Angelini, G. (Et Al.), Ascesi e Figura Cristiana Dell'Agire, Milano, Glossa, 2005
Angelini, G. (Et Al.), Ascesi e Figura Cristiana Dell'Agire, Milano, Glossa, 2005
Angelini, G. (Et Al.), Ascesi e Figura Cristiana Dell'Agire, Milano, Glossa, 2005
12
Cfr. le opere di A. V66Bus, History of Asceticism in the Syrian
Orient. A contribution lo tlze History of Culture in t/w Near East, t. L The
Oright of Asceticism. Early monasticism in Persia, t. II, Early monasticism in
Mesopotamia a11d Syria (CSCO 184 e 197), Louvain, Peeters, 1958 e 1960,
che hanno rivelato un mondo monastico fino ad allora quasi scono-
sciuto. Si pu vedere a questo proposito l'articolo di J. GRIBOMONT, Le
monacltisme au sein de I'glise el! Syrie et en Cappadoce, in Io., Saint Basile,
Evangile et Eglise [Spritualit Orientale 36], t. I, Bgrolles en Mauges,
Abbaye de Bellefontaine, 1984, 3-20: 12-13.
43
Cfr. A. VEILLEUX, Monacltisme et gHose, Collectanea Cisterciensia>>
46 (1984) 239-258 e 47 (1985) 129-151.
44
L'importanza dello studio delle Lettere appare sempre pi evi-
dente per la conoscenza della personalit di Antonio. Samuel Rubenson
26
nuova attenzione nei confronti del movimento asce-
tico della Tarda Antichit
45
.
L'interesse attuale per l'ascesi inoltre attestato da
varie iniziative, tra le quali merita di essere segnalata,
per la sua importanza, la costituzione- intorno al1980
-di un gruppo di professori e di ricercatori, all'interno
dell'American Academy of Religion, con lo scopo di
studiare l'ascesi in tutte le sue varie sfaccettature, tra
le quali trova posto anche il monachesimo cristiano.
Ad essi si deve l'organizzazione di una conferenza in-
ternazionale, svoltasi a New York nel 1993, sul tema:
"La dimensione ascetica nella vita religiosa e nella cul-
tura", i cui contributi sono confluiti in un imponente
volume, pubblicato nel1995 con il titolo Asceticism
46
.
Da tutti questi studi, risulta ormai chiaro che il mona-
chesimo cristiano fa parte di un fenomeno molto pi
ampio, che quello dell'ascesi cristiana, e che questa-
a sua volta - non pu essere studiata senza essere
ha dimostrato che Antonio e i suoi discepoli non erano- come a lungo si
pensato- degli illetterati, ma avevano profondamente assimilato l'in-
segnamento filosofico e teologico della Chiesa alessandrina e dei suoi
didaskaloi; emerge tuttavia una figura non alternativa a quella della bio-
grafia atanasiana, che anzi viene confermata in molti tratti (cfr. S. Ru-
BENSON, Tlte Letters of St. Antony. Origenist Theology, Monastic Tradition
and t/te Makillg of a Saint [Bibliotheca Historico-Ecclesiatica Lundensis
24], Lund, Lund University Press, 1990, 141-144).
" Cfr. A. VEILLEUX, Les origines du nwltachisme cltrtien, cit., 22.
46
V. L. WrMBUSH- R. VALANTASIS (a cura di), Asceticism, New York,
Oxford University Press, 1995. Il contenuto del volume organizzato
intorno a quattro temi maggiori che percorrono le varie tradizioni reli-
giose: l. le origini e il significato dell'ascetismo, esplora le motivazioni e
gli impulsi che sono all'origine dei comportamenti ascetici; 2. l'erme-
neutica dell'ascetismo, si sofferma su testi e retoriche e ne valuta i pre-
supposti; 3.l'estetica dell'ascetismo, documenta le risposte e le pratiche
date agli impulsi ascetici, come anche l'arte delle pratiche ascetiche; 4.
infine, la politica dell'ascetismo, analizza le dinamiche di potere messe
in atto dall'ascetismo.
27
collocata nel contesto pi generale dell'ascesi umana e
delle numerose manifestazioni che essa an da t a as-
sumendo nei primi secoli della nostra era. Affron-
tando la lettura di queste pagine, bisogna per essere
consapevoli che, mentre alcuni studiosi si accostano al
tema con una profonda comprensione del monache-
simo cristiano, altri sembrano invece attratti dalla
semplice analisi del fenomeno ascetico, indipendente-
mente dalle motivazioni che potevano animare coloro
che vi si dedicavano. Dunque, pur trattandosi di studi
seri e condotti con rigore scientifico impeccabile, non
si pu ignorare che essi talvolta trascurano esplicita-
mente e deliberatamente la dimensione propriamente
spirituale di quei monaci di cui si occupano
47
Alcuni
autori sembrano inoltre ampiamente influenzati, nella
loro interpretazione dell'ascesi, dalle teorie di Michel
Foucault, alle quali, fin dall'inizio, abbiamo voluto
accennare.
1.3. Lo sviluppo del monachesimo primitivo
Con l'atteggiamento critico che sgorga da questa con-
sapevolezza, possiamo ora accostarci al fenomeno
monastico, che ha caratterizzato la Chiesa dei primi
secoli e del cui sorgere gli storici non sembrano ancora
in grado di offrire le ragioni
48
Forse possibile spie-
" Lo ha notato Columba Stewart, un ottimo conoscitore delmona-
chesimo antico e, in particolare, di Cassiano, in uno studio del 1996: C.
STEWART, Ascetcsm and Spirituality in Late Antiquity. New Vision. Impasse
or Hiatus?, Christian Spirituality Bulletin 4 (1996) 11-15.
48
Cfr. J.-C. GuY, Introduction, in Les Apophlegmes d es Pres. Collection
Sistematique (SC 387), Paris, Ceri, 1993, 13-18. Nella descrizione delle
origini del monachesimo ci serviremo della sintesi di A. VEtLLEUX, La
tlzologie de l'ablmtiat c11ol1itique et ses implications lilurgiques, Supple-
ment de la Vie Spirituelle 86 (1968) 351-393.
28
gare i fattori che sono intervenuti per favorire e orien-
tare il suo sviluppo, ma effettivamente pi difficile
fornire le spiegazioni circa le origini di questo nuovo
modo di vivere. Si pu solo constatare il fenomeno che
si impone allo sguardo attento dell'osservatore.
Certamente, il cristiano pu affermare che questa no-
vit, che ha caratterizzato la Chiesa alla fine del III
secolo, non pu essere frutto del caso: se infatti alcuni
uomini hanno lasciato le loro citt per dimorare nel
deserto - cio in un luogo che, per le sue caratteristi-
che, risulta inabitabile -, non certamente per cedere
a non si sa quale "pulsione malsana" come preten-
deva ancora nel V secolo il poeta pagano Rutilio Na-
manziano49 -,ma perch lo Spirito li spingeva a farlo
e, con questa decisione, essi inauguravano un modo
nuovo e complementare di vivere il Vangelo. questa
la sola lettura capace di cogliere il fenomeno in tutta
la sua senza limitarsi a percepirne la sem-
plice forma esteriore.
Sebbene, fin dal IV secolo, l'ascesi cristiana sia stata
strettamente collegata al movimento monastico, non
si pu ignorare che alcune forme di ascetismo esiste-
vano gi prima delmonachesimo. Fin dai primi secoli,
infatti, l'ascesi cristiana si manifestata, nelle varie
Chiese, secondo modalit talvolta piuttosto radicali.
Ges stesso, del resto, vivendo con i suoi discepoli,
aveva inaugurato una forma di vita comunitaria che
aveva qualcosa in comune con la prassi dei rabbini del
suo tempo, ma che proponeva esigenze radicali ai suoi
seguaci. Quando poi, dopo la morte di Ges, alcuni
cristiani vollero mettersi alla sua sequela, adottando
RUTILIO NAMANZlANO, De redt!l suo, l, 439-452 e 515-526.
29
in modo permanente le esigenze radicali proposte dal
Maestro, in realt essi tenevano sotto lo sguardo non
solo l'esempio di Ges, ma anche le forme di ascesi
che caratterizzavano diversi ambienti - e tra questi
senz' altro le scuole filosofiche - del loro tempo
50
noto che alcune forme radicali di ascesi si sono svi-
luppate abbastanza presto nel cristianesimo antico,
soprattutto nelle Chiese giudeo-cristiane, maggior-
mente sensibili al radicalismo evangelico lucano e
paolino
51
In queste comunit, si praticavano infatti
non solo la povert e il digiuno, ma anche forme di
continenza assoluta, che - almeno per un certo pe-
riodo- venivano richieste come condizione per essere
ammessi a ricevere il battesimo
52
Pi tardi, si si tue-
50
].D.M. DERRET, Primitive Christianity as an Ascetic Movement, in
V.L. WIMBUSH- R. VALANTASIS (a cura di), Asceticism, cit., 88-118.
" Cfr. A. GurLLAUMONT, Perspectives actuel/es sur [es origiues du mo-
naclzisme, in A11x origines du Monaclzisme Clzrtien. Pour Ulle fenomrwlogie
du monaclzisme (Spiritualit Orientale 30), Bellefontaine, Abbaye de Bel-
lefontaine, 1979, 216-227; Io., Monachisme et tlzique judo clzrtienne, Re-
cherches de Sciences Religieuses 60 (1972) 199-218. In questo articolo
l'autore mostra come il monachesimo si sia costituito a partire dall'i-
deale paolina del celibato per Dio. Da qui deriva anche il suo pro-
gramma di unificazione spirituale espresso nei termini scritturistici di
"semplicit".
52
Alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, Arthur Vi:ii:ibus
ha segnalato l'esistenza di tali comunit a Edessa e a Osroene intorno
all'anno 100 (A. V bonus, History of ascetism in the Syriau Orient. A con-
trilmtion to the History of Culture in t/IC Near East [Corpus Scriptorum
Christianorum Orientalium 184, 197, 500. Subsidia; 14, 17, 81], Lovanii,
E. Peeters, 1958-1988). Qualche anno dopo, Jean Gribomont dimostrava
il carattere ortodosso di queste primitive correnti encratite, anteriori
alle eresie che prenderanno poi questo nome. In Siria, infatti, i figli
del patto costituivano gruppi ascetici che vivevano in seno alla comu-
nit ecclesiale, come tutti gli altri cristiani, sotto la giurisdizione ordi-
naria e immediata della gerarchia locale (J. GRIBOMONT, Le monaclzisme
au sein de l'Eglise en Syrie et en Cappadoce, cit., 3-20; O. HENDRIKS, L'acti-
vit apostolique des premiers moiues syriens, Proche Orient Chrtien 8
[1958] 3-25).
30
ranno all'interno di una corrente analoga- sebbene in
modo meno ingenuo- non solo l'ascetismo di Eusta-
zio e quello di Basilio in Cappadocia
53
, ma fnche il
monachesimo pacomiano dell'Alto Egitto
54
, e ci non
sorprende se si pensa alla diffusione che ebbe in que-
sti secoli la letteratura apocrifa di tratto encratita. Se-
condo Jean Gribomont, il contributo pi positivo delle
cristianit orientali alla preistoria monastica dovrebbe
essere infatti ricercato proprio nel contesto delle co-
munit encratite, pi che nei comportamenti eccen-
trici dei mangia tori d'erba, degli anacoreti senza tetto,
degli stiliti o degli altri prodigi di austerit
55
Quando
poi nel IV secolo, i cristiani incominciano a ritirarsi
nel deserto o si raggruppano in fraternit per vivere la
vita monastica, diventa sempre pi chiaro che la mo-
tivazione della loro ascesi la sequela di Cristo e lo
scopo di sottoporsi all'azione dello Spirito. O, al-
meno, questa la motivazione che si ricava dalla let-
teratura del deserto, se non ci si limita all'aspetto
esteriore di certi comportamenti, certamente condi-
zionati dal contesto religioso e socio-culturale nel
quali sono inseriti
56
53
Cfr. J. GRIBOMONT, Le monaclzisme ai sein de l'Eglise en Syrie et en
Cappadoce, cit., 18-24. Si possono vedere a questo proposito le interes-
santi note di M. Aubineau, in GRGOIRE DE NYssE, Trait de la Virginit,
cit., 534-541.
54
A. VEILLEUX, La liturgie dans le cnobitisme pachomien au IV' sicle
(Studia Anselmiana 57), Roma, Pont. Ateneo Sant'Anselmo, 1968.
55
J. GRIBOMONT, Le monachisme au sein de l'glise en Syrie et en Cap-
padoce, cit., 17.
56
Cfr. A. VEILLEUX, Les origines du monachisme chrtien, cit., 22.
31
2. UN MODELLO DI VITA ASCETICA CRISTIANA: LA VITA
ANTONII
Sebbene alcune forme di ascetismo - come abbiamo
visto - esistessero gi prima del monachesimo, diffi-
cilmente l'ascesi cristiana potrebbe essere studiata se-
paratamente dal monachesimo, poich stato proprio
nella tradizione monastica dell'Egitto del IV secolo,
che le forme e i concetti relativi alla pratica e alle
teorie dell'ascesi cristiana sono state formulate per
la volta
57
L'ascesi praticata nel deserto egiziano era caratteriz-
zata anzitutto dall' anakoresis, una prassi che gi fa-
ceva delle "tecniche del s" proposte dalla filo-
sofia antica
58
, ma che resta continuamente esposta a
una lettura ambigua e al pericolo di una solitudine
narcisistica. Spesso, infatti, l'aspetto dominante sem-
bra essere quello della negazione del mondo. Quando,
ad esempio, abba Arsenio chiede a Dio come potr
salvarsi, gli vene detto: Fuggi dalle creature umane
e sarai salvo. La motivazione che spinge Arsenio
verso l' anacores sembra essere esclusivamente la
propria salvezza e, per raggiungere questo scopo, gli
viene detto di evitare ogni contatto con amici o altre
creature umane. Addirittura, sembra che Arsenio non
57 Cfr. S. RuBENSON, Christian Asceticism and the Emergence of the
Monastic Tradition, cit., 49.
ss Gi Platone, ad esempio, nel Pedone, parla della pratica dell' ana-
kiirsis, finalizzata al raccoglimento e alla concentrazione dell'anima in
se stessa (PLATONE, Pedone 83a); Marco Aurelo dedica una lunga pagina
al tema dell'anakorsis eis heauton, cio al ritirarsi in se stessi (MARCO
AuRELIO, Pensieri IV,3); infine, tra i cinici, si pu ricordare Diane di
Prusa, il quale ha dedicato diversi discorsi al tema dell'ascesi e del ritiro
in se stessi, come ad esempio il discorso 20 peri auakiirseiis (cfr. M.
FoucAULT, t'ermeneutica del soggetto, cit., 41.44.81).
32
si ponga neppure il problema riguardo alla necessit
di aiutare il prossimo. Quando, infatti, una nobile si-
gnora romana viene a visitarlo e gli chiede di ricor-
darla nelle sue preghiere, Arsenio risponde: Pre-
gher Dio perch liberi dalla memoria di te il mio
cuore. Anche abba Macario l'Egiziano, a questo ri-
guardo inesorabile: <<Fuggi dalle creature umane,
ripeteva; e quando gli chiesero che cosa ""r'>u,.u,.a
questo, egli rispose: <<Significa sedere nella propria
cella e piangere per i propri peccati.
Testi come questi, presi isolatamente, sembrano sug-
gerire che il monaco non avverta alcuna responsabi-
lit nei confronti della salvezza altrui: sufficiente
che pensi a se stesso e si penta dei propri peccati. Se
per pagine non vengono estratte dal loro con-
testo, ci si accorge che le motivazioni della solitudine
non sono cos banali. Nell'antichit, infatti, la vita
eremitica era concepita come un gradino ulteriore ri-
spetto alla vita comunitaria e questi due "stadi" pos-
sono essere rappresentati simbolicamente da due lo-
calit, rese celebri dagli apoftegmi: il deserto di Nitria
e quello delle Celle (Kellia). A Nitria, pur non vivendo
in fraternit, i monaci non conducevano una vita
esclusivamente eremitica. Si trattava piuttosto di
una forma di vita semi-anacoretica, nella quale non
mancavano l'aiuto dei fratelli e il sostegno di un pa-
dre spirituale. Il vero deserto, quello che garantiva
una solitudine pi profonda, era invece quello delle
Celle. In realt, non si trattava di una vera alternativa,
poich era convinzione comune che la solitudine esige
una gradualit e, pertanto, coloro che desideravano
inoltrarsi nel deserto delle Celle per vivere l' anaco-
resi, dovevano aver trascorso almeno qualche anno
33
nel deserto di Nitria. A da questo sfondo, si
comprende allora che quando Arsenio sembra "fug-
gire", in realt, agli occhi di molti dei suoi contempo-
ranei egli sta compiendo qualcosa di estremamente
importante. Se, infatti, si inoltra nel deserto, solo
per incontrare Dio e realizzare l'unione con lui attra-
verso preghiera e questo il suo modo d aiutare gli
altri. E dunque estremamente significativo che Arse-
nio, il Padre del Deserto che rappresenta il modello
dell' anacoresi nella sua forma pi intransigente,
venga abitualmente presentato negli Apoftegmi anzi-
tutto come un uomo d preghiera.
Queste precsazioni possono ora aiutarci a cogliere il
senso pi genuinamente cristiano dell'ascesi o, al-
meno, a evidenziare quella irriducibile tensione che
caratterizza, su questo tema, le fonti antiche.
2.1. Un monachesimo essenzialmente ascetico
Tra le fonti del monachesimo antico, una testimo-
nianza particolare rappresentata dalla Vita Antonii,
scritta dal vescovo di Alessandria Atanasio, verso il
356-357, cio poco dopo la morte del santo
59
tanza di quest'opera, per il nostro tema, data non
solo dal suo carattere esemplare e dall'influsso note-
vole che ha esercitato sulla tradizione successiva, ma
anche dal fatto che proprio con la Vita Antonii il ter-
mine askesis entra con forza e a pieno titolo nella let-
teratura cristiana
60
" Edizione critica del testo greco in ATHANASE o' ALEXANDRIE, Vie
d'Autoine (SC 400), a cura di G.J.M. BARTELINK, Paris, Cerf, 1994.
60
Basta scorrere l'Index des mots grecs nell'edizione di Bartelink (SC
400, 395-396) per rendersi conto della centralit del concetto di dsksis in
quest'opera di Atanasio: il verbo, nelle sue varie forme, ricorre infatti
sei volte ed il sostantivo trenta nove volte. Ci giustifica l'affermazione
34
Accostandosi alla Vita Antonii, non si pu ignorare il
problema della sua storicit, messa in dubbio gi alla
fine del XIX secolo da Helmut Weingarten
61
Qggi, la
Vita viene abitualmente concepita come una composi-
zione letteraria il cui scopo d delineare un ideale
monastico, presentato sotto l'aspetto di un personag-
gio storico
62
pertanto inevitabile che, attraverso le
sue pagine, traspaiano anzitutto le idee di Atanasio e
che, di conseguenza, sia praticamente impossibile se-
parare i fatti dalle idee
63
Per quanto riguarda il nostro tema, possiamo notare
che il vocabolo asksis fin dalle prime righe
del prologo, con il quale Atanasio risponde alle richie-
ste dei monaci occidentali, offrendo informazioni sul
genere di vita del beato Antonio: come inizi la vita
ascetica, chi era prima di dedicarsi all'ascesi, quale fu
la fine della sua vita e le cose che s dicono di lui per
poter emulare il suo zelo
64
Sebbene il vescovo di
di Adalbert de Vogu, secondo la quale agli occhi di Atanasio il mona-
chesimo essenzialmente ascetico (A DE Vocu, Histoire littrnire du
mouvement monastique dans I' Antiquit, t. I, cit., 32; cfr. G. CouiLLEAU,
La libert d'Antoine, in Commandame11ts du Seigneur et libration vangeli-
que, Roma, Pont. Ateneo S. Anselmo, 1977, 29, nota 52).
" Cfr. H. WEINGARTEN, Urspnmg des Miinchtums im nachostantini-
schen Zeitalter, Gotha, Perthes, 1877.
62 Cfr. S. RuBENSON, Christia11 Asceticism and the Emergwce of the
Monastic Tradition, cit., 50. Del resto, gi Gregorio di Nazianzo, aveva
intuito che la Vita di Antonio non altro che una monastica scritta
sotto forma di racconto: Atanasio compose [ ... ] vita del divino An-
tonio per dare regole alla vita monastica in forma di narrazione>> (GRE-
GORIO DI NAZIANZO, Orazio1ze 21,5, in Io., Tutte le Orazioni, a cura di C.
MORESCHINI, Milano, Bompiani, 2002
2
, 511).
61 Cfr. G.J.M. BARTELINK, Inlroductioll, in ATHANASE D' ALEXANDRIE,
Vie d' Antoine, cit., 42.
'' Cfr. Vita Antonii, Pro!. 2., 106. Sulla nozione di ascesi nella Vita
Antortii, cfr. A. DE Vocu, Hisloire littraire du mouvelltelll monastique, t. I,
cit., 26-35.
35
Alessandria non offra alcuna definizione dell'ascesi,
attraverso queste pagine appare ormai chiaramente
che con questo termine viene indicata la condotta di
vita dei monaci d'Egitto. Ci che per sembra pi in-
teressante lo stretto rapporto che Atanasio istituisce,
solo poche pagine pi avanti, tra ascesi ed Evangelo.
infatti dalla parola evangelica ascoltata nella "casa
del Signore" Se vuoi essere perfetto, va', vendi
tutto quello che possiedi e dallo ai poveri; poi vieni
eseguimi e avrai un tesoro nei cieli (Mt 19,21)- che
scaturisce la vita ascetica di Antonio
65
: una vita con-
dotta ai margini del proprio villaggio, com'era ancora
abitudine in quel tempo.
Si dedic all'ascesi (nskesis) davanti a casa sua, vigilando
su di s (prosochu) e sottoponendosi a una dura disci-
plina. Allora, infatti, non c'erano ancora in Egitto tante
dimore di solitari e il monaco non conosceva ancora il
grande deserto. Chi voleva vigilare (prosecheill) su se
stesso si dedicava all'ascesi (asksis) in soltudine, non lon-
tano dal proprio
In queste righe si trovano di nuovo associati - in
modo certamente non casuale, dato il precedente ori-
geniano che gi abbiamo notato nel Contro Celso - i
termini prosoclze e askesis (impegno/attenzione ed
esercizio), che ora vengono a caratterizzare la vita
monastica di Antonio
67
Subito dopo, descrivendo gli elementi che caratteriz-
zano l'ascesi iniziale del giovane monaco, Atanasio
65
Vita Antonii 2,3, 111. Da allora il testo di Ml19,21 diventato un
lopos ricorrente nei racconti di vocazione monastica.
66
Vita Anto1Iii 3,2, 113.
67
Cfr. M. SHERIDAN, l/ mondo spirituale e intellettuale del primo moHa-
c/zesimo egiziano, cit., 193-197.
36
elenca anzitutto il lavoro, la preghiera e la lettura
delle Scritture
68
Quindi aggiunge ci che Antonio im-
para mettendosi alla scuola,dei c:1e :o
preceduto nello zelo e nell asces1, e cwe: l
l'assiduit nella preghiera, la mitezza, l'amore per 11
prossimo, le veglie, la lettura delle Scritture
69
, la per-
severanza, i digiuni, l'abitudine di dormire sulla nuda
terra, la dolcezza, la magnanimit, la fede in Cristo
70
e
l'amore vicendevole
71
Ci che per pi conta, per Atanasio, che Antonio
destinato a diventare <<maestro di molti in quella vita
ascetica che aveva appreso dalle Scritture
72
E il cam-
mino progressivo che porta Antonio a diventare
maestro di molti, struttura in modo ben preciso an-
che la Vita Antonii, nelle quattro tappe del suo pro-
spirituale:
1) dapprima il ritiro ai margini del proprio villaggio
(3-7);
2) poi l'uscita dal villaggio per vivere in un sepolcro
(8-10);
3) quindi la partenza verso la solitudine, che vede
Antonio inoltrarsi nel deserto, sino a raggiungere il
monte Pispir, situato a est del Nilo (11-15), localit
che, pi avanti, verr chiamata "la montagna este-
riore" (to ex6 oros) (61,1; 72,2; 73,1; 84,2.5; 89,2; 91,1);
4) infine, assediato dalle folle e temendo di insuper-
birsi per i prodigi che il Signore operava per mezzo
'" Vita Anto11ii 3, 6-7 .
, questo il senso assunto dal verbo philologein in ambito cristiano.
?o n termine eusebeia indica abitualmente 111 AtanasiO la fede
cristiana
71 Cfr.
n Vita Antonii 46, 6.
37
suo, Antonio parte per un nuovo luogo di ritiro. Dopo
un viaggio di tre giorni e tre notti, egli giunge nella
parte pi orientale del deserto arabico, a circa 30 km
dal mar Rosso. Antonio am quel luogo e vi si stabil,
vivendo da solo, nella parte interna della montagna
(to es oros). Questo nuovo ritiro viene definito da
Atanasio "il deserto interiore" (49,4) o "la montagna
interiore" (49-51).
Giocando sull'ambiguit del termine greco es - che.
significa "interno", ma anche "interiore"-, Atanasio
tratteggia il percorso di Antonio come un cammino
che, attraverso la ricerca della solitudine, lo porta a
inoltrarsi nella parte "pi interna del deserto", fino a
scoprire il "deserto interiore" (eis th1 esteran eremon).
In questo modo, le indicazioni geografiche che scan-
discono i quattro momenti della Vita Antonii, rivelano
anche le tappe del suo cammino spirituale, che un
cammino di interiorizzazione dell'esperienza del de-
serto.
2.2. "Fuga mundi" o carit fraterna?
Vorrei toccare ora alcuni punti critici dell'ascesi di
Antonio. Il primo quello che riguarda il rapporto
fra ascesi e carit fraterna. Sono realmente elementi
inconciliabili?
Mi sembra di poter individuare una risposta nella
narrazione della quarta tappa della Vita di Antonio,
un momento essenziale nel quale il protagonista sco-
pre "il deserto interiore". Pur vivendo gi in una lo-
calit deserta, il monastero del monte Pispir, Antonio
vuole passare ad una solitudine ancor pi completa.
38
In questo passo decisivo, il Signore interviene in
modo manifesto per dirigere il suo cammino:
Quando vide che molti lo molestavano e che non poteva
nascondersi come voleva, Antonio, temendo di insuper-
birsi per le cose che il Signore faceva per mezzo suo, e
che gli altri lo stimassero pi del giusto, pens e subito
volle andare nella Tebaide superiore, presso gente che non
lo conosceva. Prese del pane dai fratelli e si sedette sulla
riva del fiume, guardando se per caso passasse una nave
su cui imbarcarsi.
Mentre era immerso in questi pensieri, gli giunse una voce
dall'alto: Antonio, dove vai? E perch te ne vai?. Non ne
rimase turbato ma, quasi fosse abituato a essere chiamato
in quel modo, l'ascolt e rispose: Perch le folle non mi
permettono di vivere in pace (erem.ein), voglio andarmene
nella Tebaide superiore; qui ho molti fastidi e soprattutto
mi vengono chieste cose che oltrepassano le mie forze. La
voce allora gli disse: Anche se salirai nella Tebaide, anche
se, come pensi di fare, te ne andrai verso le Bucolie - una
regione acquitrinosa nel delta del Nilo -, dovrai soppor-
tare una fatica maggiore, due volte pi grande. Ma se vuoi
veramente vivere in pace (eremei11), va' verso il deserto
interiore (eis es8teran erem8n). [ ... ]
Dopo aver camminato tre giorni e tre notti, raggiunse una
montagna molto alta ai cui piedi scorreva dell'acqua lim-
pida, dolce e freschissima. Intorno vi era una radura e
poche palme selvatiche (49,1-5).
Antonio, ispirato da Dio, am quel luogo; [ ... ] rest solo
sul monte e nessuno stava con lui. [ ... ] Ormai considerava
quel luogo come la sua casa (50,1).
In questo modo, la vocazione eremitica viene appro-
vata e confermata da Dio stesso e cos, Antonio
prende possesso non solo dell'alta montagna, ma an-
che del "deserto interiore". In questo modo, infatti,
viene interpretato questo episodio dalla versione la-
tina della Vita, nella quale le parole della voce celeste
vengono tradotte: Si auten1 vere secedere vis, et in si-
39
lentio esse, vade mmc in desertum interiorem. Ci che
viene proposto ad Antonio, dunque, non tanto un
deserto geografico, bens il deserto interiore del
cuore, dove possibile in silentio esse, nonostante la
presenza di altri.
Se, di nuovo, la solitudine di Antonio destinata a
diventare relativa, la presenza dei fratelli, per, non
costituisce pi un ostacolo e neppure gli impedisce di
essere l'uomo del deserto, perch Antonio ha ormai
conquistato quel "deserto interiore" che nessuno gli
pu pi strappare. Un nuovo tratto si aggiunge cos
alla vita di questo monaco esemplare: l'ospitalit.
Vedendo che molti salivano da lui, si mise a coltivare an-
che alcuni ortaggi, perch chi veniva a trovarlo ricevesse
qualche conforto dopo la fatica di quel difficile cammino
(50,7). [ ... ]Da allora, [i monaci] andavano da lui; e osavano
venire sul monte anche altri fratelli afflitti da malattie. A
tutti i monaci che venivano a trovarlo raccomandava co-
stantemente di aver fede nel Signore, di amarlo, di tenersi
lontani dai piaceri impuri e dai piaceri della carne [. .. ] di
fuggire la vanagloria, di pregare incessantemente, di reci-
tare i salmi prima e dopo il sonno, di imprimere nel loro
cuore i precetti delle Scritture (55,1-2).
Anche il ritratto che ci offrono gli Apoftegmi presenta
Antonio come un uomo che avverte una profonda
compassione per gli altri e un senso diretto della re-
sponsabilit: Dal prossimo - egli insegna - ci ven-
gono la vita e la morte. Perch se guadagniamo il fra-
tello guadagniamo Dio, ma se scandalizziamo il fra-
tello pecchiamo contro Cristo
73
Questa visione
inoltre confermata dall'insegnamento sulla carit fra-
terna trasmesso dalle lettere:
73
Antonio 9, 226.
40
[Il Padre] ci ha radunato da tutte le nazioni per far risor-
gere i nostri cuori dalla terra e per insegnarci che noi tu t ti
facciamo parte di un'unica natura e siamo membra gli uni
degli altri. Per questo dobbiamo amarci gli
uni gli altri perch chi ama il suo prossimo ama Dio e chi
a1na Dio ama se stesso
74
93
sorretto unicamente da pretese facolt naturali, ma
grazie ad una vicenda concreta, la quale d figura
all'accadere della grazia preveniente nella sua vita.
Tale vicenda porta iscritti in s, di necessit, i tratti
della eredit di Adamo. Il rimedio a tale eredit so-
spetta suppone dunque che si produca un discerni-
mento della qualit spontanea del desiderio, e quindi
anche un discernimento della corrispondente qualit
del soggetto. Per intendere il senso e la necessit di
tale discernimento necessario che si riconosca anzi-
tutto come il desiderio umano assuma sempre la pro-
pria figura determinata grazie ad una vicenda.
Di tale vicenda sono rilevanti insieme aspetti legati
alla vita personale e quelli legati alla storia univer-
sale; tra quella e questa sussiste in ogni caso uno
stretto legame. Soltanto quando si abbiano occhi per
riconoscere la mediazione esercitata da tale vicenda,
sar anche possibile riconoscere come sulle forme del
desiderio spontaneo pesi l'eredit del peccato univer-
sale. Sar quindi possibile discernere il senso vero del
desiderio originario dal senso dubbio che esso ha di
fatto assunto in forza della storia.
Dalle forme originarie del desiderio certo non si pu
prescindere. Quel desiderio, d'altra parte, realizza la
propria configurazione unicamente attraverso le
forme dell'agire libero. La configurazione intenzio-
nale del desiderio, che condizione imprescindibile
della sua appropriazione al soggetto stesso, non pu
realizzarsi mediante immagini e parole; esige di ne-
cessit opere effettive. Per questo appunto la positiva
formazione del desiderio buono chiede qualche cosa
come un esercizio, o un'ascesi. Le opere ascetiche non
valgono certo per la pena che costano, ma per la loro
94
attitudine a rendere manifesto quel senso spirituale,
che la verit del desiderio stesso fin dall'inizio. Il
tratto agonistico che assume l'impegno pratico, che
rende ragione del momento ascetico della Vita cri-
stiana, deve essere compreso nell'ottica della lotta
contro lo spirito del male, e non invece in un'ottica
troppo angusta, quale sarebbe quella suggerita dalla
considerazione della complessit antropologica. La
complessit certo innegabile, ma non spiega la se-
riet del conflitto nel quale ogni figlio di Adamo
oggettivamente coinvolto.
95
Cristina Simonelli
a vita perfetta
il suo esercizio
Le Omelie sull'Ecclesiaste
di Gregorio di N issa come itinerario ascetico
Rabbi Meir, pilastro dell'ortodossia e coautore della
Mishna, aveva per maestro di l'eretico Elsha
ben Abuyah, detto Asher, che "lo straniero".
Un sabato Rabbi Meir si trovava insieme al suo maestro
e come al solito i due erano in una profonda
discussione. L'eretico procedeva in groppa a un asino e
Rabbi Meir, non potendo cavalcare il festivo, gli
camminava a fianco, talmente assorto nell'ascoltare le
sagge parole che scaturivano dalle labbra dell'eretico da
non accorgersi che erano giunti al confine oltre il quale,
stando alle norme rabbiniche, nessun ebreo poteva avven-
turarsi di Sabato. Ma il grande eretico si volse verso il suo
allievo ortodosso e gli disse: "Abbiamo raggiunto il con-
fine, dobbiamo dividerci: non accompagnarmi oltre. Torna
indietro!". Rabbi Meir fece dunque ritorno alla comunit
ebraica, mentre l'eretico sul suo asinello, oltre
i confini del giudaismo
1
12
GREGORIO DI NISSA, Fine, professione e perfezione del cristiano, 21.
13
M. HARL, Les trois livres de Sa lamon dans l es Prologues des Commen-
taires sur le Cantque des Canlique, Berlin, Akademie Verlag, 1987, 249-
269.
14
I. HADOT, Les inlroduclioHs aux commenlaires exgtiques cltez /es
auleurs noplatoniciens et les auteurs cllrtiei!S, in Les rgles de l'inlerprla-
tion, a cura di M. TARDIEU, Paris, Cerf, 1987,99-122.
102
acuto apprendistato del pensiero che nel fenomeno
impara ad intravedere la realt profonda
15
Per quanto riguarda Gregorio, non abbiamo ,un suo
commento ai Proverbi
16
, ma in qualche modo l I Ome-
lia sul Cantico delinea l'intero percorso:
C' un altro Salomone ... il suo nome pace ... si serv di
quel Salomone come d un suo strmnento e per mezzo suo
a noi, prima nei Proverbi e poi nell'Ecclesiaste e
successivamente nella filosofia del Cantico dei Cantici,
che ora ci sta davanti, mostrando con le sue parole, con
metodo e con ordine, l'ascesa verso la perfezione
17