AnalisiReale Orsina
AnalisiReale Orsina
AnalisiReale Orsina
Analisi Reale
a.a. 2008-2009
Luigi Orsina
27 settembre 2008
Indice
1 Spazi metrici
2
1.1 Definizioni ed esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.2 Propriet`a degli spazi metrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.3 Spazi metrici completi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2 Teoria della misura
2.1 La misura secondo Peano-Jordan
2.2 La misura secondo Lebesgue . . .
2.3 Misurabilit`a e misura . . . . . . .
2.4 Funzioni misurabili . . . . . . . .
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3 Teoria dellintegrazione
3.1 Lintegrale secondo Riemann . . . . . . . . .
3.2 Lintegrale secondo Lebesgue . . . . . . . . .
3.2.1 Funzioni limitate su insiemi di misura
3.2.2 Funzioni non negative . . . . . . . .
3.2.3 Lintegrale di Lebesgue generale . . .
3.2.4 Convergenza in misura . . . . . . . .
4 Gli
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
spazi Lp
L1 (E) . . . . . . . . . . . . . . . .
Lp (E) e L (E) . . . . . . . . . . .
Convergenza in Lp (E) . . . . . . .
Separabilit`a . . . . . . . . . . . . .
L2 (E) . . . . . . . . . . . . . . . .
4.5.1 Gli spazi di Hilbert . . . . .
4.5.2 L2 ([, ]) e serie di Fourier
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23
23
25
29
43
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finita
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53
53
56
56
68
76
78
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82
82
90
94
97
100
101
105
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5 Misure prodotto
114
5.1 Definizione della misura in R2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114
5.2 Il teorema di Fubini-Tonelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120
1
Capitolo 1
Spazi metrici
1.1
Definizioni ed esempi
Definizione 1.1.1 Sia X un insieme qualsiasi. Una distanza su X `e unapplicazione d : X X R tale che
i) d(x, y) 0 per ogni x, y in X, e d(x, y) = 0 se e solo se x = y
(positivit`a);
ii) d(x, y) = d(y, x) per ogni x, y in X (simmetria);
iii) d(x, y) d(x, z) + d(z, y) per ogni x, y e z in X (disuguaglianza
triangolare).
Uno spazio metrico `e una coppia (X, d) con X insieme qualsiasi, e d
distanza su X.
Esempio 1.1.2 Sia X un insieme qualsiasi e d(x, y) = 1 se x 6= y, d(x, y) = 0
se x = y. Si verifica facilmente che i) e ii) valgono; per la iii), se x = y non c`e
nulla da dimostrare; se x 6= y, si deve provare che d(x, z)+d(z, y) 1 per ogni
x, y e z in X con x 6= y, fatto questo che risulta essere vero, essendo almeno
uno tra i valori d(x, z) e d(y, z) uguale a 1 (non possono essere entrambi nulli,
dato che se lo fossero, si avrebbe x = z e z = y per la i), da cui x = y, il che
non `e). La distanza d prende il nome di distanza discreta.
Esempio 1.1.3 Sia X = R e d(x, y) = |x y|. Allora (R, | |) `e uno spazio
metrico (le tre propriet`a sono ben note. . .).
2
N
1 X 2
|si ti |
(si + t2i ) .
2 i=1
|si ti |
i=1
N
X
! 21
s2i
N
X
(1.1)
! 21
t2i
(1.2)
i=1
i=1
|si |
,
xi =
PN 2 21
i=1 si
PN
Si ottiene, essendo
P
N
i=1
s2i
i=1
1
21 P
N
2
i=1 ti
x2i = 1 =
N
X
12
i=1
PN
i=1
|si ti | =
yi2 ,
N
X
i=1
P
N
i=1
s2i
|si ti |
12 P
N
2
i=1 ti
da cui la tesi.
Esempio 1.1.5 Sia X = RN e
d((x1 , . . . , xN ), (y1 , . . . , yN )) =
N
X
i=1
! 21
(xi yi )2
12 1 ,
[d(X, Y )] =
N
X
(xi yi ) =
i=1
N
X
N
X
(xi zi + zi yi )2
i=1
i=1
2
N
X
(xi zi ) (zi yi ) .
i=1
Applicando la (1.2), si ha
N
X
(xi zi ) (zi yi )
i=1
N
X
! 21
(xi zi )2
i=1
N
X
! 21
(zi yi )2
= d(X, Y ) d(Z, Y ) .
i=1
Pertanto,
[d(X, Y )]2 [d(X, Z)]2 +[d(Z, Y )]2 +2d(X, Z) d(Z, Y ) = [d(X, Z)+d(Z, Y )]2 ,
che `e la iii).
Teorema 1.1.6 (Disuguaglianza di Young) Siano s, t due numeri reali
e siano p e q due numeri reali tali che
p > 1,
q > 1,
Allora
|s t|
1 1
+ = 1.
p q
|s|p |t|q
+
.
p
q
(1.3)
+ .
q1
q
|t|
p |t|
q
|s|
.
|t|q1
|s|p
|s|p
=
.
|t|p(q1)
|t|q
p
q
per ogni 0, ovvero che
() =
p
1
+
p
q
1
1
1 + = 0,
p
q
si ha la tesi.
Semplice conseguenza del Teorema precedente (si ragiona come nella
dimostrazione del Teorema 1.1.4) `e il risultato che segue.
Teorema 1.1.7 (Disuguaglianza di H
older) Siano date due N -ple di numeri reali (s1 , . . . , sN ) e (t1 , . . . , tN ). Siano p e q due numeri reali tali
che
1 1
p > 1, q > 1,
+ = 1.
p q
Allora
N
N
N
X
1 X p 1X
|si ti |
|si | +
|ti |q .
(1.4)
p
q
i=1
i=1
i=1
N
X
|si ti |
i=1
6
! p1
N
X
|si |p
! 1q
|ti |q
(1.5)
i=1
i=1
Si osservi che essendo 1/2 + 1/2 = 1 (!), le formule (1.1) e (1.2) sono casi
particolari di (1.4) e (1.5).
Esempio 1.1.8 Sia X = RN , p > 1 e
dp ((x1 , . . . , xN ), (y1 , . . . , yN )) =
N
X
! p1
|xi yi |p
i=1
Allora (RN , dp ) `e uno spazio metrico. Al solito, i) e ii) sono evidenti, mentre la disuguaglianza triangolare `e di dimostrazione pi`
u complicata; si ha
(supponendo dp (X, Y ) 6= 0, altrimenti la tesi `e banale)
[dp (X, Y )]p =
N
X
|xi yi |p =
N
X
i=1
N
X
i=1
|xi yi |p |xi zi + zi yi |
(1.6)
i=1
N
X
p1
|xi yi |
|xi zi | +
i=1
N
X
i=1
Applicando la (1.5), si ha
N
X
N
X
i=1
i=1
N
X
N
X
! 1q
|xi yi |(p1) q
N
X
! p1
|xi zi |p
i=1
e
|xi yi |p1 |zi yi |
i=1
! 1q
|xi yi |(p1) q
i=1
N
X
! p1
|zi yi |p
i=1
N
X
i=1
Sostituendo in (1.6), si ha
p
p+
s2n
+
X
< + ,
n=1
n=1
si ha
+
X
t2n < + ,
|sn tn |
n=1
+
X
! 12
s2n
n=1
+
X
! 21
t2n
n=1
+
X
n=1
q > 1,
|sn | < + ,
1 1
+ = 1,
p q
+
X
n=1
|tn |q < + ,
(1.7)
si ha
+
X
|sn tn |
n=1
+
X
! p1
|sn |p
n=1
+
X
! 1q
|tn |q
(1.8)
n=1
Dimostrazione. Dimostriamo solo la prima formula (laltra ha dimostrazione analoga). Sia N fissato; applicando (1.2), si ha
N
X
|sn tn |
n=1
N
X
! 21
s2n
n=1
N
X
! 12
t2n
n=1
+
X
! 12
+
X
s2n
! 21
t2n
n=1
n=1
n=1
n=1
Essendo la serie di termine generico |sn tn | una serie a termini non negativi,
la successione delle somme parziali `e monotona crescente, cosicche lestremo
superiore coincide con il limite per N tendente a +, cio`e la somma della
serie.
Esempio 1.1.11 Sia p 1, e siano
(
X = `p =
{xn } R :
+
X
)
|xn |p < +
n=1
dp ({xn }, {yn }) =
+
X
! p1
|xn yn |p
n=1
Allora (`p , dp ) `e uno spazio metrico. Come al solito, i) e ii) sono di verifica
immediata, pi`
u complicato `e il controllo della disuguaglianza triangolare. La
verifica si effettua come nel caso di (Rn , dp ), usando (1.8). Se p = 1, la
verifica discende semplicemente dalla disugaglianza triangolare in R.
Si noti che gli spazi `p soddisfano le seguenti inclusioni, se q > p 1:
`1 `p `q ,
(1.9)
Allora (` , d ) `e uno spazio metrico (la verifica questa volta `e facile!) tale
che `p ` per ogni p 1, con inclusione stretta (ogni successione limitata
ma non infinitesima non appartiene ad `p dal momento che la condizione
necessaria di convergenza della serie non `e verificata).
Esempio 1.1.12 Siano
X = C 0 ([a, b], R) = {f : [a, b] R f continua} ,
e
d (f, g) = sup{|f (x) g(x)|, x [a, b]} = max{|f (x) g(x)|, x [a, b]} .
Allora (C 0 ([a, b], R), d ) `e uno spazio metrico, come si verifica facilmente
(anche la disuguaglianza triangolare!).
Esempio 1.1.13 Siano
X = C 0 ([a, b], R) = {f : [a, b] R f continua} ,
e
Z
|f (x) g(x)| dx .
d1 (f, g) =
a
Allora (C 0 ([a, b], R), d1 ) `e uno spazio metrico: la ii) e la iii) sono facilmente
verificate (ricordando la monotonia dellintegrale), mentre la i) segue dallosservazione che se lintegrale del modulo di una funzione continua h `e nullo,
allora h `e identicamente nulla. Infatti, se h non fosse nulla, esisterebbe x0
in [a, b] tale che |h(x0 )| > 0; per il teorema della permanenza del segno,
10
da cui lassurdo.
Teorema 1.1.14 (Disuguaglianza di H
older) Siano f e g due funzioni
0
in C ([a, b], R) e siano p e q maggiori di 1 e tali che 1/p + 1/q = 1. Allora
Z
Z
|f (x)|p dx
|f (x) g(x)| dx
a
p1 Z
|g(x)|q dx
1q
.
(1.10)
|f (x)|p |g(x)|q
+
,
p
q
p1
|f (x) g(x)| dx
.
p
Ragionando come nellEsempio 1.1.11, ed usando la (1.10), si dimostra facilmente che (C 0 ([a, b], R), dp ) `e uno spazio metrico.
11
p+
1.2
Propriet`
a degli spazi metrici
12
Definizione 1.2.2 Sia (X, d) uno spazio metrico. Una successione {xn }
contenuta in X si dice convergente a x0 in X se si ha
lim d(xn , x0 ) = 0 .
n+
n+
n+
13
Definizione 1.2.4 Siano (X, d) e (Y, d) due spazi metrici. Una funzione f : X Y si dice continua in x0 X se, per ogni successione
{xn } di X convergente a x0 , la successione {f (xn )} di Y converge a f (x0 ).
Analogamente,
d(f (xn ), f (x0 )) = 0 .
lim
d(xn ,x0 )0
x X .
(2.1)
(2.2)
xX
` facile verificare che d `e effettivamente una distanza; si noti che `e ben deE
finita perche sia f che g sono funzioni limitate. Nel caso in cui (X, d) =
([a, b], | |) e (Y, d) = (R, | |), C(X, Y ) `e proprio C 0 ([a, b], R), dal momento che la limitatezza delle funzioni continue su [a, b] `e data dal teorema
di Weierstrass. Inoltre, d `e esattamente la distanza definita nellEsempio
1.1.12.
14
Esempio 1.2.9 Siano (X, d) = (N, discreta) e (Y, d) = (R, | |). Si ha allora,
dal momento che ogni funzione f da X a Y non `e niente altro che una
successione di numeri reali,
L(X, Y ) = {successioni limitate di numeri reali} = ` .
Inoltre, essendo ogni funzione da X a Y continua (Esempio 1.2.5), si ha
C(X, Y ) = L(X, Y ). La distanza d definita da (2.2) `e esattamente la
distanza definita su ` da (1.9).
1.3
15
n n , x X .
(3.1)
16
(m)
n, m n ,
17
(n)
N
X
! p1
(n)
(m)
|xk xk |p
< n, m n ,
k=1
N
X
! p1
(n)
|xk xk |p
< n n .
k=1
+
X
! p1
(n)
|xk xk |p
< n n ,
k=1
! p1
|xk |p
k=1
essendo x(n ) in `p .
Esempio 1.3.8 Lo spazio C 0 ([a, b]), d1 ) non `e completo. Consideriamo infatti C 0 ([1, 1], R) e la successione fn (x) cos` definita:
1 se x [1, 1/n],
fn (x) = nx se x (1/n, 1/n)
1 se x [1/n, 1].
La successione fn `e di Cauchy; infatti fn e fm differiscono al pi`
u (se m > n)
sullinsieme (1/n, 1/n) e su questo insieme si ha |fn (x)fm (x)| 2. Allora
Z 1
Z 1/n
4
d1 (fn , fm ) =
|fn (x) fm (x)| dx =
|fn (x) fm (x)| dx ,
n
1
1/n
18
essendo questa quantit`a positiva e minore di d1 (fn , f ). Se n `e tale che 1/n < a
(fatto che accade definitivamente), dalla definizione di fn si ha
Z 1
|1 f (x)| dx 0 ,
a
il che implica che f 1 su [a, 1] per ogni a > 0. Con ragionamento analogo
si prova che f 1 su [1, a] con a > 0. Ma allora
lim f (x) = 1 6= 1 = lim+ f (x) ,
x0
x0
19
20
lim d(xn , yn ) = 0 .
n+
21
n+
e quindi i `e unisometria.
Passo 4: i(X) `e denso in (Y, d).
Sia y in Y , e sia {xm } una successione qualsiasi in [y]. Definiamo ym =
i(xm ) = [cost(xm )] e calcoliamo d(ym , y). Si ha
d(ym , y) = lim d((cost(xm ))n , xn ) = lim d(xm , xn ) .
n+
n+
n, m n .
Questo fatto implica che, per ogni > 0, esiste n in N tale che
lim d(xm , xn ) ,
n+
m n
1
.
n
(3.3)
22
1
.
n
Esercizio 1.3.12 Nel caso di (C 0 ([a, b], R), d1 ), chi sono Y e i? Ovvero,
se {fn } `e una successione di Cauchy in d1 , che propriet`a ha il suo limite in
` chiaro che non `e possibile ragionare come nellEsempio 1.3.9, perche
Y? E
in tutti e tre i casi era sufficiente prenderne la chiusura (e scegliere per i
lidentit`a) per completarlo (dato che lo spazio non completo era contenuto
in un altro completo). In questo caso C 0 ([a, b], R) `e gi`a tutto lo spazio,
il che vuol dire che sar`a necessario ampliarlo con funzioni non continue per
renderlo completo. Ma non tutte le funzioni discontinue sono integrabili
(secondo Riemann). . .
Capitolo 2
Teoria della misura
2.1
Ricordiamo brevemente i passi necessari per definire la misura (e la misurabilit`a) secondo Peano-Jordan di un sottoinsieme di R.
La lunghezza di un intervallo aperto I = (a, b) di R `e definita come
l(I) = b a (e lo stesso per intervalli della forma [a, b), (a, b] e [a, b]).
Un pluriintervallo `e un insieme
P =
n
[
Ij ,
j=1
con gli Ij intervalli a due a due disgiunti, e la sua misura m(P ) `e definita
come la somma delle lunghezze degli Ij .
La misura esterna di un sottoinsieme limitato E di R `e definita da
m(P J) (E) = inf{m(P ) , P pluriintervallo, E P } .
La misura interna di un sottoinsieme E di R `e definita da
m(P J) (E) = sup{m(P ) , P pluriintervallo, P E} .
Un sottoinsieme limitato E di R si dice misurabile secondo PeanoJordan (E PJ ) se e solo se m(P J) (E) = m(P J) (E). In questo
caso, si definisce mPJ (E) = m(P J) (E) la sua misura.
23
24
Come conseguenza di questa costruzione, si ottiene una funzione di insieme mPJ : PJ R che estende il concetto di lunghezza ad insiemi pi`
u
complicati (si dimostra infatti che mPJ (I) = l(I) per ogni intervallo I di
R), ed `e tale che se E1 , . . . , En sono n insiemi in PJ , allora `e in PJ anche
la loro unione. In pi`
u
!
n
n
[
X
mPJ
Ej
mPJ (Ej ) ,
j=1
j=1
luguale valendo nel caso in cui gli Ej siano a due a due disgiunti.
Il maggior difetto della misura secondo Peano-Jordan `e il fatto che
(a differenza di quanto accade per le unioni finite) lunione numerabile di
insiemi misurabili non `e necessariamente un insieme misurabile, come si vede
dal seguente esempio.
Esempio 2.1.1 Linsieme E = Q [0, 1] non `e misurabile secondo PeanoJordan. Infatti, `e facile vedere che m(P J) (E) = 0 (dal momento che E
non contiene intervalli, e pertanto lunico pluriintervallo interno `e linsieme
vuoto). Sia ora {Ij , j = 1, . . . , N } una famiglia finita di intervalli tali che
E
N
[
Ij ,
j=1
con gli Ij a due a due disgiunti, e mostriamo che la somma delle lunghezze
degli Ij `e maggiore o uguale a 1. Se, infatti,
delle lunghezze fosse
Sla somma
N
avrebbe misura interstrettamente minore di 1, linsieme [0, 1] \
j=1 Ij
na strettamente positiva, e quindi dovrebbe contenere almeno un intervallo.
Siccome in questo intervallo cadono infiniti razionali, lunione degli Ij non
pu`o ricoprire E. Pertanto, m(P J) (E) 1 (in realt`a, `e esattamente uguale
ad 1, dato che [0, 1] ricopre E), e quindi E non `e misurabile. Dal momento
che E `e numerabile, si pu`o vederlo come unione (infinita) dei suoi punti, che
sono, invece, sottoinsiemi misurabili di R.
Dunque, unire infiniti insiemi misurabili pu`o dare come risultato un insieme non misurabile. Ci`o vuol dire in un certo senso che la misura
di Peano-Jordan non si comporta bene rispetto alle successioni di insiemi,
25
ovvero che si presta poco a trattare problemi nei quali sia necessario approssimare oggetti complicati con successioni di oggetti semplici. Per risolvere
tale problema, `e necessario quindi modificare il concetto di misura, a partire
dalla definizione di misura esterna.
2.2
In = qn n+1 , qn + n+1 .
2
2
Allora {In } `e una famiglia numerabile di intervalli aperti che ricopre E (dato
che qn appartiene ad In ), e si ha
+
X
n=1
+
X
l(In ) =
= .
2n
n=1
26
Pertanto, per definizione, m (E) per ogni > 0, da cui la tesi. Si noti
che la stessa dimostrazione pu`o essere ripetuta per un qualsiasi altro insieme
numerabile.
Dimostriamo ora alcune propriet`a della misura esterna.
Teorema 2.2.4 (Monotonia) Siano A e B sottoinsiemi di R con A B.
Allora
m (A) m (B) .
(2.1)
Dimostrazione. Se {Ij }jJ `e un ricoprimento di intervalli aperti di B,
allora {Ij }jJ `e un ricoprimento di intervalli aperti di A; si ha dunque, per
definizione,
X
l(Ij ) .
m (A)
jJ
jJ
27
a2 < b1 b2 ,
... ,
h=1
l(Ij )
k
X
l(Ih ) ,
h=1
28
En
m (En ) .
(2.3)
m
nJ
nJ
(n)
l(Ij ) m (En ) + n .
2
jJ
n
(n)
u numerabile, in quanLa famiglia {I }nN , jJn `e ora una famiglia (al pi`
to unione numerabile di famiglie al pi`
u numerabili) di intervalli aperti che
ricopre lunione degli En . Si ha allora
!
!
+
[
X
X
X
(n)
(n)
m
En
l(Ij ) =
l(Ij )
nJ
nN ,jJn
+
X
n=1
n=1
jJn
+
X
m (En ) + n =
m (En ) + .
2
n=1
29
jJ
2.3
Misurabilit`
a e misura
(3.1)
(3.2)
30
Osserviamo che E = `e misurabile, e che, essendo la definizione simmetrica in E e E c , un sottoinsieme di R `e misurabile se e solo se lo `e il suo
complementare. Pertanto, R = c `e misurabile.
Un primo risultato sugli insiemi misurabili `e il seguente.
Teorema 2.3.2 Sia E un sottoinsieme di R tale che m (E) = 0. Allora E
`e misurabile.
Dimostrazione. Sia A un sottoinsieme di R. Usando la monotonia della
misura esterna (Teorema 2.2.4) si ha
A E E = 0 m (A E) m (E) = 0 = m (A E) = 0 ,
e
A E c A = 0 m (A E c ) m (A) .
Pertanto, m (A) m (A E c ) = m (A E) + m (A E c ), che `e la (3.2).
Come conseguenza del teorema precedente, linsieme E = Q [0, 1], cos`
come qualsiasi altro insieme numerabile, `e misurabile. Ricordiamo che E non
era misurabile secondo Peano-Jordan.
La famiglia degli insiemi misurabili secondo Lebesgue `e chiusa rispetto
allunione finita.
Teorema 2.3.3 Siano E1 e E2 due insiemi misurabili. Allora E1 E2 `e
misurabile.
Dimostrazione. Sia B un sottoinsieme di R. Dal momento che E2 `e
misurabile si ha, scegliendo A = B E1 c in (3.1),
m (B E1 c ) = m ((B E1 c ) E2 ) + m ((B E1 c ) E2 c )
= m ((B E1 c ) E2 ) + m (B (E1 E2 )c )
(3.3)
(3.4)
31
m A
Ej
=
m (A Ej ) .
(3.5)
j=1
j=1
Dimostrazione. Si ragiona per induzione su n. Se n = 1 la (3.5) `e lidentit`a m (A E1 ) = m (A E1 ), ed `e dunque vera. Supponiamo ora la (3.5)
vera per n insiemi e dimostriamola per n + 1. Siano pertanto E1 , . . . , En+1
insiemi misurabili a due a due disgiunti. Si ha allora
!
!
!
n+1
n+1
n
[
[
[
Ej En+1 = En+1 ,
Ej (En+1 )c =
Ej .
j=1
j=1
j=1
32
Pertanto, dal momento che En+1 `e misurabile per ipotesi, per ogni sottoinsieme A di R si ha, usando lipotesi induttiva,
!!
n+1
[
m A
Ej
j=1
!
!
!
!
n+1
n+1
[
[
c
= m A
Ej En+1 + m A
Ej (En+1 )
j=1
j=1
!!
n
[
= m (A En+1 ) + m A
Ej
j=1
= m (A En+1 ) +
n
X
m (A Ej ) =
j=1
n+1
X
m (A Ej ) ,
j=1
j=1
j=1
(3.7)
33
+
[
Fj .
j=1
n1
[
!c
Ej
j=1
N (x)1
[
x EN (x) \
Ej = FN (x) ,
j=1
34
S
Si ha, evidentemente, Hn nN Fn = E e quindi E c Hn c . Siccome Hn `e
misurabile (come unione finita di insiemi misurabili), per ogni sottoinsieme
A di R si ha,
m (A) = m (A Hn ) + m (A Hn c ) m (A Hn ) + m (A E c ) ,
per la monotonia della misura esterna. Daltra parte, essendo gli Fn a due a
due disgiunti, si pu`o applicare il Teorema 3.5:
m (A Hn ) =
n
X
m (A Fj ) ,
j=1
da cui
m (A)
n
X
m (A Fj ) + m (A E c ) .
j=1
m (A)
+
X
m (A Fj ) + m (A E c ) .
j=1
j=1
m
Ej
m (Ej ) .
j=1
j=1
Ej
+
[
j=1
Ej ,
n
[
35
!
Ej
j=1
n
X
m (Ej ) .
j=1
j=1
da cui la tesi.
Come conseguenza di questo teorema, lintersezione numerabile di insiemi
misurabili `e ancora misurabile.
Un caso particolare `e quello delle successioni di insiemi monotone.
Teorema 2.3.7 Sia {Ej }jN una successione di insiemi misurabili.
i) Se la successione `e crescente, ovvero Ej Ej+1 per ogni j in N, allora
!
+
[
m
(3.8)
Ej = lim m (Ej ) .
j=1
j+
j+
i) Sia E = +
j=1 Ej ; se esiste k tale che m (Ek ) = +, allora il limite
delle misure esterne degli Ej `e +, e anche la misura esterna di E `e +
(dato che E contiene Ek ). Supponiamo allora che m (Ej ) < + per ogni j
in N, e definiamo Fj = Ej+1 \Ej . Allora Fj `e misurabile per ogni j,
!
+
[
E = E1
Fj ,
j=1
36
m (E) = m (E1 ) +
+
X
m (Fj ) .
(3.10)
j=1
+
[
Fj .
j=1
m (E1 \E) =
+
X
m (Fj ) .
(3.11)
n=1
Dunque
m (E1 ) m (E) = m (E1 ) lim m (Ej ) ,
j+
da cui la tesi.
Osservazione 2.3.8 La condizione m (E1 ) < + (che pu`o essere sostituita
con la condizione m (Ek ) < + per qualche k) non `e una condizione tecnica.
T
37
jJ
Per la -subadditivit`a della misura esterna, e siccome gli Ij,1 e gli Ij,2 sono
intervalli,
X
X
m (A1 )
m (Ij,1 ) =
l(Ij,1 ) ,
jJ
m (A2 )
X
jJ
jJ
m (Ij,2 ) =
X
jJ
l(Ij,2 ) .
38
X
l(Ij,1 ) + l(Ij,2 ) =
l(Ij ) m (A) + ,
jJ
jJ
Definiamo
A =
[
jJ
Ij ,
39
jJ
nZ
Gli En sono insiemi misurabili, a due a due disgiunti, di misura esterna finita
(minore o al pi`
u uguale ad 1); pertanto, per ogni > 0, e per ogni n in Z,
esiste un aperto An contenente En e tale che
m (An \En )
.
2|n|
nZ
nZ
nZ
40
41
42
+
[
Pj .
j=1
+
X
m(Pj ) =
j=1
+
X
m(P ) ,
j=1
+
X
i=1
m(Ei ) =
+
X
i=1
m(E) ,
43
da cui m(E) = 0.
Linsieme non misurabile P non `e unico: infatti ogni insieme A per il
quale m (A) > 0 contiene un insieme non misurabile secondo Lebesgue. Se,
ad esempio, A (0, 1), sia Ei = A Pi . Se Ei fosse misurabile, allora
P
dovrebbe essere m(Ei ) = 0 (dato che Ei Pi ), e quindi +
i=1 m(Ei ) = 0.
2.4
Funzioni misurabili
Dopo aver introdotto la misura secondo Lebesgue, iniziamo a studiare i legami che intercorrono tra funzioni definite su R e insiemi misurabili. A tale
proposito vale il seguente teorema.
Teorema 2.4.1 Sia D un insieme misurabile di R e sia f : D R =
R {} {+} una funzione. Allora le seguenti sono equivalenti:
i) per ogni in R linsieme E (f ) = {x D : f (x) > } `e misurabile;
ii) per ogni in R linsieme E0 (f ) = {x D : f (x) } `e misurabile;
iii) per ogni in R linsieme E00 (f ) = {x D : f (x) < } `e misurabile;
iv) per ogni in R linsieme E000 (f ) = {x D : f (x) } `e misurabile;
Una qualsiasi delle quattro precedenti affermazioni implica che
v) per ogni in R linsieme G (f ) = {x D : f (x) = } `e misurabile;
Dimostrazione. Dal momento che (E (f ))c = E000 (f ), e che (E0 (f ))c =
E00 (f ), si ha evidentemente i) iv) e ii) iii). Siccome
E0 (f )
+
\
E 1 (f ) ,
n
n=1
+
[
n=1
0
E+
1 (f ) ,
n
44
45
1
(f + g)2 f 2 g 2 .
2
Il concetto di misurabilit`a si adatta bene anche a successioni di funzioni misurabili. Prima di enunciare e dimostrare il teorema, diamo una
definizione.
Definizione 2.4.6 Sia {xn } una successione di numeri reali; definiamo il
massimo limite della successione {xn } la quantit`a
lim sup xn = inf sup xk = lim sup xk .
n+
nN kn
n+ kn
nN kn
n+ kn
Si noti che in entrambi i casi lestremo inferiore e il superiore sono dei limiti
perche le successioni n 7 supkn xk e n 7 inf kn xk sono monotone (una
decrescente, laltra crescente).
Si ha, sempre, lim inf xn lim sup xn , e si ha uguaglianza se e solo se la
successione ammette limite.
Se fn : D R `e una successione di funzioni, il massimo e il minimo limite
di {fn } sono definiti puntualmente: ad esempio lim sup fn `e la funzione che
assume in x il valore lim sup fn (x).
46
e le funzioni
lim sup fn (x) ,
n+
N
[
E (fn ) ,
n=1
N
\
E (fn ) .
n=1
Essendo
E (h ) =
+
[
E (fn ) ,
n=1
nN kn
47
E2 = {x E : g(x) } ,
48
Sappiamo gi`a che le funzioni continue sono misurabili; cos` come il Teorema 2.3.12 afferma che ogni insieme misurabile `e un aperto a meno di insiemi
di misura piccola, il prossimo teorema mostra come ogni funzione misurabile
sia continua a meno di un insieme di misura arbitrariamente piccola.
Teorema 2.4.12 Sia f : D R una funzione misurabile e finita quasi
ovunque (ovvero, linsieme {x D : f (x) = } ha misura nulla). Allora,
per ogni > 0 esiste un insieme chiuso C contenuto in D tale che
m(D\C ) ;
f `e continua su C .
Dimostrazione. La dimostrazione `e divisa in sei passi.
Passo 1: Sia f = F con F misurabile, e sia m(D) < +.
Per il Teorema 2.3.12, per ogni > 0 esiste un chiuso C0 F tale che
m(F \C0 ) 2 . Essendo D \F misurabile, esiste un chiuso C00 D \F tale
che m((D\F )\C00 ) 2 . Definiamo C = C0 C00 . Si ha
m(D\C ) = m((D\F )\C ) + m(F \C ) = m((D\F )\C0 ) + m(F \C00 ) ,
ed inoltre, essendo f 1 su C0 e f 0 su C00 , f `e continua su C .
Passo 2: Sia f semplice, e sia m(D) < +.
Il risultato segue dalla definizione di funzione semplice, e dal Passo 1:
basta scegliere C lunione dei C,i ottenuti applicando il Passo 1 a i Ai con
/n.
Passo 3: f `e una funzione positiva e limitata: 0 f < L, e m(D) < +.
Sia n in N fissato, e dividiamo lintervallo [0, L) in n parti uguali2 mediante i punti yk = kL
, con k da 0 a n. Definiamo
n
Fk = {x D : yk f (x) < yk+1 } = Ey0 k (f ) Ey00k+1 (f ) ,
2
k = 0, . . . , n 1 .
49
n1
X
yk Fk (x) ,
k=0
,
2n
n `e continua su C,n .
(D\C,n
= m
= .
n
2
n=1
n=1
Siccome n converge uniformemente a f su D, n converge uniformemente
ad f su C . Daltra parte, n `e continua su C,n , e quindi lo `e su C ; da
questo segue che f `e continua su C .
Passo 4: Sia f 0 e m(D) < +.
Siccome la funzione f `e finita quasi ovunque, si ha m(G+ (f )) = 0.
Definiamo
En = En0 (f ) = {x D : f (x) n} .
50
+
\
En ,
n=1
51
+
[
n=N
N +
ha che, definitivamente,
definitivamente ad EN .
quindi la misura di EN
tale che m(EN, ) .
52
1
.
n
D\An
1
,
n
da cui la tesi.
Osservazione 2.4.16 La condizione m(D) < + `e essenziale per dimostrare il Teorema di Egorov. Sia infatti D = R e fn (x) = (n,n) (x). La
successione fn converge ovunque in R alla funzione f (x) 1, e la convergenza
non `e uniforme al di fuori di nessun insieme di misura piccola di R, dal
momento che linsieme su cui fn `e diversa da f ha misura infinita per ogni n
in N.
Capitolo 3
Teoria dellintegrazione
Come gi`a per la misura secondo Peano-Jordan, ricordiamo brevemente la
definizione di integrale secondo Riemann.
3.1
n
X
i=1
n
X
(xi xi1 )
sup
f (x) =
x(xi1 ,xi ]
(xi xi1 )
i=1
inf
x(xi1 ,xi ]
f (x) =
n
X
i=1
n
X
(xi xi1 ) Mi ,
(xi xi1 ) mi .
i=1
54
Z
f (x) dx R
R
a
f (x) dx ,
a
f (x) dx .
f (x) dx = R
n
X
i=1
(x) dx =
a
n
X
ci (xi xi1 ) ,
i=1
dove (x) `e la funzione a gradino corrispondente agli intervalli della partizione P e ai valori M1 , . . . , Mn . Sempre per definizione di (x), si ha
f (x) (x) per ogni x in I. Analogamente,
Z
s(P, f ) =
(x) dx ,
a
55
dove (x) `e la funzione a gradino corrispondente agli intervalli della partizione P e ai valori m1 , . . . , mn . Nuovamente, dalla definizione di (x), segue
che (x) f (x) per ogni x in I.
Alla luce di queste considerazioni, si ha allora
Z
Z
(x) dx , (x) a gradino, f (x) (x) in I
f (x) dx = inf
a
e
Z
R
Z
(x) dx , (x) a gradino, (x) f (x) in I
f (x) dx = inf
a
Z
f (x) dx = 1 ,
f (x) dx = 0 .
a
56
3.2
3.2.1
n
X
ai Ai (x) .
i=1
Si noti che gli Ai sono a due a due disgiunti, che sono misurabili, e che
lunione degli Ai `e E. Se supponiamo che a1 , . . . an siano i valori diversi da
zero assunti dalla funzione semplice , la rappresentazione
(x) =
n
X
ai Ai (x) ,
i=1
n
X
i=1
ai Ai (x) ,
57
(2.1)
i=1
m
X
bj Bj (x) ,
j=1
j=1
n
X
ai Ai (x) ,
i=1
i=1
n
X
X
i=1 h:bh =ai
i=1
bh m(Bh ) =
h:bh =ai
X
bj 6=0
bj m(Bj ) =
m
X
j=1
bj m(Bj ) ,
58
Se q.o., allora
Z
Z
(x) dx
(x) dx .
(2.3)
Dimostrazione. Siano
(x) =
n
X
ai Ai (x) ,
(x) =
i=1
m
X
bj Bj (x) ,
j=1
N
X
ak Ek (x) ,
(x) =
N
X
bk Ek (x) ,
k=1
k=1
N
X
k=1
[a ak + b bk ] Ek (x) ,
59
k=1
N
X
= a
N
X
Zk=1
ak m(Ek ) + b
bk m(Ek )
k=1
Z
(x) dx + b
(x) dx .
= a
Dal momento che per definizione lintegrale di una funzione semplice non
negativa quasi ovunque `e non negativo (linsieme E000 () su cui assume
valori negativi ha misura nulla, e quindi il suo contributo allintegrale `e nullo),
si ha, per quanto appena dimostrato,
Z
Z
Z
0
[(x) (x)] dx =
(x) dx
(x) dx ,
E
da cui (2.3).
Osservazione 3.2.4 Siccome lintegrale di E `e m(E) per definizione, per il
Teorema 3.2.3 lintegrale di a E `e a m(E) e quindi lintegrale della funzione
semplice
n
X
(x) =
ai Ei (x) ,
i=1
`e
Z
Z
(x) dx =
n
X
!
ai Ei (x)
dx =
i=1
n
X
i=1
Z
ai
E
Ei (x) dx =
n
X
ai m(Ei ) ,
i=1
che `e lo stesso risultato del Teorema 3.2.2, senza per`o lipotesi che gli Ei
siano a due a due disgiunti. In definitiva, se
(x) =
n
X
ai Ei (x) ,
i=1
i=1
60
Z
Z
f (x) dx = sup
E
(x) dx , S(f ) .
se e solo se f `e misurabile.
Dimostrazione. La prima parte della dimostrazione ricorda il terzo passo della dimostrazione del Teorema 2.4.12, usando il fatto che `e possibile
approssimare uniformemente funzioni misurabili con funzioni semplici.
Supponiamo che f sia misurabile e che M f (x) M per ogni x in
E. Sia n in N e definiamo, per k = n, . . . , n,
(k 1) M
kM
Ek = x E :
< f (x)
= E (k1) M (f ) E 000
kM (f ) ,
n
n
n
n
61
n
X
kM
Ek (x) ,
n
k=n
n (x) =
n
X
(k 1)M
Ek (x) ,
n
k=n
Z
f (x) dx
e
Z
n (x) dx =
Z
f (x) dx
n
X
kM
m(Ek ) ,
n
k=n
n
X
(k 1)M
n (x) dx =
m(Ek ) .
n
k=n
Si ha cos`
n
M X
M
0
f (x) dx
f (x) dx
m(Ek ) =
m(E) .
n k=n
n
E
E
62
Si ha ovviamente
(x) n (x) f (x) n (x) (x) ,
cosicche se dimostriamo che = q.o., la funzione f `e uguale q.o. ad una
funzione misurabile (una qualsiasi tra e ) ed `e dunque misurabile per il
Teorema 2.4.10.
Sia allora
= {x E : (x) (x) > 0} =
+
[
k=1
+
[
1
}=
k .
k
k=1
1
}.
k
Ma allora, essendo n (x) n (x) [n (x) n (x)] (n) (x), dal Teorema
k
3.2.3 segue che
Z
Z
1
[n (x) n (x)] dx
[n (x) n (x)] (n) (x) dx
k
n
E
E
Z
(n)
m(k )
1
(n) (x) dx =
.
k
k
E k
Pertanto, per ogni n in N,
(n)
0 m(k ) m(k )
k
,
n
63
i=1
[a,b]
64
[a,b]
[a,b]
Siccome f `e integrabile secondo Riemann, le disuguaglianze sono tutte uguaglianze; pertanto f `e misurabile (per il Teorema 3.2.6) e il suo integrale
secondo Lebesgue coincide con il suo integrale secondo Riemann.
Nel teorema che segue vengono enunciate alcune propriet`a dellintegrale
secondo Lebesgue.
Teorema 3.2.11 Siano f e g due funzioni misurabili e limitate su un insieme
misurabile E di misura finita. Allora
i) per ogni a e b in R si ha
Z
Z
Z
[a f (x) + b g(x)] dx = a
f (x) dx + b
g(x) dx ;
E
(2.7)
Z
f (x) dx =
g(x) dx ;
(2.8)
g(x) dx ;
(2.9)
Z
f (x) dx
pertanto,
Z
Z
f (x) dx
|f (x)| dx ;
E
(2.10)
f (x) dx B m(E) ;
E
(2.11)
65
(2.12)
Dimostrazione. Sia a un numero reale e f una funzione misurabile e limitata su E; se a = 0, allora a f (x) 0, lintegrale di a f `e nullo, e si ha
la (2.7) per b = 0 e g = 0. Sia ora a 6= 0; se `e una funzione semplice,
allora a `e una funzione semplice, e viceversa. Se a > 0, e `e una funzione
semplice in S(f ), allora a appartiene a S(a f ), e viceversa. Pertanto
Z
Z
Z
Z
f (x) dx .
(x) dx = a
a (x) dx = a inf
a f (x) dx = inf
S(f )
S(f )
Z
1 (x) dx +
Z
2 (x) dx =
Z
[1 (x) + 2 (x)] dx
[f (x) + g(x)] dx .
E
66
Z
[f (x) + g(x)] dx =
Z
f (x) dx +
g(x) dx ,
E
(2.13)
e quindi
Z
(x) dx 0 inf
sup
S(f g)
Z
S(f g)
(x) dx .
E
67
che `e la (2.12).
Sia ora fn una successione di funzioni misurabili e limitate definite su un
insieme E misurabile di misura finita. Si pu`o allora calcolare lintegrale di
fn su E. Supponiamo che la successione fn converga quasi ovunque in E
ad una funzione f : tale funzione risulta misurabile per il Teorema 2.4.7; se
supponiamo che la f sia anche limitata, allora ha senso considerare lintegrale
di f su E, cos` come ha senso porsi la domanda se lintegrale delle fn converga
allintegrale della f . La risposta `e affermativa, se sulle funzioni fn (che
sono limitate per ipotesi) si richiede che la limitatezza sia uniforme. Osserviamo che senza lipotesi di limitatezza sulla funzione f , la domanda se
lintegrale delle fn converga o meno allintegrale della f non ha alcun senso,
dal momento che lintegrale della f non `e definito.
Teorema 3.2.12 (Convergenza limitata) Sia E un insieme misurabile di
misura finita, e sia fn : E R una successione di funzioni misurabili tali che
i) esiste M 0 tale che |fn (x)| M per ogni n in N e per ogni x in E;
ii) esiste una funzione limitata f : E R tale che fn converge quasi
ovunque ad f in E.
Allora
Z
lim
n+
Z
fn (x) dx =
f (x) dx .
(2.14)
Dimostrazione. Sia > 0. Applichiamo il Teorema di Egorov (Teorema 2.4.15) e determiniamo un insieme A contenuto in E, con m(A ) < ,
tale che fn converge uniformemente a f in E \A ; ci`o vuol dire che (per lo
stesso ) esiste n in N tale che
sup |fn (x) f (x)| ,
E\A
n n .
68
+(M + M ) m(A )
m(E) + (M + M 0 ) ,
e quindi la tesi.
Osservazione 3.2.13 Se la successione fn converge puntualmente (ovvero,
ovunque) ad f , la funzione f `e evidentemente limitata come conseguenza
dellipotesi i). Nel caso in cui la convergenza sia solo q.o., si ha |f (x)| M
solo nellinsieme E \ A, dove A `e linsieme di misura nulla su cui fn non
converge ad f . Su A, la f (pur essendo misurabile), pu`o non essere limitata;
di qui la necessit`a di richiedere la limitatezza di f ovunque.
Esempio 3.2.14 Riprendiamo la successione fn definita nellEsempio 3.1.1.
La successione fn soddisfa le ipotesi del teorema precedente, e quindi si ha
Z
Z
lim
fn (x) dx =
D(x) dx ;
n+
[0,1]
[0,1]
si osservi che in questo caso (sia fn che D sono quasi ovunque uguali alla
funzione nulla, per cui il risultato numerico `e banalmente vero), entrambi
i membri hanno senso!
3.2.2
69
E0 (h)
(2.15)
[n,n]
70
Z
c f (x) dx = c
f (x) dx ;
(2.16)
ii)
Z
g(x) dx ;
f (x) dx +
[f (x) + g(x)] dx =
(2.17)
Z
f (x) dx
g(x) dx ;
(2.18)
di conseguenza, se f = g q.o.,
Z
Z
f (x) dx =
g(x) dx ;
(2.19)
(2.20)
71
fn (x) dx ,
E
(2.22)
72
E0 (h)
E0 (h)
E0 (hn )
n+
Z
n+
Z
fn (x) dx
lim sup
73
f (x) dx ,
E
e quindi la tesi.
Corollario 3.2.21 Sia E un insieme misurabile e gn : E R una successione di funzioni misurabili e non negative quasi ovunque. Detta
f (x) =
+
X
gi (x) dx ,
i=1
si ha
Z
f (x) dx =
E
+ Z
X
gi (x) dx .
i=1
n
X
gn (x) .
i=1
+ Z
X
n=1
f (x) dx .
En
En
74
Abbiamo fino ad ora parlato di integrale per funzioni misurabili e non negative, e abbiamo provato alcune propriet`a, tra le quali il fatto che lintegrale
della somma di due funzioni `e la somma degli integrali. Dal momento che
abbiamo a che fare con valori che possono essere infiniti, `e chiaro che non
possiamo parlare di legami tra lintegrale della differenza di due funzioni e
la differenza degli integrali; ad esempio, prendendo f 2 e g 1 su R,
lintegrale di entrambe le funzioni `e infinito, come lintegrale della differenza,
ma se prendiamo f = 1 + [0,1] e g 1, la differenza ha integrale 1. Per poter
operare in maniera algebricamente corretta, diamo la seguente definizione.
Definizione 3.2.23 Sia E un insieme misurabile e f : E R una funzione
misurabile e non negativa quasi ovunque. La funzione f si dice sommabile
se si ha
Z
f (x) dx < + .
E
Siccome il primo membro `e finito per ipotesi, lo sono entrambi gli addendi a
destra (essendo non negativi); pertanto, g `e sommabile e si ha la (2.24).
Una funzione sommabile non pu`o assumere il valore + su insiemi di
misura positiva.
75
Z
f (x) dx
m({x E : f (x) })
{xE:f (x)}
f (x) dx .
E
76
fn (x) dx
f (x) dx .
2
E
E
Daltra parte, scegliendo = 2n , si ha che m(A) implica
Z
fn (x) dx n m(A) n = .
2
A
Pertanto, se m(A) , essendo [f fn ] A [f fn ],
Z
Z
Z
fn (x) dx
[f (x) fn (x)] dx +
f (x) dx =
ZA
A
A
[f (x) fn (x)] dx + ,
2
E
e quindi la tesi.
3.2.3
77
Z
f (x) dx
g(x) dx ;
E
78
Teorema 3.2.30 (Lebesgue Convergenza dominata) Sia E un insieme misurabile e sia g : E R una funzione misurabile e sommabile. Sia
fn : E R una successione di funzioni misurabili tale che |fn (x)| g(x)
quasi ovunque in E. Supponiamo inoltre che fn converga quasi ovunque a f
in E. Allora
Z
Z
fn (x) dx =
f (x) dx .
lim
n+
n+
e quindi
Z
Z
fn (x) dx
lim sup
n+
f (x) dx .
E
Considerando g + fn , si ha che
Z
Z
f (x) dx lim inf
fn (x) ,
E
n+
e quindi la tesi.
3.2.4
Convergenza in misura
79
n n .
n+
n+
n nk .
80
Pertanto, per ogni h in N si ha che fnk (x) converge a f (x) su E\Ah . Sia ora
A=
+
\
Ah .
h=1
Dal momento che m(A1 ) 1, e che gli Ah sono una successione decrescente,
si ha
m(A) = lim m(Ah ) = 0 .
h+
Siccome fnk (x) converge a f (x) su E \Ah per ogni h, allora fnk (x) converge
a f (x) su E \A, e quindi la si ha la tesi.
Alla luce del precedente risultato, `e possibile modificare lipotesi fn converge a f q.o. nel lemma di Fatou e nei teoremi di convergenza limitata e
dominata, sostituendoli con fn converge a f in misura.
Esempio 3.2.33 Il contrario del teorema precedente non `e vero in generale:
se fn converge quasi ovunque a f , non `e detto che fn converga in misura a
f (ne che lo faccia una sua sottosuccessione). Ad esempio, se fn = (n,n) ,
fn converge quasi ovunque a f 1 in R, ma fn non converge in misura ad f
dal momento che, per ogni > 0,
m({x R : |fn (x) 1| }) = m(R\(n, n)) = + .
Esempio 3.2.34 Se, per`o, m(E) < +, ogni successione convergente quasi
ovunque converge in misura. Infatti, per il Teorema di Egorov, per ogni > 0
esiste A contenuto in E, con m(A ) < , e n in N, tali che
sup |fn (x) f (x)| < ,
n n .
E\A
81
|fn (x)| dx .
A
La seconda condizione del teorema precedente prende il nome di equiassoluta integrabilit`a della successione {fn }. Il Teorema di Vitali permette di
migliorare il Teorema di Lebesgue.
Teorema 3.2.36 Sia {fn } una successione di funzioni misurabili definite
su un insieme misurabile E, e supponiamo che fn converga a f in misura.
Supponiamo inoltre che, per ogni n, |fn (x)| gn (x) quasi ovunque, con {gn }
successione di funzioni misurabili tali che
Z
|gn (x) g(x)| dx = 0 ,
lim
n+
Capitolo 4
Gli spazi Lp
4.1
L1(E)
ovvero lo spazio delle (classi di equivalenza quasi ovunque di) funzioni sommabili su E. Si indicher`a sempre con f lelemento [f ] di L1 (E) (ovvero,
lavoreremo con le funzioni ma tenendo sempre a mente che si tratta in realt`a
di classi di equivalenza).
Su L1 (E) definiamo la seguente distanza:
Z
d1 (f, g) =
|f (x) g(x)| dx .
E
82
83
Osserviamo che d1 `e ben definita: non dipende dalla scelta del rappresentante
nella classe di equivalenza, dato che se h [f ] e k [g], allora |hk| = |f g|
quasi ovunque e dunque gli integrali sono uguali; inoltre, d1 (f, g) `e un numero
reale per ogni f e g in L1 (E), dato che |f (x) g(x)| |f (x)| + |g(x)| e
lintegrale `e monotono.
Si verifica facilmente che d1 (f, g) 0 e che d1 (f, g) = d1 (g, f ); inoltre
|f (x) g(x)| |f (x) h(x)| + |h(x) g(x)| ,
e, integrando su E, si ha la disuguaglianza triangolare. Rimane da dimostrare
che se d1 (f, g) = 0, allora [f ] = [g], ovvero che f = g quasi ovunque. In altre
parole, se h `e una funzione ovunque non negativa tale che lintegrale di h su
E vale zero, allora deve essere h = 0 quasi ovunque. Per dimostrare questo
fatto, sia a > 0 e definiamo Ea (h) = {x E : h(x) > a}. Si ha allora
Z
Z
Z
Ea (h) (x) dx = a m(Ea (h)) ,
e quindi m(Ea (h)) = 0 per ogni a > 0, da cui segue (essendo E0 (h) lunione
di E1/n (h) al variare di n in N) che E0 (h) ha misura nulla, e quindi h = 0
quasi ovunque.
In definitiva, (L1 (E), d1 ) `e uno spazio metrico. Se E = [a, b], essendo ogni
funzione continua su [a, b] misurabile e limitata (quindi integrabile, e con integrale finito), si ha che C 0 ([a, b], R) `e un sottoinsieme proprio di L1 ([a, b]).
Siamo dunque partiti dallo spazio (non completo) (C 0 ([a, b], R), d1 ), abbiamo
introdotto la misura secondo Lebesgue, le funzioni misurabili, le funzioni integrabili ed infine le funzioni sommabili (che sono un sottoinsieme proprio delle
funzioni integrabili); su questultimo insieme (opportunamente quozientato)
abbiamo mostrato come d1 sia una distanza. Ci chiediamo ora se il nostro
lavoro sia finito; ovvero se (L1 ([a, b]), d1 ) sia completo, e se le funzioni continue siano dense in (L1 ([a, b]), d1 ). Se cos` fosse, avremmo dimostrato che
(L1 ([a, b]), d1 ) `e il completamento di (C 0 ([a, b], R), d1 ). Fortunatamente, cos`
`e. . .
Definizione 4.1.2 Sia {fk } una successione di funzioni in L1 (E). Diciamo
che la serie
n
X
Sn (x) =
fk (x) ,
k=1
84
converge a
S(x) =
+
X
fk (x)
k=1
1
in L (E) se
Z
|Sn (x) S(x)| dx = 0 .
n+
n+
|fk (x)| dx
< + .
Teorema 4.1.3 Sia {fk } una successione di funzioni in L1 (E) tale che la
serie
n
X
fk (x) ,
Sn (x) =
k=1
converge totalmente in L1 (E). Allora esiste una funzione S in L1 (E) tale che
la serie Sn converge a S in L1 (E).
Dimostrazione. Sia n in N e definiamo
+ Z
n
X
X
|fk (x)| .
M=
|fk (x)| dx ,
gn (x) =
E
k=1
k=1
Allora {gn } `e una successione di funzioni non negative in L1 (E) (come somma
di funzioni in L1 (E)) e tale che
Z
0
gn (x) dx =
E
n Z
X
k=1
|fk (x)| dx
M.
85
n+
fk (x) ,
k=1
|fk (x)| dx
=
E
k=n+1
+
X Z
k=n+1
|fk (x)| dx
86
n, m nk .
Scegliamo gli nk in modo tale che nk+1 > nk , cosicche {fnk } `e una sottosuccessione estratta da {fn }. Definiamo
g1 = fn1 ,
gk = fnk fnk1 ,
k
X
h=1
gh (x) .
|gh (x)| dx
87
Z
|g1 (x)| dx +
Z
|g1 (x)| dx +
ZE
+ Z
X
h=2
+
X
h=2
|fnh (x) fnh1 (x)| dx
1
2h1
=
E
P
Pertanto, la serie Sk (x) = kh=1 gh (x) converge totalmente in L1 (E). Per
il teorema precedente, esiste f in L1 (E) tale che Sk converge a f . Essendo
Sk = fnk , abbiamo estratto da fn una sottosuccessione convergente in L1 (E)
ad f . La tesi segue allora dal Lemma 4.1.5.
Teorema 4.1.7 Sia f una funzione in L1 ([a, b]). Allora esiste una successione di funzioni fn in C 0 ([a, b], R) tale che fn converge a f in L1 ([a, b]).
Dimostrazione. La dimostrazione `e in due passi.
Passo 1: Sia f in L1 ([a, b]), f limitata.
Sia > 0 e sia f uno qualsiasi dei rappresentanti nella classe [f ]; essendo
f misurabile, applichiamo il Teorema 2.4.12: esiste C contenuto in [a, b],
chiuso, tale che m([a, b]\C ) < e tale che la restrizione di f a C `e continua.
Non `e restrittivo supporre che a e b appartengano a C ; infatti, se a o b non
sono in C , `e sempre possibile aggiungerveli definendo f (a) = 0 (o f (b) = 0),
senza modificare ne la misura, ne la chiusura di C , ne la continuit`a della
restrizione di f a C (se a o b non sono in C , allora nessuna successione a
valori in C pu`o convergere ad a (o a b)). Sia E = [a, b] \ C ; allora E `e
aperto (nella topologia indotta su [a, b] dalla topologia di R). Pertanto, esiste
una famiglia numerabile di intervalli aperti, a due a due disgiunti, tali che
E =
+
[
(an , bn ) .
n=1
Siccome gli intervalli sono a due a due disgiunti, i punti an e bn non appartengono a E , e sono quindi in C , il che vuol dire che sono definiti sia f (an )
che f (bn ). Definiamo allora la funzione g nel seguente modo:
f (x)
se x in C ,
g (x) = f (bn )f (an )
(x an ) + f (an ) se x in (an , bn ) E .
bn an
88
In altre parole, stiamo definendo g su (an , bn ) in maniera lineare. La funzione g cos` ottenuta `e continua su [a, b]. Infatti, g `e continua su C , ed `e
continua (essendo lineare) in (an , bn ). Rimane da verificare che `e continua
nei punti an e bn (per ogni n in N). Se {xk } `e una successione contenuta in
C e convergente ad an , allora g (xk ) = f (xk ) converge a f (an ) (perche f `e
continua su C ); se, invece, {xk } `e una successione contenuta in E e convergente a an , allora definitivamente xk `e in (an , bn ) e quindi (per definizione di
g su (an , bn )), g(xk ) converge a f (an ). Analogo ragionamento dimostra che
g `e continua in bn .
Dato > 0 abbiamo cos` definito una funzione g continua su [a, b] e tale
che m({x [a, b] : g (x) 6= f (x)}) < . Inoltre, per costruzione, se M `e tale
che |f (x)| M in [a, b], si ha |g (x)| M in [a, b] (su (an , bn ) la funzione
g (x) `e compresa tra f (an ) e f (bn )).
Sia allora = n1 e sia fn = g1/n . La successione {fn } `e formata da funzioni
continue, e si ha, se M `e tale che |f (x)| M in [a, b],
Z
Z
2M
|fn (x) f (x)| dx =
|fn (x) f (x)| dx 2M m(E 1 ) <
,
n
n
E1
[a,b]
n
se f (x) > n,
n
fn (x) = f (x) se n f (x) n,
n se f (x) < n.
Come si verifica facilmente, la successione {|fn f |} converge quasi ovunque in [a, b] a 0 (gli unici punti su cui non converge sono quelli per i quali
f (x) = , che hanno misura nulla per il Teorema 3.2.25). Inoltre, essendo
|fn (x)| |f (x)|, si ha |fn (x) f (x)| 2|f (x)|, e |f (x)| `e sommabile. Per il
teorema di Lebesgue,
Z
lim
|fn (x) f (x)| dx = 0 .
n+
[a,b]
n n .
89
Z
|gn (x)fn (x)| dx+
[a,b]
da cui la tesi.
Se definiamo i : C 0 ([a, b], R) L1 ([a, b]) come lidentit`a, e consideriamo
nei due spazi la distanza d1 , come conseguenza dei due teoremi precedenti si
ha che i `e unisometria, ed inoltre che la chiusura di i(C 0 ([a, b], R)) `e L1 ([a, b]);
per lunicit`a del completamento, si ha che (L1 ([a, b]), d1 ) `e il completamento
di C 0 ([a, b], R), d1 ); in altre parole (andando a leggere la dimostrazione del
teorema di completamento), se {fn } `e una successione di funzioni continue
che `e di Cauchy in d1 , allora fn converge ad una funzione f in L1 ([a, b]);
viceversa, ogni funzione in L1 ([a, b]) `e il limite in d1 di una successione (di
Cauchy in d1 ) di funzioni continue. Osserviamo che, sempre nella dimostrazione del teorema di completamento, lo spazio Y `e definito come lo spazio
delle successioni di Cauchy in d1 , modulo la relazione di equivalenza che identifica due successioni di Cauchy {fn } e {gn } nel caso in cui d1 (fn , gn ) tenda
a zero. Sappiamo ora che se {fn } e {gn } sono due successioni di Cauchy in
d1 funzioni continue, allora fn converge a f in d1 e gn converge a g in d1 (con
` facile vedere che dallipotesi d1 (fn , gn ) tendente a zero
f e g in L1 ([a, b])). E
segue
Z
|f (x) g(x)| dx = 0 ,
[a,b]
da cui f = g quasi ovunque; pertanto, f e g sono nella stessa classe di equivalenza in L1 ([a, b]). In altre parole, lidentificazione di due funzioni uguali
quasi ovunque `e fatta nello stesso spirito della dimostrazione del teorema
di completamento, ed `e quindi necessaria per ottenere uno spazio metrico
completo.
4.2
90
Lp(E) e L(E)
Anche Lp (E) pu`o essere reso uno spazio metrico con la distanza
Z
p1
p
|f (x) g(x)| dx
dp (f, g) =
.
E
Come gi`a per d1 , si vede che dp (f, g) non dipende dai rappresentanti scelti in
[f ] e [g], che dp (f, g) 0, che dp (f, g) = 0 se e solo se f = g q.o. (e quindi se
e solo se [f ] = [g]), e che dp (f, g) = dp (g, f ). La disuguaglianza triangolare
segue dalla disuguaglianza di Holder che, valida per funzioni continue, si
dimostra allo stesso modo per funzioni in Lp (E) (`e sufficiente ricordare che
una disuguaglianza verificata quasi ovunque si conserva integrando).
Come gi`a L1 (E), anche Lp (E) `e uno spazio completo: la dimostrazione `e
identica a quella del Teorema 4.1.6, usando il concetto di convergenza totale
in Lp (E) per una serie di funzioni, che in questo caso diventa
p1
+ Z
X
p
< + .
|fk (x)| dx
k=1
q.o. in E.
91
.
L (E) =
n, m n .
Sia, per n e m in N,
En,m = {x E : |fn (x) fm (x)| > ess supE |fn (x) fm (x)|} .
92
(2.1)
n n .
|f (x)|q dx
1 qp dx
E
ZE
pq
qp
=
|f (x)|q dx
[m(E)] q .
E
93
p1
|f (x)| dx
p+
|f (x)|p dx
p1
ess supE |f (x)| ,
e quindi
Z
|f (x)| dx
lim sup
p+
p1
ess supE |f (x)| .
Daltra parte, sia > 0 e sia M = ess supE |f (x)|. Allora (per definizione di
estremo superiore essenziale),
m({x E : |f (x)| M }) > 0 .
Pertanto, per (2.25),
Z
|f (x)|p dx (M )p m({x E : |f (x)| M }) ,
E
94
p
a tende a 1 per ogni a > 0)
Z
M lim inf
p+
p1
|f (x)| dx
|f (x)| dx
p1
,
da cui il risultato.
4.3
Convergenza in Lp(E)
95
Si noti per`o che fn converge a zero in misura (dato che m({x [0, 1] :
|fn (x)| }) = m(En ) se 0 < 1), e la sottosuccessione f2k converge a
zero quasi ovunque (tende a zero ovunque tranne per x = 0, dove tende a 1).
Il precedente esempio giustifica il seguente teorema.
Teorema 4.3.2 Sia 1 p < +, e sia {fn } una successione di funzioni
tendente a f in Lp (E). Allora fn converge ad f in misura, ed esiste una
sottosuccessione {fnk } {fn } tale che fn converge a f quasi ovunque.
Dimostrazione. Se fn converge a f in Lp (E) si ha, per definizione,
Z
|fn (x) f (x)|p dx = 0 .
lim
n+
e quindi
lim m({x E : |fn (x) f (x)| }) = 0 ,
n+
n n .
96
Pertanto, |fn (x) f (x)| su E \E0 , ovvero |fn (x) f (x)| q.o. in E.
Pertanto (per definizione di estremo superiore essenziale),
ess supE |fn (x) f (x)| ,
n n ,
n n .
x E \E0 , n n ,
ovvero,
sup |fn (x) f (x)| ,
n n ,
E\E0
e quindi la tesi.
Come conseguenza del teorema precedente, se fn converge ad f in L (E),
allora fn converge ad f quasi ovunque.
Infine, se E ha misura finita (e quindi gli spazi Lp (E) sono inscatolati),
se fn converge ad f in Lp (E), allora fn converge ad f in Lq (E) per ogni
q < p. Infatti, per la disuguaglianza di Holder, e se p < +,
Z
1 pq
Z
pq
Se p = +,
Z
E
97
4.4
Separabilit`
a
Uno spazio metrico (X, d) si dice separabile se esiste un insieme E contenuto in X numerabile e denso. Un esempio di spazio metrico separabile `e
(R, | |), dato che E = Q `e denso e numerabile. Un altro esempio di spa-
98
zio separabile `e (C 0 ([a, b], R), d ), dal momento che linsieme dei polinomi
a coefficienti razionali `e denso (questo `e il Teorema non proprio di dimostrazione immediata! di Stone-Weierstrass) e numerabile (dimostrarlo per
esercizio).
Se 1 p < +, lo spazio Lp (E) `e separabile.
Teorema 4.4.1 Sia 1 p < +. Lo spazio Lp (R) `e separabile.
Dimostrazione. Sia E linsieme delle funzioni a gradino della forma
(x) =
N
X
(4.1)
i=1
Sia n in N e definiamo fn (x) = f (x) [n,n] (x). Allora fn (x) `e in Lp (R) (dal
momento che |fn | |f |) e fn converge quasi ovunque in R a f (x). Essendo
|fn (x) f (x)|p 2p |f (x)|p , per il Teorema di Lebesgue si ha
Z
lim
|fn (x) f (x)|p dx = 0 .
n+
(4.2)
(4.3)
|g (x) fn (x)|p dx .
3
[n ,n ]
99
[xh ,xh+1 ]
k1
X
h=0
| (x) g (x)| dx =
[n ,n ]
k1 Z
X
h=0
|qh g (x)|p dx 2 n p ,
[xh ,xh+1 )
e pertanto
Z
| (x) g (x)|p dx
[n ,n ]
.
3
(4.4)
100
+
X
{yEn :fn (y)0} (x) {yEn :fn (y)>0} (x) .
n=1
4.5
L2(E)
101
Dal momento che ogni prodotto scalarepsu uno spazio vettoriale induce una
distanza secondo la formula d(x, y) = (x y | x y), la distanza indotta
su L2 (E) dal prodotto scalare appena definito `e proprio d2 :
Z
21
|f (x) g(x)| dx
d2 (f, g) =
p
(f g | f g) .
Essendo (L2 (E), d2 ) uno spazio metrico completo (come tutti gli Lp (E)), lo
spazio vettoriale L2 (E), dotato del prodotto scalare ( | ) (che induce una
distanza rispetto alla quale lo spazio metrico `e completo) si dice spazio di
Hilbert.
4.5.1
Come detto sopra, uno spazio di Hilbert `e uno spazio vettoriale dotato di
prodotto scalare che risulti completo come spazio metrico (con la distanza
indotta dal prodotto scalare). Come ogni spazio vettoriale, anche uno spazio
di Hilbert ha una base. Nel caso particolare in cui lo spazio di Hilbert sia
separabile (come spazio metrico), la base `e numerabile, e si pu`o scegliere in
maniera semplice.
Teorema 4.5.1 Sia (H, ( | )) uno spazio di Hilbert separabile. Allora esiste
una successione {en } di vettori di H tale che:
i) (en | em ) = n,m (dove n,m `e il simbolo di Kronecker);
ii) per ogni vettore x di H, detto
Sn (x) =
n
X
(x | ek ) ek ,
k=1
102
[(x | ek )]2 (x | x) .
(5.1)
k=1
Se, in pi`
u, la successione {en } soddisfa la ii) del teorema precedente, allora,
si ha lidentit`
a di Parseval:
+
X
[(x | ek )]2 = (x | x) .
(5.2)
k=1
Dimostrazione. Sia
Sn (x) =
n
X
(x | ek ) ek ,
k=1
n
X
(x | ek ) ek x
k=1
!
=
n
X
(x | ek ) (x | ek ) =
k=1
n
X
[(x | ek )]2 .
k=1
Inoltre,
(Sn (x) | Sn (x)) =
n
X
k=1
n
X
n
X
(x | ek ) ek
(x | eh ) eh
h=1
(x | ek ) (x | eh ) (ek | eh ) =
h,k=1
n
X
[(x | ek )]2 .
k=1
Pertanto,
(Sn (x) x | Sn (x) x) = (x | x)
n
X
k=1
[(x | ek )]2 .
(5.3)
103
[(x | ek )]2 (x | x) ,
n N ,
k=1
ek = 2 2 [ 1 , 1 ] .
2k 2k1
Essendo ek (x) eh (x) = 0 per ogni k 6= h, si ha (ek | eh ) = 0; inoltre,
Z
Z
2
k
ek (x) dx = 2
dx = 1 ,
1
(0,1)
]
[ 21k , 2k1
e quindi {ek } `e un sistema ortonormale in H. Il sistema non `e, per`o, completo.
Sia infatti f (x) = x. Allora
Z
Z
k
3 1
f (x) ek (x) dx = 2 2
x dx =
,
ck (f ) =
1
2 2 3k2
(0,1)
]
[ 21k , 2k1
e si ha
+
X
c2k (f )
k=1
+
9 X 1
9
1
=
=
< = (f | f ) .
k
4 k=1 8
28
2
Dal momento che non vale lidentit`a di Parseval, il sistema ortonormale non
pu`o essere completo. Alternativamente, detta
g(x) =
+
X
k=1
+
3 X 1
1 1 (x) ,
ck (f ) ek (x) =
2 k=1 2k [ 2k , 2k1 ]
104
k=1
n
X
ck e k ,
k=1
(xn xm | xn xm ) =
m
X
k=n+1
! 12
c2k
105
+
X
ck e k .
k=1
n+
4.5.2
2
Si vede facilmente che se eh e ek sono due funzioni di T , allora si ha (eh | ek ) =
h,k . Pertanto, T `e un insieme ortonormale di funzioni. Essendo L2 ([, ])
separabile, per il Teorema 4.5.1, esiste un sistema ortonormale completo in
L2 ([, ]). Vogliamo dimostrare che T `e un sistema ortonormale completo,
ovvero che, se f `e in L2 ([, ]), detti per k 1,
Z
Z
1
1
f (x) cos(kx) dx ,
bk (f ) =
f (x) sen(kx) dx ,
ak (f ) =
E
E
e
1
a0 (f ) =
2
Z
f (x) dx ,
E
106
si ha che
+
a0 (f )
1 X
f (x) =
+
[ak (f ) cos(kx) + bk (f ) sen(kx)] ,
k=1
2
nel senso che la serie converge in L2 ([, ]). Si noti che i coefficienti di
Fourier di una f di L2 ([, ]) non dipendono dalla scelta di f nella sua
classe di equivalenza quasi ovunque.
Sia allora f in L2 ([, ]), e sia {a0 (f ), ak (f ), bk (f )} la successione dei
suoi coefficienti di Fourier. Dal momento che T `e un sistema ortonormale
di vettori, per il punto i) del Teorema 4.5.1 (ovvero per la disuguaglianza di
Bessel), si ha
a20 (f )
+
X
[a2k (f )
b2k (f )]
f 2 (x) dx .
[,]
k=1
[,]
k+
[,]
107
1 X
Tn (x) = +
cos(kx) .
2 k=1
` facile verificare per induzione che, per ogni x 6= 0,
E
sen n + 21 x
.
Tn (x) =
2sen x2
Se x = 0, `e sufficiente definire Tn (0) = n + 12 per ottenere che Tn (x) `e una
funzione continua su [, ]. Si ha poi, ricordando la definizione di a0 (f ),
ak (f ) e bk (f ),
Sn (f )(x) =
=
=
=
=
n
a0 (f )
1 X
+
[ak (f ) cos(kx) + bk (f ) sen(kx)]
k=1
2
Z
1
1
f (y) dy
[,]
2
n Z
X
1
+
f (y) [cos(ky) cos(kx) + sen(ky) sen(kx)] dy
k=1 [,]
#
"
Z
n
1
1 X
cos(k(y x)) dy
f (y)
+
[,]
2 k=1
Z
1
f (y) Tn (y x) dy
Z[,]
1
f (x + y) Tn (y) dy .
[x,x]
f (x + y) Tn (y) dy =
f(x + y) Tn (y) dy .
Sn (f )(x) =
[x,x]
[,]
Daltra parte, essendo (come si verifica facilmente)
Z
1
Tn (y) dy = 1 ,
[,]
108
+
[f (x + y) f (x)] cos(ny) dy .
[,]
Sia ora x in (a, b). Allora f(x + y) f(x) = f(x + y) 1 = 0 per ogni y in
(a x, b x). Pertanto,
(
0
se y (a x, b x),
[f(x + y) f(x)] cos y2
cos( y2 )
=
g(y) =
altrove in [, ].
2sen y
2sen y2
(2)
Dal momento che sen y2 si annulla (in [, ]) solo nellorigine, e che 0
appartiene a (a x, b x) (essendo x in (a, b)), si ha che g `e una funzione
limitata su [, ]. Essendo anche misurabile, `e in L ([, ]) e quindi
(dato che m([, ]) = 2 < +) anche in L2 ([, ]). Si ha allora, per il
lemma di Riemann-Lebesgue,
Z
lim
g(y) sen(ny) dy = 0 .
n+
[,]
[,]
n+
In maniera identica si prova che se x non appartiene a [a, b], allora Sn (f )(x)
tende a f (x) (ovvero a zero). Pertanto, Sn (f )(x) tende a f (x) per ogni x
diverso da a, b, e quindi quasi ovunque.
109
Osservazione 4.5.8 Si ha
1
.
2
n+
n+
Teorema 4.5.9 Siano < a < b < , e sia f (x) = (a,b) (x). Allora Sn (f )
converge in L2 ([, ]) ad f .
Dimostrazione. Dal momento che Sn (f ) tende a f quasi ovunque, Sn2 (f )
tende a f 2 quasi ovunque. Per il lemma di Fatou, si ha allora
Z
Z
2
f (x) dx lim inf
Sn2 (f )(x) dx .
n+
[,]
[,]
Essendo
Z
[,]
1
Sn2 (f )(x) dx =
n
X
a20 (f ) +
!
[a2k (f ) + b2k (f )]
k=1
Sn2 (f )(x) dx
[,]
a20 (f )
!
[a2k (f )
b2k (f )]
f 2 (x) dx ,
[,]
k=1
+
X
Sn2 (f )(x) dx
[,]
f 2 (x) dx .
[,]
Pertanto,
Z
Sn2 (f )(x) dx
lim
n+
[,]
Z
=
f 2 (x) dx ,
[,]
[,]
si ha
Z
lim
n+
ovvero la tesi.
[,]
[,]
Sn2 (f )(x) dx ,
110
[,]
Dimostrazione. Essendo Sn (f ) Sn (g) = Sn (f g), `e sufficiente dimostrare che, per ogni n in N, e per ogni h in L2 ([, ]),
Z
Z
2
|Sn (h)(x)| dx
|h(x)|2 dx .
[,]
[,]
12
|f (x) (x)| dx
d2 (f, ) =
[,]
.
3
d2 (Sn (f ), Sn ( )) =
[,]
21
.
3
| (x) Sn ( )(x)| dx
d2 ( , Sn ( )) =
[,]
21
,
3
n n .
111
[,]
+
X
|ak (f )| + |bk (f )| ,
k=1
112
k+
[,]
[,]
Z
f (x) cos(kx) dx = R
[,]
cos(kx) dx =
a
sen(kb) sen(ka)
,
k
che tende a zero quando k tende ad infinito. Pertanto, per ogni funzione
semplice ,
Z
(x) cos(kx) dx = 0 .
lim
k+
[,]
113
Capitolo 5
Misure prodotto
5.1
Una volta definita mN , si dimostra che essa gode di tutte le propriet`a dimostrate a suo tempo per m : che `e monotona, regolare, che coincide con ln
114
115
A RN ,
+
X
n=1
lN (In ) .
116
nN
117
(E) = inf
(Cj ), {Cj }jJ
di insiemi di C : E jJ Cj .
jJ
Ei M .
nN
118
Osserviamo ora che m(Bn ) `e uno degli addendi della somma precdente se e
solo se x `e in An , e che quindi si pu`o scrivere (ricordiamo che x `e fissato)
X
X
m(Bn ) =
m(Bn ) An (x) .
m(B)
nNx
nN
nN
nN
nN
nN
N (E) = inf
N (Rj ), {Rj }jJ
di insiemi di R : E jJ Rj .
jJ
119
E RN .
n
l(Im
) m(Anj ) +
j
.
2n (1 + N (An ))
120
n
in modo tale che {Im
, m NN } sia un ricoprimento di Rn . Inoltre,
n
lN (Im
)
N X
Y
n
l(Im
) m(An ) . . . m(AnN ) +
j
j=1 mj N
mNN
= N (Rn ) + n .
n
2
2
n
, m NN , n N} `e una famiglia al pi`
u numerabile di
In definitiva, {Im
intervalli aperti che ricopre E, e si ha
X X
X
n
lN (Im
)
N (Rn ) + N (E) + 2 .
nN mNN
nN
Pertanto,
mN (E) N (E) + 2 ,
da cui la tesi per larbitrariet`a di .
A questo punto, essendo N e mN numericamente uguali, ne segue che
E `e misurabile per N se e solo se lo `e per mN . Pertanto, la -algebra degli
insiemi misurabili secondo N `e la -algebra degli insiemi misurabili secondo
mN (ovvero, quella che abbiamo definito come la -algebra degli insiemi
misurabili secondo Lebesgue). Cosa abbiamo guadagnato? Una sola cosa:
adesso possiamo affermare che i rettangoli di RN sono misurabili secondo
Lebesgue e che
mN (R) = mN (R) = N (R) = m(A1 ) . . . m(An ) ,
ovvero che la misura N -dimensionale del prodotto cartesiano di N insiemi
misurabili secondo Lebesgue in R `e il prodotto delle loro misure.
5.2
Il teorema di Fubini-Tonelli
A partire dalla misura N -dimensionale, `e possibile definire il concetto di misurabilit`a per una funzione, e successivamente dare la definizione di integrale.
Ancora una volta, tutte le propriet`a dimostrate nel caso unidimensionale
continuano a valere in dimensione qualsiasi, compresi i teoremi di passaggio
al limite sotto il segno di integrale.
121
R2
R.
Esempio 5.2.1 Sia P un insieme non misurabile di R contenuto in [0, 1], e
sia E = P Q. Allora E (che non `e un rettangolo) `e misurabile in R2 . Infatti,
E [0, 1] Q, che `e un rettangolo di misura nulla, e pertanto m2 (E) = 0,
da cui segue (si veda il Teorema 2.3.2), che E `e misurabile (e ha misura
nulla). Consideriamo ora f (x, y) = E (x, y) = P (x) Q (y). Ovviamente f
`e misurabile (come funzione caratteristica di un insieme misurabile), e il suo
integrale su R2 vale zero (essendo f nulla quasi ovunque). Sia ora y fissato in
R; allora f (x, y) = P (x) se y `e razionale, e zero altrimenti. RPertanto, se y `e
in Q, f (x, y) non `e misurabile e non ha dunque senso scrivere R f (x, y) dx. Il
che vuol dire che non `e (apparentemente) possibile spezzare lintegrale di f
su tutto R2 come due integrali. In realt`a, la funzione f (x, y) `e sia misurabile
che sommabile su R per quasi tutti gli y in R: tutti, tranne i razionali, che
formano un insieme di misura nulla. Pertanto, possiamo definire, per quasi
ogni y in R, la funzione
Z
y 7
f (x, y) dx ,
R
122
che `e la funzione identicamente nulla, definire arbitrariamente la stessa funzione per y razionale (dal momento che siamo interessati ad integrare tale
funzione su R, modificarla o definirla su un insieme di misura nulla non
modifica il valore dellintegrale), ed ottenere una funzione misurabile (perche
quasi ovunque nulla), sommabile, e con integrale zero.
La validit`a della seconda formula `e ancora pi`
u evidente, dal momento
che, per ogni x in R la funzione f (x, y) `e la funzione quasi ovunque nulla, e
pertanto
Z
x 7
f (x, y) dy ,
R
Rn , Rn R} ,
nN
e
R = {E =
Rn , Rn R } .
nN
123
nN
[ [
Rn Qm ,
nN mN
124
1
,
n
nN
nN
nN
125
Dimostrazione. Se E `e un rettangolo, allora E = A B, Ex `e B oppure linsieme vuoto a seconda se x appartiene o meno ad A, e quindi
g(x) = m(B) A (x). Essendo A misurabile, g lo `e, e il suo integrale `e proprio
m(A) m(B) che `e m2 (E).
Se E `e in R , per il Teorema 5.2.2, 5), E `e unione al pi`
u numerabile di
una famiglia {Rn } di rettangoli a due a due disgiunti. Definiamo gn (x) =
m((Rn )x ). Allora gn `e misurabile (per quanto appena dimostrato), e si ha
X
g(x) =
gn (x) ,
nN
nN
nN
126
n+
n+
n+
dove nellultimo passaggio si `e usato ancora una volta il Teorema 2.3.7, ii).
Finora ci siamo occupati solo degli insiemi di R , ma per trattare gli
insiemi misurabili qualsiasi ci viene in aiuto il punto 4) del Teorema 5.2.2.
Teorema 5.2.7 Sia E un sottoinsieme misurabile in R2 , con m2 (E) = 0.
Allora Ex `e misurabile in R per quasi ogni x in R e si ha m(Ex ) = 0.
Dimostrazione. Per il Teorema 5.2.2, 4), esiste F in R contenente E e
con m2 (F ) = 0. Dal teorema precedente segue allora che
Z
m(Fx ) dx .
0 = m2 (F ) =
R
Essendo m(Fx ) una funzione misurabile e non negativa, ne segue che m(Fx ) =
0 per quasi ogni x in R. Essendo E F , si ha Ex Fx e quindi, per quasi
ogni x, Ex `e misurabile ed ha misura zero.
Teorema 5.2.8 Sia E un sottoinsieme misurabile di R2 , con m2 (E) < +.
Allora per quasi ogni x in R linsieme Ex `e misurabile in R; la funzione,
definita quasi ovunque, g(x) = m(Ex ) `e misurabile in R, sommabile su R e
tale che
Z
g(x) dx = m2 (E) .
R
127
Z Z
f (x, y) dy
R
ZZ
dx = m2 (E) =
f (x, y) dx dy .
R2
128
nX
2n 1
k=0
k
E (x, y) .
2n n,k
129
Teorema 5.2.11 (Fubini, Tonelli) Sia f : R2 R una funzione misurabile e non negativa. Allora (teorema di Tonelli)
1) per quasi ogni x in R la funzione fx definita da fx (y) = f (x, y) `e
misurabile in R;
2) per quasi ogni y in R la funzione fy definita da fy (x) = f (x, y) `e
misurabile in R;
Z
3) la funzione (definita quasi ovunque) x 7
f (x, y) dy `e misurabile su
R
R;
Z
4) la funzione (definita quasi ovunque) y 7
f (x, y) dx `e misurabile su
R
R;
5) si ha
Z Z
f (x, y) dy
Z Z
ZZ
f (x, y) dx dy =
dx =
R2
f (x, y) dx dy .
130
si ha che
Z
x 7
f (x, y) dy ,
R
`e misurabile.
Dal momento che
Z
x 7
f (x, y) dy ,
R
dove nellultimo passaggio si `e usato ancora una volta il Teorema di convergenza monotona. Pertanto, 5) `e dimostrata.
Supponiamo ora che f sia sommabile; per linearit`a dellintegrale, `e sufficiente dimostrare 1), 3) e 5) per f + (x, y) e f (x, y), ovvero dimostrarle per
131
una funzione sommabile non negativa. Essendo una tale funzione misurabile,
otteniamo 1), 3) e 5); inoltre, essendo finito lintegrale su R di
Z
f (x, y) dy ,
x 7
R
che d`a una formula per il calcolo dellintegrale di una funzione di Lp (R) in
termini della misura dei sopralivelli. In maniera analoga si dimostra che, se
132
[0,+)
[k,+)
|f (x)| dx = p
R
y
[0,1]
p1
1
1
1 dy =
.
y
p1
Inoltre, se m(E) < +, e se f `e tale che esiste una costante C > 0 tale
che m({x E : |f (x)| > y} tCq (ovvero, f appartiene allo spazio di
Marcinkiewicz M q (E)), allora f `e in Lp (E) per ogni p < q. Infatti
Z
Z
Z
p
p
|f (x)| dx =
|f (x)| dx +
|f (x)|p dx
E
{xE:|f (x)|<1}
{xE:|f (x)|1}
Z
m(E) + p
m({x E : |f (x)| y}) y p1 dy
[1,+)
Z
1
m(E) + p C
dy < + .
qp+1
[1,+) y
Pertanto, ricordando che Lp (E) `e contenuto in M p (E) (come si vede utilizzando la disuguaglianza (2.25) del Capitolo 3), se m(E) < +, M p+ (E)
Lp (E) M p (E), con inclusioni strette.
Indice analitico
condizione di Cauchy, 14
misura se m(E) = +, 80
continuit`a, 13
schema riassuntivo, 96
convergenza
di una successione crescente di distanza, 2
discreta, 2
funzioni semplici verso una fun disuguaglianza triangolare, 2
zione sommabile, 128
positivit`a, 2
in L (E) `e la uniforme quasi
simmetria, 2
ovunque, 95
in Lp (E) implica in Lq (E) se disuguaglianza
di Bessel, 102
p > q e m(E) < +, 96
di Cauchy-Schwartz in RN , 3
in Lp (E) implica in misura, 95
di Cauchy-Schwartz per succes in Lp (E) implica quasi ovunque
sioni, 7
per sottosuccessioni, 95
di Chebyshev, 75
in Lp (E) non implica quasi ovun di Holder in RN , 5
que, 94
di Holder per funzioni continue,
in misura, 79
10
in misura implica quasi ovunque
di
Holder per successioni, 7
per sottosuccessioni, 79
di Young, 4
in misura non implica quasi ovunque, 94
funzione a gradino, 54
lemma di Riemann-Lebesgue in funzione di Dirichlet, 55
L1 ([, ]), 112
funzioni misurabili, 44
lemma di Riemann-Lebesgue in
sup, inf, lim sup, lim inf e lim,
L2 ([, ]), 106
46
quasi ovunque, 47
continuit`a a meno di insiemi di
quasi ovunque implica in misura
misura piccola, 48, 88
se m(E) < +, 80
convergenza quasi uniforme, 51,
quasi ovunque non implica in
52
133
INDICE ANALITICO
formano uno spazio vettoriale,
44
funzioni caratteristiche, 47
funzioni continue, 44
funzioni semplici, 48, 56
rappresentazione canonica,
56
restrizioni ad insiemi misurabili
di funzioni misurabili, 44
uguali quasi ovunque, 47
insieme aperto, 11
insieme chiuso, 11
insiemi misurabili
secondo Lebesgue, 29
-additivit`a, 32
-algebra dei misurabili, 40
finita additivit`a, 31, 32
i rettangoli in RN , 120, 122
insieme non misurabile, 40
insiemi con la stessa misura
di un numerabile in R , 123
insiemi misurabili, aperti e
chiusi, 38
invarianza per traslazioni,
36
le intersezioni numerabili di
unioni numerabili di rettangoli in RN , 122
le unioni numerabili di rettangoli in RN , 122
misurabilit`a degli aperti, 38
misurabilit`a degli insiemi di
misura esterna nulla, 30
misurabilit`a degli intervalli,
38
134
misurabilit`a dei chiusi, 38
misurabilit`a dellunione finita, 30
misurabilit`a delle semirette,
37
successioni monotone crescenti, 35
successioni monotone decrescenti, 35
secondo Peano-Jordan, 23
integrale secondo Lebesgue
funzioni misurabili e limitate
additivit`a, 64
definizione, 63
funzioni uguali quasi ovunque, 64
integrabilit`a, 60
integrale inferiore, 60
integrale superiore, 60
monotonia, 64
su unioni finite di insiemi
misurabili, 64
teorema di convergenza limitata, 67
funzioni non negative
additivit`a, 70
definizione, 69
integrabilit`a per serie, 73
lemma di Fatou, 71
monotonia, 70
su unioni numerabili di insiemi misurabili, 73
teorema di Beppo Levi, 72
funzioni sommabili
additivit`a, 77
INDICE ANALITICO
assoluta continuit`a dellintegrale, 75
definizione per funzioni di
segno qualsiasi, 76
definizione per funzioni non
negative, 74
finite quasi ovunque, 75
monotonia, 77
su unioni finite di insiemi
misurabili, 77
teorema di Lebesgue, 78
teorema di Lebesgue generalizzato, 81
teorema di Vitali, 81
integrabilit`a delle funzioni integrabili secondo Riemann, 63
integrale di funzioni semplici,
57
additivit`a, 58
indipendenza dalla rappresentazione, 57, 59
monotonia, 58
integrale secondo Riemann
definizione, 54
integrale inferiore, 53
integrale inferiore e funzioni a
gradino, 55
integrale superiore, 53
integrale superiore e funzioni a
gradino, 55
somme inferiori, 53
somme superiori, 53
limitatezza, 13
lunghezza di un intervallo
in R, 25
135
in RN , 114
lunghezza di un intervallo aperto, 23
massimo limite, 45
minimo limite, 45
misura di Lebesgue, 40
di un rettangolo, 117
in RN , 115
misura esterna
secondo Lebesgue, 25
-subadditivit`a, 28
estensione, 26
in RN a partire dagli intervalli, 114
in RN a partire dagli intervalli `e la stessa a partire dai
rettangoli, 119
in RN a partire dai rettangoli, 118
invarianza per traslazioni,
29
monotonia, 26
regolarit`a, 26
secondo Peano-Jordan, 23
misura interna
secondo Peano-Jordan, 23
misura secondo Peano-Jordan, 23
partizione di un intervallo, 53
pluriintervallo, 23
quasi ovunque, 47
razionali
misurabili secondo Lebesgue, 30
non misurabili secondo PeanoJordan, 24
INDICE ANALITICO
136
(L2 (E), d2 )
prodotto scalare, 100
semi-algebra
(` , d ), 9
definizione, 115
(`p , dp ), 8
estensione di una misura, 116
(L1 (E), d1 ), 82
gli intervalli di RN , 115
convergenza totale, 83
i rettangoli di RN , 117
convergenza totale implica
separabilit`a
convergenza, 84
(L (R), d ) non `e separabile,
densit`a delle funzioni conti100
nue, 87
definizione, 97
(L (E), d ), 91
di (Lp (R), dp ), 98
(Lp (E), dp ), 90
di (Lp (E), dp ), 99
densit`a delle funzioni contisezione di un insieme misurabile
nue, 90
definizione, 124
(RN , d2 ), 3
misurabilit`a della funzione m(Ex ),
(RN , d ), 7
126
(RN , dp ), 6
misurabilit`a delle sezioni di in definizione, 2
siemi in R , 124
densit`a, 19
misurabilit`a per ogni x della mi isometria, 19
sura di Ex , se E `e in R ,
metrica discreta, 2
125
spazi metrici completi
misurabilit`a per quasi ogni x di
(C(X, Y ), d ) se Y `e completo,
Ex , 126
15
misurabilit`a per quasi ogni x di
(C 0 ([a, b]), d1 ) non `e completo,
Ex se m2 (E) = 0, 126
17
sfera aperta, 11
(C 0 ([a, b], R), d ), 16
spazi metrici
(L(X, Y ), d ) se Y `e completo,
(C(X, Y ), d ), 13
15
(C 0 ([a, b], R), d1 ), 9
1
(L
([, ]), d1 )
0
(C ([a, b], R), d ), 9
la serie di Fourier pu`o diver (C 0 ([a, b], R), dp ), 10
gere ovunque, 113
(C 1 ([a, b], R), d,1 ), 11
lemma di Riemann-Lebesgue,
(C 1 ([a, b], R), d,1 ), 11
112
(C 1 ([a, b], R), d,1 ), 11
(L2 ([, ]), d2 )
(L(X, Y ), d ), 13
rettangolo, 117
INDICE ANALITICO
convergenza della serie di Fourier di funzioni caratteristiche,
109
convergenza quasi ovunque
della serie di Fourier, 111
lemma di Riemann-Lebesgue,
106
sistema ortogonale trigonometrico, 105
sistema ortogonale trigonometrico `e completo, 110
(L ([, ]), d )
la serie di Fourier non converge, 113
(` , d ), 16
(`p , dp ), 16
(L1 (E), d1 ), 86
(L (E), d ), 91
(Lp (E), dp ), 90
completezza dei sottoinsiemi chiusi, 15
definizione, 14
spazi di Hilbert, 101
spazi di Hilbert separabili
coefficienti di Fourier, 103
identit`a di Parseval, 102
isometria biunivoca fra (H, d)
e (`2 , d2 ), 104
sistema ortonormale completo, 101
teorema di completamento, 19
successioni convergenti, 12
unicit`a del limite, 12
teorema di Fubini-Tonelli
per funzioni caratteristiche, 127
137
per funzioni misurabili, 129
per funzioni sommabili, 129