (Hist. Eccl. 6, 12, 3-6); vi si legge che Serapione, avendo trovato che tale Vangelo si leggeva nella chiesa di Rossos (citt s iriaca del golfo di Isso), sulle prime acconsent alla sua lettura (il rifiutarlo potrebbe sembrare pusillanimit: si legga pure). Poi procuratosi tale Vangelo trov che molte sue idee erano conformi all'insegnamento verace del Salvatore, ma che altre contrastavano con esse ed erano in accordo con le idee dei Doceti i quali attribuivano a Cristo un'umanit solo apparente (da doko = sembrare, apparire). Origene verso il 246 lo nomina e dice che, secondo tale scritto, i fratelli di Ges erano i figli che Giuseppe ebbe dalla sua prima moglie (Comm. In Mat, 10, 17); secondo Teodoreto, la sua affermazione discutibile potendo forse riferirsi al Vangelo secondo gli Ebrei, che sarebbe stato usato dai Nazarei (Haereticorum fabulae compendium 2, 2 PL 83, 389). 268 Il testo fu edito da Bouriant , Le Mmoires publies par les membres de la Mission archologique franaise au Caire , 9, 1892 pp. 91 s; fac-simile. Ivi 1893, fasc. 3 (Reproduction en hliogravure de M.A. Lods; cfr pure M.A. Lods , L'Evangile et l'Apocalypse de Pierre publis par la premire fois , Paris 1893; G.B. Semeria , L'Evangile de Pierre , in Revue Biblique 1894, pp. 522-560; A. Bonaccorsi , Vangeli Apocrifi I , Firenze, Fiorentina 1948, pp. 16-29 (testo greco, note critiche e traduzione italiana). I brani sopracitati sono tratti da questa edizione; edizione e traduzione francese in Vaganay , L'Evangile de Pierre , Paris 1930. 269 Cfr Bonaccorsi, I Vangeli apocrifi , Firenze 1948, pp. 28-29. 270 Apol. I, 35 OG 6, 348 BC. 271 Cfr Bonaccorsi, o.c. pp. 18-19. 272 Il frammento insiste nel riversare tutte le colpe sui Giudei, giustificando per quanto possibile Pilato. Dopo la morte i Giudei si mostrano alquanto sconcertati (8, 25). 273 Vers 10; cfr Bonaccorsi , o.c., pp. 20 ss.
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soldati, che custodiscano il suo sepolcro per tre giorni che non vengano i suoi discepoli a rubarlo e il popolo pensi che risuscitato dai morti (cfr Mt 27, 6 s) e ci facciano del male. 31. E Pilato diede loro il centurione Petronio con dei soldati, per custodire la tomba. E con loro, anziani e scribi si recarono al sepolcro. 32. E rotolata una gran pietra, tutti quanti che eran l con il centurione e i soldati la posero alla porta del sepolcro, 33 e c'impressero su sette sigilli; e rizzata l una tenda montarono la guardia. 9, 34 Di buon'ora, allo spuntar del Sabato, accorse gente da Gerusalemme e dai dintorni, per vedere il sepolcro sigillato 35. Ma la notte in cui spuntava la Domenica, mentre i soldati a due a due facevano a turno la guardia, una gran voce r isuon dal cielo, 36 e videro aprirsi i cieli, e due uomini scenderne rivestiti di gran splendore e avvicinarsi alla tomba. 37 Quella pietra che era stata appoggiata alla porta, rotolandosi via da s si scost da una parte, e la tomba s'apr, ed e ntrambi i due giovani c'entrarono. 10, 38 Come (ci) videro quei soldati destarono il centurione e gli anziani; ch costoro stavano l di guardia 39. E mentre spiegavano loro quanto avevano visto, di nuovo vedono tre uomini uscire dalla tomba, e i due sorreggevano quell'altro, e una croce li seguiva; 40 e la testa dei due si spingeva sino al cielo, mentre quella di colui che conducevano per mano sorpassava i cieli 41. E udirono una voce dai cieli, che diceva: Hai predicato ai dormienti? 42. E una risposta s'ud dalla Croce Si 11, 43. Quelli allora si concertavano tra loro d'andar via e di rivelar tali cose a Pilato 44. E mentre stavano ancora divisando, appaiono di nuovo aperti i cieli e un uomo ne discende, ed entra nel sepolcro 45. Al veder ci il centurione e quei ch'erano con lui s'affrettarono in piena notte a (correr da) Pilato, abbandonando la tomba di cui erano a guardia, e gli raccontarono tutto quanto avevano visto grandemente angustiati e dicendo; Egli era davvero il figliuol di Dio (cfr Mt 27, 54 e paralleli) 46. Pilato rispose: Io sono puro del sangue del figliuolo di Dio (cfr Mt 27, 24); siete voi che avete voluto cos 47. Poi fattisi tutti innanzi lo pregavano e supplicavano di comandare al centurione e ai soldati di non dire a nessuno ci che avevano visto; 48 E' ben per noi dicevano d'aver contratto la pi grave colpa solo al cospetto di Dio, e non cadere anche nelle mani del popolo giudeo ed essere lapidati 49. Pertanto Pilato comand al centurione e ai soldati di non dir nulla.
In seguito il frammento riprende la narrazione dei Vangeli canonici: le donne, incoraggiate da Maria Maddalena, vanno alla tomba, che trovano aperta e ricevono il messaggio dell'angelo; gli apostoli lasciarono Gerusalemme per tornare a casa loro. Il racconto s'interrompe mentre Pietro, Andrea e Levi tornano alla pesca sul lago, secondo una scena che si ricollega a quella di Giovanni (Gv 21). b) Predicazione (kerygma) di Pietro Origene (m. 253/254) dice che tale scritto era utilizzato dallo gnostico Eracleone, di qui la riservatezza del suo giudizio al riguardo, pire seguito da Eusebio: Questo libro della predicazione non stato trasmesso fra gli scrittori cattolici e di esso nessuno scrittore moderno se ne servito274 . Di fatto ne fece uso solo Clemente Alessandrino, come vedremo. Sembra che il libro sia stato scritto in greco al principio del II secolo da un autore ortodosso di origine egiziana275 . E' ben difficile stabilire se al medesimo libro risalgono alcuni testi di una Dottrina di S. Pietro o Didascalia riferiti da Origene e da altri autori posteriori276 e in quali rapporti si trovi con il testo siriaco dal titolo Predicazione di Simone Pietro, in cui oltre all'esortazione antidolatrica, si aggiungono aneddoti sulla vita dell'apostolo, specialmente quelli riguardanti la sua lotta con Simon Mago a Roma.
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Hist. Eccl. 3, 2 PG 20, 217 A; la testimonianza di Origene si legge in Comm. in John, 13, 17 PG 14, 424 e in M.R. James , The Apocryphal New Testament , Oxford 1924, pp. 17.18. 275 A. Hilgenfeld ( Novum Testamentum extra canonem receptus, fasc. 4 Leipzig 1884, pp.51-65) propende per una sua origine greca; ma con il Dobschtz penso sia meglio riferirlo all'Egitto a motivo specialmente della idolatria quivi biasimata. 276 Cfr E. Dobschtz , Das Kerigma Petri (Texte und Untersuchungen XI, 1), Lepzig 1893, pp. 80-135.
68 Si pensato che alla base del Kerygma ci sia stata la volont di Pietro di lasciare un ricordo della sua predicazione (2 Pt 1, 15). L'apostolo alludeva quivi alla sua lettera, ma l'autore del Kerygma prefer allargare l'insegnamento di Pietro a modo suo, includendovi il comando di estirpare l'idolatria e di rimanere fedeli alla nuova alleanza con Dio, concludendo che i cristiani formano una razza nuova distinta sia dai pagani che dai Giudei. Purtroppo di questo libro non abbiamo che scarsi frammenti riportati in citazioni di Clemente Alessandrino (morto poco prima del 215 d.C.), che qui riferisco e dalle quali traspare come tale scritto si possa a ragione definire il primo trattato ortodosso di apologetica:
Nella predicazione di Pietro troverai che il Signore chiamato Legge e Parola277 . I Greci non possono avere una conoscenza diretta di Dio: Pietro dice nella sua predicazione: Sappiate dunque che vi un solo Dio che ha fatto il principio di tutte le cose278 , e ha il potere sulla loro fine; l'Invisibile che vede ogni cosa, l'Incontenibile che contiene ogni cosa, che nulla abbisogna, ma del quale ogni essere ha bisogno e per il cui motivo essi esistono, l'incomprensibile, il perpetuo, l'incorruttibile, l'increato, che ha fatto ogni cosa con la parola della sua potenza, vale a dire, con il Figlio.Poi egli aggiunge: Adora questo Dio non come i Greci, significando chiaramente che il pi celebre tra i Greci adora lo stesso Dio come noi, ma che egli non ha affatto conosciuto con la perfetta conoscenza che stata tramandata dal Figlio: Egli infatti non ha detto: non adorare l'Iddio che i Greci adorano, ma non adorare come i Greci l'adorano, cambiando con tali parole la maniera di adorare Dio senza annunciare un altro Dio. Che cosa significhi l'espressione: Non come i Greci, Pietro stesso lo insegna aggiungendo: Poich essi sono stati trasportati via per ignoranza e non conoscono Dio (come lo facciamo noi secondo la conoscenza perfetta), ma hanno dato forma divina alle cose di cui Egli ha dato loro il potere di usarne, vale a dire i legni, i sassi, bronzo e ferro, oro e argento, e dimenticandone l i loro uso materiale, hanno innalzato cos delle cose necessarie alla loro sussistenza e le hanno adorate. Le stesse cose che Dio ha dato loro per cibo, gli u ccelli dell'aria, i pesci del mare, gli animali che strisciano per terra, le bestie selvagge e i quadrupedi del campo, le donnole e i topi, i gatti e i cani e le scimmie, s, il loro proprio cibo essi lo sacrificano come offerta agli dei commestibili e offrono cose morte ai morti quasi fossero dei, mostrando in tal modo ingratitudine a Dio e con tali p ratiche negano che Egli esista. in riguardo poi al fatto che i Greci conoscono lo stesso Dio, ma non nel modo identico, lo deduce cos: N adoratelo come i Giudei perch essi pensano di conoscere solo loro l'Iddio, mentre in realt non lo conoscono per il fatto che adorano angeli, arcangeli, il mese e la luna. Se la luce, infatti, non visibile non osservano il Sabato che chiamato il primo, n osservano il novilunio, n la festa del pane azzimo, n la festa, n il grande giorno (dell'espiazione). Perci egli d il colpo finale alla questione dicendo: Cos voi imparando rettamente e santamente ci che vi stato trasmesso, custoditelo, adorando Dio nel modo nuovo, vale a dire per mezzo di Cristo.Dopo varie citazioni bibliche e di altri apocrifi, Clemente cos continua: Perci Pietro afferma che Ges disse agli apostoli: Se qualcuno di Israele desidera pentirsi e credere in Dio nel mio nome, i suoi peccati saranno rimessi dopo dodici anni. Andate dunque per il mondo, affinch nessuno possa dire: Noi non lo abbiamo udito 279 . Clemente ritorna poco dopo a questo comando di Ges scrivendo: Secondo la Predicazione di Pietro il Signore dice ai suoi discepoli dopo la resurrezione: Ho scelto voi dodici apostoli, giudicandovi degni di me: Il Signore li ha voluti apostoli avendoli giudicati fedeli, e li ha mandati per il mondo, agli uomini di questa terra, affinch conoscessero che vi un solo Dio, e sapessero chiaramente ci che si attua mediante la fede in Cristo, vale a dire che coloro i quali odono e credono saranno salvati e che coloro che non credono, dopo aver udito ne portino la testimonianza, non avendo da addurre come scusa: Noi non abbiamo udito 280 . Circa le profezie riguardanti Ges cos Clemente scrive: Perci anche Pietro parlando degli apostoli nella sua Predicazione dice: Svolgendo i libri dei Profeti che possediamo e che nominano Ges Cristo ora in parabole, ora in enigmi, ora espressamente e con cos tante parole, troviamo che vi si parla della sua venuta e morte, della croce e delle restanti sofferenze che i Giudei gli inflissero, della sua resurrezione e
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Clemente Alessandrino, Stromata, 1, 29, 162. Il principio, come si vedr, lo stesso Figlio di Dio. 279 Ivi 6. 5, 39-51; CB, 11, p. 451. Se il brano fosse stato scritto davvero da Pietro, anche i Giudei avrebbero dovuto e ssere rimproverati per i loro sacrifici cruenti i quali a quel tempo tuttora sussistevano. Questo schema apologetico contro i Greci e i Giudei riappare anche nell' Apologia di Aristide (2, 2 - 14, 4) e nella Lettera a Diogneto (2, 2 - 4, 6) che sono quasi contemporanei, pur avendone la priorit di Krigma Petri. Cfr J.N. Reagan , The Preaching of Peter, the Beginning of Christian Apologetic , Chicago 1923; C. Vona , L'apologia di Aristide , Roma 1950; H.J. Marrou , A Diognte , Parigi 1951; il richiamo alla zoolatria, sembra suggerire che il Krigma abbia avuto origine in Egitto. 280 ivi 6,6,48; CB 11, 456. Antenicene Fathers II, p. 491.
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della sua assunzione al cielo prima della fondazione della Gerusalemme (celeste). Come sta scritto, tutte queste cose sono ci che egli deve soffrire e ci che avverr dopo di lui. Riconoscendo tutto ci noi abbiamo creduto in Dio a motivo di ci che sta scritto di lui E poco dopo egli trova la conseguenza che le Scritture devono la loro origine alla provvidenza divina cos dicendo: Noi conosciamo che Dio ha comandato queste cose e noi nulla diciamo senza le Scritture 281 .
c) L'apocalisse di Pietro Questo scritto apocrifo ebbe larga diffusione nelle chiese e fa meraviglia che non sia ricordato nel canone pseudo-Gelasiano. Il frammento Muratoriano ne parl come di un libro ritenute da alcune chiese, ma respinto da altre282 ; Metodio di Olimpo (m. ca. 311) lo cita come uno scritto ispirato283 ; Macario di Magnesia (ca. 400) combatt un filosofo pagano che attaccava questo libro assieme a tutti gli altri scritti ispirati284 . Secondo Sozomeno (450) al suo tempo l'Apocalisse era ancora letta in certe comunit durante il Venerd Santo285 . Ne respinsero invece l'ispirazione Eusebio (m. 393) che lo pose tra gli scritti che mai furono messi nell'elenco degli scritti canonici, nessun autore ecclesiastico n passato n contemporaneo ricorse a queste opera per attingervi testimonianze; essa va quindi elencata tra gli apocrifi286 . Girolamo (+419/20) fece proprio questo giudizio rifiutando qualsiasi credibilit all'Apocalisse petrina287 . Dalle citazioni che ne fanno Clemente Alessandrino (m. 215), gli Atti di Tommaso e la Passione di S. Perpetua, si deve conclude che l'Apocalisse, anteriore al 180, risalirebbe forse ad Adriano se un'allusione enigmatica dovesse riferirsi alla persecuzione cristiana attuata dal falso messia BarCooba. Lo scritto, composto forse in Egitto il primo libro che presenta un'immagine concreta della vita ultraterrena e per questo lasci un influsso notevole sulla successiva tradizione cristiana. Nonostante la sua enorme diffusione il libro scomparve del tutto dalla circolazione sino a che due codici ce lo ripresentarono in gran parte: alludo ad un frammento greco e ad un testo etiopico. d) Frammento greco di Akhmin Tra le pergamene scoperte dal Bouriant. oltre al passo del Vangelo di Pietro, gi ricordato, si trov pure un branco dell'Apocalisse petrina 288 della quale presento qui un breve riassunto:
Incomincia a met di una frase apocalittica posta sul labbro di Ges (Mt 24). Poi gli apostoli (noi i dodici discepoli) salirono sul monte degli Olivi con il Signore e chiesero di vedere uno dei giusti che sono dipartiti da questo mondo affinch essendo incoraggiati noi possiamo incoraggiare anche gli uomini che ci ascoltano. Tosto appaiono due uomini dallo splendore meraviglioso e dalla bellezza incantevole. Alla domanda di Pietro, Ges rispose: Questi sono i vostri fratelli, i giusti di cui avete voluto vedere lo splendore 289 . Quindi il Salvatore mostra a Pietro, sia pure per brevi istanti, gli splendori del Paradiso (1-20). Si descrivono successivamente i tormenti dei reprobi elencati secondo le varie categorie: ingannatori, omicidi, donne che hanno abortito, calunniatori, falsi testimoni, ricchi malvagi, usurai, sodomiti, idolatri, ecc. Il racconto si interrompe bruscamente in mezzo alla descrizione dei supplizi riservati alle donne e agli u omini che hanno abbandonato la via di Dio
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Ivi 6,15,128; CB 11, 496s. Antenicene Fathers II, p. 510. Enchiridium Biblicum n. 7. 283 Metodio, Convivio , 2, 6. 284 Macario di Magnesia, Apocritico , 4, 4.16 Ed. Blondel, Paris, 1876 pp. 164-185. 285 Sozomeno, VII, 19. 286 Hist. Eccl. III, 3, 2 e III 25, 4 PG 20, 217 A e 269. 287 Vir, Ill. 1 PL 23, 640 288 Testo in James , o.c., pp. 507-510, 289 L'Autore parafrasa in questo punto il racconto della Trasfigurazione di Ges.
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e) Il testo etiopico290 Inizia con un discorso di Ges agli apostoli perch si guardino dall'idolatria e applica la parabola del fico (cfr Lc 13, 6 9) alla conversione e al martirio di molti Ebrei, che sarebbero i rami germogliati del fico sterile. Descrive quindi il giudizio finale, durante il quale i morti dovranno attraversare un fiume di fuoco; i buoni ne usciranno illesi per entrare nella beatitudine eterna, gli empi al contrario piomberanno nelle tenebre ove saranno eternamente tormentati. L'angelo Ezrael ha l'incarico di guidare questi disgraziati verso i loro supplizi.In seguito si torna a ricordare la sorte degli eletti che gli angeli rivestono di abiti di vita eterna , mentre gli empi, pur essendo costretti a riconoscere la giustizia divina, invano implorano la clemenza di Dio: E quelli che sono nei tormenti diranno ad una voce: Abbi piet di noi, perch ora noi conosciamo il giudizio di Dio, che egli ci dichiar gi da tempo, ma che noi non credemmo...Giusto il giudizio di Dio, perch noi abbiamo udito e compreso che il suo giudizio buono, perch noi siamo ricompensati secondo le nostre azioni 291 . Il libro termina con la vaga promessa che anche i peccatori saranno alfine liberati292
Evidentemente da simili libri apocrifi non si possono trarre elementi che ci possono presentare la dottrina di Pietro, al pi vi si pu trovare qualche indizio riguardante il pensiero di alcune chiese egiziane su alcuni problemi teologici, specialmente riguardanti la vita ultraterrena. Le lettere del Nuovo Testamento Nel Nuovo Testamento sono incluse due lettere attribuite a Pietro, che con parole vibranti, illuminatrici e pratiche, svelano il cuore di un apostolo pieno di zelo per la salvezza umana a) Prima lettera di Pietro La maggioranza dei critici moderni, seguendo l'unanime giudizio degli scrittori antichi, favorevole alla autenticit dell'epistola. Non deve meravigliare il suo greco assai buono, il suo vocabolario assai ricco, la sua grammatica ben curata, quale difficilmente poteva uscire dalla penna di Pietro, se si pensa che l'apostolo ebbe un ottimo collaboratore nel suo compagno di lavoro Silvano. E' tramite Silvano, che ai miei occhi un fedele fratello, che vi ho scritto queste poche parole293 . Allo stesso redattore, che usualmente si identifica con il compagno di Paolo, si dovrebbero attribuire i contatti innegabili esistenti con le lettere paoline(At 15, 22). Se il ritocco dato da Silvano alla lettera petrina non posteriore al martirio di Pietro, si deve supporre che la lettera sia stata scritta poco prima della sua morte avvenuta probabilmente nel 64 o forse nel 67 d.C. La prima lettera petrina uno scritto circolare inviato ai cristiani residenti nelle cinque provincie dell'Asia Minore: Cappadocia, Galazia, Asia, Ponto, Bitinia, e perci priva di riferimenti a persone o a situazioni locali. Dopo l'impostazione datale dallo Harnack, dal Perdelwitz, dallo Streeter e dal Preisker, si pens che l'epistola fosse semplicemente un discorso liturgico-battesimale, trasformato in lettera, anzi, al dire del Dr Cross un semplice rito liturgico in occasione del battesimo. Ma in seguito alla confutazione di simili idee compiuta da T. Walls, T.C.C. Thornton e da W.C. Unrick, si pensa ora che l'epistola sia un vero scritto pastorale dovuto alla penna dell'apostolo Pietro, che pe-
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Si trova nel Ms 51 della collezione di Abbadia, compilazione informe con parti antiche dell'Apocalisse di Pietro, sia pure rimaneggiata tanto per la disposizione generale quanto per la materia. Il Ms. fu edito tra il 1907 e il 1910 da S. Grebau (Littrature thiopienne pseudo clmentine, in Revue dell'Orient Chrtien, t. 12-15. Traduzione James, o.c., pp. 510-520. 291 James, o.c., p. 517. 292 E' la dottrina dell'apocatastasi, dominante negli scritti di Origene, nel II libro degli oracoli Sibillini e nell'Apocalisse di Elia, cfr. James, o.c., p. 521. 293 1 Pt 5, 12. Silvano abbastanza noto: il suo nome si legge nella intestazione della prima e seconda lettera ai Tessalonicesi; nella seconda epistola ai Corinzi si parla ancora di Silvano (1, 19) che avrebbe predicato l'evangelo a Corinto, per cui si potrebbe pensare un segretario e collaboratore di Paolo. Abitualmente lo si identifica con Sila, chiamato profeta, che fu compagno di Paolo (At 15-18).
71 r al dire di P.M.E. Boismard e dal Moule avrebbe incorporato alcune espressioni di un rito assai antico, ben noto ai lettori della lettera294 . Fondamentalmente la prima epistola petrina una esortazione alla speranza poggiata sulla resurrezione del al nostro prete. Una nozione importante di questa epistola quella del servo sofferente di Dio (2, 21-25 da Is 53), che tanto rilievo ha pure nei discorsi petrini riferiti nel libro degli Atti (3, 13; 3, 26; 4, 25). Pietro, che aveva un tempo respinto con fermezza tale idea, ne avrebbe poi fatto il centro della sua predicazione. L'essenza del messaggio cristiano cos tratteggiato nelle sue linee essenziali: 1. In Cristo si sono adempiute le promesse fatte da Dio al suo popolo nell'alleanza sinaitica: Questa salvezza stata l'oggetto delle ricerche e delle indagini dei profeti, che vaticinarono della grazia a voi destinata. Essi indagavano quale persona o tempo indicasse lo Spirito di Cristo, che era in loro, quando anticipatamente testimoniavano le sofferenze di Cristo e le glorie conseguenti (1, 10-11)
2. L'atteso Messia venuto nella persona di Ges di Nazaret, al quale ci si unisce per fede. Sapendo come molti Giudei, pur vedendo i prodigi di Cristo, siano rimasti sordi ai richiami di Ges, Pietro non fa opera apologetica, ma insiste sulla necessit della fede, che principio di salvezza. Il quale (cio Ges Cristo) bench non l'abbiate v isto, voi amate, nel quale credendo, bench non lo vediate, voi gioite di un'allegrezza ineffabile e gloriosa, ottenendo il fine della fede, la salvezza delle anime (1, 8 s) 3. Ges, che visse facendo sempre del bene, fu crocifisso per volere di Dio: Egli non commise peccato e nella sua bocca non fu trovata alcuna frode. Oltraggiato, non rendeva oltraggi; soffrendo,
non minacciava, ma si rimetteva nelle mani di Colui che giudica giustamente; lui stesso ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno, affinch, morti al peccato, vivessimo per la giustizia; mediante le sue lividure che voi siete stati sanati (2, 23 s)
4. Il Cristo risuscitato dai morti fu esaltato alla destra di Dio; la sue resurrezione il fulcro del cristianesimo e la radice ultima della nostra salvezza. Dinanzi a tale pensiero il cuore di Pietro trabocca in un inno riconoscente. Benedetto sia l'Iddio e Padre del Signore nostro Ges Cristo, il quale nella sua grande misericordia, ci ha fatti rinascere mediante la resurrezione di Ges Cristo dai morti, ad una speranza viva in vista di un'eredit incorruttibile (1, 3 s)
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Per una pi completa trattazione della lettera cfr F.A, Chase, First Epistle of Peter, in Hastings, Dictionary of the B ible II, p. 780; A.F. Walls , The First General Epistle of Peter , Tyndale's N.T. Commentary, London, pp. 15 ss; tra i vari scritti cfr K.H. Schelke , Die Petrusbriefe, Der Juda's brief , in Henders Theologischer Kommentar zum N.T. XIII, Freiburg 1961; Ch. Biggs , A Critical and Exegetical Commentary in the Epistles of St. Peter and St. Jude , The International Commentary 2, Edinburgh 1902, ristampa 1946; W. Kelley , The Epistles of Peter , London 1955; J.C. Margot , Les Eptres de Pierre , Genve 1960; W. Foerster , Peter, First Epistle of, Second Epostle of, in Dictionary of the Bible, Hastings, 2a edizione a cura di F. G. Grant, H.H. Rowley , pp. 754-759; R.G. Grant , Introduction to the N. testament , Chicago 1963, pp. 224.231; S. Garofalo , Verit, unit e pace nelle lettere di s. Pietro, in Tabor 27 (1959), pp. 128-141; S. Zedda , Il messaggio spirituale di Pietro , Roma 1962. Interessanti i seguenti studi editi in S. Pietro Atti della XIX Settimana Biblica. Paideia, Brescia 1967: Pietro Dacquino , Il sacerdozio del nuovo popolo di Dio e la prima lettera di Pietro, ivi pp. 291-318; Marco Adinolfi , Temi dell'Esodo nella I Pietro , ivi pp. 319-336; Angelo Penna , Il senato consulto del 35 d.C. e la prima lettera di s. Pietro , ivi, pp. 337-366; Mauro Laconi , Tracce dello stile e del pensiero di Paolo nella prima lettera di Pietro , ivi, pp. 367394; Giovanni Rinaldi , la sapienza data a Paolo (2 Pt 3, 15), ivi, pp. 395-412; Enrico Galbiati, L'escatologia delle lettere di s. Pietro , ivi, pp. 413-424. Per il luogo di composizione cfr il cap. 8: Pietro a Roma.
72 5. Ges verr sacerdozio universale di tutti i fedeli, che esclude l'esistenza di una speciale casta s acerdotale nel cristianesimo primitivo. Accostandovi a lui Ges Cristo pietra vivente... come pietre viventi, siete edificati qual casa spirituale, per essere
un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Ges Cristo. Voi siete una generazione eletta, un regal sacerdozio, una gente santa, un popolo che Dio si acquistato, affinch proclamiate le virt di colui che vi ha chiamati dalla tenebre alla sua meravigliosa luce (1 Pt 2, 4 s 9)
Bella pure la definizione del Battesimo che non il nettamento delle sozzure della carne, ma la richiesta di una buona coscienza fatta a Dio, il quale ora salva anche voi, mediante la resurrezione di Ges Cristo (ivi 3, 21) Interessante pure il ricordo delle sofferenze per il nome di cristiano: Se uno patisce come cristiano non se ne vergogni, ma glorifichi Iddio, portando questo nome (ivi 4, 16)295 . b) La seconda lettera di Pietro La lettera che si presenta sin dall'inizio come uno scritto petrino, suscita non lievi difficolt: non mai ricordata prima di Origene che espresse dei d ubbi sulla sua autenticit296 , sicch Eusebio la pose tra gli scritti di contestata canonicit297 . Si pu anzi dire che in genere la Chiesa orientale non la ritenne canonica e che Didimo d'Alessandria giunse ad attribuirla chiaramente ad un falsario. 298 . D'altro canto si rinviene, gi attribuita a Pietro, nel papiro Bodmer, scritto all'inizio del III secolo e pi tardi, prima che finisse il IV secolo, fu accolta come ispirata da tutte le chiese. L'esame critico della lettera accresce ancor pi i dubbi precedenti: la lingua marcatamente diversa dalla prima lettera petrina, il capitolo secondo ripete con una certa libert la lettera di Giuda, le lettere paoline sono gi presentate come un corpus gi completo ritenuto sacro, gli apostoli, tra i quali il redattore non sembra che si includa, sono presenti come un gruppo unico contrapposto ai profeti veterotestamentari (3, 2). L'autore sembra poi gi conoscere i Vangeli scritti, in quanto il racconto della Trasfigurazione di Ges assai vicino a quello di Matteo e la predizione della morte di Pietro sembra riallacciarsi, se non proviene da tradizioni orali, all'ultimo capitolo di Giovanni. Dall'insieme di questi dati si pu concludere che la lettera, pur contenendo un nucleo petrino, cos come si presenta ora risale alla fine del I o all'inizio del II secolo. La soluzione di questi problemi potrebbe ricercarsi nel fatto che un discepolo di Pietro ha ripreso uno scritto originalmente petrino corrispondente grosso modo ai capitoli 1 e 3 della nostra lettera rifondendo il tutto e completandolo con elementi tratti dalla lettera di Giuda.
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. A. von Harmack , Die Chronologie der altchristilichen Literature bis Eusebius , Leipzig 1897; Perdelwitz , Die Mysterienreligion und das problem des I Petrus-briefs , Giessen 1911 (cfr con i misteri pagani); B.H. Streeter , The Primitive Church , London 1929, pp. 115 ss ( una predica battesimale tenuta da Ariston, vescovo di Smirne); H. Preisker , Die Katholischen Briefe , in Handbuch zum N.T. di Lietzmann, Tbingen 1951, (1, 3 -4, 11 una cerimonia battesimale; 4, 12 ss l'esortazione conseguente); F.L. Cross , I Peter. A Paschal Liturgy , London 1957, pp. 37 ss (insiste sul parallelismo tra paschein soffrire e Pascha solennit pasquale); A.F. Walls, The First General Epistle of Peter, London 1962, p. 60 (le formule usate non sono necessariamente parte di un rito battesimale); T.C.C. Thornton, I Peter. A Paschal Liturgy?, in Journ. Theo. Studies 12 (1961), pp. 14-21; W. C. van Unrich, Christianity Accordin to I Peter in Expository Times 68 (1956), pp. 79 ss (non v' rapporto tra Pascha paschein); P.M.E. Boismard Une liturgie baptismale dans al Prima Petri , in Revue Biblique 63 (1956), pp. 182-208; 64 (1957), pp. 60183; C.F. Moule , in New Testament Srudies 3 (1957), 1 ss; P. Guido Schembri , Il messaggio pastorale di S. Pietro nella sua prima epistola , in Antonianum 42 (1967), pp. 376-398. 296 Origene in Joh 5, 3, in Eusebio, Hist. Eccl. 6, 25. 297 Sono gli antilegomena; cfr Eusebio, ivi 3, 25. 298 Didimo, Enarrations in 2 Pt in PG 39, 1774 A.
73 Il contenuto dell'epistola si pu ridurre alle linee seguenti: Simone Pietro intende salutare i suoi lettori prima della sua prossima morte. Quanto egli dir confermato dalla Trasfigurazione di Cristo, di cui egli fu testimone e anche dalla testimonianza profetica (cap. 1). Ma come vi furono falsi profeti in Israele, cos vi saranno falsi maestri tra i cristiani, e qui Pietro utilizza la lettera di Giuda per descrivere con maggiore ampiezza la dottrina di questi falsi insegnanti (Cap. 2). In questa sua seconda lettera egli vuole richiamare le parole gi dette dai profeti e i comandamenti che il Signore ha dato tramite i suoi apostoli. Contro i falsi profeti che deridono la venuta del Cristo asserendo che tutto rimane come prima, l'autore ricorda che gi una volta il diluvio ha sconvolto la terra, che mille anni sono come un giorno dinanzi a Dio e che Dio pazientemente vuole la conversione dei peccatori. Anche Paolo ha affermato la stessa cosa, bench le sue lettere, come le altre Scritture, siano talvolta distorte dal loro vero senso da uomini ignoranti (cap. 3). La dottrina di Pietro, pur non stagliandosi maestosa come quella di Paolo per ricchezza di contenuto, racchiude insegnamenti meravigliosi e presenta tra l'altro il sacerdozio universale dei credenti come punto di differenziazione nei riguardi del giudaismo precristiano. Nelle epistole petrine si svela il cuore di un apostolo innamorato di Ges, che vede la vita cristiana come un dono del Salvatore acquistataci con il suo sangue e che deve spronarci all'imitazione del Cristo. Le sue lettere sono quindi di grande valore per farci meglio comprendere la psicologia, la fede e l'entusiasmo sempre giovane del vecchio apostolo di Galilea.
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Come a Qumrn vi era un'organizzazione gerarchica di Dodici membri e di tre sacerdoti, anche nel collegio apostolico dei Dodici appare il gruppo privilegiato dei tre; mentre il numero dodici dopo la defezione di Giuda fu r istabilito con la scelta di Mattia (At 1, 12-26), il numero tre, dopo la morte di Giacomo apostolo, venne reintegrato con l'omonimo fratello di Ges (At 12, 2 con 12, 17). Cfr J. Danielou, La communaut de Qumrn et l'organisation de l'Eglise, in Rev. Hist. Phil. Relig. (35 1955), pp. 104 s. 300 Egesippo, Memorie in Eusebio, Hist. Eccl. 2, 23, 19 ed. G. del Ton, Roma, Descle, 1964, p. 138. Per questo apostolo, che non era uno dei dodici, si veda G. Flavio, Ant. Giud. 20, 197-199.203; S. Giacomo il Minore, primo vescovo di Gerusalemme, in La Terra Santa, Gerusalemme, 1962. 301 Egesippo, in Eusebio, Hist. Eccl. 2,23,6, PG 20, 197 A. 302 Epifanio, Haereses (Contro i Nazarei) 29 (secondo altri 9), PG 41, 389.392 s. Haereses, 78 PG 42, 721.
75 stesso Cristo anteriormente ad ogni altro apostolo 303 , il figlio di Giuseppe ebbe pure la prima visione del Cristo risorto304 . A lui il Cristo affid la Chiesa con gli stessi apostoli:
I discepoli dissero a Ges: sappiamo che tu non ci abbandonerai; chi sopra di noi, sar allora il pi grande? Ges rispose loro: L dove andrete, ubbidirete a Giacomo il Giusto, colui a causa del quale il cielo e la terra sono stati creati305 .
Per tale motivo Giacomo fu chiamato vescovo dei vescovi, il principe dei vescovi, capo della santa chiesa degli Ebrei e delle chiese fondate ovunque dalla provvidenza di Dio306 e capo dei Dodici307 . L'amministrazione della Chiesa di Gerusalemme fu affidata a Giacomo unitamente agli apostoli308 , lo stesso Pietro doveva render conto delle sue parole a Giacomo il Vescovo della Chiesa309 . Egli oltre che giusto fu pure chiamato Oblias, vale a dire fortificazione, presidio del popolo 310 : Gerusalemme, da lui governata, il centro della Chiesa. Per esaltare l'importanza dei parenti del Signore, costoro che possedevano il Vangelo di S. Matteo in ebraico311 e diffondevano le lettere di Giacomo e di Giuda iniziarono a glorificare Maria e Giuseppe. Come uomo Ges discendeva dalla trib di Davide, al pari di sua madre e di suo padre putativo Giuseppe, il quale era pure sacerdote (!). Perci il Cristo riuniva in s tanto la regalit quanto il sacerdozio veterotestamentario 312 . Di Maria esaltarono la miracolosa verginit anche dopo il parto comprovata dall'incredulit delle levatrici; si dilettarono a colmare l'infanzia di Ges con fatti prodigiosi, e, sottolinearono la necessit della astinenza e dell'ascesi313 . Essi perci veneravano la grotta della nativit di Betlemme, la casa di Giuseppe a Nazaret, e il trono di Davide sul Sion. Con tale glorificazione di Maria e Giuseppe, ponevano la base per la esaltazione dei rispettivi parenti. Perci a Gerusalemme si attu la successione dinastica di vescovi, tra i parenti di Ges (Desposnoi o Dominici, appartenenti cio al Signore, Dominicus). Infatti dopo il martirio di Giacomo la direzione della Chiesa di Gerusalemme pass in mano di Simone, un cugino di Ges; anche Giuda, fratello di Ges, e i suoi discendenti, ancora vivi al tempo di Traiano, si m isero a presiedere le chie-
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Epifanio, Haereses, 78 PG 42, 709; cfr Clemente, Epist. ad Corinth. PG 1, 1244 n. 51; 2, 26; Girolamo De viris illustribus, 2. Secondo Clemente Alessandrino fu scelto a vescovo di Gerusalemme a preferenza degli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni (in Eusebio, Hist. Eccl. 2,1,3 PG 20, 136 AB. 304 Protov. di Giacomo 18, 1; Epifanio, Haereses 1, 19, PG 41, 393 B; 42, 709. 305 Evangelo di Tommaso, n. 13 (secondo altri 12). 306 Recognitiones 1, 68.72.73 PG 1, 1244.1247: Epistola Clementis ad Jacobum. 307 Cfr O. Cullmann, Le problme litraire et historique du roman pseudo-clmentin, in Rev. Hist. Phil. Rl. 23, 250 ss. In altre parti, meno antiche le Pseudo-Clementine esaltano invece Pietro. 308 Egesippo, Memorie, in Eusebio, Hist. Eccl. 2,23,4 PG20, 96. 309 Ep. Petri ad Jacobum 1, PG 2, 25-28. 310 Egesippo in Eusebio, Hist. Eccl. 2,23,7 oblias che in greco va tradotto: presidio del popolo (PG 20, 197 B). 311 Questo evangelo ebraico, ritenuto l'originale di Matteo, fu tradotto in lingua greca da Girolamo, mentre era ad Aleppo (cfr. In Matt. XII, 13 PL 26, 30); per secondo il codice arabo giudeo-cristiano, scoperto di recente ad Instanbul (fol 71 a), esso avrebbe contenuto solo i detti del Signore (cfr Papia) e sarebbe stato consegnato a tradimento dai paolinisti alle autorit romane; in seguito fu rimanipolato. secondo criteri biografici. Cfr S. Pine, The Jewish Christians of the Early Centuries of Christianity according to a New Source, Jerusalem 1966, pp. 14-19. La corrente pi f anatica che si rif a questo codice non ha mai creduto nella divinit del Cristo, che ritenuto un semplice profeta, scrupoloso osservante di tutta la legge mosaica. Separatisi dalla chiesa di Giacomo questi credenti si ritirarono nella Siria nord-orientale, e precisamente a Jazirat al 'Arab, nel distretto do Mosul. 312 Epifanio, Haer. IX o XXIX PG 41, 388-405. 313 A loro risale il ciclo apocrifo dei Vangeli dell'infanzia: Protovangelo di Giacomo, lo Ps. Tommaso e lo Ps. Matteo, il ciclo dei Transiti di Maria, cfr. G. Bonaccorsi, Vangeli apocrifi, Firenze 1948, pp. XXI-XXVII e 59.289. Tra gli scritti encratiti (ascetici) ricordo il Vangelo degli Egiziani; tra le opere mistico-essene le Odi di Salomone, il Vangelo di Tommaso, il Vangelo della Verit e il Canto della Perla.
76 se come parenti del Signore314 . Lo stesso Domiziano fu per un certo tempo inquieto per l'ascendente assunto dai Messia di questa dinastia episcopale 315 . I giacobiti, nel desiderio di esaltare Giacomo, deprezzarono Pietro che, dando ascolto a un sogno, aveva introdotto i Gentili nel cristianesimo senza farli passare per la circoncisione e senza obbligarli a seguire le norme mosaiche. Di Pietro che aveva svolto una notevole attivit a Gerusalemme, si fiss solo il ricordo del luogo dove egli aveva rinnegato il Cristo. Nulla si conserv del luogo dove guar lo storpio elemosinante alla porta Bella del Tempio, nulla del Cenacolo o Camera alta dove aveva diretta l'elezione di Mattia, nulla del luogo dove aveva punito di morte Anania e Saffira. La sua memoria fu del tutto oscurata dall'importanza assunta da Giacomo, fratello del Signore, rimasto sempre fedele a Cristo, secondo la tradizione giacobita. Si fiss, quindi, nel tempio il luogo dove questi si dedicava alla preghiera e dove sub il martirio; nel Cenacolo si tramand il ricordo del trono di Davide quale emblema della dinastia davidica continuata nella famiglia del Signore, vale a dire da Giacomo e dai parenti di Ges Cristo. Nessuno nemmeno da parte dei cristiani provenienti dal gentilismo ha mai pensato di collocarvi una cattedra di Pietro316 , perch sin dalle origini il trono episcopale vi fu riservato a Giacomo. Come ovvio, gli strali dei giacobiti si appuntarono particolarmente contro Paolo, come ce ne fanno fede le sue stesse lettere. Egli non dovette solo combattere contro i cani, vale a dire contro gli Ebrei non convertiti (Fl 3, 2), ma anche contro gli emissari di Giacomo che con la pretesa di imporre la circoncisione e la Legge, l'obbligatoriet dei vari giorni di riposo e dall'astensione di certi cibi (1 Ti 4, 1-5; Cl 2, 16; Rm 14, 2), volevano di fatto assoggettare i cristiani al giudaismo (Rm 14, 5; Cl 2, 16). Per costoro Paolo era l'anticristo, che si opponeva alla legge divina esistente in cielo prima ancora di essere dettata a Mos317 . Evidentemente questo movimento religioso non riconosceva alcuna superiorit gerarchica a Pietro, che era anzi ritenuto subordinato allo stesso Giacomo. Il partito giovanneo Contro l'importanza che Giacomo e Pietro andavano assumendo nei primi anni del cristianesimo, il partito che si rifaceva a Giovanni, cerc al contrario di esaltare il proprio apostolo. Gi nel primo Vangelo appare l'inizio di questa glorificazione, contenuta per nei giusti limiti e solo per opporsi alle pretese delle altre due correnti cristiane. Giovanni, l'unico apostolo rimasto fedele a Ges nel momento cruciale della crocifissione, il prediletto dal Signore, che pone il suo capo in grembo a Ges318 . Ma i suoi discepoli andarono oltre raccontando che sul monte Tabor durante la trasfigurazione, Ges parl a lungo con lui, suscitando la reazione gelosa di Pietro e Giacomo i quali final314 315
Cos J. Weiss, Urchristentum, p. 558. Egesippo in Eusebio, Hist. Eccl. 3,20,1-7; S.G.F. Brandon, The Fall of Jerusalem and the Christian Church, London 1951; J. Hering, Royaume de Dieu, o.c. p. 51. 316 La prima cattedra di Pietro fu infatti posta ad Antiochia. Per il trono episcopale di Gerusalemme cfr Eusebio, Hist. Eccl. 2,12,1. Sul trono di Davide cfr Epifanio, Haer. IX o XXIX PG 41, 392. 317 La corrente Giacobita, dopo la distruzione di Gerusalemme divenne una setta sempre pi limitata che fin poi col d iventare eretica. 318 Gv 13, 23. Su questo argomento cfr Alv. Klagerud, Der Lieblings Jnger in Johannes-evangelium, Oslo 1959, p. 75. Questi pretende perfino sostenere che in Gv 18, 15-16 il discepolo prediletto vi presentato come il buon pastore (cfr Gv 10, 11-16), perch vi si usano vocaboli identici come: portiere, seguire, conoscere, entrare, uscire, ecc. Ma si tratta di indizi insufficienti, e la corte del sacerdote non pu paragonarsi all'ovile, simbolo del regno dei cieli, come egli suppone. E. Meyer (Sinn und Tendenz der Schlusszene am Kreuz im Johannesevangelium, in Sitzungbericht der presussichen Akademie der Wissenschaften 1924. p. 159) pensa addirittura che, con le parole rivolte da Ges alla sua madre e a Giovanni, Ges abbia accolto il discepolo amato nella stessa sua famiglia adottandolo come fratello in senso stretto. In questo brano evangelico v' pure uno spunto apologetico contro la pretesa giacobita di esaltare Giacomo al di sopra degli altri in quanto fratello di Ges.
77 mente adiratisi imposero a Giovanni di lasciare in pace Ges e di tornare da loro319 . Essi pensarono persino che fosse un essere immorale, per cui il quarto Vangelo dovette rettificare tale pensiero dicendo che Ges non gli aveva affatto promesso l'immortalit320 . I discepoli di Giovanni cercarono di opporsi alla corrente sia giacobita che petrina. Contro Giacomo insistettero sul fatto che anche i fratelli di Ges, compreso quindi lo stesso vescovo di Gerusalemme non credevano in lui prima della resurrezione (Gv 7, 7). Essi sottolinearono pure il fatto che al momento della crocifissione la madre di Ges sfruttata dai Giacobiti per accrescere la loro importanza, era stata affidata al discepolo amato anzich ai suoi fratelli (Gv 19, 26s). Quindi la pretesa giacobita non aveva alcun valore. Contro di essi, fanatici assertori della legge mosaica, i giovanniti esaltarono l'importanza del sigillo che lo Spirito Santo conferisce a tutti i cristiani, e che fu posto in risalto, persino eccessivo, dai Montanisti di origine giovannea. I discepoli di Giovanni presentarono poi la caduta di Gerusalemme come il crollo definitivo del giudaismo (e quindi anche dei Giacobiti) come il momento nel quale il Cristo inizi davvero a regnare (Ap 12). Contro i petrini, che esaltavano l'apostolo Pietro, i giovanniti sottolinearono che questi dovette pi volte dipendere da Giovanni sia per conoscere il nome del traditore, sia per entrare nell'atrio della casa di Caifa (Gv 13, 24; 18, 15). Pietro, il rinnegato dovette piangere amaramente la sua colpa (Gv 19, 26) ed essere ristabilito nella sua funzione di apostolo, dalla quale era decaduto con il suo triplice rinnegamento (Gv 21), mentre Giovanni rimase fedele a Cristo durante la seduta del Sinedrio e ai piedi della croce. A Pietro non fu affidato tutto il gregge, bens solo gli agnellini e le pecorine, vale a dire i cristiani immaturi321 . Anche se Pietro impulsivo entr prima di Giovanni nel sepolcro e si gett nel lago di Tiberiade per raggiungere per primo il Maestro sulla spiaggia della Galilea, di fatto Giovanni fu quegli che vide (il sepolcro) e credette anche senza entrarvi e che individu tosto nello straniero della spiaggia deserta il Cristo risorto (Gv 20, 8; 21, 7). Contro le pretese dei petrini, i giovanniti sostennero pure che il Tu sei Pietro non riguardava solo l'apostolo, bens tutti i cristiani spirituali, i quali sono i veri successori di Pietro. Tertulliano scrive:
Il potere di Pietro passa agli spirituali ossia a un apostolo, a un profeta... La Chiesa (gerarchica) pu anche avere dei delitti, ma la Chiesa dello Spirito si valuta dall'uomo spirituale e non dal numero dei vescovi 322 .
Simile la posizione di Origene dal quale le parole di Cristo a Pietro, si applicano ad ogni credente che per fede diventa simile a Pietro:
da Pietro costoro vanno chiamati pietra, perch su ogni fedele perfetto la Chiesa edificata da Dio
323
Come si vede anche i giovanniti non hanno riconosciuto Pietro come capo della Chiesa universale o del collegio apostolico324 .
319
Atti di Giovanni, n. 91 ; in James, Apocraphal N. Testament, Oxford 1924, p. 252. Il libro, scritto verso la met del II secolo, di tendenza manichea e costituiva un'opera da essi approvata. 320 Gv 21, 22. Forse una coloritura contraria alla corrente giovannea si riscontra nella prima parte del libro degli Atti dove Giovanni presentato solo come l'ombra di Pietro (At 3, 1 -3; 4, 19; 8, 14): a meno che al contrario il nome di Giovanni non sia stato aggiunto dai giovanniti per mettere Giovanni nella stessa posizione di Pietro. 321 Usualmente vi si legge infatti rnos (agnello ); mentre arnon si trova solo in Gv 21 e nell'Apocalisse (c. 5 e 6), dove indica la debolezza dell'agnello sgozzato, significando che dopo questa sua morte come essere debole, esso ottenne il diritto di rompere i suggelli del libro celeste. Il probtia si trova solo in Gv 21, altrove si legge sempre prbata (qualche codice, data la stranezza della lezione, vi ha aggiunto anche qui prbata ). 322 Tertulliano , De Pudicitia, 21 PL 2, 1078-1980; Antenicene Fathers IV, 99-100. 323 Origene , In Mat. 12, 10-11 PG 13, 993-1005.
78 Il gruppo petrino Il libro degli Atti, che tende ad occultare le divergenze tra le primitive correnti cristiane, mostra un Pietro che sta in bilico tra la missione giudaica e quella pagana (At 11, 19-26). Amico di Paolo che lo visita con rispetto (2 Pt 3, 15; Ga 1, 18), in accordo anche con Giacomo il Giusto (At 12, 17), e con Giovanni dal quale accompagnato nei suoi viaggi, quasi ne fosse l'ombra (At 3, 1; 8, 14). Tuttavia i discepoli di Pietro, i cosiddetti Ebioniti, cercarono di esaltare sempre pi l'apostolo stabilendo un parallelismo tra lui e Paolo e lo stesso Ges325 . In questa linea direttiva si innestano le l e326 zioni occidentali del libro degli Atti e la molteplice letteratura petrina . a) Le lezioni occidentali del libro degli Atti mettono in miglior luce l'apostolo Pietro. Si tratta di una ventina di aggiunte al libro canonico degli Atti327 , le quali si leggono nel codice D ossia nel Codice di Beza o di Cambridge, cosiddetto perch prima appartenente a Teodoro Beza e poi passato all'Universit di Cambridge, e in vari testimoni latini, per cui dette occidentali. La questione non ancora stata esaminata bene: vi accenn indirettamente il Chase nel 1893 segnalando il curioso parallelismo esistente tra alcune lezioni petrine siriache nel codice di Beza e la parte paolina degli Atti328 . Ma tale fenomeno fu trascurato nello studio amplissimo di B. Weiss329 e da J. H. Ropes nella sua vasta introduzione agli Atti che supera le 340 pagine. Dopo un accenno del Menoud nel 1951330 vi si dedicarono gli articoli di J. Crehane331 di Carlo M. Martini332 . Lo studio pi esauriente delle varianti del codice di Beza si trova in una recente pubblicazione di E. J. Epp333 . In queste lezioni si afferma che solo Pietro anzich il gruppo degli apostoli, design i due nomi dei candidati destinati a prendere il posto di Giuda (1, 23). Dopo la Pentecoste fu Pietro il primo a parlare alla folla (2, 14), universale l'efficacia dell'azione guaritrice di Pietro (5, 15). Cornelio attende con impazienza l'arrivo di Pietro (10, 24), uno schiavo ne preannuncia l'arrivo (10, 25); Pietro parl nello Spirito all'assemblea di Gerusalemme (15, 7); o presbiteri approvarono il discorso di Pietro che fece ammutolire la folla334 . In genere tali passi vogliono presentare in modo pi vivido e marcato la figura e l'attivit di Pietro, per cui ampliano le gesta dell'apostolo, precisano particolari cronistici e topografici della s ua opera,
324
I giovanniti, in cui entrarono a far parte i Samaritani, i Frigiani e i cosmopoliti Efesini, costituirono in Asia una scuola che si rifaceva a Giovanni tramite Ireneo, Policarpo e Papia. I Quartodecimani e i Montanisti tra cui Tertulliano rientrano in tale corrente, che viene presentata negli scritti apocrifi di Giovanni, nel Vangelo falsamente attribuito a Filippo, nella esegesi di Papia e nella predicazione di Marco il diacono. Negli scritti di Ireneo e del suo maestro Policarpo se ne conserva l'elemento pi genuino, senza le esagerazioni degli scritti apocrifi. 325 I discepoli di Tommaso e di Addai lo considerano come capo eletto dal Signore (Patrologia Orient. IV, 372 ss). 326 Molti libri si rifanno a questa corrente Petrina-ebionita (in parte ortodossa e in parte eretica): posseggono il Pentateuco e il libro di Giosu, ma sono contro i profeti. Conservano il Vangelo di Matteo e di Giovanni (Gli Atti degli Apostoli tutti tradotti in ebraico). Possiedono un'abbondante letteratura apocrifa, tra cui uno pseudo-Giacomo, uno Pseudo-Matteo e uno Pseudo-Giovanni, amano l'Apocalisse e gli Atti di Pietro (fine II secolo) e il ciclo Clementino (cfr Epifanio, Haer. PG 41, 405-473). 327 Atti 1, 23; 2, 14; 2, 23; 3, 3-5; 4, 14; 4, 24; 5, 15.29 s; 8, 24; 9, 34; 9, 40; 10, 24.25.33; 11, 2; 12, 10; 15, 7.12. 328 Chase , The Old Syriac Element in the Text of Codex Bezae , London 1893. 329 B. Weiss , Der Codex Bezae in der Apostelgeschichte, Texte und Untersuchungen IV F. II, 1 , Leipzig 1897. 330 P.H. Menoud , The Western Text and the Theologie of Acts , in Bulletin Studiorum N.T. Societatis 1951, fasc. 2. 331 J. Crehan , Peter According to the Text of Act , in Theological Studies 18 (1957), pp. 596-603. 332 Carlo M. Martini , La figura di Pietro secondo le varianti del Codice D negli Atti degli Apostoli , in San Pietro, Atti XIX Settimana Biblica, Paideia 1957, pp. 279-290. 333 E.J. Epp, The Theological Tendency of Codex Bezae Cantabrigensis in Acts (Society for New Testament Studies, Monograph Series 3), Cambridge 1966. (Tutto si spiega con un antigiudaismo cosciente). 334 At 15, 12: vi qui la prima tendenza poi accolta in campo cattolico a mostrare che nell'Assemblea di Gerusalemme fu Pietro a tenere la direzione anzich Giacomo.
79 e cercano di far pendere in favore di Pietro il parallelismo esistente tra Pietro e Paolo nel libro degli Atti. Non giungono per a presentare Paolo come il nemico di Pietro: vi solo un petrinismo, ma non ancora un antipaolinismo335 . La stessa lingua, che risente dell'influsso lucano, mostra che tali lezioni dovettero sorgere tra il primo e il secondo secolo (certamente prima del 150) in zone vicine all'ambiente lucano (antiocheno?) ad opera di cristiani penetrati di maggior venerazione verso i due apostoli Pietro e Paolo, ma specialmente verso Pietro, e che volevano sottolineare l'aspetto antigiudaico del messaggio cristiano e l'importanza dello Spirito Santo nelle comunit primitive336 . b) Letteratura petrina apocrifa Molti libri di tendenza petrina esaltano l'importanza di Pietro, facendone un capo (ad eccezione di alcuni brani d'intonazione giacobita, penetrati in questi libri compositi), che si interessa del denaro da distribuire ai poveri e cerca di inculcare la verginit. Sono gli elementi che, caso strano, saranno poi esaltati dalla Chiesa romana. Eccone gli scritti pi importanti: c) Atti di Pietro Di questo libo apocrifo, sorto verso il 200 in Asia Minore, in quanto poco conosce Roma, possediamo un frammento copto, che parla della figlia di Pietro (IV - V secolo) e una parte assai estesa e conservata del manoscritto latino di Vercelli. Atri frammenti ci sono stati conservati in alcuni papiri. Gli Atti di Pietro scritti indubbiamente da discepoli di Pietro, tradiscono degli influssi gnostici. d) Frammento copto riguardante la figlia di Pietro La moltitudine vedendo Pietro compiere molti miracoli, lo preg di guarire anche sua figlia (di nome Petronilla, secondo gli Atti di Nereo e Achileo) che era paralizzata. L'apostolo cerc di spiegare loro che tale malattia era provvidenziale, a motivo di un certo Tolomeo, innamorato pazzo di lei. Tuttavia per accrescere il numero dei convertiti il padre comp il miracolo, ma solo per un breve tempo, facendo poi ritornare inferma la figlia. Tolomeo tent di rapirla ugualmente, ma in seguito a una visione, si rec dall'apostolo che gli spieg il motivo di tale paralisi. Egli allora si convert e a l337 la morte lasci una cospicua eredit a Pietro che ne distribu il denaro ai poveri . L'intento presentato dal racconto evidente: esaltare la verginit a scapito del matrimonio. e) Pietro e Simon Mago (Atti di Vercelli). Un episodio riguardante la Palestina (c. 17), tutti gli altri invece Roma (1-16; 18-32)338 . Simon Mago avido di ricchezza, rub molti gioielli alla matrona Eubola, che ne sospett i propri schiavi, ma Pietro, consolata la donna, le fece recuperare la refurtiva e individuare il ladro, il quale, intuito il pericolo, scomparve dalla Giudea, mentre la matrona disponeva che il suo ingente patrimonio venisse distribuito ai poveri (c. 17).
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In alcuni passi vi persino la tendenza ad esaltare lo stesso Paolo: 13, 8 si sottolinea l'effetto della parola dell'apostolo; 13, 12 stupore per il miracolo prodotto da Paolo; 13, 42 tutti ammutoliscono alle sue parole; 13, 43 risonanza universale del discorso di Paolo. 336 Cos C. Martini a conclusione dell'articolo gi citato. 337 James, l. c., 300-302. Il papiro che lo contiene del IV o V secolo. Il racconto assai simile a quello dell'apocrifa lettera a Tito (James, o.c. p. 303) dove si dice che la figlia di un giardiniere fu risuscitata da Pietro dietro l'insistenza del padre il quale non volle ascoltare l'apostolo, che gli consigliava essere preferibile la morte; un uomo infatti tosto la rap e le fece violenza. L'episodio era gi noto anche ad Agostino (Contra Adimantum 17, 5 CSEL 25, p. 170). Il n ome Petronilla del tutto insostenibile perch di pretta marca latina. Altri autori si limitano ad attribuire a Pietro pi figli, cos Girolamo (Adv. Jovinianum 1, 126 PL 23, 257). 338 James, o.c., pp. 304-330.
80 Dopo la patetica scena di Paolo, che lascia i Romani per recarsi in Spagna (cc. 1-3), ecco giungere a Roma il Mago Simone, che con i suoi prodigi ingann la comunit cristiana attirando al suo seguito gran parte dei cristiani. Per fortuna, dodici anni dopo l'ascensione, il Cristo apparve a Pietro, il quale si trovava allora a Gerusalemme, per annunciargli quanto accadeva nella Chiesa romana. Pietro allora si imbarc in tutta fretta, convert il comandante della nave e fu accolto a Roma da un'ingente folla339 . Pietro esort i cristiani alla resipiscenza e, all'udire che perfino Marcello il benefattore dei poveri era diventato patrono dell'eretico, si rec a casa dell'apostata dove dimorava il mago. Il portinaio gli confess candidamente di aver ricevuto l'ordine di dirgli che Simone non era in casa, ma Pietro incaric il cane di annunciargli il suo arrivo. All'udire il cane che apostrofava la pretesa Potenza di Dio, Marcello si ravvide, corse ai piedi di Pietro e gli chiese perdono dei suoi peccati, tra i quali vi era l'erezione di una statua in onore del mago con l'iscrizione A Simone, nuovo Dio340 . Il cane preannunci all'apostolo che la sua missione sarebbe stata dura: Pietro, tu avrai una grave lotta con il nemico di Cristo e dei suoi servi, tu farai tornare alla fede molti che furono ingannati da l oro, perch tu riceverai da Dio la ricompensa della tua opera. La moltitudine impressionata chiese altri prodigi all'apostolo che, gettata nell'acqua un'aringa secca, la fece ridiventare viva (cc. 4-13). Marcello, convertito, scacci di casa Simon Mago, il quale presentatosi a Pietro, lo assicur che avrebbe ben presto palesato quanto stupida fosse la sua fede in un uomo, figlio di un falegname. L'apostolo lo fece rimproverare da un bimbo di sette mesi, che gli intim di starsene lungi sino al prossimo sabato quando avrebbe avuto luogo la lotta finale: il mago non pot rispondere per aver perso improvvisamente la favella. In una visione notturna Ges confort Pietro, manifestandogli che la futura lotta avrebbe attirato molti pagani alla verit (cc. 14-16.18). Marcello, purificata la propria casa con acqua benedetta, invit Narciso e altri fratelli perch distribuissero tutti i loro beni ai poveri. L'apostolo restitu la visita ad una vedova, poi entr nell'assemblea riunita per leggere il vangelo341 . Pietro, interrotta la riunione, spieg loro come si dovesse interpretare la S. Scrittura, e, ricordando l'episodio della Trasfigurazione, narr com'egli fosse rimasto cieco fino a quando G e342 s non lo ebbe preso per mano , quindi pass a descrivere il carattere soprannaturale di Ges con espressioni non sempre ortodosse. All'ora nona l'assemblea inizi la preghiera, e molte vedove cieche ottennero miracolosamente la guarigione: Marcello sugger a Pietro di riposarsi un po' e gli narr la visione da lui avuta di una donna nera, personificante la potenza diabolica di Simone, che v eniva uccisa da un personaggio misterioso simile a Pietro (cc. 19-22). Pietro recatosi nel foro per l i supremo incontro, arring gli idolatri ricordando loro il furto compiuto da Simon Mago e la sua richiesta fatta a Pietro e Paolo (sic ?!) di ottenere il dono dei miracoli (cfr At 8, 19), poi con testi profetici dimostr la divinit di Cristo, citando anche un Ezechiele apocrifo e l'Ascensione di Isaia (cc. 23-24). Il prefetto scelse allora la prova: Simon Mago dovr far morire un ragazzo e Pietro risuscitarlo: Tosto Simone parl all'orecchio del fanciullo che divenne muto e poi mor. Pietro fece condurre qui anche il cadavere del figlio unigenito di una vedova e risuscit e ntrambi i ragazzi, mentre la folla erompeva nel grido: Uno l'Iddio, uno l'Iddio, quello di Pietro... Tu sei l'Iddio Salvatore: Tu l'Iddio di Pietro, sei il Dio invisibile, il Salvatore. Allora anche la moglie di un senatore impetr la resurrezione del figlio il cui cadavere fu portato nel Foro. L'apostolo sfid Simone a ridonare la vita al cadavere e il mago gli fece muovere la testa e gli occhi. Il popolo esult commosso, ma Pietro disse che questi erano dei puri gesti meccanici non una
339 340
Cc 4-6. Strano questo particolare dal momento che quasi tutti i cristiani seguivano Simone il Mago. Simone juveni deo. Anche Giustino dice che il mago fu onorato a Roma, dove il Senato gli eresse una statua con l'iscrizione: Simoni deo sancto (1 Apol. 26, 56. Cfr Eusebio, Hist. Eccl. 2, 13, 14). All'origine della leggenda sta la confusione tra il Simone mago e l'iscrizione di una statua eretta nell'Urbe a Semoni deo fidio, il dio sabino Semon, che vi fu ritrovata nel 1574. 341 Si noti l'anacronismo: durante la vita di Pietro i Vangeli non esistevano ancora. 342 Episodio tratto dalla vita di Paolo, che dopo aver avuto la visione di Cristo rimase cieco (At 9); esso vuole esaltare la superiorit di Pietro su Paolo per essere stato guarito da Ges e non da Anania.
81 vera resurrezione, dal momento che il cadavere era tosto ripiombato nella sua inerzia. Ottenute alcune promesse dalla madre, tra cui quella di aiutare i poveri, l'apostolo restitu la vita al giovane e, dinanzi all'entusiasmo popolare, si ritir nella casa di Marcello (cc. 25-29). Una donna in seguito ad una visione regal a Pietro 10.000 pezzi d'oro; ma l'assemblea critic l'apostolo dicendo che quel denaro era stato raccolto da Criseide mediante i suoi molti adulteri. Pietro si difese dicendo che a lui poco importava sapere che cosa fosse stata quella donna, a lui interessava solo il fatto che Cristo stesso aveva provveduto del denaro per i suoi santi. Il Mago Simone promise di voler dimostrare il giorno dopo che non l'Iddio di Pietro, ma il suo dio, del quale egli incarnava la potenza essendo figlio di Dio Padre, era il solo vero dio. Nella prova finale Simone entr in citt volando per il cielo e sfidando l'Iddio di Pietro e mostrare la sua potenza impedendogli di sollevarsi in aria. Il mago si innalz allora sopra tutta Roma, i templi e le montagne; per alla preghiera dei fedeli e di Pietro egli precipit a terra e la sua gamba si ruppe in tre punti proprio secondo il desiderio dell'apostolo. Il mago poco dopo venne ucciso in Terracina 343 . Letteratura Clementina I petrini, specialmente nella parte pi antica della letteratura clementina, cercarono di mettere in cattiva luce anche l'apostolo Paolo. Il romanzo dello pseudo - Clemente accoglie elementi eterogenei. Secondo il Waitz alla base vi starebbe un'opera di carattere dottrinale composta verso il secolo II dalla setta degli Elcesaiti, con elementi anche anteriori344 e che si chiama Kerygmata Petri o Predicazione di Pietro345 . Nel III secolo essa si fuse con gli Atti di Pietro (di origine palestinese e distinti dagli Atti di Vercelli) e con le Avventura di Clemente .. Ne risult cos nel IV secolo un'opera dottrinale e romanzesca, distinta in due sezioni: Le Recognitiones e le Omelie : delle prime abbiamo solo la versione latina di Rufino e una versione siriaca, delle seconde anche il testo greco con riassunti in greco e in arabo346 . a) Omelie
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Cc. 30-32; questo brano si rinviene pure nel Ms. greco del Monte Athos; seguono i cc. 33-41 (Mss. di P atmos e versioni riguardanti il martirio di Pietro che saranno citati nel capitolo seguente). Sul luogo in cui Pietro si sarebbe inginocchiato per pregare (non lungi dal Foro Romano) sulla via Sacra, nei secoli V e VI si soleva ripetere una speciale genuflessione, fino a che nel 762 Paolo I fecit ecclesiam intra hanc civitatem romanam in via Sacra iuxta templus Romuli (in realt templum Romae) in honorem santorum apostolorum Petri et Pauli ubi genua flectere visi sunt (si noti l'accostamento Pietro e Paolo). Pi tardi, scomparso questo tempio, vi fu eretta la chiesa di S. Maria Nova, ora detta di S. Francesca Romana. Il tempio voleva contrapporre i due apostoli, patroni celesti di Roma, al culto pagano di Venere e Roma promosso da Adriano nel grandioso doppio tempio eretto l vicino con due celle ornate di marmi preziosi e che erano arricchite dalle statue di Venere e Roma. Nel 135 esso non era ancora ultimato perch Adriano fece spostare per tale motivo la statua di Nerone dal vestibolo della Domus Aurea (dove fu eretto il tempio) verso il Colosseo: questa fu trasferita diritta per mezzo di un'armatura sostenuta sul dorso di 24 elefanti. A questi richiami della paganit (Marte, Rea Silvia, lupa con i gemelli, pastore Faustolo) che ne ornava il tempio i papi del V e del VII secolo, vollero contrapporre i due nuovi apostoli, quali veri tutori della nuova Roma. 344 H. Waitz , Die Pseudoclementinen Homilien und Recognitionen (Texte u. UntersuchungenX), Leipzig 1901; O. Cullmann , Le problme literaire et historique du Roman Pseudo-Clmentin , Paris 1930. Sull'importanza di Pietro nelle Pseudo-Clementine, cfr M. Clavier , Le primaut de Pierre d'aprs les Pseudo-Clementines , in Rev. Hist. Phil. Rel. 1956, pp. 298-307. 345 Non vanno confuse con il Kerigma petri o Predicazione di Pietro ricordato nel capitolo Pietro scrittore. 346 Recognitiones (10 libri) PL 1, 1205-1454; Antenicene Fathers, vol. 8, pp. 75-211; per la versione siriaca cfr P. de Lagarde , Clementis Romani Recognitiones siriacae , Leipzig 1961; Homiliae (20 libri) PL 2, 25-463; Ant. Fathers, vol. 8, pp. 272-346. Per le due epitomi greche cfr A.R.M. Dressel, Clementinorum Epitomae duo, Leipzig 1859; per le due arabe cfr. M.D. Gibson , Recognitions of Clement , in Studia Sinaitica, V Londra 1896, pp. 1 5-43 (Testo arabo 14-45).
82 Contengono le pretese prediche di Pietro, alle quali precedono due lettere inviate (con tendenze t alora giacobite), da Pietro e da Clemente a Giacomo il Minore, vescovo di Gerusalemme. La narrazione solo una tenue cornice per inquadrarvi degli insegnamenti teologici di carattere giudaicognostico: Il Cristo qualcosa di divino, gi manifestatosi in Adamo e Mos. Il cristianesimo vi d ipinto come un giudaismo depurato, con centro a Gerusalemme dive dimora Giacomo il vescovo dei vescovi (Lettera di Clemente). Si tratta di un brano giacobita. b) Recognitiones La parte narrativa, pur non raggiungendo una trama vera e propria, assai pi movimentata e ricalca motivi gi noti nell'antichit profana, il suo nome proviene dai molti racconti nei quali Clemente riconosce i suoi cari.Questi, rimasto con il padre a Roma, s'incontr con Barnaba e, recatosi con lui a Cesarea, vi fu battezzato da Pietro al cui seguito egli pass per andare alla ricerca di Simon Mago a Cesarea prima, poi a Laodicea; in altre citt della Fenicia e della Siria il mago fugg precipitosamente appena si spargeva la notizia dell'arrivo dell'apostolo. In questi suoi viaggi Clemente ritrov prima la madre e i fratelli, che si ritenevano periti in un viaggio marittimo, poi il padre che era partito da Roma per ricercare la moglie e i figli. c) La predicazione di Pietro Costituisce la parte pi antica di origine ebionitica e di tendenza antipaolina, su cui torneremo pi tardi. In questa ultima parte, che tratta dell'attivit di Pietro tra gli anni 51-54, l'apostolo appare il fondatore della Chiesa, che percorre nei suoi viaggi apostolici la costa siro-palestinese, da Cesarea ad Antiochia. In tutte le citt da lui attraversate l'apostolo istituisce una gerarchia composta da un vescovo, da dodici presbiteri e da diversi diaconi. Anche a Roma pone come vescovo Clemente da lui battezzato347 . Il suo comportamento tipicamente giudeo-cristiano: non mangia mai con i non circoncisi, osserva un'astinenza severa cibandosi di pane, olive e legumi348 . La sua brama di purezza l'aveva reso misogino al punto da considerare la sua stessa figlia come sorgente di scandalo349 . Vi viene detto il primo degli apostoli, il fondamento della Chiesa, l'apostolo dei Gentili incaricato di illuminare l'oscuro occidente. Ma in altri brani, forse aggiunti dai giacobiti, presentato in contatto con Giacomo, che ha il primato ecclesiastico, tra le varie chiese della Cristianit. Un altro dato dei petrini l'assimilazione di Pietro a Ges. Ci appare ad esempio nel suo martirio, quando egli fu crocifisso come il Messia, anche se per umilt volle che il capo fosse all'ingi. Opposizione dei petrini alle altre correnti a) Contro la corrente giovannita, i petrini cercarono di lasciare nell'ombra un apostolo cos importante e che dominava nell'Asia Minore. Qualcuno pensa che la relazione dei primi capitoli degli Atti dove Giovanni fa quasi da ombra e da controfigura per esaltare Pietro, sia di intonazione petrina. Ma forse meglio pensare all'arte di Luca e al suo desiderio di mostrare l'armonia sostanziale di tutti gli apostoli contro le manovre dei loro seguaci. b) Contro i giacobiti che insistevano sulla concezione di Ges ad opera di Maria per sostenere l'autorit dei parenti di Ges, i petrini sottolinearono invece il battesimo di Ges, omettendo la sua con-
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Anche il Transito di Maria presenta Pietro come capo. Cfr Bonaccorsi, Vangeli apocrifi, o.c., pp. 260-267. Om. 12, 6, Cfr Gregorio Nazianzeno , Orat. 14, 4 PG 35, 861. 349 Tale fatto negato da Epifanio , Haer. 30. 15 CB 1, 353-353; PG 41, 431. Ricorda pure, tra le cose assurde asserite del Petri circuitus, che si asteneva dalla carne, poich gli animali sono generati tramite il coito.
83 cezione straordinaria350 e ricordarono che i parenti stessi di Ges compresi i pi intimi vale a dire i suoi stessi fratelli, Giacomo compreso erano ostili all'attivit del Cristo351 . Nei libri ispirati la reazione ai giacobiti si contenne nella giusta misura accontentandosi di omettere ci che poteva favorire l'esaltazione di Giacomo da parte dei suoi seguaci, ma i petrini successivi andarono oltre sino a sostenere (con gli Ebioniti) che solo nel suo battesimo Ges ricevette la dignit messianica (e secondo alcuni anche la sua divinit) negandone la stessa concezione verginale352 . Lo stesso ebionita Simmaco, lodato da Girolamo per la sua traduzione 353 , aderiva a tale idea: Convien sapere che uno di questi traduttori e precisamente Simmaco, era un ebionita. All'eresia detta ebionita aderiscono quanti insegnano che il Cristo nacque da Giuseppe e da Maria, riducendolo pertanto a un semplice uomo, e cos pretendono imporre l'osservanza della Legge, alla maniera giudaica. Tuttora sono in giro i commenti di Simmaco, nei quali egli si dimostra premuroso nel puntellare la detta eresia, muovendo aspra critica al Vangelo di Matteo. Origene fa osservare d'aver ricevute questa ed altre interpretazioni elaborate dal Simmaco sopra le Sacre Scritture, da una certa 354 Giuliana, la quale le aveva accolte da Simmaco stesso .
In tal modo costoro colpivano direttamente la pretesa dei Giacobiti, che appunto per la nascita m eravigliosa del Messia da Maria, attribuivano ai di lei parenti una superiorit sugli altri. Se la concezione di Ges fu come quella di tutti gli altri uomini, se da Maria nacque un puro uomo come tutti gli altri, che poi divenne Cristo solo nel battesimo senza alcun influsso materno, ne consegue che tutte le pretese dei suoi parenti carnali non hanno alcun valore. Tra i petrini va forse incluso quel Tebutis che, alla morte di Giacomo, tent inutilmente di opporsi alla successione vescovile di Simone, che pretendeva averne diritto in quanto parente del Signore355 . c) I petrini non solo combattevano di giacobiti, ma la stessa persona di Paolo che si andava imponendo sempre di pi fra i Gentili. Essi anzitutto resero Pietro il primo, anzi il capo degli apostoli, attribuendogli una serie di titoli altisonanti, come corifeo degli apostoli, il Primo discepolo di Cristo, duce e primizia degli apostoli, il pastore per eccellenza, tutoli questi ricorrenti in fonti cristiane e pagane del III secolo, che costituirono la base per il futuro sviluppo del pensiero cattolico356 . Contro il gruppo paolino i petrini insistono sull'obbligo della circoncisione e del riposo sabbatico, sulla validit della legge mosaica in quanto Ges venuto per adempiere, non per abolire la Legge. Nelle predicazioni di Pietro (Kerygmata Ptrou, parte pi antica della letteratura clementina), Paolo pur non essendovi nominato, appare come il grande avversario, lo inimicus homo che si oppone al volere di Cristo difeso da Pietro. Il tono violento della polemica richiama il periodo della epistola ai Galati (ca. 53 d.C.).
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Anche Marco, che riporta la predicazione di Pietro, inizia il suo Vangelo con il battesimo di Ges. Una simile attitudine appare gi in Mc 3, 21.31 dove Ges dice ai fratelli (e anche alla madre sua) che non lo comprendevano: Chi sono i miei fratelli? e chi mia madre? Chiunque fa la volont del Padre mio, mi fratello e sorella e madre . 352 Da qui l'insistenza contraria da parte degli apocrifi, come il Protovangelo di Giacomo, che per per esaltare eccessivamente la verginit di Maria, costretto a rendere Giacomo un fratellastro di Ges, anzich un fratello. In tal modo si trova la Sitz im Leben di questi racconti. 353 Comme. Amos III, 11, PL 25, 1019 B Symmachus qui... solet... intelligentiae ordinem sequi . 354 Eusebio , Hist. Eccl. VI, 17 . Traduzione di Giuseppe del Ton. Cfr H.J. Schoeps, Theologie und Geschichte des Judenchristentums, Tbingen 1949, pp. 350-366; idem Aus frhechristilicher Zeit, Tbingen 1950, pp. 82-119. 355 Eusebio , Hist. Eccl. 4, 22, 5 PG 20, 580 A. 356 Cfr. A. Rimoldi , Titoli petrini riguardanti il primato nelle fonti letterarie cristiane dalle origini al Concilio di Calcedonia , in Pietro o.c. Brescia, Paideia 1967, pp. 501-532. Articolo ben informato, ricco di citazioni, ma presentato in modo sintetico per documentare l'esistenza di un primato, anzich indicare il progressivo sviluppo dell'idea. Sono solo accennati i testi contrari come la lettera dell'apostolo Giacomo il Minore, vescovo di Gerusalemme, che stranamente definito Vescovo dei vescovi (p. 526), mentre si insiste eccessivamente sull'elemento positivo senza ambientarlo nella mentalit del tempo.
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In esse Pietro cos apostrofa Paolo: Come ti sarebbe apparso, Lui, a te, quando i tuoi pensieri contraddicono il suo i nsegnamento? Sei tu divenuto un apostolo? Credi dunque alle sue parole, spiega la sua dottrina, ama i suoi apostoli, cessa di combattere me che sono vissuto con lui. Poich contro di me, la solida roccia e il fondamento della Chiesa, che tu ti sei eretto da avversario (cfr Ga 2, 11). Se tu non fossi un nemico, non mi denigreresti affatto, non criticheresti la mia predicazione, perch non mi si creda quando ripeto ci che ho inteso dalla bocca stessa del Signore, e tu non diresti c he sono un uomo biasimevole 357 .
Il gruppo dei paolini Mentre i primi tre gruppi, almeno all'inizio agirono sullo sfondo della cristianit ebraica, la corrente paolina di impose particolarmente nelle chiese della gentilit. Paolo contro la corrente giacobita, che esaltava la maternit di Maria, cerca intenzionalmente nei suoi scritti di ridurne il ruolo, tant' vero che la venuta di Ges su questa terra espressa con una semplice frase Iddio ha mandato il Figlio nato di donna (Ga 4, 4). Contro l'esaltazione della Legge, che i giacobiti ritenevano tuttora obbligatoria, Paolo insiste nel dimostrare che la salvezza viene non dalla Legge, bens dalla fede; che la Legge era solo un pedagogo per condurre al Cristo; che noi ora siamo figli di Dio, non pi servi358 . Contro i petrini che esaltavano l'importanza dell'apostolo dei Giudei, afferma che i cristiani appartengono non a uomini, ma a Cristo crocifisso per loro, e sostiene che nessuno deve gloriarsi degli uomini poich tutti, Pietro compreso, sono ministri dei cristiani (1 Co 3, 21-23). Nella lettera ai G alati Paolo si oppose energicamente a Pietro, lo rimprover in modo assai aspro perch non camminava secondo la verit del Vangelo (Ga 2, 14) e si present con la stessa autorit degli altri Apostoli per nulla inferiore a Pietro, poich presso Dio non v' accezione di persone 359 . Paolo non ebbe invece delle critiche verso i giovanniti, che con lui avevano maggiore affinit di idee. Presso i Gentili l'autorit di Paolo and sempre pi imponendosi specialmente p resso gli gnostici e i loro simpatizzanti. E' questa una storia non ancora scritta e che meriterebbe di essere sviluppata con competenza attraverso l'analisi delle varie fonti. Tra costoro domina la figura di Marcione (II secolo), che, nel desiderio di meglio combattere le tendenze giudaizzanti (giacobite), respinse tutto l'Antico Testamento rifiutandone ogni esegesi allegorizzante. Partendo dal contrasto paolino tra Legge e vangelo tra giustizia divina e grazia, afferm che solo Paolo aveva ben compreso il Signore, che l'Antico Testamento proviene da un altro Dio giusto ma iroso, identico al Creatore (Demiurgo), mentre il Nuovo deriva dal Dio d'amore e di ogni consolazione. E' questo Dio buono che si manifestato nel Cristo; il suo messaggio si rinviene in Luca (senza per il Vangelo dell'infanzia) e nelle dieci pi importanti lettere paoline360 . Siccome gli gnostici si richiamavano alle lettere paoline per spulciarvi elementi capaci di essere sviluppati secondo la dottrina gnostica, come l'aspirazione alla libert, alla conoscenza (gnosi), la Chiesa ortodossa nutr a lungo diffidenza verso gli scritti di Paolo361 .
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Om. 17, 13-19. Cfr Ga 2, 21 s; 3, 21, 24; 4, 4; 5, 4; 2 Co 3. 359 Si veda sopra il capitolo riguardante il primato di Pietro negli scritti apostolici. 360 Su Marcione cfr R.S. Wilson , Marcion , London 1933; J. Knox , Marcion and the N.T. , London 1942; E.C. Blackman , Marcion and his influence , London 1949; ancora buona la monografia di A. von Harnack , Marcion das Evangelium vom fremden Gott. Eine Monographie zur Geschichte der Grundlegung der Kath. Kirche , T. V. 45, Berlin 1934 (ediz. 2a). 361 Essi a lungo furono trascurati nella lettura per i primi cristiani; occorsero pi secoli e la caduta dello gnosticismo perch nel IV-V secolo, Paolo fosse meglio valorizzato dagli scrittori ecclesiastici. Cfr F. Salvoni , Il battesimo, morte e resurrezione del credente , in Ric. Bibl. Rel. 1 (1966), pp. 319-338 (pp. 326-327).
85 Dal momento che Paolo stesso si present come apostolo per nulla affatto inferiore a Pietro, naturale che la corrente paolina non abbia attribuito all'apostolo degli Ebrei grande importanza, lasciandolo del tutto in disparte. Dal momento che essi erano contro ogni legge, dovevano necessariamente contrariare l'organizzazione gerarchica della Chiesa e l'autorit di Pietro a capo degli apostoli e della Chiesa362 . Nessun primato Si pu quindi concludere che nei primi secoli l'autorit di Pietro, come capo della Chiesa, fu sostenuta solo dalla corrente petrina, ma fu piuttosto contrariata da tutti gli altri tre gruppi; il che conferma la conclusione a cui eravamo gi pervenuti con l'esegesi delle parole di Ges e di Pietro. I gruppi giovannita, giacobita e paolino, che costituivano la maggioranza dei credenti, anche nella loro manifestazione ortodossa, non riconoscevano il primato petrino, tanto meno lo ammettevano nella loro espressione eterodossa.
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Cfr R.M. Grant , Giustinian and Early Christianity , 2a ediz. Harper Torchbook, New York, 1966.
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E' utile qui riesaminare il problema alla luce delle moderne indagini, che pure non provando apoditticamente l'andata di Pietro a Roma, la rendono assai probabile. Non si pu opporre a tale asserzione la sua ignoranza del greco che allora era la lingua ufficiale a Roma, pi dello stesso latino da parte del rozzo Pietro. Oriundo dalla Galilea, territorio assai ellenizzato, doveva ben conoscere un po' di greco se voleva recarsi a Tiberiade per vendervi del pesce. Di pi nel suo soggiorno antiocheno, dove frequent in un primo tempo i Gentili (Ga 2, 11), Pietro ebbe occasione di esercitarsi in tale lingua. la sua bassa condizione sociale non gli impediva di essere accolto a Roma, dove vivevano molti Giudei e dove tanta gente di alto rango bramava un insegnamento spirituale da qualunque parte v enisse. Narra Tacito che l'aristocrazia romana era spiritualmente assistita da rozzi predicatori della dottrina cinica. Si confronti l'importanza che ebbero nel Medio Evo i rudi monaci accolti a corte con i pi grandi onori. Non fa quindi meraviglia che Pietro, quale apostolo dei circoncisi, possa essersi recato a Roma, dove vivevano circa quarantamila giudei364 . Le presunte ragioni del Nuovo Testamento Il Nuovo Testamento non parla chiaramente n della andata di Pietro a Roma n del suo martirio romano. a) In un altro luogo. Alcuni esegeti, generalmente cattolici, pretendono di trovare un argomento nella frase lucana: Pietro se ne and in un altro luogo (At 12, 17). Il luogo innominato sarebbe Roma, in quanto il libro degli Atti si divide in due sezioni parallele, di cui la prima riguarda Pietro e la seconda Paolo. Siccome la seconda sezione termina a Roma (At 28, 14) logico dedurre che anche la prima abbia tale meta365 . La citt non vi sarebbe nominata per ragioni stilistiche, in quanto,
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Marsilio , Defenson pacis , ed Basilea 1522, pp. 20, 208. Tra i recenti scrittori K. Heussi ( War Petrus in Rom , 1936) ha negato la venuta di Pietro a Roma, ma fu combattuto dallo storico H. Lietzmann ( Petrus und Paulus in Rom - Arbeiten zur Kirchengeschichte I , 2 ediz. Berlin 1927); oltre agli studi citati nel corso del capitolo cfr pure O. Marrucchi, Pietro e Paolo a Roma, 4 ediz. Torino 1934. 364 La Chiesa di Roma sorse probabilmente per opera di Giudei convertitisi a Gerusalemme nel giorno di Pentecoste (in At 2, 10 si nominano pure gli avventizi romani), i quali devono aver predicato l'evangelo presso gli Ebrei quivi residenti. Si pensa che a Roma esistessero dai 30 ai 40 mila Giudei. J. Juster ( Les Juifs dans l'Empire Romain , Paris 1914, pp. 209 ss) giunge alla cifra esagerata di 60 mila. Secondo alcuni la lettera ai Romani fu scritta con l'intenzione di indurre i pagano-cristiani di Roma a non sprezzare i Giudei, che rientravano pur essi nel divino piano della salvezza (M.J. Lagrange , Epitre aux Romains , Paris 1950, pp. XXI s.). Sulle discussioni tra i Giudei circa il Chresto (= Cristo) e la loro cacciata del 49, cfr Svetonio , Divus Claudius, 25 (At 18, 2). 365 Card. I. Schuster , Actus Apostolorum , in La Scuola Cattolica, 81 (1953) pp. 371-374; R. Graber , Petrus der Fels, Fragen um den Primat , p. 21.
87 secondo il principio teologico lucano, il Vangelo doveva spandersi gradatamente da Gerusalemme in Samaria, poi in altre regioni fino a Roma e agli estremi confini del mondo, vale a dire la Spagna. perci l'autore non poteva parlare di Roma prima dell'evangelizzazione dell'Asia Minore e della Grecia366 . Di pi la fraseologia in un altro luogo sarebbe stata tratta da Ezechiele dove si riferisce all' esilio babilonese (Ez 12, 3). ora si sa che Babilonia era il nome simbolico di Roma367 . Tutte queste ipotesi assai fragili non sono confermate ma contraddette da altri passi biblici, che ignorano l'andata di Pietro a Roma nel 42 d.C.368 . E' inutile asserire, come alcuni fanno, che il nome della citt fu tenuto nascosto per non danneggiare Pietro. Che ragione v'era di tacere tale nome in un libro scritto molti anni dopo, quando Pietro probabilmente era gi morto? L'assenza del luogo indica solo che da quel momento Pietro inizi la sua attivit di apostolo itinerante in mezzo ai Giudei, a nzich rimanere stabilmente fisso a Gerusalemme, come era avvenuto per gli anni precedenti. b) La Babilonia della prima lettera . Un argomento pi serio si vuol trovare nel saluto di Pietro alla fine della sua prima epistola: La chiesa che in Babilonia, eletta come voi, vi saluta (1 Pt 5, 13). Babilonia, che qui il nome di un luogo, non potendo indicare, secondo alcuni, l'antica citt di Babel che giaceva allora distrutta, deve essere il nome simbolico di Roma, assai amato nell'apocalittica sia giudaica che cristiana369 . E' tuttavia necessario riflettere che, tale simbolismo, se naturale nella letteratura apocalittica volutamente misteriosa, non lo affatto in una lettera, che non contiene alcuna allusione diretta a Roma, e che, essendo favorevole allo stato romano, non poteva identificare Roma con la Babilonia (1 Pt 2, 13-17). In tal caso mi sembra pi normale intendere Babilonia nel suo ovvio senso geografico e r icercarla in Egitto o nella Mesopotamia c) La Babilonia d'Egitto, posta sopra il canale che congiunge il Nilo con il Mar Rosso, ora assorbita dal Cairo, possedeva una guarnigione militare giudea. Nel sec. V d.C. a Bablun vi era ancora una chiesa con un vescovo e pochi fedeli370 . Gli antichi copti affermano che Pietro scrisse quivi la sua lettera. Anche la tradizione che considera Marco come il primo vescovo di Alessandria (cfr 1 Pt 5, 13), pur essendo in un certo senso insostenibile in quanto suppone anacronisticamente gi costituito l'episcopato monarchico, potrebbe con366
J. Dupont , Les problmes du livre des Actes d'aprs les travaux recents , Lovanio, Pubblications Universitaires, p. 88. 367 J. Belser , Die Apostelgeschichte , 1905. p. 156. per l'uso di chiamare Roma Babilonia, si vedano le pagine seguenti. 368 H. Holzmeister ( Commentarium in ep. S. Petri et Judae , Corpus Scriptorum, Paris 1937, p. 82) afferma non esservi alcun sicuro argomento per sostenere che Pietro nel 42 abbia abbandonato la Palestina. C. Cecchelli (Gli Apostoli a Roma , Roma 1938, p. 100) sostiene che Pietro non and a Roma prima del 63. Cfr quanto noi pure diremo. D.F. Robinson , (Where and when did Peter die? , in Journ. Bibl. Liter. 1945, pp. 255 ss) poggia su questo passo per s ostenere che Pietro mor a Gerusalemme nel 44 d.C.; tale sarebbe il nucleo storico di At 12, 1 -19. Ma nel campo storico non ci si pu lasciar guidare dalla fantasia. 369 Cos in generale gli esegeti cattolici. L'equazione Babilonia-Roma era frequente nell'apocalittica: cfr Oracoli della Sibilla : Essi bruceranno il mare profondo, la stessa Babilonia e a l contrada dell'Italia (5,159); (cfr pure Rivelazione di Baruc 1, 2; Esdra 3, 1 s, 28,31). Anche gli antichi scrittori ecclesiastici amarono tale equazione, come ad es. Tertulliano ( Adv. Judaeos 9; Adv. Marcionem 3, 13 ). Cfr H. Fuchs , Der geistige Winderstand gegen Rom , 1938, pp. 74ss; B. Altaner , Babylon , in Reallaxicon fr Antike Christentum. coll. 1131 ss.. Si noti che i due Mss. minuscoli n. 1518 e 2138, hanno sostituito Roma nei passi dell'Apocalisse, dove si parla di Babilonia (Ap 14, 8; 16, 19; 17, 5; 18, 2). 370 Babilonia d'Egitto ricordata da Strabone 17, 30 e da Flavio Giuseppe Ant. Giud. 11,15,1; cfr Guathier, Dictionnaire de noms gographiques IX , pp. 303-204; A.H, Gardiner , Ancient Egyptian Onomastica, pp. 131-144. I Romani verso la fine del I secolo vi eressero un castrum. Una pia leggenda localizza nella chiesa copta di Abu-Sarga o nella v icina Mu'allaqa il luogo di rifugio della Sacra Famiglia. I Romani si impossessarono della regione nel 31 a.C.. E' tuttavia ignoto se la costruzione della citt romana gi esistesse nel I secolo; la sua fondazione oscilla tra il I e il III secolo d.C.; certamente non era ultimata al tempo di Pietro.
88 fermare la presenza di Pietro e di Marco nella regione alessandrina. Anche l'origine egiziana degli apocrifi Vangelo di Pietro e Apocalisse di Pietro potrebbe favorire il fatto che Pietro sia rimasto qualche tempo in Egitto. Tuttavia la lettera di Pietro, che conservata nella Bibbia, non presenta a lcuna allusione all'Egitto. d) L'antica Babilonia della Mesopotamia , vero che giaceva distrutta da molti secoli, tuttavia la v i371 ta non vi era totalmente annientata. Secondo Flavio Giuseppe e Filone presso le antiche rovine vivevano tuttora alcuni giudei. Risulta poi che in Mesopotamia si svolgeva una intensa attivit giudaica, poich la massa dei deportati israeliti rimase nel paese, anzich ritornare con Esdra (Ant. Giud. XI 5, 2). Le imposte tratte dalla Babilonia erano s importanti che parecchie migliaia di giudei dovevano accompagnare il trasporto dell'argento per sottrarlo alla cupidigia dei Parti (Ant. Giud. XVIII 9, 1). Simpatizzanti dei Giudei venivano dal di l dell'Eufrate per portare le loro offerte in Palestina (Ant. Giud. III, 15, 3); forse furono gli ellenisti della Mesopotamia che furono presenti a Gerusalemme il giorno delle Pentecoste (At. 2, 9). Dalla regione babilonese proviene il cosiddetto Talmud babilonico. Hillel, come pi tardi R. Hiyyia e i suoi figli, sarebbero venuti da Babilonia quando la legge era stata dimenticata nella Giudea372 . Le tradizioni babiloniche, conservate presso gli Esseni373 , dovevano essere note anche a Pietro tramite il Battista e i suoi soci di lavoro (Giovanni, Giacomo e Andrea) per cui probabile che Pietro abbia voluto visitare quei luoghi. In tale ipotesi si spiegherebbe meglio come i destinatari della lettera petrina siano tutti costituiti dalle chiese che si trovano nei dintorni di Babilonia, vale a dire del Ponto, della Galazia, della Cappadocia, dell'Asia e della Bitinia. E' l'opinione che personalmente preferisco. e) Il preannuncio del martirio di Pietro , si trova nel racconto della apparizione del Cristo risorto sulle sponde del lago di Tiberiade (Gv 21), mentre la descrizione del suo martirio, congiunto a quello di Paolo, si leggerebbe, secondo alcuni, in una visione dell'Apocalisse (c. 11). 1) La profezia di Ges . Il Cristo risorto, parlando a Pietro ravveduto e reso umile dalla sua precedente esperienza, gli predice, il suo futuro martirio: In verit, in verit ti dico che quando eri giovane ti cingevi374 da te e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani, un altro ti cinger e ti condurr dove tu non vuoi (Gv 21, 18) Con queste parole Cristo intendeva profetizzare la morte violenta dell'apostolo, come chiaramente indicato nel successivo versetto: Or disse questo per significare con quale morte glorificherebbe Iddio (v. 19) dove il glorificare indica la morte quale testimone, quale martire (v. 19). La curiosit di Pietro per sapere quale sarebbe stata la fine di Giovanni (v. 20) contrasta l'ipotesi di Bultmann che vi vuole trovare solo il detto banale che i giovani vanno dove vogliono, mentre i vecchi si lasciano condurre da altri375 .
371 372
Flavio Giuseppe , Ant. XV, 2, 2 ; Filone , Legatio ad Caium 182 . Cfr Moore, Judaism in the First Centuries of the Christian Era , vol. I, Cambridge 1927, p. 6. 373 Cfr A. Jaubert , Le pays de Damas , in Revue Biblique 65 (1958), pp. 214-248 (specialmente pp. 244-246). Secondo Flavio Giuseppe, Babilonia sarebbe stata abbandonata nella seconda met del sec. I dai Giudei che si trasferiscono a Seleucia (Ant. Giud. XVIII, 3, 8). 374 Il cingersi indica nella Bibbia e presso i Semiti il disporsi ad agire.
89 Una interpretazione pi discutibile vi vuole anzi vedere il genere di morte, vale a dire la crocifissione, che sarebbe inclusa nel tendere le mani a modo di croce. Gi Tertulliano (+ 222) nel ti condurr (zsei) vedeva la profezia di tale martirio: Pietro cinto da un altro, quando viene legato alla croce376 . Tale fatto tuttavia discutibile, poich il condurre potrebbe anche riferirsi al fatto di venir trascinato in catene al luogo del martirio, forse a Roma, come avvenne per Ignazio377 . 2) Pietro mor a Gerusalemme? Alcuni critici vorrebbero sostenere che Pietro fosse gi morto nel 56 d.C., poich nella lettera ai Galati si legge che lui unitamente con Giacomo e Giovanni erano (san) tra i personaggi pi importanti della Chiesa primitiva378 . Tuttavia tale ragionamento non regge per il semplice fatto che nonostante il passato precedente quali gi fossero non mi importa, Paolo continua dicendo in presente che essi sono reputati colonne (Ga 2, 9). f) I due testimoni. In una oscura visione del libro di Apocalisse (Ap 11, 1 -14) due testimoni vengono uccisi a Gerusalemme; i loro cadaveri rimangono per tre giorni sulla pubblica piazza finch, rivivificati, ascendono al cielo. Juan de Mariana fu il primo nel XVII secolo a identificarli con Pietro e Paolo martirizzati a Roma, dove sarebbero stati esposti per tre giorno e poi glorificati379 . Tuttavia la precedente ipotesi mi sembra inaccettabile perch esige diverse mutazioni testuali, in quanto, secondo il contesto attuale dell'Apocalisse i due sono martirizzati a Gerusalemme e non a Roma. La citt quella precedente il cui cortile del tempio calpestato dai Gentili: chiamata S odoma ed Egitto, non Babilonia (nome usato altrove dall'Apocalisse per Roma) ed lo stesso luogo in cui fu ucciso il Signore (v. 8). Il nome di Sodoma pure riferito dai profeti antichi a Gerusalemme (cfr Is 1, 10; 3, 9; Ez 16, 46); il nome d'Egitto potrebbe alludere al fatto che la citt santa era ridotta in schiavit dagli oppressori come un giorno gli Ebrei lo furono sotto gli Egiziani380 . Chi siano i due testimoni che stanno come candelabri non si pu individuare. Si tratta di due predicatori di grande risonanza che per la loro potenza sono presentati sotto le apparenze di Mos (v. 4) ed Elia (v. 5.6) e che dopo il martirio furono esaltati da Dio. Sarebbe allettante l'individuare queste due persone con Giacomo, fratello di Giovanni martirizzato il 44 d.C. (At 12), e con Giacomo, fratello del Signore, che vi fu ucciso nel 62 d.C. dal sommo sacerdote Anano il giovane, durante l'interregno successo alla morte di Festo e prima dell'arrivo di Albino (Flavio Ant. Giud. 20.9.1). La tradizione attestata da Egesippo e raccolta da Eusebio (Hist. Eccl. 11, 23,4-18) ci fa sapere che Giacomo il Giusto detto Oblias381 , celebre per austerit e preghiera (aveva le ginocchia incallite dalla sua posizione di orante), sarebbe stato fatto precipitare dal pinnacolo del tempio, poi lapidato e f inalmente finito da un lavandaio con il suo bastone. Poco dopo Vespasiano avrebbe assediato Gerusalemme.
375 376
Bultmann , Das Evangelium des Johannes , 2 ediz. 1950, pp. 552. Scorp, 15; la estensione delle mani (ktasis tn cheirn) nella tipologia cristiana designa la crocifissione377 Cos A. Omodeo , Saggi sul cristianesimo primitivo , Napoli, p. 462. 378 Cos K. Heussi , Die rmische Petrustradition in kritischer Sicht , Tbingen 1955; identiche le posizioni di D. Robinson , Where and when did Peter die? in Journ. Bibl. Liter. 64 (1945), pp. 255-267; C. Smalz , Did Peter Die in Jerusalem? , ivi 71 (1952), pp. 211-216; secondo quest'ultimo Pietro sarebbe morto in Gerusalemme nel 44 d.C., mentre il racconto della sua liberazione sarebbe una leggenda (At 12). Cfr Katzenmager , Die Schicksale des Petrus con seinem Aufenthalt in Korinth bis seinem Martyrtod , in Intern. Kichl. Zeitschr. 34 (1944), pp. 145-152. 379 Juan de Mariana , Scholia in Vetus et Novum Testamentum , Madrid 1616, p. 1100. Tale ipotesi fu recentemente r iproposta da J. Munk , Petrus und Paulus in der Offenbarung Johannes , Copnhagen 1950; M.E. Boismard , L'Apocalypse (in La S. Bible de Jerusalem), Paris 1950, pp. 21 s. e 53. Secondo questo autore l'ascesa al cielo indica il loro trionfo, oppure la loro resurrezione nella persona dei loro successori (!); le parole dove il loro Signore stato crocifisso (v. 8) sono una glossa posteriore (ma tutti i Mss la presentano!). 380 Cfr Ap 11, 2 e Gr 34, 13; Ga 4, 24. 381 Saliah? = apostolo servo di Jav, cfr Sahlin in Biblica 28, 1947, pp. 152-153.
90 Bench i due episodi si siano avverati in epoche diverse, Giovanni pu aver unito, per ragioni stilistiche al martirio di Giacomo, fratello di Ges, la morte del proprio fratello Giacomo (Giacomo il Minore); il primo detto figlio del tuono potrebbe richiamarci Mos, mentre il secondo con la sua preghiera potrebbe richiamarci Elia. Il loro trionfo potrebbe simboleggiare la punizione degli Ebrei con la distruzione di Gerusalemme, che anche Giuseppe Flavio ricollega come punizione a questo martirio. Ma per ora nulla di sicuro si pu dire in merito a questa scena dell'Apocalisse382 . La tradizione patristica Si avvera in essa lo strano fatto che a mano a mano che ci scosta dalla data della morte di Pietro, la tradizione va arricchendosi di particolari sempre pi precisi, facendo sorgere spontaneamente il sospetto che si tratti di un accrescimento leggendario. Ne analizzeremo i singoli dati, mettendo in maggior rilievo quei passi che parlano del martirio romano di Pietro383 . a) I secolo . Clemente Romano (ca. 96 d.C.) sa solo che la morte di Pietro come quella di Paolo fu l'effetto di grande gelosia: E' per l'invidia e gelosia che furono perseguitate le colonne eccelse e pi giuste le quali combatterono sino alla morte.
Poniamoci dinanzi agli occhi i buoni apostoli: Pietro che per effetto d'iniqua gelosia soffr non uno, ma numerosi tormenti, e che, dopo aver reso testimonianza, pervenne al soggiorno di gloria che gli era dovuto. Fu per effetto di gelosia 384 e discordia che Paolo mostr come si consegua il prezzo della pazienza .
Come si vede l'espressione assai vaga per cui non se ne pu trarre alcuna notizia sicura; risulta chiaro che Clemente non ha di lui notizie di prima mano, come del resto non ne ha neppure per Paolo, che certamente fu a Roma. Non si pu nemmeno affermare che egli attesti il martirio di Pietro, poich l'espressione: dopo aver reso la sua testimonianza (marturin) non necessariamente indicava, a quel tempo, il morire martire. Che grande gelosia si annidasse nel cuore dei primi cristiani appare385 da molteplici testimonianze386 . Il fatto che nella Chiesa di Gerusalemme non si ricordi la
382
Vi si potrebbe anche vedere il martirio del pontefice Ananos e del suo compagno Ges, di cui parla G. Flavio, Guerra Giudaica 4.5 ; cfr F. Salvoni , L'Apocalisse , Milano 1969 (dispense del Centro Studi Biblici, Via del Bollo 5). 383 Cfr A. Rimoldi , L'episcopato ed il martirio romano di Pietro nelle fonti letterarie dei primi tre secoli , in La Scuola Cattolica 95 (1967), pp. 495-521. 384 Clemente , 1 Corinzi 5, 2 -6, 1 ; cfr O. Cullmann , Les causes de la mort de Pierre et de Paul d'aprs la tmoignage de Clment Romain , in Revue de Histoire et de Philosophie Religeuses 1930, pp. 294 ss; E. Molland , Propter invidiam. Note sur 1 Clm. , in Evanos Rudbergianus 1946, pp. 161 ss; A. Friedrichsen , Die Legende von dem Martyrium des Petrus und Paulus in Rom , in Zeitschrift fr klassische Philologie 1916, pp. 270 ss; N. Schuler , Klemens von Rom und Petrus in Rom , in Triere Theol. Studien 1 (1942), pp. 94 ss; L. Sanders, L'hellnism de St. Clment de Rome et le paulinisme , 1943; O. Perler , Ignatius von Antiochien und die romische Christusgemeinde , in Divus Thomas 1944, pp. 442 ss; St. Schmutz , Petrus war dennoch in Rom , in Benedikt Monatschrift 1946, pp 122 ss; B. Altaner , Neues zum Verhltnis von 1 Klem. 5, 1.6, 2 , in Histor. Jahrbuch 1949, pp. 25 ss; M. Dibelius , Rom und die Christen in ersten Jahrhunder, Sitzungberichte des Heidelberger Akademie der Wissenschaften, Philologisch-Historische Klasse , Haidelberg 1942. 385 Cfr N. Strathmann ( Theologisches Wrterbich zum Neuen Testament ad opera di Kittel, vol. IV, 54 ) che assai cauto sul senso di morire martire ; il verbo marturin solo pi tardi assunse certamente tale significato assieme alla parola dksa ( gloria ) che design la gloria del martire. 386 Cfr per Paolo 2 Ti 4, 14-16. Secondo gli Atti di Paolo ( Prxeis Paulu, Acta Pauli nach dem Papyrus der Hamburger Bibliotheke hrg. C. Schmidt ) un marito geloso perch sua moglie stava giorno e notte ai piedi dell'apostolo, cerc di farlo condannare alle belve (Papiro 2, lin. 8). A Corinto un profeta gli preannunci la morte a Roma vittima di gelosia (Pap. 6, 1 -22); egli, infatti, avrebbe incitato le mogli a sottrarsi ai loro mariti (!?). Anche se tali racconti sono fantastici, essi riflettono pur sempre il ricordo di una gelosia di cui gli apostoli furono vittime. Le leggende non si creano di sana pianta (cfr Mt 24, 10). Tacito, Annali XV, 44 : Si convincevano (di cristianesimo) i primi arrestati che confessavano, poi, su loro indicazione, una grande folla (igitur primo correpti qui fatebantur, deinde indicio eorum multitudo ingens).
91 crocifissione di Pietro, che non vi attestata prima del Pellegrino di Piacenza387 , pu suggerirci che la morte sia dovuta a denuncia all'autorit romana da parte di giudeo-cristiani fanatici ed eterodossi. Il codice arabo, che risale a costoro e fu scoperto di recente da S. Pines a Istanbul. contro tutti e due gli apostoli. Contro Paolo, perch ha romanizzato la Chiesa, ha predicato contro la Legge e contro il divorzio; Nerone quindi, che lo ha fatto crocifiggere(!). un ottimo imperatore. E' pure contro Pietro che, fidandosi di un sogno ha permesso ai cristiani di mangiare dei cibi impuri388 . Anche il passo citato di Clemente lascia supporre che Pietro sia stato vittima di gelosia a Roma, perch egli congiunto con altre persone le quali subirono il loro martirio nella capitale dell'impero: con lui si nomina infatti Paolo, morto indubbiamente nell'Urbe; con lui si ricordano pure le turbe innumerevoli fatte uccidere da Nerone e anche le Danaidi e le Dirci, martiri cristiane che con la l o389 ro morte servirono da coreografia per raffigurare scene mitologiche del paganesimo antico . Proprio per tale motivo Pietro incluso con Paolo tra i nostri eccelsi apostoli, vale a dire tra gli apostoli particolarmente ricollegati a Roma. b) II secolo. Sembra strano che Giustino , apologeta del II secolo, pur ricordando il Mago Simone, che secondo la letteratura clementina fu il pi accanito avversario di Pietro a Roma, non nomini a ffatto l'apostolo. Anche Aniceto, vescovo romano (dal 157 al 167 d.C. a Policarpo che gli opponeva la tradizione di Giovanni circa la data della Pasqua, non rispose riallacciandosi alla tradizione di Pietro e di Paolo ma solo a quella dei presbiteri suoi predecessori390 . Tuttavia questa affermazione anzich contrastare l'andata di Pietro e Paolo a Roma questi vi fu di certo si spiega con il fatto che il vescovo, conoscendo come l'innovazione romana fosse di data recente, non poteva farla risalire agli apostoli. Contro tale silenzio appare l'affermazione implicita di Ignazio, vescovo di Antiochia, che verso il 110 d.C., durante il suo viaggio verso Roma per subirvi il martirio, pur non ricordando il martirio dell'apostolo; scrive alla chiesa ivi esistente di non voler impartire loro degli ordini come Pietro e Paolo poich essi erano liberi, mentre io sono schiavo391 . Siccome Pietro non scrisse alcuna lettera ai Romani, si deve dedurre che egli avesse loro impartito dei comandi di presenza. Non insisto su Papia (ca 130 d.C., Asia Minore), il quale afferma che Pietro scrisse da Roma la sua lettera, perch ignoriamo se abbia dedotto la sua idea dall'esegesi del nome Babilonia inteso c ome Roma (1 Pt 5, 13), oppure da una tradizione storica indipendente392 . Origene (Egitto-Palestina n. 153/154) il primo a ricordarci che Pietro fu crocifisso a Roma con il capo all'ingi.
387
Cfr S. Bagatti , S. Pietro nei monumenti di Palestina , in Collectanea 5 (1960, p. 457. (St udia Orientalia Christiana Historia). 388 S. Pines , The Jewish Christians if the Early Centuries of Christianity Accordind to a New Source , Jerusalem 1966, 4, 62. 389 1 Cor 5, 2 -6, 1. Per le Danaidi e Dirce cfr N. Fuchs , T acitus ber die Christen , in Virgiliae Christianae 1950, pp. 65 ss; cfr A. Kurfess , Tacitus ber die Christen , ivi, 1951, pp. 148 ss; Le Danaidi erano le cinque figlie di Danao, re d'Egitto che, fuggite con Argo, furono raggiunte da cinquanta egiziani e costrette a sposarli; ma per consiglio del padre la notte successiva alle nozze esse mozzarono la testa ai rispettivi mariti; solo una, Ipermnestra, risparmi il suo Linneo. In punizione furono condannate a riempire nell'inferno un'anfora senza fondo. Forse Nerone obblig le martiri a subire i pi crudeli oltraggi morali e infine fece loro tagliare la testa con una variante al mito. Dirce, sposa di L ico, tenne prigioniera e maltratt Antiope, madre dei due gemelli Anfione e Zeto, ma per vendetta venne da costoro legata alle corna di un toro. 390 In Eusebio , Hist. Eccl. 5, 24, 14-17 PG 20,508 A. I Romani, anzich osservare la pasqua al 14 Nisan, la celebravano la domenica successiva a tale plenilunio. Cfr M. Goguel , L'Eglise primitive , Neuchtel 1947, p. 213. 391 Ignazio , Ad Ephesias 3, 1; 3, 3; Ad Romanos 4, 3 PG 2 (ouch s Ptros kai Palos diatssomai Umn). 392 Papia in Eusebio (Hist. Eccl. 2,15,2; 3, 19, 15-16) e Clemente Alessandrino , Hypotyposeis in Eusebio (ivi 2,15,2 PG 20,172).
92 Si pensa che Pietro p redicasse ai Giudei della dispersione per tutto il Ponto, la Galazia, la Bitinia, la Cappadocia e l'Asia e che infine venisse a Roma dove fu affisso alla croce con il capo all'ingi, cos infatti aveva pregato di essere posto 393 in croce .
In Oriente Dionigi, vescovo di Corinto, verso il 170 d.C., in una lettera parzialmente conservata da Eusebio, attribuisce a Pietro e Paolo la fondazione della chiesa di Corinto e la loro predicazione s imultanea in Italia (= Roma) dove assieme subirono il martirio. Con la vostra ammonizione voi (Romani) avete congiunto Roma e Corinto in due fondazioni che dobbiamo a Pietro e
Paolo. Poich ambedue, venuti nella nostra Corinto hanno piantato e istruito noi allo stesso modo poi, andati in Italia (= 394 Roma) insieme vi insegnarono e resero testimonianza (con la loro morte) al medesimo tempo .
In Africa Tertulliano(morto ca. 200) ripete che Pietro fu crocifisso a Roma durante la persecuzione neroniana, dopo aver ordinato Clemente, il futuro vescovo romano 395 . Siccome egli biasim Callisto che applicava a s e a tutta la chiesa vicina a Pietro (ad omnem ecclesiam Petri propinquam), le parole del Tu sei Pietro, si pu arguire che egli vi ritenesse esistente il sepolcro di Pietro, dal quale proveniva alla comunit un certo prestigio396 . Ireneo , vescovo di Lione (Gallia meridionale morto verso il 202), ricorda che Matteo... compone il suo Vangelo mentre Pietro e Paolo predicavano e fondavano (a Roma) la chiesa397 . Verso la stessa epoca (fine del II secolo) abbiamo due altre testimonianze provenienti l'una da R oma (presbitero Gaio) e l'altra probabilmente dalla Palestina o dalla Siria (Martirio di Pietro). c) Il presbitero Gaio parlando contro il montanista Proclo che esaltava la gloria di Gerapoli citt della Frigia in Asia Minore, perch possedeva le tombe di Filippo e delle sue figlie profetesse, ricorda che Roma ha ben di pi in quanto possiede i trofei (tropaia) degli apostoli Pietro e Paolo: Io posso mostrarti i trofei degli apostoli. Se vuoi andare al Vaticano oppure alla via Ostiense, troverai i trofei di coloro che fondarono quella chiesa 398 . Che significa la parola trofei? Il sepolcro contenente le ossa di Pietro e di Paolo oppure un semplice monumento dei due apostoli nel luogo supposto del loro martirio?399 . L'accostamento di questi
393
Origene in Eusebio (Hist. Eccl. 3,1,2 PG 20, 215 A; CB 11, 1 p. 188). Sulle testimonianze patristiche riguardanti la crocifissione di Pietro cfr V. Lapocci , Fu l'apostolo Pietro crocifisso inverso capite? , in Studia et Documenta Hist. et Juris, 28 (Roma 1962, pp. 89-99). Per gli usi romani della crocifissione cfr U. Holzmeister , Crux Domini eiusque cricifixio ex archelogia romana illustratur , in Verbum Domini 14 (1934), p. 247. 394 In Eusebio , Hist. Eccl. 2, 25, 8 PG 20, 209 A. Erroneamente Dionigi attribuisce ai due apostoli la fondazione della chiesa di Corinto, che fu invece opera del solo Paolo (1 Co 3, 10; 4, 15); ci fa supporre almeno una visita di Pietro (cfr il partito di kefa in 1 Co 1, 12). Dionigi testifica almeno la venuta di Pietro in Italia (Roma), anche se non contemporaneamente a Paolo. 395 Iruentem fidem Romae primus Nero crientavit. Tunc Petrus ab altero cingitur, cum cruci adstringitur (Scorpiace 15 PL 2, 175 A), Quos Petri in Tiberi tinxit (De Bapt. 4 PL 1, 1312 CSEL 20, p. 204). Romanorum (ecclesia r efert) Clementem a petro ordinatum (De praescript. haeret. 32 PL 2, 53 A). 396 Cos in De Pudicitia 21 PL 2, 1079; cfr W. Koehler , Omnis Ecclesia Petri prepinqua , in Sitzungherichte der Heidelberger Akademie der Wissenschaften Phil. Histe, Klasse 1938 (per altre interpretazioni vedi sotto: Prime reazioni antiromane). 397 Adv. Haer. 3, 1 PG 7, pp. 844-845; egli ammette la presenza simultanea dei due apostoli; erra per nel far fondare da loro la chiesa, che al contrario era gi esistente quando Paolo vi pervenne (Rm 15, 22 ss), e che probabilmente sorse ad opera di avventizi romani (At 2, 10), convertitisi il giorno di Pentecoste. 398 In Eusebio , Hist. Eccl. 2,25,5-6 PG 20, 209 CB II/1, p. 176. Per la tomba di Filippo a Gerapoli cfr Eusebio, ivi, 31, 4 PG 20, pp. 280-281. 399 Cfr C. Mohrmann , A propos de deux mots controverss tropeum-nomen , in Vigiliae Christianae, 8 (1954), pp. 154-173.
93 due monumenti, eretti probabilmente da Aniceto400 con il sepolcro di Filippo e delle sue figlie, favorisce l'interpretazione che pure essi contenessero i cadaveri dei due apostoli; tale in ogni modo l'interpretazione che ne d Eusebio di Cesarea401 . d) Il martirio di Pietro ricchissimo di particolari, mostra l'apice leggendario raggiunto dalla tradizione circa la morte di Pietro a Roma402 . Ecco un breve riassunto di questo racconto:
Il prefetto Agrippa infier contro Pietro perch quattro sue concubine avevano deciso di abbandonarlo in seguito a un sermone di Pietro sulla castit. Egli fu incitato all'azione anche da Albino, un amico di Cesare, che come tanti altri era stato lasciato dalla moglie Xantippe, affascinata dalla purezza elogiata dall'apostolo403 . Xantippe e Marcello consigliarono Pietro a fuggire da Roma per evitare il pericolo incombente, ma alla porta della citt, forse quella che conduce verso Oriente, questi s'incontr con Cristo diretto verso la citt, il quale alla domanda dell'apostolo Quo vadis rispose Vado a farmi crocifiggere di nuovo! (c. 15). Pietro commosso torn nell'urbe, e mentre egli narrava ai fratelli la visione, comparvero gli sgherri di Agrippa che incatenarono l'apostolo. Pietro, condannato a morte sotto l'accusa di ateismo, sconsigli la turba, che si proponeva di liberarlo, ed esort di perdonare ad Agrippa (cc. 33-36). Dopo una rettorica apostrofe alla croce, Pietro chiese di essere crocifisso con il capo all'ingi; in tale posizione egli tenne un discorso, affermando tra l'altro, con espressioni gnostiche, che anche il primo uomo cadde con la testa all'ingi per cui il suo giudizio fu completamente falsato: la sinistra fu considerata la destra, il brutto bello, il male bene ecc.: o ccorre quindi convertirsi, cio salire la croce con Ges e cos ripristinare il vero valore delle cose. Alla fine elev un'ardente invocazione a Cristo che solo ha parola di vita! Tu sei il Tutto, e il Tutto in Te, e non v' nulla che sia fuori di Te (c. 39) afferm Pietro con espressioni d'innegabile colorito panteista. La moltitudine pronunci il suo Amen, mentre Pietro spirava. Marcello ne lav il cadavere con latte e vino, l'imbalsam e lo seppell on una cassa di marmo nella propria tomba. Nottetempo gli apparve Pietro che lo rimprover per lo sciupio inutile dei profumi e per la sepoltura costosa lascia che i morti seppelliscano i loro morti (37-40). Nell'ultimo capitolo forse una interpolazione come i primi tre Nerone, rimproverato Agrippa d'aver fatto morire Pietro di una morte troppo benigna, voleva vendicarsi u ccidendo i discepoli dell'apostolo; ma una voce misteriosa nottetempo gli disse: Nerone, tu non puoi perseguitare n d istruggere i servi di Cristo; tieni lontano le tue mani da quelli! L'imperatore atterrito si astenne allora dal disturbare i cristiani.
Le testimonianze precedenti, come in genere quelle tratte dalla letteratura della corrente petrina, presentano il tema della adaequatio Petri a Cristo, vale a dire della consociazione dell'apostolo al martirio di Cristo. e) III secolo. Ci si presenta l'attestazione di Clemente Alessandrino (m, 215), che pur non affermando esplicitamente il martirio di Pietro a Roma, scrive il particolare desunto dalla tradizione, che l'Evangelo di Marco fu scritto a Roma durante la predicazione di Pietro in quella citt: Quando Pietro predicava pubblicamente a Roma la parola di Dio e, assistito dallo Spirito vi promulgava il Vangelo, i
numerosi cristiani che erano presenti, esortarono Marco, che da gran tempo era discepolo dell'apostolo e sapeva a mente 404 le cose dette da lui, a porre in iscritto le sua esposizione orale .
f) IV secolo. Con il IV secolo la credenza del martirio di Pietro a Roma ormai comune, per cui superfluo addurre altri passi. Basti ricordare che, secondo il Lattanzio, Pietro e Paolo predicarono a
400
Hic (Anaclitus) memoriam beati Petri construxit, Anaclitus in Liber Pontificalis, Edizione Duchesne, Parigi 1886, pp. 55-125. 401 Lietzmann, Petrus rmische Martyrer, Berlin 1936, pp. 209 s. 402 Cfr 33-41 di Atti di Pietro ; viene attribuito falsamente a Lino papa, e ci conservato in due Mss greci. James , The Aprocriphal N.T. , Oxford 1924, pp. 330-336. 403 L'esaltazione della verginit (anche nel matrimonio) tradisce l'influsso manicheo e ci fa vedere come dallo gnosticismo e dal manicheismo sia venuta la concezione che la verginit superiore al matrimonio quale si impone ai fedeli verso la fine del IV e nel V sec d.C.. Si capisce pure come gli Atti di Pietro godessero tanto favore presso gli eretici specialmente presso i manichei (cfr Agostino, Contra Faustum Man. 30, 4; Adv Adimant. Manich. 17 e un po' prima Filastrio, Haer. 88). 404 Questo brano tratto dalle Hypotyposeis si legge in Eusebio, Hist. Eccl. 6,14,6 PL 20,552.
94 Roma e che dissero rimase fisso nello scritto405 . Egli accusa poi Nerone d'aver ucciso Paolo e crocifisso Pietro. Eusebio della sua Storia Ecclesiastica ricorda che Pietro fu a Roma al tempo dell'imperatore Claudio per combattervi Simone il Mago406 . La sua predicazione fu fissata nello scritto di Marco407 ; l'apostolo fu crocifisso con il capo all'ingi408 mentre Paolo venne decapitato409 . Clemente fu il terzo successore di Pietro e Paolo 410 . Testimonianze liturgiche Sono diverse e ricordano varie feste in onore dei martiri Pietro e Paolo, di cui indicano con precisione i vari luoghi di sepoltura e di devozione. Da un inno ambrosiano sono ricollegate a tre vie r omane: Trinis celebratur viis festum sacrorum Martyrum411 vale a dire, via Ostiense per il sepolcro di Paolo, Via Aurelia per quello di Pietro, via Appia per entrambi gli apostoli. Siccome quanto riguarda Paolo qui non ci interessa e quanto concerne la via Aurelia sar esaminato studiando gli scavi in Vaticano. ora raccolgo solo le testimonianze liturgiche riguardanti la via Appia412 . Tale festivit cos presentata Martirologio di S. Girolamo (Martyrologium Hieronymianum): Il 29 giugno a Roma il natale (= la morte) degli apostoli Pietro e Paolo: di Pietro sul Vaticano presso la Via Aurelia, di Paolo presso la via Ostiense; di entrambi nelle Catacombe; patirono al tempo di Nerone, sotto i consoli Basso e Tusco413 . Siccome Basso e Tusco furono consoli nell'anno 258 d.C.. appare evidente che il dato originario non doveva riguardare il martirio di Pietro e Paolo al tempo di Nerone (a. 64 d.C.) bens un altro episodio: probabilmente sulla linea pi giusta la notizia della Depositio Martyrum forse edita nel 354 da Furio Filocalo: il 29 giugno (memoria) di Pietro n elle catacombe e di Paolo (sulla via) O414 stiense sotto i consoli Tusco e Basso . Dopo gli studi del Lietzmann divenne comune l'ipotesi che tale festa riguardasse la traslazione dei corpi dei due martiri in quel luogo, che cos un insieme il ricordo dei due fondatori della Chiesa romana, sostituendola a quella pagana dedicata ai fondatori di Roma: Romolo e Remo415 . E' tuttavia difficile accogliere la predetta traslazione delle reliquie di Pietro e Paolo dai rispettivi posti di sepoltura perch vi restassero nascoste assieme nelle Cata405
Quae Petrus et Paulus Romae predicaverunt et ea praedicatio in memoria scripta permansit Instit. Div. IV, 21 PL 6, pp. 516-517. 406 Petrum cruci affixit et Paulum interfecit De Morte persecutorum 2 PL 2, 196-197. 44. Eusebio, Hist. Eccl. 2, 15, 2 PG 20, 170. 407 Eusebio, Hist.Eccl. 3,1,2 PG 20,216. 408 Ivi, Hist. Eccl. 3, 1, 2 PG 20, 216. 409 Ivi, Hist. Eccl. 3,1,3 PG 20, 216. 410 Ivi, Hist. Eccl. 3,4,9. 411 H.A. Daniel , Thesaurus Hymnologicus , Lipsia 1855, vol. I, p. 90. 412 Cfr lo studio assai diffuso di J. Ruysschaert , Les documents Littraires de la double tradition romaine des tombes apostoliques , in Revue Hist. Ecclsiastique 52 (1957), pp. 791-831; cfr pure E. Griffe , La Lgende du transfert du corps de St. Pierre et de Paul ad Catacumbas , in Bulletin de la Littrature Ecclsiastique 1951, pp. 205-220. 413 III Cal. Jul. Romae, Via Aurelia, natale apostolorum petri et Pauli, Petri in Vaticano, Pauli vero invia Ostiense, utrumque in Catacumbas, passi sub Nerone, Basso et Tusco consulibus Martirologium hieronymianum), Mss di Berna del sec. VIII. 414 III Cal Jul. Petri in Catacumbas et Pauli Ostiense, Tusco et Basso consulibus. 415 Papa Leone nel suo sermone 82 alludendo alla festa del 29 giugno afferma: Gli apostoli fondarono la citt di coloro che ne costruirono le mura macchiandola con un fratricidio (PL 54, 422 CD). Tale traslazione ammessa da H. Duchesne (La memoria apostolorum de la via Appia, in Atti della Pont. Accademia Romana di Archeologia 1, 1 1923, pp. 1 ss), diffusa da H. Lietzmann (The tomb of the Apostles ad Catacumbas, in Harward Theological Review 1923, p. 157; idem, Petrus und Paulus in Rom, Berlin 2 ediz. 1927) divenuta quasi tradizionale.
95 combe della Via Appia. L'estrarre cadaveri da una tomba era delitto punibile con la pena capitale e durante la persecuzione di Valeriano, essendo vietate le riunioni nei cimiteri, questi dovevano essere oggetto di speciale sorveglianza. Di pi sull'Appia, via di grande traffico, nei pressi delle catacombe, proprio accanto alla tomba di Cecilia Metella, vi era un posto di polizia imperiale; il che rendeva ancora pi difficile tale trafugamento416 . Di pi tale gesto non aveva alcun senso in quanto, secondo la legge romana non v'era pericolo di profanazione delle tombe da parte dei persecutori. Per questo altri, senza ragione alcuna, anzi contro le testimonianze pi antiche, suppongono che le salme dei due apostoli siano state sin dal principio inumate ad Catacumbas, e poi al tempo di C ostantino, portate ai luoghi attuali sulla via Ostiense e sul Vaticano417 . Il culto di Pietro e di Paolo sulla via Appia nel 258 non ha mai presupposto l'esistenza di reliquie dei martiri, ma fu un gesto di fede cristiana proprio nel momento in cui la persecuzione diveniva generale e non rendeva possibile il raccogliersi nelle due necropoli pubbliche dove si trovavano le tombe apostoliche 418 . Forse il luogo fu scelto poich una tradizione vi poneva la casa dove Pietro aveva vissuto per un po' di tempo a Roma, dato che si trattava di una zona prima abitata da ebrei. Reperti archeologici privi di valore storico Con molti dati archeologici si cercato di provare l'andata di Pietro a Roma, dei quali richiamer dapprima quelli privi di calore storico (si tratta di semplici leggende) per passare poi a reperti di maggiore valore. I pi importanti, riconosciuti delle semplici leggende anche dai cattolici moderni, sono i seguenti: a) La leggenda del carcere Mamertino. Il nome di carcere Mamertino ricorre in tarde passioni di martiri per designare il carcere romano detto Tullianum, posto alle pendici meridionali del Campidoglio e costituito da un locale superiore. a mo' di trapezio e di uno inferiore rotondo, scavati nel tufo. Secondo gli Atti tardivi dei ss. Processo e Martiniano, due custodi del carcere in cui stavano racchiusi gli apostoli Pietro e Paolo, al vedere i miracoli da loro compiuti, chiesero di venire battezzati insieme con altri carcerati. Perci Pietro con un gesto di croce, fece sgorgare le acqua dal monte Tarpeo onde poter cos amministrare il battesimo. L'itinerario di Einsiedeln (sec. VIII) menziona un santuario detto, in ricordo di tale miracolo, fons Sancti Petri ubi est carcer eius. In quel torno di tempo nacque pure la tradizione che i due apostoli, mentre venivano trasferiti dal carcere superiore in quello inferiore, urtarono con la testa contro il tufo della parete, lasciandovi impressa l'effigie, che tuttora si mostra ai turisti che visitano quel luogo. Si tratta di pure leggende poich tale carcere, riservato ai sovrano o nobili rei di lesa maest, non pot mai contenere i due apostoli; la scala non vi era perch i prigionieri venivano calati mediante una botola nella parte inferiore, dove era buoi pesto (e da dove non venivano pi libera416
Cos G. La Piana , The Tombs of Peter and Paul ad Catacumbas , in Harward Theological Review 1921, pp. 81 ss.; H. Delehaye , Hagiographie et archologie romaines II, Le sanctuaire des aptres sur le vie Appienne , in Anacleta Bollandiana 45 (1927), pp. 297-310; E. Schaepfer , Das Petrusgrab , in Evang. Theologie 1951, p. 477; H. Lequerc , St. Pierre , in Dictionnaire d'Archologie chrtienne et de Liturgie, Paris 1939, vol. 14, pp. 822-981; P. Styger , Il monumento apostolico della via Appia (Dissertazioni Pont. Acc. di Archeologia, Ser II, 13, 1938), pp. 5889; idem , Die rmischen Katakomben , Berlin 1933. 417 Cos P. Styger , Die rmischen Katakomben , 1933, p. 350; idem , RmischeMartyrergrfte , Berlin 1935, I, pp. 15 ss; F. Tolotti , Memorie degli Apostoli ad Catacumbas , Citt del Vaticano 1953; G. Belvederi , Le tombe apostoliche nell'et paleocristiana , Citt del Vaticano 1948; pp. 66-114, 130-173; A. M. Schneider , Die Memoria Apostolorum der Via Appia , in Nachrichten der Akad. der Wissenschaft (Philosoph Histor. Klasse, Gttingen 1951). Sugli scavi effettuati si vedano pi avanti: Gli scavi di S. Sebastiano. 418 J. Ruysschaert , Les deux ftes de Pierre dams la Depositio Martyrum de 354 , in Rendiconti della Pont. Accademia Romana di Archeologia 38 (1965-1966 ediz. 1967), pp. 173-174; Idem , Le testimonianze sulla tomba, in Pietro a Roma, Edindustria, Roma 1967, pp. 88-91.
96 ti); la sorgente (tullia) sempre esistita diede al carcere il nome di Tulliano, a meno che questo sia invece da ricollegarsi a Servio Tullio che vi aggiunse appunto tale parte inferiore419 . b) L'oratorio del Quo Vadis . E' una cappella eretta al 1 miglio della via Appia, per commemorare l'episodio di Pietro che, fuggendo da Roma durante la persecuzione, si vide venir incontro Ges diretto invece verso l'Urbe. A lla domanda: Signore, dove vai? ( Domine, quo vadis?), il Maestro avrebbe risposto: A Roma per essere crocifisso di nuovo420 . Secondo la tradizione pure ricordata dal Petrarca Ges avrebbe lasciato le impronte dei suoi piedi su di una selce, che rimase nell'oratorio Quo Vadis, erettovi a r icordo, fino al 1620 quando fu trasferita in S. Sebastiano e quivi venerata come reliquia su di un altare. In realt la pietra con tale impronta non altro che il monumento votivo posto in un non ben determinato santuario pagano da parte di un pellegrino a significare la strada da lui percorsa e il suo desiderio di eternare la propria presenza nel santuario stesso421 . Nonostante il recente tentativo da parte di P. Bonaventura Mariani422 d'attribuire valore storico alla leggenda del Quo Vadis, si pu dire che essa nacque dalla combinazione di due frasi, e precisamente dalla domanda di Pietro a Ges: Dove vai, Signore? (Gv 13, 36-38) con un antico detto attribuito, esistente, secondo Origene, n egli Atti di Pietro Sar crocifisso di nuovo. E' pure possibile che la parola denuo, desuper (greco nthen , cfr Gv 3, 3) che oltre di nuovo indica dal di su, dall'alto abbia suggerito l'episodio della crocifissione di Pietro con il capo all'ingi. c) Cattedra di S. Pietro . Si trova occultata in S. Pietro entro a l gloria del Bernini, dove vi venne trasferita nel 1666, mentre l'aria rimbombava di trombe, mortaretti con grandissimo concorso di popolo (22 gennaio 1966). L'ultimo suo esame fu quello accurato, ma privo di mezzi tecnici moderni, compiuto nel 1867 dal De Rossi; ora il papa ha concesso l'autorizzazione per un suo studio scientifico. Cos come si presentava ai suoi occhi niun archeologo classico potr attribuire ai tempi di Claudio la cattedra di Pietro , il cui telaio di quercia giallastra in parte scheggiata per trarne reliquie, ed munito in alto di quattro anelli per il suo trasporto quasi fosse una sedia gestatoria. La parte anteriore, formata da un riquadro composta da diciotto formelle in avorio raffiguranti le fatiche di Ercole dovrebbe risalire, secondo il Marrucchi al V -VI secolo dopo Cristo (al IX secolo secondo il Cecchelli). Il dorsale munito di rabeschi e culminante in un triangolo, restaurato forse nel XVII secolo, presenta il busto di imperatore dai mustacchi rilevanti ma privo di barba che, secondo il Garrucci, raffigurerebbe Carlo il Calvo e non Carlo magno, come comunemente si pensa, al quale converrebbe meglio la barba423 . Un riferimento esplicito alla cattedra lignea gestatoria dell'apostolo, si ha nella epigrafe di papa Damaso (366-384) nel battistero vaticano 424 . Si tratta probabilmente della sedia usata nei riti liturgici dai pontefici romani e che poi, quando fu istituita la festa della Cattedra, verso il terzo secolo, fu riferita allo stesso apostolo. La festa della Cattedra, secondo Paolo Vi,
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F. Cancellieri , Notizie del carcere Tulliano ; A Ferrua, Sulle orme di Pietro , in Civ. Catt. 1943, 3, p. 43; P. Franchi de' Cavalieri , Della Custodia Mamertini , in Note Agiografiche, fasc. 9, 1953, pp. 5-52. 420 Di ci gi parlano Origene , citando gli Atti di Paolo ( In Johannem 20, 12 PG 14, 600), e Ambrogio ( Contra Auxentium 13 PL 16, 1053). 421 Enc.Catt., vol 9, col 1424. 422 B. Mariani, Il Quo vadis e S. Pietro , in L'Osservatore Romano 4 luglio 1963, p. 7. 423 D. Balboni, La Cattedra di S. Pietro , in L'Osservatore Romano, 22 febbraio 1961 (vicende storiche e liturgiche) e 23 febbraio 1964 (descrizione artistica); Battaglia , La Cattedra berniniana in S. Pietro , Roma 1943. Non vi sono descrizioni recenti; la pi completa nella miscellanea del codice chigiano D.VII, 110, Biblioteca Vaticana, studiato da D. Balboni , Appunti sulla Cattedra di S. Pietro , in Miscellanea G. Belvederi, Roma 1955, pp. 415-435. Si veda pure Garrucci , Storia dell'arte cristiana , vol. VI, Prato 1880, pp. 11-13; Marucchi , Pietro e Paolo a Roma , 4 ediz. Torino 1934. Lo studio pi completo quello ora edito dallo specialista D. Balboni , dottore della Vaticana, con il titolo La Cattedra di S. Pietro, Roma, Poliglotta Vaticana, 1967. 424 Una Petri sedes unum verumque lavacrum vincula nulla tenet quem liquor iste lavat (V' un'unica cattedra di Pietro ed un unico vero lavacro, non pi alcun vincolo tiene chi da quest'onda lavato).
97 colo, fu riferita allo stesso apostolo. La festa della Cattedra, s econdo Paolo Vi, un'antichissima festa che risale al terzo secolo e si distingue per la festa per la memoria anniversaria del martirio dell'apostolo (29 giugno). Gi nel quarto secolo la festa odierna indicata come Natale Petri de Cathedra. Fino a pochi anni fa il nostro calendario registrava due feste della Cattedra di S. Pietro, una il 18 gennaio, riferita alla sede di Roma e l'altra il 22 febbraio, riferita alla sede di Antiochia, ma si visto che questa germinazione non aveva fondamento n storico n liturgico425 . E' interessante notare che le date delle due feste corrispondono a quelle dell'antica festa della caristia che, i Romani, celebravano il 18 gennaio e i Celti al 22 febbraio, e quindi sarebbero da riallacciarsi ai r efrigeri che si celebravano in onore di Pietro e di Paolo 426 . E' noto che nella celebrazione di questi banchetti sacri in onore dei morti generalmente tenuti presso le tombe si riservava una sedia vuota per il defunto che si supponeva presente di persona. Questi refrigeri si tennero per pi anni nella Memoria degli apostoli nelle catacombe di S. Sebastiano, come vedremo 427 . La espressione Cattedra di Pietro donava al vescovo di Roma un primato d'onore (non di giurisdizione) tra i v escovi, cos come Pietro lo godeva tra i Dodici. Dapprima si parl solo di cattedra della chiesa romana come si legge nel Canone Muratoriano: Il pastore di Erma fu scritto mentre sedeva sulla cattedra della chiesa romana suo fratello Pio . Poi tale cattedra fu ricollegata a Pietro e Paolo (Ireneo), e infine, dall'inizio del sec. III, divenne la cattedra di Pietro, come appare in Tertulliano e specialmente in Cipriano428 . Come dice Agostino alla fine del IV secolo Atanasio, il papa del suo tempo, siede oggi sulla stessa cattedra su cui Pietro sedette (cfr Ep 52, 3). La festa liturgica della Cattedra di S. Pietro testifica la credenza che Pietro sia andato a Roma e abbia illustrato tale chiesa con il suo insegnamento. d) S. Pietro in Vincoli. La basilica non molto lontano dalle terme di Tito e Traiano, era gi esistente al tempo di Sisto III (432-440), che la ricostru in onore degli apostoli Pietro e Paolo. Sin dal V secolo vi si conservavano le catene di ferro ben pi preziose dell'oro con cui Pietro venne incatenato, e che ancora oggi si possono vedere, e di cui sono gi in vendita dei fac-simili assai ridotti per catenelle, orologi, pendagli, ecc. E' inutile dire che si tratta di pura leggenda, sorta probabilmente dal fatto, come ben o s429 serva il Grisar, che li vicino vi era la prefettura urbana dove si amministrava la giustizia .
e) Pretesa abitazione di Pietro in casa del Senatore Pudente . Secondo la leggenda di S. Pudenziana, il padre Pudente della nota famiglia senatoriale romana del I-II secolo d.C., sarebbe stato convertito al cristianesimo dall'apostolo Pietro, insieme alla moglie Claudia e ai suoi quattro figli, tra cui Pudenziana e Prassede. Nella sua casa sul Viminale sarebbe sorto il primo oratorio cristiano, che verso il 150 d.C. fu trasformato in chiesa da Pio I (ora vi sorge la basilica di S. Pudenziana); essa sarebbe quindi la pi antica delle Basiliche romane, dimora forse dei vescovi romani del II secolo, per le molte tradizioni che le si ricollegano riguardanti il vescovo
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Paolo VI, Udienza generale concessa il 22 febbraio 1967. Cfr Osservatore Romano, 22 febbraio 1967, p. 2. In questi ultimi anni le due feste furono unificate con la eliminazione di quella antiochena e della data del 18 gennaio. 427 Su questi sacrifici e reliquie cfr M. Goguel , L'Eglise primitive , p. 255. 428 Rouet de Journel , Enchiridion patristicum , n, 575 (Cipriano, Epistula ad Antonianum, 8 a. 251/252). 429 Ecco la iscrizione che secondo il De Rossi vi si trovava inclusas olim servant haec tecta catenas vincla sacrata Petri Ferrum pretiosius aure (G.B. De Rossi , Inscr. Christ. 1, p. 110, n. 66; p. 134 nn. 1 e 2). Su questa leggenda cfr H. Grisar, Dell'insigne tradizione romana intorno alle catene di S. Pietro nella Basilica Eudossiana , in Civilt Cattolica 1893, III, pp. 205-221; J.P. Hirsch , Die rmischen Titelkirchen in Altertum , Paderborn 1918, pp. 45-52.
98 di Roma Pio I, suo fratello Erma, il filosofo Giustino e Ippolito. Gli scavi discesi sino a 9 metri sotto il pavimento della basilica nel 1928-32, hanno messo in luce un edificio termale della prima met del II secolo, costruito su di una casa romana alla quale appartengono pavimenti e mosaico. Che questa casa fosse di propriet del senatore Pudente risulta documentato da alcuni bolli di mattone rinvenuti nel 1894, tra i quali uno del I secolo ed altri di Servilio Pudente della prima met del s econdo. Gli scavi pi recenti del 1962 hanno svelato altri mattoni e i pavimenti ben visibili a lithstraton del tipo ricordato da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, formato cio di piccole tessere di mosaico bianco con incastonate delle crustae simili ai pavimenti di Aquileia, Pompei e Preneste. Un affresco d el IX secolo, rinvenuto in una delle gallerie sotterranee, rappresenta l'apostolo Pietro tra le sorelle Pudenziana e Prassede. Se gli scavi mostrano l'antichit della casa e la sua appartenenza a Pudente (forse il Pudente ricordato da 2 Ti 4, 21), nulla ci possono per dire della presenza di Pietro, che poggia solo sulla leggenda si S. Pudenziana430 . Scavi di valore a) Catacombe di S. Sebastiano Il luogo della Memoria Apostolorum stato rinvenuto nel 1915 presso la via Appia sotto la basilica di S. Sebastiano ad Catacumbas, che, prima della inumazione del martire in quel luogo, si chiamava Basilica degli Apostoli. Vi esisteva un luogo di raduno e di culto (triclia) dedicato alla venerazione di Pietro e di Paolo, come lo testificano i centoventun graffiti scritti in latino popolare come Paule et Petre petite pro Victore e i trentasette scritti in greco. Alcuni di essi attestano che vi si attuavano i refrigeria ossia i pasti funerari, quali si solevano attuare sulle tombe dei defunti431 . Vi alluderebbe anche il Liber Pontificalis che attribuisce al vescovo Damaso la fondazione di una chiesa sul luogo dove sotto il platomia (da correggere in platoma o lastra di marmo) avevano riposato i corpi dei santi apostoli Pietro e Paolo. Dal momento che difficile sostenere la traslazione delle salme in quel luogo (si trattasse pure del solo capo, come alcuni pretendono) e dal fatto che la sala non presenta alcun indizio di tomba, si potrebbe pensare che all'origine di tale culto stesse la convinzione che Pietro e Paolo vi avevano abitato da vivi in quanto tale casa giaceva proprio in un quartiere ebraico. Ci sarebbe confermato da una iscrizione di papa Damaso;
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Cfr H. Delehaye , Contributions rcentes l'agiographie de Roma et de l'Afrique , in Anacleta Bollandiana 1936, p. 273; A. Petrignani , La Basilica di S. Pudente , Roma 1934: sugli scavi pi recenti cfr E. Josi , Il Titulus Pudens rinnovato , in Oss. Romano 18/19 giugno 1962, p. 6. Per vedere l'ignoranza diffusa fra gli stessi scrittori ricordo il trafiletto del Corriere della Sera dell'8-6-1962 che dava notizia degli scavi con queste parole: Sarebbe stata trovata a Roma la casa del senatore Pudente, dove, secondo gli Atti degli Apostoli (?) dimor san Pietro e dove usarono radunarsi per un certo tempo i primi cristiani . Per il t empio connesso con la leggenda di Simon Mago si legga il c apitolo seguente (corrente petrina). 431 E. Diehl, Inscriptiones latinae christianae veteres , I, Berlino 1924. Sui refrigeri, combattuti da Agostino perch procuravano ubriachezza e disordini (Epost. 29 ad Aurelium), cfr A.M Schneider, Refrigeria nach literarischen Quellen un Inschriften , 1928; P. Styger , Die rmischen Katacomben , 1933, pp. 350 ss. Sugli scavi qui effettuati cfr A. Prandi , La Memoria Apostolorum in Catacumbas , in Roma sotterranea cristiana, Roma II, 1926; G. Mancini - P. Marrucchi, Scavi sotto la Basilica di S. Sebastiano sulla Appia antica , in Notizie sugli scavi 1923; H. Lequecq, Pierre , in Dict. Archol. Chrtienne et Liturgie 14, 1 coll. 822.981; F. Tolotti , Ricerche intorno alla Memoria Apostolorum , in Rivista di Archeologia Cristiana 1946, pp. 7 ss; 1947-48, pp. 13 ss; Idem Memorie degli Apostoli in Catacumbas, Roma 1953, pp. 111 ss. Un graffito del 260 fu scoperto da R. Marichal (Les dates des graffiti da St. Sebastiano , in Contr. Reg. Accad. Inscriz. et Belles Lettres 1953, pp. 60 ss). Ecco alcuni di questi graffiti: Petro et Paulo Tomius Coelius refrigerium feci ; Petro et Paulo refriger(avit Ur)sinus; at (= ad) Paulu(m) et Pet(rum) r efri(geravi) ; Petre et Paul(e) in m(ente) habete in ora(tion)ibus vestris An(t)imachum et Gregorium iuniore(m) e(t) Ampliata. Un graffito in latino ma con caratteri greci suola: Paule Petre. Kalkedoni anima bobis (= vobis) Komand(d)o (= commendo) , vale a dire: Paolo e Pietro vi raccomandiamo l'anima di Calcedonio . Cfr A. Ferrua , Rileggendo i graffiti di S. Sebastiano , in Civilt Cattolica 1965, pp. 2765.2768; S. Carletti , Il cinquantenario della scoperta della Memoria Apostolorum in Catacumbas , in Oss. Rom, 19-12-1965.
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Hic habitasse prios sanctos conoscere debes Nomina quisque Petri pariter Paulique requires 432
Pare che la venerazione in tale luogo ricevesse un grande impulso da parte della setta scismatica dell'antipapa Novaziano; pi tardi esso sarebbe stato accolto dalla Chiesa romana come la memoria degli apostoli433 . Anche se quest'ultima ipotesi non reggesse, rimane pur sempre chiaro che la M emoria Apostolorum non rivela l'esistenza di reliquie o del sepolcro di Pietro e Paolo. Altri (ad esempio la Guarducci) pensano che tale luogo contenente forse qualche reliquia di cose appartenenti agli apostoli fosse stato usato per celebrare la loro memoria, quando un decreto i mperiale imped la riunione dei cristiani nei cimiteri, dove prima questi erano soliti adunarsi. b) Gli scavi al Vaticano Una tradizione assai antica, confermata da indicazioni liturgiche, afferma che il martirio di Pietro e la sua sepoltura avvenne sul colle Vaticano; basti ricordare il gi citato presbitero Gaio, la cui opinione fu condivisa da Girolamo434 , dagli Atti di Pietro e Paolo che fanno seppellire Pietro sotto un terebinto presso la Naumachia (= circo) sul Vaticano435 e dal Liber Pontificalis che ne pone la s e436 437 poltura presso il palazzo di Nerone , dove Anacleto avrebbe eretto una memoria beati Petri . Lo stesso Liber Pontificalis, in una notizia tratta dagli Acta Silvestri , dice che Costantino, battezzato da Silvestro e guarito dalla lebbra, volle erigere sul Vaticano una basilica in onore di S. Pietro, nel luogo dove sorgeva un tempio ad Apollo, e vi trasfer il corpo di Pietro in una tomba circondata da lastre di bronzo e sormontata da una croce aurea438 . Per saggiare quanto di vero ci fosse in tale tradizione Pio XII nel 1919 diede il via a scavi da attuarsi sotto l'altare della Confessione in mezzo a difficolt tecniche enormi per non mettere in pericolo la stabilit del cupolone vaticano. Il 23 novembre 1950 il papa annunzi che era stata ritrovata la tomba del principe degli apostoli. La relazione ufficiale degli scavi (edita nel 1951) fu tuttavia meno esplicita al riguardo.
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La iscrizione si ricorda nel Liber Pontificalis (Ediz. Duchesne), pp. 84 s trascritta in p. CIX). Circa il quartiere ebraico ivi esistente cfr Giovenale (Satire, III, 12 ss ) che attribuisce ai Giudei il bosco di Egeria. Cfr G. La Piana, Foreign groups in Rome during the first centuries of the Empire , in Harvard Theol. Rev. 1927, pp. 341ss.; J.B. Frey, Les communauts juives Rome aur premiers temps de l'Eglise , in Rech. de Science Religeuse 1930, pp. 275 ss (il nomina indicherebbe corpi, le reliquie; cfr Carcopino , De Pythagore aux Aptres , pp. 246-247 che adduce a conferma una iscrizione a Trixter in Mauritania). 433 L.K. Mohlberg , Historisch. Kritische Bemerkungen zur Ursprung der sogennanten Memoria Apostolorum an den Appischen Strasse , Colligere Fragmenta, Festschrift A. Dodd 1952, pp. 52 ss. 434 Sepultus est Romae in Vaticano juxta viam triumphalem (passava questa a nord-est del Vaticano), Girolamo , De v iris illustribus 1, PL 23, 639. 435 thekan aut up ton terbinton pleson to naumachou es tpon kalomenon Batikann , in acta Petri et Pauli 84, ed. Lipsius, p. 216; cfr p. 172. Lo stesso si legge nel Martyrium Petri della Pseudo-Lino: ad locum qui vocatur Naumachiae, iuxta obeliscum Neronis, in montem (cfr Lipsius, Acta Apostolorum Apocrypha, Lipsia 1891, vol. I, pp. 11 s). 436 .Sepultus est via Aurelia, in templum Apollinis (da correggere probabilmente in Cibele), juxta locum ubi cricifixus est, juxta palatium Neronianum in Vaticanum, juxta territorium Triumphalem, via Aurelia, III kal juli (Liber Pontificalis ed Duchesne, p. 120). Il palazzo di Nerone va identificato con i giardini neroniani e con il Circo (Naumachia degli Acta Petri et Pauli). 437 Liber Pontificalis , Duchesne, pp. 55.155. Quivi secondo la stessa fonte sarebbero stati seppelliti i primi vescovi di Roma, eccetto Clemente ed Alessandro. In realt impossibile che Anacleto gi nel I secolo abbia eretto tale monumento e per di pi gli scavi non hanno mostrato tracce di tale fatto. Su tale errore cfr H. Heussi , Papst Anacletus und die Memoria auf dem Vatikan , in Deutsches Pfarrerblatt, 1919, pp. 301 ss. 438 Duchesne, pp. 78 s., 176. Gli scavi hanno dimostrato la falsit di questa affermazione, non vi traccia di bronzo n di oro.
100 Gli scavi hanno documentato che l'imperatore Costantino doveva avere u na seria regione per erigere quivi la sua basilica; infatti per poterla costruire fu costretto ad affrontare molteplici difficolt, che non vi sarebbero state qualora il tempio fosse stato eretto altrove. Il luogo non era adatto, sicch per avere la spianata sufficiente l'imperatore dovette attuare degli enormi lavori di sterro verso nord e costruire poderosi muraglioni di sostegno verso sud. Costantino fu poi obbligato a ricoprire un largo cimitero pagano assai denso, con un atto certamente impopolare, e che egli pot attuare solo in quanto Pontifex maximus . Sappiamo pure che questo cimitero era presso il circo di Nerone, perch C. Popilius Heracla (Popilio Eracla) afferma in una iscrizione che desiderava essere seppellito in Vaticano ad circum439 nel luogo dove la tradizione, sopra riportata, poneva la sepoltura di Pietro. Quale motivo poteva spingere Costantino a costruirvi nel 335 la Basilica, se non il fatto che quivi v'era la tomba di Pietro (la zona era appunto un cimitero) o almeno il luogo del suo martirio? Gli scavi effettuati dal 1940 al 1950 e dal 1953 al 1958 misero in luce la necropoli romana quivi esistente. Eccome le successive stratificazioni: 1) Piano della Basilica attuale con l'odierno altare papale risalente a Clemente VIII (1592-1605). 2) Sotto v' l'altare eretto da Callisto II (1119-1124). 3) Ancora pi sotto giace l'altare fatto erigere da Gregorio Magno (590-604). 4) Sotto affiora il monumento costantiniano ornato di marmi rari e di porfido. 5) Gli scavi hanno rivelato che il monumento eretto da Costantino racchiudeva una piccola edicola posta al livello della necropoli in una piazzuola del sepolcreto risultante da due nicchie sovrapposte, divise da una specie di mensa di travertino sostenuta da due colonnine marmoree. L'edicola, che doveva corrispondere al trofeo (tropaion) di cui parla verso il 200 il presbitero Gaio, dovrebbe risalire alla met del II secolo, se essa fu costruita assieme al piccolo canale di drenaggio, poich nel fognolo per convogliare l'acqua si trovano almeno quattro mattoni con il marchio Aurelii Caesaris et Faustinae Augustae (Aurelio fu imperatore dal 121 al 180). La scoperta suscit non pochi problemi e perplessit: la fossa identificata dai primi scavatori come tomba dell'apostolo era stata trovata, stranamente, quasi distrutta e vuota.. perch i graffiti non parlano di Pietro contro la testimonianza della Basilica Apostolorum che tutta ripiena di invocazioni rivolte agli apostoli?440 . Dove giacevano le reliquie dell'apostolo? Si pens in un primo tempo che l i gruppo di ossa trovate in una piccola cavit, sotto la base del muro rosso (cos detto dal colore dell'intonaco) cui addossata l'edicola, rappresentassero i resti del martire, che fossero stati prelevati dalla tomba e nascosti in quell'anfratto. Tuttavia il carattere eterogeneo delle ossa (vene sono anche di animali) impedivano di riferirle a un uomo solo. Margherita Guarducci, docente di epigrafia a a n439
Si cfr le notizie di Tacito , Annali 14, 4 ; Historia Augusti, Heliogabulus 23 ; Plinio , Hist. Nat. 36, 11, 74 . Il circo fu iniziato secondo quest'ultimo scrittore, da Caligola che vi fece arrivare un grandioso obelisco dall'Egitto con una nave di rara bellezza. Sino al 1586 tale obelisco si trovava nella piazzetta dei Protomartiri (a sinistra della zona delle campane per chi guarda la basilica), quando fu dal Fontana spostato con grave pericolo (acqua alle funi) al centro dell'attuale piazza vaticana. Gli scavi iniziatesi nel luogo primitivo l'a. 1957 da Pio XII e ripresi nel 1959 da Giovanni XXIII, misero alla luce a 14 m. di profondit la spina del circo, ossia il muraglione eretto al centro del circo, ornato da are, edicole e tripodi, attorno al quale correvano i cavalli e di cui l'obelisco era il centro. Vicino al luogo del tropaion di Gaio vi era dunque il circo, dove Pietro probabilmente sub il martirio. Cfr M. Guarducci , Documenti del secolo I nella necropoli Vaticana , Rendiconti della Pontificia Accademia di Archeologia, Roma 1957. 440 I graffiti rinvenuti in Vaticano sono di questo tipo: Victor cum sui(s) Gaudentia vibatis in Christo; Paulina vias; Nicasi vivas in Christo, ecc. . Per questi graffiti cfr M. Guarducci , I graffiti sotto la confessione di S. Pietro in Vaticano, 3 volumi, Roma, Editrice Vaticana, 1958; idem , Notizie antiche e nuove scoperte , Roma 1959.
101 tichit greche all'Universit di Roma, ha tuttavia rinvenuto nell'attiguo mausoleo dei Valeri, parzialmente danneggiata dal muro eretto da Costantino, una iscrizione assai enigmatica che ha di chiaro solo PETRU accanto a una testa calva. L'invocazione cos suonerebbe: Petrus, Roga T Xs HT pro sanctis hominibus chrestianis ad corpus tuum sepultis441 . L'iscrizione anteriore alla costruzione di Costantino che la danneggi parzialmente con il muro della Basilica, posteriore al 180 perch stata scolpita sul mausoleo pagano dei Valeri quando l'imperatore Marco Aurelio doveva e s442 sere gi morto, perch vi appare divinizzato (m. 180 d.C.) . Di recente la stessa Guarducci esaminando il muro rosso nel lato dove una lastra marmorea ricopre la cavit posta a fianco dell'edicola, con commozione profonda vi lesse la seguente iscrizione greca PETROS ENI , vale a dire Pietro () qui 443 quasi a suggellare la traslazione delle sue ossa dal terreno sottostante al nuovo ripostiglio (cm 77 x 29 x 31). Tuttavia anche questa cavit risultava stranamente vuota e qui l'avventura assume un aspetto romanzesco. In un angolo nascosto delle grotte vaticane la Guarducci trov nel 1953 una cassetta contenente delle ossa, che da testimonianze di due sampietrini e da un biglietto che vi si trovava sarebbe provenuta e poi stranamente dimenticata da un ripostiglio scavato nel muretto che poggia contro il famoso muro rosso dove s'apriva l'edicola costruita sulla presunta fossa di Pietro. Dall'analisi di tali resti ad opera di specialisti444 risult che appartenevano ad un individuo di sesso maschile, piuttosto robusto, sessanta-settantenne, e quindi dalle caratteristiche somatiche simili a quelle di Pietro. Frammenti di marmo, pezzettini di intonaco, delle monetine e alcuni fili di porpora mostravano la stima goduta da quelle reliquie dal tempo di Costantino, ai cui anni risalirebbe la porpora. Gli studiosi si divisero tosto in due partiti di cui alcuni favorevoli ed altri ferocemente contrari445 ; a questi ultimi ribatt di recente la Guarducci in un agile volumetto nel quale, tra l'altro, getta l'accusa che gli scavi furono eseguiti con metodo non sempre impeccabile e spesso con spirito di osservazione palesemente scarso446 . Si pu quindi concludere che quel mausoleo, meta di visitatori i quali vi gettarono anche delle m onete, fosse un monumento eretto sul luogo del martirio di Pietro e forse anche la sua tomba; le ossa quivi rinvenute possono appartenere al Martire, anche se gravi dubbi ci consigliano molta prudenza447 . Per raggiungere tale certezza occorrerebbe provare, come giustamente osserva il cattolico Hubert Jedin, che il corpo di Pietro non fu bruciato dopo l'esecuzione, che il suo cadavere non sia stato mutilato, che esso non sia stato deposto in una fossa comune, e che i cristiani abbiano avuto la
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Pietro, Prega (T) Cristo (X o Ht) per i santi uomini cristiani, sepolti presso il tuo corpo. Il T sarebbe un puro simbolo della croce; la lettura dell'iscrizione assai discutibile. 442 Cfr M. Guarducci , Cristo e s. Pietro in un documento precostantiniano della Necropoli Vaticana , Roma 1953, pp. 14-22 e tav. 44. 443 Ma il Carcopino vi legge Petr(os) End(ei) vale a dire Pietro manca , non qui, a ricordo della traslazione dei suoi resti nel 268 (De Pythagore aux Aptres , p. 284). 444 I docenti furono Venerando Correnti (antropologo Universit di Palermo), Luigi Gardini (paleontologo, Universit di Roma), Carlo Lauro (petrografo, Universit di Roma), dott. G. Carlo Negretti (aiuto del precedente), M. Luisa Stein (chimico, Universit di Perugia), Paolo Malatesta (chimico, Universit di Roma); cfr M. Guarducci , Le reliquie di Pietro sotto la confessione della Basilica Vaticana , Poliglotta Vaticana, 1965. 445 Tra i favorevoli: Becatti, Carrettoni, De Angelis d'Ossat, Magi, Paladini. Per il Carcopino ci possibile (ma contro la Guarducci perch ammette varie traslazioni delle reliquie); per gli scavatori (Ferrua, Kirschbaum, Josi) del tutto impossibile, e la Guarducci sarebbe una visionaria. Per Toynbee e Ruyschaert l'identificazione impossibile. 446 M. Guarducci , Le relique di s Pietro sotto la Confessione della Basilica Vaticana: una messa a punto , Roma, Coletti 1967. 447 Tra le monete ivi trovate vi un dipondio bronzeo dell'imperatore Augusto e (il pi recente) un quattrino di r ame di Paolo V (1605-1621); non detto che le monete vi siano state gettate al tempo in cui furono coniate, poich e sse restarono in uso a lungo.
102 possibilit di prelevarne il cadavere448 . Di pi non vi traccia di alcun interesse o culto delle reliquie prima del martirio di Policarpo a Smirne449 . Gli Atti apocrifi di Pietro (c. 40) biasimano Marcello per aver seppellito Pietro nel suo stesso sepolcro, dicendo lascia che i morti seppelliscano i loro morti . Il che dimostra che verso la fine del II secolo i cristiani respingevano totalmente il culto delle tombe. Gli stessi vescovi romani non ebbero delle tombe proprie che a partire dal III secolo nelle catacombe di S. Callisto450 . Ad ogni modo dopo i recenti reperti di M. Guarducci, si pu pensare che il trofeo di cui parla il presbitero Gaio fosse considerato la tomba dell'apostolo Pietro. Probabilmente ci pervenne dall'associazione del luogo del supplizio con la vicinanza del cimitero. Durata della permanenza di Pietro a Roma e data della sua morte Una tradizione risalente al III secolo ricorda la permanenza di Pietro a Roma per 25 anni (dal 42 al 67 d.C.), come appare dalla Cronaca di Eusebio che nell'anno 2 dell'imperatore Claudio (a. 42) cos dice: L'apostolo Pietro, dopo la fondazione della Chiesa di Antiochia fu mandato a Roma dove predic il Vangelo e visse 451 per venticinque anni . Simile l'affermazione del Cronografo dell'a. 354452 accolta pure da Girolamo: Siccome Pietro deve essere stato vescovo della Chiesa di Antiochia e dopo aver predicato ai Giudei che si convertirono nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell'Asia e nella Bitinia, il secondo anno dell'imperatore Claudio (a. 42) and a Roma per confutarvi Simone il Mago, e vi tenne la cattedra per 25 anni, ossia fino al 14 anno di Nerone453 . La sua morte fu seguita pochi mesi dopo da quella dell'imperatore, quale castigo divino, secondo una profezia ricollegata 454 alla morte degli apostoli Nerone perir da qui a non molti giorni .
Oggi nessun studioso cattolico annette che Pietro sia rimasto a Roma per 25 anni, poich ci contrasterebbe sia con la cacciata dei cristiani da Roma al tempo di Claudio 455 , sia con la presenza di Pietro a Gerusalemme durante il convegno apostolico (ca. 50 d.C.). Si noti pure che, secondo G irolamo, Pietro venne a Roma per smascherarvi il mago Simone , il che suggerisce un legame tra questa tradizione e le leggende di Simon Mago, per cui l'attendibilit di tale notizia ne risulta assai
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H. Jedin, Von der Urgemenide zur frch-christilichen Grosskirche, Freiburg-Basel-Wien, Herder 1962, p. 140. Si avver il 23 febbraio 177; cfr H. Gregoire, La veritable date du martyre de S. Policape, 23 fev 177, in Anacleta Bollandiana, Bruxelles 1951. 450 Dal tempo cio di Ponziano (+235). Forse la festa degli apostoli del 258 potrebbe riguardare il fatto che, mancando allora ogni reliquia degli apostoli, queste sarebbero state cercate e trovate (con quanta verit non discutiamo qui!). Si tratterebbe quindi della inventio dei loro resti, come ne avvennero parecchie nel IV e V secolo per le reliquie dei martiri. Cfr H. Achelis , Die Martirologien ihre Geschichte und ihr Wert, Berlin 1900, pp. 74 ss; E. Schaefer , Die Epigramme des papstes Damasus I als Quellen fr die Geschichte der Heiligenverehrung , 1932, pp. 101, ss. 451 Corpus Berolinensis VII/I, p. 179. 452 Monumenta Germaniae Historica-Auctores Antiquissimi-Chronica vol. I, Belin 1892, p. 73. 453 De Viris Illustribus , 1, PL 23, 607, Romam pergit ibique vigintiquinque annos cathedram sacerdotalem tenuit usque ad ultimum annum Neronis, i. e. quartumdecimum. Cfr S. Garofalo , La prima venuta di S, Pietro a Roma nel 42 , Roma 1942. Vi sono tuttavia altri scritti che parlano di 20 (o altre cifre) di permanenza (cos la versione Armena del Chronicon o Cronaca di Eusebio). 454 Atti di Pietro, ed Lipsius, pp. 172 ss; Nerone mor il 9 giugno 68. 455 Probabilmente l'a. 49 a causa dell'agitazione provocata tra i Giudei, per istigazione di Chresto (= Cristo): Judaeos impulsore Chresto assidue tumultuantes Roma expulsit. Cfr Svetonio, Divus Claudius 25 (At 18, 2). Cfr W. Seston, L'empereur Claude et les Chrtiens , in Rev. d'Hist. et de Philosoph. Relig., 1 (1931), pp. 275-304; A. Momigliano , L'opera dell'imperatore Claudio , Firenze 1932.
103 compromessa456 . Di pi la tradizione e l'ipotesi della s ua lunga permanenza a Roma contraddetta da alcuni dati biblici indiscutibili. Nel 42 Pietro lascia Gerusalemme per recarsi ad Antiochia dove Paolo lo trova poco dopo (At 12, 1 s; Ga 2, 11). Nel 40/50 v' la riunione degli apostoli a Gerusalemme e in essa Pietro non parla affatto di un suo lavoro tra i Gentili, ma s'accontenta di riferire il fatto del battesimo di Cornelio. Sono Barnaba e Paolo che parlano invece della loro missione tra i Gentili (At 15, 7-11; cfr c. 17). Nel 57 quando scrive ai Romani, Paolo, pur affermando di non voler lavorare in campo altrui, non dice affatto che la Chiesa era stata evangelizzata da Pietro, come sarebbe stato logico. Nel 63/64, scrivendo le sue lettere dalla prigionia, Paolo mai allude alla presenza di Pietro457 . Gli Ebrei desiderano sapere qualcosa di questa nuova via che tanto avversata, come se nulla sapessero, il che sarebbe stato assurdo qualora Pietro fosse stato a Roma (At 28, 21-24). Nel 64 d.C. v' la persecuzione di Nerone con la probabile morte di Pietro. E cco il brano di Tacito (ca. 60-120 d.C): Siccome circolavano voci che l'incendio di Roma, il quale aveva danneggiato dieci dei quattordici quartieri romani,
fosse stato doloso, Nerone present come colpevoli, colpendoli con pene ricercatissime, coloro che, odiati per le loro abominazioni, erano chiamati dal volgo cristiani. Cristo, da cui deriva il loro nome, era stato condannato a morte dal procuratore Ponzio Pilato durante l'impero di Tiberio. Sottomessa per un momento, questa superstizione detestabile, riappare non solo nella Giudea, ove era sorto il male, ma anche a Roma, ove confluisce da ogni luogo ed ammirato quanto vi di orribile e vergognoso. Pertanto, prima si arrestarono quelli che confessavano (d'essere cristiani), poi una moltitudine ingente in seguito alle segnalazioni di quelli fu condannata, non tanto per l'accusa dell'incendio, quanto piuttosto per il suo odio del genere umano. Alla pena vi aggiunse lo scherno: alcuni ricoperti con pelli di belve furono lasciati sbranare dai cani, altri furono crocifissi, ad altri fu appiccato il fuoco in modo da servire d'illuminazione notturna, una volta che era terminato il giorno. Nerone aveva offerto i suoi giardini per lo spettacolo e dava giochi nel Circo, ove egli con la divisa di auriga si mescolava alla plebe oppure partecipava alle corse con il suo carro. Allora si manifest un sentimento di piet, pur trattandosi di gente meritevole dei pi esemplari castighi, perch si vedeva che erano a n458 nientati non per un bene pubblico, ma per soddisfare la crudelt di un individuo .
Si pu quindi concludere che Pietro non fu affatto il fondatore della Chiesa di Roma e che, se vi venne come oggi appare quasi certo, vi giunse solo per subirvi il martirio. E' il pensiero del pagano Porfirio, un filosofo neoplatonico, che di Pietro dice: Fu crocifisso dopo aver guidato al pascolo il suo gregge per soli pochi mesi459 . Appendice: la cattedra di Pietro Ecco la conclusione a cui pervenuta la Commissione Internazionale alla quale Paolo VI il 3 febbraio 1967 aveva affidato l'incarico di studiare scientificamente la cosiddetta cattedra di Pietro, che in passato ad eccezione del Suarez (1665), che la riteneva contemporanea di Carlo Magno si pensava fosse stata usata dallo stesso apostolo. Come ora si presenta la cattedra alta m 1,36 (36 cm solo in timpano), larga anteriormente cm. 85,5 e di fianco solo cm 65, I suoi pezzi in legno di quercia risalgono tutti all'epoca carolingia, ad eccezione di alcuni montanti di pino e di castagno,
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Per le leggende di Simon Mago e Pietro, vedi il capitolo Pietro e gli Apocrifi. Cfr 2 Ti 4, 11; Fl 4, 22; Cl 4, 7. 9-15. 458 Annales XV, pp. 38-41. 459 Frammento 22, tratto dal III libro dell'Apocriticus di Macario Magnete (Texte Untersuchungen XXXVII/4, Lipsia 1911, p. 56. Cfr A. Harnack, Porphirius gegen die Christen.
104 giuntivi verso il XI-XII secolo per sostenere la sedia propriamente detta. Gli avori risalgono al tempo di Carlo il Calvo, di cui la cattedra presenta anzi un'effigie. Tale trono assai raffinato fu recato in dono a papa Giovanni VIII da Carlo il Calvo per la sua incoronazione imperiale del 25 dicembre 875, quando offr molti e preziosi doni per onorare S. Pietro e il papa tra cui anche la bellissima Bibbia ornata da miniature che dal secolo XI si conserva nel monastero di S. Paolo fuori le Mura in Roma. Oltre che con gli avori la cattedra era pure decorata con una lamella metallica composta di oro, argento e rame, la quale con il suo bagliore aureo formava un magnifico equilibrio con il candore dell'avorio che la ornava. Gli anelli laterali servivano per il trasporto della cattedra per la solennit del 22 febbraio (Cattedra di S. Pietro) come ci r icorda la bolla di Nicol III (5 febbraio 1279). Verso il 1450 tale trono fu innalzato e posto sopra l'altare di S. Adriano fino a quando fu sistemata in fondo all'abside creata dal geniale Bernini. Ritenuta il trono di S. Pietro divenne una reliquia, ma questa tradizione ora sfatata dalla recente indagine scientifica, La cattedra ha favorito sempre l'affermarsi dell'autorit papale, come risulta dalla preghiera di S. Caterina da Siena: O vero Iddio esaudisci anche noi, che pregamo per lo Guardiano di questa cattedra... cio per lo tuo Vicario, che tu il faccia, quali vuole che sia il successore di questo tuo vecchicciuolo di Pietro e dia ad esso i necessari modi della Chiesa. Ma tutto ci posto in discussione dal presente volume. Su questo problema si legga per ora M. Maccarrone , D. Balboni , P. Romanelli , ai quali risalgono rispettivamente i seguenti articoli: Studi e ricerche ; Descrizione archeologica della Cattedra. La Decorazione della Cattedra , in Osservatore Romano 28 novembre 1969, p. 3.
105 zione, pu essere contestato e tutto deve essere rigettato occorre scartare interamente, come non fondata, linterpretazione proposta. (Penso che la verit stia, come sempre, nella via di mezzo) Notizie riguardanti gli scavi vaticani si possono trovare anche in: Nolle Maurice, Dnis et Robert Boulet, Rome ou le Plerin moderne Rome, 4 ediz., Parigi, Descle, 1963. Nolle Maurice, Dnis Boulet, Rome souteraine, Paris, Fayard 1965, (interessante per larcheologia e gli antichi titoli). Galassi-Paluzzi, S. Pietro in Vaticano, Roma, Marietti 1963-1965. E. Kirschbaum, Die Grber der Apostelfrsten, 1957. A. Prandi, La zona archeologica della Confessione Vaticana. I monumenti del III secolo, 1957 (le tombe pi antiche sono del II secolo e non del I secolo). A. M. Schneider, Das Petrusgrab im Vatican, in Theologische Literaturezeitung 1952, coll. 321 ss. (non la tomba). D. von Gerkan, Die Forschung nach dem Grab Petri, in Evang. Luther. Kirchenzeitung 1952, pp. 379 ss. (occorre studiare meglio il terreno). Erik Peterson, Uber das Petrusgrab, in Schweizerische Rrundschau 1952 (il tropaion un cenotafio). H. I. Marrov, Les fouilles du Vatican du Vatican, in Dictionnaire dArchologie Chrtienne et de Liturgie 1953, coll. 3291 ss. 3310 ss. (fu trovato il tropaion, ma non la tomba; si tratta del luogo del supplizio). H. Torp, The Vatican Excavations and the cult of St. Peter, in Acta Archeologica 1953. pp. 27 ss. ( un monumento di origine pagana). Th. Klauser, Die rmische Petrustradition im Lichte des neuen Ausgrabungen unter der Petruskirche, in Arbeitsgemeinschaft fr Forschung des Landes Nordhain-Westfalen 1956 (critica radicale degli scavi.
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Sar come vedremo uno dei cambiamenti pi determinanti che sono avvenuti nella chiesa in opposizione al pensiero apostolico-cristiano. 461 Senato, da cui il nostro senatore, indica appunto consiglio di anziani dal latino senes, vecchio. Si confronti la Signoria di Firenze e gli Oldermen (da old = vecchio) degli inglesi. 462 Il nome di anziano non mai applicato a Ges, che pur detto apostlos (Eb 1, 1), epscopos (1 Pt 1, 2.25), diconos (Rm 15, 8), poimn (1 Pt 2, 25) didscalos (Mt 8, 19), prophtes (Mt 21, 11). Tale nome avrebbe suggerito l'idea che Ges era sposato e avanzato negli anni, il che era falso sotto entrambi gli aspetti. 463 Aristofane, Aves 1023. 464 Arriano, Ind. 12, 5. 465 Appiano, Bell. Mitrid. c. 48. 466 Carisio, In Dig. 1,4,8. 467 2 Re 11, 19; 2 Cr 12, 17; Is 50, 17. 468 Ne 11, 9. 469 1 Mac 1, 51; Flavio Giuseppe, Ant. Giud. 12,5,4.
107 li delle comunit cristiane, che dovevano appunto sorvegliare il comportamento dei credenti. Alcuni studiosi vogliono ricollegare il vescovo cristiano agli ispettori (mebaqqer) esseni, che presiedevano alle riunioni e vigilavano sulla amministrazione dei beni, bench questo nome sia stato tradotto in greco con epimelets e non con epscopos470 . La doppia denominazione di anziano e di vescovo proviene sia dalla esistenza nella cristianit di chiese giudeo-cristiane e di chiese gentilicristiane, sia dal fatto che i due nomi rivelavano due distinte caratteristiche dei dirigenti cristiani, quella di essere persone anziane gi sposate e quella del loro ufficio di sorvegliante471 . L'identit biblica dei vescovi e degli anziani risulta dal fatto che le due categorie non sono mai n ominate simultaneamente, dal fatto che le stesse persone prima chiamate presbiteri ossia anziani sono poi dette vescovi 472 , dal fatto che Paolo dopo aver riferito alcune doti degli anziani continua affermando: Bisogna infatti che il vescovo sia irreprensibile (Tt 1, 5). Si tratta quindi di termini tra di loro del tutto intercambiabili, in quanto designano le stesse persone473 . Scelta dei presbiteri Dal Nuovo Testamento non si possono trarre norme precise riguardanti la scelta dei vescovi; si pu per dire che almeno al tempo degli apostoli, la scelta pi che dalla Chiesa in se stessa era attuata dagli apostoli e dai loro rappresentanti, gli evangelisti, E' scrivendo non alla Chiesa bens a Timoteo che Paolo presenta la lista delle doti che un cristiano deve avere perch possa essere scelto all'ufficio episcopale (1 Ti 3). Tito mandato a Creta perch riordini ci che non vi era di retto e perch costituisca degli anziani in ogni citt (Tt 1, 5). Secondo il libro degli Atti Paolo e Barnaba, durante il loro secondo viaggio apostolico in ogni citt gi evangelizzata scelgono dei vescovi per i fratelli delle chiese. Dopo aver essi (Paolo e Barnaba) scelto (cheirotonsantes) per loro dei presbiteri per ciascuna chiesa, e dopo aver pregato e digiunato, raccomandarono i fratelli al Signore nel quale avevano creduto (At 14, 23) Il verbo cheirotoneo, che etimologicamente significa eleggere uno per alzata di mano nel Nuovo Testamento ha il senso di semplice elezione e qui ha per soggetto Paolo e Barnaba, come tutti gli altri participi verbali che lo precedono e lo seguono, anzich tutti i cristiani474 . Anche Tito deve stabilire lui degli anziani secondo determinate doti che Paolo gli elenca; naturalmente la Chiesa
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Documento Sadoqita di Damasco 6, 12-13: Nel Ptc i LXX traducono la radice bqr (da cui mebaqqer) con varie forme del verbo episcopo. 471 E' poi interessante notare come queste persone non siano mai chiamate sacerdoti (iereis) in quanto esse sono s dei sacerdoti, ma alla stessa stregua degli altri cristiani, che sono tutti sacerdoti. Non appare nel Nuovo Testamento l'esistenza di un sacerdozio gerarchico superiore al sacerdozio di ogni singolo credente (1 Pt 2, 4.5.9; Ap 1, 6; 3, 9ss). 472 At 20, 17+28. 473 Non riesco a capire come alcuni (von Allmenn, Ph. Menoud, G. Bornkamm, H. Fr. von Campenhausen) non possano vedere ci, e ritengano che tale equazione sia soggetta a cauzione. Che Ignazio poi non presenti l'episcopato monarchico come una novit non affatto vero come vedremo (contro il Goguel, L'Elise primitive, Paris 1947, p. 147). C on lui siamo proprio nel periodo di transizione; le sue lettere tradiscono lo sforzo per farvi regnare l'autorit monarchica episcopale e testimoniano l'esistenza di chiese in cui tale centralizzazione non si era ancora attuata. 474 Tale senso di scelta senza alzata di mano risulta dal verbo composto di At 10, 41 dove si dice che gli apostoli f urono scelti da Dio (evidentemente non per alzata di mano!) per vedere il Cristo risorto (prokecheirotonmenois ). In 2 Co 8, 10 (cheirotono ) (unico altro passo in cui tale verbo ricorre) usato per il fratello scelto (non sappiamo se con alzata di mano). L'alzata di mano sembra esclusa in At 14, 23 in quanto solo Paolo e Barnaba sono presentati come agente attivo nella scelta dei presbiteri. Questo uso di semplice scelta appare evidente da Giuseppe Flavio che parla di un regno scelto da Dio (up theou kecheirotonmnon ) e di Gionata che fu scelto a sommo sacerdote direttamente da Alessandro (Ant, Giud, 6,13,9 e 13,2,2). Naturalmente questo verbo non pu avere l i senso di ordinare perch in tal caso si sarebbe dovuto usare imporre (non alzare) le mani ( keiras tithemi up).
108 pu aver presentato dei candidati in quanto i fratelli sono coloro che meglio conoscono chi tra essi pi adatto a tale ufficio; ma la decisione spetta a Tito (Tito 1, 5). Sembra che Paolo avesse l'abitudine di scegliere a vescovi e diaconi le primizie dei credenti s econdo il principio che la priorit ecclesiologica sia dovuta a priorit cronologica. Tali sono i membri della famiglia di Stefana ch'era primizia dell'Acaia ai quali i fedeli devono stare sottoposti (1 Co 16, 5 + 1, 16); tale era pure Epeneto primizia dell'Asia (Rm 16, 5). Questo uso pure confermato da Clemente475 che ci offre il particolare che i vescovi furono investiti da loro (= apostoli) e dopo di loro da altre degne persone con l'approvazione di tutta la Chiesa476 . Se l'equazione tra presbiteri e Pastori e dottori (Ef 4, 11) o tra presbiteri e dottori (didascaloi 1 Co 12, 28) fosse sicura si dovrebbe concludere che era lo Spirito Santo a scegliere i vescovi tramite gli apostoli i o profeti, e a rivestirli dei suoi doni. Ma tale identificazione non del tutto certa. Vescovi e apostoli Generalmente si afferma dai teologi cattolici, in ci seguiti dagli ortodossi e da un buon gruppo di anglicani, che i vescovi sono successori degli apostoli, per cui i poteri goduti dagli apostoli sarebbero passati automaticamente ai vescovi. Mi sembra, tuttavia, che il Nuovo Testamento sottolinei a sufficienza alcune divergenze che impediscono di accogliere tale successione. 1. La missione essenziale degli apostoli quella di testimoniare la realt che essi hanno potuto contemplare. Voi... mi sarete testimoni e in Gerusalemme e in tutta la Giudea e in Samaria, e fino all'estremit della terra (At 1, 8). A questi testimoni che erano stati prima scelti da Dio il Risorto ha dato il comando di testimoniare ch'egli stato da Dio costituito giudice dei vivi e dei morti477 . Per questo Pietro afferma con commozione di non voler narrare fandonie, bens la realt della trasfigurazione di Ges ch'egli pot contemplare con i suoi propri occhi mentre era sul monte santo (2 Pt 1, 16-18). Giovanni pi e pi volte afferma di annunziare quel che egli personalmente ha veduto: la vita stata manifestata e noi l'abbiamo veduta e ne rendiamo testimonianza (1 Gv 1, 1-4). Ora evidente che nessun vescovo odierno potr sotto questo aspetto considerarsi successore degli apostoli, in quanto egli non ha alcuna propria testimonianza da dare. Non avendo visto il Cristo egli deve solo ripetere la testimonianza gi presentata un giorno dagli apostoli (Giuda 3). 2. Per l'attuazione di tale testimonianza gli apostoli ebbero la garanzia dello Spirito Santo, che esteriormente si palesava con l'ispirazione interiore. Quando sar venuto il Consolatore che vi mander da parte del Padre, lo Spirito della verit che procede dal Padre, egli testimonier di me; e anche voi mi renderete testimonianza (Gv 15, 26). Lo Spirito della verit, vi guider in tutta la verit, perch non parler di suo, ma dir tutto quello che avr udito e vi annunzier lo cose a venire (Gv 16, 3). Il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre mander nel mio nome, vi insegner ogni cosa e vi annunzier tutto quello che vi ho detto (Gv 14, 26). Per questo l'insegnamento degli apostoli non pu essere discusso, nemmeno quando egli non ha uno speciale comando di Cristo. Paolo sa di possedere, in quanto apostolo, la grazia di essere ritenuto degno di fede (1 Co 7, 25). Ricevere l'insegnamento apostolico significa essere ammaestrati dallo
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Epist. Clem. 42, 4. Clemente 1 Cor 44. 477 At 10, 41 s. L'opposizione i vivi e i morti indica la totalit degli uomini, e anche la c redenza che al ritorno di Cristo non tutti saranno fisicamente morti, ma ve ne saranno alcuni tuttora vivi.
109 stesso Cristo478 . Per tale aspetto gli apostoli-profeti sono il fondamento (themlion) della Chiesa (Ef 2, 20), in quanto essi continuano a predicare ancora oggi il Cristo, tramite la loro parola, vale a dire attraverso i loro scritti che tale parola preservano. La preghiera sacerdotale di Cristo mette bene in risalto che l'insegnamento della salvezza passa alla Chiesa postapostolica tramite gli apostoli, non tramite la Chiesa. Io non prego solo per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola (Gv 17, 20). Affinch elementi estranei non si introducessero nel messaggio apostolico, la chiesa del II secolo volle determinare bene quali fossero gli scritti normativi, per i quali essa poteva garantire l'origine apostolica di fronte al pullulare di molti apocrifi479 . In questa tradizione (ora conservata negli scritti sacri) il Cristo-Signore presente ed Lui, tramite gli apostoli, che si fa conoscere a noi e ci salva mediante la nostra fede ubbidiente. Il ricorso al Nuovo Testamento non solo frutto di arcaismo, quale il desiderio di tornare alle sorgenti, al cristianesimo primitivo come spesso ci viene rimproverato ma frutto di fede: la certezza che dal momento dell'incarnazione gli apostoli sono stati scelti a parte come strumenti unici della rivelazione di Dio in Ges Cristo480 . Anche oggi Dio parla alla Chiesa mediante la testimonianza apostolica, per cui l'insegnamento degli apostoli la norma con cui valutare ogni altro insegnamento riguardante la salvezza, l'amore di Dio e la vita cristiana481 . 3. La missione invece dei presbiteri-episcopi si riduce a sorvegliare le singole comunit dei cristiani perch stiano fedeli all'insegnamento divino, perch non diventino preda di lupi rapaci e di uomini perversi, che si introdurranno nella Chiesa di Dio. Perci i vescovi devono essere pronti ad ammonire i tentennanti e i deboli (At 20, 28 ss), ad esaminare i problemi della Chiesa (At 15, 6) e a dare degli incarichi con l'imposizione delle mani (1 Ti 4, 14), ma specialmente a nutrire i credenti con l'insegnamento e la predicazione (At 20, 28; 1 Pt 5, 1-5). Essi devono quindi essere atti ad insegnare e devono saper convincere i contraddittori, meritando dalla comunit che sorvegliano, un doppio onorario qualora vi prodighino a pieno tempo il loro insegnamento482 . Tuttavia la loro autorit ben diversa da quella apostolica, in quanto la loro parola non pu essere considerata come normativa; i vescovi, al pari degli altri cristiani, devono essere fedeli alle parole ricevute dagli apostoli483 . Il vescovo deve infatti essere attaccato all'insegnamento sicuro secondo
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1 Co 15, 3 ss; Ef 4, 20; ubbidire a un apostolo significa ascoltare, nel senso pratico della ubbidienza, lo stesso Cristo. 479 Questo non fu attuato mediante una decisione dogmatica, autoritaria, bens attraverso l'esame storico della trasmissione di questi scritti. Quelli che erano stati da lungo trasmessi nelle varie chiese come scritti apostolici furono accolto, gli altri no! Di qui si comprendono le titubanze e le divergenze dei vari canoni dei libri sacri, fino a che si raggiunse l'accordo, non per una decisione dogmatica, ma in conseguenza di un esame storico, possibile anche oggi a noi, sia pure con maggiore difficolt. 480 O. Cullmann, la tradition, Neuchtel 1953, p. 36. 481 Ci possono essere errori nell'interpretazione di qualche passo; l'errore inevitabile ogni volta che l'uomo si accosta alla rivelazione divina. Ma la nostra interpretazione errata di qualche brano non diviene norma per i secoli futuri, che potranno rettificarla; anche gli uomini che verranno dopo di me si accosteranno al Cristo e , tramite il Cristo, a Dio, mediante la Scrittura non mediante il mio insegnamento di oggi. Ma nelle chiese dico in genere perch pi o meno tale tendenza sussiste in ogni chiesa se non si sta attenti degli errori dapprima insignificanti, presi singolarmente, in virt di un processo inerente ad ogni tradizione trasmessa tramite uomini, vengono presi a base di altri insegnamenti e si amplificano sempre pi sino a contrastare l'insegnamento originario. per questo Ges disse: Voi con la vostra tradizione umana annullate la parola di Dio (Mt 15, 6). Il presente studio su Pietro e il papato ne dovrebbe costituire una documentazione evidente. 482 1 Ti 5, 17. Il greco ha tim, vocabolo che pu significare tanto onore che onorario, ricompensa pecuniaria. Lisia per indicare vendere (una merce) allo stesso prezzo dice ts auts tims piein (22, 12). In Esiodo tale parola indica presente, regalo (Esiodo. Opere e giorni 141). Le citazioni bibliche che seguono (Dt 25, 4; Lc 10, 7) ci inducono a preferire questo senso materiale, anzich quello spirituale di onore. 483 Paolo scrivendo a Timoteo dice: Quelle cose che udisti da me davanti a molti testimoni, affidale a uomini sicuri i quali siano capaci di ammaestrare anche altri (2 Ti 2, 2).
110 la dottrina trasmessa per poter essere capace di esortare mediante la sana dottrina e di confutare i contraddittori (Tt 1, 9). Anche per lui quindi valgono le parole di Paolo: State saldi e ritenete le tradizioni (kratete paradseis) che vi abbiamo trasmesse tanto con le parole quanto con una nostra lettera (2 Te 2, 15). Fratelli io vi rammento l'Evangelo che v'ho annunziato, che voi ancora avete ricevuto, nel quale state saldi (stchete) e mediante il quale siete salvati, se pur lo ritenete (katchein) quale ve l'ho annunziato: a meno che non abbiate creduto invano (1 Co 15, 1-2; cfr Ga 1, 6-9). I cristiani vescovi compresi devono solo accogliere come parola di Dio (1 Te 2, 13 paralambnein) e mantenerlo come stato loro trasmesso (Rm 6, 17; Fl 4, 9). 4. L'insegnamento apostolico un deposito che va conservato e trasmesso intatto cos come stato ricevuto. O Timoteo custodisci il deposito, schivando le profane vacuit delle parole, le opposizioni di una scienza di falso nome, professando la quale taluni si sviano dalla fede (1 Ti 6, 20); Custodisci il buon deposito mediante lo Spirito Santo che abita in noi (2 Ti 1, 14). Il deposito (parathke), secondo il diritto romano, era quanto veniva affidato in custodia a qualcuno con l'obbligo di conservarlo intatto e di consegnarlo alla prima richiesta del depositante484 . Queste affermazioni escludono sia il concetto di scoperta di nuove verit che prima sarebbero s olo implicitamente incluse nell'insegnamento apostolico, sia il concetto che i vescovi siano gli organi viventi di questa tradizione sotto la guida dello Spirito Santo. Ogni individuo, come nel n ostro caso Timoteo che non era vescovo ma solo un evangelista inviato da Paolo in missione temporanea, ha la possibilit di custodire il deposito sino alla fine della vita mediante lo Spirito Santo che dimora in lui485 . Perci i vescovi o presbiteri non sono mai presentati come il fondamento della Chiesa come lo dovrebbero essere se fossero davvero i successori degli apostoli ; anzi la loro condotta e il loro i nsegnamento possono venir discussi sulla base della dottrina apostolica: Sono costretto a scrivervi per esortarvi a combattere strenuamente per la fede che stata una volta per sempre tramandata ai santi (Giuda 3). L'anziano pu essere messo sotto accusa dai cristiani, anche se occorre motivarlo con la deposizione di due o tre testimoni486 , il che non poteva essere fatto per un apostolo. Siamo quindi ben lontani dal pensiero che i vescovi succedano agli apostoli. 5. Che i vescovi non siano successi agli apostoli si pu determinare anche dal fatto c he gli anziani, pur collaborando assieme agli apostoli, con i quali coesistono, sono legati ad una chiesa, mentre gli apostoli non lo sono affatto, e la loro attivit si estende in tutto il mondo. Paolo ricorda tra i suoi patimenti l'ansiet per tutte le chiese, che lo assale ogni giorno487 . Al contrario i vescovi di Efeso
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Cfr P.C. Spicq, Saint Paul et la loi des dpts, in Rev. Bibl. 1931, p. 481. Tale deposito si conserva mediante il modello delle sane parole che Timoteo aveva udito da Paolo (2 Ti 1, 13) e che noi pure abbiamo negli scritti sacri. Il noi non ha un riferimento speciale a Paolo come pretende S. Cipirani (Le lettere di s. Paolo, p. 704), ma si riferisce a tutti i cristiani (v. 14). Il custodire riguarda l'individuo non la chiesa; ognuno deve conservarlo integro per s, come spera di fare lo stesso Paolo fino al ritorno di Cristo (v. 12). il deposito detto mio (di Paolo, mai di Timoteo) perch come apostolo gli era stato affidato in modo particolare da Cristo stesso, che lo aveva scelto a predicare l'evangelo nella forma a lui specifica (cfr Ef 3, 1-7). 486 Date le loro funzioni direttive e amministrative (At 11, 30) potevano essere accusati di parzialit. Ma non escluso che anche il loro insegnamento potesse venire discusso; l'evangelista che si suppone bene istruito nell'evangelo poteva rimproverare duramente l'anziano colpevole in presenza di tutti (1 Ti 5, 19). Anche nella cura degli ammalati (Gc 5, 14) o nell'ospitalit potevano mancare (Tito 1, 8, fixenoi), come ad esempio avvenne per il caso di Diotrefe, l'ambizioso anziano aspirante al primato (3 Gv 9-10). 487 2 Co 11, 28; Mt 28, 18.
111 devono badare a loro stessi e a tutto il gregge in mezzo al quale lo Spirito Santo li ha costituiti v escovi vale a dire alla chiesa efesina488 . Per le suddette diversit ne consegue che impossibile considerare i vescovi come successori degli apostoli. Gli apostoli hanno una funzione a parte: quella di fondare la chiesa, di donarle la dottrina definitiva e di consegnarle l'unica via di salvezza, che i vescovi dovranno semplicemente accogliere e seguire. Bibliografia Lightfoot, The epistles of St. Paul, Philippians, London 1879, pp. 95-99; 181-269. K. Stadler, Les successeurs des aptres daprs le N. T., in Verbum caro, 18 (1964), pp. 67-83. Jean Jaques von Allmen, Le ministre des anciens, ivi, pp. 214-256. E. Schlink , La succession apostolique, in ivi 18 (1964), pp. 52-86. K. L. Schmidt, le ministre et les ministres dans lEglise du N.T., in Rev. Hist. Phil. Relig., 1937, pp. 313-336. Ph. H. Menoud, LEglise et les ministres selon le N. T., Neuchtel-Paris, 1949. E. Lohse, Die Ordination im Sptjudentum und in Neuen Testament, Gttingen, 1951. H. Fr. Von Campenhausen, Kirchliches Amt und geistliche Vollmacht in dem ersten drei Jahrhundersten im Lichte der Heiligen Schrift, Bern 1956. J. Danielou, La communaut de Qumrn et lorganisation de lEglise ancienne, in Rev. Hist. et Phil. Relig., 1955, pp. 104-116. G. Dix, Le ministre dans lEglise ancienne aux deux premiers sicles, Paris 1956. J. Knox, The Ministry in the Primitive Church, in The Ministry in Historical Perspective edit by R. Niebur e D. D. Williams, New York 1956, pp. 1-27. Bo. Reicke , Glaube und Leben der Urgemeinde, Zrich 1957. A.M. Javerre , Le passage de lapostolat lepiscopat, in Salesianum, 24 (1962), pp. 228-239. M. Winter, Saint Peter and the Popes, Baltimore, Helicon Press, London, Darton-longman & Todd 1960 (sommario storico cattolico in difesa del papato). M. Javiere , La succession primitial y apostolica en el evangelio de Mateo (Biblioteca Salesianum 1958. Ricorda 50 risposte di docenti in teologia, secondo i quali lidea di successione implicita in Mt 16, 18 18, 18. Sul valore di presbiteri e vescovi cfr. M. Guerra y Gomez, Episcopos y presbiteros, Burgos 1962 (Seminario Metropolitano).
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At 20, 28+17; 1 Pt 5, 2.
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I diaconi apparvero ancora prima dei presbiteri per aiutare le vedove elleniste nei loro bisogni (At 6, 1 -6); anche se quivi non sono ancora chiamati diaconi vi appare il verbo diakono che significa servire, ministrare alle mense. Ireneo dice chiaramente che costoro erano dei veri diaconi (Adv Haer, 1, 26, 3 ecc.). La chiesa romana a ricordo di questo fatto, pur accogliendo un numero maggiore di presbiteri, restringeva il numero dei diaconi a sette (Eusebio, Hist. Eccl. 6, 13, 11). Anche il concilio di Neocesarea (315 d.C.) in ricordo della loro prima elezione stabil che i diaconi non dovessero mai superare il numero di sette in ogni citt per quanto grande essa fosse (Can. 14). Tale decisione fu respinta dal Concilio Trullano II (692 d.C. pure detto Quinisestino). Il diaconato fu una novit, in quanto non poteva assimilarsi al Chazan delle sinagoghe che si chiamava uperets non diakonos ed equivaleva al sagrestano dei templi cattolici; il diacono biblico aveva invece l'incarico di servire alle tavole, ossia di compiere gli uffici pi umili distinti dalla predicazione e dalla istruzione. Ci non esclude che, eccezionalmente, i diaconi abbiano esercitato anche tale ministero, a cui del resto sono chiamati tutti i cristiani. I diaconi divennero un gruppo importante nelle chiese a fianco dei presbiteri (Fl 1, 1; ca. a. 52) e per i quali Paolo esige certe qualit (1 Ti 3, 8 s; ca. 66). 490 Se l'epistola paolina fosse una lettera circolare, come molti pensano oggi, si avrebbe la documentazione che tutte le comunit possedevano vescovi e diaconi. 491 1 Ti 3, 1; Tito 1, 7. 492 Per il singolare di categoria si considerino i seguenti esempi: Tutti i militari dovranno portare le loro armi poich il soldato deve essere pronto a combattere. I dottori dovranno partecipare alle riunioni di studio, perch il medico deve essere aggionato nella medicina. I credenti devono essere umili e pronti al sacrificio, perch il cristiano devessere un imitatore di Cristo, ecc. 493 La Bibbia dei Paolini nel suo commento ad Ap 2, 1 scrive: L'angelo il vescovo rappresentante della chiesa e r esponsabile del suo buon andamento (p. 1304).
113 l'aspetto angelico. Lo stesso Cristo glorioso presentato come uno che rassomiglia al Figlio dell'Uomo (Ap 1, 3), per cui sarebbe presentato in una forma inferiore a quella del vescovo. Penso che la terminologia dell'Apocalisse vada spiegata con l'idea apocalittica che ci che esiste in terra copia di ci che sta in cielo (cfr Eb 8, 5). Per questo accanto al Cristo vi sono sette stelle e sette candelabri: Le sette stelle sono i sette angeli delle sette chiese e i sette candelabri sono le sette chiese (Ap 1. 20). Il contrasto tra la luce stellare, che brilla del continuo per potenza interiore e la luce incerta ed intermittente del candelabro, che abbisogna di essere alimentata di continuo, mostra appunto la diversit tra il prototipo celeste della chiesa (angelo) e a l chiesa quale purtroppo si attua su questa terra con le sue continue deficienze (candelabro). L'angelo della chiesa la controfigura celeste della realt terrestre, cos come gli angeli e i principi danielici sono la controfigura dei vari imperi terrestri in lotta tra di loro (Dn 10, 13.10; 11, 1). Giovanni con le sue lettere all'angelo, vale a dire al prototipo celeste delle chiese, lo rimprovera di non aver saputo realizzare la sua entit in m odo pi completo nelle singole chiese, delle quali mette in m ostra i difetti e i pregi. Si tratta di un m etodo simbolico ed apocalittico per insegnare una verit e rimproverare i difetti delle chiese del suo tempo, per cui assai pericoloso poggiare su di esso per sostenere l'episcopato monarchico, contraddetto da chiare testimonianze paoline. Verso l'episcopato monarchico Il primo passo si attu, pare, in Palestina presso i giudeo-cristiani al tempo della caduta di Gerusalemme. Quivi, gi con gli apostoli, si stagli la persona di Giacomo, fratello del Signore, che sembra quasi fungere da capo perch decide autoritativamente gli obblighi riguardanti i neoconvertiti del gentilesimo (At 15, 19). Fu visitato con deferenza da Paolo (Ga 1, 19; At 21, 18) e ricevette l'annunzio della fuga miracolosa di Pietro dal carcere (At 12, 17). Siccome talvolta Giacomo n ominato da solo (At 21, 18) mentre tal altra lo sono solo i presbiteri (At 11, 30), si vede che egli non aveva ancora raggiunto la posizione monarchica del vescovo attuale494 . Egli poi, come apostolo, era automaticamente superiore ai presbiteri e per aver fissato stabile dimora nella citt santa, cre la base per lanciare l'episcopato monarchico. Infatti alla sua morte (nel 68 d.C.) vi successe come vescovo il cugino di Ges, Simone, dando cos inizio alla successione episcopale che fu quivi, almeno inizialmente, dinastica: Dopo che Giacomo il Giusto fu martirizzato fu costituito vescovo (di Gerusalemme)il figlio di uno zio del Salvatore, 495 Simone di Cleofa; lo prescelsero con consenso unanime, perch era cugino del Salvatore . Tale esempio fu seguito anche in Asia Minore al tempo di Ignazio (ca 110 d.C.) che fu presentato da Eusebio come secondo vescovo di Antiochia 496 . Questi, mentre veniva condotto a Roma per subirvi il martirio497 , scrisse sette lettere ora conservate e di cui attualmente si riconosce la genuinit498 .
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Per la sua trasformazione in capo della chiesa e in un vescovo dei vescovi si veda il capitolo decimo. Egesippo in Eusebio, Hist. Eccl. 4,22,4. 496 Dopo Evodio che ne fu il primo vescovo, vi fior in ordine di tempo, Ignazio (Eusebio, Hist. Eccl. 3, 22; cfr 3,26,2). Secondo le Costituzioni Apostoliche Pietro avrebbe ordinato Evodio: Di Antiochia, Evodio ordinato da me Pietro, e Ignazio da Paolo (VII, 47 del sec. IV). 497 La data della sua morte va posta prima dell'ottobre 113, quando Traiano part contro i Traci; altrimenti nessuno avrebbe potuto graziarlo in assenza dell'imperatore, come Ignazio teme che avvenga per intercessione della chiesa romana. La brama del martirio forse dovuta al convincimento che il martire avrebbe goduto dopo la morte l'immortalit beata, che per gli altri credenti era invece riservata al tempo della resurrezione finale dei corpi quando Cristo sarebbe tornato. Nell'Apocalisse le anime dei martiri serbati sotto l'altare invocano il giudizio finale, ma Dio li ricompensa dando loro la stola bianca, che nei misteri pagani rappresenta l'immortalit concessa all'iniziato. Indica quindi la
114 Con Ignazio assistiamo al sorgere della gerarchia ecclesiastica nella triplice classe di vescovo, presbiteri e diaconi499 . Che si tratti di fase iniziale dell'episcopato monarchico appare dal fatto che il contemporaneo Policarpo di Smirne , scrivendo ai Filippesi, tralascia di ricordarvi il nome del vescovo e ha un'intestazione che merita di essere riferita: Policarpo e i presbiteri che sono con lui alla chiesa di Dio che abita in Filippi. Egli scrive s in nome proprio, e in questo si diversifica dalla lettera a Clemente che ancora collettiva, ma non si presenta solo bens con i presbiteri. Nel c. 5, 3 insiste sull'ubbidienza dovuta ai presbiteri e ai diaconi, suggerendo l'ipotesi che la chiesa locale avesse tuttora la forma collegiale ossia presbiteriale500 . Anche Ignazio, del resto, scrivendo alla chiesa di Roma non ne nomina il vescovo e si rivolge ad essa collegialmente, segno che non vi era ancora imposto il regime episcopale. Siamo quindi tuttora in fase di transizione. Di pi le affermazioni di Ignazio suonano pi come un ideale da raggiungersi, anzich come una realt gi in atto. Tutto deve essere fatto dal vescovo, a fferma Ignazio di continuo; segno quindi che la realt era ben diversa, altrimenti tanta insistenza sarebbe stata superflua. Nella lettera ai Magnesi ricorda, come un esempio ben riuscito, i presbiteri che formano una degna corona spirituale al loro giovane vescovo (c. 3). Ma egli biasima anche coloro che quivi si radunavano senza la legalit del vescovo: Giova dunque non solo chiamarsi cristiani, ma anche esserlo: come vi sono alcuni che a parole invocano il vescovo,
ma fanno tutto senza di lui. Costoro non mi paiono in buona coscienza, poich non si radunano sicuramente (= in forma legale) secondo il precetto (Ai Magnesi 4)
Ad ogni modo Ignazio il corifeo dell'episcopato monarchico, che ebbe in Oriente uno sviluppo anticipato. Ecco alcune citazioni che mettono specialmente in risalto l'unit simboleggiata dall'episcopo, il quale possiede la celebrazione eucaristica: Ponete ogni cura a celebrare una sola eucarestia, poich unica la carne del Signore nostro Ges Cristo, ed unica la
coppa o comunione (= unione) del sangue suo, unico l'altare, come unico il vescovo insieme con il presbiterio e i diaconi, conservi miei: sicch ci che fate fatelo secondo Dio (Ai Filippesi 4).
Ignazio, non volendo che la Chiesa si frazioni in conventicole separate e discordi, afferma che l'assemblea deve essere presieduta dal vescovo:
Se infatti la preghiera di uno o due ha tale potenza, quanto pi quella del vescovo e di tutta la chiesa (Efesini 5, 2). Tutto quindi deve essere attuato assieme al vescovo. Seguite tutti il vescovo, come Ges Cristo segu il Padre suo, e seguite il collegio dei presbiteri, come se fossero gli apostoli, ma venerate i diaconi come la legge di Dio. Non fate nulla di ci che concerne la chiesa indipendentemente dal vescovo. Considerate valida l'eucarestia celebrata dal vescovo e da chi ne abbia da lui l'autorit. Dovunque appaia il vescovo, ivi sia anche la moltitudine, come dovunque Ges Cristo ivi la Chiesa universale. Non lecito senza il vescovo battezzare o celebrare l'agape. Ci che egli approva anche grato a Dio, s da rendere certa e valida ogni cosa che voi facciate (Agli Smirnesi 8). E' bene conoscere Dio e il vescovo; colui che onora il vescovo onorato da Dio: colui che compie cosa alcuna senza la conoscenza del vescovo serve il diavolo (Agli Smirnesi 9). Come dunque il Signore senza il Padre nulla fece, essendo (a lui) unito, n egli stesso n per mezzo
concessione ai martiri di quella personale consistenza, equipollente al corpo pneumatico di Paolo che i risorti erediteranno al giorno della risurrezione (Ap 6, 9-11). 498 L'epistolario si presenta in tre forme: a) brevissima (recensione siriaca edita dal Cureton nel 1845) che solo un estratto delle lettere autentiche. b) media, sette lettere edite in greco nel 1 646 (Codice mediceo Laurenziano 57, 7 di F irenze) e, nel 1689, quella a i Romani (inglobata nel Martyrium Antiochenum in un Ms colbertino della Bibliothque Nationale di Parigi). E' la recensione ora preferita, e ammessa da tutti (contro la precedente critica negativa francese di Turmol) in conseguenza del giudizio favorevole che diedero loro gli anglosassoni (Th Zahn, F.X. Funk, J.B. Lightfoot, A, Harnack). c) lunga, risalente a circa il sec. IV i V d.C. con interpolazioni alle sette lettere e l'aggiunta di altre sei, di cui due all'apostolo Giovanni a una a Maria, madre di Ges, con la successiva risposta della Vergine al vescovo: La critica generalmente rifiuta d'accettare questo carteggio che interpolato o apocrifo. 499 Cfr A. Omodeo, Ignazio di Antiochia e l'episcopato monarchico , in Saggi sul Cristianesimo Antico, Napoli 1958, pp. 205-255. 500 Cos, sia pure dubitativamente, afferma Altaner, Patrologia, o.c. n. 88.
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degli apostoli, cos neppure voi fate nulla senza il vescovo e senza i presbiteri. Non arrischiatevi a considerare nulla b enedetto privatamente per voi (= eucarestia), ma nella adunanza una sia la preghiera, una la supplica, una la mente, una la speranza (Agli Smirnesi 7). Sono infatti approvati solo quelli che sono in comunione (con Dio), con Ges Cristo, con il vescovo e con gli insegnamenti degli apostoli (Ai Trallani 7) .
In Occidente In Occidente (= Roma) l'organizzazione episcopale monarchica si form pi tardivamente, ma vi si consolid al massimo e vi trov i suoi fautori pi energici. Alla fine del I secolo, al tempo di Clemente romano non vi era ancora una organizzazione monarchica501 . La lettera tuttora collettiva perch Clemente non vi si nomina nemmeno e perch si suppone che tanto a Roma quanto a Corinto vi sia una organizzazione collegiale. I termini vescovi e presbiteri sono ancora sinonimi, ragion per cui non appaiono mai simultaneamente502 . Contro la rimozione dei presbiteri avveratasi a Corinto, l'autore della lettera ne sostiene l'inamovibilit (purch siano irreprensibili) e testifica le norme del come la elezione allora si effettuava. Non riteniamo giusto che coloro i quali furono da loro (= apostoli) stabiliti o, in seguito, da altri uomini ragguardevoli
con l'approvazione di tutta la chiesa e che servirono irreprensibilmente il gregge di Cristo con umilt, tranquillamente e non volgarmente, e che per lungo tempo ebbero la testimonianza di tutti, siano rimossi dal ministero (44, 3-5).
Chi siano costoro lo sappiamo da un altro passo: Gli apostoli portando l'annunzio per campagne e citt stabilirono le loro primizie, dopo averle provate nello spirito,
come vescovi e come diaconi, poich cos dice la stessa Scrittura: Stabilir i loro vescovi in giustizia e i loro diaconi (= 503 ministri) in fede .
Sarebbe strano nominare i vescovi e i diaconi saltando il gruppo importantissimo dei presbiteri, se questi non fossero stati identici ai vescovi. Tale identificazione risulta dalla frase che segue: Anche i nostri apostoli sapevano per mezzo del Signore nostro Ges Cristo che sarebbero scoppiate contese per l'episcopato... sarebbe non piccola colpa se cacciassimo dall'episcopato persone che in modo irreprensibile hanno offerto i loro doni. Felici i presbiteri che gi prima hanno compiuta la loro vita, che hanno avuto una fine coronata di frutti e 504 completa. Essi non trepidano che qualcuno tolga loro il posto .
Verso la stessa epoca o poco pi tardi Ignazio, che pur nomina molti vescovi nelle sue lettere, rivolgendosi alla Chiesa di Roma non fa nome del vescovo. Ci si spiega con il fatto che verso il 110 l'episcopato monarchico non si era ancora stabilito in quella chiesa. La conferma di tale ipotesi si ha dalla lettura del Pastore di Erma, scritto dal fratello di Pio, che la tradizione posteriore elenc tra i vescovi romani505 . In questo libro, ritenuto da alcune chiese ispira501
Cfr A. Omodeo, L'ordinamento della Chiesa secondo la I di Clemente , in Saggi sul Cristianesimo antico, o.c. pp. 195-202. 502 Nomina i vescovi e i diaconi (42, 5, cfr 57, 1), i presbiteri o vescovi (c. 44) ma mai i presbiteri con i vescovi. 503 c. 42. La citazione da Is 60, 17. Il fatto che nelle lettere si suggerisca la sottomissione ai presbiteri, ci garantisce che costoro non erano altro che i vescovi nominati altrove. 504 c. 44. Il parallelismo tra i vescovi deposti e i presbiteri precedentemente non deposti, milita per la loro identit. Forse si chiamavano vescovi in quanto presiedevano al dono eucaristico (siccome tale funzione di presidenza era unica, il nome vescovo si usa anche al singolare), mentre i presbiteri erano cos chiamati in quanto comitato direttivo. 505 Sedente Pio episcopo fratre eius si tratta di Pio I, vescovo romano tra il 130 e il 154; il libro di Erma fu composto verso il 130-140. Sul canone muratoriano da cui tratta l'affermazione precedente cfr. P. de Ambroggi , Muratoriano canone , un Encicl. Catt. vol. 8, coll. 1527.29.
116 to, mai si nomina il vescovo al singolare, ma si ricordano i presbiteri come coloro che reggono la chiesa di Roma. Interessante al riguardo la visione terza. La Signora che apparsa ad Erma cos gli dice:
Siedi qui! Le dico Signora, lascia che seggano prima i presbiteri. Questo quel che ti dico dice siedi! Volendo io pertanto sedermi alla parte destra, non me lo permise, ma mi fa cenno con la mano di sedermi alla parte sinistra. Pertanto poich ripensavo e mi affliggevo per il fatto che non mi aveva permesso di sedere alla sua destra, mi dice: Ti affliggi, Erma? Il posto a destra di altri, cio di quelli che gi sono piaciuti molto a Dio e hanno patito per il suo nome: a te invece molto manca per sedere con essi (Vis 3, 1,8-9) .
In questa linea di precedenza Erma avrebbe dovuto dire: Lascia che segga prima il vescovo; mentre nominando solo i presbiteri lascia vedere che il vescovo, se gi esisteva, non era altri che uno di loro, un primus inter pares. Erma riceve poi il compito di rimproverare i dirigenti (proegomenoi ) della chiesa dicendo l oro che raddrizzino nella giustizia le loro vie, affinch conseguano pienamente, con molta gloria, le promesse506 . Erma doveva comunicare le sue visioni ai presbiteri ( presbiteroi) preposti alla chiesa, ma dice di non averlo ancora realizzato. Hai f atto bene dice la vecchia perch ho da aggiungere delle parole. Quando dunque avr terminato le parole, sar fatto conoscere a tutti gli eletti per mezzo di te. Scriverai pertanto due libretti e ne manderai uno a Clemente e uno a Grapte. Clemente poi lo mander alle citt straniere, perch ci affidato a lui. Grapte invece ammonir le vedove e gli orfani. Tu infine lo leggerai a questa citt insieme con i presbiteri preposti alla chiesa507 . Con questi presbiteri vanno perci identificati quei vescovi ospitali (epscopoi xa filxenoi) che sempre nelle loro case accolsero volentieri i servi di Dio senza ipocrisia; e quei vescovi che con il loro ministero protessero sempre ininterrottamente i bisognosi e le vedove e si diportarono sempre castamente508 . Al suo tempo v'erano tuttavia degli orgogliosi, che occupavano i primi seggi nella chiesa e sono duramente biasimati da Erma: Or dunque dico a voi, che state a capo della chiesa e occupate le prime cattedre: Non siate simili ai fattucchieri. I fat509 tucchieri invero portano i loro farmachi nei bossoli e voi portate il vostro maleficio e veleno nel cuore . Anche quando Marcione si rec a Roma nel 139, quale agiato proprietario di navi, present la sua interpretazione del cristianesimo ai presbiteri romani, il che ci pone dinanzi a una direzione collegiale e non ancora episcopale-monarchica510 .
506 507
Vis. 2,2,6ss. Patrum Apostolicorum, SEI, Torino 1954, p. 478. Vis. 2,4,3 (l. c. p. 480). Si noti l'assenza del vescovo, il che sarebbe irragionevole se lui fosse stato la suprema autorit preposta alla chiesa. Grapte era un presbitero preposto alla cura delle vedove e degli orfani (secondo altri sarebbe una diaconessa). Clemente, pure lui presbitero, doveva essere una specie di segretario della chiesa a cui era affidata la corrispondenza con le chiese straniere. L'analogia tra il nome e l'incarico, potrebbe suggerire che si tratta del medesimo personaggio che scrisse la lettera ai Corinzi, che in tal caso dovrebbe essere posta assai pi tardi, certo prima della morte di Policarpo di Smirne che la cita nella sua lettera ai Filippesi (Policarpo mor nel 156). La cronologia di Clemente assai discussa, perch Ireneo ne fa il quarto vescovo di Roma e il catalogo liberiano il terzo. Tertulliano lo fa ordinare da Pietro (De Prescript. 32), ma per umilt dice Epifanio (Haer. 27, 6) avrebbe ceduto l'episcopato a L ino. Il tutto frutto di confusione tra il Clemente vescovo di Roma, e il Clemente collaboratore di Paolo (Fl 4, 3). 508 Sim. IX 27, 2, l. c., p. 730. 509 Vis 3,9,7. 510 A. Omodeo, Saggi sul cristianesimo antico, Napoli 1958 (Edizioni Scientifiche Italiane, via Roma 406), p. 412.
117 Verso il 155 l'evoluzione in senso monarchico si attu finalmente anche a Roma, poich il vecchio Policarpo, vescovo di Smirne, recatosi quivi poco prima del suo martirio, discusse la controversia riguardante la festa di Pasqua con il vescovo Aniceto e non pi con i presbiteri511 . Verso la met del II secolo l'episcopato monarchico si trova praticamente in tutte le chiese, nonostante i diversi tentennamenti e contrasti con i presbiteri delle singole chiese. Da questo momento si cerc di legittimare tale posizione, falsamente ritenuta d'istituzione divina, attraverso il ragionamento e la storia presentata anacronisticamente. Teologicamente il vescovo fu presentato come il depositario della tradizione apostolica e il garante della fede. Tale idea si trova germinalmente gi negli scritti di Ignazio, che al vedere la chiesa di F iladelfia dilaniata da eretici fraternizzanti promiscuamente con i fedeli e che tentavano anzi di trascinare il martire dalla loro parte, grida loro di stare uniti al vescovo onde evitare tale malanno. Quando ero in mezzo a voi, a coloro ai quali io parlavo, ho gridato ad alta voce, con la voce di Dio: Ubbidite al vescovo, al collegio dei presbiteri e ai diaconi... Senza il vescovo non far nulla (Ai Filadelfi 7) Ma fu specialmente Ireneo (m. 202) che per meglio combattere le eresie trov nella successione episcopale che fece risalire agli apostoli il pi valido baluardo per la conservazione della verit rivelata. Se vuoi accertare quale sia la dottrina degli apostoli guarda alla Chiesa degli apostoli. Nella successione dei vescovi
che derivano dall'et primitiva e che furono stabiliti dagli apostoli stessi, tu hai la garanzia per la trasmissione della pura fede, che nessun maestro isolato... pu fornire. Vi , ad esempio, la chiesa di Roma, la cui successione apostolica perfetta in ogni anello e i cui primi vescovi sono Lino e Clemente, associati agli apostoli stessi; vi pure la chiesa di Smirne, il cui vescovo Policarpo, il discepolo di Giovanni, mor solo l'altro giorno (Adv Haer. 3,2,3.4).
I Cataloghi Da questo momento (fine del II secolo) per documentare tale legittima successione si crearono i primi cataloghi512 dei vescovi romani, che tentano di retrodatare la situazione del loro tempo sino al periodo apostolico onde conferire maggiore dignit e valore al proprio vescovo. In essi quei presbiteri di primo piano di cui si era tramandato il ricordo, diventarono vescovi, pur recando con s tutte le incertezze e le disarmonie di simili ricostruzioni storiche. Tre sono i principali cataloghi ora noti: a) Quello di Ireneo513 , che lo riferisce per mostrare come la successione apostolica sia garanzia di vera tradizione; si identifica probabilmente con quello di Egesippo. E' un puro elenco di nomi senza dati cronologici. b) Quello di Eusebio514 , che vi aggiunge gli anni di governo dei singoli vescovi riallacciandoli agli imperatori loro contemporanei; forse deriva da Giulio Africano, cronografo del III secolo. c) Quello Liberiano, del 355, cos detto perch raccolto dal vescovo Liberio; di circa 30 anni posteriore a quello di Eusebio. La datazione segue gli anni consolari515 .
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Ireneo in Eusebio, Hist. Eccl. 4, 14, 1. Il passaggio pure documentato dal fatto che mentre Policarpo si richiama a Giovanni per difendere la sua tradizione, Aniceto risponde che bisognava ritenere la costumanza dei presbiteri suoi predecessori (ivi 5,24,16). Strano questo richiamo ai presbiteri che erano stati prima di lui! segno che la creazione episcopale era una novit a Roma: i nomi erano ancora intercambiabili. 512 Cfr A. Omodeo, I cataloghi dei vescovi di Roma, in Saggi sul cristianesimo antico, o.c., pp. 478-485. 513 Ireneo, Adv. Aaer., 3,3,2-3 e in Eusebio, Hist. Eccl., 5,6,1-4. Forse il suo elenco va identificato con quello di Egesippo, che fu il primo a parlarne (ivi 4,22,3). 514 Inizia in Hist. Eccl. 4, 19 e via via nel corso degli eventi, senza che vi sia un elenco riunito in un solo passo.
118 a) Ireneo
1 Pietro 2 Lino 3 Anacleto 4 Clemente 5 Euarestos (Evaristo) 6 Alessandro 7 Xystos (Sisto) 8 Telesforo 9 Hygino 10 Pio 11 Aniceto 12 Sotero 13 Eleutero 1 Pietro 2 Lino (per 12 a. fino all'a. 11 di Tito, 68-80) 3 Anencleto (12 a. fino all'a. 12 di Domiziano, 80-92) 4 Clemente (9 a.) fino a Traiano 3 (92-101) 5 Euarestos (Evaristo 8 a.) fino a Traiano 12 (101-109) 6 Alessandro (10 a. fino ad Adriano 3, 109-119) 7 Xystos (Sisto 10 a. fino ad Adriano 12, 119-129) 8 Telesforo (martire secondo Ireneo) 10 a. fino ad Antonino Pio 1 (129-138) 9. Hygino 4 a. (138-142) (invasione di eretici a Roma) 10. Pio, 15 a. (142-155/56) 11. Aniceto a. 11 (157-168) 12. Sotero 8 a. fino a Marco Aurelio 17 (169-177) 13. Eleutero (177-188) 14 Vittore (inizia 10 di Commodo a. 189)
b) Eusebio
c) Liberiano
1 Pietro (30-65) 2 Lino (56-67) 3 Clemente (68-75) 4 Cleto (da kalein) (7783) 5 Anacleto (84-95) 6. Aristo (Evaristo) (96108) 7 Alessandro (109-116) 8 Sisto (117-126) 9. Telesforo (127-137) 10. Hygino (138-149)* 11. Aniceto (150-153)* 12 Pio (146-170)* 13. Sotero (162-170) 14. Eleutero (171-185) 15. Vittore (186-197)
* in parte contemporanei I nomi antichissimi ricordano indubbiamente alcuni presbiteri vissuti a Roma e la cui fama si era tramandata ai posteri; i cataloghi cercano di farli entrare in una ricostruzione cronologica. Se il Clemente che ha l'incarico di tenersi in contatto con le altre chiese fosse l'omonimo vissuto al tempo di Erma ci impedirebbe di accogliere la data antichissima di questo vescovo-presbitero. A nche la cronologia liberiana fa vivere simultaneamente tre vescovi romani: Hygino, Aniceto, Pio, indice di una loro contemporaneit nell'esercizio delle funzioni episcopali516 . Lo stesso si pu dire di Aniceto che dovette essere stato vescovo contemporaneamente, almeno in parte, con Pio, essendosi incontrato con Policarpo il quale era gi morto al principio del 155. L'incertezza della tradizione creata tardivamente e che interpreta il passato secondo la posteriore concezione episcopale spiega le divergenze di tali cataloghi. L'episcopato occidentale nel III secolo Verso la met di questo secolo si staglia la figura di Cipriano, vescovo di Cartagine (m. martire nel 258). Egli, pur chiamando cortesemente i suoi collaboratori conpresbiteri, pur riconoscendo legittimo l'uso di consultare i presbiteri e i laici nell'elezione del vescovo, afferma che il vescovo scelto direttamente da Dio, ha una diretta responsabilit verso Dio, ed ispirato direttamente da Dio. Il vescovo congiunto all'episcopato non per suffragio umano, bens per designazione divina517 . L'unit della chiesa si attua con l'unione di ciascun fedele al proprio vescovo518 : chi non sta
515
Pubblicato da Mommsen in Monumenta Germanica Hist. Auct. antiquiss. IX , 1892, fu ricostruito nelle parti mutile dallo Harnack sulla base del Liber Pontificalis (che segue il catalogo liberiano) e ripubblicato dal Preuschen in Analecta 1 , p. 145 s. 516 Siccome Aniceto ebbe un abboccamento con Policarpo (m. martire il 23 febbraio 155) dobbiamo riconoscere che, in quest'ultimo, la cronologia liberiana pi esatta di quella liberiana. 517 Ep. 39 Non humana suffragione sed divina dignitatione conjunctum. Expectanda non sunt testimonia humana cum praecedunt divina suffragia (Epist. 38). 518 Ep. 43, 5; 69, 3.
119 con lui non sta neanche nella chiesa. L'unus episcopatus fu precedentemente conferito a Pietro e ad esso partecipano in solido tutti gli altri apostoli e vescovi519 . Ormai l'evoluzione compiuta e il vescovo giuridicamente elevato al di sopra dei presbiteri che sono resi suoi inferiori. Solo qua e l restano le vestigia della loro antica autorit. Ad Alessandria, ad esempio, in mancanza di vescovi, i presbiteri p otevano segnare con olio le persone da consacrar520 si . Questi, ch'erano in numero di dodici in tale citt, alla morte del vescovo, dovevano eleggere uno di loro, imporre su di lui le mani e crearlo patriarca, secondo un sistema che dur sino ad Alessandro (313-326). Fu costui a prescrivere che da quel momento tale rito si attuasse da parte di altri vescovi521 . VI secolo: una riflessione di Girolamo Girolamo (m. 420) l'unico studioso che ritornando sulla storia precedente ed esaminando le Scritture, dice chiaramente che all'origine i vescovi e i presbiteri erano la stessa cosa e che il vescovo deriva dai presbiteri come uno a cui fu affidata la presidenza per meglio estirpare le eresie522 . Ecco alcune citazioni di Girolamo: In antico, vescovi e presbiteri erano le stesse persone, poich il primo nome di dignit, il secondo d'et (Ep 69). E altrove egli afferma: L'apostolo mostra chiaramente che i presbiteri sono la medesima cosa dei vescovi... E' quindi provato chiaramente che i vescovi e i presbiteri sono la stessa realt (Ep. 146). Dove ne parla pi a lungo nel suo commento alla lettera a Tito:
Il presbitero quindi l'identica persona del vescovo; prima che sorgessero rivalit nella Chiesa per istigazione demoniaca e prima che vi fosse gente la quale diceva: Io sono di Paolo, io di Apollo, e io di Cefa, le chiese erano governate dalla comune deliberazione dei presbiteri. Ma dopo, quando si pens che i battezzati appartenessero a chi li aveva battezzati, fu deciso per tutto il mondo di porre uno sopra gli altri e che la cura di tutta la Chiesa dovesse appartenere a lui in modo che si potesse rimuovere il seme dello scisma. Se uno pensa che l'opinione asserente l'identit dei vescovi e presbiteri sia mia e non sia il pensiero delle Scritture studi le parole dell'apostolo ai Filippesi523 .
Poi continua: Noi citiamo queste scritture per mostrare che gli antichi presbiteri erano la stessa cosa dei vescovi, e che a poco a poco
fu affidata ogni cura nelle mani di uno per eliminare ogni radice di discussione. Perci come i presbiteri sanno che essi sono stati sottoposti ad uno che fu elevato sopra di loro, cos sappiano i vescovi che essi sono stati resi superiori ai presbiteri per una costumanza (ecclesiastica) anzich per un comando del Signore: sappiano pure che perci essi devono
519 520
Episcopatus unus est, cuius a singulis in solidum pars tenetur (Ecclesiae Unitate 5). Ambrosiastro (= Ilario), in Ephes 4, 12, sembra suggerire che il presbitero pi anziano vi diveniva vescovo; anche Girolamo afferma che i presbiteri ad Alessandria nominarono sempre come vescovo uno scelto dal loro gruppo e lo posero in grado superiore, cos come se un'armata avesse ad eleggersi un generale e i diaconi avessero a scegliere dal loro gruppo uno che essi diligentemente conoscono chiamandolo arcidiacono (Epist. 146 ad Evang.). 521 Eutichii, Patr. alex. Annales I, p. 331, Pococke, Oxon 1656. 522 Ben chiaramente il patrologo cattolico B. Altaner cos dice al suo riguardo: Egli sostiene l'opinione che l'episcopato monarchico non sia juris divini, ma sia stato introdotto dalla legge ecclesiastica, soprattutto allo scopo di ovviare al pericolo di secessioni all'interno delle comunit cristiane. La preminenza dei vescovi poggerebbe quindi: magis consuetudine quam dispositionis dominicae veritate; e idem est ergo presbiter qui est episcopus (Tito 1, 5) . Cfr B. Altaner, Patrologia, Torino 1951, p. 297. 523 Egli cita qui Fl 1, 1-2; At 20, 28; Eb 13, 17; 1 Pt 5, 1-2.
120
reggere la chiesa assieme ai presbiteri, imitando Mos che pur avendo il potere di reggere Israele da solo, si scelse set524 tanta presbiteri con i quali guidare il popolo .
Si pu quindi concludere che l'episcopato monarchico non d'origine apostolica, bens una creazione ecclesiastica prodotta dal desiderio di conferire maggiore unit alle chiese, dal bisogno di meglio opporsi alle eresie e alla forte personalit di alcuni presbiteri.
524
Cfr. In Titum 1, 5 PL 26, 262 s. Alcuni teologi cattolici, con scarsa seriet scientifica, attribuiscono tali affermazioni di Girolamo a rabbia repressa per il fatto che egli era rimasto solo un presbitero senza essere stato eletto vescovo
121
Il prestigio della chiesa romana Tra le varie prerogative della chiesa romana eccellono il suo zelo, la sua carit, la purezza della fede e la presunta fondazione ad opera di Pietro e Paolo 526 . a) Lo zelo di Roma Quando a Corinto verso il 90 sorsero delle fazioni e dei fratelli vollero deporre senza ragione i loro presbiteri, la chiesa di Roma vi mand una lettera per esortarli a rimanere sottomessi ai vescovi e a togliere ogni gelosia e discordia. Da parte cattolica si d grande valore a questa lettera scritta dal vescovo Clemente, quasi fosse il primo atto della supremazia papale. Va tuttavia notato che Clemente non vi si nomina affatto527 e che la lettera presentata come uno scritto della chiesa di Roma a quella di Corinto. Quindi Clemente fu solo delegato per la stesura materiale della lettera, in quanto in ogni azione collettiva o ccorre che uno se ne assuma personalmente la responsabilit. A quel tempo poi, come abbiamo visto, la direzione della chiesa romana era ancora collegiale. L'intervento di Roma, oltre che ad essere suggerito dalla reciproca cura e vigilanza che le chiese usavano avere tra di loro (si confrontino al riguardo le varie lettere di Ignazio), doveva essere stato suggerito anche dal fatto che, con la ricostruzione di Corinto nel 44 a.C. ad opera di Cesare, questa citt era divenuta una colonia romana e quindi assai legata all'urbe da rapporti culturali e politici528 .
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Teodoreto di Ciro, Epist. 113, ediz. Sources Chretinnes, vol. III (Paris, 1965), pp. 56-58. A. Omodeo, Il prestigio della Chiesa romana, in Saggi sul Cristianesimo antico, o. c., pp. 485-488. 527 Solo da Origene ed Eusebio possiamo sapere che Clemente fu l'autore di tale scritto. 528 Cfr R. van Cauwelaert , l'intervention de l'glise de Rome a Corinthe vers l'an 96, in Revue d'Histoire Ecclsiastique, 1935, p. 286.
122 Va poi ricordato che la chiesa di Roma non comanda a quei di Corinto, quasi fosse investita d'autorit, ma solo esorta fraternamente i dissidenti a sottomettersi non tanto a quanto dice Roma, bens a Dio stesso (cc. 56-58). b) Ricchezze e carit della chiesa romana Ben presto le chiese si andarono arricchendo in vari modi, tant' vero che nel IV secolo Teodosio eman un decreto che proibiva al clero di ereditare sub pretextu religionis529 . Girolamo cos scrive a Nepoziano: E' da vergognarsi a dirlo: i sacerdoti degli idoli, i mimi, gli aurighi e le cortigiane, ricevono eredit: ai soli chierici e monaci ci proibito per legge, ed proibito non da persecutori, ma da principi cristiani. N io mi lamento della legge, mi dolgo invece che noi abbiamo m e530 ritato tale legge . La chiesa di Roma, situata al centro dell'orbe romano, eccelleva per ricchezze; i molti cristiani che vi confluivano da ogni parte della terra vi portavano pure molti beni, basti pensare che Marcione , un armatore del Ponto e figlio di un vescovo, divenuto poi eretico, le regal 200.000 sesterzi531 . Testimonianze d'epoca posteriore ci descrivono le varie propriet che le basiliche possedevano, anche per donazioni avute da Costantino. Un collare di cane da guardia, anteriore al 300, ricorda un Felicissimus pecorarius addetto alla basilica Apostoli Pauli et trium dominorum nostrorum532 e conseguentemente occupato nell'allevamento dei greggi appartenenti alla basilica. Abercio (II secolo) nel suo celebre epitaffio si dice inviato dal santo Pastore a lasciare Gerapoli in Frigia, di cui forse era vescovo, per visitare la comunit romana, una regina dall'abito d'oro e dai calzari d'oro533 . L'ufficio di primo diacono, al quale competeva l'amministrazione di un cos grande patrimonio, era quindi ambitissimo; il martirio di Lorenzo (m. 258) fu occasionato proprio dalla brama che il giudice aveva di mettere le mani addosso a un s grande tesoro, che l'arcidiacono non aveva voluto consegnargli534 . Perci la chiesa di Roma, gi elogiata da Paolo per la sua carit (Rm 15, 14), veniva incontro alle richieste d'aiuto da parte di chiese pi povere, ed quindi esaltata da Dionigi in una lettera al v escovo romano Sotero (166-174).
Sin dai primordi avete la consuetudine di beneficiare in vario modo i fratelli e di mandare soccorsi a molte chiese. Voi amministrate il necessario ai fratelli che sono nelle miniere535 .
529 530
Codex Teod. XVI, 2, 30 decreto del 30 luglio 370. Ep. 52, 6 dell'a. 394. 531 Tertulliano, De Paescriptione haereticorum XXX PL 2, 48-49. 532 Cfr De Rossi, Bollettino di archeologia cristiana 1874, p. 63. 533 Cfr H. Leclercq, Aberce, in Dict. Arch. Chrtienne I, pp. 66-87; W. Luedtke e Th. Nissen , Die Crabschrift des Aberkios, ihre berlieferung und ihr Text , Leipzig 1910; F.G. Doelger , Ichthys , Roma 1 (1910, pp. 8.87.134 e specialmente Mnchen 1922, pp. 454-507: A. Abel , Etude sur l'inscription d'Abercius , in Bizantion 3 (1926), pp. 321-411; H. Gregoire , ivi, 1933, pp. 89-91; A. Ferrua , Nuove osservazioni sull'epitaffio di Abercio , in La Civilt Cattolica 1943, 4, pp. 39-45. 534 E' ricordato il suo desiderio di morire martire assieme al vescovo Sisto. Cfr Ambrogio, De officiis ministrorum, 1 , 41 n. 204 OL 16, 90-91. Leggendario il suo lento martirio sulla graticola. Cfr H. Delehaye , Recherches sur le Lgendier romain , in Analecta Bollandiana 51 (1933), pp. 34-98. 535 Presso Eusebio, Hist. Eccl. IV, 23, 10; VII, 6.
123 Le osservazioni precedenti servono a meglio chiarire la espressione di Ignazio spesso addotta a f avore del primato romano, che tra gli elogi rivolti a tale chiesa afferma pure che essa presidente della carit
Chiesa degna di Dio, degna di gloria, degna di essere chiamata beata, degna di lode, degna di essere esaudita, degnamente pura, presidente della carit , (possedente) la legge di Cristo, (insignita) dal nome del Padre536 .
La parola agpe che designa l'amore di Cristo verso i fedeli, indica pure l'amore che i fedeli di Roma dovrebbero avere verso la chiesa di Siria rimasta orfana del suo vescovo. Nel passo citato pi che a una presidenza giurisdizionale attribuita alla chiesa romana sulle altre chiese, si vuol affermare che la chiesa di Roma presiede nelle opere di carit che tengono legate tra loro le singole chiese. Che tale sia il senso della frase risulta evidente dal fatto che quando Ignazio vuol presentare il campo geografico della sua preminenza afferma senza alcun dubbio che essa presiede nella regione dei Romani. La chiesa di Roma, che per preminenza locale eccelle solo nella regione italiana (e colonie), in quanto ad azione caritativa si rivolge a tutta la fratellanza cristiana. Il primato di Roma in Italia e in Occidente che sar sancito dal Concilio di Nicea le derivava dal fatto che solo la chiesa r omana in tutto l'occidente era d'origine apostolica. Perci Ignazio, mentre si rivolge con una certa a utorit alle chiese che stavano sotto la sfera antiochena, scrive a Roma, sottratta al suo influsso, con molta maggiore deferenza e rispetto. Io non intendo impartirvi ordini, come fecero Pietro e Paolo; essi erano liberi, io sono schiavo537 . c) Purezza delle fede e costanza del martirio Gi Paolo scrivendo ai Romani ne esaltava la fede: Prima di tutto ringrazio il mio Dio, per mezzo di Ges Cristo, a riguardo di tutti voi, perch la vostra fede divulgata in tutto quanto il mondo (Rm 1, 8). La fede di questa chiesa, posta nel centro dell'impero dove si trovavano gli stessi persecutori imperiali, doveva suscitare profonda impressione e stima presso le altre comunit cristiane. Di pi la chiesa romana pi pratica che speculativa, rifuggiva da tutte le quisquilie e discussioni orientali e quindi era pi adatta a conservare la fede tramandata dagli apostoli. d) Fondazione della Chiesa da parte dei due massimi apostoli Soltanto le chiese fondate dagli apostoli scrive il Quasten possono servire d'appoggio per l'insegnamento corretto della fede e come testimoni della verit, perch la successione ininterrotta dei vescovi in queste chiese garantisce la verit della loro dottrina538 . Perci nella concezione antica presentata anche da Ireneo la venuta di un apostolo o la sua morte in una citt accrescevano il valore della chiesa ivi esistente. Perci la chiesa romana che aveva avuto il privilegio, secondo una tradizione allora corrente, d'essere stata fondata non da un apostolo, bens da due apostoli, e non da due apostoli qualsiasi bens dai massimi apostoli Pietro e Paolo, g odeva di stima ed importanza presso tutte le altre chiese. E' ci che afferma appunto Ireneo elogiando la chiesa di Roma come:
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Il greco procathemne ts agpes. 4, 3 PG 5, 689 B. Qui il vescovo usa il linguaggio giuridico dell'epoca; egli infatti quando scriveva non era un libero, ma un condannato, trascinato a Roma per subirvi il martirio. Di pi egli si immaginava che la chiesa romana potesse avere un certo peso sui giudici e conseguentemente ottenergli la libert mentre lui voleva morire martire ed essere triturato come frumento dai voraci denti delle belve. 538 Quasten, Initiation aux Pres de l'Eglise, Paris 1955, vol. I, p. 345.
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la grandissima, antichissima e universalmente nota chiesa, fondata e organizzata a Roma dai due famosi apostoli, vale a dire Pietro e Paolo539 .
Proprio per il fatto che a Roma si trovava il sepolcro di Pietro, il vescovo Callisto pretendeva che alla chiesa romana provenisse una particolare grandezza e superiorit540 . Grandezza politica della citt L'importanza di Roma, posta al centro dell'orbe allora noto, favor la esaltazione della chiesa che viveva accanto agli imperatori; aveva i migliori mezzi di comunicazione ed era caratterizzata dalla cosmopoliticit dei suoi membri. a) Contatti con la casa imperiale La chiesa di Roma trovandosi nella stessa citt dell'imperatore, aveva pi possibilit di contatti con la parte direttiva dell'impero e quindi poteva conoscere meglio delle altre gli umori del governo c ivile. Perci Ignazio raccomandava alla comunit di Roma di non intervenire in suo favore per sottrarlo al martirio541 . Al tempo di Commodo (161-192) per opera di Marcia, concubina dell'imperatore e proselita cristiana, la chiesa di Roma trov modo di soccorrere i confessori inviati nelle m iniere e di ottenerne la liberazione. Nel III secolo, ai tempi di Cipriano di Cartagine e della persecuzione di Decio, le chiese d'Africa stavano in attesa delle navi che avrebbero portato gli avvertimenti della chiesa romana, la quale m eglio delle altre poteva conoscere le disposizioni imperiali. Nel caso di Paolo di Samosata, deposto dal concilio di Antiochia, l'imperatore Aureliano (214-275), a cui l'eretico aveva fatto appello, affid l'edificio a coloro che erano in comunione epistolare con i vescovi italiani della religione cristiana542 . Pi tardi il sinodo di Sardica (343-344) sanc che ogni supplica al governo civile di Roma dovesse passare tramite il vescovo romano 543 . b) Facilit di rapporti con altre chiese Il fatto che la chiesa di Roma stesse al centro dell'impero romano favoriva gli scambi con le altre chiese: spesso queste per comunicare tra di loro, si servivano dell'intermediario di Roma, che in tal modo assumeva automaticamente maggior risalto ai loro occhi. Per tale sua posizione il vescovo romano Vittore (189-198) nella famosa questione pasquale, pot facilmente mettersi in contatto con le altre chiese dell'Orbe per conoscere la data della loro celebrazione 544 . c) Cosmopoliticit dei suoi membri Per svariatissime ragioni politiche, commerciali, turistiche moltissimi cristiani avevano motivo di recarsi a Roma; venivano cos a trovarsi in contatto con la chiesa locale, la quale rivestiva in tal modo un evidente carattere cosmopolita, come cosmopolita era pure la citt.
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Ireneo, Adv. Haer. 3, 3, 2. Cos Tertulliano che ne confuta l'idea nel De Pudicitia 21 (su tale passo si veda il capitolo seguente). 541 Ad Romanos 7. 542 Eusebio, Hist. Eccl. 7, 30, 19. 543 Hefele-Leclercq, Histoire des Conciles, vol. I (Paris 1907), p. 787. 544 Si veda nel capitolo seguente lo studio pi particolareggiato del problema.
125 Tale fatto spiega la frase di Ireneo spesso addotta a sostegno del primato romano 545 , che attribuisce alla chiesa romana una maggiore pienezza di potenza (potentior principalitatis). Generalmente si pensa dai teologi romani che tale superiorit vada ricercata nel fatto che la chiesa di Roma detiene il privilegio di conservare meglio delle altre la tradizione apostolica per cui ogni chiesa deve necessariamente accordarsi con essa546 . Tuttavia il convenire ad designa un movimento locale da un luogo ad un altro anzich un accordo spirituale nella fede, e pi che sulla chiesa l'accento posto sui cristiani che vi pervengono da ogni dove. Il senso quindi il seguente: Tutte le chiese d'origine apostolica secondo Ireneo servono a documentare nel loro insieme la vera fede cristiana. Ma siccome sarebbe lungo attuare tale indagine (che aveva prima tentato di compiere Egesippo), il vescovo di Lione presenta un mezzo pi rapido: esaminare la fede della chiesa di Roma dove la presenza di molti fedeli provenienti da varie regioni d la possibilit di conoscere in uno sguardo d'assieme la dottrina di tutto l'Orbe cristiano quivi rappresentato. Il fatto che gente d'ogni paese si mantenesse in comunione con la chiesa di Roma, prova che la loro fede era identica a quella della chiesa romana. Conoscere quindi la fede di questa chiesa, significa conoscere contemporaneamente l'insegnamento di tutte le chiese che vi sono rappresentate mediante i loro membri esistenti a Roma. Il passo va quindi cos tradotto: A questa chiesa romana per la sua pi potente principalit deve recarsi ogni chiesa, vale a dire i fedeli che vengono da ogni parte, perch in essa sempre, da coloro che vengono da ogni parte, fu conservata la tradizione apostolica547 . Tale interpretazione, dopo un periodo di silenzio causato dalla condanna cattedratica che le diede lo Harnack, oggi la pi diffusa ed , ad esempio, seguita da V. Subilia e da A. Omodeo , come risulta dalle due citazioni seguenti: Il vero significato di "convenire ad" indica un viaggio e quindi un cambiamento di luogo, i fedeli di tutti i luoghi si r ecavano a Roma per i loro affari e portavano necessariamente in loro, scritta nei loro cuori e nelle loro memorie, la predicazione apostolica della fede, che ciascuno aveva appresa nella sua Chiesa locale. Cos a Roma (come in altri grandi centri ecclesiastici, ma pi particolarmente a Roma a causa della sua posizione preminente) la tradizione della fede non era conservata soltanto dalla chiesa locale cio dal clero e dai laici del luogo con a capo il vescovo ma vi era un i nflusso di cristiani provenienti da tutte le altre chiese del mondo e la tradizione della fede si trovava ad essere "una" dappertutto. La tradizione apostolica era cos conservata con molta sicurezza nei grandi centri metropolitani, ma soprattutto 548 nel centro principale, Roma, da quelli che venivano da tutte le parti .
Ecco il passo di Omodeo: La spiegazione migliore sempre stata questa: che a Roma capitale dell'impero (cio per la sua posizione privilegiata
di capitale) necessario che confluisca tutta la chiesa universale, cio tutti i credenti, i quali, recandosi a Roma per loro motivi, devono partecipare ai riti di Roma e avere comunione con essa. Quindi la chiesa Romana quasi un concilio universale di tutti i credenti e in essa si conserva perci non solo la tradizione locale, ma quella di tutta la chiesa che conviene nella tradizione degli apostoli. Quella concordanza comune che Egesippo aveva riscontrato in tutte le chiese
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Adv. Haer. III PG 7, 849 Ad hanc enim ecclesiam (quella di Roma) propter potentiorem principalitatem necesse est omnem convenire ecclesiam, hoc est eos qui sunt undique fideles, in qua semper ab his qui sunt undique conservata est ea quae est ab apostolis traditio. Purtroppo la mancanza del testo originale ha creato grandi discussioni su tale passo che il testo pi discusso del secolo . (E . Mollard , Le dveloppement de l'ide de succession , in Rev. Hist. Relig. 34, 1954, p. 21) per il quale rimando al mio studio Il primato della Chiesa di Roma in S. Ireneo, in Ricerche Bibliche e Religiose 1 (1966), pp. 266-294. 546 K. Billmeyer - E. Tuechle, Storia della Chiesa I: L'antichit cristiana , Brescia, Morcelliana 1957 (ed. 2), p. 134. 547 Questa ipotesi emessa primariamente dal cattolico D. Chamier (sec. XVII) fu accolta dal protestante J. E. Grabe (sec. XVIII), difesa dal cattolico P. X. Funk come l'unica possibile e di recente ripresentata da W. I. Knox (Irenaeum Adv. Haer. III, 3, 2, in Journal of Theological Studies 47, 1956, 180). Anche J. N. Kelly (Early Christian Doctrines), Londra A.C. Black 1958, pp. 192-193, vi vede l'influsso della chiesa locale della citt imperiale. 548 V. Subilia, Attualit di Ireneo, in Protestantesimo 15 (1960), pp. 143-144.
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da Gerusalemme a Roma, in Roma era un fatto comune perch v'era continuo l'afflusso di credenti unificati nella tradizione degli apostoli. Il motivo per cui i cristiani pregiano i sinodi e i concili che hanno il loro inizio in quest'epoca 549 cio la celebrazione solenne della comunit di fede il pregio della chiesa romana .
Questa interpretazione implicita nella frase di B. Altaner: Egli (Ireneo) non soltanto sottolinea l'efficace preminenza della Chiesa Romana, ma emerge evidente per lui dalla doppia apostolicit di Pietro e di Paolo, ma sottolinea ancora la cooperazione di persone appartenenti alle altre chiese a l550 l'opera di conservazione della purezza della tradizione apostolica . Le decisioni conciliari Che l'importanza della citt influisca sopra la chiesa locale stato riconosciuto dal can. 9 del sinodo di Antiochia (a. 341) dove si afferma che la Chiesa metropolitana superiore alle altre perch nella citt si recano coloro che hanno degli affari551 . Perci il Concilio di Nicea (a. 325) riconobbe la supremazia di tre chiese metropolitane: Roma, Alessandria e Antiochia552 . Tale organizzazione dice il Concilio non proviene da uno speciale comando divino, bens solo da consuetudine ecclesiastica. Si mantenga l'antica consuetudine esistente in Egitto, la Libia e la Pentapoli per cui il vescovo alessandrino ne abbia il potere, poich anche per il vescovo di Roma v' tale consuetudine553 . Il canone 2 del Concilio di Costantinopoli (a. 381) proib ai vescovi di una diocesi di immischiarsi negli affari altrui per introdurvi confusione; ogni circoscrizione deve badare a s. Alessandria si interessi dell'Egitto, i vescovi orientali (Costantinopoli) dell'Oriente, salve le prerogative riconosciute ad Antiochia dal Concilio di Nicea (can. 6), il vescovo di Efeso vigili sull'Asia, quello del Ponto, della Tracia sui rispettivi territori. Nessun vescovo, a meno che ne sia invitato, esca dalla propria diocesi per conferire ordini554 . Non vi si legge alcun accenno all'autorit del vescovo di Roma. Il can. 3 ancora pi significativo, in quanto conferisce il primato di onore, dopo quello di Roma, a Costantinopoli la nuova Roma.
I l vescovo di Costantinopoli abbia la supremazia d'onore (t presbea ts tims ) dopo il vescovo di Roma, perch la sua citt la nuova Roma555 .
E' il primo passo verso la concentrazione delle chiese orientali e dell'impero attorno a Costantinopoli, che sar ancora pi sviluppato dal Concilio di Calcedonia. Che si tratti di un primato d'onore (t presbea ts tims) appare dal fatto che non si modificarono affatto le costituzioni anteriori e non si permise ad un vescovo di intervenire al di fuori della sua giurisdizione. Tale primato onorifico era
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A. Omodeo, Saggi sul Cristianesimo antico, o.c., p. 480. B. Altaner, Patrologia , Torino (ediz. 6, a. 1960), p. 95. 551 Cfr Hefele-Leclercq , Histoire des Conciles , vol. I (Paris 1907), p. 717. 552 Can. 3. Il can. 4 riconobbe diritti speciali alle chiese di Eraclea, Efeso e Cesarea di Cappadocia, che erano rispettivamente capitali della Tracia, dell'Asia Minore e del Ponto. 553 Can. 6, Mansi I, 670 (epeid kai en t Rm episcp toto t ths estin). Cfr Silva-Tarrouca , Ecclesia in impero Romano Byzantino , fasc, 1 (Roma, 1933), pp. 1-16.64. 554 Can. 2 Mansi II, col. 559. 555 Mansi II, 360. Il Concilio di Nicea (can. 7 Mansi I, 670) aveva gi conferito uno speciale onore a Gerusalemme, ma dopo Alessandria e Antiochia; qui invece Costantinopoli proposta a tutte le chiese ad eccezione di Roma, in quanto succede a Roma nell'essere citt imperiale. Da ricordarsi pure il can. 9: Se un vescovo o un chierico ha una lite con il metropolita della sua provincia, deve portarla dinanzi all'esarca della sua diocesi o dinanzi alla sede della citt regia di Costantinopoli e presso di essa sia giudicato (Schwartz , A. C. De 11,1,2 , p. 100. Cfr J. Gonzaga , Concilios , vol. I, Grand Rapids (Nichigan) 1965, pp. 136-149.
127 infatti legato solo a fatti contingenti, vale a dire all'importanza della citt in cui si trovava l'imperatore. Si osservi pure che questo canone fu accolto da centocinquanta vescovi, tra cui uomini di valore, come Gregorio Nazianzeno, Gregorio Nisseno, Cirillo di Gerusalemme e Timoteo di Alessandria, i quali tutti supponevano che il prestigio della chiesa di Roma e la sua supremazia fosse legato al rango civile della citt. Quando nel 382 il sinodo Romano, che voleva fare il punto sulle decisioni constantinopolitane, invit a parteciparvi i vescovi orientali, costoro con fine diplomazia declinarono l'invito.
Avremmo desiderato di poter lasciare le nostre chiese e rispondere ai vostri desideri e necessit. Chi ci dar le ali di c olomba per volare e riposarci assieme a voi? Ma non possiamo lasciare le nostre chiese che a mala pena cominciano a rimettersi .
In tale lettera aggiungono poi che le questioni personali erano gi state trattate conformemente alle regole tradizionali e ai canoni di Nicea, che a Costantinopoli Nettario, ad Antiochia Flaviano, a G erusalemme madre di tutte le chiese Cirillo erano stati legittimamente eletti. Non v'era quindi necessit di nuove discussioni, dal momento che la fede orientale era del tutto pura556 . Il Concilio di Calcedonia (a. 451), di cui parleremo studiando l'eminente figura di Leone Magno, rifacendosi alle decisioni del Concilio costantinopolitano, ribadisce che il vescovo di Roma patriarca dell'occidente, cos come quello di Costantinopoli lo per il mondo ellenico, quello di Alessandria, di Antiochia e di Gerusalemme lo sono rispettivamente per la cristianit copta, sira e palestinese. Verso il IV secolo v'era un sinodo permanente a Costantinopoli sotto la presidenza del vescovo, ch'era una specie d'arbitro imperiale. Per essere ammessi ad una udienza dell'imperatore occorreva il benestare del vescovo costantinopolitano, che gradatamente s'impose sempre pi consolidando il suo dominio sulla Tracia, l'Asia, il Ponto e in seguito anche sull'Illiria entrando cos in conflitto con Roma che pretendeva anch'essa il dominio di quel territorio. Anche Teodosio II con la legge del 14 luglio 421 sanc che, in caso di dubbio ecclesiastico, la decisione spettasse a un collegio di sacerdoti, non senza la conoscenza del vescovo di Costantinopoli, citt la quale gode le prerogative della vecchia Roma557 . Il binomio Roma-Costantinopoli sfoci poi, come vedremo, nella rottura del 1054, in quanto l'Oriente non volle sottostare a Roma che si s forzava di sostituire il suo tipo di centralizzazione monarchica a quello orientale meno accentrativo e pi democratico. La grandezza di alcuni vescovi romani Tre fattori concomitanti contribuirono ad esaltare il papato: il genio organizzativo proprio di Roma, l'inettitudine dell'imperatore, stabilitosi in Oriente, a difendere le regioni occidentali dallo straripare dei barbari, la diminuita importanza dei vescovi orientali a motivo dell'invasione musulmana, che diede il colpo di grazia a molte chiese d'oriente.
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Cfr Teodoreto, Hist. Eccl. V, IX, 1 -18, PG 82, 1212-1217; Th. Camelot , Los Concilios ecumenicos de los siglos IV y V , in El Concilio y lor Concilios), Ediz. Paulinas, Madrid 1962, pp. 81 ss. 557 Si quid dubietatis emerserit id oporteat non absque scientia viri reverendissimi sacrosantae legis antistitis urbis Constantinopolitanae, quae Romae veteris praerogativa laetatur, conventui sacerdotali sanctoque judicio reservar i (Cod. Theod. XVI, 2, 45). Per le pretese di Celestino I (425) e di Sisto III (435) sull'Illirico, cfr PL 50, 427 e l'Ep. 3 del 425; per l'ep. 8 dell'8 luglio 435 (Sisto III), cfr Silva Tarouca n. XII, p. 37. Costoro crearono il vicariato di Tessalonica.
128 a) Il genio organizzativo di Roma appare gi con il vescovo Vittore che verso il 180, volendo uniformare la data della celebrazione pasquale che era allora attuata in giorni di versi mand una lettera circolare alle varie chiese perch singolarmente o mediante sinodo gli facessero conoscere il loro parere558 . Quando s'avvide che la maggioranza s'accordava con la data romana, egli pretese imporre tale uso anche alle altre, scomunicando quelle che non vi si uniformassero. Di fatto per come vedremo tutto rimase allo statu quo perch i tempi non erano ancora maturi per un atto di forza. Troviamo gi tuttavia un primo tentativo d'introdurre nella Chiesa l'uniformit organizzata propria del genio romano559 . b) Leone Magno, il difensore di Roma. Fu il vescovo romano che, sulla scia dei suoi predecessori, come Innocenzo I e Sisto III560 , diede un fortissimo impulso al primato papale, favorito anche dal fatto che, trasferita la capitale dell'impero a Costantinopoli nel 330, il vescovo di Roma pot gradatamente sostituirsi al potere statale, divenendo il pi importante uomo di tutto l'Occidente561 . Leone il Grande (vescovo dal 440 al 461) si mostr infatti un valido baluardo di fronte alla debolezza del rappresentante imperiale 562 . Nel 452, con il prefetto Trigezio e il consolario Avieno, affront a Mantova le orde di Attila e con ricchi donativi indusse il feroce condottiero unno a ritirarsi dall'Italia e a firmare un trattato di pace563 . Tre anni dopo (455) il re vandalo Genserico sbarc ad Ostia, assalt Roma, saccheggi spietatamente la citt asportandone le ricchezze e gran numero di prigionieri. Leone, pur non potendo evitare il saccheggio, riusc ad ottenere che l'invasore risparmiasse la vita a molti cittadini romani. In tal modo Leone and acquistando u n enorme prestigio in tutta l'Italia. Leone Magno aveva poi un alto concetto della superiorit papale e pensava che in lui lo stesso Pietro continuasse a reggere la chiesa, per cui egli si chiam Vicario di Pietro, non osando ancora affermarsi Vicario di Cristo, come avvenne alcuni secoli pi tardi. E' vero che il potere di reggere la Chiesa pass a tutti gli apostoli, ma Pietro fu principalmente esaltato564 , per cui come a Pietro competeva la direzione della Chiesa565 , cos ora al vescovo romano competeva la cura di tutte le chiese566 . Per mezzo del papa infatti Pietro che continua a dirigere la sua chiesa:
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Simili richieste di pareri non erano riservate a Roma: anche le altre chiese si consultavano a vicenda circa i vari problemi a mano a mano che sorgevano. 559 Cfr Eusebio, Hist. Eccl. V, 23 e 24 (Edizioni Descle, Roma 1964, pp..411-417). 560 G.B. Dalla Costa, Concezione del primato papale nelle lettere dei Romani Pontefici della prima met del V secolo, Roma, Pontificia Universit Lateranense, 1967. 561 The Rise of the Medieval Church, pp. 168-169; Edward Manning , The Temporal Power of the Vicar of Jesus Christ, p. 29. 562 Il volume classico per Leone Magno T. Jalland , The Life and the Times of St. Leo the Great , London 1941; P. Brezzi , San Leone Magno , Roma 1947; cfr pure Walter Ullmann , Leo I and the Theme of Papal Primacy , in The Journal of Theological Studies 11 (1960), pp. 25-51; A. Lauras , Etudes sur s. Lon le Grand , in Recherches de Science Religieuse 49 (1961), pp. 481-499; M. Jugle, Interventions de saint Lon dans les affaires intrieures des Eglises Orientales , in Miscellanea Pio Paschini Studi di Storia Ecclesiastica, I Lateranum N. Series 14 (1948), pp. 71-94; P. Santini , Il primato e l'infallibilit del romano Pontefice in san Leone e gli scrittori greco-russi , Grottaferrata 1936; R. Galli , S. Leone M. , in Didaskaleion 1930, pp. 51-235. 563 Cfr Prospero di Aquitania , Cronicon PL 51, 6 03 C Attilia ricevette con dignit la delegazione, e tanto si rallegr per la presenza di questo papa, che decise di rinunziare alla guerra e di ritirarsi di l del Danubio, dopo aver promesso la pace. La leggenda si impadron di questo fatto e lo trasform completamente, mostrando l'incontro in forma di solenne processione, che colp la fantasia del barbaro inducendolo a cedere dinanzi al rappresentante di Dio. 564 Transivit quidem etiam in alias apostolos jus potestatis istius, Sermo IV, 3 PL 54, 151. 565 Omnes tamen proprie regat Petrus, quos principaliter regit Christus, Sermo IV, 2 ivi. 566 Ci richiesto a noi da parte del Signore, che per rimunerare la di lui fede affid al beatissimo apostolo Pietro il primato della dignit apostolica (Apostolicae dignitatis primatum) e stabil la chiesa universale nella solidit di quello stesso fondamento (in fundamenti ipsius soliditate constituens), Ep. V, 2 PL 54, 615.
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Il beato Pietro persevera in quella solidit silicea e non abbandona il timone della Chiesa postogli fra le mani. Attualmente egli adempie la sua missione con maggiore pienezza e potenza: tutto ci che proprio dei suoi uffici e delle sue cure che gli incombono, lo eseguisce in Colui e con Colui dal quale stato glorificato. Se qualcosa fatta o decisa da noi rettamente, se qualche cosa ottenuto d alla misericordia di Dio per mezzo delle nostre suppliche quotidiane, ci si deve alle opere e ai meriti di colui del quale vive la potenza e trionfa l'autorit della sua sede567 .
Per l'attuazione pratica di questa supremazia occorre distinguere l'occidente dall'oriente; mentre nelle regioni occidentali il papa ag come vero capo, in quanto tutto l'occidente era stato affidato a lui568 , in Oriente si mostr assai pi cauto. In Occidente, facendosi forte dell'appoggio imperiale che con il famoso editto di Valentiniano del 445 gli aveva sottomesso tutto il clero delle Gallie prima indipendente, egli pot dominare indiscusso569 . Nel sermone tenuto nella solennit di Pietro e Paolo, Leone esalt, al di sopra della pace romana sorretta dalle armi, la pace di Cristo ottenuta tramite la sede episcopale di Pietro. Questi (gli apostoli Pietro e Paolo) sono coloro che ti elevarono (o Roma) a tanta gloria, poich facendoti una nazione
santa, un popolo eletto, uno stato sacerdotale e regale e a capo del mondo per mezzo d ella santa sede del benedetto Pietro, ti ottennero per la glorificazione di Dio, una supremazia molto pi vasta di quella conseguita tramite il governo terreno. Poich anche quando fossi accresciuta per molte vittorie, e avessi a estendere la sovranit in terra e in mare, tutto 570 ci che potrai conseguire mediante la guerra molto meno di ci che tu conseguirai con la pace di Cristo .
In Oriente Leone I ag con maggiore delicatezza a cautela 571 ; egli pretendeva avere una certa superiorit sulla chiesa di Alessandria in quanto era stata fondata da Marco, discepolo di Pietro. Si comprende quindi come potesse rimuovere con una certa enfasi il suo vescovo Dioscuro, resosi eretico, ricordando per che ci era gi stato deciso dal Concilio di Calcedonia: Leone papa, capo della chiesa universale per mezzo di noi suoi vicari, con il consenso del santo sinodo investito
della dignit dell'apostolo Pietro, il quale, fondamento della chiesa e pietra della fede, chiamato custode del regno ce572 leste, ha privato Dioscuro della dignit episcopale e allontanato da ogni attivit sacerdotale .
Ma quando scrive agli orientali meno pretenzioso e si guarda bene dall'esaltare il suo primato di capo universale. Ci risulta evidente dal suo comportamento verso il Concilio di Calcedonia. c) Leone Magno e il Concilio di Calcedonia (a. 451) Per la prima volta i rappresentanti romani tre vescovi e due presbiteri tennero la presidenza di un concilio ecumenico assieme ai commissari imperiali. Nella seconda, terza e quarta sessioni si esamin la lettera di Leone a Flaviano che condannava il monofisismo (eresia asserente in Cristo un'unica natura formata dall'unione dell'umana con quella divina) che fu approvata e fatta propria dal Concilio. Molti vescovi secondo l'uso del tempo si misero a gridare: Viva Leone! Per bocca di Leone ha parlato Pietro! Viva Cirillo!573 . Parole queste da accogliere con prudenza, poich risen567
Sermone III, 2 e 3; Cfr P. Stockmeyer, Leo I des grosses Beurteilung der Kaiserlichen Religionspolitik , Mnchen 1959. Chi ha meglio messo in risalto il fatto di questa compenetrazione personale mistica tra Pietro e il papa lo studio interessante di G. Cort i, Il Papa Vicario di Pietro , Brescia, Morcelliana 1966. Per Leone I si leggano le pagine 69-155. Si cfr pure A. Granata , Ricerche sui rapporti tra il papa e s. Pietro nel pensiero e nella prassi di s. Leone Magno , Tesi di Laurea, corso accademico 1957-58 alla Universit Cattolica di Milano. 568 Nel 381 nel sinodo occidentale di Aquileia il papa era stato chiamato principe (princeps) dell'episcopato. 569 Vedi su questo il capitolo seguente. 570 Leone, Sermo 82, c. 1. 571 Cfr A. Amelli, Leone Magno e l'Oriente, Montecassino 1890. 572 Ep. 103. Si noti che la lettera altisonante rivolta ai vescovi delle Gallie dinanzi ai quali risultava la sua imperiosit e che, la sua scomunica era una decisione non sua, ma la decisione del Concilio di Calcedonia, alla quale lui aveva aderito. 573 Si noti come assieme a leone sia acclamato anche Cirillo, il vescovo di Alessandria gi defunto.
130 tono della retorica orientale di quel tempo e non vanno accolte come professione di fede dommatica, riguardante l'infallibilit papale. E' vero che essi dissero: Noi eravamo cinquecentoventi vescovi che tu guidavi come il capo guida le membra574 , ma la realt fu ben diversa. Il documento leoniano fu accolto perch su due piedi era difficile preparare una nuova professione di fede; fu accolto tuttavia non perch gli riconoscessero uno speciale valore infallibile, ma solo perch dopo un accurato confronto con gli insegnamenti di altri vescovi, lo trovarono conforme alla fede. Quei di Milano lo esaminarono alla luce degli scritti di Ambrogio575 , gli altri vescovi ne riconobbero la sua a rmonia con la fede cristiana576 e la identit con l'insegnamento di Cirillo577 . Esso ebbe valore non per se stesso ma solo dopo essere stato confermato dal sinodo. Del resto i vescovi di Illiria e della Palestina si opposero a tale scritto ritenuto per nulla infallibile gridando: Gli oppositori (e R omani) sono dei Nestoriani, che se ne vadano a Roma578 . Si ricordi poi che gli stessi vescovi i quali dissero parole tanto elogiative per Leone, sono i medesimi che accolsero il can. 28 dove si riconosceva a Roma solo un primato d'onore come risulta dal canone stesso:: Seguendo in tutto i decreti dei SS. Padri e conoscendo il canone dei centocinquanta Padri, amici di Dio, che stato letto poco fa (si tratta del can. 3 del Concilio di Costantinopoli del 381), noi decretiamo anche e votiamo la stessa cosa r iguardo alle prerogative della SS. Chiesa di Costantinopoli, la Nuova Roma. A buon diritto i Padri (conciliari) hanno attribuito il primo posto alla sede della antica Roma, perch questa citt era la sede dell'imperatore. Mossi dalla stessa considerazione i centocinquanta Padri, molto amati da Dio, hanno accordato privilegi equivalenti al santissimo trono della nuova Roma, giudicando rettamente che la citt onorata dalla presenza dell'imperatore e del senato e che gode dei privilegi dell'antica Roma imperiale, deve anche aumentare la dignit negli affari ecclesiastici, tenendo il secondo posto 579 dopo di essa .
I legati Romani i quali sapevano in antecedenza che si sarebbe discusso il can. 28 essendo sicuri di non aver la maggioranza, si assentarono quel giorno dalla sessione. Poi protestarono dicendo che i vescovi presenti avevano firmato dietro costrizione; una tale accusa fu respinta con indignazione. Poi insistettero nel dire che esso contraddiceva al can. VI del concilio niceno, nel quale ad arte i nterpolarono le parole: La chiesa romana ha sempre goduto la supremazia, che mancano invece nell'originale greco e che naturalmente furono respinte dai vescovi orientali580 . Leone non si appell alla sua dignit di vicario di Pietro, al fatto che la dignit di Roma non era di onore ma di vera giurisdizione, non afferm di aver supremazia anche sulle chiese orientali, ma si appell solo al concilio di Nicea il cui ordine Roma-Alessandria-Antiochia era stato turbato con l'immissione al s econdo posto di Costantinopoli, che non poteva godere di tale privilegio in quanto chiesa d'origine
574
Il termine caput (gr. kefal, popolarmente connesso con Kephas) fu dal IV secolo applicato spesso alla Chiesa di Roma. 575 PL 54, 946. 576 Recognoverunt fidei suae sensum PL 54, 967. 577 Krillos ots eddakse, Mansi IV, 932. 578 Hefele-Leclercq, Histoire des Conciles, t. II, Paris 1968, pp. 638-689, (la frase si legge a p. 719). 579 XV Sess. 31 ottobre 451, Can. 28, Mansi VII, 369; Hefele Leclercq, Histoire des Conciles,, vol. II (Paris 1968), p. 815. L'opposizione romana a questo canone non fu causata dal fatto che esso menomava Roma e la verit attribuendo il primato romano a decisioni conciliari, ma perch esso violava i canoni di Nicea che avevano stabilito un altro ordine di successione: Roma, Alessandria, Antiochia, e non Roma-Costantinopoli. Nonostante la protesta di Roma, di Alessandria e di Antiochia, la situazione non cambi affatto e la storia fu diretta da Roma e Costantinopoli. Cfr A. Vuytz , Le 28 canon de Calcedonie et le fondament du Primat Romain , in Orientalia Christian Periodoca 17 (1951), pp. 265-282. V. Monachino , Genesi storica del can. 28 di Calcedonia e Protestantesimo nell'interpretazione dell'antico Cristianesimo , Universit di Catania, Centro di studi d'arte e di letteratura cristiana antica 1951. 580 Ecclesia romana semper habuit primatum. Di fatto il can. 6 di Nicea attribuiva la supremazia gerarchica della Chiesa di Roma sull'Occidente, cos come la concedeva pure ai due patriarchi di Alessandria e di Antiochia per i rispettivi territori.
131 non apostolica581 . Infatti all'imperatore Marciano che sosteneva le pretese della Chiesa di Costantinopoli e del suo vescovo Anatolio, cos scrive: Che costui (Anatolio) non disprezzi la citt imperiale, quando non pu far nulla per renderla apostolica582 . Quando interviene nei disordini provocati dai monaci palestinesi, lo fa con grande delicatezza, rivolgendosi con fine diplomazia all'imperatrice Eudossia, che di fatto era un po' fautrice di tali disordini: la suppone innocente e la esorta a lavorare con tutte le sue forze per ricondurre i monaci alla fede ortodossa e per obbligarli a compiere penitenza delle bestemmie e crudelt di cui costoro s'erano resi colpevoli583 . Egli si guarda bene dall'imporsi e dallo scomunicare gli eretici e dall'esaltare in Oriente i famosi meriti di Pietro, come invece con pi libert compiva in Occidente. Ad ogni modo la figura di Leone Magno segn indubbiamente il primo passo fondamentale per la elezione del papato a capo supremo di tutta la Chiesa in virt dei meriti di Pietro del quale il vescovo romano il vicario. Egli si pu ben dire il primo vero papa romano. d) Gelasio I (492-496) continu a legittimare la grandezza della sede romana (non ancora direttamente del vescovo) mediante le parole di Cristo: Tu sei Pietro. Tale chiesa la prima non solo per il rapporto con Pietro, m a anche per il fatto che vi mor Paolo, il vaso di elezione. Perci egli stabil una gerarchia delle chiese poggiante sui loro rapporti con l'apostolo Pietro:
La Chiesa di Roma la prima sede dell'apostolo Pietro, ed essa non ha n macchia n ruga n alcunch di simile584 . La seconda sede Alessandria che a nome del beato Pietro fu consacrata dal suo discepolo ed evangelista Marco. La terza sede Antiochia che degna di onore a motivo dello stesso Pietro 585 .
Come si vede Costantinopoli che poteva dare del filo da torcere ignorata; Gelasio insiste invece sulla gerarchia patriarcale asserita dal Concilio di Nicea ed esalt ancor pi la chiesa romana d ichiarandola senza rughe n macchia alcuna. Naturalmente questo graduale affermarsi della chiesa di Roma non avvenne senza opposizioni e contrasti da parte di altre chiese, come appunto si vedr nel capitolo seguente 586 .
581 582
Epist. 105 Ad Pucheriam Augustam PL 54, 1000. Epist. 104 (secondo altri 108) Ad Marcianum imp. 3 PL54, 995. 583 Per le lettere del papa ai monaci cfr. ediz. Jaff-Watenbach, p. 500; a Giovenale (ivi 514), all'imperatrice Eudossia (ivi 499). 584 Ma cfr Ef 5, 27; Gelasio applica a Roma ci che sar proprio di tutta la chiesa alla fine della sua forma terrestre. 585 Denz. Baumwart, Enchir. Symb. n. 163. 586 Su Gelasio e la concezione che rompere la comunione con la Chiesa Romana significa rompere la comunione con Pietro, si confrontino le seguenti lettere secondo la citazione di Thuel , Epistolae Romanorum Pontificum Genuinae, Brunsbergae 1868. Eufemio non espurgando il nome di Acaio dall'elenco dei vescovi, si separa dall'unione con s. Pietro (quam ad beati Petri purum redire illibatumque consortium, Epist. 3, p. 313); ad Eufemio scrive che la Chiesa Romana ha diritto di giudicare tutto (Epist. 10, p. 347, illa a pontificibus et praecipue a beati Petri vicario); il vescovo africano Succonio recandosi a Costantinopoli ha negata la comunione con Pietro (comunionem suam beatum Petrum noveras denegare Ep. 9, p. 340); occorre guardarsi dal vescovo di Costantinopoli che intrattiene relazioni con gli acaciani dissidenti e perci non pu avere rapporto con la chiesa del beato apostolo Pietro ( Ep. 18, p. 184; cfr pure Ep. 26, p. 395); egli deve agire ogni qualvolta la fede minacciata, come vicario della sede apostolica (si noti della sede, non di Pietro; Ep. 26, p. 350); il concetto di vicario della sede apostolica ricorre pure in Ep. 12, p. 3 50; Ep 8, p. 338. Su questo problema cfr Fr. Spagnolo , Il titolo papale vicarius Christi nel Codex Carolinus , Universit Cattolica M ilano, Tesi di Laurea, anno accademico 1960-61, pp. 70-77.
132
587
I principali documenti si trovano presso Eusebio , Hist. Eccl. 5, 23-25 , cui si aggiunga l'Epistola Apostolorum c. XV del testo etiopico (VIII del copto). Per gli studi cfr L. Duchesne , La question de la Pque au Concile de Nice, in Revue de questions historiques 28 (1880), pp. 5-42); Histoire ancienne de l'Eglise t. I pp. 285-291; C. Schmidt , Gesprche Jesu mit seinen Jngern , Leipzig 1919, Exkursus III, Die Passahfeoer in der klein asiatischen Kirche , pp. 577-725; A. Casamassa , Scritti patristici II , Roma 1956, pp. 19-24; Fliche-Martin , Storia della Chiesa , trad. ital., vol II (Torino 1959), pp. 111-119; K.A. Strand, John as Quartodeciman: a reprisal , in Journal Bibl. Lit. 84 (1965), pp. 251-258. Per la solennit della Pasqua cfr A. Vaux , Le istituzioni dell'Antico Testamento , Torino, Marietti 1964, pp. 466-475. 588 In Oriente la Cena insisteva non tanto nella Resurrezione del Cristo quanto piuttosto sulla sua morte intesa per in senso giulivo, come il natale (= morte) dei martiri, in quanto segnava il trionfo di Ges sulla morte e sull'Averno. L'Occidente invece esaltava di pi la resurrezione del Cristo che accade proprio di domenica. Siccome con la Pasqua terminava il digiuno quaresimale vi erano chiese ancora in duolo, mentre altre (Asia) erano gi in festa; di qui il desiderio di maggiore uniformit. Era poi facile che, accogliendo la data ebraica se ne seguisse pure l'uso liturgico dell'agnello pasquale (un ricordo ancor oggi l'uso dell'agnello per la Pasqua). 589 I fautori della celebrazione pasquale al 14 Nisan erano detti Quartodecimani. Nel II secolo Anatolio di Alessandria, per facilitare il computo, fiss l'equinozio di primavera al 25 marzo (data Giuliana), che non corrisponde alla realt astronomica (ora il 21 marzo). V'erano poi i vescovi del patriarcato di Antiochia che celebravano la Pasqua anche nella domenica precedente tale equinozio qualora essa cadesse nei tre giorni anteriori, e venivano perci chiamati Protopaschiti. Di qui il vario termine della quaresima: alcuni erano ancora nel lutto e nel digiuno, mentre altri erano gi nella letizia pasquale.
133
Roma e Policrate il quale sembrava esercitasse allora il primato tra i Vescovi dell'Asia. Ma la questione fu ottimamente sopita da Ireneo, vescovo nella Gallia, l'una e l'altra parte rimanendo ferme nella propria regola590 .
Infatti contro l'imposizione di Vittore, Policrate , vescovo di Efeso, protest energicamente a nome dei vescovi asiatici riuniti a concilio, il quale afferm chiaramente di non essere per nulla intimorito da spauracchi (scomunica di Vittore), in quanto era sicuro di seguire Dio. Eccone la energica protesta:
Siamo noi che celebriamo il vero e genuino giorno (della Pasqua) senza aggiungere ne togliere niente. Nell'Asia infatti si sono estinti i grandi luminari che risorgeranno nel giorno della Parusia del Signore, quando il Signore verr con gloria dal Cielo, e risusciter i santi591 ... Tutti quanti tennero per la celebrazione della Pasqua il giorno quattordicesimo, in conformit al Vangelo, senza variar nulla, ligi alla regola della fede. Io pure Policrate, di voi tutti il pi piccolo, osservo la tradizione dei miei parenti, alcuni dei quali furono anche miei predecessori; sette dei miei parenti, infatti, furono v escovi, io sono l'ottavo. Essi sempre celebrarono il giorno della Pasqua, quando il popolo giudaico si astiene dal pane fermentato. Io, fratelli miei, sono vissuto sessantacinque anni nel Signore; sono stato in rapporto con i fratelli di tutto il mondo; ho letto tutta la Sacra Scrittura, e non mi lascio intimorire da spauracchi perch uomini pi grandi di me hanno detto: Bisogna ubbidire prima a Dio che agli uomini592 . Potrei ricordare dei vescovi che sono qui meco, perch voi mi chiedeste di convocarli e io li ho convocati. A scrivere i loro nomi sarebbero una vera moltitudine. Hanno conosciuto la mia piccolezza, consapevoli che non porto invano queste mie canizie, e che sono sempre vissuto in Ges Cristo593 .
Anche lo storico Socrate dice che Ireneo attacc nobilmente Vittore rimproverandolo per la sua precipitosa decisione e per la sua collera smisurata595 . Girolamo parla di Policrate come quegli che con autorit e abilit scrive una lettera sinodale contro Vittore, vescovo di Roma596 . Le cose rimasero quindi come prima e fu solo gradatamente che l'uso romano - alessandrino s'and diffondendo sino a che fu imposto a Nicea con decisione imperiale: Dopo aver diligentemente esaminato se fosse conveniente che nella Chiesa Universale si celebrasse con unanime consenso la Pasqua, e trovato che tre parti dell'Orbe convengono con i Romani e gli Alessandrini, e solo dissentirne una parte, ossia la regione orientale, sembrato opportuno che agissero nella stessa maniera i fratelli dell'Oriente, come agiscono i Romani e gli Alessandrini, e tutti gli altri, affinch tutti unanimemente in quel giorno santo della Pasqua elevino 597 le loro preci .
590
Anatolio, Canon Paschalis, par. 9-10. Egli respinge l'uso di coloro che pretendevano includere nella celebrazione pasquale anche i tre giorni precedenti l'equinozio. 591 Tra costoro ricorda l'apostolo Filippo, Giovanni che ripos sul petto del Signore, fu sacerdote, port la lamina (d'oro) e fu martire e dottore. Egli s'addorment in Efeso; Policarpo di Smirne, Trasea vescovo di Eumenia, Sagari vescovo di Laodicea, il beato Pairio, l'eunuco Militone, che giaceva a Sardi, nell'attesa della visita celeste, donde risorger dai morti (Eusebio, Hist. Eccl. 5, 24, 2-5). 592 At 5, 23. 593 Eusebio, Hist. Eccl. 5, 24, 1-8. Edizione Descle, Roma 1964, p. 413. 594 Eusebio, Hist. Eccl. 5, 23, 24. 595 Socrate, Historia Ecclesiastica, 5. 596 De Viris illustribus PL 23, 695. 597 Il decreto autentico, anche se erroneamente l'Assemani e il Pitra l'hanno presentato come emanato dal Concilio di Nicea, anzich dall'imperatore Costantino.
134 La controversia penitenziale sotto Callisto La Chiesa antica quale comunit di santi esigeva dai suoi membri un alto tenore di vita morale. All'inizio i colpevoli di idolatria, di assassinio, e d'adulterio non erano ammessi alla penitenza, per cui tali peccatori erano definitivamente esclusi dalla Chiesa598 . Ma nel corso del III secolo Callisto (217-222) per la prima volta concesse il perdono anche all'adulterio. Per gli si oppose duramente Ippolito esigendo da lui un rigore pi grande sia nel trattamento dei vescovi meritevoli di sanzione, sia nell'ammissione dei bigami alle cerimonie religiose.
Callisto per primo pens d'autorizzare la sensualit dicendo di voler rimettere tutti i peccati. Per questo dice Ippolito i peccatori affluiscono alla sua scuola599 . Egli decret pure che un vescovo reo di colpa capitale non potesse venire d eposto600 e permise alle donne nobili di contrarre matrimonio con uomini di condizione inferiore senza il vincolo legale. Di qui l'uso di pratiche anticoncettive perch il loro connubio non divenisse palese. Si sono quindi viste delle donne, che si dicono fedeli, impiegare ogni sorta di mezze per far perire anzitempo il bambino che avevano concepito, sia da uno schiavo, sia da un marito indegno di esse; la loro condizione e la loro fortuna imponevano ci. In tal modo Callisto ha insegnato nello stesso tempo il concubinaggio e l'adulterio. Al suo tempo per la prima volta quelli del suo partito o602 sarono ammettere un secondo battesimo 601 . Questa l'opera del famoso Callisto .
Anche Tertulliano, che ne era contemporaneo, senza nominarlo, lo chiam con gli epiteti di pontifex Maximus, di episcopus episcoporum, e ne ricord l' edictum prentorium, che estese il beneficio della penitenza anche ai colpevoli di moechiae, vale a dire agli adulteri che prima ne erano esclusi. Il tentativo del Galtier e del Bardy di riferire tale brano al vescovo africano Agrippino non riuscito; solo al vescovo di Roma si adattano i titoli sopra riferiti; su tale decreto Tertulliano ritorna in seguito con affermazioni che indirettamente si riferiscono al vescovo di Roma, dato che vi si parla di una chiesa vicina a Pietro603 . Anche se tu credi di basare questo tuo diritto sulle parole di Cristo a Pietro: Sopra questa chiesa edificher la mia chiesa, pensando che tale diritto di sciogliere o legare sia passato alla chiesa "vicina a Pietro" (ecclesia Petri propinqua), ti sbagli in quanto Ges disse questo personalmente al solo Pietro e tu quindi usurpi tale diritto 604 .
Secondo Tertulliano, i vescovi sono puri testimoni storici degli insegnamenti apostolici e non organi viventi della tradizione e del suo sviluppo; essi non hanno autorit dottrinale la quale spetta, secondo lui, alla Chiesa dello Spirito. Che ha dunque a vedere tutto ci con la Chiesa, special-
598
Si noti che la penitenza per i peccati pubblici era concessa una sola volta in vita; su ci cfr il mio studio su i Sacramenti (Firenze 1962). 599 Ippolito era un vescovo d'alto livello, sia intellettuale che spirituale, che ad un certo punto si eresse come antipapa contro Callisto. Mor martire ed perci venerato come santo anche dai cattolici. 600 Forse ci doveva prevenire ipotetiche opposizioni contro lo stesso Callisto che aveva avuto un passato torbido; infatti aveva sperperato del denaro altrui, quando era servo, in affari mal riusciti per cui i creditori lo avevano denunciato come cristiano e fatto condannare per un po' di tempo alle miniere (cos Ippolito). 601 Il secondo battesimo la penitenza che fungeva per questi peccati che prima ne erano esclusi come da secondo battesimo. 602 Ippolito , Philosophumena 9, 12 PG 16, III coll. 3379-3387. 603 P. Galtier , Le veritable dit de Calliste, in Revue d'Histoire Ecclsiastique 23 (1927), pp. 465-488; Idem , Ecclesia Petri propinquam, propos de Tertullien , ivi 1928, pp. 40 ss; Idem , L'Eglise et la remission des pchs aux premiers sicles, Paris 1932, pp. 141-183; G. Bardy , L'dit d'Agrippinus , in Revue des Sciences Religieuses 1924, pp. 1ss. Il Goguel incerto; sono invece favorevoli a Callisto P. Batiffol , Princeps apostolorum , in Rech. Science Religeuse 18 (1928), pp. 38 ss; A. D'Ales, Zephirin, Calliste ou Agrippinus? ivi 19 (1920), pp. 254 ss; H. Koch, Kallist und Tertullian , Heidelberg 1920; Cathedra Petri, Giessen 1930, p. 6; E. Gaspar, Geschichte des Papstums 1, T bingen 1930, p. 26; O. Cullmann , S. Pierre , o.c. p. 145, n. 5. 604 De Pudicitia, 21 PL 2, 1078 ss.
135 mente la tua, o psichico? In accordo con la persona di Pietro, agli uomini dello Spirito che appartiene questo potere 605 . Cipriano e il primato romano Cipriano, vescovo di Cartagine, dal 249 al 258, merita una considerazione a parte sia per l'influsso che esercit sui suoi contemporanei sia per l'importanza dei suoi scritti606 . Ne vedremo prima la t eoria e poi la sua attuazione pratica. La Teoria Possiamo suddividerne l'analisi in due parti riguardanti la collegialit episcopale e il primato di Pietro a) La collegialit dei vescovi Pur non essendovi ancora stato un concilio generale, egli difese l'unicit di tutti i vescovi: la Chiesa universale, pur essendo dispersa per il mondo, una come uno il sole nonostante i suoi molti raggi, uno l'albero nonostante i suoi vari rami e una la sorgente pur dividendosi in molti ruscelli. Strappate un ramo a un albero e il ramo spezzato non potr pi germogliare. Tagliate un ruscello dalla sua fonte, e s ubito la parte staccata dissecca. Cos pure per la Chiesa del Signore... Essa stende i suoi rami su tutta la terra con una vitalit potente, essa porta lontano le sue acque abbondanti. Tuttavia non v' che una sorgente, che una sola origine, che una sola madre con molti successivi parti fecondi. E' essa che ci genera, il suo latte che ci nutre, il suo spirito che ci anima 607 .
Secondo Cipriano:
La Chiesa che una e cattolica non risulta da pezzi separati, ma si tiene unita mediante l'efficace legame costituito dall'unione mutua dei vescovi 608 . Con i vescovi suoi colleghi e coepiscopi egli mantiene la divina concordia e la pace del Signore 609 . Se alcuno cercasse di fare una chiesa a s, separata dal resto devastando e spezzando il gregge di Cristo, gli altri (vescovi) vengano in suo soccorso, e, da pastori equi e misericordiosi ricondurranno al gregge le pecore del Signore610 . Novaziano si visto respinto, confuso, scomunicato dai vescovi del mondo intero611 . e Marciano discepolo del primo "che volle" giudicare il collegio episcopale, fu giudicato lui da tutti i vescovi 612 . I vescovi non possono essere d'avviso differente perch noi tutti non abbiamo che uno stesso Spirito. E' quindi chiaro che chiunque ha dei sentimenti contrari a tutti gli altri, non partecipa alla verit del Santo Spirito 613 .
b) Il primato romano Le affermazioni precedenti lasciano ben poco posto al primato papale, ma siccome alcune espressioni sono spesso addotte a suo favore, occorre esaminarle pi a fondo, tanto pi, poi, che in alcuni
605
J.K. Stirnmann , Die Praescriptio Tertullian im Lichte des rmischen Rechtes und der Theologie , coll. Paradosis, 3 Freiburg 1949. 606 Cfr M. Bvenot , Episcopat et Primaut chez s. Cyprien , in Ephemerides Theologicae Lovanienses 42 (1966). pp. 176-185: P. D'Ales , La Thologie de saint Cyprien , Paris 1922. 607 De Unitate 5. 608 Ep. 66, 8. 609 Ep. 73, 26; cfr Ep. 67, 7. 610 Ep. 68, 3. 611 Ep. 68, 2. 612 Ep. 68, 4. 613 Ep. 68, 5.
136 codici mancano proprio i passi pi significativi. Si tratta d'interpolazione fatta ad arte dei fautori del primato papale? 1. La questione critica riguarda in modo particolare il De Unitate Ecclesiae , che presentato in due forme diverse, come si vede dal prospetto che segue:
Dopo la citazione di Mt 16, 18-19 continua: E al medesimo (Pietro) dopo la sua resurrezione (il Signore) dice: Pasci le mie pecore. Su di lui egli edifica la Chiesa; a lui affida le pecorelle da pascere. E sebbene conceda un potere simile a tutti gli altri apostoli, stabilisce tuttavia una sola cattedra , e fonda la sua autorit d'origine e il carattere della unit. Gli altri erano quello che Pietro fu; ma il primato concesso a Pietro , e viene cos fatto conoscere che la Chiesa una , che la cattedra una . E tutti sono pastori, ma si vede che vi un sol gregge, che tutti gli apostoli pascono in unanime accordo. Colui che non pi legato a questa unit della Chiesa pu credersi ancora legato alla fede? Colui che abbandona la cattedra di Pietro, su cui fu fondata la chiesa, pu ancora sperare di rimanere nella Chiesa?614
Dopo la citazione di Mt 16, 18 s si legge: Su di uno solo egli edifica la Chiesa (segue la citazione di Gv 20, Pasci le mie pecore)
Chi non pi legato a questa unit della Chiesa, si pu credere ancora legato alla fede? Chi si oppone e resiste alla Chiesa, pu credere di essere ancora nella Chiesa?615
Alcuni studiosi, vedendo un contrasto tra la concezione collegiale del De Unitate e queste affermazioni, le ritengono opera di un falsario. Secondo Ugo Koch ci sarebbe avvenuto verso l'epoca del Concilio di Calcedonia, nel V secolo, quando preoccupazioni dello stesso genere fecero aggiungere al 6 canone di Nicea le parole Ecclesia Romana semper habuit primatum616 . Oggi entrambe le recensioni si attribuiscono allo stesso Cipriano che personalmente avrebbe rimaneggiato il testo originario del De Unitate617 . Tale fenomeno per interpretato in senso opposto, per cui secondo alcuni sarebbe originaria la recensione corta che il benedettino Dom. Chapman618 suppone sia stata redatta contro lo scismatico Felicissimo, e poi accresciuta, con parole pi favore614 615
Troves , Bibliot. Civica, Ms. 516 , sec. VIII-IX, n. 182, 371; cfr Fliche-Martin , Storia della Chiesa , vol. II, tav. VIII. Paris , Bibliot. Naz. Ms lat. 10592, fol. 34 ; sec. VI, n. 192, 371. 616 H. Koch , Cyprian und der Rmische Primat , 1910; Idem , Cathedra Petri, Beiheft fr die Neutestamentliche Wissenschaft , Giessen 1930. Tale opinione in genere seguita dai protestanti, come Benson , Cyprian, his Life, his Time, his Work , London 1897, p. 180; Loofs , Dogmengeschichte , Halle a.s. 1906, p. 209, ma pure accolta da studiosi cattolici come lo Ehrhardt , Die Altkritische Literatur und ihre Erforschung von 1884 bis 1900 , Freiburg i. Br. 1900, p. 476; Tixeront , Histoire des Dogmes , 11 ediz., Paris 1930, pp. 381 ss: Le Moyne , in Revue Benedectine 1953, pp. 70-115. 617 Cfr O. Ritschl , Cyprian von Carthago und die Verfassung des Kirche , Gttingen 1885, pp. 92 ss che nota il medesimo stile ciprianeo in entrambe le recensioni. 618 J. Chapman , Studies on the Early Papacy , London 1928, pp. 28, 50; Les interpolations dans le trait d e S. Cyprian sur l'unit de l'Eglise , in Revue Benedectine 19 (1902), pp. 246 ss, 357 ss, 20 (1903), 36 ss. Cos pure H. Harnack e J. Lebreton , La double dition du De Unitate Ecclesia de St. Cyprien , in Recherches Religeuses 24 (1934), pp. 456-467.
137 voli al primato romano, durante la opposizione che il rivale Novaziano elev contro il vescovo r omano Cornelio. Secondo altri sarebbe invece originaria la recensione lunga che Van Den Eynde, seguito da Maurice Bvenot619 , ritiene sia stata scritta durante lo scisma di Novaziano a Roma e di Felicissimo a Cartagine (a. 251), ma poi pi tardi, in occasione della controversia battesimale, vedendo che alcune sue frasi erano malamente intese e applicate a favore di Roma, le avrebbe eliminate, affinch il suo scritto non si prestasse a tale errata interpretazione. Qualunque sia l'ipotesi adottata va ricordato che le frasi della recensione pi lunga non hanno affatto il senso che si vuol loro attribuire. Il primato conferito a Pietro non un primato di superiorit, bens di pura cronologia. Il termine primato indicava allora una qualsiasi priorit, come il diritto di primogenitura che Esa cedette per un piatto di lenticchie. Pietro ha il primato perch a lui per primo furono concessi i poteri di rimettere i peccati (Ep 73, 7), per cui di fronte a lui Paolo non che un neonato620 . Tuttavia anche gli altri apostoli hanno gli stessi privilegi di Pietro. Anche gli altri erano ci che fu Pietro, dotati di medesimo onore e di potere, ma l'origine procede dall'unit 621 . Se tutti gli apostoli sono uguali ne viene che l'unit della Chiesa non sostenuta da una pretesa s uperiorit di Pietro, bens dal fatto che lui solo all'origine di tutto: il primo in senso cronologico. Colui che abbandona la cattedra di Pietro su cui la Chiesa stata fondata, pu vantarsi d'essere nella Chiesa? Si facilmente portati a vedere qui la Chiesa di Roma ed a trovarvi l'asserzione di una sua superiorit. Eppure nella lettera 59 afferma che ai singoli pastori viene conferita una porzione di gregge e ciascuno lo governa e deve rendere conto dei suoi atti al Signore. Se anche Pietro, secondo Cipriano, non era gerarchicamente superiore agli altri apostoli, anche la Chiesa di Roma non pu pretendere di possedere una giurisdizione sugli altri vescovi. Il vescovo di Cartagine vuole solo dire che la cattedra di Pietro, simbolo di unit e dalla quale era nata la unit sacerdotale (= episcopale), stata trasferita a Roma 622 . Perci ora la chiesa romana simbolo di unit, senza avere per questo potere superiore a quello degli altri vescovi. Colui che si separa dalla cattedra di Pietro, vale a dire colui che si rivolta contro il proprio vescovo, che trova la sua origine da Pietro (si noti che il contesto riguarda lo scisma di una chiesa particolare!), automaticamente si trova dalla chiesa universale. Non vi qui alcun accenno alla superiorit della Chiesa di Roma su tutte le altre. Il comportamento di Cipriano La teoria sopra riferita trov la sua applicazione pratica nel modo con cui Cipriano si oppose a papa Cornelio a proposito del battesimo amministrato dagli eretici. Tertulliano aveva gi sostenuto l'inva619
D. Van Den Eynde , La double dition du De Unitate Ecclesia de St. Cyprien , in Revue d'Histoire Ecclesiastique 29 (1933), 5, 24; M. Bvenot , St. Cyprien, De Unitate, Chapter 4 in the Light of the Manuscripts , Roma Analecta Gregoriana, XI, 1938; Idem , Primatus Petri datur , in Journal of Theological Studies 1954, pp. 19-35. 620 Ep. 71, 3. 621 Hoc erant utique et ceteri quod fuit Petrus; pari consortio praediti et Honoris et potestatis (Eccl. Unit. 4). Alcuni codici hanno qui interpolate queste parole: Ma a Pietro fu accordato il primato in modo che fosse cos palese l'unit della Chiesa e della Cattedra. 622 Si noti il passato exorta est nata quando Pietro era vivente. Sulla parete della basilica di S. Pietro a Roma vi scritto a caratteri cubitali il detto di Cipriano, ma ad arte modificato: Hinc Sacerdotii unitas exoritur (presente). Ma il senso stato cos del tutto deformato.
138 lidit di tale battesimo poich gli eretici, essendo privi dello Spirito Santo, non possono donarlo ad altri623 . Verso il 220 settanta vescovi africani riuniti in concilio sotto la direzione del vescovo Aurelio di Cartagine ripeterono la medesima opinione. In Asia Minore i sinodi di Iconio e Sinnada ratificarono la decisione africana. Cipriano nel 255 in un altro sinodo, riunitosi per raccogliere il parere di tutte le chiese dell'Africa settentrionale, ratific l'idea precedente e notific la sua conclusione, come era d'uso mutuamente tra i vescovi, al vescovo di Roma Stefano (254-257).
Cipriano scrive di ritenersi certo che lo stesso vescovo romano avrebbe approvato le decisioni africane, anche se alcuni (tra cui naturalmente il vescovo romano) non abbandonano ci che si infiltrato tra di loro, n cambiano facilmente le loro idee, ma si tengono saldi a certi usi particolari una volta che si siano introdotti, pur salvando il vincolo delle fede e la concordia con i colleghi. Perci non intendiamo premere n dare una legge ad alcuno, dato che nel governo della sua chiesa ogni capo libero secondo la sua volont, in quanto egli deve rendere conto dei suoi atti solo al Signore624 .
Si vede qui il concetto di indipendenza che le singole chiese, Roma compresa, avevano tra di loro e che del resto corrisponde al pensiero biblico (At 20, 28). Il comportamento di Cipriano, che pur bramava tanto l'unit della Chiesa, dimostra che per lui il primato della Chiesa romana era un primato d'onore e il vescovo di Roma un primus inter pares625 . Tale non fu invece il parere di Stefano che, pretendendo imporre la sua idea, ruppe la comunione con l'Africa e l'Asia Minore. Allora Cipriano il 1 settembre del 256 riun a Cartagine il pi grande sinodo africano, in cui furono presenti ottantacinque vescovi, due rappresentanti della Mauritania e della Numidia, moltissimi presbiteri, diaconi e laici. Essi riaffermarono la loro idea di non voler scomunicare chila pensasse diversamente, e continuarono a sostenere il loro pensiero precedente. Cipriano in una lettera a Pompeo, vescovo di Sabrata in Tripoli, parlando dell'opinione di Stefano, cos si esprime: Succede che per presunzione e ostinazione uno preferisce difendere le proprie idee equivoche e false, anzich aderire
alla giusta verit altrui. Prevedendo ci, il santo apostolo Paolo scrive e avvisa Timoteo che il vescovo non dev'essere litigioso n disputatore, ma mansueto e docile (cfr 2 Ti 2, 2 4). E' docile colui che paziente e gentile e ha la volont di apprendere. E' infatti necessario che i vescovi non solo insegnino, ma sappiano che insegna meglio colui che ogni giorno cresce e progredisce imparando il meglio. E' ci che ci insegna lo stesso Paolo quando ci previene che se a un altro che sta nell'assemblea sar rivelata una cosa migliore, il primo si taccia626 (cfr 1 Co 14. 30) .
Al sinodo del 256 egli si rivolse contro il vescovo romano con parole assai dure: Ciascun vescovo dovrebbe esporre il suo pensiero senza giudicare gli altri... nessuno di noi si erge a vescovo dei vescovi o cerca di costringere con terrore tirannico i suoi colleghi ad ubbidirgli, poich nessun vescovo pu essere giudicato da un altro... Noi tutti attendiamo il giudizio del nostro Signore Ges Cristo, ch lui solo ha il potere di preporci al governo della sua Chiesa e di giudicare l'atto nostro627 .
M. Bvenot per difendere implicitamente l'autorit di Roma sulle altre chiese ricorda il fatto che Cipriano non s' mai s pinto tanto oltre da scomunicare papa Stefano, come fece Firmiliano 628 . Riferisce pure la lettera di Cornelio a Cipriano, nella quale, dopo aver ricordato che a Cartagine venti623 624
Tertulliano, De Baptismo, 15. Ep. 71,1,3. 625 Cos il cattolico J. Quasten , Patrology , o.c., II, p. 376: Da queste parole evidente che Cipriano non riconosce un primato di giurisdizione del vescovo di Roma sopra i suoi colleghi . 626 Cipriano, Epist. 73 (secondo altri 73), 10 Antenicene Fathers V, p. 389. 627 Ep. 72, 3 (secondo altri 71, 3). Cfr B. Altaner, Patrologia, 6 ediz. Torino 1960 n. 140, 2. La traduzione segue appunto lo Altener che trae il testo da Hartel I, 436. 628 Firmiliano tratt Stefano da apostata nell'Ep. 75, 24. Va tuttavia notato che Firmiliano era un orientale indipendente da Roma, mentre Cipriano doveva riconoscere che secondo i canoni di Nicea tutto l'Occidente era stato affidato al p atriarca d'Occidente. Ci sarebbe quindi dovuto essere un concilio di tutto l'Occidente per trattare questi casi Cipriano si accontenta di difendere il suo diritto a pensarla diversamente.
139 cinque vescovi scismatici avevano consacrato vescovo Fortunato , egli chiede: Perch non me ne avete scritto alcunch? Il vescovo cartaginese gli risponde che non lo aveva ritenuto necessario, dato che non si trattava di un fenomeno di grande importanza. Io non ho scritto immediatamente, o fratello carissimo, a motivo di Fortunato q uesto pseudo-vescovo stabilito da qualche eretico testardo. L'affare non era tale da dover essere portato in fretta a vostra conoscenza, quasi fosse importante e temibile... Io mi dicevo che tutto ci era noto a voi, ed ero sicuro che la vostra memoria e i l vostro senso di disciplina non avrebbe dimenticato nulla629 ; non ho quindi giudicato che si dovesse in tutta fretta e con urgenza, comunicarvi le follie di questi eretici.Io non vi ho scritto queste nuove, poich noi non ne facciamo caso e, d'altra parte, io vi ho r ecentemente inviato la lista dei vescovi nostri, che sono a capo dei nostri fratelli e che non sono stati toccati dall'eresia .Anzi Cipriano termina dicendo che un messo era stato inviato a Roma per avvertirlo del caso Fortunato, ma che il messaggio aveva dovuto ritardare e che perci le due lettere si erano incrociate630 .
Questo fatto fa dire al Bvenot che la pratica di Cipriano era diversa dalla teoria; teoricamente il v escovo di Roma non superiore, ma praticamente gli riconosce la supremazia e gli rende conto del suo operato. Quindi Roma era da lui riconosciuta superiore a Cartagine; il vescovo quindi non r e631 sponsabile solo a Dio, ma anche a Roma . Tuttavia occorre osservare che Roma si sempre considerata come l'unica chiesa di origine apostolica dell'Occidente, per cui le chiese occidentali erano in tal modo sottoposte in un certo senso al suo controllo. Si trattava di una specie di patriarcato occidentale quale sar poi sancito dal Concilio di Nicea. Per cui strano sostenere il disaccordo tra teoria e pratica in Cipriano, quando anche la pratica fu assai rude nel caso di papa Stefano! In teoria e in pratica egli non attribuisce alla Chiesa di Roma alcuna supremazia gerarchica sulle altre chiese. Tuttavia in quanto vescovo di Cartagine sottoposto al patriarcato di Roma riconosce un certo suo dovere di comunicare a Roma i fatti pi importanti che si avveravano in Africa632 . In Asia Minore Cipriano trov un valido appoggio in Firmiliano , vescovo di Cesarea (+ circa il 268), che in una lettera indirizzata al vescovo cartaginese esprime la sua solidariet e adesione emettendo un giudizio assai severo e duro contro il vescovo di Roma, Stefano. Ecco alcuni brani assai forti della lettera di questo vescovo molto apprezzato in oriente per la sua dottrina e santit, e per essere stato un efficace baluardo contro l'eretico Paolo di Samosatra633 : Possiamo ringraziare Stefano per il fatto che con la sua incivilt ci ha procurato una prova della vostra fede e sapienza
(di Cipriano). Se per causa di Stefano abbiamo avuto la grazia da meritare tale favore e tale grazia. Nemmeno Giuda pu apparire meritevole per la sua perfidia e tradimento con cui ag malvagiamente contro il Salvatore, anche se tale mezzo divenne causa di tanti benefici e per lui il mondo e i popoli sono stati redenti con la parola del Signore... In quanto poi alle affermazioni di Stefano che gli apostoli proibirono di battezzare coloro che venivano dall'eresia e trasmisero
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L'anno precedente Fortunato era gi stato scomunicato e una lettera ufficiale di questo fatto era stata inviata a Stefano. 630 Ep. 59, 9 Tutta la lettera tratta di questo argomento. 631 Cfr M. Bvenot , A Bishop is Responsible to G od Alone. St Cyprian in Melanges Lebreton I = Rech. de Sc. Rel. 39 (1951), pp. 399-415. 632 Lo stesso Bvenot in una nota a p. 185 riconosce la possibilit di questa soluzione che farebbe cadere il suo precedente ragionamento: Dire d'une doctrine est implicite ne veut pas dire que les faits qui l'impliquent ne pourraient pas, de soi, s'expliquer autrement par la suite. De soi, l'example cit ici s'accomoderait une doctrine de Patriarcat occidental. L'implicite est, da sa nature, ambivalent . L'piscopat et la primaut chez Cyprien , a. c., p.185, n. 6. Ma vi questa differenza che nel caso del patriarcato occidentale non resta pi alcuna contraddizione tra teoria e pratica in Cipriano, mentre questa vi sarebbe nel caso di una superiorit di Roma sulla Chiesa. Una contraddizione bisogna ammetterla solo quando non vi sono altre soluzioni pi semplici e armonizzanti. 633 Cos il cattolico J. Campos , Obras de S. Cipriano (BAC, Madrid 1964), p. 703. Cfr il lusinghiero giudizio di questo vescovo da parte di Dionigi di Alessandria ed Eusebio ( Hist. Eccl. 7, 28,1 ).
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questa osservanza ai loro successori, nessuno cos stupido da accogliere questa tradizione come apostolica, dato che le eresie esecrabili e detestabili sorsero molto pi tardi. Approvare il battesimo di costoro non altro che unirsi al loro giudizio e partecipare con loro alla stessa condanna. Chiunque pu o sservare che i Romani non osservano tutta la tradizione originale a vanamente adducono l'autorit apostolica, se guarda ad esempio la data della celebrazione del giorno di Pasqua e molte altre questioni e riti religiosi in cui essi agiscono in nodo diverso e non osservano in tutto la stessa forma dei cristiani di Gerusalemme634 . Paolo poi sarebbe stato inferiore a questi vescovi odierni, in quanto costoro possono conferire lo Spirito Santo con la semplice imposizione delle mani agli eretici che vengono alla C hiesa, mentre Pao635 lo non fu capace di conferirlo ai battezzati di Giovanni . Chiunque approva il battesimo degli eretici ammette che con questi battezzati si forma la Chiesa e non capisce in tal modo di oscurare e quasi quasi di sopprimere la verit della pietra di Cristo... Stefano che si gloria di tenere la cattedra di Pietro per successione, non mosso da alcun zelo contro gli eretici, concedendo loro non poca cosa, bens lo stesso grande potere di conferire la grazia636 .
Alla fine cos lo apostrofa: Quali dispute e quali dissensi hai provocato nelle chiese del mondo intero! Di quale peccato ti sei reso colpevole,
quando ti sei separato dai tanti greggi! perch ti sei separato tu stesso, se vero che il vero scismatico colui che si mette fuori dalla comunione e dalla unit della Chiesa. Hai creduto di poter scomunicare tutto il mondo e hai invece scomunicato te solo! 637 .
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Ivi 75, 5 (secondo altri 74, 5.6), Antenicene Fathers V, p. 390. Ivi 75 (74) (AF p. 392). Paolo infatti dovette battezzarli di nuovo perch scendesse su di loro lo Spirito Santo (At 19, 1-6). 636 Ivi 75, 16-17 (altri 74, 16.17), vol. V, p. 394. 637 Epist. 75 (74) 24, p. 376. Questa lettera scritta in greco ci pervenuta in una traduzione latina dovuta senza dubbio a Cipriano e perci conservata nel suo epistolario (Edizione Lipsia). Cfr Fliche-Martin, Storia della Chiesa, vol. II, p. 266 (purtroppo non riprodotta dal Migne).
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CAPITOLO DODICESIMO LA "QUESTIONE" DEGLI APPELLI IL VESCOVO DI ROMA NON HA ANCORA TUTTO IL POTERE
Basilide e Marziale Il Concilio di Nicea del 325, sancendo una pratica gi impostasi nei secoli precedenti, decise che ogni vescovo punito potesse ricorrere contro tale sentenza al proprio metropolita. I metropoliti furono inizialmente tre: a Roma per l'Occidente, Alessandria per l'Egitto e Antiochia per l'Oriente (Siria, Cilicia, Mesopotamia, Palestina)638 . In Spagna Basilide, vescovo di Lon e Astorga, e Marziale, vescovo di Mrida, durante la persecuzione apostatarono dalla religione cristiana. Nel processo Basilide confess di aver bestemmiato Dio e Marziale di aver partecipato per lungo tempo ai banchetti di un collegio pagano e di aver fatto seppellire i suoi figli tra i pagani. Rimossi dalle loro sedi ricorsero a Roma, dove era stato eletto da pochi mesi il vescovo Stefano (254-257) che impose ai vescovi viciniori di reintegrarli nelle loro sedi. Ma Cipriano, vescovo di Cartagine (n. 257), in una lettera sottoscritta da trentasei vescovi riuniti in Concilio, gli si oppose con dignit e, senza attaccare direttamente Stefano, gli ricord come anche il suo predecessore Cornelio fosse stato d'accordo con gli altri vescovi nel deporli. Cornelio, nostro collega, uomo pacifico e giusto, al quale Dio si perfino degnato di concedere l'onore del martirio, ha
deciso che uomini siffatti, possono senza dubbio essere ammessi alla penitenza, ma che debbono venir esclusi dal clero 639 e deposti dalla dignit episcopale .
L'elogio tributato a Cornelio era una lezione indiretta al successore Stefano. Dato il rapporto di m utuo incoraggiamento e interessamento esistente nelle chiese di allora, Cipriano nel caso di Marciano, vescovo di Arles, colpevole di aver aderito al rigorismo di Novaziano, non si perit di suggerire lui stesso a Stefano il modo di comportarsi: Voi dovete scrivere esplicitamente ai nostri colleghi dell'episcopato che sono in Gallia, affinch non permettano pi a
lungo a Marciano che ostinato e orgoglioso... di insultare il nostro collegio... mandate quindi in Provenza ai fedeli di Arles una lettera in virt della quale, essendo Marciano scomunicato, un altro sia messo al suo posto, affinch il gregge 640 di Cristo, che egli ha disperso e che tuttora ferito e scemato, possa riunirsi .
Il Concilio di Sardica A Sardica (oggi Sofia) nella Mesia, ai confini tra l'impero d'Oriente e quello d'Occidente, si riun nel 343 un concilio composto d'occidentali ad eccezione di ottanta dissidenti eusebiani orientali.
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Concilio di Nicea, can. 5: si deve ricorrere al primate della provincia: i vescovi di una provincia si aduneranno due volte all'anno, prima della quaresima e in autunno per esaminare questi appelli (Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Herder, Roma 1962, p. 7). Il can. 6: Si osservi l'antica consuetudine secondo la quale il vescovo di Alessandria abbia potere sull'Egitto, la Libia e la Pentapoli, poich anche il vescovo di R oma ha un diritto simile. Anche Antiochia e le altre province conservino i loro privilegi nelle chiese (ivi c. 8). Sul Metropolita cfr A. Arp , Il Metropolita e la sua potest giurisdizionale sino al Concilio di Trento compreso, Roma. Pontif. Universit Lateranense 1966. (Secondo l'autore la loro superiorit sarebbe gi esistita al II secolo). 639 Epist. 67, indirizzata al clero e ai fedeli della Chiesa di Lon e Astorga e della Chiesa di Mrida, che non reintegrarono i vescovi. 640 Epist. 78, 2 -3. Si noti che il Concilio di Nicea (can. 6) sanc la consuetudine antica per cui la Chiesa romana godeva di preminenza su tutto l'Occidente, quindi la sua parola vi aveva un valore preponderante. Si noti pure che Cipriano non dice a Stefano di eleggere lui il nuovo vescovo, bens che un altro sia messo secondo le norme in uso. Cfr Fliche-Martin, Storia della Chiesa, vol. II Torino 1959, (2 ediz., pp. 258 e seguenti).
142 Non fu quindi un concilio ecumenico ed ebbe scarsa risonanza per cui si tent conferirgli maggior valore facendone passare i decreti come decisioni del Concilio di Nicea. A noi interessano i canoni 3-5 (specialmente 3) che riguardano il diritto di appello a Roma641 . Il vescovo deposto da un sinodo provinciale pu appellarsi al vescovo di Roma che ordiner una nuova istruttoria da parte dei vescovi limitrofi. Se anche in questo caso vi sar opposizione la chiesa di Roma (come metropolitana) interverr mediante un tribunale di vescovi, presieduto dai legati romani, a meno che si voglia ricorrere personalmente a Giulio II. A meno che si creda conveniente alla vostra carit per onorare la memoria di Pietro, che si scriva dai giudici a Giulio 642 II, il vescovo di Roma . Si tratt, quindi di un semplice consiglio del presidente Osio, lasciato alla discrezione dei singoli vescovi, eppure i primi, compreso Leone, poggiarono su questo canone, da loro abusivamente attribuito al Concilio di Nicea, per sostenere il diritto d'intervento nelle diocesi altrui. Dopo il Concilio di Sardica a) Occidente. Dobbiamo distinguere l'Occidente dall'Oriente; Roma accolse volentieri i ricorsi dell'Occidente e intervenne in loro favore talvolta anche con prepotenza, mentre fu assai cauta in Oriente. L'Occidente era infatti sottoposto alla sua giurisdizione (cfr Valentiniano III e il Concilio di Nicea), mentre l'Oriente s ottostava, prima, parte ad Alessandria e parte ad Antiochia, e poi tutto i ntero a Costantinopoli. E' assai interessante vedere il comportamento delle chiese africane, che, fiere della propria autonomia, decisero con diversi decreti conciliari che la deposizione di un vescovo fosse attuata da un tribunale di almeno dodici vescovi del luogo643 . Le chiese africane conservarono a lungo una certa indipendenza: il Concilio di Ippona, tenuto l'8 ottobre 393 sotto la presidenza di Aurelio, decise che la causa riguardante un vescovo fosse deferita al primate della provincia644 e, in seconda istanza, al concilio generale delle chiese africane e si oppose all'ingerenza romana645 . b) Celestio, sostenitore delle idee pelagiane, giunse nel 411 a Cartagine per ricevervi il sacerdozio senza tuttavia ritrattare la propria dottrina; dopo la sua scomunica l'eretico si appell a Roma e ad Efeso e ricevette ugualmente l'ordinazione sacerdotale646 . Gli Africani, riuniti in concilio generale a Cartagine il 1 maggio 418, chiesero a papa Innocenzo I e a Zosimo di condannare la dottrina di Pelagio, mentre per loro sostenevano sufficiente la condanna individuale gi effettuata647 . I vescovi africani sancirono pure che i presbiteri, i diaconi e in genere gli appartenenti al clero inferiore potevano ricorrere ai vescovi limitrofi, ai concili o al primate, ma non potevano appellarsi a R oma:
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Vi sono due recensioni: una greca (preferita dal Gaspar) e una latina (preferita dal Turner, Lietzmann). Can. 3: Si vobis placet, santi Petri apostoli memoriam honoremus, ut scribatur ab iis qui causam examinaverunt, Julio Romano episcopo (Hefele-Leclercq, l. c., vol. I, p. 763). Si noti tuttavia che in tal caso il vescovo di Roma poteva accogliere le decisioni del processo effettuato contro l'appellante, oppure indire un nuovo processo, che tuttavia non sarebbe stato effettuato da lui, ma da lui affidato ai vescovi viciniori dell'appellante. Roma richiam spesso la prima parte, ma dimentic la seconda (processo presso i vescovi viciniori) per arrogarsi essa tale diritto. 643 2 Concilio di Cartagine c. 10 (tenuto sotto Genetliaco il 390) PL 84, 187 c. 644 Can 6 del Breviario di Ippona PL 54, 422 A. 645 Ivi can 7 PL 54, 423 A. 646 Cfr Hefele.Leclercq, Histoire des Conciles, vol. II, pp. 168-196. 647 Non ammettono tuttavia la giurisdizione di Roma sugli individui scrisse bene Jean Gaudemet , L'Eglis dans l'Empire romain, Paris 1958, p. 439.
143 Non si accolga in Africa alcuno che abbia appellato alla chiesa transmarina, vale a dire alla chiesa romana648 . c) Apiario, un presbitero di Sicca Veneria, scomunicato dal vescovo Urbano, per la sua malfamata condotta, anzich appellarsi al sinodo provinciale, ricorse direttamente a Roma, dove il vescovo Z osimo accolse la protesta dell'appellante, e lo rimand in patria con un apparato straordinario di legati: Faustino, vescovo di Potenza nel Piceno, e due presbiteri di Roma, Filippo e Asello: Nemmeno se si fosse trattato di presiedere un concilio ecumenico vi sarebbe stato maggior spiegamento di forze649 . Apiario doveva essere reintegrato, Urbano scomunicato se non aderiva, i viaggi a corte d ovevano essere meno frequenti e ammessi i ricorsi a Roma, come era stato sancito dal Concilio di Nicea650 . Aurelio di Cartagine accolse freddamente tali richieste: siccome gli invocati decreti di Nicea non esistevano nella raccolta africana dei Canoni niceni, i vescovi inviarono dei messi in Oriente, per esaminare i documento originali. Nel frattempo venne a morte il vescovo Zosimo di Roma, e la chiesa romana fu dilaniata da lotte per la successione: Eulalio si fece consacrare vescovo in S. Giovanni in Laterano e Bonifacio nel tempio di S. Marcello. Nel 419 si riun a Cartagine un sinodo, e, in attesa dei testi ufficiali d'Oriente, si assolse Apiario dalla scomunica, lo si mand via da Sicca Veneria e si scrisse a Bonifacio, che nel frattempo aveva avuto il sopravvento: Noi speriamo che per divina misericordia, fin quando la Santit Vostra presieder la chiesa romana, non dovremo pi
soffrire una simile arroganza, e che verranno usati a nostro riguardo modi tali da non essere pi obbligati a protesta651 re .
Apiario, rifugiatosi a Tabraca, si comport ancor peggio per cui, scomunicato, ricorse nuovamente a papa Celestino, che lo rimand di nuovo in Africa con il medesimo legato Faustino. Questi, nonostante le accuse schiaccianti, adducendo con arroganza le pretese romane, esigette la reintegrazione di Apiario. Ma in seguito alla confessione di Apiario, anche Faustino dovette capitolare, e si mand a Celestino la decisione del sinodo di Cartagine (a. 424) dalla quale risultava che le questioni africane si dovevano risolvere in Africa e non a Roma, e si affermava che l'accoglimento degli appelli da parte della Chiesa romana avrebbe costituito una indebita ingerenza nei problemi africani. Gli Atti erano accompagnati da una lettera sinodale assai forte: Al molto caro amato signore e venerabile fratello Celestino... Faustino s'oppose violentemente a tutto il sinodo, insultandoci gravemente con il pretesto di affermare il privilegio della Chiesa romana di chiedere la reintegrazione di Apiario nella comunione per il fatto che la vostra santit lo ha reintegrato. Tuttavia, con tutto il rispetto, noi seriamente ti esortiamo per il futuro a non essere pronto ad accogliere querelanti che vengono da questa regione e a non ricevere nella comunione quelli che noi abbiamo scomunicato. Vostra riverenza vorr notare che ci stato prescritto da canoni di Nicea... Poich dai decreti di Nicea non solo i chierici di rango inferiore ma gli stessi vescovi sono stati sottoposti al giudizio dei loro stessi metropolitani. Poich essi (decreti) hanno ordinato con molta saggezza e giustizia che tutti i problemi devono essere terminati l dove ebbero inizio: essi non hanno mai pensato che la grazia del Santo Spirito possa venir meno in una provincia ai sacerdoti di Cristo, s che questi non abbiano a poter discernere e difendere fermamente
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Conc. di Cartagine s. 474 can. 17; Mirbt , Quellens zur Geschichte d es Papstum , n. 606 Ad transmarina autem qui putaverit appellandum, a nullo intra Africam in comunione suscipiatur (Hefele 11, 119 caus 2 qu c. s. 35). Va notata la trasformazione che gli diede Graziano nella sua collezione: nisi forte ad Romanam sedem appellaverit con tale piccola aggiunta il no, diviene s! 649 L. Duchesne , Histoire ancienne de l'Eglise , vol. III, p. 243. 650 Di fatto si trattava delle decisioni di Sardica, non di Nicea; ma Roma sempre attribu a Nicea i decreti di Sardica, che i vescovi africani ritenevano una assemblea di ariani (cfr. Agostino, Epist. 44, 6; Contra Cresconium 4, 52). 651 Codex Canonum Ecclesae Africanae n. 134 (ed. G. Voellus e N. Justellus, vol O, Paris 1661); Hardouin, t. l, col 946; Fuchs , Bibliotek der Kirchenvaters , t. III, p. 404 (cfr PL 67, 126).
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ci che giusto, tanto pi che, quando uno si sente leso nei suoi diritti da una condanna, pu ricorrere al sinodo provinciale e anche a un concilio generale (dell'Africa); altrimenti si dovrebbe supporre che Dio pu ispirare un singolo uomo con giustizia e rifiutare ci a una innumerevole assemblea di sacerdoti riuniti a Concilio.Come potremo aver fiducia in una sentenza emanata al di l del mare, dal momento che n on possibile inviare quivi tutti i necessari testimoni o per causa di debolezza di sesso, o per et avanzata o per qualsiasi altro impedimento? Per quanto poi all'invio di un legato da parte della vostra Santit, noi non troviamo che ci sia stato ordinato da alcun Concilio di Padri; poich per ci che ci avete inviato mediante il nostro fratello vescovo Faustino noi non troviamo nulla del genere nelle autentiche copie di quel Concilio (di Nicea) .Ad ogni modo chiunque tu voglia delegare del tuo clero per eseguire i tuoi ordini, non farlo, altrimenti parr chiaro che noi introduciamo il fumoso tifo di questo secolo nella Chiesa di Cristo (= il sistema imp eriale di inviare rappresentati)... Ora che il miserabile Apiario stato rimosso, siamo sicuri che 'lAfrica non dovr pi a 652 lungo sopportare la presenza del nostro fratello Faustino .
d) Il Concilio di Cartagine (a. 525). Le decisioni precedenti furono riprese dal Concilio di Cartagine del 525 che cos sentenzi: Nessuno osi appellare alla Chiesa romana653 . Il che denota che le chiese africane non riconoscessero il diritto d'appello a Roma. e) Chiese orientali. Anche alcuni vescovi orientali ricorsero a Roma, non tanto perch ne riconoscessero l'autorit giurisdizionale sopra l'Oriente, ma solo per sostenere mediante il peso di una chiesa assai importante la propria posizione. Vi ricorsero specialmente coloro che erano perseguitati come il Crisostomo nel 404, Giuliano di Costantinopoli, Eusebio di Dosilea e Teodoreto di Ciro nel 449. Costoro non potevano ignorare i canoni di Nicea che li mettevano sotto la giurisdizione dei metropoliti orientali, come Alessandria e Antiochia e quello di Costantinopoli che li sottoponevano al metropolita costantinopolitano. I vescovi di Roma cercarono di intervenire e appoggiare le loro richieste cos come del resto fecero altri vescovi. Tuttavia spesso l'intervento era assai diplomatico, come appare dalla lunga corrispondenza intercorsa tra Girolamo e papa Damaso, a cui il primo, che pur era latino e suo amico, era ricorso per i soprusi da lui subiti da parte del vescovo di Gerusalemme, Giovanni. Nella polemica che si dibatteva allora circa la esistenza di tre ipostasi (o persone) in Dio, Girolamo si rivolse a Roma, scrivendo: Delle volpi devastano la vigna di Cristo... perci ho deciso di consultare la cattedra di Pietro dove si trova quella fede
che la bocca di un Apostolo ha esaltato... N l'immensit del mare n l'enorme distanza terrestre hanno potuto impedirmi di cercare la perla preziosa; solo presso di voi si conserva intatta l'eredit dei padri... Io non conosco altro primato che quello di Cristo! per questo mi metto in comunione con la tua Beatitudine, cio con la cattedra di Pietro. So che su 654 questa pietra edificata la Chiesa... Chi non si trova nell'arca di No perir durante il diluvio .
Ma il papa tace e il monaco angustiato nuovamente lo sollecita: Ora il nemico non cessa di starmi appresso: qui nel deserto subisco attacchi pi violenti che mai. Da un lato rugge la
rabbia degli ariani... dall'altro la Chiesa divisa in tre correnti e ciascuna cerca di attirarmi. La stessa veneranda autorit dei monaci che vivono attorno si alza contro la mia persona. Io intanto continuo a gridare: chi unito alla cattedra di 655 Pietro con me .
Anche quando il suo monastero di Gerusalemme fu devastato dai pelagiani con il permesso del v escovo Giovanni di Gerusalemme, Girolamo nuovamente si rivolge a papa Damaso, che assicura G i652
Sinodo di Cartagine del 424, in Mansi III, 839 s. lettera a papa Celestino n. 138 in Mansi IV, p. 515; cfr J. Chapman , Studies on Early Papacy , London 1928, pp. 184.208; Bihlmeyer o. c., I, p. 357. 653 Cos nel Codex Palatinus lat. 574 della Bibl. Vatic., ff. 118-119 Ut nullus ad romanam ecclesiam audeat appellare; cfr C. Munier , Un canon inedit du XX Concile de Carthage , in Revue de Sciences Religeuses 40 (1966), pp. 113126. L'edizione di Labb-Cossart I, c. 1634 invece di romanam sedem ha ad Trasmarinam come nel Can. Cartaginese del 424; siccome l'edizione fu tratta dal codice palatino, si deve pensare o ad un errore involontario o ad una falsificazione per diminuire l'opposizione di Roma. Il codice proveniva dall'Abbazia benedettina di Lorsch; la stessa lezione si ha pure nel cod. Murbacensis della celebre Abbazia di Burbach (ora biblioteca alsaziana di Gotha). 654 Lett. 15, 1-2. 655 Lett. 16.
145 rolamo di aver scritto ima lettera al vescovo di Gerusalemme, che ancora oggi possediamo e nella quale si leggono le seguenti esortazioni:
Il potere che il diavolo ha preso su di te e sui tuoi non riesce assolutamente a scuotere quella tua risaputa piet di V escovo? Su di te dico. Perch il fatto che nella tua Chiesa sia stato commesso un misfatto cos esecrabile , senz'altro, un capo di accusa contro la tua carica vescovile. Dove sono le precauzioni che hai preso? E prosegue raccomandandogli: Sta attento, fratello mio, alle insidie dell'antico nemico e sii molto vigilante, come dovrebbe esserlo un buon superiore cos potrai o porre rimedio o reprimere quei fatti che mi sono stati riferiti pi come resoconto personale che come accusa formale. Altrimenti il diritto ecclesiastico sarebbe costretto a prendere le dovute sanzioni contro chi non ha difeso la 656 causa degli oppressi .
Se da questi scritti appare quanto grande sia gi divenuta l'autorit papale, si pu anche osservare con quanta diplomazia parli al vescovo di Gerusalemme; non lui bens il diritto ecclesiastico che sarebbe costretto ad intervenire, vale a dire il tribunale regionale a cui spettava il giudizio e non al vescovo di Roma657 .
656 657
Lett. 137. Si vedano i decreti del Concilio di Nicea, Per l'epistolario tra Damaso e Girolamo e Giovanni, vescovo di Gerusalemme, cfr G. Brunelli, Il primato nelle lettere di Girolamo, in L'Osserv. Romano, 1 ottobre 1965, p. 7).
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Ancor buona nonostante la sua antichit l'opera di Baudi di Vesme e Fossati, Le vicende della propriet in Italia dalla caduta dell'Impero Romano fino allo stabilimento dei Feudi, Totino 1836. Cfr pure N. Moresco, Il Patrimonio di S. Pietro. Studio storico-giuridico sulle istituzioni finanziarie della S. Sede, Torino 1916. 659 Pi tardi Nicol I e Leone IX fecero rimostranze agli imperatori greci per riavere i patrimoni orientali occupati, ma senza alcun risultato. 660 Vi era per questo l'ufficio della amministrazione finanziaria con a capo il tesoriere (arcarius ), il pagatore (sacellarius) che aveva alle sue dipendenze dei funzionari (defensores), tutti sacerdoti, diaconi e suddiaconi, perch Gregorio non volle affidare a laici l'amministrazione di questi organismi assai delicati. Gli impiegati dell'amministrazione centrale (diaconi e suddiaconi) erano mandati in missione speciali temporanee se ispettori (ordinatores); permanenti erano invece i defensores , alle cui dipendenze stavano gli actores (actionarii) e i tonsurati . 661 La Donatio costituisce una parte delle Decretali su cui vedi sopra. Per il falso cfr L. Valla , De falso credita et mentita Constantini donatione declamatio , 1440; ediz. di Schwahn 1928. 662 Concordatio Catholica III, 2. 663 Localit nei pressi di Leon, dove nel 754 si stipularono accordi tra papa Stefano II e Pipino, che promise di difendere la Chiesa e di restituirle i territori imperiali italiano, occupati dai Longobardi.
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stamento al secolo nono (Buchner-Eichmann 816; Schnrer-Heuggeler verso l'850). La formulazione indefinita e il contenuto altisonante della donazione poterono anche in seguito dar argomento a ulteriori rivendicazioni del papato per l'aumento dei territori, per l'autonomia politica e per un predominio sull'Occidente, quest'ultimo concepito pi idealmente che altro. In questo senso, dopo la met dell'XI secolo, con decisione ed insistenza per solo dalla fine del XII essa venne usata dai papi nelle lotte con le potenze secolari, d'altro canto venne oppugnata come dannosa per la Chiesa da parte di eretici e di avversari di papi, qualche volta anche in ambienti ecclesiastici (Dante e altri) 664 .
Ecco il contenuto della Donatio: nel 314 un prete di nome Silvestro fu consacrato vescovo di R oma, proprio negli anni in cui la citt era terrorizzata da un dragone puzzolente che con il fetore del suo alito ne sterminava gli abitanti. Il mostro abitava in una caverna ai piedi della rupe Tarpea, alla quale si accedeva attraverso una scala di trecentosessantasei scalini. Nessuno osava affrontare il dragone, finch un giorno il papa si cal disarmato nella tana del mostro e lo cattur. Dopo alcuni giorni l'Urbe fu colpita da una calamit ben pi grave: l'imperatore Costantino aveva bandito la persecuzione contro i cristiani; lo stesso Silvestro fu costretto a fuggire ed a cercare rifugio in una grotta nei pressi del monte Soratto. Qui lo raggiunse la notizia che l'imperatore era stato colpito dalla lebbra. I medici di corte erano disperati perch nulla riusciva a lenire le sofferenze di Costantino, al cui capezzale furono convocati i pi grandi maghi dell'impero; costoro gli ordinarono di immergersi in una vasca piena di sangue spremuto dal ventre di bimbi appena nati. Costantino rifiut di sottomettersi a tale rimedio atroce e la notte stessa gli apparvero in sogno i santi Pietro e Paolo che gli diedero l'indirizzo di Silvestro. L'imperatore credendo che si trattasse di un medico, lo mand a cercare, ma il pontefice accorso al suo capezzale gli somministr i primi rudimenti della fede cristiana. Dopo una breve penitenza in cilicio Costantino fu battezzato nel palazzo lateranense: l'imperatore, indossata la veste bianca del catecumeno, fu calato in una vasca dalla quale riemerse completamente guarito. Le piaghe che gli dilaniavano il corpo erano scomparse, le ulcere si erano cicatrizzate. La persecuzione fu immediatamente revocata e il Cristianesimo divent religione ufficiale dell'impero. Nuove chiese cominciarono ad essere costruite a spese dello stato, e di alcune l'imperatore gett personalmente le fondamenta. Un giorno Costantino ricevette dalla Bitinia una lettera della moglie Elena, nella quale l'imperatrice gli suggeriva di adottare il giudaismo, l'unica vera religione. Costantino convoc il Papa e il Rabbino: i tre disputarono a lungo, ma non riuscendo a mettersi d'accordo, decisero di ricorrere al giudizio di Dio. L'imperatore allora ordin che fosse condotto un toro: si avvicin per primo al rabbino, che sussurr all'orecchio dell'animale un versetto della Bibbia. Il toro, come fulminato, piomb a
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K. Bihlmeyer - H. Tuechle, Storia della Chiesa, o. c., II, 58-59. Dante vi accenna con i celebri versi: Ahi, Costantin di quanto mal fu matre non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre (Inferno 19, 115-117). Il testo greco accanto a quello latino, fu pubblicato da A. Gaudenzi, Il Costituto di Costantino, in Bollettino dell'Istituto Storico Italiano 39 (1919), pp. 87-112, e da R. Cessi, Il Costituto di Costantino, in Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 68 (1928-29 II), pp. 972-1007; Idem , Il Costituto di Costantino, fonti ed et di composizione, in Annali della R. Universit di Trieste, I (1929); Idem, Il Costituto di Costantino, in Rivista Storica Italiana, 48 (1931), pp. 155-176; G.P. Kirsch, La Donatio di Costantino , in La Scuola Cattolica 1913, II, pp. 198-213. Che la Donatio (pur riallacciandosi alla leggenda di S. Silvestro, battesimo e guarigione di Costantino del secolo V), sia di origine curiale e romana e in rapporto con Stefano II, appare da alcuni termini come cincinnatio luminarium (che si rinviene solo in lettere papali di questa epoca, nel Constitutum Pauli I e nella Donatio); anatemi (con formule esistenti nella Donatio, Constitutum, Epistula S. Pauli, altro documento dell'epoca); satrapae (che esiste solo nella Donatio e in altre lettere papali dell'epoca). Fu perci composta verso la seconda met del sec. VIII e presentata a Pipino. Cfr Doellinger, Infallibilit papale , trad. ital. pp. 67 s. Un primo accenno ad essa si legge in una lettera di Adriano I a Carlo (a. 777), che gli suggerisce di restituire ancora di pi al papa essendo questi il successore di Pietro e di Costantino nell'Occidente; la prima citazione diretta si ha in Leone IX (verso la met dell' XI secolo). Cfr pure Fliche e Martin , Storia della Chiesa , Torino 1948, vol. VI, pp. 374-378; H. Ullmann , The Growth of Papal Government in the Middle Age , London 1955, pp. 78 e 74 (Stefano II); L. Pacaut , La Thocratie , Paris 1957 (la Donatio fu composta verso il 750-760); Elie Griffe , Aux Origines de l'Etat Pontifique. Le couronnement imperial de l'an 800 et la Donatio Constantini, in Bullet. de Littrature Ecclesiastique 1958, pp. 193-211 (la donatio fu scritta verosimilmente nell'Abbazia di St. Denis dove vi un codice della prima met del IX secolo).
148 terra, e tutti gridarono al miracolo. Quando fu il suo turno, Silvestro si accost alla vittima e pronunci il nome di Cristo. Immediatamente il toro morto alz la coda e fugg. L'imperatore, sconvolto del prodigio abbandon l'Urbe e part per l'Oriente, dove fond la citt che da lui prese il nome. Ma prima di imbarcarsi don la giurisdizione civile dell'Occidente a Silvestro e successivamente riconobbe la supremazia del vescovo di Roma sui patriarcati di Alessandria e Antiochia, Gerusalemme e Costantinopoli. Il pontefice ottenne pure le insegne di basileus vale a dire il manto purpureo, lo scettro e la scorta a cavallo. Ci gli conferiva automaticamente la potest temporale sull'impero d'Occidente e lo rendeva indipendente da quello d'Oriente. Il clero fu equiparato al Senato e autorizzato a bardare le cavalcature con gualdrappe bianche; l'imperatore depose personalmente l'atto di donazione sulla tomba di s. Pietro. Stefano II e lo stato pontificio Con l'invasione dei Longobardi ad opera di Astolfo e la successiva caduta del territorio dell'esarcato, tenuto in Italia dai Bizantini, Stefano II (752-757), che aveva molti beni ecclesiastici, per impedire di cadere sotto il dominio longobardo e di essere degradato al ruolo di un semplice vescovo, si rec nel 753 alla corte del re franco Pipino per ottenere, tramite il suo appoggio, la restituzione del territorio occupato.
La scena fu drammatizzata dai cronisti: Stefano II si inginocchi davanti a Pipino e con le lacrime agli occhi lo supplic di difendere la causa di Pietro e della repubblica romana. Anzi secondo il cronista di Moissac, la scena avrebbe raggiunto il patetico: vestiti di cilicio, la testa cosparsa di cenere, il papa e i suoi ecclesiastici si sarebbero prostrati d avanti a Pipino affermando che non si sarebbero rialzati finch Pipino non si fosse impegnato di restituire, o meglio far ridare da Astolfo ai bizantini l'esarcato 665 .
Pipino si interess perch Astolfo restituisse il territorio ai Romani, forse perch circolava di gi presso la corte francese e la curia romana la Donatio Constantini. Nella dieta di Quercy-sur-Oise (a. 754) il re si impegn formalmente ad accontentare il papa. Ma Astolfo, anzich mantenere le sue promesse, assedi Roma. Stefano II invoc allora con gran veemenza l'aiuto dei Franchi, anzi in una lettera immagin che lo stesso S. Pietro scrivesse a Pino e ai suoi:
Io Pietro, apostolo di Dio, che vi tengo per miei figli adottivi per difendere dalle mani dei nemici questa citt di Roma e il popolo affidatomi da Dio e il tempio in cui riposa il mio corpo, vi scongiuro a strappare dalla contaminazione delle genti e a liberare la Chiesa di Dio a me affidata dalla divina potenza soprattutto per le gravi afflizioni che soffriamo da parte della pessima razza dei Longobardi
e continua dicendo di non permettere al popolo romano di cadere in mano dei Longobardi affinch i Franchi non siano separati dal regno di Dio e dalla vita eterna666 . Pipino accorse immediatamente, liber Roma, fece occupare l'esarcato e l'abate di S. Dionigi fu i ncaricato di curare la trasmissione della sovranit di quel territorio a favore del papa. All'ambasciata di Bisanzio che lo reclamava per s, rispose:
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F. Marcora, Storia dei Papi, vol. I Milano s. d., p. 391. E' la famosa lettera X del Codice Carolinus in MGH, Epistolarum III, ed. Gundlach, Berlino 1891, pp. 501-503. Al riguardo di questa lettera cos si esprime il Gregorovius: Non l'eresia di Ario, non quella di Nestorio, n altre che avevano minacciato le fede cattolica nel suo fondamento pi vitale, avevano mai indotto s. Pietro a scrivere lettere; e persino allora che Leone imperatore aveva minacciato di distruggere il suo simulacro che era a Roma, l'apostolo non aveva pur dato segno di sua collera. Ma ora che grave pericolo si addensava sulla sua citt, e piuttosto sui suoi patrimoni, il santo si scuoteva e indirizzava una lettera di fuoco al re dei Franchi suoi figli adottivi (Gregorovius, Storia della citt di Roma nel M. E., vers. italiana di R. Manzato, Roma 1900, p. 541). Il Muratori afferma: Certamente nulla pi capace di travolgere le nostre idee e di farci nascere in mente delle dolci e strane immaginazioni, che la s ete e l'amore di beni temporali innata in noi tutti (Annali d'Italia, p. IV, Milano 1844, p. 313).
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Non avere lui, per amore d'uomo del mondo, condotto quella guerra, ma per amore di Pietro, per conseguire in tal m odo la remissione dei suoi peccati, n che mai per tutto l'oro del mondo sarebbe venuto meno alla fede data alla Chiesa di Roma 667 .
Cos si costituiva uno stato pontificio, che era insieme spirituale e temprale, che da quel momento avrebbe assunto un ruolo importante nella storia italiana e mondiale. penso che oggi quasi tutti anche i cattolici riconoscano la giustezza del giudizio dato dal Gregorovius:
Con la fondazione di tale stato, cess il periodo della storia puramente vescovile e sacerdotale e si chiuse l'epoca pi bella e gloriosa della Chiesa romana e i pontefici che, contro la legge del Vangelo e delle dottrine di Cristo, associarono il sacerdozio al principato, non poterono dappoi serbarsi alla pura missione dei vescovi apostolici. La loro duplice natura, contraddizione in se medesima, li trascin ognor pi al basso, in mezzo all'agitazione delle ambiziose arti politiche, laonde eglino, per necessit, furono tratti a lotte depravatrici, affine di mantenersi nel possesso dei loro titoli temporali; furono costretti a discendere a guerre civili interne contro la citt di Roma e a lotte continue contro le potest politiche 668 .
E' appunto ci che vedremo nelle pagine seguenti, dove si mostrer la gara verso la supremazia non pi solo nel campo religioso, bens anche nel campo civile. Superiorit papale sui governi civili Il papato and imponendosi sui principi terreni assai lentamente669 ; dapprima gli stessi papi stavano sottoposti all'imperatore al quale sino al tempo di papa Agatone (681 d.C.) pagavano un tributo al momento della loro elezione e dal quale chiesero sino a papa Benedetto II (a. 685) la approvazione. Ancora Leone III eletto nel 795 si affrett a rendere nota la sua elezione al re franco Carlo promettendogli fedelt e ubbidienza e offrendogli, tramite i suoi legati, , le chiavi della Confessione di S. Pietro e il Vexillum di Roma, segno rispettivamente del suo dovere di custode del s epolcro dell'apostolo e della sua autorit sulle milizie romane. I primi imperatori presiedevano i concili ecumenici e ne imponevano le decisioni come leggi imperiali. Fu Ambrogio, vescovo di Milano, che cominci ad affermare in una sua lettera a Valentiniano come anche l'imperatore fosse dentro e non sopra la chiesa670 . All'imperatore Graziano oppose la precedenza delle leggi ecclesiastiche su quelle statali671 . Dopo la strage di ottomila persone nel circo di Tessalonica nel 390, esigette una penitenza pubblica da Teodosio, nonostante ch'egli fosse imperatore. Il trasferimento della capitale a Bisanzio e l'inizio del potere temporale pontificio assicurarono maggior libert alla chiesa romana e facilitarono l'imporsi dell'autorit papale anche sopra i re dell'Occidente672 . I rapporti del vescovo di Roma con gli imperatori e le varie corti si coltivarono mediante gli apocrisari; cos Leone I (+ 461) accredit stabilmente Giuliano di Coos presso la corte imperiale di Costantinopoli. Essi erano simili ai moderni ambasciatori, ma in pi erano giudici degli affari ecclesiastici e con una delega speciale potevano persino presiedere i concili a nome del papa.
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Cfr Marcora, o. c. p. 396. Si cfr pure lo studio di Th. Zwolfer , S. Peter Apostelfurst und Himmelpfortner, Seine Verehrung bei den Angelsachen und Franken , Stuttgart 1929. 668 Gregorovius , La Storia della citt di Roma nel Medioevo , Roma 1900, vol I, p. 546. 669 Oltre alla Bibliografia posta in calce confronta: F. Salvoni, The Catholic Church and the Civile Government , in Restoration Quarterly 3 (1959), pp. 38-42; S. Pilati , Chiesa e Stato nei primi quindici secoli. Profilo dello sviluppo della teoria attraverso le fonti e a l bibliografia , Roma, Descle 1964, p. 245. R.A. Markus , T wo Conceptios of P olitical Authoriy , in Journal Theological Studies, 16 (1965), pp. 68-100. R.W. e A.J. Carlyle , Activity of Medieval Political Theory in the West , Edinburg-London 1927-1928 (opera fondamentale; traduz. italiana presso Laterza, Bari). 670 Ambrogio, Epist. 2 ad Valentinianum. 671 Idem, Epist. ad Gratianum. 672 Cfr Duchesne, I primi tempi dello Stato Pontificio, traduzione di Salvatorelli, Torino 1947; cfr L. Pareti , Storia di Roma , vol. VI, Torino, UTET, 1962.
150 In un primo tempo si ammise una distinzione tra i due poteri religiosi e civili, pur asserendo una certa superiorit del potere sacro su quello civile. Gi il vescovo romano Gelasio I (492-496) cos scriveva all'imperatore Anastasio:
Vi sono, Augusto Imperatore, due poteri che principalmente si dividono l'impero del mondo la sacra autorit dei pontefici e la potenza regale; l'ufficio dei sacerdoti tanto pi grave in quanto essi devono rendere conto, al giudizio divino, anche per gli stessi re preposti agli uomini... La piet vostra comprende certamente che nessuno pu, per qualsiasi motivo umano, ergersi contro il privilegio della confessione (ossia del primato) di colui (= Pietro) che il Cristo ha preposto ad ogni cosa e la venerabile Chiesa ha sempre riconosciuto e devotamente considerato come suo capo 673 . Tuttavia nell'ordine civile egli asseriva che anche gli ecclesiastici devono sottostare alle leggi imperiali
La stessa posizione fu presa da Nicol I (858-867) che cos ammoniva l'imperatore Michele:
Il re non pontefice e il pontefice non re... perci il re ha bisogno dei sacerdoti per la sua vita eterna e il pontefice deve adottare le leggi imperiali per le questioni secolari 674 .
Carlo Magno, re di forte personalit, non ebbe ritegno a mandare i suoi ammonimenti a papa Leone III quando nel 795 fu eletto papa. Al suo rappresentante romano cos scrive:
Avvertirai diligentemente il papa di praticare un'assoluta onest nella sua vita, d'osservare particolarmente i sacri canoni, di governare con piet la santa Chiesa di Dio, secondo l'opportunit e la convenienza. Gli ricorderai spesso che gli onori di cui gode presentemente non dureranno che un tempo 675 .
Dinanzi alle accuse formulate contro il novello papa, Carlo Magno si rec di persona a Roma per giudicare nell'800 Leone III.
Per esaminare questa causa il clementissimo e serenissimo Signore, il re Carlo, qui presente, venuto in questa citt con il suo clero e i suoi notabili 676 .
Il giudizio termin con l'assoluzione dell'accusato, il quale con giuramento si protest innocente delle accuse formulate contro di lui. In questi secoli accaddero due fatti importanti destinati a creare dei precedenti a favore della supremazia papale sui re e sugli imperatori. Il primo fu l'incontro di Stefano II con il re Pipino nel 754, durante il quale il re, per fare atto di omaggio al papa, tenne le briglie del cavallo papale in segno di stima. Questo atto divenne pi tardi un diritto papale e fu inteso come sottomissione del re al p a677 pa . Il secondo fu l'incoronazione di Carlo Magno ad imperatore da parte di Leone III nel Natale dell'800. Siccome fu il papa a donare al re franco un'autorit che prima non aveva e che da solo non avrebbe potuto conquistarsi, se ne dedusse che il papa superiore allo stesso imperatore. Per cui dimenticando l'adorazione del neo eletto da parte di Leone inginocchiato dinanzi a lui, si am presentare il papa nell'atto di porre la corona sul capo di Carlo Magno 678 .
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Gelasio, Epist. VIII, 2-3 PL 59, 42 A-B. Ep. 8 Proposueramus, ad Michelem Imperatorem , scritta nell'a. 865; Denzinger-Bannw, n. 333. 675 Alcuino, Epist. 92. 676 Testi di Ivo Chartres , Decretalia , pars V, c. 213 PL 161, 421. 677 E' l'ufficio dello stratore (officium stratoris) descritto qui in modo assai simile a quello della Donatio Constantini. 678 E. Griffe, Aux origines de l'tat Pontifical, Le corounnement imprial de l'a. 800 et la Donatio Constantini , in Bull. de Litt. Eccl., 59 (1958), pp. 193-211.
151 Nicol II (1058-1061) per meglio attuare la sua indipendenza dall'imperatore e dalle famiglie patrizie romane emise una legge per cui il papa avrebbe dovuto essere eletto solo dai cardinali, che costituirono cos il senato della Chiesa (Sinodo Lateranense del 1059). Gregorio VII Nel secolo X il papato con i suoi molti scandali perse ogni potere e rimase praticamente in balia ai Patrizi di Roma679 . Ma nel secolo XI il papato si riprese c on Gregorio VII680 austero monaco che, eletto nel 1073, fu ordinato prete, poi consacrato vescovo ed infine coronato papa (1073-1085). La sua concezione del papato si trova nel famosa Dictatus papae, vale a dire in ventisette proposizioni sintetizzanti il suo pensiero, mentre i rapporti con l'impero furono risolti nella lotta per le investiture culminante nel suo scontro con Enrico IV. a) Il Dictatus Papae, nel sinodo romano del 1075, defin i diritti e le prerogative del papa con termini fino ad allora mai usati:
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. La Chiesa romana stata fondata unicamente da nostro Signore. Solo il pontefice romano ha il diritto di essere chiamato universale681 . Lui soltanto pu deporre o assolvere i vescovi. Nei Concili il suo legato presiede a tutti i vescovi, anche se di grado inferiore a lui soltanto pu pronunciare contro di loro sentenza di deposizione. Solo il papa pu deporre gli assenti. Non permesso avere rapporti con gli scomunicati dal papa, non si deve nemmeno abitare nella loro stessa casa. Solo il papa pu emanare, quando occorra, nuove leggi, stabilire nuove diocesi, trasformare un capitolo in abbazia e viceversa, dividere un vescovado ricco e unire quelli che sono poveri. Solo il papa pu usare le insegne imperiali. Il papa l'unica persona a cui i principi devono baciare il piede. Egli il solo il cui nome dev'essere pronunciato in tutte le chiese (durante il canone della messa). Il suo nome l'unico al mondo. A lui solo lecito deporre gli imperatori. Per ragione di necessit, gli consentito trasferire un vescovo da una sede all'altra. Pu, se crede, ordinare un ecclesiastico per qualsiasi chiesa. Chi stato ordinato da lui pu governare un'altra chiesa ma non servire, n ricevere da un altro vescovo un ordine sacro superiore Nessun sinodo pu essere chiamato generale senza un suo ordine. La sua sentenza non pu essere annullata da alcuno, ma egli pu annullare quelle di tutti gli altri. Egli non pu essere giudicato da alcuno. Nessuno pu condannare una decisione della sede apostolica. Le cause maggiori di qualsiasi chiesa devono essere deferite al suo tribunale. La chiesa romana non ha mai errato e, come attesta la S. Scrittura, non potr mai errare. Il pontefice romano, se stato ordinato canonicamente, diventa indubbiamente santo per i meriti di Pietro, secondo la testimonianza si S. Ennodio, vescovo di Pavia, d'accordo in ci con numerosi padri, come si pu vedere nel d ecreto del beato papa Simmaco. Con il suo consenso e autorizzazione, lecito ai sudditi accusare i loro superiori. Egli solo pu deporre e assolvere i vescovi, anche senza un concilio. Chi non concorda con la Chiesa romana non pu considerarsi cattolico. Il papa pu sciogliere i sudditi dal giuramento di fedelt fatto ai sovrani indegni682 .
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Cos ad esempio la nobile Marozia, che fece eleggere papa suo figlio con il nome di Giovanni XI. Probabilmente a tale situazione, in cui una donna dominava Roma, tramite il papa, allude la leggenda della papessa Giovanni. 680 Per Gregorio VII v' una immensa bibliografia importantissima; la collezione Studi Gregoriani iniziatasi a Roma nel 1947 indispensabile ed ora ha gi raggiunto i sette volumi. Cfr pure H.X. Arquilliere , La signification Thologique du pontificat de Gregoire VII , in Revue de l'Universit d'Ottawa 1950, p. 140-161; Idem . S. Gregoire VII , Paris 1934; C. Marcora , Storia dei Papi , vol. II, Milano 1962, pp. 286-322; W. Martens , Gregor VII, sein Leben uns Wirken , 2 voll.., Leipzig 1894; P.E. Santangelo , Gregorio VII e il suo secolo , Milano 1945; G. Soranzo , Aspetti del pensiero e dell'opera di Gregorio VII e lo spirito dei suoi tempi , in Aevum 22 (1948), pp. 309-332. 681 Sul titolo si cfr quanto scritto a proposito di Gregorio Magno.
152 b) Rapporto tra Chiesa e Stato. La Chiesa che guida le anime superiore al governo civile, che cura i corpi.
Come l'anima domina il corpo e gli comanda, cos la dignit sacerdotale superiore a quella regia come il cielo e la terra. Perch tutto ci sia in ordine, il sacerdote deve, come l'anima, stabilire ci che bisogna fare; il regno poi, come la testa comander a tutte le membra e le diriger dove occorre. perci i re devono seguire gli ecclesiastici e adoperarsi a vantaggio della Chiesa e della patria. Un potere ammaestrer il popolo e l'altro lo diriger 683 .
La lotta tra Chiesa e Stato si scaten a motivo delle investiture, vale a dire il conferimento dei benefici ecclesiastici. Gli alti dignitari, vescovi e abati, erano allora anche dignitari dell'impero e venivano perci investiti dal sovrano mediante la consegna (traditio) del bastone e dell'anello, simbolo di autorit civile e religiosa. I sovrani finirono con l'avocare a s anche l'elezione dei prelati, che spesso se la comperavano con denaro mediante simonia e, per il fatto di essere sposati (concubinato), rendevano ereditario il feudo o il vescovado cos comperato. Di qui la condanna di questi due fatti da parte di Gregorio VII che nel sinodo del 1074 ordin ai preti concubini di dimettere le loro mogli e ai fedeli di disertare le chiese dove ufficiassero dei preti incontinenti (sposati) o simoniaci. Nel s inodo romano del 1075, per eliminare il male alla radice, il papa viet ai laici di conferire investiture ecclesiastiche e ai chierici di riceverle, pena la nullit, l'interdetto e la scomunica. Enrico IV si ribell e nel sinodo di Piacenza fece deporre il papa; Gregorio rispose con la scomunica contro il re e sciolse i sudditi dal giuramento di fedelt684 . Il re non era allora tanto forte e molti principi ambivano ad ottenere il suo posto, per cui il sovrano pens bene di sottomettersi a Roma e chiedere al papa la penitenza e l'assoluzione della sua colpa, il che avvenne nel 1077 presso Canossa, dove il papa si trovava ospite della contessa Matilde. Ecco come il papa stesso descrive la penitenza del re:
Prima di penetrare in Italia mand avanti dei messaggeri supplici: offr di dare piena soddisfazione a Dio, a S. Pietro e a noi; ha promesso di conservare una ubbidienza assoluta per migliorare la sua vita, purch potesse ottenere da parte nostra la grazia dell'assoluzione e della benedizione apostolica. E siccome noi gli rimproveravamo aspramente tutti i suoi eccessi per mezzo dei messaggeri che arrivavano, egli infine, senza manifestare alcunch di inutile o di temerario, venne con poca gente alla citt di Canossa, dove noi eravamo fermi, e vi rest per tre giorni dinanzi alla porta privo dei suoi ornamenti regali, miserabilmente scalzo e con abiti di lana. Non cess di implorare con molte lacrime l'aiuto e la consolazione della piet apostolica.. Tutti quelli che vi si trovavano furono commossi a tanta piet e compassione misericordiosa, che intercedevano per lui con lacrime e preghiere molte. Si meravigliavano anzi della durezza insolita del nostro spirito e qualcuno diceva che non davano prova di gravit e di severit apostolica, bens di crudelt e ferocia tirannica. Alfine, vinti dalla sua compunzione e dalle suppliche di tutti gli assistenti, finimmo per sciogliere i lacci dell'anatema che pesava su di lui e con il riceverlo nella grazia della comunione e nel grembo della s. Madre Chiesa 685 .
682
Sono del papa e non del cardinale Deusdedit. Cfr E.M. Peltz, Das Originalregister Gregorius VII, Vienna 1911, pp. 265-286. La migliore edizione quella di E. Gaspar, in Monum. Germ. Hist. Epist. Selectae II , 1920-1923. Gregorio VII aveva un alto concetto della Chiesa Romana che per lui era madre e maestra di tutte le chiese (mater nostra et totius Christinitatis magistra). 683 Adversus Simoniacos III, 21 di Gregorio VII. 684 Nel Sinodo di Roma del 14-20 febbraio 1076 cos decret: Per l'onore e la difesa della tua C hiesa, in nome di Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo con la tua potest e autorit, io tolgo al re Enrico, figlio dell'imperatore Enrico, che si levato contro la tua Chiesa con un orgoglio inaudito, il governo dei Teutoni e d'Italia; sciolgo tutti i cristiani dal giuramento di fedelt che gli hanno fatto, ordino che nessuno sia tenuto verso di lui al servizio che si deve a un re (Epist. ad Gallielmum regnum, Regest VII, 25). 685 Gregorio VII, lett. 4, 2 ai tedeschi. Al vescovo di Metz, che biasimava la scomunica scagliata sul re, cos rispondeva: Nell'affidare a Pietro il gregge, il Signore non aveva inteso di far eccezione per i re; d'altra parte chi afferma di non poter essere condannato dalla Chiesa, deve dichiarare di non poter neppure essere assolto da essa e ci significa essere separato da Cristo. E se la Sede Apostolica deve giudicare le realt spirituali, perch non giudicare anche le materiali? I re che preferiscono la loro gloria a quella di Dio devono essere trattati come membri dell'Anticristo e come tali separati dal corpo della Chiesa E paragonando la dignit regale a quella episcopale, conclude: La dignit regale deriva dall'orgoglio umano, la dignit episcopale dalla divina potest. La prima tende verso una gloria vana, la seconda
153 Affermatasi pertanto la potenza di Enrico con l'eliminazione dei suoi avversari, la lotta riprese pi violenta che mai. Enrico, entrato in Roma, mentre Gregorio si rifugiava in Castel Sant'Angelo, si fece incoronare imperatore dall'antipapa Guiberto (1084), ma dovette poi ritirarsi per l'intervento di Roberto il Guiscardo che, liberato il papa, lo condusse seco prima a Montecassino e poi a Salerno dove Gregorio moriva affermando dolorosamente: Ho amato la giustizia e odiato l'iniquit, per questo muoio in esilio686 . La lotta fu acquietata con il concordato del 1122 tra Callisto II e Enrico V. Alessandro III Alessandro III (1159-1181) umili il re inglese Enrico II colpevole di aver ucciso l'arcivescovo di Canterbury e suo cancelliere, con la canonizzazione del martire. Il re fu obbligato a farsi flagellare sulla tomba dell'arcivescovo e restituire la immunit agli ecclesiastici. Lo stesso papa lott contro Federico Barbarossa, lo vinse e dopo la pace di Venezia nel 1177, l'imperatore prostratosi, percorse a piedi la citt tenendo la mano sulla staffa del papa. Innocenzo III Quanto teoricamente era stato asserito da Gregorio VIII fu attuato con risultati insperati da Innocenzo III (1198-1216), che condusse all'apogeo le idee teocratiche del suo predecessore. Lotario di Segni eletto papa a soli 37 anni aspir al potere assoluto del papato sul mondo intero. Molti sovrani si dichiararono vassalli della sede papale (Castiglia, Aragona, Portogallo, Polonia; anche l'Inghilterra gli si sottopose nel 1213 con Giovanni Senzaterra). Innocenzo rinsald l'autorit papale sul comune di Roma e sulle citt dell'Umbria e delle Marche; Costanza d'Altavilla, vedova di Enrico VI, gli prest giuramento feudale per la Sicilia. Il papa fu tutore del piccolo Federico alla morte della madre Costanza, ed ebbe come obiettivo continuo quello di tenere separate le corone di Sicilia e dell'Impero e di imporre il suo arbitrato in Germania a favore del candidato guelfo. Riprendendo l'immagine delle due celesti fiamme, presentate da Gregorio VIII, Innocenzo III la svilupp dicendo che il papa il sole, il re la luna, ma come la luna riceve la luce dal sole, cos il re riceve la luce e il potere dal papa:
Il Creatore dell'universo pose due grandi luminari nel firmamento: il maggiore per rifulgere di giorno, il minore per rifulgere di notte. Alla stessa maniera per il firmamento della Chiesa universale Dio fece due grandi dignit: la maggiore per dirigere le anime (come se fossero giorno) e la minore per dirigere i corpi (come se fossero notte). Queste dignit sono l'autorit pontificia e il potere regale. Perci la luna riceve la sua luce dal sole, ed quindi inferiore al sole sia nella grandezza che nel calore, sia nella sua posizione che nei suoi effetti. Allo stesso modo il potere regio deriva la sua d ignit dalla autorit pontificia e quanto meno si sottopone ad essa, tanta minor luce ne riceve. Ma quanto pi le si sottomette, tanto pi aumenta il suo fulgore 687 .
In un sermone tenuto la festa dei ss. Pietro e Paolo, applica al papa la profezia di Geremia (1, 10), gi utilizzata da Nicol I:
aspira alla vita celeste. Ci facendo il papa s'immaginava d'agire come vicario di Pietro, che in lui si esprimeva. Spesso egli afferma di pregare, ammonire e invitare da parte del beato Pietro. Das Register Gregorius VII a cura di E. Gaspar, in Monumenta Germaniae Historica Epistolae selectae t. II, vol. II 173, Berlino 1920-1923. 686 Per la storicit di queste parole cfr G.B. Borino, Storicit delle ultime parole di Gregorio VII , in Studi Gregoriani, V, Roma 1956, pp. 403-411. 687 Innocenzo III , Sicut Universitatis conditor , Epistolarium I, 401, ottobre 1198 in PL 214,377; cfr pure Il Signore affid a Pietro non solo tutta la Chiesa, ma anche il governo di tutto il mondo (Ad patr. Constantinum PL 214, 760).
154
Ecco ti ho costituito sulle nazioni affinch tu sradichi, dissipi, edifichi e pianti. L'episodio di Abramo che offre le d ecime al sacerdote Melchisedec, presentato sottilmente come prova che il papa superiore al sovrano. I re ricevono l'unzione e l'incoronazione dai sacerdoti: chi dona dunque superiore a chi riceve!
Rispondendo all'imperatore d'Oriente Alessio, che gli citava la frase con cui Pietro raccomandava la sottomissione al re, egli scrive: Non neghiamo che l'imperatore sia superiore al papa per le cose temporali... ma il pontefice superiore per le cose spirituali Di fatto egli caus molte turbolenze in vari stati: suscit guerre prolungate, abus della censura e cclesiastica a scopi politici; odi i pisani e il marchese Anweiler, promosse la crociata contro gli A lbigesi, fece delle leggi contro i Giudei, protest altamente contro la conquista di Costantinopoli da parte dei crociati; Giovanni Capocci, politico romano, usc a suo riguardo in queste parole: Le v ostre parole sono parole di Dio, ma le vostre opere son opere del demonio688 . Bonifacio VIII L'idea precedente trov la sua espressione pi completa con Bonifacio VIII (1294-1303), che sanc la supremazia del papa non solo sopra la Chiesa ma anche sopra i re, in quanto nel papa lo stesso Cristo che opera. Ci fu espresso nella famosa bolla papale Unam Sanctam del 18 novembre 1302.
La Chiesa non un mostro a due teste, ma ha un solo capo, cio Ges Cristo e il suo vicario Pietro con il suo successore, poich il Signore disse a Pietro: Pasci le mie pecore .Dalle parole dei Vangeli siamo istruiti che a questa potest appartengono due spade. Infatti agli apostoli che dicevano: ecco qui vi sono due spade, il Signore non rispose che erano troppe, ma che bastavano. Certamente chi nega che la spada temporale sia nella potest di Pietro, mal interpreta le parole del Signore che dice: Riponi la tua spada nel fodero. Tutte e due sono in potere della Chiesa, cio la spada spirituale e quella temporale, ma la seconda deve essere esercitata in difesa della Chiesa, la prima invece deve essere esercitata dalla Chiesa: quella spirituale in mano del sacerdote, l'altra in mano del re e d ei soldati, ma deve essere esercitata a d iscrezione del sacerdote . E' necessario che una spada sia sotto l'altra spada e l'autorit temporale sia soggetta all'autorit spirituale... Occorre poi che la potest spirituale abbia la precedenza e per dignit e per nobilt su qualsiasi potere terreno, cos come le realt spirituali sono al di sopra di ogni realt materiale. Come dice la Verit, il potere spirituale che ha autorit di stabilire la potest terrena e di giudicarla. Se non buona... se il potere terreno devia, sar giudicato dal potere spirituale 689 .
I canonisti La dottrina di papa Bonifacio VIII non costituiva una novit in quanto si inseriva nella linea dei giuristi del suo tempo690 , presentando notevoli affinit con l'omonimo trattato De regimine principum falsamente attribuito a Tommaso d'Aquino691 e specialmente con l'insegnamento dell'agostiniano Egidio Colonna (+1316) detto anche Egidio Romano divenuto poi arcivescovo di Bourges nel
688 689
Cfr Hlne Tillmann , Papst Innocenz III, Bonner Historische Forschungen , vol. 3, Bonn 1954. Su Bonifacio VIII cfr. P. Tosti, Storia di Bonifacio VIII ed i suoi tempi, Milano, 1848. Per i passi qui citati della Bolla Unam Sanctum cfr. Denz Bannw, pp. 468-469. 690 Basti ricordare Giordano d a Onasbrck , canonico di questa citt, che tra il 1256 e il 1273 stese un trattato dal titolo De Praerogativa imperii (l'impero civile spetta ai Germani, quello spirituale ai Romani); i due imperi derivano da Dio, ma quello temporale per mezzo dello spirituale). Lo stesso dicasi di Alessandro von Roes , canonico di Colonia, nel suo scritto dal medesimo titolo: Come l'aquila romana non pu volare con un'ala sola, cos anche la navicella di Pietro non pu essere governata con un solo remo fra le procelle e i turbini di questo secolo. La colomba che avesse solo un'ala cadrebbe preda non solo degli uccelli del cielo, ma anche delle belve della terra, poich nessun animale mostruoso pu avere vita ordinata che duri a lungo. 691 De Regimine principum c. X. Anche il potere temporale voluto da Dio ed stato conferito da Cristo a s. Pietro, che lo esercita tramite i re. La superiorit del potere temporale si deduce dal fatto che l'anima superiore al corpo, il quale dipende dall'anima nell'esercizio delle sue funzioni.
155 suo trattato De Ecclesiastica sive de Summi Pontificis Potestate. Secondo costui il papa ha il pieno diritto spirituale e non pu essere giudicato da un concilio. Al pontefice appartiene pure la giurisdizione temporale poich la spirituale, essendo superiore, deve stabilire i poteri inferiori. Non bene tuttavia che il papa, dopo aver fondato la potest temporale, la esercita da s. Anche il domenicano Giovanni Quidori (= l'addormentato, perch sordo, m. 1306), pur affermando che i due poteri civile e spirituale vengono immediatamente da Dio, ammetteva la preminenza del potere spirituale su quello temporale692 . Bonifacio VIII non fu, anzi, cos esagerato come Enrico da Cremona che condann gli empi ghibellini i quali osavano negare al papa la giurisdizione sulle propriet materiali del mondo intero693 ; o del domenicano Agostino Trionfo di Ancona, il quale osava dire che nemmeno il papa conosce la vastit della sua supremazia694 . Il Vicario di Cristo In corrispondenza con il nuovo potere si accrebbero pure i titoli del papa, tra i quali primeggia quello di Vicario di Cristo che and sostituendo il precedente Vicario di Pietro695 . Il titolo di Vicario di Cristo si trova per la prima volta nella Bolla del 10 aprile 1153 scritta da Eugenio III (1145-1153). Innocenzo III (1198-1216) ne fece uso e Innocenzo IV (1243-1254) ne dedusse che il papa come Ges Cristo, re anche dei regni terrestri. Tuttavia Tommaso d'Aquino insegn che i poteri concessi da Cristo al papa devono essere dedotti dalla S. Scrittura e non dall'analisi del titolo di Vicario. Bonifacio VIII (1294-1303) lo us nella Bolla Unam Sanctam , ma il canonista Giovanni di Parigi, suo contemporaneo, sugger che il potere del papa si deve limitare ai beni spirituali. Il Concilio di Firenze (Ecumenico XVII, 1438-1445) decret:
Noi decidiamo che il papa di Roma successore di Pietro, il capo degli apostoli, vero vicario di Cristo e capo di tutta la Chiesa (Denz. B. 694).
Tale epiteto, omesso dal Concilio di Trento, fu riaffermato al Concilio Vaticano I (1870). Siccome la concezione cattolica ammette che Ges Cristo sia vero Dio, alcuni teologi e canonisti del XIII secolo, con esagerazione retorica, diedero al papa addirittura l'epiteto di quodammodo Deus o di Dominus Deus noster papa ; ancora nel Concilio Lateranense V del 1512 Giulio II fu apostrofato come alter Deus in terra . In seguito tale titolo fu eliminato, restandovi solo quello di Vicario di Cristo696 .
692
Citato da Rivire , Le probleme de l'Eglise et l'Etat au temps de Philippe le Bel, Paris 1926, pp. 138-141; 165-170; 180 ss. 693 Summa de potestate ecclesiastica , scritta verso il 1322 (citazioni in Rivre, o. c., pp. 155-157; 350-397; 375 ss. U. Mariani, Scrittori politici agostiniani del sec. XIV, Firenze 1927. Sulle dottrine politiche dei teologi del 500 cfr. S. Quadri, Dottrine politiche dei teologi del 500, Roma, Editrice Studium. 694 De regia potestate et papali 1. 1 c. 15. Sul Quidort cfr J. Leclercq, Jean de Paris et l'ecclsiastique du XIII sicle . Identica l'opinione di Dante Alighieri nel suo De Monarchia (scritta verso il 1300); il libro incluso nei libri proibiti del secolo XVI, vi fu rimosso nel sec. XIX da Leone XIII. Cfr E.G. Parodi, L'ideale politico di Dante, in Dante e l'Italia, Roma 1921, pp. 95-131; F. Ercole , Il pensiero politico di Dante , Milano 1927-1928, e voll; F. Battaglia , Imp ero, Chiesa e Stati particolari nel pensiero di Dante, Bologna 1944; A. Passerin d'Entrves, Dante politico e altri saggi, Torino 1955; U. Mariani, La posizione di Dante fra i teorici dell'imperialismo ghibellino , in Giornale Dantesco 30 (1927), pp. 111-117; C. T. Davis , Dante and the Idea of Rome , Oxford 1957. 695 Cfr M. Maccarone , Vicarius Christi, Storia del titolo papale (Lateranum N.S. XVIII), Roma 1952. 696 Per questa espressione cfr F. Gillmann , Achiv fr Katholischen Kirchenrecht , 95 (1915), pp. 266 ss; J. Rivire , in Revue de Sciences Religeuses 2 (1922), pp. 447-451; Idem in Miscellanea F. Ehrle II , Roma 1924, pp. 276-289.
156 La Coronazione Nel Medio Evo cominci ad essere celebrata la festa della Coronazione nella quale il pontefice riceve al tiara o il triregno. E' difficile tracciare la storia di tale rito e dei significati ad esso concatenati. Una leggenda riportata dalla Constitutum Constantini o Donazione narra che lo stesso i mperatore Costantino avrebbe imposto al papa Silvestro una speciale mitra di forma conica un frigium come simbolo della ottenuta sovranit. Il papa coprendosi il capo di questa insegna, avrebbe assunto il potere temporale di cui l'imperatore lo aveva investito. Si pu invece supporre che lo speciale copricapo frigio pure detto cameleuco sia stato importato dai sette papi orientali che dalla met del VII secolo alla met dell'VIII salirono al soglio pontificio. Di esso si parla per la prima volta in una relazione dell'ingresso di papa Costantino (708-715) a Costantinopoli, che lo port come era solito fare quando andava per Roma. La Donazione lo descrive di un bel colore bianco (candido nitore) e aggiunge che il papa ha diritto di arricchirlo con la corona imperiale d'oro purissimo e di gemme preziose. Si vede, quindi, che ben presto al cameleuco di papa Costantino si aggiunse un regnum o tiara simile a quella dei re terrestri di cui parla un documento da attribuirsi forse a Leone IV (847-855) o a Leone V (903). Di papa Sergio III (904-911) abbiamo alcune monete recanti l'immagine di s. Pietro coronata con il regnum. Innocenzo II (1198-1216) in un sermone su s. Silvestro spiega che Romano Pontefice per insegna dell'impero usa il regnum e per insegna del pontificato la mitra. Si giunge cos al secolo XIV quando ad opera di alcuni pontefici specialmente Bonifacio VIII il regnum venne prima duplicato e poi triplicato. In tal modo la tiara pontificia fu arricchita di tre corone come segno della pi alta potest del mondo, come ne fanno fede le parole che accompagnano il rito della Coronazione:
Eccoti la tiara ornata delle tre corone: sappi di essere il Padre dei Principi e dei Re: il Rettore di tutta la terra; Il Vicario di nostro Signore Ges Cristo Salvatore, a cui solo dovuto onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen
Sembra che con Giulio II (1303-1313) la festa della Coronazione distinta dalla presa di possesso del vescovado di Roma nel Laterano, si attuasse in Vaticano, preceduta nella veglia e al mattino della festa da elargizioni di oboli697 . Il governo civile alla rivincita L'autorit del papa nel campo civile suscit una violenta reazione da parte delle societ civili, che andavano acquistando sempre pi la coscienza del proprio potere e della propria autonomia. Naturalmente nelle fazioni del tempo la lotta giunse a conclusioni esagerate, che pretesero in un primo tempo esaltare i re e l'imperatore al di sopra dello stesso papa698 . Tale idea apparve timidamente in due scritti anonimi di cui uno intitolato Conversazione tra un chierico minore e un prete e l'altro Rex pacificus (pur esso anonimo): la Chiesa paragonata al
In qualche caso l'appellativo Deus fu usato anche verso l'imperatore; voleva solo raffigurare che il papa e l'imperatore, rappresentando Dio su questa terra, in un certo senso si potevano identificare con lui. 697 Duchesne, Origine du cult chrtien, Paris 1920, ed. 5, cap. XII; E. Eichmann , Weihe und Krnung des Papstes in Mittelalter , Mnchen 1951; F. Wasner , De consacratione, inthronisatione, coronatione Summit Ponteficis , Roma 1936. 698 G. Lagarde, La naissance de l'esprit laique au declin du moyen age , vol. IV; cfr Ockham et son temps , Paris, 1942.
157 capo e il governo civile al cuore, affermando contemporaneamente la superiorit del secondo sul primo, delle leggi dei sovrani e dell'autorit creata dal popolo sull'autorit papale 699 . Anche Gugliemo d'Occam (ca, 1342) attacc la deviazione del papato che volle acquistarsi un potere coercitivo e temporale. Il filosofo non giunse a negare l'istituzione divina del papato, ma ne neg la presunta pienezza d'autorit. Occam era un costituzionalista e voleva che ogni potere avesse a mantenersi entro giusti limiti. I decreti papali e le leggi umane sono valide, ma solo se si possono armonizzare con la verit cattolica, altrimenti si devono rifiutare700 . N il papa n l'imperatore hanno il diritto di agire come supremi giudici verso i fedeli. Cristo non ebbe n servi n giurisdizione temporale; godette solo di un potere spirituale dedicato al bene dei credenti. Con le parole Tu sei Pietro, egli intese conferire all'apostolo un incarico puramente spirituale, vale a dire l'autorit sacramentale701 . Egli ministro, non guida di questo mondo702 . Nel suo De imperatorum et pontificum potestate indica tre norme direttive: le realt spirituali sono superiori alle materiali; bisogna rispettare la legge della libert che inviolabile; necessario compiere tutto il possibile per beneficare i fedeli703 . Occam fu invitato ad Avignone per dare spiegazione di 51 proposizioni tratte dalle sue opere e che furono censurate nel 1326704 . Ma fu specialmente ad opera del filosofo Marsilio di Padova, che tale idea and diffondendosi. Nella sua opera principale dal titolo Defensor Pacis 705 egli sostiene che:
Cristo e gli apostoli vissero poveri, i loro poteri sono spirituali non materiali. Dinanzi a Pilato Ges Cristo disse che il suo regno non era di questo mondo706 . La chiesa primitiva non esercitava alcun potere coercitivo ed aveva solo i due ordini dei sacerdoti e dei diaconi707 . Tutti gli apostoli erano tra loro uguali sotto Cristo, la posizione di Pietro tra gli apostoli era solo legata alla sua persona708 . Il suo primato non pass ad alcun altro vescovo, ogni vescovo indifferentemente successore degli apostoli e riceve il suo potere direttamente da Cristo709 . La roccia non Pietro ma Cristo, poi699
Cfr J. Rivire , Le probleme de l'Eglise et de l'Etat aux temps de Philippe Le Bel, Louvain- Paris 1926, pp. 135-138; 262-271 (con un riassunto dei due scritti). 700 Octo quaestiones de potestate papae , in Opera politica I (Manchester 1940), pp. 26 s. Cfr Breviloquium, ed. R. Scholz, Wilhelm von Ockham als Politischer Denker , Leipzig 1944; secondo la tradizione medievale il potere concesso da Dio direttamente al popolo e da esso poi al sovrano; cfr Fr. Suarez , Defensio fidei III. Principatus politicus e la soberania popular , ediz. E. Elourdy y L. Perena (Madrid) 1965. 701 Cfr A. Pelzer, Les 51 articles de Guillame d'Ockham censurs en Avignon ne 1325 , in Rev. Hist. Eccls. 18 (1922), pp. 240-270. 702 De imperatorum , pp. 473-478. 703 Octo quaestiones , o. c. p. 104; An Princeps in Opera politica I, pp. 223-248; De Imperatorum et pontificum potestate, ed. R. Scholz , Unbekannte Kirchenpolitische Streitschriften II (Roma 1914), pp. 460-466. 704 Opera politica I , pp. 243-251. Questa posizione simile a quella di Giovanni di Parigi ; De potestate regia et papale, pp. 188 s. Cfr J. Leclercq , Jean de Paris et l'Ecclsiologie du XII sicle, Paris 1942. 705 Su Marsilio cfr G. De Lagarde , la naissance de l'esprit laique , p. 11; Marsile de Padoue ou le premier thoricien de l'esprit laique (ed. 2) Paris 1948; Marsilio da Padova, Studi raccolti nel VI centenario della morte, a cura di A. Cecchini e N. Bobbio, Padova 1942; G. da Simone, Le dottrine politiche di Marsilio da Padova, Roma 1942; N. Rubinstein, Marsilius of Padova and the Italian Political Thought of his Time , in J.R. Hale, J.R.L. Highfield, B. Smalley, Europe in the Latter Middle Ages (london 1965), pp. 44-75; J.K. Hyde , Padua in the Age of Dante, Manchester 1966; Gordon Left , The Apostolic Ideal in the Later Medieval Ecclesiology, in The Journal of Theological Studies 18 (1967), pp. 58-82. Contro W. Ullmann ( A History of Political Thought. The Middle Age , Penguin 1965, pp. 184185) e M.H. Wilks (The Probleme of Sovereignity on the Later Middle Ages, Cambridge 1963) che vorrebbero sostenere l'influsso di Aristotele su Marsilio, Ficino e Occam. L'autore sostiene, a ragione, che vi influ assai pi l'ideale apostolico del cristianesimo presente nel Nuovo Testamento. 706 Defensor pacis , c. 5 pp. 160-161 (ediz. R. Scholz, Hannover, 1932). 707 Ivi c. 15, pp. 329-336. 708 Ivi c. 15 e 16, pp. 336 ss. 709 Ivi c. 15 e 16, pp. 347-349.
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ch lui solo impeccabile e infallibile710 . La Chiesa moltitudine di fedeli sotto Cristo e non abbisogna di un suo vicario711 . Il papato una istituzione puramente umana, e acquist valore con il decreto di Costantino al Concilio di N i712 cea che voleva cos esaltare la grandezza di Roma . Ne deriva quindi che la gerarchia ecclesiastica creata da uomini e da concessioni imperiali, deve stare sottoposta ai governi civili 713 .
Le tesi odierne Tra i cattolici prevalse una tesi pi moderata che risale allo spagnolo Vincenzo (m. 1248) il quale commentando la sentenza di Innocenzo III noi non vogliamo giudicare le realt terrestri vi aggiunse la clausola direttamente, ma solo indirettamente a motivo dei peccati 714 . Tra i governi civili si and invece diffondendo sempre pi l'idea che i due regni, spirituale e civile, devono essere tra loro indipendenti e liberi. Motto espressivo di questa idea fu quello di Cavour: Libero stato in libera chiesa. cos come di fatto si attua in America. Biasimato dai cattolici, ora viene riconosciuto ed auspicato anche dai cattolici pi avanzati. Con l'indipendenza del governo civile da quello religioso va messa in rapporto la caduta benefica del potere temporale. Caduta del potere temporale Sotto Pio IX il desiderio di un'Italia unita e indipendente, le brame degli ideali portati dalla Rivoluzione francese sollevarono il cuore degli italiani che nel 1848, in seguito a una rivolta, occuparono Roma mentre il papa si rifugiava a Gaeta. L'Assemblea Costituente (tra cui il Mazzini) nel 1849 tra il tripudio generale proclam a Roma la Repubblica Democratica e dichiar decaduta la sovranit temporale del papa (143 voti contro solo 11). Ma un corpo di spedizione francese, chiamato dal cardinale Antonelli, sbarc frattanto a Civitavecchia: sotto la direzione del generale Oudinot bombard Roma e malgrado la difesa di Garibaldi, la fece capitolare (5 luglio). La repressione ad opera del cardinale fu dura e diede luogo a rappresaglie e vendette crudeli. E' bene leggere un documento contemporaneo ora dimenticato, scritto dal generale dei teatini, p. Gioacchino Ventura di Raulica, che per tale sua lettera fu costretto a stare in esilio a Montpellier e poi a Parigi e a perdere il cappello cardinalizio che gli era stato promesso715 .
Civitavecchia, 12 giugno 1849 Vi scrivo con le lacrime agli occhi, ed il cuore spezzato per il dolore. Mentre scrivo queste linee, i soldati francesi bombardano Roma, distruggono i suoi monumenti, uccidono con la mitraglia i suoi cittadini, ed il sangue scorre a torrenti. Ruine si accumulano sopra ruine, e Dio sa quale sar la fine di questa terribile lotta. Si teme che se i francesi e ntrano a Roma per assalto, il popolo nella sua rabbia non si lasci trascinare a massacrare tutti i preti e frati e monache; ed
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Ivi, c. 28, pp. 532-534. c. 28, pp. 532-534. 711 Ivi, c. 28, pp. 547-549. 712 Ivi, c. 16, pp. 544.553.558. 713 Queste proposizioni del rettore dell'Universit di Parigi furono condannate da papa Giovanni XXII (Denzinger B. 495-500). 714 La dottrina del potere indiretto ebbe notevole fortuna e fu accolta anche dal Codex Iuris Canonici: La Chiesa ha il diritto di giudicare... la violazione delle leggi ecclesiastiche e tutte le cose in cui vi sia una qualche ragione di peccato (Can. 1553, 1 e 2). Cfr Ch. Journet, la pense sur le pouvoir indirecte , in Vie intellectuelle 1929, pp. 630682 (specialmente pp. 645-655); sull'opera di Vincenzo Ispano (m. 1248) cfr F. Gillmann, Der Kommentar des Vincentius Hispanus zur den Kanons der vierten Lateroconcils (1215), in Archiv. fr Katholiches Kirchenrecht 1929, pp. 223-274. Sull'idea della regalit di Cristo nel sec. XIII cfr F. Leclercq , L'ide de la Seigneurie du Christ au moyen age , in Revue Histoire Ecclsiastique 53 (1958) pp. 57-68. 715 P.G. Ventura nato a Palermo l'8 dicembre 1792, discepoli dei gesuiti, entrato nell'ordine dei teatini nel 1818, pubblicista, oratore e filosofo, mor a Versailles il 2 agosto 1861.
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in questo caso che bella vittoria avrebbe ottenuto la Francia! che bella restaurazione avrebbe fatto dell'autorit papale! La storia ci insegna che generalmente parlando le restaurazioni operate dalla forza non sono durevoli, e i troni rialzati sopra i cadaveri e nel sangue, finiscono per essere ben presto rovesciati di nuovo per scosse pi violente. Fra tutte le combinazioni discusse a Gaeta per rimettere il papa sul trono si scelta la pi deplorabile e funesta. Ma quello che maggiormente affligge ogni anima cattolica che se questa restaurazione ha luogo, essa senza ristabilire il potere del principe percuoter e forse distrugger l'autorit del pontefice. Ogni colpo di cannone lanciato contro Roma distrugge a poco a poco la fede cattolica nel cuore dei romani. Io vi ho gi detto l'orribile impressione che han fatto sul popolo di Roma i confetti di Pio IX in carnevale si gettano i confetti sugli amici; qui si gettano le bombe...! mandati ai suoi figli e l'odio che questi avevano eccitato contro i preti. Ma tutto ci nulla in paragone della rabbia che le bombe francesi hanno eccitata sul popolo contro la Chiesa e contro il Cattolicesimo. Siccome la maggior parte di quelle bombe sono cadute in Trastevere e hanno rovinato le case dei poveri e ucciso le loro famiglie, cos i T rasteverini in particolare, quella porzione della popolazione romana che era la pi cattolica, ora maledice e bestemmia il papa e i preti a nome dei quali vede commettere cos orribili stragi. Io sono lungi dal credere che Pio IX voglia tutte queste cose, anzi credo che neppure le conosca. Io so che egli in tale stato di isolamento che la verit dei fatti non pu giungere fino a lui, o se vi giunge vi perviene assai alterata. Io so che il povero papa circondato da gente cattiva ed imbecille, relegato nel fondo di una cittadella e poco padrone di se stesso, quasi prigioniero. Io so che si abusa della sua debolezza di carattere, della delicatezza di sua coscienza e della sua m alattia nervosa che lo sottomette all'influsso di quanti lo circondano. Ma questo io credo e so, che cio il popolo romano non lo sa e non lo crede. Il popolo sa e crede quel che vede e soffre. Egli vede gli Austriaci che, guidati da un prelato del papa (mons. Bedini) portano la desolazione e le stragi nelle legazioni, bombardano la citt, impongono contribuzioni enormi ai pi pacifici cittadini, fucilano ed esiliano i migliori patrioti e ristabiliscono ovunque il despostismo clericale. Il popolo vede che i Francesi a nome del papa fanno scorrere il sangue romano e distruggono la loro bella citt. Il popolo vede che il papa, il quale ha sguinzagliato quattro potenze armate di tutti i mezzi di distruzione contro il popolo romano come si sguinzagliano i mastini contro una bestia feroce: e vedendo tali cose, egli non sente pi nulla e si leva contro il papa e contro la Chiesa in nome della quale il papa proclama essere suo dovere riacquistare con la forza il dominio temporale. Il Sig. D'Harcourt scriveva da Gaeta la ragione e la carit sono bandite da Roma e da Gaeta. In queste parole vi tutta la storia dei sette ultimi mesi. Gli eccessi di Roma, che nessuno intende approvare, sebbene inevitabili in tempo di rivoluzione, sono stati superati dagli eccessi di Gaeta. Non una parola di pace, di riconciliazione, di perdono; non una promessa di mantenere le pubbliche libert che si aveva diritto di attendere dalla bocca del papa e di un papa come Pio IX. Nessuna di queste cose venuta fuori da quel rifugio dell'assolutismo, da quella accozzaglia di sciocchezze e malignit congiurate insieme, per soffocare nella bell'anima di Pio IX ogni sentimento di carit e di amore. Si letta l'ultima allocuzione del papa ai cardinali. Quale imprudenza quale sciocchezza mettere sulla bocca del papa i pi pomposi elogi dell'Austria e del re di Napoli, che sono i pi grandi nemici dell'indipendenza italiana e i cui nomi fanno orrore ad ogni italiano! Quale imprudenza aver fatto dire al papa che lui stesso ha fatto appello alle potenze per essere ristabilito su quel trono che egli stesso aveva abbandonato! E' come se egli avesse detto: Io voglio fare al mio popolo quella guerra che l'anno scorso dichiarai di non voler fare ai Croati ed agli Austriaci oppressori dell'Italia; le donne stesse fanno questo ragionamento e vedendo gli effetti di questa guerra brutale e selvaggia di quattro potenze contro un piccolo stato, vedendo i loro mariti, i loro figli uccisi o feriti, non potete farvi un'idea della rabbia di queste donne, dei sentimenti energici che esse manifestano, delle grida di furore e della maledizioni che mandano contro il papa, i cardinali e i preti. Comprendete quindi bene perch le chiese sono state devastate; non si vuol pi n confessione n comunione, n messa, n prediche. In Roma non si predica pi perch mancano gli uditori. Non si vuole pi nulla di quello che presentato dal prete o che in qualche modo di prete. Per me Pio IX sempre il Vicario di Ges Cristo, il capo della Chiesa, il maestro, il dottore, l'interprete infallibile della regola della fede e dei costumi. Le debolezze ed anche gli errori dell'uomo, non mi fanno dimenticare in lui le sublimi prerogative del pontefice. Ma il popolo pu comprendere tali cose? pu sollevarsi e fermarsi a queste distinzioni teologiche? disgraziatamente nello spirito del popolo i delitti e le crudelt dell'uomo sono i delitti e le crudelt del prete; gli errori del re sono gli errori del papa, le infamie della politica sono gli effetti della dottrina della religione. I miei amici di qui mi nascondono tutto quel che si fa e si dice a Roma in questo senso: essi vogliono risparmiarmi l'immenso dolore che mi cagionerebbero tali notizie. Malgrado queste cure delicate io ho saputo che in Roma tutta la giovent, e tutti gli uomini istruiti sono venuti a questo ragionamento: Il papa vuole regnare per forza su di noi, vuole
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per la Chiesa e per i preti la sovranit che non appartiene se non al popolo; egli crede e dice che suo dovere agire in tal guisa perch noi siamo cattolici, perch Roma il centro del cattolicesimo. Ebbene chi ci impedisce di finirla con il Cattolicesimo, di farsi Protestanti se occorre. Ed allora qual diritto politico potr vantare su di noi? non cosa orribile il pensare che dal momento che siamo cattolici e figli della Chiesa dobbiamo essere spadroneggiati da essa, abdicare tutti i nostri diritti, aspettare dalla liberalit dei preti, come una concessione, ci che ci invece dovuto per giustizia, ed essere condannati alla sorte pi miserabile dei popoli? Ho saputo ancora che tali sentimenti sono divenuti assai pi comuni di quanto io pensassi, e che sono penetrati persino nel cuore delle donne. Cos vent'anni di fatiche apostoliche che ho sopportate per unire sempre pi il popolo romano alla Chiesa sono state perdute in pochi giorni. Ecco verificato disgraziatamente anche al di l delle mie previsioni tutto quanto avevo predetto nelle mie lettere. Il Protestantesimo si trova piantato di fatto in gran parte di questo popolo romano cos buono e cos religioso; e, cosa orribile a dirsi, tutto ci avvenuto a cagione dei preti e per la cattiva politica nella quale hanno trascinato il papa. Ah, mio caro amico, l'idea di un vescovo che fa mitragliare i suoi diocesani, di un pastore che fa scannare le sue pecore, di un padre che manda sicari ai suoi figli, di un papa che vuol regnare ed imporsi a tremilioni di cristiani per mezzo della forza, che vuol ristabilire il suo trono sulle ruine, sui cadaveri e sul sangue; quest'idea, dico, cos strana, cos assurda, cos scandalosa, cos orribile, cos contraria allo spirito ed alla lettera dell'Evangelo, che non vi coscienza che non ne sia stomacata, non vi fede che possa resistere ad essa, non vi cuore che non ne frema, non vi lingua che non si senta spinta a maledire a bestemmiare! era mille volte meglio perdere tutto il temporale e il mondo intero se fosse bisognato, piuttosto che dare un tale scandalo al popolo. Oh! se Pio IX fosse stato lasciato a se stesso! se avesse potuto agire non consultando altro che il suo cuore. In primo luogo egli non avrebbe mai abbandonato Roma; e se fosse stato obbligato a lasciarla, non avrebbe abbandonato lo stato romano; egli sarebbe andato a Bologna, o ad Ancona, o a Civitavecchia, e vi sarebbe stato accolto come un inviato dal cielo. I Romani si sarebbero affrettati ad indirizzargli tutte le possibili onorevoli soddisfazioni. Egli non sarebbe andato a Gaeta: di l non avrebbe respinta la deputazione che gli mandava la citt di Roma; non avrebbe fulminata quella scomunica che allontan dalla costituente tutti gli uomini di coscienza timorata, tutti i suoi amici. Consigliato di provocare l'intervento armato delle potenze, avrebbe risposto che quello che indifferente per un re, scandaloso per un padre; e che non si sarebbe mai detto che Pio IX avrebbe fatto la guerra al suo popolo. Avrebbe detto che egli non voleva riconquistare con la forza quel che pi non poteva possedere con l'amore. Avrebbe detto: L'esilio, mille volte l'esilio, piuttosto che versare una sola goccia del sangue dei miei figli, piuttosto che appellarmi alle baionette e ai cannoni, che sottomettendo per forza il mio popolo mi farebbero perdere il suo amore e lo allontanerebbero dalla Chiesa e dalla religione. Se Pio IX avesse tenuto un tale linguaggio, se avesse fatto delle allocuzioni in questo senso, il popolo romano si sarebbe levato in massa, sarebbe andato a cercare il suo pontefice, lo avrebbe ricondotto in trionfo e sarebbe stato felice di vivere sotto l'ubbidienza di un tal principe. Quello sarebbe stato il mezzo pi sicuro, il pi efficace di risvegliare la reazione e renderla potente. Ma l'appello alla forza e alla guerra, la presenza e il terrore del combattimento, invece di determinare la reazione, l'hanno indebolita, disarmata, annientata. Anche coloro che una volta erano per il papa, hanno trovato giusto e onorevole che si rispondesse alla guerra con la guerra; hanno ripudiato Pio IX come re, e cominciano gi a respingerlo anche come pontefice. E' probabile che Roma soccomba sotto l'attacco delle armi francesi: come infatti poter resistere alla Francia? E' possibile che il papa rientri in Roma portando in mano la spada anzich la croce, preceduto dai soldati e seguito dal carnefice, come se Roma fosse la Mecca e il Vangelo il Corano. Na egli non regner pi sul cuore dei Romani; sotto questo aspetto il suo regno finito, finito per sempre egli non sar pi papa che sopra un piccolo numero di fedeli. L'immensa maggioranza rester protestante di fatto, perch essa non praticher pi la religione, tanto sar grande il suo odio contro i preti. Le nostre predicazioni non potranno p i far nulla, ci sar impossibile di far amare, o almeno tollerare la Chiesa cattolica da un popolo che avr imparato ad odiarla e a disprezzarla, in un papa imposto dalla forza, e in un clero dipendente da quel papa. Ci sar impossibile di persuadere che la religione cattolica loro felicit. I pi belli argomenti, i pi sensibili ai nostri giorni i soli che siano gustati dai popoli, i pi efficaci, quegli argomenti di fatto, in forza dei quali due anni or sono facevano trionfare la religione negli spiriti pi ribelli, nei cuori pi duri, quegli argomenti ci sono ora strappati di mano, il nostro ministero divenuto sterile, e noi siamo fischiati, disprezzati e forse ancora perseguitati e massacrati. Ringraziate dunque a nome della Chiesa di Roma i vostri sedicenti cattolici, i vostri pretesi giornali religiosi. Essi possono andar fieri d'aver incoraggiato e sostenuto l'attuale governo francese in questa lotta fratricida... che non lascer nella storia se non una di quelle pagine sanguignolente che l'umanit e la religione debbono espiare per lunghi secoli. Sono riusciti ad estinguere la fede cattolica nel suo centro, ad uccidere il papa ostinandosi a restaurarne il trono. L'immenso male che hanno fatto lo comprenderanno un giorno, ma sar troppo tardi.
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Fate di questa lettera quell'uso che vorrete: se la pubblicate essa avr il vantaggio di predicare a un clero stordito, e con questo terribile esempio insegnargli che non dobbiamo lasciarci dominare dagli interessi temporali altrimenti a somiglianza dei Giudei, non solamente non potremo salvare il temporale, ma perderemo anche i beni eterni. Il clero deve prendere seriamente a difendere la causa del popolo, non quella del potere; deve farsi il tutore delle libert pubbliche, non deve mai invocare la forza del potere per sottomettersi i popoli, ma deve unirsi ai popoli per ricondurre il potere sulle vie della giustizia e della carit del Vangelo. E' tempo altres che il clero di Francia smetta di combattere imprudentemente e sistematicamente tutto quello che si n i dica con il nome di socialismo. In ogni sistema vi del buono, perci S. Paolo ci dice: Omnia probate, quod justum est tenete, altrimenti la questione socialista, lasciata a se stessa o perseguitata dal clero, uccider il Cattolicesimo in Francia, come la questione della libert e indipendenza italiana, combattuta dal clero romano e dal suo capo, ha ucciso il Cattolicesimo in Italia e nella stessa Roma. P. Ventura
Di fatto la legittima aspirazione italiana all'unit non pot essere soffocata e Vittorio Emanuele II nel 1859 riusc ad annettersi la Romagna, iniziando cos la conquista del regno pontificio finch il 20 settembre 1870 l'esercito italiano entr definitivamente in Roma ad opera del generale Cadorna, attraverso la breccia di Porta Pia. Le Guarentigie del 13 maggio 1871, n. 214 in 19 articoli riguardanti le Prerogative del Sommo Pontefice e della S. Sede (Titolo I) e le Relazioni dello Stato con la Chiesa (Titolo II) cercarono di garantire al papa quella libert di lavoro indispensabile come Capo della Chiesa Cattolica Universale, ma furono respinte dal papa, come legge unilaterale e inadeguata. Finalmente dopo laboriose trattative durate qualche anno si addivenne ai Patti del Laterano e del Concordato tra l'Italia e la S. Sede (Pio XI rappresentato dal card. Gasparri) e Mussolini l'11 febbraio 1929, accogliendo in gran parte le aspirazioni del vescovo Bonomelli e del P. Semeria 716 . Sorse cos la Citt del Vaticano, una piccola oasi indipendente nel Centro di Roma, con varie diramazioni in edifici esentati dal controllo italiano, usati per dicasteri papali e per istituti culturali. Il governo si impegn a risarcire i danni economici del papa con una forte liquidazione in denaro (750 milioni anteguerra depositati in banche svizzere e americane!). Cos il papa si assicur una completa indipendenza nell'esercizio della sua attivit religiosa717 .
716
G.E. Curatolo, la questione romana da Cavour a Mussolini , 1928. E. Devoghel , La Question Romain sous Pio XI et Mussolini , Paris 1929. 717 Sul valore economico dello Stato Pontificio cfr Time del 26 febbraio 1965, p. 61 (diretto da Henry Luce); dalle stime bancarie pi attendibili le ricchezze del Vaticano (secondo tale rivista) ammontano a 10-15 miliardi di dollari, cio fra 6200 e 9300 miliardi di lire. Eppure il corsivista vaticano scriveva il 9 luglio 1965 in L'Osservatore Romano: E' chiaro che se la chiesa chiede per donare. Se il papa raccoglie non lo fa per s.
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Cfr P. Godet, Gregoire, in Dict. Theol. Cath.. col. 1776-1781; H. Leclercq , S. Gregoire le Grand , in Dict. d'Archol. Chrt. et de Liturgie. col. 1753-1776; P. Pingaud , La politique de Grgoire le Grand , P aris 1872; P. Richard, La monarchie pontifical jusqu'au Concile de Trente, in Revue Hist. Eccl. 1924, pp. 419 ss; P. Batiffol , S. Gregoire le Grande , Paris 1928; E. Spearing , The patrimony of the Roman Church in the Time of Gregory the Great, Cambridge 1918; Gregorii M., Opera in PL 75-79; Gregorii I, Registrum epistularum , ed. P. Ewald et L.M. Hartmann, 2 voll., 1891-99. 719 Cfr sotto il capitolo 13 riguardante Il Potere temporale dei papi. 720 Cfr S. Vailh , St Gregoire le Grand et le titre de patriarche cumnique, in Echos d'Orient 11 (1908), pp. 6569.161-171.
163 Egli scrisse poi lettere all'imperatore Maurizio Reg. V, 37; Reg. V, 39) e allo stesso patriarca Giovanni il Digiunatore Reg. V, 18). Nella lettera a Maurizio ricorda che lo stesso Pietro non fu mai chiamato apostolo universale, afferma che se il patriarca universale dovesse errare trascinerebbe con s tutta la Chiesa, e cos apostrofa l'orgoglioso patriarca: Le nostre ossa sono disseccate dal digiuno, e tuttavia l'animo nostro gonfio d'orgoglio; il corpo vestito di vili panni
e intanto con superbia ci innalziamo nel nostro cuore al di sopra della stessa porpora; stiamo nella Chiesa, eppure non miriamo che alla grandezza; siamo i dottori ma i duci della superbia; sotto l'aspetto di agnelli nascondiamo denti di u lpo (Reg. V, 37)
Ma poco dopo la politica dell'Oriente cambi. Foca, ufficiale subalterno e senza istruzione, marci su Costantinopoli, si fece proclamare imperatore, supplizi il predecessore Maurizio e i suoi figli. Il suo impero fu caratterizzato da continui complotti repressi con la massima ferocia, per cui si comprende la diffidenza verso il clero costantinopolitano, che non poteva vedere di buon occhio il comportamento dell'usurpatore722 . Al contrario Roma us con lui rapporti assai cordiali, specialmente ad opera di Bonifacio III, successore di Gregorio; ne deriv il privilegio del 19 gennaio 607 con cui l'imperatore riconobbe la supremazia della Sede Apostolica di Pietro su tutte le chiese (caput omnium ecclesiarum) e viet al patriarca di Costantinopoli di usare il titolo di ecumenico che da quel momento doveva essere riservato solo al vescovo di Roma 723 . Pi tardi papa Adriano I
721
Epistolarum V, Ep. 18, PL 77, pp. 7 39-740. Dunque nemmeno il vescovo di Roma si era mai arrogato, secondo la testimonianza di Gregorio, il titolo di vescovo ecumenico. Ma pochi anni dopo, dimentico di questa opposizione, il vescovo di Roma Bonifacio III si attribu tale titolo, divenuto poi du uso generale, Ma con ci egli non faceva che d eviare sempre pi da quel principio di fraternit, di amorevolezza e di ubbidienza al Cristo, che deve stare alla base della religione cristiana. 722 Era chiamato semi barbaro, bestia selvatica, paragonabile a un centauro o a un cinghiale di Calidone (cos Teofilatto di Samosata, VIII, 10). Il patriarca Ciriaco aveva rifiutato di consegnare all'imperatore la vedova e le figlie di Maurizio rifugiate in Santa Sofia. Cfr C. Patrono, Dei conflitti tra l'imperatore Maurizio Tiberio e il papa Gregorio Magno , Padova 1909 ( molto ostile a Gregorio), p. 72. 723 Liber Pontificalis, ed. Duchesne, vol. I, p. 316; nel 608 i romani elevarono nel foro una colonna sormontata da una statua di Foca in bronzo dorato in onore del clementissimo e piissimo imperatore, trionfatore perpetuo, incoronato da
164 (772-795), scrivendo all'imperatrice Irene, lament che Tarasio, vescovo di Costantinopoli, si fosse assunto il titolo di patriarca ecumenico, che di diritto spettava solo al vescovo romano, a ffermando che con tale comportamento egli
pretendeva il primato sopra la nostra stessa chiesa, il che appare ridicolo a tutti i cristiani fedeli, poich per tutto l'orbe terrestre fu dato dalla stesso Redentore il principato e la potenza al beato Pietro; per lo stesso apostolo, del quale immeritatamente facciamo le veci, la Chiesa romana, santa, cattolica e apostolica fino ad ora e per sempre detiene il principato e la autorit del potere 724 .
In tal modo fu applicato al papa quel titolo che Gregorio Magno aveva rifiutato di usare, come s e725 gno di autorit indebita . Progressiva diminuzione delle autonomie locali in Occidente In Occidente a poco a poco scomparve l'indipendenza prima goduta da molte chiese locali, assorbita dal dominio romano, spesso anche con la complicit di governi locali. Le chiese africane, che avevano difeso a lungo la propria indipendenza dal vescovo di Roma, come gi abbiamo visto, fecero tacere la loro voce con la conquista del loro territorio ad opera dei M usulmani. Le chiese irlandesi, dirette da monaci e senza la organizzazione episcopale (da questo deriv la esenzione attuale dell'abate dalla giurisdizione episcopale) conservarono a lungo i propri riti anche in contrasto con gli usi romani. Per secoli tali chiese rimasero autonome per cui in certi momenti parve che la vecchia razza celtica, gi da tempo sterminata dai Romani e dei Germani, ricomparisse per conquistare i suoi conquistatori e che il cristianesimo celtico fosse sulla via di dettar legge alle chiese d'Occidente726 . Sar solo verso il XII secolo che le chiese celtiche, accostatesi a Roma, ne riconobbero il primato e divennero anzi dei forti sostenitori dell'autorit papale. La chiesa di Spagna godette sempre di completa indipendenza da Roma, nonostante che nessuna sede metropolitana spagnola fosse d'origine apostolica727 . Isidoro di Siviglia in una sua lettera al vescovo di Roma Claudio728 riconobbe che al Romano pontefice si deve mostrare una speciale doDio (!!), sempre augusto (Corpus inscriptiorum latinarum, vol. VI, n. 1200); nel 609 Foca inviava a Bonifacio III un'ambasciata carica di doni e autorizzava la trasformazione del Panthein in una chiesa dedicata a Maria e ai santi martiri. 724 Adriani papae I epistulae 56, in PL 96, 1217 D - 1220 A, testo greco ivi coll. 1218 D - 1219 A. La lettera fu letta al Concilio Ecumenico VII di Nicea (a. 787), Tuttavia ne furono saltati i passi riguardanti l'abuso del titolo di patriarca ecumenico da parte del vescovo Tarasio. Di pi la libera versione greca ha cercato di attutire la volont di primato da parte di Adriano I, facendolo vicario non solo di Pietro, bens dei due apostoli Pietro e Paolo, detti corifei (non i capi) del collegio apostolico. 725 E' interessante notare come papa Paolo VI parlando del suo prossimo incontro a Istanbul con Atenagora di Costantinopoli, lo abbia chiamato lui stesso patriarca ecumenico (Oss. Rom. 15 luglio 1967). 726 Green, Histoire du peuple anglais, vol. I. p. 22 della 24 edizione. 727 Solo Santiago di Compostella nel settentrione spagnolo pretese di essere stata fondata da un apostolo e di possedere la sua sepoltura. Sono note le lotte del suo vescovo con quello di Toledo per la supremazia spagnola, che termin nel 1088, quando Urbano II eresse la sede primaziale a Toledo. Pare che la decisione fosse motivata dal timore che Santiago volesse ergersi come uguale a Roma. La Historia Compostellana, scritta nel sec. XII sotto gli auspici di Selmirez, che ottenne il pallio dal papa e ambiva il primato, cos scrive: Ci che gli imped di conseguirlo fu che i romani resistettero alla petizione pensando: la chiesa di Compostella si erge orgogliosamente e arrogantemente, e guarda alla chiesa di Roma non come sua signora, ma come sua pari. La chiesa romana temeva infatti che la chiesa di Compostella, fondata sopra un s grande apostolo, guadagnando pi autorit episcopale, potesse assumere il primato di onore tre le chiese d'Occidente; e per il fatto che la chiesa di Roma governava sopra la maggioranza delle chiese a motivo di un apostolo, cos anche la chiesa di Compostella potrebbe porsi a prima e governare molte chiese a motivo del suo apostolo. Ci spiega i timori di Roma che sino ad oggi prese le sue precauzioni per il futuro (Hist. Comp. III, 3). 728 PL 83, 903; il vescovo Claudio pontific dal 606 al 636.
165 verosa ubbidienza come al Vicario di Cristo, ma di fatto i sinodi spagnoli conservarono la loro giurisdizione sui vescovi e sui metropoliti, opponendosi a Roma anche in materia di fede. Nel sinodo di Toledo (a. 686) ima lettera di papa Benedetto II fu sottoposta a severa critica e gli fu rimproverato di contraddire i Padri con grande impudenza729 . In seguito a una lettera di Adriano I che nel 790 biasimava alcuni abusi, per circa 200 anni i rapporti epistolari con Roma furono bruscamente interrotti730 . Secondo Diego Almirez, nessun vescovo spagnolo del sec. XI seguiva Roma o le era tributario, bens si conformava alla legge toledana731 . Fu Gregorio VII che nel 1085 ad opera dei m onaci di Cluny, soppresse il rito mozarabico. La chiesa franca, pur riconoscendo il primato di Roma, conservava una sua propria indipendenza, tant' vero che al tempo della iconoclastia, nonostante gli sforzi di papa Adriano I (772-795), si oppose al culto delle immagini, le quali potevano essere usate solo per abbellire il locale di culto, senza per che si accendessero candele o si bruciasse incenso o si elevassero preghiere dinanzi a loro. Cos decide il Concilio di Francoforte, che nel 794 rifiut le decisioni del Concilio II di Nicea e disse che in questioni riguardanti la fede utile consultare Roma, senza per altro affermarne la necessit. Adriano li confut con ragioni bibliche senza affatto accampare la sua autorit732 ; ma i teologi franchi dichiararono apertamente che i passi patristici da lui addotti erano assurdi e fuori luogo per la questione trattata733 . Le chiese della Gallie, dipendenti da Arles, godevano di una vasta autonomia ed Ilario, suo vescovo canonizzato poi dalla Chiesa, ag con indipendenza presiedendo vari concili, deponendo o sostituendo vescovi con persone di sua scelta. Ci non piacque a molti che se ne lagnarono presso Leone IV; questi colse l'occasione per intervenire forte dell'appoggio di Valentiniano III il quale con un editto, forse dettato dallo stesso papa, sottomise a Roma le Gallie. In tale decreto si sosteneva che la pace ecclesiastica possibile solo quando tutte le chiese riconosceranno un solo capo. Il documento che espressamente parla soltanto di chiese Occidentali e di ambedue le Gallie serv di base per le future espansioni papali. L'editto, dopo aver accennato alla resistenza di Ilario e delle chiese transalpine, cos continua:
Non solo condanniamo in delitto s grave affinch il pi piccolo disturbo non sorga tra le chiese e la disciplina della Chiesa non ne venga indebolita, ma decretiamo altres con questo editto perpetuo che non sia consentito ai vescovi delle Gallie e delle altre provincie, contrariamente all'antico costume (!!), di fare alcunch senza l'autorit del venerabile papa della citt eterna; che anzi tutto ci che l'autorit della sede apostolica abbia approvato o abbia ad approvare si consideri da esse come legge, di modo che se qualche vescovo si opponesse, in caso che venga chiamato a comparire dinanzi al tribunale del vescovo romano, sia obbligato ad andarvi per mezzo del governatore della provincia, affinch in tutto si presti attenzione a ci che i nostri divini padri concessero alla chiesa romana 734 .
L'editto, al dire del cattolico Tillemont, mostra come gli imperatori aiutarono a stabilire la grandezza e l'autorit dei papi735 . Naturalmente tale supremazia fu da costoro legittimata con il fatto che in loro era Pietro ad agire per cui essi operavano come suoi vicari.
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Mansi XII, 16. Historia critica de Espaa, XIII, pp. 258 s. 731 Historia Compostellana, Espaa sagrada, XX, 252, Pelayo de Oviedo falsific la storia di Isidoro per mostrare che gi al tempo di Gregorio M., del quale Isidoro fu reso vicario, era gi sottoposta a Roma. 732 Libri carolini, editi da Heumann, Concilii Niceni II, censura R -C. Caroli M. de impio imaginum cultu libri IV, Hannover 1731. Quod Romana Catholica et Apostolica Ecclesia, caeteri ecclesiis praelata, pro causis fidei, cum questio surgit, omnino sit consulenda dignum duximus. La lettera di Adriano I (722-795) si legge in Mansi, Act. Conc. XIII, pp. 759-810. 733 Valde absona et ad rem de qua agebatur minime pertinentia. Mansi XIV, pp. 421 ss. 734 Leone M., Ep 11 PL 54, pp. 636-640. Si noti l'inciso i nostri divini padri, non Cristo. 735 Tillemont, Mmoires , vol. XV, p. 83.
166 I lario fu chiamato a Roma e il papa gli proib di adunare concili fuori dalla sua provincia, di a mmettere ai concili provinciali i vescovi stranieri; sottrasse poi alla sua giurisdizione i vescovi suffraganei della provincia di Vienne, gli proib di prendere parte ad alcuna elezione episcopale e dichiar che doveva stimarsi fortunato di non ricevere castighi assai pi gravi per quelle che furono chiamate le sue usurpazioni, mentre di fatto erano dei puri diritti tradizionali. Le Decretali Pseudo-isidoriane Costituiscono la pi importante falsificazione medievale (sec. IX), nella quale un certo Isidoro Mercatore, confuso erroneamente con Isidoro di Siviglia (di qui il titolo di Pseudo-isidoriane), compil probabilmente a Reims, falsificandole, una sessantina di decretali pontificie (ossia leggi papali) che vanno da Clemente I a Gregorio II (a. 90 - 731)736 . I forgiatori avevano il lodevole intento di difendere i vescovi locali contro i soprusi dei principi s ecolari e dei metropoliti sottoponendoli al potere del vescovo romano; ma di fatto tali falsi inescusabili, ottennero il risultato di accrescere a dismisura il primato romano e di porre le basi della sua straordinaria esaltazione. Il loro pensiero si pu riassumere in queste poche righe: i vescovi posti sotto accusa hanno il diritto di appellare il papa; tutte la cause principali (majores) riguardanti i vescovi vanno riservate in suprema istanza al foro romano, le leggi statali che fossero in contrasto con i canoni o decreti papali diventavano nulle ipso facto. Tali falsi furono ritenuti autentici e applicati per tutto il Medio Evo; seri dubbi circa la loro autenticit sorsero solo nel XV secolo ad opera di Nicol Cusano e Giovanni di Torquemada tra i cattolici. La difesa tentata inutilmente dal gesuita Francesco Torres (m. 1572) fu frantumata dal calvinista David Blendel (m. 1628). Da esse risulta che il papa ha la piena potest (plena potestas) sulla Chiesa secondo un'espressione forse coniata gi da leone il Grande, Essa divenne strumento efficace contro l'egemonia civile e i soprusi che alcuni volevano attuare contro il clero inferiore. Servirono pure per sviluppare la riforma della Chiesa tramite sinodi e concili generali. L'apice di questa riforma si attu nel 1215 con il vero capo che dirigeva e muoveva tutta la Chiesa. Mediante le Decretali e le leggi posteriori i v escovi si videro ridurre gradatamente la loro autonomia e la loro libert. Dal sec. IX gli arcivescovi furono obbligati a chiedere a Roma, entro tre m esi dalla loro nomina, uno speciale ornamento chiamato pallio, che dovevano poi pagare737 , Dal secolo XI dovettero anzi recarsi a Roma per riceverlo dalle mani stesse del papa. Leone IX (1049-1054) si mise a conferire il titolo di cardinale, che fino a quel tempo era riservato a vescovi, preti e diaconi romani, ad ecclesiastici di altri paesi, creandosi in tal modo dei suoi rappresentanti in ogni centro principale sui quali poter contare. I cardinali, eletti dal papa, vennero sempre pi considerati l'espressione della Chiesa universale. Verso il sec. XII (1100) papa Pasquale II obblig i metropoliti a visitare periodicamente il papa per dargli un resoconto delle loro attivit (visita ad limina). Questo obbligo fu poi esteso nel sec. XV a tutti i vescovi, che dovevano venire confermati dal papa. Dal XII secolo era pure divenuto comune
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K. Bihlmeyer . H. Teuchle, Storia della Chiesa, vol. II, Brescia 1956, pp. 72 s. Decretales Pseudo Isidoriane , ed. P. Hinschius, Lipsia 1863; cfr P. Fournier e G. Le Baas, Histoire des Collections Canoniques en Occident , vol I, Parigi 1931, pp. 126-233; : J: Haller in Studi Gregoriani II, Roma 1947, pp. 91-101. 737 Il pallio una striscia di lana bianca che gira sulle spalle, con due corti pendenti neri sul petto e sul dorso. Nel VI secolo divenne una insegna papale; portato dal vescovo di Ostia perch consacrato dal papa (PL 67, 1016) era spedito a coloro che ricevevano una speciale giurisdizione papale (Liber Pontificali s I, 202; Simmaco lo accord a Cesario di Arles). Cfr J. Braun , I Paramenti sacri , trad. ital. 1914, pp. 129-135; L. Duchesne , Origine du cult chrtien , Paris 1925, ediz. 5, pp. 404-410.
167 uno speciale giuramento di obbedienza al sommo pontefice, che poi fu reso obbligatorio nel 1234 da Gregorio IX. Anche i metropoliti che godevano prima di una certa indipendenza, dal XIV secolo, spesso per loro desiderio, presero a chiedere conferma a Roma della loro elezione. Questa fu resa obbligatoria nel XV secolo pena la nullit della elezione738 . Tutti questi comportamenti documentano come da un periodo originario nel quale n on si riconosceva l'autorit giurisdizionale del vescovo romano, in Occidente si and gradatamente imponendo in modo sempre pi assoluto la sua giurisdizione. Superiorit sui Concili: convocazione e approvazione I Concili ricevettero autorit a valore solo se indetti dal papa e da lui approvati. Ci in realt non era affatto in armonia con l'insegnamento precedente. Stando alle decretali Peseudo-isidoriane, gi papa Pelagio II avrebbe avocato alla sede romana il d i739 ritto di convocazione di ogni concilio sia generale che particolare , bench in realt i concili generali siano stati convocati dal papa solo dal XII secolo in avanti, l'ignoranza storica dei fatti precedenti e l'autorit delle Decretali indusse i teologi a pensare che fosse sempre stato cos. Lo afferm 741 Tommaso d'Aquino740 , e lo ripet il Concilio Lateranense V , e attraverso vari teologi ci fu a sserito fino all'Ottocento con il teologo Carlo Passaglia nelle sue tesi De Conciliis742 , e con lo Scheeben743 i quali, riesumando una ipotesi del cardinale Bellarmino, resero l'imperatore presente ai concili un semplice delegato papale. Fu merito di F. X. Fnk, successore dello Hefele nella cattedra di Storia della Chiesa a Tubinga, l'aver eliminato questa tesi impostasi tradizionalmente nella teologia in contrasto con la realt storica pur attirandosi in tal modo aspre critiche. Dalle numerose lettere di convocazione giunte fino a noi744 , dalle quattro dichiarazioni imperiali che ci sono pervenute745 e dalle dichiarazioni di Costantino il Grande nel Concilio di Nicea746 risulta che gli imperatori consideravano la convocazione dei concili come una faccenda di loro competenza, in quanto vescovi al di fuori della Chiesa747 .
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Concordato di Costanza del 1418, can. 2. Decretales Pseudoisidorianae, ed. Hinschius, Leipzig 1863. 740 Summa Theol., II, II, q. 1, a 10; cfr anche ad 2; De potentia q. 10, 94, ad 13. 741 Mansi, 32, c. 967. 742 H. Schauf, De Conciliis oecumenicis. Theses Caroli Passaglia de conciliis deque habitu quo ad Romanos pontefices referentur , Roma-Friburgo di B. Barcellona 1961. E' la prima edizione corredata di note. 743 M.J. Scheeben, Handbuch der Katholischen Dogmatik, I Theologische Erkentnislehre , diretto da Grabmann, pp. 242-261 (opere complete a cura di J. Hoefer, III, Friburgo B. 1952 ed. 3). 744 F.X. Fnk, Die Berefung der Oekumenischen Synoden des Altertums , in Kirchengeschichtliche Abhandlungen und Untersuchungen, I, pp. 44-52. 745 Ivi, pp. 52-55. 746 Ivi, p. 55. Cfr V. Grumel , Le sige de Rome et le Concile de Nice. Convocation et prsidence in Echos d'Orient, 28 (1925), pp. 411-415: G. Bardy , De la paix constantinienne la mort de Theodore , in Fliche-Martin , Histoire de l'Eglise sec. III , Paris 1950, p. 80; per lui la distinzione tra convocazione formale da parte del papa e quella materiale dell'imperatore sottigliezza inutile. La convocazione imperiale sostenuta da E. Schwartz , Ueber die Reichskonzilien von Theodosius bis Justinuanus, in Zeitschr der Savigny Institut fr Rechtsgeschichte Kanonist Abteil II (1921), pp. 201 s.; da Goemans , Het algemen concilie in de vierde eenw (Il Concilio ecumenico del IV secolo), Nimega-Utrecht 1945; F. Dvornik , De autoritate civili in Conciliis oecumenicis , in Acta VI Conventus Velehradensis,Olomicii 1933, pp. 156-167. 747 Costantino fu chiamato Vescovo di quelli di fuori (epscopos tn ekts), Eusebio, De vita Constantini. La terminologia che si rif al giudaismo che chiamava quelli di fuori i non Giudei (cfr 1 Cr 26, 29; Ne 11, 16) indica per Eusebio i non cristiani, quei che non sono santi (cfr Eusebio, Hist. Eccl. 8, 7, 2 e 5 b; cfr pure Ermia , Derisione dei
168 E' mia volont dice Costantino nella sua lettera di convocazione del Concilio di Nicea c he tutti voi premurosamente vi raduniate nella suddetta citt. I dibattiti per essere legittimi dovevano iniziare con la lettura del messaggio imperiale, che aveva ordinato al sinodo di riunirsi e indicandone, anzi, le questioni controverse da risolvere. Solo dopo la chiusura del concilio da parte dell'imperatore e la sua licenza i vescovi potevano tornare alle proprie sedi. Il Concilio di Costantinopoli (a. 381) fu convocato da Teodosio I senza che la Chiesa romana ne fosse nemmeno avvertita e vi presenziasse. Il Concilio di Efeso (a. 431) fu indetto dall'imperatore Teodosio II che ne era stato sollecitato da Nestorio. Perfino uomini come Atanasio e Leone il Grande supplicarono la corte di convocare il Concilio di Sardica e un sinodo italico. Quando poi Leone cambi idea, l'imperatore Marciano convoc ugualmente il Concilio di Calcedonia (a. 451). I vescovi del concilio nel loro messaggio di ringraziamento a Giustiniano II sottolinearono che l'imperatore aveva convocato questo santo sinodo ecumenico eletto da Dio748 . Nel 754 l'imperatrice Irene comunic a papa Adriano: Abbiamo deciso un concilio (a. 787, Conc. Nicea II). Presidenza e direzione In origine la presidenza e la direzione dei concili ecumenici ossia generali spettavano di diritto all'imperatore, che spesso affidava a vescovi illustri o a commissari laici. nel Concilio di Nicea, durante la seduta inaugurale (21 maggio 325), l'imperatore Costantino, assiso su di un trono d'oro, tenne in latino (com'era di prammatica negli atti ufficiali) un discorso m ostrandosi preoccupato per la pace pubblica749 . La presidenza nelle altre sessioni fu t enuta da Osio vescovo di Cordova, dopo del quale figurarono i due presbiteri romani delegati dal vescovo romano Silvestro che non vi pot presenziare a motivo della sua tarda et. Osio firm sempre per primo senza indicare di rappresentare qualcuno, mentre i due delegati romani dichiararono di sottoscrivere a nome di Silvestro750 . Nel Concilio di Costantinopoli la presidenza fu tenuta da Melezio, vescovo di Antiochia, che fra l'altro non era nemmeno in comunione con la Chiesa romana. Quando durante il concilio il presidente mor, Gregorio Nazianzeno, vescovo di Costantinopoli, sugger di sostituirvi il vescovo Paolino che godeva il favore anche di Roma, ma tutti gli orientali vi si opposero dicendo che ci poteva sembrare una resa di fronte ad una piccola minoranza antiochena. Il sole va da oriente ad occidente dissero i vescovi non da occidente a oriente.
filosofi di fuori (tn ectofilosfn) ). Costantino vescovo dei pagani, non in quanto pontefice massimo degli idolatri, ma in quanto amico del cristianesimo e in quanto deve cercare di condurli con la sua sorveglianza nella vera Chiesa. Si noti quindi il carattere non sacerdotale insito nel termine episcopo; cfr G. Ricciotti , La era dei martiri. Il Cristianesimo da Diocleziano a Costantino , Coletti Editore, Roma 1953, pp. 256-257. 748 Quinisesto a. 692, cos detto perch ritenuto un complemento dei concili 5 e 6. 749 Eusebio, De Vita Constantini 2, 12. 750 Dalla Spagna, quello sommamente famoso, s'assise insieme con gli altri (= Osio); l'antistite poi della citt imperiale (= Roma, cos Teodoreto 1, 7; Sozomeno 1, 17 lo chiama erroneamente Giulio, mentre era Silvestro e ricorda anche i nomi dei due legati Vito e Vincenzo. Meno bene Gelasio di Cizico 11, 5 pensa che la citt imperiale sia stata Costantinopoli che ancora non esisteva) mancava a causa della vecchiaia, ma erano presenti i suoi presbiteri, che ne tenevano il posto. Eusebio , De Vita Constantini 3, 7. Questi in 3, 13 dice: ... che vi presiedettero i presidenti (plurale) che secondo Gelasio, un compilatore del sec. V, sarebbero stati Osio e i due presbiteri romani. Ma il Ricciotti pensa che il plurale sia un plurale di categoria (cfr Mt 27, 22 e Mc 15, 32 dove dice che i ladroni bestemmiavano sulla croce il Cristo, mentre in realt si trattava di uno solo; cfr Lc 23, 39), il che meglio si accorderebbe con il fatto che Osio firm sempre il primo per conto suo e senza alcuna delega. Cfr G. Ricciotti, o. c., pp. 336-337.
169 Il Concilio di Efeso (a. 431), indetto dall'imperatore Teodosio II che ne era stato sollecitato da Nestorio, fu presieduto da Cirillo, il quale lo diresse senza nemmeno attendere i tre d elegati pontifici e 751 i vescovi della Siria . All'imponente sinodo del rinnovamento tenuto in Antiochia nel 341 la presidenza fu tenuta di persona dallo stesso imperatore Costanzo. Teodosio II cerc di rinunziare a tale suo diritto, ma i successori Pulcheria e Marciano fecero dirigere il Concilio di Calcedonia (a. 451) dai loro legati imperiali. Leone Magno cerc, vero, di affidare la presidenza ai suoi legati dopo che l'incaricato imperiale Dioscoro aveva sospinto in acque eretiche il c osiddetto sinodo dei briganti (a. 449). Ma anche se i vicari del papa sedettero al posto d'onore (praesidebant), in realt la presidenza vera ed effettiva fu tenuta dal commissario Candidiano e le acclamazioni salutarono l'imperatore Marciano come maestro della fede. Quasi tutte le sedute del VI Concilio Ecumenico di Costantinopoli (a. 680-681) furono presiedute dall'imperatore Costantino IV Pogonato752 ; al VII Concilio Ecumenico di Nicea (a. 787) la presidenza fu tenuta dal patriarca Tarasio, appena nominato dall'imperatrice Irene, della quale era stato consigliere segreto, pur essendovi presenti i commissari imperiali. Al termine l'imperatrice fece di persona la decisiva richiesta di consenso e sottoscrisse la risoluzione finale. Anche nell'VIII Concilio Ecumenico Costantinopolitano IV /a. 869-870) l'imperatore Basilio diresse i lavori, fece riesaminare, con stizza degli interessati, le lettere credenziali dei legati romani, riesum la questione di Fozio nonostante la sentenza di deposizione emessa dal sinodo romano e cedette poi la presidenza ai suoi commissari. Nel Concilio Ecumenico Costantinopolitano II del 431 papa Vigilio non presenzi affatto. Tutti questi fatti contrastano il pensiero di quei cattolici che esigono la convocazione e la presidenza di un concilio da parte del papa perch sia ecumenico753 . Convalida dei concili Le decisioni conciliari divenivano ipso facto una legge statale promulgata dall'imperatore.
Questa procedura dimostra in modo chiaro e inconfutabile che la validit delle decisioni non si riteneva dipendente da una successiva ratifica della sede romana. In caso contrario le decisioni non avrebbero potuto essere pubblicate e l'imperatore non avrebbe potuto dar loro forza di legge, prima che ne fosse pervenuta la convalida 754 .
La presunta conferma del Concilio di Nicea da parte di Silvestro (314-335) una pura leggenda. Secondo Graziano, papa Gregorio il Grande avrebbe proibito a qualsiasi persona di convocare un sinodo particolare, e obbligato, in caso di discussione su qualsiasi punto riguardante i concili ecu-
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I legati papali arrivarono pi tardi assieme ai vescovi siriani, ma mentre i romani si unirono al concilio di Cirillo, i siriani ne indissero contemporaneamente uno proprio. L'imperatore dapprima approv le decisioni di entrambi i concili, poi cerc di accostare le due fazioni, infine si decise a favore di Cirillo contro Nestorio. Per conseguire tale scopo Cirillo aveva messo in moto a corte tutte le leve (inviando tra l'altro ricchi doni); egli era sostenuto specialmente da Pulcheria, la pia ed influente sorella maggiore dell'imperatore ( K. Bihlmeyer - H. Tuechle , Storia della Chiesa , o. c., vol. I, p. 310). 752 Sexta Synodus, quam notu Dei vostra clementia sedule convocavit et cui pro Dei ministerio praefuit (Mansi, XI, 730), L'imperatore Costantino IV comunic l'editto di convocazione al patriarca Giorgio, presiedette alle prime undici sessioni, alla sua sinistra (allora posto d'onore) stavano i tre apocrisari del papa e il vescovo di Gerusalemme ed alla sua destra il patriarca di Antiochia, Giorgio. 753 Sulle metamorfosi di papa Vigilio si veda il capitolo sull'infallibilit papale. 754 F.X. Fnk, Die ppsiliche Besttigung der acht ersten allgemeinen Synoden in Kirschengeschichtliche Abhandlungen und Utersuchungen I, p. 121. Su tutti questi problemi cfr. A. Michel, Die Kaisermacht in der Ostkirchen (843-1204), in Ostkirchliche Studien 2 (1953), pp. 89-109; 3 (1954), pp. 1 -28.123-163; 4 (1955), pp. 1 42.221-260; 5 (1956), pp. 1-32.
170 menici, a ricorrere per spiegazione alla sede apostolica (romana). Ma si tratta di un falso poich l'originale ha alle sedi apostoliche , plurale anzich singolare755 . Nelle decretali il papa era ritenuto capo della chiesa per cui gli si potevano rivolgere le parole di Bernardo di Chiaravalle.
Voi siete il vescovo dei vescovi; gli Apostoli, vostri antenati, hanno ricevuto la missione di porre l'universo sotto i piedi di Ges Cristo: ciascuno ha il suo gregge di cui ha la carica, per voi, tutti i greggi non fanno che uno, e vi stato confidato. Pastore di tutte le pecore, e pastore di tutti i pastori
Separazione dell'Oriente La tattica assorbitrice del vescovo di Roma non riusc invece in Oriente, che volle a tutti i costi d ifendere la propria indipendenza. Molte chiese orientali, staccatesi ben presto dalle altre, rappresentano lo stadio iniziale della Chiesa quando non riconosceva ancora l'autorit di Roma, Cos la Chiesa Armena si stabil una sua gerarchia indipendente, rimasta a lungo ereditaria nella famiglia del o lro apostolo nazionale: Gregorio l'Illuminatore. Anche l'antichissima chiesa Siro-Persiana e la chiesa Etiopica-abissina non conobbero per lungo tempo alcun primato, neppure onorifico, della chiesa romana756 . Le chiese orientali, pur concedendo un certo primato di onore a Roma, di fatto non ne ammisero mai la superiorit gerarchica e nel 1054 preferirono staccarsene anzich sottoporsi ad e ssa. Varie ragioni collaborarono per la opposizione tra Roma e l'Oriente: gli orientali rimproveravano ai latini il taglio della barba, l'uso del pane azzimo, la creazione di statue, l'uso di anelli al dito, l'asserzione che lo Spirito Santo procede solo dal Padre e non anche dal Figlio. Rimproveravano specialmente che il pontefice e i vescovi cattolici si ponessero a c apo dei soldati per attuare delle imprese militari. Ma la vera ragione, non asserita, era l'ingerenza sempre pi prominente di Roma negli affari costantinopolitani. Il primo tentativo avvenne al tempo di Nicol I (858-867) quando il patriarca Ignazio di Costantinopoli fu deposto dall'imperatore Michele III cui egli censurava la vita licenziosa e sostituito con Fozio sapiente linguista e commentatore. Nicolo I lanci l'anatema contro Fozio, il che caus una scisma durato solo pochi anni, poich Fozio fu alfine deposto e Ignazio rimesso al suo posto. Fozio fu anzi condannato da un Concilio di Costantinopoli, che la Chiesa cattolica ritiene uno degli ecumenici. Ma dopo la morte di Ignazio fu ristabilito nel suo incarico di vescovo costantinopolitano e ritenuto un santo dalla Chiesa bizantina757 . Il secondo scisma, definitivo, si attu con Michele il Cerulario. L eone IX aveva cercato di annettersi i Normanni dell'Italia meridionale, dipendenti dal Patriarcato greco (1053); Michele Cerulario insorse per affermarne la indipendenza da Roma. Il papa si adir e, mentre Michele faceva chiudere le chiese latine di Costantinopoli per imporvi l'uso greco, mand una legazione a Costantinopoli con la scomunica. Naufragate le trattative del 16 luglio del 1054 i legati greci deposero sull'altare di S. So-
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Nec licuit aliquando, nec licebit particolarem synodum congregare, sed quoties aliqua de universali synodo aliquibus dubitatio nascitur, ad recipiendam de eo, quod non intelligunt, retionem... ad apostolicam sedem pro recipienda ratione conveniant ( Graziano, Dist. 17 c. 4). L'originale tratto da Pelagio ha invece ad apostolicas sedes (plur.). Probabilmente la frase fu pronunciata da Pelagio contro il sinodo scismatico di Aquileia diretto contro il V Concilio Ecumenico (Doellinger , Infallibilit papale , p. 103, nota 59). 756 K. Bihlmeyer - H. Tuechle, Storia della Chiesa, vol. I, pp. 224-226. 757 Sulla figura enigmatica e discussa di Fozio cfr F. Dvornik, Lo scisma di Fozio, edizioni Paoline 1953 ( una rivalutazione di Fozio).
171 fia la bolla di scomunica; Cerulario, radunato un sinodo, scomunic a sua v olta i legati che, scossa la polvere dai calzari, se ne tornarono a Roma 758 . Ecco i testi delle reciproche scomuniche: a) da parte di Roma
Che Michele, patriarca abusivo, neofita il quale ricevette l'abito di monaco per timore umano ed stato screditato d a delitti efferati, che con lui, Leone, il preteso vescovo di Acrida, che il tesoriere di Michele il cerulario Costantino, il quale con i suoi piedi profani ha calpestato l'ostia dei latini e che tutti coloro i quali li seguono on tali errori e proposizioni temerarie siano scomunicati. Marantha... con i simoniaci, i Valeriani, gli Ariani ecc... con il diavolo e... i suoi angeli, ameno che tornino a sentimenti pi saggi. Amen... Amen... Amen. Umberto 759 .
Un tentativo di riconciliazione avvenne nel Concilio di Lione del 1274, dove i delegati accolsero tutte le pretese dei latini; ma il popolo insorse e i delegati vennero condannati. Nel 1439 il Concilio di Firenze non ottenne alcun risultato di valore. Solo gli italo-greci restarono riuniti alla chiesa di Roma. Le scomuniche sono state rimosse con un atto congiunto da parte di Paolo VI e Atenagora, il 7 dicembre 1965. Declino dell'autorit papale Da Innocenzo IV (1243-1254 la plena potestas papale fu invocata non per un beneficio della Chiesa, ma per vantaggio esclusivo del papa761 con lo scopo di trovare fondi da usarsi per la Curia romana e dei benefici per i suoi protetti, molto spesso con l'accordo tacito od espresso di Roma con i capi del luogo a scapito delle chiese locali. Quando fu perso il vero interesse per il bene della Chiesa il papa us il potere raggiunto non per edificare il corpo di Cristo, ma per impedire ad altri di farlo. Dopo il triste periodo avignonese del XIV secolo, il papato, che avrebbe dovuto in linea di principio garantire l'unione delle Chiese, fu occasione della sua divisione mediante lo scisma d'Occidente (13741417), nel quale due o tre papi si contendevano il potere o regnavano indipendentemente gli uni dagli altri a Roma, in Francia e in Spagna762 . Si trov la soluzione del problema nella dottrina conci758
A Michel, Humbert und Kerullarios, 2 voll. 1924-1930; M. Jugle, Le schisme byzantin 1961; F. Dvornik, Lo scisma di Fozio, edizioni Paoline, 1953. 759 P.L. 120, pp. 741-746. 760 Michele Cerulario, P. L., 120, 748. 761 Prendo qui lo spunto di una conferenza tenuta dal domenicano Edmondo Hill, Papaut et Collgialit, in Istina (1967), pp. 137-147 (specialmente pp. 138 s.). 762 Ecco i papi tra loro in contesa alla morte di Gregorio XI (1376): a) i vescovi vogliono eleggere un papa francese, ma al grido dei romani tumultuanti Romano lo volemo o almeno italiano), elessero Umberto VI (vescovo di Bari m. 1399), cui successe Bonifacio IX (m. 1404), Innocenzo VII (m. 1406), Gregorio XII; b) per la prepotenza di Urbano I, i vescovi francesi riuniti a Fondi deposero costui con la scusa che l'elezione non era stata libera e si scelsero Clemente VII, che vinto in guerra da Urbano con i soldati di Alberico, si ritir ad Avignone; gli successe Benedetto XIII; c) a Pisa un concilio (1409), deposto Gregorio XII e Benedetto XIII, elessero il vescovo di Milano Alessandro V (m. 1410) cui successe Giovanni XXIII (ma senza che gli altri cedessero). Tre papi vissero cos contemporaneamente, la Chiesa ubbidiva all'uno o all'altro, tutti crearono cardinali, vescovi, santi, ecc.
172 liare, che ora si vede, anche da molti cattolici, in un modo non partigiano come lo era in passato, quando si riteneva una dottrina eretica creata da Occam e da Marsilio Ficino; molti cattolici l'ammettono ora come un'idea perfettamente ortodossa, almeno nella sua formazione meno rigida763 . Dottrina conciliare Essa gi sostanzialmente presente nella ecclesiologia assolutamente ortodossa e tradizionale del XII e XIII secolo 764 . Il Tierney nelle opere gi citate presenta il seguente sviluppo della idea conciliare: a) Teorie decretiste sulla direzione della Chiesa (1140-1270) Secondo i commentatori del Decretum (di qui il nome decretisti) di Graziano, la Chiesa romana o lcale (papa e cardinali) pu sbagliare, ma non la Chiesa universale che la comunione di tutti i fedeli. Il concilio ecumenico rappresenta tutte le chiese che si uniscono a quella romana e al papa. Mentre Graziano respinge una limitazione del potere papale da parte del Concilio, i suoi commentatori gli riconoscono invece due limiti: il papa deve accettare le decisioni del Concilio che gli superiore; le questioni riguardanti tutta la Chiesa devono infatti essere giudicate da tutti secondo una norma di Bonifacio VIII765 . Perci nei problemi di fede dice Giovanni Teutonico il Concilio maggiore del papa766 . Di pi, secondo la sentenza di Girolamo, l'orbe maggiore dell'urbe (Orbis major est urbe); perci il collegio dei vescovi superiore al vescovo di Roma, come l'intero corpo superiore al capo. Di conseguenza la Chiesa, a cui Cristo ha affidato l'ultima istanza: Dillo alla Chiesa (Mt 18, 18), pu anche deporre un papa che divenga eretico, scismatico o si irretisca di gravissime colpe morali. b) Papalismo e dottrina ecumenica corporativa nel secolo XIII . I decretalisti o commentatori delle famose decretali o leggi papali misero invece in risalto l'autorit del papa, pur asserendo che ci si avvera per esplicita delega da parte della comunit (concezione corporativa). Secondo il cardinale Enrico di Segusia, vescovo di Ostia (m. 1271), detto fons et monarcha iuris per la sua reputazione, l'autorit sta non solo nel capo ma anche nei membri, per cui, nelle questioni che interessano la collettivit il capo deve avere il consenso dei membri. Se ci inizialmente si applicava soprattutto alla chiesa particolare (vescovo), pi tardi si estese pure al p apato.
Il Concilio di Costanza, ottenuta l'abdicazione di Gregorio XII, depose gli altri (Benedetto XIII, Giovanni XXIII) eleggendo nel 1414 il nuovo papa martino V. Cfr N. Valois, La France et le grand schisme d'Occident, 4 voll., Paris 1896-1902. 763 Cfr B. Tierney, Foundations of the Conciliar Theory , Cambridge 1955; A Conciliar Theory of the Thirteenth Century , in Catholic Historical Rewiev, 36 (1951), pp. 415-440; Ockham , The Conciliar Theory, and the Canonists, in Journal of the History of Ideas, 15 (1954), pp. 40-70; Pope and Council; Some New Decretists Texts , in Medieval Studies, 19 (1957), pp. 197-218; H. Kng, Strutture della Chiesa, Borla, Torino 1965, pp. 272-297; K. Hirsch , Die Ausbildung der Konziliaren Theorie , Vienna 1903. 764 Accanto a Brian Tierney della Catholic University of America di Washington, va ricordato pure W. Ullmann , The Origins of the great Schism , London 1948. 765 Quo omnes tangit ab omnibus iudicetur. 766 Synodus maior est papae. Per i testi di Giovanni Teutonico cfr Tierney, Foundation of the Conciliar Theory, o. c. pp. 250.254.
173 c) Le idee conciliari del XIV secolo. In questo periodo apparve la vera teoria conciliare, che fu resa possibile quando l'ecclesiologia decretistica fu fecondata da concetti corporativi decretalistici 767 . La prima formulazione completa fu data dal grande teorico politico Jean de Paris 768 il quale in una sua ardita sintesi afferm che ogni autorit ecclesiastica compresa quella papale poggia sull'istituzione divina e sulla cooperazione umana , vale a dire sulla trasmissione del p otere tramite l'elezione. La vera padrona d'ogni bene la Chiesa, mentre il papa ne solo il dispensatore. Nelle questioni di fede il papa ha bisogno della collaborazione del concilio, che secondo il card. Guglielmo Durantis si dovrebbe radunare ogni dieci anni. L'idea conciliare fu pure insegnata da due docenti germanici dell'Universit di Parigi: Enrico di Langenstein e Corrado di Gelnhausen769 . Anche Pietro d'Ailly (m. 1420), cancelliere dell'Universit di Parigi, sostenne la dottrina conciliare. La fermezza della Chiesa non pu poggiare sulla debolezza di Pietro, ma solo su Ges Cristo. Il papa capo solo in quanto ebbe un'autorit delegata in parte dalla Chiesa (ministerialiter exercens) ma non pu essere superiore a questa, essendo impossibile che una parte sia superiore al tutto. Se anche tutti i sacerdoti errassero, vi saranno sempre nella Chiesa delle umili persone che salvaguardano il deposito della rivelazione: E' chiaro che il tutto superiore alla parte e il papa solo una parte del concilio, come il capo una parte del corpo770 . In un sermone predicato al Concilio di Costanza disse: Solo la Chiesa universale ha il privilegio di non errare771 . Il dotto e pio Jean le Charlier (m. 1429) serv a diffondere tale idea; secondo lui Ges Cristo concesse la supremazia non direttamente al papa, ma alla Chiesa (Mt 18, 18: Dillo alla Chiesa . il papa perci fallibile, inferiore al concilio ecumenico e pu essere giudicato, condannato e deposto dalla Chiesa. Il papa, come sposo (?!) della Chiesa, pu abbandonarla, vale a dire dimettersi come fece Celestino nel 1294; ma pu anche essere abbandonato dalla Chiesa come nel caso di un governo dispotico. Come possibile uccidere un aggressore, cos la Chiesa pu difendersi deponendo un papa indegno. nei concili i sacerdoti e i cristiani hanno il diritto di esprimere il loro voto, perch f u772 rono i primi cristiani a delegare la loro autorit al clero . Occam (m. 1349 o 1350) e Marsilio di Padova (m. 1348) quando abbracciarono la teoria conciliare si inserivano quindi nella grande corrente canonista medievale773 .
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Tierney, Foundation of the Conciliar Theory, o. c. p. 245. Cfr ivi pp. 157-158. 769 Enrico di Lengenstein, nella sua Epistula Pacis (1379) e Epistula Concilii Pacis (1381) afferm che la suprema autorit sta nella congregazione dei fedeli; Corrado di Gelnhausen nella sua Epistula brevis (1379) ed Epistula Concordiae (1380) pose la suprema autorit nel Concilio dei vescovi. 770 De Ecclesiae auctoritate, stampata nella Gersonis opera, vol. I (Paris 1606), p. 931. 771 Cfr J. P. Mac Gowan , Pierre d'Ailly and Council of Constance, Dissertation , Washington Cathol. Univ. 1936. 772 Cinque scritti principali contengono le sue idee: Quatuour considerationes de pace et unitate ecclesiae in Gersonis opera I, Paris 1606, pp. 250 ss.; Trialogus (T. I. pp. 291 ss. ); De Infallibilitate papae (I, pp. 154 ss); D e unitate ecclesiastica (I, pp. 178 ss); De Potestate ecclesiastica (I, pp. 110 ss). Cfr L. Salembier , Gerson in Dict. Theol. Cath: 6, pp. 1313-1330; V. Martin , Comment s'est forme la doctrine de la superiorit du Concile sur le Pape , in Revie de Sciences Relig., 17 (1937), pp. 121-143, 261-289, 405-426. 773 Essi vi innestarono tuttavia delle idee personali: come per Occam l'idea della libert evangelica, della fallibilit del concilio generale, della posizione privilegiata dell'imperatore. Marsilio , uomo politico, rettore dell'Universit di Parigi, insignito di due benefici ecclesiastici da Giovanni XXII, nel suo Defensor pacis, sostiene che il papa una creazione dell'imperatore; nella Chiesa la suprema autorit risiede nel Concilio ecumenico, al quale gli stessi laici devono partecipare. La Chiesa che delega il suo potere al papa, lo pu anche revocare. La sua dottrina fu condannata il 23 o ttobre 1327 (Denz. Banw. 495-500).
174 Il Concilio di Costanza La teoria conciliare ebbe la sua accettazione canonica nel Concilio di Costanza 774 e precisamente con i canoni 4 e 6 del 6 aprile 1415, destinati in modo particolare contro l'enigmatica figura di Giovanni XXIII. Ecco come suonano: Il Concilio di Costanza, regolarmente convocato come rappresentante della Chiesa, riceve direttamente il suo potere
da Dio. Ciascun membro della Chiesa, incluso il papa, perci obbligato ad ubbidire a tutti i d ecreti che esso abbia a stabilire per la fede, la distruzione dello scisma e la riforma della Chiesa (Decreto 4) Chiunque, papa incluso, rifiutasse obbedienza agli ordini, alle leggi e ai decreti di questo santo Concilio o di ciascun futuro concilio ecumenico regolarmente radunato, sar sottoposto a penitenza e punito secondo le sue colpe qualora egli non voglia pentirsi anche ricorrendo ad altri aiuti (Decreto 6)775 .
Infatti il Concilio di Costanza (Ecumenico XVI) tenuto negli anni 1414-1418, dopo la rinuncia di Gregorio XII, depose Giovanni XXIII e Benedetto XIII (Pietro di Luna), che non volevano dimettersi, eleggendo il nuovo papa Martino V776 . Il Concilio di Basilea La medesima dottrina fu ripetuta al Concilio di Basilea, che, dopo il suo scioglimento attuato da p apa Eugenio IV (m. 1447), continu i suoi lavori e cerc di deporre il papa; in esso si distinse Nicol di Cusa che fu fervido assertore dell'idea conciliarista777 . Usualmente i decreti di Costanza sono dai teologi ritenuti privi di valore perch non approvati dal papa, ma i cattolici Kng, Dom Paul de Vooght, Olivier de la Brosse li ritengono validi e vincolanti778 . Il Concilio di Basilea, appena si riun, riconferm i decreti generali della quarta e quinta sessione di Costanza. Il presidente card. Giuliano Cesarini in una lettera del 5 giugno 1432 dichiarava al papa Eugenio IV che la legittimit del suo pontificato dipendeva dalla legittimit di quei canoni: Se questo Concilio (di Basilea) sia legittimo o meno, dipende dal Concilio di Costanza; se quello fu vero, anche questo
vero. Non pare del resto che nessuno abbia mai dubitato della sua legittimit: e lo stesso si dica di tutto ci che ivi fu decretato. Se infatti qualcuno dicesse che i decreti di quel Concilio non sono validi, allora bisognerebbe dire che non fu valida nemmeno la destituzione di Giovanni XXIII, fatta in forza di quei decreti. E se essa non era valida, non lo fu nemmeno l'elezione di papa Martino avvenuta quando quello era ancora in vita. E se papa Martino non fu papa, non lo nemmeno Vostra Santit, che stata eletta dai cardinali da lui nominati. Nessuno, pi di Vostra Santit, ha quindi interesse a difendere i decreti di quel Concilio. Se un qualunque decreto di quel Concilio sar messo in dubbio, allo stesso
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Sul Concilio di Costanza cfr A. Franzen e W. Mueller , Das Konzil von Konstanz. Beitrge zu seiner G eschichte und Theologie (Festschrift H. Schufele), Freiburg, Herder 1964; P. De Vooght, Les pouvoirs du Concile et l'authorit du pape au concile de Constance (Unam Sanctam 56), Paris, Du Cerf 1965; Jean Gerson, Oeuvre compltes, tom. VI L'oeuvre ecclesiologique , Tournai-Paris, Descle 1965; K. W. Noerr , Kirche und Konzil bei Nicolaus de Tudeschis (Panormitanus), Kln, Bhlau, 1964; Olivier De La Brosse , Le pape et le Concile, La comparaison de leur pouvoirs la veille de la Rforme (Unam Sanctam, 58), Paris, Du cerf, 1965. 775 I due decreti si leggono in Hefele-Leclercq , Histoire des Conciles , vol. 7, pp. 210s, (Paris 1916); Conciliorum O ecumenicorum Decreta, Bologna, Herder 1962, p. 385. Gli altri aiuti sono probabilmente i bracci secolari. 776 Cfr L. Selembier , Le Grand Schisme d'Occident , Paris 1902. 777 Cfr Nicolaus de Cusa , De concordantia libri tres , edidit Gerhardus Kallen, Liber primus, Hamburg, Felix Meiner 1964. Il libro primo accoglie le teorie conciliariste, sia pure senza le demagogie di alcuni autori. Et dum hanc partem defendimus, quod papa non est universalis episcopus, sed super alios primus..., quia veritatem defendimus... recte p apam honoramus (I, p. 161). An Universale concilium proprie captum, scilicet, quod universam catholicam ecclesiam repraesentat, sir supra patriarchas et Romanum ponteficem, credo dubium esse non debere (I, p. 180). 778 H. Kng , Strutture della Chiesa, Torino, Borla 1965, pp. 264-265, 269-277. B. Hueber, Die Constanzer Reformation und die Concordate von 1418, Leipzig 1867, pp. 269-277.
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titolo si potr contestare la validit degli altri; e per ci stesso non saranno nemmeno validi neppure i decreti d egli altri 779 Concili, perch se vacilla l'attendibilit di un Concilio, vaciller tutto il resto .
Infatti Eugenio IV, come gi aveva fatto Celestino V, approv tali decreti:
Accettiamo, abbracciamo e veneriamo, come i nostri stessi predecessori dalle cui orme non ci vogliamo scostare, il Concilio generale di Costanza, il decreto Frequens, e parimenti tutti gli altri decreti e concili, che rappresentano la Chiesa militante cattolica con tutto il loro potere, la loro autorit ed onore eminente 780 .
Tuttavia in seguito con l'affermarsi del papato si cerc di soffocare la teoria conciliarista allora d ominante esaltando la dottrina canonista dell'autorit papale, perci Pio VI nella Bolla Execrabilis del 1460 os formalmente proibire, sotto pena di scomunica, chiunque appellasse dal papa al Concilio. Tuttavia tale decreto incontr una fiera opposizione al pari di simili decreti dei suoi successori Sisto IV e Giulio II e fu anzi ritenuto invalido dai giuristi di quel tempo, persino dal curialista Giovanni Gozzadini, perch in contrasto con i decreti di Costanza. Il Concilio Lateranense V afferm nel 1516 che il Pontefice sta al di sopra dei Concili781 , ma fu ritenuto un concilio non libero, indebitamente controllato dal papa e composto in prevalenza di italiani. Perfino Bellarmino riteneva che tale opinione fosse disputabile tra i cattolici: Del Concilio Lateranense, che defin espressamente la questione, alcuni dubitano che sia stato davvero generale; sino 782 ad oggi vi quindi tale disputa tra i cattolici . L'idea conciliarista perdur nel Gallicismo che prese la sua forma concreta nella Dichiarazione del clero gallicano, composto da Bossuet e promulgata dal re Luigi XIV (1682). Ecco quanto pi ci i nteressa: Noi arcivescovi e vescovi riuniti a Parigi per ordine del re, abbiamo giudicato conveniente stabilire e dichiarare:
1. Che San Pietro e i suoi successori vicari di Ges Cristo e che tutta la Chiesa, non hanno ricevuto potenza da Dio che per cose spirituali riguardanti la salute e non per le cose materiali e visibili... 2. Che la pienezza della potenza della S. Sede apostolica e dei successori di Pietro sulle cose spirituali tale che i decreti del S. Concilio Ecumenico di Costanza (sess. 4 e 5) approvati dalla S. Sede apostolica, confermati dalla pratica di tutta la Chiesa e dei pontefici romani, osservati religiosamente dalla Chiesa anglicana, dimorano in tutta la loro forza e valore, e che la Chiesa di Francia non approva l'opinione di coloro che attentano a quei decreti o li indeboliscono dicendo che la loro autorit non stabilita, che essi non sono approvati o che riguardano solo il tempo dello scisma... 3. Che bench il papa abbia la parte principale nelle questioni di fede e i suoi decreti riguardino tutte le Chiese, e ogni Chiesa in particolare, il suo giudizio non pertanto irreformabile, ameno che non vi intervenga il consenso della Chiesa.
Siccome, a causa di tali decreti, papa Innocenzo XI (1676-1689) si oppose alla nomina regia dei v escovi, Luigi XIV per ottenere un accordo diplomatico, fin per ritirare i quattro articoli incriminati.
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Citato da B. Hueber, o. c., pp. 269 s. Dal gi citato B. Hueber, p. 270. 781 Conc. Later. V, Sessio XI, 19 dic. 1516, in Concil Oecumenicorum Decreta, Bologna 1962, p. 618, 20-23. Nel Conc. di Basilea il card. Nicol da Susa afferm: Noi rettamente diciamo che tutti gli apostoli ebbero il medesimo potere di Pietro (cfr Van der Hardt, Conc. Const., I p. 5, c. 17 e 13); ma nel 1437 pass alla idea opposta negando ogni potere ai vescovi. Cfr R. Sabbadini , Nicol da Cusa ed i Conciliari di Basilea alla scoperta dei codici , Rendiconti della reale Accademia dei Lincei a. 1910. 782 R. Bellarmino, De Conciliis, e II c. 13 (Opera omnia, Parigi 1870, II, p. 265).
176 Tuttavia l'idea conciliare, sia pure in forma mitigata, non ancora scomparsa del tutto, come risulta dalle seguenti affermazione del Kng:
Quante sventure si sarebbero potuto evitare alla Chiesa, dopo il Concilio di Costanza, se ci si fosse attenuti a quella che fu la posizione fondamentale di quel concilio primato papale e insieme un certo "controllo conciliare!"... Se non si vogliono lasciare completamente cadere le decisioni del Concilio di Costanza (cosa che, come risulta da quanto abbiamo esposto, non consentito a un cattolico) non si pu rinunziare ad affermare una superiorit (conciliare) rettamente intesa... (Si deve concepire) come un reciproco condizionamento... come un rapporto reciproco di lavoro al servizio della Chiesa, sotto un unico e solo Signore 783 .
Il distacco protestante: la Riforma Contro la progressiva sostituzione del papato a Cristo, il quale agisce, parla e governa tramite il p apa, si erse la riforma protestante che volle riportare l'autorit papale al di sotto della Parola. Secondo molti teologi della riforma il papato fu presentato come l'Anticristo , come il mistero dell'iniquit gi all'opera (2 Te 2, 7), come la bestia dell'Apocalisse che si eleva su tutto ci che divino (Ap 17). La reazione principio il 10 dicembre 1520 alla Porta della Gazza (Elstertor) di Wittemberg, quando Martin Lutero gettando la bolla papale di scomunica nelle fiamme in cui gi ardevano il Corpus J uris Canonici e i volumi di teologia scolastica pronunci queste parole: Poich tu hai conturbato la verit di Dio, conturbi te oggi il Signore in questo fuoco. Amen784 . Per i protestanti la Chiesa figlia nata dalla Parola, non madre della Parola; essa sempre la Ecclesia discens, che impara dal suo Capo e dallo Spirito della verit. E' tutta intera sotto l'autorit ultima della verit divina rivelata785 . Cos gran parte dei paesi anglosassoni si stacc dalla supremazia papale, creando uno dei pi grandi scismi del cattolicesimo, invano combattuto dalla cosiddetta contro-riforma ad opera del Concilio di Trento786 . La curia papale L'organismo curiale ha subto variazioni ed ampliamenti nel corso dei secoli; in esso elementi di primario valore sono i cardinali. Il nome deriva dai presbyteri et diaconi cardinales, vale a dire incardinati (da cardine) al servizio di una chiesa o di una diaconia di Roma787 . Tale titolo fu poi riservato a coloro che erano preposti alle chiese titolari (tituli cardinales) di Roma o delle pi importanti d'Italia (come Milano, Napoli, Ravenna) e fuori (come Colonia, Costantinopoli ecc.). Pass poi ad indicare gli ecclesiastici addetti al governo della Chiesa come aiutanti del papa che si distinsero in cardinali vescovi, sacerdoti e diaconi secondo il grado da essi goduto nella Chiesa. Il titolo cardinalizio da Nicol II (1059) a Eugenio IV (1438) assunse un notevole prestigio. Il Concilio di Costanza li limit a ventiquattro, Sotto Paolo IV (1559) il loro numero sal a quaranta, elevandosi poi a ottantasei al tempo di Gregorio XIII. Sisto V li fiss a settanta in accordo con i seniori
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H. Kng , Strutture della Chiesa, o. c. , p. 271. Cfr G. Miegge, Lutero, Torre Pellice 1946, p. 487. 785 Vorlesungen ber I Mose, W. A. XLII, pp. 334, 12. 786 XIX Concilio Ecumenico, 1545-1563. 787 Questa istituzione, secondo una testimonianza di papa Zaccaria (m. 752), risalirebbe a papa Silvestro I (m. 337).
177 di Israele788 . Giovanni XXIII varc tale limite, portato da Paolo VI ad oltre il centinaio in seguito alla maggiore diffusione del cattolicesimo789 . Dal sec. XI alcuni cardinali furono scelti come legati papali e inviati per missioni particolari in differenti stati della terra. Dal sec. XII perch vicari del papa, furono chiamati legati a latere ; tale d istinzione raggiunse sotto Innocenzo III il suo fastigio. Dotati delle pi ampie facolt suscitarono dei contrasti con la giurisdizione episcopale che si and sempre pi riducendo. Dal sec. XII i cardinali ebbero precedenza d'onore e rango su tutti i pi alti dignitari ecclesiastici, compresi gli arcivescovi. In certi momenti tentarono, ma inutilmente di raggiungere una posizione pi autonoma a fianco al papa e una specie di diritto di partecipazione ai suoi atti di governo. Innocenzo IV li insign del cappello rosso (1245) e Bonifacio VIII del manto purpureo; dal sec. XIII il decano del collegio cardinalizio il cardinale-vescovo di Ostia. Anzich seguire lo sviluppo curiale nel corso dei secoli ho pensato di presentare la organizzazione datale il 15 agosto 1967 da Paolo VI con la Regimini Ecclesiae Universae aggiungendovi alcune note esplicative790 .
La Curia Romana risulta composta dalla Segreteria di Stato e dal Sacro Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa, dalle Sacre congregazioni, Segretariati, Tribunali, Uffici, cui si aggiungono le commissioni permanenti
I primi due dicasteri (Segreteria di Stato e Sacro Consiglio per gli affari pubblici) sono quelli che pi collaborano con il papa sia per gli affari ecclesiastici sia per quelli diplomatici. Gli stati chiamerebbero quest'ultimo con il nome di Affari Esteri; ma nulla straniero per la Chiesa. Le Sacre Congregazioni sono: 1. Per la dottrina della fede, gi Santo Ufficio: eretta nel 1542 da Paolo III per la difesa della fede, da cui dipendeva anche la Sacra Inquisizione . Il nuovo nome le fu dato da Paolo VI col Motu proprio integrae servandae del 7 dicembre 1965. 2. Per le Chiese orientali: risale al 1862, ma fu ristrutturato da Benedetto XV, ad essa Pio XI sottopose anche gli occidentali che vivono nelle regioni orientali (25 marzo 1938). 3. Per i vescovi: la Congregazione prima chiama Concistoriale. 4. Per la disciplina dei sacramenti.
788 789
Costituzione Postquam verum del 1586. Cfr Es 24, 1. Cfr S. Kuttner, Cardinalis History of a Canonical Concept , in Tradizio. Studies in ancient and Medieval History 3 (1945). pp. 120-124; V. Martin , Les cardinaux et la curie , Paris 1930; M: Andrieu , L'origine du titre de Cardinal dans l'Eglise Romaine, in Miscellanea Mercati. Ed Studi e Testi, Citt del Vaticano 1940, pp. 113-144. E' stato Papa Giovanni a varcare questo limite (70) ed allora non parso a noi sconveniente profittarne e portare il numero dei cardinali viventi oltre il centinaio; e ci per ragioni plausibili, Le proporzioni della Chiesa odierna non sono pi quelle del cinquecento, ma sono assai cresciute e si sono dilatate, per grazia di Dio, sulla faccia della terra, inoltre la funzione rappresentativa del Sacro Collegio si fatta pi ampia e pi esigente e ci proprio per il deciso impulso dato dallo stesso Pio XII al carattere sopranazionale della Chiesa, il quale si riflette nella struttura del corpo cardinalizio e per la diffusione sull'idea ecumenica, alla quale il Concilio in corso di celebrazione conferisce tanto splendore e tante speranze (Paolo VI, Discorso all'udienza del 28 Gennaio 1965, in L'Osservatore Romano del 28-1-65, p. 1). 790 Cfr L'Oss. Rom. del 19 agosto 1967, pp. 1-4. Da essa sono tratte le citazioni qui riprodotte.
178 5. Per i riti: ristrutturata e suddivisa in due sezioni: sezione del culto e sezione delle canonizzazioni dei santi. La prima ordina sia il culto liturgico che quello non liturgico, anche nelle sue forme popolari. 6. Per il clero: deve fomentare la santit del clero, perfezionare la dottrina, incrementare le cognizioni pastorali e lo scambio delle esperienze, dare impulso alle opere di apostolato e curare le n ecessit materiali dei sacerdoti, la conservazione e la retta amministrazione dei beni ecclesiastici. 7. Per i religiosi ed istituti secolari: all'ordinaria sezione riguardante frati, monaci e suore si aggiunta una speciale sezione per gli istituti secolari, vale a dire per coloro che pur non essendo religiosi si ispirano agli ideali religiosi e all'osservanza dei consigli evangelici pur restando nel secolo. 8. Per l'insegnamento cattolico: l'antica Congregazione del Concilio791 , che estende la sua competenza alle scuole dalle parrocchiali e diocesane agli istituti di istruzione d'ogni ordine e grado dipendenti dalla Chiesa, in tutto il mondo cattolico fino alle Universit o Facolt o Atenei, Istituti di Studio a livello universitario. l'attivit della S. Congregazione mirer a far penetrare il pensiero cattolico nel mondo intellettuale odierno. Curer che vi sia assistenza morale, spirituale e anche materiale mediante convitti per coloro che frequentano tali universit. 9. Per l'evangelizzazione dei popoli o Propaganda Fidei : deve curare la cristianizzazione del mondo in accordo con il decreto Ad gentes divinitus del Concilio Vaticano II. Alle Congregazioni si aggiungono poi tre segretariati per l'unit dei credenti, per i non cristiani, per i non credenti. Ad esperimentum esiste pure il Consiglio dei laici e la Commissione Giustizia e pace. I Tribunali sono tre: La Segreteria apostolica, la S. Rota e la Penitenzieria apostolica . 1. La Segnatura apostolica: il tribunale supremo per tutta la Chiesa che deve sciogliere le controversie giudiziarie nel campo dell'ordinamento ecclesiastico, vigilare sulla retta amministrazione della giustizia, decidere i diritti di competenza tre i vari dicasteri. 2. La S. Rota: che tratta tutte le questioni riguardanti la nullit dei matrimoni, compresi quelli degli orientali (motu proprio del 7 dicembre 1965 Integrae servandae). 3. Penitenzieria apostolica: che ha competenza esclusiva nella concessione delle indulgenze792 . Uffici 1. Cancelleria apostolica: dedita alla preparazione delle bolle e dei brevi di maggior rilievo. Quelli di minor importanza, come ad esempio le onorificenze e il conferimento dei benefici nei capitoli u rbani, sono redatti da un ufficio esistente presso la segreteria di stato. 2. Prefettura dell'economia: composta da un collegio di tre cardinali, con a capo un cardinale p residente, vigila nelle varie amministrazioni che fanno capo al Vaticano, rivede i bilanci, esamina i progetti, ispeziona i libri contabili, prepara il bilancio generale. E' una specie di Corte dei Conti e un ministero del bilancio.
791
Su questa congregazione cfr la miscellanea curata da Pietro Palazzini, La Sacra Congregazione del Concilio. Quarto centenario della fondazione (1564-1964). Studi e ricerche, Citt del Vaticano 1964, p. 684. 792 Cfr. E. Goeller, Die ppstliche Penitentiarie bis Pius V, 2 voll., Roma 1907-1911.
179 3. Contenzioso amministrativo: a cui si ricorre quando si presume che un atto del potere amministrativo ecclesiastico abbia violato una legge. 4. Istituto di statistica: raccoglie dati e notizie utili per conoscere meglio lo stato della Chiesa e a pportare validi aiuti ai vescovi. 5. Prefettura dei Palazzi apostolici: che deve assistere il papa, seguirlo nei suoi viaggi, disporre le udienze e le cerimonie pontificie, esaminare le precedenze, preparare le udienze dei capi di stato e di alte personalit. 6. Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica : le entrate per tale amministrazione furono procurate in vario modo nei diversi secoli e si ricollegano a questi tre cespiti793 : a) Censo: reddito dello stato pontificio e degli altri patrimoni in possesso della Chiesa romana, dai tributi delle Chiese e Abbazie che godevano l'esenzione dal vescovo e la protezione del papa, dai canoni che molti sovrani ritenuti feudatari versavano a Roma, dall'obolo di S. Pietro che, pagato prima in Inghilterra, Polonia, Ungheria e Scandinavia, fu poi esteso a tutto il mondo. b) Contributi per il palio e per la nomina dei vescovi : essi consistono in un terzo delle rendite dell'anno di elezione alla loro sede. Canuto, re d'Inghilterra (XI secolo), scrivendo da Roma, diceva d'essersi lamentato con il papa per le enormi parcelle di denaro che erano richieste ai suoi arcivescovi per ottenere il palio. c) le tasse pagate dai vescovi in occasione della visita ad limina794 . d) Ora si computano anche gli introiti dei santuari pi importanti che sono di amministrazione apostolica (Lourdes, Loreto, ecc.).
793
Cfr L. Nina, Le finanze pontificie nel Medio Evo, 3 voll., Milano 1920-32; W. E. Lunt , Papal Revenues in the Middle Age , 2 voll., New York 1934; Idem , Financial Relation of the Papacy with England to 1327, Cambridge Mass. 1939 ; Liber Censum Romanae Ecclesiae, by the treasurer Cencio Savelli , divenuto poi papa Onorio III (12161227), edito da P. Fabre e L. Duchesne, 2 voll., Paris 1880-1952. 794 J. B. Saegmueller, Die Visitatio liminum bis Bonifaz. VIII, in Theol. Quartalschrift 1900, pp. 68-117; Th. Gottlob, Die Kirch. Amtseid der Bischfe, 1936
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CAPITOLO QUINDICESIMO IL PROBLEMA DELL'INFALLIBILITA' PAPALE DALLE ORIGINI ALL'ODIERNO DISSENSO TEOLOGICO
L'infallibilit papale nei primi dieci secoli In questo ultimo secolo il papato cerc di passare alla riscossa facendo approvare dal Concilio Vaticano I l'infallibilit papale e cercando, nel Vaticano II, di riconquistare le masse che vanno sempre pi distaccandosi dal cattolicesimo e dalla religione in genere. Traccer l'evolversi di questa idea dalle origini del cristianesimo ad oggi795 . La Chiesa viene presentata quale depositaria della verit, in quanto essa, nel suo insieme, trasmette la verit ricevuta dagli apostoli. E' Suggestiva al riguardo la seguente pagina di Ireneo:
La Chiesa tutta, avendo ricevuto questa predicazione e questa fede, le preserva come se occupasse una casa sola pur essendo diffusa per tutto il mondo. Essa perci vi crede e come se avesse un'anima sola e un unico cuore le proclama, le insegna e le trasmette con perfetta armonia, quasi avesse una sola forza. Bench le lingue del mondo siano diverse, unico il contenuto della tradizione. Infatti le chiese piantate in Germania non credono n trasmettono qualcosa di diverso da ci che hanno le chiese di Spagna, della Gallia, d'Oriente, d'Egitto, della Libia o della regione centrale del mondo (vale a dire d'Italia e di Roma). Come il sole, creatura di Dio, unico e identico in tutto il mondo, cos anche la predicazione della verit brilla dovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono pervenire alla conoscenza della verit 796 .
Non vi ancora il concetto di una chiesa superiore alle altre, perch in caso di contestazioni Ireneo suggerisce di ricorrere alle chiese pi antiche797 . La successione episcopale garantisce l'origine apostolica della fede, ma la dottrina preservata da tutta la Chiesa e non solo dai vescovi798 . Se Ireneo parla della preminenza della chiesa romana, lo fa solo perch data la sua cosmopoliticit, a motivo dei fratello che vi si radunano dalle pi disparate parti del mondo, il conoscere la fede romana equivale a conoscere rapidamente, senza doversi spostare, la fede di tutte le chiese che vi sono rappresentate dai loro membri. La chiesa di Roma vale pi delle altre solo perch una chiesa universale in miniatura, fondata per di pi dai due massimi apostoli Pietro e Paolo799 . Gioviniano condannato come maestro di lussuria da un sinodo romano diretto da papa Siricio, per il suo rifiuto di riconoscere la verginit di Maria durante il parto, ricorse ad Ambrogio. Nella lettera, che il vescovo milanese invi a Siricio, afferma chiaramente:
795
Acta Conc. Vaticani , ed. Lacensis t. VII, Denz. B. Ind. syst, II, c.f. (Chiesa), III f (papa). Per i Padri cfr PL 219, 665 ss.; C. Kirch , Enchiridium fontium historiae eccl. antiquae , indice sotto: infallibilit. Per i testi: oltre a quelli di dogmatica si vedano: D. Dublanchy , Infallibilit in Dict. Thol. Cath., 7 coll, 1638-1717; F. Spedalieri , De Infallibilitate Ecclesiae in Sanctorum canonisatione , in Antonianum 22 (1947), pp. 3 -22; P. Santini , Il primato e l'infallibilit del R. Pontefice in S. Leone M. e negli scrittori greco-russi , Grottaferrata 1935; A. Landgraf , Scattered R emarks on the Development of Dogma and on Papal Infallibility in Early Scholastic Writings , in Theological St udies 7 (1946), pp. 577-582; Ignazio von Doellinger , Il papato dalle origini fino al 1870 , versione italiana ad opera di Elena Corsi Ferri, Mendrisio, Casa Editrice di Cultura Moderna, 1914; George Salmon , L'infallibilit della Chiesa, Roma 1960 (traduzione S. Corazza). Titolo originale, The infallibility of the Church, Dublin 1888. 796 Ireneo , Adv. Haer. , 1,10,2 PG 7, 551-554. 797 Ivi 3, 4, 1 PG 7, 855 B. 798 Anche il cattolico J. Leboulier (Le Problme de l'ADversus Haereses 3, 3, 2, e de S. Irne, in Rev. Sc. Phil. et Thol. 43 (1959), pp. 261-272) a p. 269 dice che i vescovi non sono un'autorit unica ed esclusiva nella preservazione della fede. 799 Ireneo , Adv. Haer. 3, 3, 2; cfr F. Salvoni , Il primato della Chiesa di Roma secondo Ireneo , in Ricerche Bibliche e Religiose 1 (1966), pp. 266-291.
181
Sappi che pure noi abbiamo condannato in accordo con il tuo giudizio coloro che tu hai condannato 800 .
Ci non significa che Ambrogio abbia condannato Gioviniano perch era gi stato riprovato dal v escovo di Roma, ma solo che il suo giudizio si era trovato in armonia con quello di Siricio. Che tale sia il giusto valore del passo appare dal fatto che la sede di Milano brillava allora di un duplice splendore: quello che le conferiva Ambrogio stesso con la santit, la scienza e le doti personali da lui possedute e la presenza abituale della corte. Perci, tutte le grandi questioni ecclesiastiche dell'Oriente come dell'Occidente, venivano sottoposta ad Ambrogio, il quale radunava concili, esprimeva opinioni e prendeva decisioni. Siricio non protestava, anzi permetteva che le sette province dell'Italia settentrionale fossero direttamente sottoposte all'autorit del vescovo di Milano801 . La famosa frase di Agostino Roma locuta causa finita ha ben altro valore di quell'infallibilit che si vorrebbe attribuirle, poich occorre citarla completamente e nella sua forma genuina, che cos suona:
Su questo argomento sono gi state inviate le decisioni in due concili alla sede apostolica, di l pure sono arrivati i rescritti. La causa finita, possa ora finire anche l'errore 802 .
L'eresia pelagiana, gi condannata da due concili generali dell'Africa, veniva ora condannata anche da Roma l'unica chiesa d'origine apostolica; tutto l'Oriente era quindi d'accordo; ogni discussione doveva perci finire e l'errore cessare. Ma nonostante tale desiderio, l'errore fu assai duro a morire803 . Quando Agostino dice: Non crederei al Vangelo se a ci non mi movesse l'autorit della Chiesa (non del papa), non pensa ad una decisione infallibile della Chiesa, bens al fatto che la Chiesa aveva con cura trasmesso a lui i vangeli che di fatto provenivano dagli apostoli contro il pullulare di tutti gli apocrifi che, falsamente, erano stati attribuiti a loro804 .
800
Quos Sanctitas tua damnavit, scias apud nos quoque secundum judicium tuum esse damnatos Ambrogio , Epist, 42, 14 PL 16, 1128. 801 Fliche-Martin , Storia della Chiesa , vol. IV, p. 305. Si ricordi che, quando nel 404 l'imperatore Onorio trasfer la sua residenza a Ravenna, era in Ravenna che si trattavano le grandi questioni ecclesiastiche in attesa che Aquileia divenisse a sua volta centro d'influenza (ivi). Tutto ci dimostra che quando una citt diveniva imperiale anche la chiesa locale assumeva una speciale preminenza nelle questioni ecclesiastiche. 802 Sermo 131, 10 PL 38, 734. Jam enim de hoc causa duo concilia missa sunt et sedem apostolicam, inde etiam rescripta venerunt. Causa finita est, utinam aliquando finiatur error. Cfr P. Batiffol , Le Ctholicisme de St. Augustin , Paris 1920, T. II, pp. 404-405. 803 Interessante e giusto il commento che ne fa il cattolico G. de Plinval (Le lotte del Pelagianesimo in Fliche-Martin, Storia della Chiesa, vol. IV, Torino, p. 130 nota 163). Da questo testo oratorio si son tratte conclusioni eccessive (P. Batiffol, Le Catholicisme de St. Augustin, p. 403). Qui si tratta soprattutto di un argomento speciale, destinato ai pelagiani che inclinavano a dolersi di Roma (cfr l''appello di Celestino nel 411; la risoluzione della conferenza di Gerusalemme del 415; S. Agostino, Epist, 177, 15). Nella lettera a Paolino (Epist. 186, 2) in cui riprende quasi letteralmente le parole della perorazione del Sermo131, 10 S. Agostino che temeva una decisione affrettata di Zosimo non dice pi: Causa finita est ma soltanto: Il papa Innocenzo, di beata memoria... ci ha risposto... come giusto da parte di un vescovo della sede apostolica (quo fas erat atque oportebat)... (Agostino). Egli credeva soprattutto alla inerranza della Chiesa considerata nel suo insieme (Contra Crescionum III, 77). Roma, come ogni altra gloriosa metropoli gli sembrava l'interprete della tradizione apostolica. Ma il De gestis Pelagii , ch'egli voleva porre sotto una protezione autorizzata dedicato ad Aurelio (vescovo di Cartagine); nella sua lettera a Paolino invoca la Chiesa di Gerusalemme (Epist, 217, 2, 3 e passim.). Invece, rivolgendosi a Giuliano, vescovo italiano, giustifica la condotta e la dottrina di Roma (Contra duas epistulas Pelagianorum OO, 5 e 6). Cfr Gaspar, Geschichte des Papsttums, vol. I, pp. 332-338, 606. 804 Cfr. Agostino , Contra Epistulam Fundamenti 5 , in Corpus Vindobonense XXV, 1, Wien 1887 PL 42, 176.
182 Esaltazione del vescovo romano Nel Concilio di Calcedonia (a. 451) nonostante che i vescovi, dopo aver letto la lettera di Leone I a Flaviano, avessero detto: E' Pietro che ha parlato per bocca di Leone, di fatto per non la ritennero un documento infallibile, approvandola solo dopo aver constatato la identica veduta con tali v escovi e la considerarono valida solo dopo la loro approvazioni805 . Occorre ben distinguere la rettorica dalla dottrina: quando Agatone invi una lettera al Concilio di Costantinopoli III (Ecumenico IV, 681) per condannare il monotelismo che ammetteva un'unica v olont di Cristo anzich due, i padri dichiararono all'imperatore che lo presiedeva: Una confessione scritta dal dito di Dio, ci fu data dall'antica Roma; la splendida lice della fede sfolgor a noi dall'Oc806 cidente. Qui non vediamo un foglio scritto: ma Pietro che ha parlato per bocca di Agatone . Che si trattasse di pura rettorica, suscitata dal fatto che Agatone appoggiava la tesi della duplice v olont in Cristo, una umana e l'altra divina, appare dal fatto che si fecero poi degli studi per studiare i passi addotti dai monoteliti (unica volont in Cristo), tratti dal IV e V Concilio Ecumenico, dal t omo di Leone e da molti altri padri della Chiesa allo scopo di conoscere se fossero genuini e se favorissero o condannassero il monotelismo. Fu cos documentato che le ragioni dei contradditori poggiavano su testi falsificati o male intesi, con l'esclusione di altri, i quali non si accordavano con le loro idee. Nessuno dei vescovi quivi riuniti ha mai pensato che la lettera di Agatone fossa norma i nfallibile di fede per conto suo. La chiesa romana non ha mai errato Questa idea fu affermata per la prima volta da Ormisda nel 519 quando invi a tutti i vescovi orientali, perch la sottoscrivessero, una professione di fede contro lo scismatico Acacio, che sosteneva la somiglianza (moios) del Figlio con il Padre Divino, anzich la sua perfetta uguaglianza (omosios). Egli pretendeva sostenere tale richiesta con la pretesa che nella chiesa romana: la vera fede fu sempre mantenuta senza macchia807 . Tuttavia ci non fu condiviso dagli orientali che, tramite l'imperatore Anastasio, avversarono la formula romana, la quale fu imposta forzatamente, e non senza opposizione anche cruenta, dall'imperatore Giustino. A Tessalonica un legato papale, recatosi per ottenere l'adesione del vescovo, fu malmenato e due suoi servi uccisi; il vescovo, dopo un breve esilio, fu riammesso alla sua sede senza essere obbligato a firmare la formula romana808 . Pi tardi la pretesa di Ormisda, destinata ad aver successo, fu ripetuta da Agatone, v escovo di Roma tra il 678 e il 681, con la aggiunta che la chiesa romana, non solo non aveva mai errato, ma non avrebbe mai errato nemmeno in futuro809 . Tale dottrina, riconfermata da Leone IX810 e da Gregorio VII811 , fu poi accolta anche da due concili ecumenici812 . Naturalmente le affermazioni precedenti
805 806
Cfr sopra le pagine riguardanti Leone Magno. Cfr. A. Saba , Storia dei Papi , Milano 1936, pp. 271; Liber Pontificalis , Ediz, Cantagalli, vol. V, Siena 1934, pp. 89110. 807 Cfr. Denzinger-Bannawart , Enchiridion Symbolorum , n. 171; PL 63, 460. 808 Cfr. Ormisda , Epist, 134 , Ediz, Thiell; Dict. Th. Cath, VII, 169. 809 Questa chiesa, essendo fondata sulla ferma rocca di Pietro, il principe degli apostoli, con il suo aiuto e grazia, rimane perpetuamente senza errore (Ap pses plnes krantos diamnel, PL 87, 1207 a). 810 Leone IX (papa 1049-1054) nella sua lettere "In terra pax hominibus", inviata a Michele Cerulario, imp eratore di Costantinopoli (2 sett. 1053), ripet che la chiesa (di Roma) non sar mai sconfitta dall'opposizione degli eretici (Denz. 8, 350, PL 143, 748). 811 Cfr. il suo Dictatus papae, n. 22, PL 148, 408. Si adduce usualmente la prova di Lc 22, 32.
183 non furono condivise dagli Orientali, ed erano state gi in anticipo biasimate da Basilio che cos a lmentava la boria prepotente degli ignoranti vescovi romani: Che aiuto possiamo avere dall' orgoglio e dal fatto degli Occidentali, che ignorano la verit e non vogliono imparare,
impediti a riconoscere il vero per le loro false opinioni? 813 .
Le affermazioni di Roma erano poi in contrasto con il precedente pensiero di molti vescovi, sia orientali che occidentali, i quali si ricordi Cipriano non ebbero timore a difendere idee in aperto contrasto con l'insegnamento di Roma. La storia poi smentisce apoditticamente la pretesa precedente in quanto ci presenta un Liberio tentennante, un Onorio scomunicato, come la smentisce pure l'insegnamento comune della teologia medioevale secondo cui il papa pu cadere in errore ed essere deposto, in tal caso, dalla Chiesa. La metamorfosi di papa Liberio Per essersi opposto alla deposizione di Attanasio, vescovo di Alessandria e campione dell'ortodossia asseriva infatti l'identica natura tra il Padre e il Figlio papa Liberio (352-366) per ordine imperiale fu catturato nel 355 dal prefetto della citt ed esiliato nella Tracia. Ne fu poi liberato l'estate del 357 dopo aver sottoscritto una delle varie formule siriache, in cui si asseriva una certa subordinazione del Figlio al Padre. Quella del 357 cos suonava: Nessun dubbio al riguardo: in onore, dignit, maest, nel nome stesso, il Padre pi grande del Figlio... Nessuno ignora che la fede cattolica insegna esservi due persone: quella del Padre e quella del Figlio, e che il Padre pi grande, mentre il Figlio minore e sottomesso814 . Queste lettera scritte in esilio documentano la sottomissione di Liberio alle imposizioni imperiali. La prima Studens pacis , diretta agli Orientali, ricorda che gi nel 352 lui aveva convocato Atanasio a un concilio, ma quegli non vi si era recato; per cui, ora, meglio informato sugli eventi, condannava Atanasio. Nella seconda Pro deifico timore , pure destinata agli Orientali, Liberio informa i suoi corrispondenti d'aver aderito alla condanna di Atanasio, di averne avvertito l'imperatore, e d'aver sottoscritto la professione di fede da poco formulata a Sirmio da parecchi vescovi e domanda loro di intervenire presso Costanzo onde ottenere il suo ritorno a Roma 815 . Nella terza Quia scio vobis , i nviata a Ursacio, Valente e Germinio, Liberio esprime gli stessi voti e presenta le medesime dichiarazioni gi attuate nella precedente lettera agli Orientali. Nella quarta Non doceo , indirizzata a Vincenzo di Capua, lo prega di provocare un passo collettivo dei prelati della Campania presso Costanzo in suo favore. Queste lettere del 357 gli ottennero dapprima l'autorizzazione di cambiare l'esilio di Berea con la citt di Sirmio e poi di tornare a Roma. P. Batiffol816 ha tentato di dimostrare la falsit di tali lettere senza addurre per delle ragioni plausibili. Alla stessa conclusione giunto pure Francesco di Capua, che pretende documentarne la falsit studiando il loro cursus prosaico differen-
812 813
Conc. Ecumenico VIII, Costantinopoli IV, Denz. 336 e Conc. Vaticano I, Sess. IV, c. 4, ivi 1832 ss. Ep. 329 PG 32, 894 B (con questa lettera Basilio diassuadeva Eusebio di Samosata dal recarsi a Roma); Marcello fu vescovo di Ancira (m. ca. il 375), che fu condannato dagli Orientali come infetto di Sabellianismo, mentre i latini (papa Giulio nel 340; Concili di Sardica e Milano nel 343 e 345) lo dichiararono ortodosso. 814 Loriginale latino citato da Ilario (De Synodis 11 PL 10,489) 815 La formula accolta da Liberio fu forse quella Sirmiana del 351, poich quella del 357 fu presentata solo dagli occidentali. Liberio sottoscrisse pure la formula del 358 dichiarando che il Figlio simile al Padre secondo la sostanza e in tutto. 816 P. Batiffol, La paix constantinienne, p. 509-518
184 te dalla stile di Liberio; esse sarebbero quindi dei probabili falsi ariani817 . Tuttavia questi sforzi non sarebbero sufficienti; per stabilire il ritmo di Liberio occorrerebbe prima dimostrare che lui in persona (e non un addetto alla cancelleria) abbia scritto le precedenti lettere genuine di Liberio, e, in caso affermativo, che una persona debilitata dopo un periodo di esilio tanto doloroso possa possedere la stessa facolt di scrivere con l'arte precedente. Di pi la defezione di Liberio chiaramente attestata da altri documenti.. S. Atanasio sa che Liberio sottoscrisse tale formula solo perch spaventato da minacce di morte. S. Ilario scrive: Tu (o Costanzo) hai portato la guerra sino a Roma, ne hai strappato il vescovo, e, disgraziato, non so se sei stato pi empio rinviandolo che esiliandolo. S. Girolamo scrive: Liberio, vinto dal tedio dell'esilio, sottoscrivendo alla gravit eretica, entr vittorioso a Roma818 . un complesso di testimonianze che ben difficilmente si pu eliminare.. Tuttavia anche in questo caso non sarebbe stata in discussione l'infallibilit pontificia, in quanto non si trattava di un insegnamento ufficiale per tutta la C hiesa, bens solo di un errore personale compatibile con l'infallibilit papale, per cui non insister su questo argomento, come purtroppo fanno tanti protestanti. Il Caso di Onorio Al tempo di Onorio (vescovo di Roma dal 625 al 638) si discuteva se Ges C risto, persona unica ma con due nature umana e divina, avesse anche corrispondentemente due volont o una sola. Corifei delle tesi opposte erano Sergio, patriarca di Costantinopoli e difensore del monotelismo, vale a dire dell'unica volont in Cristo, e Sofronio, patriarca di Gerusalemme, sostenitore invece della duplice volont. Entrambi gli oppositori ricorsero a Roma, ma Onorio diede ragione a Sergio, biasimando Sofronio. Nella sua lettera a Sergio, il papa cos afferma: Noi riconosciamo una sola volont (n thlema) di Nostro Signore Ges Cristo, perch non la nostra colpa, ma la nostra natura, che stata assunta dalla divinit, e una natura sana e pura com'era prima del peccato... Il Cristo non aveva dunque nei suoi membri altra legge, o altra volont opposta alla sua (Rm. 7, 23) poich era nato in modo s oprannaturale819 . E se la Scrittura dice: Io non sono venuto per fare la mia volont, ma la volont del Padre che mi ha mandato (Gv 6, 38) e non come io voglio, ma come tu vuoi, o Padre (Mt 26, 38), ci non indica una volont umana opposta, ma solo l'abbassamento volontario mediante l'assunzione della natura umana. Ci detto per noi, affinch abbiamo a camminare sulle sue tracce, in quanto egli voleva mostrare a noi, suoi discepoli, come ciascuno debba preferire non la sua propria volont, bens quella del Signore. E se qualcuno, per cos dire, balbetta e pretende spiegare meglio la cosa e si d come maestro per determinare il senso di ci che si ode, non ha il diritto di erigere a dogma della Chiesa la sua opinione sull'unico o doppio principio d'operazione nel Cristo, poich n il Vangelo, n le lettere degli apostoli hanno fissato alcunch di tale820 . L'imperatore Eraclio, allo scopo di mantenere salda l'unit politica dell'impero, promulg allora l'Ectesi con la quale imponeva il documento Onorio, che per mor prima di conoscere l'editto i m817
F. Di Capua , il ritmo prosaico e le lettere attribuite a papa Liberio , Castellamare di Stabia 1927; Il ritmo prosaico nelle lettere dei Papi e nei documenti della cancelleria romana dal IV al XIV secolo , Vol. I, p. I Leone Magno; p. II Da Cornelio a Damaso in Lateranum 3 (1937), 7 -8. 213-223. Cfr. pure Glorieux , Hilaire et Libre in Mlanges de Science Religeuse (Lilla), 1 (1924), pp. 1-34. 818 Atanasio , Histor, Arian. 41; Apol. contra Arianos 89 ; Ilario, Ad. Constant. III ; Girolamo , Chronic.a. 349 Liberius, taedio victus, haeretica pravitate subscribens, Romam quasi victor intraverat . Cfr. De Viris inlustr.. 97; quae gesta sunt inter Liberium et Felicem, in Collectio Avellana I. 819 Ma Cfr. Eb 4, 15. 820 Hefele , Hist. de Conc III ed, 2, p. 149; Epistola 4 e 5 al patriarca Sergio PL 80, 470-476.
185 periale. Il documento papale sconfessato anche dall'imperatore Severino, successo ad Eraclio suscit la derisione e la condanna sia da parte dei monofisiti, fautori dell'unica natura in Cristo, sia da parte di Sofronio che ammetteva due volont in Cristo. Frattanto la dottrina della duplice volont and sempre pi imponendosi e fu sancita dal Concilio di Costantinopoli (VI Ecumenico del 28 marzo 681), che con il consenso dei legati di papa Agatone, anatematizz gli aderenti alla tesi opposta tr a cui lo stesso papa Onorio.
Dopo aver letto le lettere di Sergio di Costantinopoli a Ciro di Fasis e al papa Onorio e quelle di quest'ultimo a Sergio, abbiamo trovato che questi documenti contraddicono i dogmi apostolici, le dichiarazioni dei santi concili e di tutti i p adri celebri e che seguono le dottrine erronee degli eretici. Noi li condanniamo dunque del tutto e li respingiamo come dannosi per le anime. I nomi stessi di questi uomini devono essere banditi dalla Chiesa, vale a dire quello di Sergio che scrisse su tale empia dottrina, quello di Ciro d'Alessandria, quelli di Pirro, di Paolo, di Pietro di Costantinopoli e di T eodoro di Faran che sono scomunicati tutti da papa Agatone nella sua lettera. Noi li colpiamo tutti di anatema, e a loro fianco deve essere escluso dalla Chiesa e anatemizzato tale il nostro sentimento comune il gi papa Onorio della vecchia Roma, poich abbiamo trovato che nelle sue lettere a Sergio ne condivise in pieno le idee e ne approv le dottrine empie 821 .
Papa Leone II conferm l'anatema nel 682 in una lettera all'imperatore Costantino dicendo:
di scomunicare tutti gli eretici, tra cui Onorio che non fece risplendere la dottrina apostolica in questa chiesa di Roma, ma che per un tradimento profano tent di sovvertire la fede immacolata, e tutti coloro che morirono nel suo errore 822 .
Pi o meno lo stesso biasimo fu ripetuto dallo stesso Leone in due lettere inviate rispettivamente al re di Spagna Ervig e ai vescovi spagnoli, dove rimprovera Onorio di aver macchiato la regola m i macolata della tradizione apostolica823 e d'aver favorito per negligenza la fiamma dell'eresia824 . Secondo il Liber Diurnus , formulario ad uso della cancelleria papale composto verso quest'epoca nella chiesa di Roma, ogni papa doveva all'inizio del suo pontificato, una professione di fede con cui anatematizzava Onorio che aveva dato il suo consenso e il suo incoraggiamento agli errori m o825 noteliti . Fino al secolo XVII i sacerdoti nella recita del breviario ricordavano tale condanna, che, con il nuovo clima favorevole all'infallibilit pontificia, fu poi rimossa. In Occidente tale grave fatto venne presto dimenticato, mentre i canonisti e gli annalisti bizantini lo ricordano spesso. Per eliminare l'ostacolo che ne deriva contro l'infallibilit papale, il card. Baronio dichiar che le lettere di Onorio e gli atti conciliari furono falsificati; ma come dichiarare spuri tali documenti?826 Altri (Bellarmino, Assemani) dissero che la condanna del Concilio era stata dovuta ad un errore di interpretazione degli scritti papali; altri (Garnier, Pagi) vi videro la condanna non della sua eresia, bens dell'attitudine fiacca con cui il papa si comport verso l'errore. Al Concilio Vaticano dove questo problema fu studiato il vescovo Hefele si dichiar f avorevole a condannare Onorio di eresia, bench poi, dopo la definizione dell'infallibilit del papa nella sua Conciliengeschichte, abbia modificato il suo precedente pensiero nel senso che Onorio us delle espressioni ambigue, senza aderire totalmente alla eresia. tuttavia ben difficile accogliere tutte queste ipotesi: i contemporanei, che ben conoscevano il problema e lessero le lettere di Onorio, erano meglio al corrente di noi del pensiero di Onorio e lo condannarono. un fatto che egli forse senza
821 822
Mansi , Conc. Coll. Ampl. XI , 554; kat pant gnme exakolouthsante kai t aouto asebe korsanta dgmata . Mansi, XI, 726 ss. PL 96, 408 (greco 410 A) qui hanc apostolicam sedem non apostolicae traditionis doctrina lustravit sed profana proditione immaculatam fidem subvertere conatus est (greco: subverti, permisit) et omnes qui in suo errore defuncti sunt. 823 Anatemizz pure Onorio qui immaculatam apostolicae trditionis regulam quam a praedecessoribus suis accepit maculari consensis Mansi XI, 1050 ss. 824 Negligentia confovit, Mansi XI, 1057. 825 Liber Diurbus , PL 105, 52 qui pravis eorum assertionibus fomentum impedit. Ci si attu sino al IX secolo. 826 Si ricordi che la condanna di Onorio fu ripetuta anche nel Conc. Ecum. VII, Nicea II del 787 al tempo di Adriano II.
186 individuarne bene le conseguenze ader alla dottrina di Sergio e condann Sofronio, il campione dell'ortodossia. Di Pi ben difficile affermare che qui Onorio parlasse solo da privato e che quindi il suo fosse un errore individuale, simile a quello precedente di Liberio. Infatti l'asserzione di Onorio assume un valore pi ampio, se si meditano le espressioni: Noi dobbiamo ammettere ... noi confessiamo, che sembra includere l'esercizio della sua autorit come vescovo universale. Anche gli studiosi pi leali devono riconoscere che il caso Onorio crea delle difficolt non ancora ben chiarite827 , il che non milita certo a favore dell'infallibilit pontificia. Si pu quindi concludere che nel primo millennio della Chiesa, nessuno afferm l'infallibilit del papa. Anche dove si sostiene che: Roma non ha mai errato non si intende riferirsi all'infallibilit individuale del suo vescovo, dal momento che in quel primo periodo le decisioni venivano prese collettivamente mediante un sinodo, senza un intervento diretto e personale del vescovo di Roma. L'infallibilit dal XII secolo al Concilio Vaticano La prima espressione esplicita dell'infallibilit papale si ebbe con Tommaso d'Aquino, il quale, trattando il problema della canonizzazione dei santi, afferma che costoro devono essere in cielo, perch la Chiesa universale non pu errare in quel che concerne la fede. Poi, identificando l'autorit dottrinale della Chiesa con quella del papa, sostiene che occorre attenersi alle decisioni papali per d e828 terminare quanto appartiene alla fede . Ne trova la conferma biblica nelle parole di Cristo a Pietro: Ho pregato per te, affinch la tua fede non venga meno, e tu, dopo essere convertito, conferma i tuoi fratelli (Lc 22, 32). L'autorit del papa deve quindi stabilire gli articoli di fede, affinch tutti li possano ritenere con fede incrollabile829 , anche lo stesso simbolo atanasiano fu accettato per autorit del sommo pontefice830 . L'infallibilit papale richiesta per garantire l'unit di tutti i cristiani:
necessario per l'unit che tutti i cristiani siano in pieno accordo nella fede, ma possibile che su qualche soggetto sorgano delle questioni. La Chiesa sarebbe allora divisa per la divergenza delle opinioni, qualora tale unit non fosse sostenuta dalla decisione di una persona. quindi necessario che, per l'unit della Chiesa, una persona sola abbia a presiedere l'intera Chiesa 831 .
Per nei fatti particolari, come la possessione di demoni, delitti ed altre simili cose, la Chiesa pu errare a causa della finzione dei testi832 . Va tuttavia ricordato che la facolt di Parigi nel 1388 condann le opere di Tommaso, perch contenevano vari errori, tra cui l'infallibilit pontificia. Se ci fosse vero non si potrebbe pi appellare dal papa al concilio, come si sempre ammesso; di pi ogni vescovo fu sempre autorizzato dal diritto divino e umano a giudicare ci che riguarda la fede 833 . Giovanni de Torquemada (creato cardinale nel 1468) afferm che secondo la tradizione il giudizio della sede apostolica (= Roma), per quel che riguarda la fede ed necessario alla salvezza, immu827
Cos E. Aman , Honorius in Dict. Thol. Cath, VII, 130-132; Cfr. Hefele-Leclercq , Hist. des Conciles III , 347397; C.J, von Hfele , De causa Honorii Papae , Napoli 1870; Chapman , Condemnation of Pope Honorius , London 1907. 828 Quodibeta IX , q. VII, a. 16. 829 Summa Theol. IIa, IIae q, 1, a. 10; cfr. In Sent. 4, Dist. 20 q. 1 a 3. 830 Summa Theol. IIa, IIae q 11, a. 2, ad 3um auctiritate summi pontificis est recepta. 831 Contra gentes IV, 76. Cfr. Summa Theol. IIa, IIae, q, 1, a. 10. 832 Quodibeta 9, c. 16. 833 Hoc continet manifestam haeresim... Prima Haeresis: primo quod per illam conclusionem excluditur universalis ecclesia et generale concilium eam repraesentans, quod est haereticum, quia in causa fidei a summo pontefici appellari potest ad concilium generale. Cfr Du Plessis D'Argentre , Collectio judiciar , 1, 2, 84 (Dllinger, p. 218).
187 ne da errore834 . Sisto IV il 9 agosto 1479 condann la preposizione di Pietro da Osma secondo cui la Chiesa di Roma pu errare835 . Tutti costoro, oltre che su testimonianze patristiche adducono a favore dell'infallibilit pontificia, i soliti tre passi biblici, gi studiati, che riportano i detti di Ges a Pietro836 . Il caso di un papa eretico Il problema di un papa che insegni un'eresia e che quindi possa venire deposto dalla Chiesa, stato discusso dai canonisti medioevali, pi che dai teologi, Il cardinale Deusdedit (Deodato 1087) attribuisce a s, Bonifacio, apostolo dei Germani, la seguente confessione:
Quand'anche un papa fosse odioso al punto di trascinare con s innumerevoli popoli all'inferno, pure, nessuno avrebbe il diritto di biasimarlo, poich colui che ha il diritto di giudicare tutti gli uomini non pu essere giudicato da questi, a meno che egli scosti dalla fede 837 .
Tale asserzione, certamente posteriore, poich al tempo di Bonifacio (m. 754) il papato non esisteva e non poteva quindi trascinare seco molti popoli, pass poi nel decreto di Graziano:
Nessuno pu giudicare i peccati del papa, perch lui pu giudicare gli uomini, ma non essere giudicato da alcuno a meno che sia trovato colpevole di eresia 838 .
Innocenzo III (1198-1216), prima di divenire papa, pur essendo restio ad accettare facilmente un simile caso, ammette che la Chiesa possa deporre il papa qualora erri nella fede:
Per motivi di fornicazione la Chiesa pu deporre il Romano pontefice. Parlo qui di fornicazione spirituale, non carnale. Non creder tuttavia facilmente che Dio abbia a permettere che il romano pontefice abbia ad errare contro la fede 839 . Eletto pontefice disse: La fede mi cos necessaria, poich pur avendo solo Dio a giudice dei miei peccati, per una colpa riguardante la fede, posso essere giudicato dalla Chiesa 840 .
I teologi non hanno espressamente trattato il problema, tuttavia dall'analogia con quel che Tommaso d'Aquino afferma per un vescovo divenuto eretico, sembra logico dedurre che un papa eretico cessa d'essere vero papa841 . I canonisti, accettando come scontato che il papa pu divenire eretico, discussero il modo con cui poteva e doveva essere giudicato dalla Chiesa. Alcuni, anzi, giunsero persino ad ammettere che la Chiesa possa giudicare il papa anche per altri peccati, qualora questi riguardassero la collettivit cristiana842 . Usualmente per i canonisti limitano tale condanna all'eresia pertina-
834
Giov de Torquemada , Summa Theologica de Ecclesia c. II c. XIX, Roma 1489, senza impaginazione. Qod sedis apostolicae judicium in his quae fidei subt et ad humanam salutem necessaria, errare non possit. Ma si vedano poi le limitazioni; se un papa diviene eretico egli cessa ipso facto d'essere papa. 835 Denz, B. n. 730 ; ecclesia urbis Romae errare potest . 836 Mt 16; Gv 21 e specialmente Lc 22, 32. 837 Collectio Canonum , c. 1, c. 231 (Dlliger, pp. 160 s.). 838 Decretum Gratiani , Divis, 1 Dist, XI c. 6 PL 187, 215; Cujus culpas istic redarguere praesumit mortalium nullus quia cunctos ipse judicaturus a nomine judicandus, nisi forte deprebendatur a fide devius. 839 Dllinger p. 664. Ego tamen facile non crediderim ut Deus permittet Romanunm Pontificem contra fide errare. 840 Sermo II in Consacratione Pontificis Maximi PL 217, 656 in tantum enim fides mihi necessaria est, ut cum de caeteris peccatis solum Deum judicem habeam, propter solum peccatum, quod in fide committitur, possem ab Ecclesia Dei judicari. Nam qui non credit jam judicatus est (cfr, pure Sermo IV, 1 PL 217, 217, 670). 841 Summa Theol. IIa, IIae, q. 39, a. 3. 842 Il papa non pu essere giudicato per i peccati commessi contro l'intera Chiesa, ma non per quelli che riguardino una o pi persone sole. Rufino , Summa Decretorum , edita da K. Singer, Paderbon, 1902.
188 ce, nonostante previe ammonizioni843 . Uguccio (1210) disse chiaramente che in caso di eresia pertinace il papa diviene inferiore a qualsiasi altro cristiano (minor quolibet catholico)844 . Lo stesso Giovanni Torquemada, che fu un valido testimone dell'infallibilit del papa, afferma tuttavia che il papa pu errare non solo come persona privata, ma persino nel definire il credo. Tuttavia tale suo errore non pu servire a dimostrare che il papa fallibile, poich in quel momento egli non pi papa (!!). Il Concilio Ecumenico non far altro che d eporre colui che gi decaduto per conto suo a motivo di tale eresia845 . Pietro d'Ailly (m. 1420) afferma esplicitamente che il papa pu errare in materia di fede, come fece Pietro quando Paolo gli resistette in faccia (Ga 2, 11) perch non camminava rettamente secondo la verit del Vangelo846 , L'infallibilit promessa in Mt 16, 18 riguarda la Chiesa universale quando si esprime in un concilio ecumenico purch poggi su passi biblici847 . Secondo Gersone (m. 1429), gran cancelliere dell'Universit parigina dal 1395, la infallibilit stata conferita direttamente alla Chiesa; il papa pu errare, come Pietro e perci da lui si pu appellare al Concilio, ci non contrasta con la Bolla di Martino V del 10 marzo 1418 che proibisce di appellarsi dal papa al concilio, poich quivi si suppone che il papa abbia agito bene, dopo matura riflessione, cercando di seguire nei limiti del possibile la verit del Vangelo848 . Diversa invece la situazione di un papa che sbagli: in tal caso egli inferiore al concilio ecumenico e perci pu essere giudicato, condannato e deposto dalla Chiesa849 . Nicola Tudeschi (m. 1445), pure detto Nicola di Sicilia o Palermitano, sostenne che il papa non pu agire contro la decisione del concilio, a meno che presenti delle ragioni migliori. Anzi in materia di fede l 'asserzione di un privato dovrebbe preferirsi a quella del papa, qualora poggiasse meglio di questi su ragioni e passi del Nuovo e del Vecchio Testamento850 . Il Concilio di Costanza (sess. V, 6 aprile 1615) sanc l'obbligo, anche per il papa, di accettare le decisioni del concilio in materia di fede e di morale: Chiunque, papa incluso, rifiutasse ubbidienza agli ordini, alle leggi e ai decreti di questo santo concilio ecumenico regolarmente adunato, sar sottoposto a penitenza e punito secondo le sue colpe se non si pente (Can. 6). Dalle asserzioni precedenti si vede come alcuni teologi abbiano positivamente esclusa l'infallibilit pontificia (Torquemada, Gersone, Tudeschi), e tutti abbiano ammesso la possibilit di una eresia da parte del papa, che in tal caso pu essere deposto o corretto dal concilio.
843
L'eresia il solo peccato su cui il papa pu essere giudicato, cos Enrico de Segusio (m. 1271), Summa Lipsiensi, scritta prima del 1190. 844 Citato da Aman , Infallibilit du pape , in Dict. Thol. Cath, VII (Paris b1922), coll. 1714-15. Cfr. F. Schulte, Die Stellung der Concilien, Ppste und Bischfe , Praga 1871, pp. 118-205, 253-268. 845 Summa de Ecclesia II, 112 (ed. Ven., p. 259). Cfr. J. Schwane, Histoire des Dogmes , Traduction A. D egert, vol. V, Paris 1903, pp. 376 s. 846 Non recte ambulans ad veritatem evangeli, in Tractatus de Ecclesia, Concilii Generalis, romani pontificis et cardinalium auctoritate, p. III, c. IV in Gersonis opera, Anversa 1706, p. II, col. 958. 847 l. c. Questo lo d tuttavia non come una conclusione definitiva (non definitive determinando sed doctrinaliter suadendo). 848 Quomodo et an liceat in causis fidei a summo pontifice appellare seu eius judicium declinare (fu scritto nel 1418) in Gersonis Opera, Anversa 1706, t. II, coll. 303 ss. e 308. Si veda il modo con cui, mediante il ragionamento, si annullano le leggi e le decisioni precedenti. 849 Si veda il suo libro De auferibilitate papae. Egli svolse unattivit di primo piano al Concilio di Costanza (1414) rappresentandovi il re e lUniversit di Parigi, egli prepar la rinunzia dei tre papi coesostenti. Cfr. N. Vailois, La France et le grand scisme dOccident, Paris 4 voll., 1896-1902 850 Dictum unius privati esset praeferendum dicto papae; si ille moveretur melioribus rationibus et auct oritatibus Novi et Veteris Testamentis quam papa, Comment in Decretalia 1, 1, dist. VI, c. IV, n. 3, Venezia 1617, t. I, p. 108.
189 Bonifacio VIII eretico? Vogliamo qui ricordare la bolla Unam Sanctam (18 novembre 1302) di Bonifacio VIII dove il papa, tra l'altro, afferma:
Dichiariamo, diciamo, definiamo e pronunciamo essere assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana il sottostare al Pontefice di Roma. Di pi si afferma che i due poteri spirituale e civile sono in mano della Chiesa851 .
Ora, secondo la dottrina posteriore della Chiesa cattolica, il potere civile non sottoposto alla Chiesa, ma direttamente deriva la sua autorit da Dio; e le persone possono salvarsi anche se non stanno sottoposte all'autorit papale. Non si vede quindi come la definizione di Bonifacio che fu certo una proclamazione ex cathedra e fu tanto combattuta dal potere civile non sia errata e quindi in contrasto con l'infallibilit pontificia. La bolla contraddetta da Cristo stesso che dice di dare a Dio ci che di Dio e a Cesare ci che di Cesare, insegnando la netta distinzione tra i due poteri (Mt 22, 21) e dal fatto che per la salvezza occorre solo avere fede nel Cristo, senza sottostare ad alcun uomo (Gv 20, 30-31; 1 Co 3, 21-23). Confesso che per me tale bolla ostacola l'ammissione dell'infallibilit pontificia. Tendenze antinfallibiliste Gli Orientali, pur riconoscendo l'infallibilit dei concili ecumenici, negano che tale privilegio sia continuato nella Chiesa o nel papa dopo la separazione delle due Chiese d'Oriente e d'Occidente. Anche secondo l'anglicanesimo, specialmente nel movimento di Oxford, l'infallibilit torner a regnare dopo che torneranno a riunirsi in un concilio generale le tre chiese: anglicana, greca e romana. I protestanti invece, con Lutero e Calvino, ammettono che la Chiesa infallibile solo quando trasmette la Parola di Dio, non quando afferma degli i9nsegnamenti propri852 . La lotta antinfallibilista in seno al cattolicesimo acquist particolare asprezza con il Giansenismo giunto sino alla scisma di Utrecht, e politicamente con il dispotismo religioso del parlamento regalista francese e poi con la Rivoluzione francese. L'errore che ebbe ripercussioni politiche nel Giuseppinismo, fu teorizzato dal Febronianismo853 e si diffuse abbondantemente, oltre che in Francia, in Olanda, Austria, Germania e perfino in Italia, specialmente nel Granducato di Toscana sotto L eopoldo I, dove avvenne il famoso Sinodo di Pistoia 854 . La controversia continu anche nel Concilio Vaticano I ad opera di Ketteler, Strossmayer, ma fin con la decisione conciliare dell'infallibilit pontificia, che provoc la secessione dei Vecchi Cattolici guidati dal grande teologo Dllinger.
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Denz B. 469 Uterque ergo est in potestate Ecclesiae, spiritualis scilicet et. Porro subesse Romano Pontifici omni humanae creaturae declaramus, dicimus, definimus et pronuntiamus amnino esse de necessitate saluti. 852 Cfr J. Koble, Luthers Stellung zu Concil und Kirche bis zum Wormser Reichstag 1521 , Guterloh; Kng, Strutture della Chiesa, Borla, Torino 1965, pp. 320-327. 853 Giustino Febronio, pseudonimo corrispondente ai nomi delle sorelle Giustina al secolo e Febronia da Uligosa, del convento Giovanni Nicola von Wontheim, autore del libro posto all'indice del 1764; De statu Ecclesiaque legtima potestate Romani Pontificis liber singularis ad reuniendos dissidentes in religione Christiana compositus (1763). Il papa solo primus inter pares ; egli deve essere spogliato anche con la forza dal potere temporale di tutti i diritti che si acquisito nel corso dei secoli. 854 Il Sinodo avvenuto nel 1786 sotto la presidenza del vescovo Scipione del Ricci, sostenne solo una supremazia onorifica e non giurisdizionale del papa.
190 Nonostante il continuo progresso dell'idea infallibilista, prima del 1870 tale dottrina era un dato d iscutibile, spesso negato dagli stessi cattolici. In Scozia fu pubblicato un catechismo chiamato Keenan's Catechism, edito con l'imprimatur scozzese e raccomandato in Irlanda. Alla domanda: D. Sono i cattolici tenuti a credere che il papa infallibile? esso cos rispondev a: R. Questa un'invenzione protestante: non articolo della chiesa cattolica. Nessuna decisione del papa vincolante sotto pena di scomunica, a meno che non sia accettata e convalidata dall'Istituto docente, vale a dire dai vescovi della Chiesa855 . L'infallibilit al Concilio Vaticano Nel 1870 Pio IX cerc di far ratificare l'infallibilit papale nel Concilio Vaticano I, inaugurato l'8 dicembre 1869 alla presenza di oltre 700 vescovi, usando dei procedimenti che indussero i dissidenti a chiamare tale concilio il Ludibrium Vaticanum856 . Essi addussero le ragioni seguenti: a) Non vi sussisteva una adeguata rappresentanza dei fedeli : trecento vescovi erano solo titolari (e quindi non rappresentavano alcuna parte della Chiesa), altri erano missionari in luoghi dove vivevano ben pochi fedeli; dodici milioni di cattolici tedeschi erano rappresentati solo da quattordici vescovi, mente i settecentomila abitanti degli Stati Pontifici da settantadue. Tre vescovi della minoranza contraria Colonia, Parigi, Cambray, rappresentavano cinquemilioni di fedeli. I vescovi napoletano e siciliani erano al contrario ben pi di settanta. b) Diversit di cultura : mentre i contrari (in maggioranza tedeschi) avevano una cultura adeguata in quanto essi per divenire dottori dovevano saper consultare il Nuovo Testamento in greco e gli scritti dei padri greci e dei primi concili nel loro testo originale, in Italia non si esigeva nulla di tutto ci. Tra i tedeschi circolava con disprezzo il motto Dottor romanus asinus germanus. In Inghilterra, Germania e America del Nord si stampavano pi libri teologici in un anno, che non in Italia durante mezzo secolo. Ora la maggioranza dei vescovi al Vaticano era costituita appunto da gente che conosceva molto bene il diritto ecclesiastico, ma assai poco il Vangelo, la storia e la teologia. c) Interessi materiali : circa trecento vescovi avevano accettato il vitto e l'alloggio offerto dal papa, che ne pagava quindi tutte le spese di permanenza. Si disse che il papa, scherzando sul numero di quelli che avevano accettato la sua ospitalit, dicesse: Costoro per farmi infallibile, finiranno per farmi fallire, al che si rispose con una adeguata offerta in occasione del giubileo della sua ordinazione sacerdotale da parte di altri vescovi pi benestanti. Ma un fatto che essi, anche senza volerlo, erano portati a favorire il papa sotto ogni aspetto. Oltre a ci erano gi pronte quindici nomine cardinalizie per premiare gli ubbidiente, e, come sempre accade, coloro che si lasciarono influenzare dalla speranza di acquistare i favori papali, furono certamente pi numerosi di quelli che in realt li ottennero. Inoltre il papa stesso cerc di mostrare, senza alcun ritegno, che gli stava a cuore tale proclamazione; a qualche vescovo renitente si accostava dicendo: Petre amas me? Pietro mi ami tu?. Molti erano quindi indotti ad acconsentire per non dare dispiacere al papa.
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Naturalmente dopo il 1870 tale risposta fu eliminata e modificata secondo le decisioni ecclesiastiche. Come si vede, tale catechismo ammetteva la tesi conciliare della supremazia della Chiesa sul papa. 856 Cfr. G. Salmon, L'infallibilit della Chiesa, traduzione ad opera di Sandro Corazza, Roma 1960, pp. 321-326.
191 d) Scarsa libert di parola: un fatto che furono favoriti gli infallibilisti a scapito dei fallibilisti. L'acustica era infelice, i riassunti scritti non furono permessi se non a favore degli infallibilisti. Alcuni discorsi contrari furono aboliti, cos avvenne per il cardinale americano Kenrick, che non parl, per cui si scrisse: concio habenda at non habita. A lui e al cardinale italiano Guidi, contrari all'infallibilit, non fu possibile farsi udire perch i vescovi gridavano: Via i protestanti! Via i protestanti!. Inoltre il principio del card. Manning era questo: Non preoccupatevi dei ragionamenti, ma fate di tutto per assicurarvi un voto in pi.La vigilia della votazione centocinquantacinque vescovi dell'opposizione lasciarono Roma in segno di protesta, dopo aver sottoscritto una dichiarazione in cui affermavano che, in segno di rispetto per il papa, preferivano astenersi dalla votazione pubblica a nzich pronunziare dinanzi al papa il non placet. Il 18 luglio si ebbe la solenne proclamazione del dogma, in cui tutti i 535 Padri presenti (eccetto due che per un malinteso dissero non placet) furono concordi nell'approvare la costituzione dogmatica, a cui Pio IX appose la sua infallibile sanzione857 , e) La costituzione dogmatica cos suona :
Definiamo essere dogma divinamente rivelato che il pontefice romano, quando parla ex cathedra, cio quando, nell'esercizio del suo ufficio di Pastore e Maestro di tutti i cristiani, definisce, con la suprema autorit apostolica, che una dottrina intorno alla fede o ai costumi deve essere ritenuta da tutta la Chiesa, gode, in virt dell'assistenza divina, promessagli nella persona del beato Pietro, di quell'infallibilit, di cui il divino Redentore volle fosse dotata la sua Chiesa nel definire la dottrina circa la fede e i costumi; e che perci tali d efinizioni del romano Pontefice sono irreformabili per se stesse, non gi per il sommo consenso della Chiesa 858 .
Occorre aggiungere due semplici parole per chiarire a chi lo ignora l'esatta portata dell'infallibilit: essa va distinta dall'impeccabilit (il papa pu peccare), dalla inerranza (il papa pu errare nei suoi insegnamenti, dall'ispirazione (il papa non ispirato da Dio nello scrivere, come lo furono invece gli autori degli scritti sacri). Il papa infallibile solo quando vuole imporre a tutta la Chiesa (e non a una persona sola) una dottrina che riguardi la m orale e la fede859 . come nel caso di Urbano VIII che 860 condann Galileo . Si vede quindi che i casi in cui il papa esercita l'infallibilit sono ben rari a nche per i cattolici e spesso, specialmente per i papi pi antichi, ben difficile determinare quando l'infallibilit si sia di fatto esercitata. Di pi infallibile solo la decisione, vale a dire la conclusione e non le prove addotte, per cui, anche se queste fossero del tutto errate, il dogma sancito sarebbe ugualmente vero, in quanto lo Spirito Santo se ne rende garante i mpedendo l'errore in varie maniere (magari facendo anche morire il papa prima di sancirlo!). Oggi vi la tendenza presso molti teologi a ridurre sempre pi l'esercizio dell'infallibilit sia papale che della Chiesa; nemmeno quando il papa o il concilio proibiscono sotto pena di scomunica una dottrina, parlano sempre ex cathedra e i nfallibilmente dichiarano ci che eresia e ci che verit861 . . Chiesa e vescovi sono sottoposti alla Bibbia
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Vaticano Concilio di A. Piolanti, in Encicl. Cattol., XII, c. 1144. Strano questo per un malinteso; si trattava del Kenrick e del Giusti, gi noti per la loro opposizione! 858 Sess. 4, c. 4, Denz. B. 1839. 859 ci che vuol dire la parola tecnica ex cathedra. Gli antichi magistrati nell'emettere una sentenza con autorit si sedevano sulla loro cattedra, segno del loro alto ufficio (cfr. Gv 19, 13): cos con l'espressione ex c athedra si vuol a ffermare che la cecisione presa dal papa si attu con tutta l'autorit propria della sua posizione di capo della Chiesa universale. 860 Va tuttavia notato che quivi di fatto era in questione l'interpretazione della Bibbia, poich Urbano III condann Galileo poggiando su passi biblici malamente intesi. Galileo, laico, comprese la Bibbia meglio dei teologi del suo tempo. Oggi i papi hanno accettato in pieno la tesi di Galileo. 861 Cos Kng, Strutture della Chiesa, Torino, Borla 1965, pp. 319-364; Y ves M. J. Congar, Sainte Eglise , Editions du Cerf, Paris 1963, pp. 360-367; R. Favre , La condemnation avec anathme in Bull. Lett. E ccls. 47 (1946), pp. 226241; P. Fransen, Rflexions sur l'anathme au Concile de Trente (Boulogne, 10-24 sept. 1547), in Ephem. Theol. Lovan 29 (1953), pp. 657-672.
192 L'infallibilit papale non che l'ultima conseguenza dell'infallibilit attribuita da parte cattolica alla Chiesa, la quale nella sua parte direttiva vescovo o papa divenuta Chiesa docente. I rappresentanti della parte cattolica alla disputa di Losanna del 1536 asserirono: La Chiesa anteriore e superiore alla Scrittura. Questo significa che la Chiesa anteriore alla Scrittura e ha maggiore 862 autorit, perch la Chiesa il corpo di Ges Cristo . Perci la S. Scrittura va esposta:
Secondo la mente della Chiesa, che da Nostro Signore stata costituita custode e interprete di tutto il d eposito della verit rivelata 863 .
Ges Cristo si identifica in tal modo con la Chiesa e specialmente con il papa, per cui ogni appello al di sopra del magistero cattolico impossibile perch significherebbe in ultima analisi porre qualcosa al di sopra di Cristo864 .
Viene cos ad essere perduto il senso dei riferimenti alla Parola dell'Evangelo che testimonia della Parola stessa di Cristo in quanto la Chiesa considera se stessa il riferimento di se stessa ... Questo dimostra la sterilit, non relativa ma fondamentale, di ogni biblicismo cattolico e la miopia dogmatica dei teologi protestanti che lo interpretano come cattolicamente non pu essere interpretato in quanto nel cattolicesimo l'Evangelo non ascoltato come parola del Signore detta alla Chiesa, che ammaestra la Chiesa a salvezza e mette i suoi eventuali errori a confronto con la verit di Dio, ma come parola detta dal Signore nella Chiesa, e per mezzo della Chiesa, affidata in deposito alla Chiesa di cui la Chiesa (e si intenda b ene: la Chiesa di Roma ed essa soltanto) ha in esclusiva la chiave interpretativa 865 .
Per restare fedeli all'Evangelo occorre far sentire che non vi una Chiesa docente, ma solo una Chiesa discente che sempre impara da Cristo che l'unico Maestro e il cui insegnamento sta racchiuso, una volta per sempre, nella Parola della Bibbia. no solo il vostro Maestro e voi siete tutti discepoli (Mt 23, 8). Occorre dimostrare che la Chiesa figlia nata dalla Parola, non madre della Parola e che sta perennemente tutta intera sotto l'autorit ultima della verit rivelata866 . Mai nel Nuovo Testamento si trova che i vescovi sono fondamento della Chiesa dotati di dottrina infallibile. Pur essi sono sottoposti all'insegnamento apostolico, che non affidato a loro come un deposito da migliorare, bens come un deposito da conservare integro; non come una gemma da far crescere, bens come un tesoro da non sperperare cambiandolo con tesori falsi. Tutti i cristiani, v escovi compresi, devono sforzarsi di combattere per la fede che stata tramandata una volta per sempre ai santi (Giuda 3). Non si deve modificare in alcun modo l'insegnamento di Paolo, accostando al sangue purificatore di Cristo altri elementi di salvezza siano la circoncisione dei fratelli giudaizzanti introdottisi di soppiatto nella chiesa dei Galati (Ga 1, 2) siano i santi o la madre di Cristo dei giorni nostri. E' attraverso l'Evangelo e non attraverso la Chiesa che si pu raggiungere la fede in Cristo Ges e, mediante tale fede ubbidiente, ottenere la salvezza ed entrare nella vera Chiesa di Cristo. Queste cose sono state scritte, affinch crediate che Ges il Cristo, il Figliuol di Dio, e affinch credendo abbiate vita nel suo nome (Gv 20, 31). La Chiesa la famiglia di coloro che sono discepoli, scolari di Cristo. Essa non la verit ma la colonna della verit, in quanto, come le
862 863
Les Actes de la Dispute de Lausanne 1536 , publis par A. Poaget, Neuchtel 1928, p. 43. Denz. B. 3014-3015, Enc. Humani Generis di Pio XII. 864 P.E. Person , Evangelisch und Rmisch-Katholisch , Gttingen 1961, p. 48. 865 V. Subilia , Il problema del Cattolicesimo , Libr. Edit. Claudiana, Torino 1962, pp. 160 ss. 866 Articoli di Smakalda del 1538; W. A. 50, 245.
193 colonne dell'antichit su cui si appendevano i decreti imperiali, presenta a tutto il mondo l'invariabile messaggio salvifico dell'Evangelo, che l'amore di Dio incarnatosi in Cristo. E' qui che si tocca la divergenza fondamentale e inconciliabile nonostante ogni ostentato ecumenismo tra Chiesa cattolica e Cristianesimo 867 . Per questo Lutero aveva collocato la Chiesa di R oma sul medesimo piano degli Spirituali perch si gloria di possedere lo Spirito Santo deducendone la sua indipendenza nei riguardi della Parola. Karl Barth pone il cattolicesimo nello stesso piano del modernismo neo-protestante, perch entrambi concordano nell'idea fondamentale di voler derivare la fede dalla coscienza personale o ecclesiale 868 . Reazioni moderne La definizione dell'infallibilit papale nel 1870 fu intesa nel senso che tutto il potere (potentia) effettivo e l'iniziativa fu concentrata nel papa, nel quale risiede la pienezza dell'autorit divina (potestas). Furono quindi riferite a lui le parole che, secondo la Bibbia, il Faraone disse di Giuseppe: Senza il tuo comando nessuno alzer mano o piede in tutto il paese d'Egitto. Di qui l'affermarsi sempre pi rigido della Curia con il suo sistema assolutista. Siccome il papa non pu essere dovunque, e siccome nessuno pu agire senza di lui, ne deriv un popolo di Dio congelato per usare l'espressione di un protestante. Se le osservazioni precedenti possono essere a ccusate di opportunismo, in quanto sono spesso dovute alla penna di protestanti che intendono sostenere il loro movimento, lo stesso non si pu dire di un recente studio dal titolo L'infallibilit e la sua prova. Esso proviene da un cattolico che per di pi funge da vescovo nella diocesi di Indore in India. In esso Monsignor Francis Simon tale il suo nome d'origine olandese, dichiara chiaramente:
Sono giunto alla conclusione che la Chiesa in errore quanto all'infallibilit del papa e non potevo far altro che pubblicare le mie tesi nonostante che molti amici, pur ammettendo che forse avevo ragione, mi suggerissero di tacere e di non entrare in problemi teologici 869
Gli apostoli egli continua non avevano bisogno di tale carisma soprannaturale in quanto ben conoscevano quel che avrebbero dovuto predicare: Essi avevano un ricordo indelebile dell'insegnamento e dei fatti salienti della vita di Cristo, che non sarebbero certo caduti in errore (pag. 71). Ad ogni modo ad essi stata garantita una speciale assistenza dello Spirito Santo perch si ricordassero di tutti i particolari e fossero guidati in tutta la verit: tale aiuto dello Spirito Santo fu dato loro perch potessero ricordare tutto quanto Ges aveva insegnato (Gv 14, 26). E' quindi evidente che solo essi e non i loro successori godevano di tale dono. Il Tu sei Pietro, pur dimostrando che Pietro era il principe degli apostoli870 non prova affatto che egli godesse di carismi speciali. Il preteso dono dell'infallibilit non ha impedito che pontefici, vescovi e altri membri della Chiesa cattolica cadessero in errori e dimenticanze. A causa del concetto di infallibilit anche i buoni argomenti della dottrina cattolica cessano di esercitare il loro peso.
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Questa obbiezione invano confutata da W. Gasper , La Chiesa sotto la parola di Dio , in Concilium n. 2 (1965), pp. 64-71; egli sforzandosi di ricordare che anche la chiesa cattolica sotto la Parola di Dio (Bibbia), dimentica di far vedere come questa parola di Dio sia vista dalla Chiesa Cattolica secondo il suo metro e giudizio. 868 Si confronti Lutero, Verlesungen ber Mose, W.A. XLII, 334, 12 e da G. Flokovsky (ortodosso), Le corps du Christ vivant in La Sainte Eglise Universelle, Neuchtel.Paris 1948, p. 53. Peccato che n Lutero n i suoi successori continuarono in questa opera sino a restaurare solo il cristianesimo primitivo, nell'ubbidienza assoluta e totale all'insegnamento rivelato. 869 Francis Simons , Infallibility and Evidence , Templegate, Springfield (Illinois) 1968 (tradotto in italiano da A. Mondadori col titolo Discorso sull'infallibilit , Milano 1969). Il testo di cui sopra appartiene appunto a questo libro. 870 Spero di aver dimostrato nel capitolo riguardante il Tu sei Pietro che con tali parole Pietro non stato affatto preposto agli altri apostoli come capo.
194 Dietro di loro, infatti, la grande massa degli uomini vede solo degli strani contorcimenti teologici e non un tentativo di dire la verit (pp. 89-91). Perci il dogma dell'infallibilit un ostacolo al progressivo affermarsi dell'evangelo (p. 119). Non forse di buon auspicio che anche un vescovo cattolico ammetta quanto stato asserito nel presente studio? Non forse un segno che chiunque studia la Bibbia senza preconcetti, presto o tardi, giunge alle medesime conclusioni? Il papato ai nostri giorni Dinanzi al progressivo allontanamento delle masse popolari, che sfuggono sempre pi al potere e cclesiastico, la Chiesa cattolica si raccolse per studiare nuovi mezzi di penetrazione nella civilt e nella cultura odierna per riconquistare il mondo a s. A tale scopo fu n i detto da Giovanni XXIII il 871 Concilio Vaticano II svoltosi in quattro sezioni . Per meglio conquistare il mondo, il Cattolicesimo si diede ad evangelizzare l'America (Stati Uniti) tramite l'opera infaticabile dei Cavalieri di Colombo (Knights of Columbus); quivi il fatto di essere cattolico pi non suscita le diffidenze di un tempo, per cui Kennedy pot persino diventare presidente. Si cerc di facilitare la penetrazione in terra di missione eleggendo dei cardinali e vescovi nativi e accettando non pochi costumi locali. Con la visita del papa in Israele, in Arabia (Amman), in India e in Turchia (Istanbul) si cercato di accostare anche questi popoli. Gli Ebrei furono sciolti dall'accusa di deicidio loro rivolta nei secoli passati. Gli incontri ripetuti con il Patriarca ortodosso Atenagoras, ebbero l'intento di facilitare la riunione dei due rami dell'Oriente e dell'Occidente872 . Lo stesso dicasi dei contatti con gli altri fratelli separati del ceppo protestante. Finora tuttavia so sono in genere evitati gli argomenti prettamente teologici, che non godono troppa simpatia da parte di Paolo VI873 . Per la riconquista del mondo la Chiesa cattolica volle riconoscere una maggior importanza ai laici pur mantenendoli sottoposti alla gerarchia, e volle dare alla sua liturgia un colorito pi moderno mediante l'uso delle lingue parlate pur conservando la fissit degli antichi schemi, che ben differente dalla individuale libert del tempo apostolico. Politicamente, data l'importanza dei recenti movimenti politici, presenta una dottrina che pi non condanna come prima il socialismo, ma si a ccosta ad esso pur evitandone (per ora) gli estremi del comunismo. Spirito critico della nuova generazione cattolica La generazione cattolica odierna non pi contenta delle prove tradizionali, ammette la libert di religione, l'indagine personale della Bibbia, si mostra insofferente della sottomissione alle gerarchie
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Sul Concilio Vaticano II rimando a studi specifici come: Ricca, Il cattolicesimo del Concilio, Torino 1956; V. Subilia , Il problema del cattolicesimo e La nuova cattolicit del cattolicesimo , Torino 1962 e 1967; G. Caprile , Le cronache del Concilio , Roma, Edizioni La Civilt Cattolica. Le quattro sezioni si svolsero cos: I Sez. 11 ottobre - 8 dicembre 1962; II Sez. 29 settembre - e dicembre 1963; III Sez. 14 settembre - 21 novembre 1964; IV sez. 14 settembre - 7 dicembre 1965. Si cfr pure U. Riva , La Chiesa per il mondo , Brescia, Morcelliana 1964; Idem , La Chiesa in dialogo, ivi 1965. 872 Durante l'incontro tra Paolo VI e Atenagora, ad Atene si svolgevano funzioni pubbliche di preghiere e di espiazione, nelle quali si chiedeva a Dio di far fallire questi incontri e di scomunicare i due vescovi che si stringevano la mano in modo amichevole. 873 Nella pastorale del 22 febbraio 1962 il cardinale Montini (oggi Paolo VI) scriveva che il concilio sciolga i vincoli di tanti tristi ricordi del passato i quali tuttora inceppano, con discussioni di esegesi storica e di prestigio onorifico, la d inamica che la soluzione del grande problema deve assumere a un dato momento (Civilt Cattolica, 1 aprile 1962, p. 81; L'Osservatore Romano 14 marzo 1962).
195 ecclesiastiche, pronta a mettere in dubbio tante e tante cose. Vescovi e preti hanno espresso opinioni personali sul controllo delle nascite, sulla presenza eucaristica di Ges, sull'indipendenza individuale. Non li soddisfa pi l'argomento di autorit, ma cerca una soluzione personale e intellettuale dei propri problemi, tenta una maggiore apertura verso le classi operaie (vedi i preti operai!), verso i protestanti, verso idee sociali nuove. Pretende esaminare la Bibbia con maggiore spirito d'indipendenza giungendo a conclusioni talvolta sin troppo spinte. Dove possa condurre tale spirito nei riguardi del papa non si pu dire. Si pensi che in C ina dei v escovi si sono costituiti una gerarchia propria, senza approvazione del papa e con tendenza scismatica. Ad ogni modo Paolo VI conscio di questo pericolo, pi volte ha espresso in modo assai forte il suo richiamo ad una vita pi santa, in cui domini l'ubbidienza che costituzionale nell'andamento della Chiesa: E' palese a tutti che oggi si vive in un periodo di profonde trasformazioni di pensiero e di costume; ed perci spiegabile come siano spesso messe in questione certe norme tradizionali, che facevano buona, ordinata, santa la condotta di chi le praticava. Spiegabile, ma non lodevole, non approvabile se non con grande studio e cautela, e sempre secondo la guida di chi ha scienza ed autorit per dettare legge del vivere cristiano. Oggi, purtroppo, si assiste ad un rilassamento nell'osservanza dei precetti che la Chiesa ha finora proposto per la santificazione e per la dignit morale dei suoi figli. Uno spirito di critica e perfino di indocilit e di ribellione mette in questione norme sacrosante della vita cristiana, del comportamento ecclesiastico, della perfezione religiosa. Si parla di liberazione, si fa dell'uomo il centro di ogni culto, si indulge a criteri naturalistici, si priva la coscienza della luce dei precetti morali, si altera la nozione di peccato, si i mpugna l'obbedienza e le si contesta la sua funzione costituzionale nell'ordinamento della comunit ecclesiale, si accettano forme e gusti di azione, di pensiero, di divertimento, che fanno del cristiano non pi il forte e austero d iscepolo di Ges Cristo, ma il gregario della mentalit e della moda corrente, l'amico del mondo, che invece d'essere chiamato alla concezione cristiana della vita riuscito a piegare il cristiano al fascino e al giogo del suo esigente e volubile pensiero. Non certo cos noi dobbiamo concepire l'aggiornamento a cui il Concilio ci invita: non per svigorire la tempra morale del cattolico moderno da concepirsi questo aggiornamento, ma piuttosto per crescere le sue energie e per rendere pi coscienti e pi operanti gli impegni, che una concezione genuina della vita cristiana e convalidata dal magistero della 874 Chiesa ripropone al suo spirito .
Vi sono dei passi ancor pi significativi: nella Mater et Magistra Paolo VI ammette che possano sorgere anche tra i cattolici retti e sinceri delle divergenze. Quando ci accade non ci si logori in discussioni interminabili e sotto il pretesto del meglio e dell'ottimo, non si trascuri di compiere il bene che possibile e perci doveroso. E' altres indispensabile c he nello svolgimento di dette attivit (i cattolici) si muovano nell'ambito dei principi e delle direttive della dottrina sociale cristiana in attitudine di sincera fiducia e sempre in rapporto di filiale obbedienza verso l'autorit ecclesiastica. Nella Pacem in terris, pur parlando di dialogo, si sottolinea i medesimi principi: E' possibile collaborare con i non cattolici sempre tuttavia in accordo con la dottrina sociale della Chiesa e con le direttive dell'autorit ecclesiastica. Non si vede infatti dimenticare che compete alla Chiesa il diritto e il dovere non solo di tutelare i principi dell'ordine etico e religioso, ma anche di intervenire autoritativamente presso i suoi figli nella sfera dell'ordine temporale, quando si tratta di giudicare dell'applicazione di quei principi ai casi concreti. La Chiesa immersa in una umanit che come le onde del mare avvolge e scuote la Chiesa stessa: gli animi degli uomini che in essa si affidano sono fortemente influenzati dal clima del mondo temporale. Occorre quindi, essere convinti di ci che la Chiesa secondo la mente di Cristo, custodita nella Sacra Scrittura e nella Tradizione e interpretata, sviluppata nella genuina interpretazione ecclesiastica (Enc. Ecclesiam suam).
874
196 Nell'udienza generale del 31 marzo 1965, Paolo VI usciva in espressioni assai forti, lamentando l'insofferenza attuale verso l'autorit ecclesiastica:
Si proclama la necessit per tutti urgente di alimentare quel senso di solidariet, di amicizia, di mutua comprensione, di rispetto al patrimonio comune, di dottrine e di costume, di ubbidienza e univocit di fede, che deve distinguere il cattolicesimo . Che dovremmo dire di quelli che invece non altro contributo sembra sappiano dare alla vita cattolica che quello di una critica amara, dissolvitrice e sistematica? Di coloro che mettono in dubbio o negano la validit dell'insegnamento tradizionale della Chiesa per inventare nuove e insostenibili teologie? Di quelli che sembra abbiano gusto a creare correnti l'una all'altra contraria, a seminare sospetti, a negare all'autorit fiducia e docilit, a rivendicare autonomie prive di fondamento e di saggezza? O di coloro che per essere moderni trovano tutto bello, imitabile e sostenibile ci che vedono nel campo altrui, e tutto sopportabile, discutibile e sorpassato ci che si trova nel campo nostro? 875 .
Come si vede si profilano nella Chiesa cattolica errori e tendenze che potrebbero ferire ed umiliare la Chiesa. Con chiarezza ancora maggiore, a coloro che vorrebbero tornare alla semplicit della Bibbia, Paolo VI, giocando su Matteo 13, 31 (dove si parla solo della crescita numerica della Chiesa e non della sua crescita dogmatica) oppone che non si pu far ritornare la Chiesa bambina. Come se fosse bambina la Chiesa guidata dallo Spirito Santo nella pentecoste e illuminata dalla parola ispirata degli apostoli, ed adulta quella odierna guidata dai papi! Non diremmo che sia altrettanto sintonizzato con la spiritualit del Concilio l'atteggiamento di coloro che prendono
occasione dai problemi ch'essa solleva, e dalle discussioni ch'esso genera per eccitare in s e in altri uno spirito di n iquietudine e di riformismo radicale, tanto nel campo dottrinale, che in quello disciplinare, come se il Concilio fosse l'occasione propizia per mettere in questione dogmi e leggi, che la Chiesa ha inscritto nelle tavole della sua fedelt a Cristo Signore; e come se esso autorizzasse ogni privato giudizio a demolire il patrimonio della Chiesa di tutte le acquisizioni che la sua lunga storia e la sua convalidata esperienza le hanno procurato nel corso dei secoli. Vorrebbero forse che la Chiesa tornasse bambina, dimenticando che Ges ha paragonato il regno dei cieli ad un minuscolo seme che deve crescere e diventare pianta frondosa (Mt 13, 31) e che ha preannunciato lo sviluppo per opera del Paraclito della dottrina da lui insegnata (Gv 14, 26 e 16, 13)? vorrebbero per essere autentica, la vera Chiesa si contentasse di ci che essi definiscono essenziale? si riducesse cio a puro scheletro e rinunciasse ad essere corpo vivo, crescente ed operante, non ipotetico ed idealizzato, ma reale ed umano nella vissuta esperienza della storia? Cos pure, per un altro verso, non d iremmo che siano buoni interpreti dell'ortodossia colo che diffidano delle deliberazioni conciliari e che si riservano di accettare soltanto quelle che essi giudicano valide quasi che sia lecito dubitare della loro autorit, e che l'ossequio alla parola del Concilio possa fermarsi l dove non esige alcun adattamento della propria mentalit, e dove si limita a confermarne la stabilit. Non si pensa abbastanza che, quando la Chiesa maestra tiene cattedra, bisogna tutti diventare d i876 scepoli .
Il problema del collegio episcopale Due tesi si opponevano nella pi recente teologia cattolica al riguardo dell'episcopato, al quale si a ttribuisce collegialmente la direzione della Chiesa. Una corrente ha supposto che l'autorit episcopale passasse a loro attraverso il capo che ne il papa. Leone XIII nell'enciclica Satis Cognitum (1896) cita un passo del suo predecessore Leone Magno in cui si afferma che: Avendo Pietro ricevuto molte cose da solo, nulla pass ad altri senza la sua partecipazione. Anche se Dio si degn di conferire qualcosa agli altri principi della Chiesa, mai la diede loro se non per mezzo di Pietro
875 876
L'Osservatore Romano 1 aprile 1965. Discorso del papa agli Assistenti delle ACLI e ai cattolici catechisti il 28 luglio 1965. Cfr L'Osservatore Romano di gioved 29 luglio 1965, p. 1. Lo Spirito Santo garantito agli Apostoli, perch, compresa tutta la verit, la possano comunicare senza tema di errori ad altri; essi sono infatti il fondamento su cui deve poggiare la Chiesa (Ef 2, 20).
197 Altri teologi al contrario suppongono che i vescovi ricevano direttamente la loro autorit da Dio, non solo singolarmente nel governo della loro singola diocesi. ma anche collegialmente nella direzione di tutta la Chiesa. Il papa uno di loro, anche se con potere superiore. Il Concilio ha dato il suo appoggio alla seconda opinione, in quanto al collegio degli apostoli (che non furono tali in virt di Pietro) fa succedere il collegio dei vescovi. I Dodici agirono spesso collegialmente: assieme eleggono Mattia (At 1, 15-26), convocano l'assemblea per le elezione dei diaconi (At 6, 2), esaminano il caso di Paolo (At 9, 27; Ga 2, 1-9), presenziano al Concilio di Gerusalemme (At 15). Paolo afferma con la massima chiarezza che la Chiesa poggia sugli apostoli - profeti (Ef 2, 19) e Giovanni che le mura della Nuova Gerusalemme, ossia della Chiesa, hanno d odici fondamenti sui quali stan scritti i nomi dei dodici apostoli dell'Agnello (Ap 21, 14) Perci i vescovi ricevono il loro potere da Cristo non tramite il papa, ma attraverso il collegio degli apostoli.. Pietro regge la Chiesa non per mezzo degli apostoli ma con gli apostoli. per volere divino al collegio degli apostoli succede il collegio dei vescovi; il collegio apostolico continua la sua esistenza nel collegio episcopale il quale detiene la struttura, i poteri, le prerogative ordinarie del collegio apostolico. Ma il Vaticano II non ha determinato chiaramente il rapporto tra i vescovi e il papa, per cui proprio su tale punto verte oggi la discussione teologica e si erge una critica serrata contro le strutture ecclesiastiche attuali. Anche se direttamente le opposizioni si rivolgono alla Curia romana e non al papa noi biasimiamo la locomotiva e non l'ingegnere, disse il card. Suenens di fatto anche il papa ne viene compromesso. Il primate belga, card. Suenens, imperson la voce di una buona corrente di teologi tedeschi (H. Kng), olandesi (Nimega) e belgi, quando afferm che al centro prevale la tendenza, anche dopo il Vaticano II, di considerare tutto sotto l'aspetto formale e giuridico. Considerando la Chiesa come una societ perfetta, con un potere supremo ben definito, fornito di leggi universalmente valide, si tende a dare la priorit alla chiesa universale rispetto alle chiese particolari, per cui si cerca pi di reprimere che di comprendere . In armonia con il docente tedesco H. Kng, che auspica un consiglio permanente di vescovi con valore non solo consultivo877 , il cardinale Suenens afferma che la Chiesa deve essere una comunione di chiese... per cui le encicliche e i documenti pi importanti dovrebbero presentarsi sempre come frutto di un'ampia collaborazione tra Roma e le chiese particolari . Alla luce della collegialit ecclesiastica i vescovi e non i cardinali dovrebbero eleggere il papa; allo stesso modo che i vescovi devono agire in comunione con il papa, cos anche il papa deve agire in comunione con i vescovi senza isolarsi nella sua superiorit personale. L'autorit dei nunzi, che agiscono spesso su di un terreno puramente diplomatico e civile controllando non di rado i v escovi 878 locali, dovrebbe essere ridimensionata . Dopo le critiche di altri presuli che pretendevano una sua ritrattazione, il Cardinale torn di nuovo in campo per insistere di non aver nulla da ritrattare e per asserire la necessit della libera circolazione delle idee anche nella chiesa cattolica. So che sar oggetto di attacchi; ma io amo la Chiesa e sono un capo. Sono disposto a pagare il prezzo delle mie convinzioni879 . Risposta di Paolo VI Pur accogliendo l'idea che anche i vescovi devono avere una certa partecipazione collegiale nella direzione della Chiesa (si pensi ad esempio alla creazione del Sinodo episcopale da lui creata), Pao877 878
Interessante il suo recente volume La Chiesa edito nel 1969 dalla editrice Queriniana di Brescia. Cos in un'intervista alle Informations Catholiques Internationales del maggio 1969. 879 Intervista concessa a Robert Serrou del Paris Match nel luglio 1969.
198 lo VI non ammette che il papa debba agire di comune consenso con i vescovi, e sostiene il diritto, per autorit divina, di decidere per conto proprio con direttiva personale. Di qui la Nota explicativa praevia aggiunta per suo volere alla Costituzione della Chiesa. dove si legge: Il Romano pontefice nell'ordinare, promuovere, approvare l'esercizio collegiale procede secondo la propria discrezione, avendo di mira il bene della Chiesa. Il Sommo pontefice, quale pastore supremo della Chiesa, pu esercitare la sua priorit in ogni tempo a suo piacimento come richiesto dallo stesso u fficio. Di qui le sue decisioni personali circa la professione di fede (il Credo del Popolo di Dio), la sua enciclica sul celibato e l'altra sul controllo delle nascite che crearono enormi opposizioni e problemi non indifferenti in seno al cattolicesimo odierno circa il valore dell'autorit papale. Come rispose Paolo VI alle contestazioni odierne? Pur dichiarandosi disposto a modificare alcune strutture che pi non si adeguano alla situazione sociale odierna (di qui la preparazione del nuovo codice di diritto canonico), il Papa ritiene di non essere obbligato ad agire sempre in comunione con i vescovi, ma di poter agire da solo senza il consenso della Chiesa (ex sese, non ex consensu ecclesiae)880 . Inaugurando il Sinodo dei vescovi il 30 settembre 1967 Paolo VI ripeteva che l'ufficio s inodale normalmente consultivo e biasimava le opinioni di non pochi studiosi e pubblicisti che ardirebbero applicare la loro analisi agli aspetti giuridici di questa istituzione per darvi a loro talento forme e funzioni conformi a certi concetti nuovi del diritto costituzionale della Chiesa881 . Una sintesi che ben rispecchia la mentalit dell'attuale papa circa la costituzione della Chiesa si ha nella Istruzione per la evangelizzazione dei popoli del 24 febbraio 1969, n. 13: Il Sommo Pontefice ha in tutta la Chiesa la potest piena, universale, immediata. I vescovi reggono le chiese particolari ad essi affidate con potest propria, ordinaria e immediata. L'esercizio della p otest episcopale, per, sottoposta in ultima istanza, al Romano Pontefice e pu ben essere circoscritta entro limiti in vista del bene della Chiesa e dei fedeli. Per esercitare tale suprema potest, il Romano Pontefice si serve dei dicasteri della Curia Romana882 . Perci il papa, pur desiderando meditare serenamente le rimostranze rivolte verso la sede apostolica (23 giugno 1969), deplora chi sostituisce la propria esperienza spirituale, il proprio sentimento di fede oggettiva, la propria interpretazione della parola di Dio alla tradizione. Chi agisce c os produce certamente una novit, ma una rovina (2 luglio 1969). Per cui deplorando coloro che sono causa di questi pericoli gravi per la Chiesa di Dio, sottolinea che l'attuale un fermento praticamente scismatico (a aprile 1969).
880
Vaticano I, Denzinger Bannw. 1839. Si cfr Vaticano I, Denz, Ban, 1839. Cfr G. D'Ercole , Communio, collegialit, primato e sollecitudo omnium ecclesiarum dai Vangeli a Costantino , Roma Herder 1964, Jean Cuolson , L'episcopat catholique, Collgialit et primaut dans le trois premiers sicles de l'Eglise , Paris, Edit du Cerf, 1963; Yves M. J. Congar , Sainte Eglise, Etudes et approches ecclsiologiques , Paris, Edit du Cerf 1963; G. Dejaifve , Les Douze Aptres et leur unit dans la Tradition Catholique , Ephemerides Theologicae Lovanienses 30 (1963), pp. 760-778; Idem , Episcopat et Collge Apostolique , in Nouvelle Revue Thologique 85 (1963), 807-818 (al successore di Pietro compete la funzione unitaria, al collegio apostolico la cattolicit); J. Brinktine , Quomodo se habeat Collegium Episcoporum ad summo Ponteficem , in Freiburger Zeitschrift fr Philologie und Theologie 10 (1963), pp. 86-94 (la giurisdizione non conferita loro mediante la consacrazione); E. Griffe , Le principatus romain ecclsiastique , in Bulletin de Littrature Ecclsiastique 64 (1963), pp. 161-171; E. Lanne , Eglises locales et patriarcats l'poque des grands conciles , in Irenikon 24 (1961), pp. 292-321; J. Ratzinger , Le implicazioni pastorali della dottrina della collegialit dei Vescovi, in Concilium, 1 (1965), pp. 44-73; K. Rahner , Note di Teologia pastorale sull'Episcopato nella dottrina del Vaticano II, Concilium 1 (1965), pp. 74-83 (con rel. bibliogr.); C. Colombo , Il Collegio Episcopale ed il primato del Romano Pontefice , in La Scuola Cattolica 93 (1965), pp. 35-56; M. Fagiolo e P. Gino Concetti, La collegialit episcopale per il futuro della Chiesa , Firenze, Valecchi 1969 (lo studio pi completo). 881 Insegnamento di Paolo VI, vol. V, Poliglotta vaticana 1968, pp. 475-476. Cfr Motu proprio Apostolica Sollecitudo, in L'Osservatore Romano, 24 dicembre 1966. 882 L'Osservatore Romano, 23 marzo 1969.
199 Nonostante che Paolo VI abbia ammesso l'utilit del Sinodo episcopale da riunirsi ogni due anni e sia disposto ad esaminare serenamente altre richieste episcopali (ottobre 1969), egli ha spesso esaltato il primato del vescovo di Roma, quasi ne temesse una menomazione da parte dei padri conciliari. E' impossibile ricordare tutte le espressioni del papa, tanto sono numerose: eccone le pi importanti. Inaugurando il 29 settembre 1963 la seconda sessione del Concilio, cos affermava:
Salute, Fratelli! Cos vi accoglie il pi piccolo fra di voi, il Servo dei Servi di Dio, anche se carico delle somme chiavi consegnate a Pietro da Cristo Signore; cos Egli vi ringrazia della testimonianza di ubbidienza e di fiducia che la vostra presenza Gli porta; cos vi dimostra col fatto voler Egli con voi pregare, con voi parlare, con voi deliberare, con voi operare. Oh il Signore ci testimonio quando Noi vi diciamo non essere nel nostro animo alcun proposito di umano d ominio, alcuna gelosia di esclusivo potere; ma solo desiderio e volont d'esercitare il divino mandato che tra voi e di voi, Fratelli, ci fa Sommo Pastore, e che da voi chiede ci che forma il suo gaudio e la sua corona, la "comunione dei santi", la vostra fedelt, la vostra adesione, la vostra collaborazione; ed a voi offre ci che maggiormente Lo alletta donare, la sua venerazione, la sua stima, la sua fiducia, la sua carit 883 .
Tale primato egli lo afferma nella enciclica Ecclesiam suam , dove si legge: Vi diremo subito Venerabili Fratelli che tre sono i pensieri che vanno agitando l'animo nostro quando consideriamo
l'altissimo ufficio che la Provvidenza, contro i Nostri desideri e i Nostri meriti, Ci ha voluto affidare di reggere la Chiesa di Cristo, nella Nostra funzione di Vescovo di Roma, e perci successore del beato Apostolo Pietro, gestore delle somme chiavi del regno di Dio e Vicario di quel Cristo che fece di lui il pastore primo del suo gregge universale... .
Pur sapendo d'essere il papato una pietra d'inciampo per l'incontro, il papa ribadisce, con forza, tale sua dignit e missione: Un pensiero Ci affligge ed quello di vedere come proprio Noi fautori di tale riconciliazione, siamo da molti Fratelli
separati, considerati l'ostacolo ad essa, a causa del primato d'onore e di giurisdizione, che Cristo ha conferito all'apostolo Pietro e che Noi abbiamo da lui ereditato. Non si dice da alcuni che, se fosse rimosso il primato del Papa, l'unificazione delle Chiese separate sarebbe pi facile? Vogliamo supplicare i Fratelli separati a considerare la inconsistenza di tali ipotesi; e non gi soltanto perch, senza il Papa, la Chiesa cattolica non sarebbe pi tale; ma perch, mancando nella Chiesa di Cristo l'ufficio pastorale sommo, efficace e decisivo di Pietro, la unit si sfascerebbe; e indarno poi si cercherebbe di ricomporla con criteri sostitutivi di quello autentico, stabilito da Cristo stesso: Vi sarebbero nella Chiesa tanti scismi quanti sono i sacerdoti, scrive giustamente S. Girolamo (Dial. contr. Luciferianos, P. L. 23, 173). E vogliamo altres considerare che questo cardine centrale della santa Chiesa non vuole costituire supremazia di spirituale orgoglio e di umano dominio, ma primato di servizio, di ministero, di amore. Non vana rettorica, quella che al Vicario di Cristo 884 attribuisce il titolo: il servo dei servi di Dio .
Aprendo la terza sessione del Concilio, Paolo VI ribad il medesimo concetto: Siamo infine la Chiesa, perch come Maestri della fede, pastori delle anime, Dispensatori dei misteri di Dio (1 Co 4,
1), noi qui tutta la rappresentiamo, non g i come delegati o deputati dai fedeli, a cui si rivolge il nostro ministero, ma come Padri e Fratelli che personificano le comunit rispettivamente affidate alle nostre cure, e come assemblea plenaria, a buon diritto, da Noi convocata nella Nostra veste, che a voi tutti ci accomuna, di vostro fratello, come Vescovo di questa Roma fatidica, di Successore umilissimo, ma autentico dell'Apostolo Pietro, presso la cui tomba siamo piamente 885 convenuti, e perci come indegno, ma vero Capo della Chiesa cattolica e Vicario di Cristo, Servo dei servi di Dio .
Nelle udienze pontificie spessissimo spesso con ampia rettorica presenta tale sua dignit di successore di Pietro; tra di esse primeggia quella del 16 luglio 1964886 :
883
L'Osservatore Romano, 30 settembre 1963, p. 1. Il sommo pastore Ges cristo e non Pietro, secondo 1 Pietro 5, 4. 884 Enciclica Ecclesiam Suam, in L'Osservatore Romano, 16 agosto 1964. 885 L'Osservatore Romano, 14 settembre 1964, p. 3. 886 L'Osservatore Romano, 16 luglio 1964, p. 2.
200 Diletti Figli e Figlie! Noi pensiamo che ciascuno di voi, partecipando a questa Udienza, nella basilica di S. Pietro, v ada cercando con lo sguardo le parole maiuscole, che costituiscono la fascia decorativa, sopra i pilastri dell'aula monumentale, e una parola sappia scoprire, la quale risuona singolarmente nello spirito d'ogni persona presente TU ES PETRUS, Tu sei Pietro; e immediatamente questa parola sembra farsi voce, la v oce di Cristo, che la pronunci a Cesarea di Filippo trasformando il discepoli Simone in Apostolo, anzi in principe degli Apostoli, e Capo di tutta la Chiesa; poi la parola: Tu es Petrus, si fa figura, si fa persona, e si posa sul Papa, vestito di bianco, che apparso in mezzo a voi. La suggestione spirituale dell'Udienza, noi lo sappiamo, nasce principalmente dalla rievocazione misterica e immortale della parola evangelica, che prende, dopo venti secoli, forma vivente nell'umile aspetto d'uomo, che appare non soltanto quale successore, ma quasi fosse la stessa rediviva persona: Tu es Petrus... Vi chi incontra qualche fatica nel compiere questa identificazione di Pietro col Papa, cos presentato, e si chiede il perch di cos vistosa esteriorit, che sa di gloria e di vittoria, mentre nessuno dimentica certamente quante afflizioni pesano sempre sulla Chiesa e sul Papa: e come sia per lui doverosa l'imitazione dell'umile divino Maestro. Un povero mantello di pescatore e di pellegrino non ci darebbe immagine pi fedele di Pietro, che non il manto pontificale e regale, che riveste il suo successore? Pu essere. Ma questo manto non esclude quel mantello! Ora bisogna comprendere il significato ed il valore di questa esteriore solennit, che vuole identificare il Papa, cos rivestito con l'apostolo Pietro. Che cosa significa innanzi tutto, questo grandioso rivestimento? Significa un atto di fede, che la Chiesa dopo tanti secoli ancora pronuncia sicura: s, questi lui, Pietro. E' come un canto a gran voce: Tu sei Pietro; una r ipetizione che celebra in un culto magnifico il prodigio compiuto da Cristo; non sfarzo vanitoso, ma come uno sforzo devoto per dare evidenza e risonanza ad un fatto evangelico, decisivo per la storia del mondo e per le sorti spirituali dell'umanit Se cos, ognuno comprende che l'onore tributato al Papa come successore di San Pietro non va alla sua persona umana, la quale pu essere, come nel caso presente, piccola e povera, ma va alla missione apostolica, che gli affidata, va all'autorit di Maestro, di Sacerdote, e di Pastore che gli stata conferita Allora si comprende anche come l'onore tributato al Papa non si ferma a lui, e nemmeno, propriamente parlando, a Simone Pietro, ma sale a Cristo glorioso, al Quale tutto dobbiamo, e al Quale non avremo mai reso onore abbastanza. Noi possiamo ben dire, ed a maggior ragione, ci che Papa leone Magno diceva di s: Nell'umilt della mia persona colui si veda e colui si onori (cio Pietro e noi possiamo spiegare: cio Cristo), nella quale si contiene la sollecitudine di tutti i pastori... e la cui dignit non viene meno in un indegno erede (Serm. 2) Fate vostri questi pensieri e trarrete dall'Udienza pontificia una benefica impressione spirituale, una profonda lezione religiosa, quella che ci fa trovare Pietro nel Papa e Cristo nel suo Vicario.
Anche nell'udienza del 22 luglio 1965 a Castel Gandolfo, il papa si identific in un certo senso con il Cristo: Chi il papa? non il Vicario di Cristo? sar forse possibile scorgere nelle sue sembianze che non possono che d eludere l'aspettativa d'una visione sensibile ma nel ministero, che in Lui si personifica, il mistero di una particolare presenza quella della continuit storica, quella dell'autenticit rappresentativa, quella delle potest di Ges stesso, operanti il suo magistero, il suo sacerdozio, il suo regale pastorale governo d'una particolare presenza, diciamo di Cristo? v e887 dere il papa non porta forse a intravedere il Signore? .
Significativa pure la benedizione della prima pietra del Santuario del Primato a El Tabga nella Galilea, dove secondo una tradizione, Ges avrebbe pronunciato le celebri parole Tu sei Pietro . Pure significativo il modo con cui nel 1969 si presentato all'assemblea ecumenica di Ginevra con la frase il nostro nome Pietro888 .
887 888
L'Osservatore Romano, 22 luglio 1965, p. 1. Anche l'epiteto di Madre della Chiesa attribuito a maria contro il parere del concilio, mostra la sua autorit di c apo della Chiesa, Da ambienti informati mi si disse che tale titolo fu una mossa diplomatica del papa nei riguardi degli Ortodossi i quali lamentarono il fatto che Maria fosse lasciata troppo in sottordine dal Concilio Ecumenico Vaticano II.
201 Una voce onesta Il domenicano inglese Edmund Hill ha suggerito la necessit di una riorganizzazione dell'autorit papale in modo che la teoria espressa del Concilio Vaticano abbia a tradursi in una pratica effettiva889 . Perci il dotto domenicano fa delle osservazioni ben sensate: oggi praticamente papa, chiesa romana, chiesa cattolica si identificano. Bisogna rendere queste distinzioni effettive: il Concilio Vaticano II ha asserito che la Chiesa romana ha un primato (principatus) su tutte le altre chiese (Denz, 827). Se queste parole hanno un senso vuol dire che la chiesa romana d ev'essere distinta dalle altre chiese, e che perci la loro autonomia va rispettata.
Nell'interesse di questa alleanza tra papalismo e conciliarismo, la chiesa romana deve lasciare sempre pi alle altre chiese il potere di governarsi e di farsi leggi per conto loro.... La Chiesa latina deve scindersi, per questo sviluppo strutturale, in una serie di chiese locali, sul sistema degli antichi patriarcati, costituite senza alcun dubbio da sinodi regionali e dalle conferenze episcopali. D'altro canto la chiesa romana che riprender la sua forma distinta, costituita forse come chiesa d'Italia, tenendo conto delle circostanze politiche contemporanee. Al suo centro il collegio dei cardinali, e la curia, a titolo di clero della sede romana, avranno la responsabilit particolare di consigliare il vescovo romano nelle sue relazioni con le altre chiese. In una chiesa cattolica cos ristrutturata, la mia speranza che gli atti della chiesa romana a riguardo delle altre chiese siano limitati alle decisioni giudiziarie e dottrinali, senza includere decisioni legislative od esecutive 890 .
Deve cambiare continua lo stesso il sistema di coprire con il manto di Pietro ogni d ocumento emanato da un qualsiasi dipartimento della santa sede. Il concilio dei vescovi recentemente istituito deve assistere il papa, ma lo stesso domenicano si a ugura che non abbia a legiferare troppo, lascia che le leggi in un mondo tanto diversificato siano a lsciate alle autorit locali, e divenga solo un mezzo coordinativo.
Potessimo disfarci del fascino che l'uniformit sia buona in se stessa! L'uniformit non ha nulla a che vedere con il cristianesimo: Essa una sfortunata eredit dell'era della Ragione, della visuale matematica degli enciclopedisti e del codice napoleonico 891 .
Secondo il codice la nomina dei vescovi deriva dal papa, l'elezione solo ammessa come via del tutto eccezionale (can 329, per. 2,3). Il domenicano Hill propone che tale sistema sia rovesciato; il papa non pu conoscere tutto, deve accettare i suggerimenti dei suoi consiglieri. E' quindi bene che si reintroduca una elezione episcopale nella quale il clero diocesano abbia voce in capitolo, il laicato non ne sia escluso e gli elettori siano loro stessi responsabili. Cos avranno i vescovi che si meritano. Il che non esclude il diritto papale di conferma od anche di nomina in via eccezionale per il bene comune e mostrandone le ragioni. Ancor pi interessanti sono le considerazioni del domenicano Hill per ci che egli chiama la chiesa della diaspora che penetra cio nel mondo. Egli si richiama qui al concetto biblico della disseminazione dei grani, del lievito che invade la massa che il rovescio dell'immagine del corpo, tracciato da Paolo. L'autore suggerisce perfino l'idea che l'immagine paolina sia pi appropriata alla Chiesa celeste che a quella pellegrinante sulla terra. Il grano, il lievito esige una organizzazione minima. Se la chiesa si presenta con una superorganizzazione sar presto preda dell'opposizione ostile. In Russia le chiese battiste, meno organizzate della cattolica, hanno resistito meglio di questa all'oppo889
Edmund Hill , Le papaut post-conciliaire , in Istna 1967, pp. 137-147. Tradotto dall'inglese apparso su NewBlackfriars 47 (1966). pp. 582-590. 890 E. Hill, o. c., p. 143. 891 Ivi, o. c., p. 144.
202 sizione atea. La chiesa primitiva meno organizzata ha resistito bene alle persecuzioni dell'impero romano. Il minimum di questa organizzazione dovrebbe essere costituita dice lo Hill, dai vescovi, dai sacerdoti e dai diaconi892 . Se legate a questa gerarchia semplice delle strutture canoniche assai complesse, la chiesa perde la sua adattabilit e le cellule ecclesiali alle quali esse presiedono perdono l'aspetto sorridente che affascina il mondo893 . Dopo un lungo cammino siamo dunque quasi tornati alle soglie del Nuovo Testamento. I suggerimenti del domenicano che saranno ben presto dimenticati ma che torneranno in futuro a farsi sempre pi sentire, quando tutta la chiesa sar una diaspora in un mondo scristianizzato ci riconducono automaticamente alla gerarchia biblica della chiesa. La Chiesa totale, alla quale presiede il Cristo come capo, risulta da un insieme di piccole cellule, o comunit locali dirette da vescovie da diaconi mentre ogni membro di queste cellule un sacerdote di Dio. Sotto l'unica legge dell'amore queste cellule presentano agli uomini peccatori la buona novella della salvezza in Cristo Ges. Una tale via della chiesa della diaspora potrebbe essere d'una quasi totale semplicit, severa o idillica, secondo il vostro temperamento. Nessuna propriet per la Chiesa: forse ben poco clero a pieno tempo, non scuole, non seminari, non ordini religiosi altamente organizzati. Ma quanto sarebbe durevole! Lo possiamo dedurre da un colpo d'occhio sui Giudei o sulle chiese protestanti che sono le pi semplicemente organizzate 894 .
892
E lorganizzazione biblica, a cui per si aggiunge la distinzione tra vescovi e sacerdoti, che al contrario sono identici nel Nuovo Testamento 893 E. Hill, o. c., pp. 145-147. 894 E. Hill, o.c., p. 148.
203
204
APPPENDICE ELENCO DEI PAPI SECONDO LA CHIESA CATTOLICA i nomi in rosso sono gli antipapa
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. Pietro di Betsaida (m. 64 o 67 d.C.) Lino (della Tuscia) 67-76 (?) Anacleto o Cleto (romano) 76-88 (?) Clemente (romano) 88-97 (?) Evaristo (greco) 97-105 (?) Alessandro I (romano) 105-115 (?) Sisto I (romano) 115-125 (?) Telesforo (greco) 125-136 (?) Igino (greco) 136-140 (?) Pio I (Aquileia) 140-155 (?) Aniceto (siro) 155-166 Sotero (Campania) 166-175 Eleutero (Nicopoli Epiro) 175-189 Vittore I (africano) 189-199 Zefirino (romano) 199-217 Callisto I (romano) 217-222
Ippolito (romano) 217-235 Urbamo I (romano) 222-230 Ponziano (romano) 230-235 Antero (greco) 235-236 Fabiano (romano) 236-250 Cornelio (romano) 251-253
Novaziano (romano) 251 Lucio I (romano) 253-254 Stefano I (romano) 254-257 Sisto II (greco) 257-258 Dionisio 259-268 Felice I (romano) 269-274 Eutichiano (Luni) 275-283 Caio (dalmata) 283-296 Marcellino (romano) 296-304 Marcello I (romano) 308-309 Eusebio (greco) 309 Milziade o Milchiade (africano) 311-314 Silvestro I (romano) 314-335 Marco (romano) 336 Giulio I (romano) 337-352 Liberio (romano) 352-366
22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36.
Ursino 366-367 Siricio (romano) 384-389 Anastasio I (romano) 399-401 Innocenzo I (albano) 401-417 Zosimo (greco) 417-418
Eulalio 416-419 Celestino I (campanp) 422-432 Sisto III (romano) 432-440 Leone I il Grande Magno (Tuscia) 440-461 Ilaro (sardo) 461-468 Simplicio (Tivoli) 468-483 Felice III (II) (romano) 483-492 Gelasio I (africano) 492-496 Anastasio II (romano) 496-409 Simmaco (sardo) 498-514
Lorenzo 498-501/505 Ormisda (Frosinone) 514-523 Giovanni I (Tuscia) 523-526 Felice IV (III) (Sannio) 526-530 Bonifacio II (romano) 530-532
Dioscuro (Alessandria) 530 Giovanni II (Romano) 533-535 Agapito I (romano) 535-536 Silverio (Campania) 536-537 Vigilio (romano) 537-555 Pelagio I (romano) 556 Giovanni III (romano) 561-574 Benedetto I (romano) 575-579 Pelagio II (romano) 579-590 Gregorio I, il Grande (Magno) (romano) 590-604 Sabiniano (Tuscia) 604-606 Bonifacio III (romano) 607 Bonifacio VI (Marsi) 608-615 Adeodato I (romano) 615-618 Bonifacio V (Napoli) 619-625 Onorio I (Campania) 625-638 Severino (romano) 640 Giovanni IV (dalmata) 640-642 Teodoro I (greco) 642-649 Martino I (Todi) 649-655 Eugenio I (romano) 654-657 Vitaliano (Segni) 657-672
56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76.
Adeodato II (romano) 672-676 Dono (romano) 676-678 Agatone (siciliano) 678-681 Leone II (siciliano) 682-683 Benedetto II (romano) 684-685 Giovanni V (siro) 685-686 Conone (?) 686-687 Teodoro , ...687 Pasquale , ...687 Sergio I (siro) 687-701 Giovanni VI (greco) 701-705 Giovanni VII (greco) 705-707 Sisinnio (siro) 708 Costantino I (siro) 708-715 Gregorio II (romano) 715-731 Gregorio III (siro) 731-741 Zaccaria (greco) 741-752 Stefano II (romano) 752-757 Paolo I (romano) 757-767
84. 85. 86. 87. 88. 89. 90. 91. 92. 93.
94. Stefano III (siciliano) 768-772 95. Adriano I (romano) 772-795 96. Leone III (romano) 795-816 97. Stefano IV (romano) 816-817 98. Pasquale I (romano) 817-824 99. Eugenio II (romano) 824-827 100. Valentino (romano) 827 101. Gregorio IV (romano) 827-844
102. Sergio II (romano) 844-847 103. Leone IV (romano) 847-855 104. Benedetto III (romano) 855-858
105. Niccol I, il Grande (romano) 858-867 106. Adriano II (romano) 867-872 107. Giovanni VIII (romano) 872-882 108. Marino I (gallese) 882-884 109. Adriano III 884-885 110. Stefano V (romano) 855-891 111. Formoso (Porto) 891-896 112. Bonifacio VI (romano) 896 113. Stefano VI (romano) 896-897
207 114. Romano (gallese) 897 115. Teodoro II (romano) 897 116. Giovanni IX (Tivoli) 898-900 117. Benedetto IV (romano) 900-903 118. Leone V (Ardes) 903
119. Sergio III (romano) 904-911 120. Anastasio III (romano) 911-913 121. Landone (Sabina) 913-914 122. Giovanni X (Tossignano) 914-928 123. Leone VI (romano) 928 124. Stefano VII (romano) 928-931 125. Giovanni XI (romano) 931-935 126. Leone VII (romano) 936-939 127. Stefano VIII (romano) 939-942 128. Marino II (romano) 942-946 129. Agapito II (romano) 946-955 130. Giovanni XII (Tuscolo) 955-963 131. Leone VIII (romano) 963-965 132. Benedetto V (romano) 965-966 133. Giovanni XIII (romano) 966-972 134. Benedetto VI (romano) 973-974
135. Benedetto VII (romano) 974-983 136. Giovanni XIV (Pavia) 983-984 137. Bonifacio VIII 984-985 138. Giovanni XV (romano) 985-996 139. Gregorio V (sassone) 996-999
140. Silvestro II (Alvernia) 999-1003 141. Giovanni XVII (romano) 1003 142. Giovanni XVIII (romano) 1004-1009 143. Sergio IV (romano) 1009-1012 144. Benedetto VIII (Tuscolo) 1012-1024
147. Gregorio VI (romano) 1045-1046 148. Clemente II (sassone) 1046-1047 149. Benedetto IX (terza volta) 1047-1048
208 150. Damaso II (Baviera) 1048 151. Leone IX (alsaziano) 1059-1054 152. Vittore II (tedesco) 1055-1057 153. Stefano IX lorenese) 1057-1058 154. Benedetto X (romano) 1058-1059 155. Niccol II (Borgogna) 1059-1061 156. Alessandro II (Milano) 1061-1073
158. Vittore III (benevento) 1086-1087 159. Urbano II (francese) 1088-1099 160. Pasquale II (Bieda) 1099-1118
165. Celestino II (Citt di Castello) 1143-1144 166. Lucio II (bolognese) 1144-1145 167. Eugenio II (Pisa) 1145-1153 168. Anastasio IV (romano) 1153-1154 169. Adriano IV (inglese) 1154-1159 170. Alessandro III (siena) 1159-1181
Vittore IV (Monte Celio) 1164 Pasquale III (Crema) 1164-1168 Callisto III (Strumi) 1168-1178 Innocenzo III (Sezze) 1179-1180
171. Lucio III (lucchese) 1181-1185 172. Urbano III (milanese) 1185-1187 173. Gregiori VIII 1187
209 174. Clemente III (romano) 1187-1191 175. Celestino III (romano) 1191-1198 176. Innocenzo III (Gavignano) 1198-1216 177. Onorio III (romano) 1216-1227 178. Gregiorio IX (Anagni) 1227-1241 179. Celestino IV (milanese) 1241 180. Innocenzo IV (genovese) 1243-1254 181. Alessandro IV (Anagni) 1254-1261 182. Urbano IV (Troyas) 1261-1264 183 Clemente IV (francese) 1265-1268 184. Gregorio X (Piacenza) 1271-1272 185. Innocenzo V (Savoia) 1276 186. Adriano V (genovese) 1276 187. Giovanni XXI (portoghese) 1276-1277 188. Niccol III (romano) 1277-1280 189. Martino IV (francese) 1281-1285 190. Onorio IV (romano) 1285-1287 191. Niccol IV (Ascoli) 1288-1292 192. Celestino V (Isernia) 1294 193. Bonifacio VIII 1294-1303 194. Benedetto XI (Treviso) 1303-1304 195. Clemente V (francese) 1305-1314 196. Giovanni XXII (Cahors) 1316-1334
197. Benedetto XII (francese) 1334-1342 198. Clemente VI (francese) 1342-1352 199. Innocenzo VI (francese) 1352-1362 200. Urbano V (francese) 1362-1370 201. Gregorio XI (francese) 1371-1378 202. Urbano VI (Napoli) 1378-1389 203. Bonifacio IX (Bapoli) 1389-1404 204. Innocenzo VII (Sulmona) 1404-1406 205. Gregorio XII (veneziano) 1406-1415
Clemente VII (Genevois) 1378-1394 Benedetto XIII (aragonese) 1394-1423 Alessandro V (Creta) 1400-1410 Giovanni XIII (Napoli) 1410-1415
208. Niccol V (Sarzana) 1447-1455 209. Callisto III (Valencia) 1455-1458 210. Pio II (Siena) 1458-1464 211. Paolo II (veneziano) 1464-1471 212. Sisto IV (Savona) 1471-1484
210 213. Innocenzo VIII (genovese) 1484-1492 214. Alessandro VI (Valencia) 1492-1503 215. Pio III (Siena) 1503 216. Giulio II (Savona) 1503-1513 217. Leone X (fiorentino) 1513-1521 218. Adriano (Utrech) 1522-1523 219. Clemente VII (fiorentino) 1523-1534 220. Paolo III (romano) 1534-1549 221. Giulio III (romano) 1550-1555 222. Marcello II (Montepilciano) 1555 223. Paolo IV (Napoli) 1555-1559 224. Pio IV (milanese) 1559-1565 225. Pio V (Alessandria) 1566-1572 226. Gregorio XIII (bolognese) 1572-1585 227. Sisto V (Grottammare) 1585-1590 228. Urbano VII (romano) 1590 229. Gregorio XIV (Cremona) 1590-1591 230. Innocenzo IX (bolognese) 1591 231. Clemente VIII (fiorentino) 1592-1605 232. Leone XI (fiorentino) 1605 233. Paolo V (romano) 1605-1621 234. Gregorio XV (bolognese) 1621-1623 235. Urbano VIII (fiorentino) 1623-1644 236. Innocenzo X (romano) 1644-1655 237. Alessandro VII (Siena) 1655- 1667 238. Clemente IX (Pistoia) 1667-1669 239. Clemente X (romano) 1670-1676 240. Innocenzo XI (Como) 1676-1689 241. Alessandro VIII (veneziano) 1689-1691 242. Innocenzo XII (Venosa) 1691-1700 243. Clemente XI (Urbino) 1700-1721 244. Innocenzo XIII (romano) 1721-1724 245. Benedetto XIII (Bari) 1724-1730 246. Clemente XII (fiorentino) 1730-1740 247. Benedetto XIV (bolognose) 1740-1758 248. Clemente XIII (veneziano) 1758-1769 249. Clemente XIV (Rimini) 1769-1774 250. Pio VI (Cesena) 1775-1799 251. Pio VII (Cesena) 1800-1823 252. Leone XII (Fabriano) 1823-1829 253. Pio VIII (Cingoli) 1829-1830 254. Gregorio XVI (Belluno) 1831-1846 255. Pio IX (Sinigallia) 1846-1878 256. Leone XIII (Carpineto) 1878-1903 257. Pio X (Riese) 1903-1914 258. Benedetto XV (genovese) 1914-1922 259. Pio XI (Desio) 1922-1939 260. Pio XII (romano) 1939-1958 261. Giovanni XXIII (berganasco) 1958-1963 262. Paolo VI (Concesio) 1963-1978 263. Giovanni Paolo I 1978