Il Nuovo Bestiario
Il Nuovo Bestiario
Il Nuovo Bestiario
Delegazione Siciliana
COLLANA ARGOMENTI
IL NUOVO BESTIARIO
A cura di Gianfranco Romagnoli
(edizione non definitiva)
Immagine di copertina: La colomba della pace di Carla Amirante, 2002 coll. privata
1
GLI AUTORI
Antonio Martorana - Preside del Liceo Classico G. Garibaldi,
Palermo
Giorgio Recchi - Geologo, socio fondatore CISM
Carla Amirante - Pittrice e saggista, componente Direttivo CISM
Gianfranco Romagnoli - Vicepresidente e Delegato per la Sicilia del
Centro Internazionale di Studi sul Mito
Angelo Floramo - Docente nei Licei, socio dellAccademia di studi
medioevali Jaufr Rudel
Giovanni Isgr - Docente di Semiologia dello spettacolo, Universit di
Palermo
Lavinia Scolari - Dottoranda Universit di Siena
Vincenzo Guzzo - Esperto in Comunicazione
INTRODUZIONE
TEOLOGIA,TERATOLOGIA ED ESORCISMO NEL BESTIARIO
MEDIEVALE
di Antonio Martorana
Il termine bestiario ci riporta ad una manualistica, in versi o in prosa, fiorita
nel corso del Medio Evo, che, nella base delle conoscenze scientificonaturalistiche dellepoca, offriva un compendio descrittivo di animali, sia reali
che immaginari,con le virt prodigiose e la simbologia ad essi attribuite.
In parallelo con i lapidari (illustranti le propriet delle rocce e dei minerali), e
con gli erbari (dove, spesso a carattere curativo, erano descritte le virt delle
piante), quelle raccolte si catalogavano come storia naturale, ma di una
storia naturale intesa come capitolo del libro sacro delluniverso, scritto da
Dio al momento della creazione.
Quella ierofania andava letta tramite i metodi esegetici usati per i testi
sacri, tesi a individuarvi, sotto il velo del senso letterale, i significati reconditi
di carattere allegorico, morale e mistico.
Nelladdentrarsi su tale terreno, non si pu fare a meno di risalire alle
origini del genere, vale a dire a quella trattatistica zologica dellantichit,
popolata da esseri fantastici dai tratti ibridi ed antropomorfici, il cui
abbrutimento somatico la marca connotativi di una rappresentazione della
bestialit in chiave teologica, sullo sfondo delleterno conflitto tra la stessa e
lumanit, della psicomachia tra il male ed il bene.
Gi del mondo classico viene cos costruito, per limmaginario collettivo un
copione, con i suoi ruoli, i suoi loci e la sua dinamica, destinato
puntualmente a riproporsi drammaticamente nella codificazione cristiana del
contrasto tra peccato e redenzione, tra smarrimento e fede. La vittoria di
Ercole sui mostri trova il suo corrispettivo nella vittoria del credente sul
Maligno.
Orripilanti erano i Cinocefali, esseri dal corpo umano, di dimensioni anche
gigantesche, e dalla testa di cane, il cui mito si riscontra in tutte le culture
indoeuropee di epoca classica, dal Nord Africa allIndia, dalla Grecia alla
Persia. In Esiodo (VIII-VII sec.a.C.), prima fonte greca di riferimento,
troviamo la distinzione tra hemikynes, ossia mezzi cani, descritti come
umanoidi dal corpo di cane, e kynokephaloi, dalla testa di cane e corpo
umano. Entrambe le specie, considerate come appartenenti ad un'unica
popolazione, sono collocate dal poeta sulle coste del Mar nero.
3
Senza subire varianti, tranne che per il luogo ed il nome (per Strabone e
Plinio il Vecchio si chiamano cynamolgi e abitano in Etiopia, per Tertulliano
si chiamano cynopennae e abitano in Persia) il mito dei Cinocefali giunge in
et medievale, trovando quegli esseri catalogazione in trattati quali il Liber
monstruorum de diversis generibus (VIII sec.d.C.), unitamente a molteplici
creature mostruose, abitanti in terre orientali, lontane e sconosciute.
Che i Cinocefali continuassero ancora, in pieno Medio Evo, a turbare
limmaginario collettivo e che addirittura la loro mostruosit potesse fungere
da deterrente per scoraggiare eventuali attacchi nemici trova testimonianza
nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono. Qui si racconta, infatti, che i
Longobardi non esitarono, proprio con quellintento, a mettere in giro la voce
che nelle proprie file erano presenti dei feroci Cinocefali.
Nella Historia Francorum, scritta dal miniaturista francese Alemaro di
Sciabannes, si dice che alcuni guerrieri saraceni, catturati dai Franchi nei
pressi di Limoges, guaivano ed abbaiavano come cani.
Sempre su tale linea narrativa si colloca Giovanni dal Pian del Carpine,
che, parlando dei Samoiedi, attribuisce al loro volto fattezze canine.
Sempre allet medievale risale la raffigurazione, in icone ed affresci
bizantini, del santo cristiano Cristoforo con il sembiante di Cinocefalo. La
leggenda riportata nella Passio sancti Cristophori martyris, frequentemente
citata in varie opere di patristica del tempo, vuole che egli fosse un
Cinocefalo convertitosi al Cristianesimo. Dotato di trtatti affini a quelli del dio
egizio Anubi, egli condividerebbe con questi una singolare esperienza:
Anubi ricordato come traghettatore di anime dal regno dei vivi a quello dei
morti, e cos San Cristoforo Cinocefalo rappresentato nellatto di
traghettare Ges Bambino, portandolo sulle spalle, da una riva allaltra di un
fiume.
Dalle ricerche di Massimo Izzi e di Philippe Walter si pu dedurre che la
figura di San Cristoforo sia un retaggio di culti pagani correlati ai movimenti
astronomici della stella Sirio, appartenente alla costellazione del Cane
Maggiore. Non a caso la festa in onore del Santo cade in data 25 luglio, in
piena canicola, quando il sorgere e il tramontare di Sirio avvengono in
piena coincidenza con quelli del Sole (M. IZZI, Il dizionario illustrato dei
mostri, Roma, Cremese, 1989, pp. 287-288; P. WALTER La mmoire du
temps, Parigi-Ginevra, Champion Slaktine, 1989, p. 719).
La vicenda di San Cristoforo Cinocefalo ha un chiaro significato
emblematico circa il potere della santit di sublimare anche la mostruosit,
ed assume forse rilevanza testimoniale come manifestazione, in seno alla
Chiesa, di una pi matura cultura dellaccoglienza imolicante laccettazione
di creature dalla conformazione difettosa e sgradevole come parte della
creazione divina.
Il modello da cui la letteratura zoologica medievale attinge la propria
materia va individuato nelloprea greca Phisiologus, composta tra la fine del
4
di lei, e, purificato dal suo candore, reclina fidente il capo sul suo grembo,
piombando nel sonno.
I cacciatori, che intanto si erano appostati, possono uscire allo scoperto e
trafiggerlo.
La purezza dello spirito trionfa sulla bestialit, cos come Cristo, unicorno
spirituale che scende nellutero di una vergine, trionfa su Satana.
10
Generalit
Il Drago un animale decisamente fuori dal comune, lessere favoloso e
grandioso per eccellenza, che raccoglie in s elementi sia positivi che
negativi a seconda delle epoche storiche o dei luoghi geografici presi in
esame.
Esso, nelle molte storie in cui presente, non figura come il primo attore
ma sicuramente come un comprimario molto importante, ed sempre una
figura di grande prestigio ed autorevolezza che non va sottovalutato mai, sia
che agisca a fin di bene sia che procuri devastazioni e morti.
Il termine drago deriva dalla parola greca drkn, che a sua volta prende
origine dal verbo drkesthai che significa guardare, e dalla parola latina
drco (nom.), dracnen (acc.): entrambi i termini si pongono in relazione con
11
Si pu dire che il Drago incarna negli aspetti positivi i simboli della forza,
della sapienza nel dare saggi consigli e giuste risposte, oppure il ruolo di
attento custode del tesoro perch protegge ricchezze e cose sacre contro
intromissioni non degne, pu addirittura svolgere una funzione apotropaica
capace di scongiurare sciagure varie come catastrofi, alluvioni, incendi e
malanni; invece se visto in senso negativo, esso incarna vari vizi: lavidit,
perch nasconde e custodisce i tesori utili alluomo, come limmortalit o la
scienza universale; la voracit, perch divora vitelli, pecore ed esseri umani;
la concupiscenza, perch gli vengono offerte le fanciulle vergini; ed ancora il
male assoluto, perch in lui si cela il diavolo.
Descritte in grandi linee le caratteristiche fisiche e morali, pu affermarsi
che il Drago come immagine risponde pienamente al concetto di simbolo
perch, analizzando il termine, si evidenziano gli stretti legami che
intercorrono con esso.
Brevemente dir ci che gi sappiamo del termine simbolo: esso una
parola di origine greca formata dalla preposizione syn e dal verbo ballo, che
uniti significano metto insieme. In origine con questa parola si designavano
le due unit di un oggetto spezzato che poteva essere ricomposto in seguito,
cos ogni singola parte era riconoscimento dellaltra. Con il tempo questo
termine ha acquistato il significato di stare in luogo e perci di funzione
rappresentativa di qualcosaltro, con forte somiglianza od analogia tra
termine ed oggetto simboleggiato.
Analizzando la figura del nostro Drago, la prima impressione che
ricaviamo che la sua persona fortemente legata alla natura per il fatto
stesso di essere un animale. Egli una grossa bestia primordiale che con la
sua forza e la sua mole possente evoca la grandiosit della natura, della
terra ai suoi albori gestativi durante le ere preistoriche. Il drago come
animale del sottosuolo provoca le eruzioni dei vulcani ed i terremoti, come
animale degli abissi marini genera i maremoti e come animale celeste d
luogo a temporali, tuoni ed uragani; il pi delle volte egli unisce in s tutte
queste potenzialit in quanto possiede le tre caratteristiche naturali, di
essere marino o lacustre, terrestre e celeste.
Fermo restando lo stretto legame tra il Drago, elemento visibile del
simbolo e lentit astratta rappresentata, andremo a ricavare altre
impressioni e simbologie frutto del pensiero degli uomini, che evolvendosi
hanno voluto attribuirgli caratteristiche sempre pi complesse.
Spiegare la sua lunga vita difficile sia per lestensione del territorio in cui
si mosso, in pratica tutto il pianeta ed anche il cielo sovrastante, sia per la
nascita, avvenuta chiss quando, forse in epoca preistorica, e spiegata in
maniera diversa dalle religioni antiche, sia infine per le azioni compiute da lui
fino ai giorni nostri, tante e multiformi.
14
Il Medio-Oriente
Rispettando lordine cronologico ufficiale del sorgere delle civilt,
inizieremo dal Medio-Oriente, e precisamente dalla Mezzaluna fertile con la
divinit del Caos acquatico Tiamat e il suo sposo, la divinit dellabisso
Apsu, le pi antiche divinit del pantheon religioso babilonese, che
rappresentavano loscurit, la pericolosit ed il mistero di una natura
impossibile da dominare.
Nel poema epico babilonese della creazione Enuma Elish ( Quando in
alto) si narra che Tiamat ed Apsu erano personificazioni delle acque
primordiali, due esseri dai corpi mostruosi simili a draghi, che governavano
da soli sul mondo; da essi in seguito ebbero origine tutti gli dei e gli eroi della
Mesopotamia. Dalla mescolanza delle loro acque vennero procreati Mannu,
tumulto delle onde e i due serpenti mostruosi LaKmu e LaKhamu, da
questi nacquero altre divinit fino ad arrivare a Marduk; ma tutte queste
divinit con il loro comportamento irriverente irritarono profondamente Apsu
e Tiamat, che decisero di uccidere la loro progenie. Uno di questi figli, Ea,
venuto a conoscenza del loro piano criminoso, rap il padre e lo castr,
allora la madre, per vendicare lo sposo, procre undici mostri, enormi
serpenti velenosi dai denti aguzzi, provvisti di raggi luminosi: essi erano
draghi spietati ed impavidi. Nonostante la difficolt di vincere simili mostri, il
dio Marduk, scelto dalle altre divinit come loro campione, riusc nellintento,
uccise prima la madre Tiamat in un epico scontro, poi tagli il corpo della
dea in due parti, con una cre il cielo e il firmamento, con laltra la terra; poi
cattur i Draghi, li rinchiuse negli inferi ed infine pose ai suoi piedi uno di
questi, Muschchuschu, che rimase l accovacciato, tranquillo e sereno per
sempre.
NellEnuma Elish lepica lotta tra le due divinit viene cos descritta:
Il signore gett la sua rete per afferrarla.
Gett il vento distruttore, che era dietro di lui,
Sul suo volto,
Non appena Tiamat spalanc la bocca,
Marduk gli soffi dentro il vento, ed ella non pot pi
Chiudere le labbra,
Il vento potente le gonfi il ventre.
Il suo cuore impazz; aprendo ancor pi la bocca,
Cercava il respiro.
Egli afferr la lancia e la conficc nel ventre,
Trafisse le interiora e le spacc il cuore,
Infine lafferr e pose fine alla sua vita.
Scaravent la sua carcassa a terra e la calpest.
15
e di Anush, madre dei Draghi, in seguito alla morte del padre furono costretti
a lasciare il paese ed a trasferirsi in Armenia, a Massis, dove furono
chiamati i figli del Dragone. Azadhak una variante di Azhi Dahaka,
demone persiano con tre teste, sei occhi e tre mandibole, che, sconfitto e
rinchiuso dalleroe Traetaoma nel monte Demavend, riusc a liberarsi e,
dopo aver compiuto grandi devastazioni, infine fu ucciso dalleroe
Kerasaspa, che pot introdurre dopo questa fatica un nuovo ordine nel
mondo. Il Drago Azadhak simbolo di malvagit.
LIndia
DallAsia centrale verso Oriente nel subcontinente indiano giunsero nel
II millennio a.C. dei popoli indoeuropei con le loro tradizioni e credenze
religiose, tra queste la devozione al dio Indra, dio della tempesta e
governatore del tempo, che con il suo fulmine Vajra manda lampi e tuoni e
genera la pioggia. Nel Rig-Veda, lantica raccolta di inni in onore agli dei,
viene descritto il duello tra Indra e Vritra, demone della siccit che brucia la
terra e tiene prigioniera la pioggia apportatrice di vita. Indra, nella sua prima
apparizione pubblica sulla scena, compie questo atto di grande utilit, uccide
Vritra e libera le acque fecondatrici. In un inno del Rig-Veda cos scritto:
Dichiarer le audaci gesta di Indra, che brandisce
Saette; la prima che egli comp.
Uccise Vritra, poi dischiuse le acque,
E separ i canali dei ruscelli di montagna
Pur senza mani e senza piedi, Vritra sfid Indra
Che lo colp tra le spalle con il suo dardo.
Indebolito, eppure vantando maschio vigore, cos
Vritra giaceva con le membra sparse.
Mentre nella mitologia mesopotamica la divinit negativa era Tiamat,
signora delle acque e del Caos, in quella indiana invece era quella della
siccit, che, privando la terra dellacqua necessaria, la fa morire. Anche in
Vritra si nota una simbologia primordiale legata alle forze naturali.
Sempre in India, nella mitologia ind si trovano i Naga, esseri fantastici
per met umani e per laltra met serpenti, il cui compito quello di
custodire i tesori e soprattutto le perle e spesso sono raffigurati che
circondano il Budda.
Gli Ittiti e l Egitto
Spostandoci verso Occidente e fermandoci presso gli Ittiti, incontriamo
Illjanka, il cui nome sembra significare mostro, serpente o drago, ( come
17
Scilla era stata una ninfa molto bella trasformata da Circe per gelosia in un
mostro marino, anche Cariddi era stata una ninfa, che per il suo enorme
appetito, Zeus aveva tramutato in un mostro che prima divorava tutta
lacqua, che poteva, per poi sputarla. Entrambe si trovavano presso lo
stretto di Messina, tra la Calabria e la Sicilia, e terrorizzavano i marinai che,
quando passavano di l, per non naufragare dovevano evitare le sei teste
canine di Scilla ed il gorgo di Cariddi. Da loro ebbe origine il famoso detto
giunto fino a noi tra Scilla e Cariddi, per dire che per evitare un pericolo si
rischia di finire in uno peggiore.
Pitone era un enorme serpente generato dalla dea della terra Gaia; esso
infestava il Parnaso ed istigato da Era, la moglie di Zeus, tent di uccidere
Latona incinta di Febo e di Artemide, avuti da Zeus. La prima azione
compiuta dal dio appena nato fu quella di uccidere il mostro con le sue
frecce, poi Febo seppell il corpo sotto lonfale del tempio di Delfi e fond i
Giochi Pitici.
Eracle uccise un altro terribile Drago, Ladone, che aveva cento teste e
custodiva i pomi doro che crescevano nel giardino degli dei, detto delle
Esperidi dal nome delle ninfe che lo abitavano. Ladone, dopo la sua morte,
fu posto da Era tra le costellazioni. Con Eracle termin il tempo pi antico in
cui i Draghi si confrontavano con le divinit maggiori per il dominio del
mondo ed inizi quello pi modesto in cui essi lottarono e furono sopraffatti
da uomini mortali, anche se eroi o figli di re.
Cadmo, figlio di Agenore re di Tiro e fratello di Europa, fanciulla amata e
rapita da Zeus, fu mandato dal padre in cerca della sorella e dopo un lungo
ed inutile peregrinare giunse a Delfi per interrogare loracolo, qui gli venne
detto di fondare una citt. Cadmo si mise alla ricerca del luogo giusto dove
fondare la citt e, quando vide una vacca con il segno della luna sui fianchi,
cap che doveva seguirla e la bestia lo condusse in Beozia. Giunto in questa
regione, leroe greco si rese conto che questo era il luogo dove doveva
sacrificare la vacca ad Atena, invi i suoi compagni a prendere lacqua per il
sacrificio a una fonte vicina, detta la sorgente di Ares, ma la fonte era
custodita da un Drago che uccise alcuni degli intrusi. Allora Cadmo venne in
aiuto dei superstiti ed uccise la feroce belva e poi, su suggerimento della
dea, semin i denti dellanimale. Da quei denti subito presero vita degli
uomini armati molto minacciosi: Cadmo, senza farsi vedere, lanci in mezzo
a loro delle pietre e quelli prima si accusarono reciprocamente, poi
incominciarono a battersi finch non sopravvissero che soli cinque guerrieri;
dopo questo fatto per penitenza Cadmo dovette servire Ares per otto anni
come schiavo, infine egli divenne re di Tebe.
Anche in questo caso il Drago si presenta come un temibile custode, che
procura la morte a coloro che vogliono impossessarsi del bene a lui affidato,
riaffermando anche in questo caso il simbolo che rappresenta.
20
Nel brano dell Apocalisse la figura del Drago rosso molto pi complessa
e va analizzata insieme alla figura della donna ed alla nascita del figlio
maschio.
La donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e con una corona di
dodici stelle sul capo; in questa prima scena i simboli sono tre: il sole che
significa la maest sovrumana della figura femminile, la luna che la sua
forza cosmica, la corona di dodici stelle che testimonia il suo trionfo
assoluto.
Passando ad analizzare il Drago si capisce subito che questi simbolo del
diavolo, incominciando dal suo colore rosso che quello del sangue e che
indica distruzione e guerra; va ricordato inoltre che nel passo dei quattro
cavalieri dellApocalisse si parla del cavallo rosso come portatore di guerre.
La bestia ha sette teste e dieci corna: il numero sette indica grande forza,
ma il numero dieci limita questa forza, perch la potenza assoluta spetta
soltanto al numero dodici.
Il mostro trascina gi solo un terzo delle stelle del cielo, perch la sua
opera anche se terribile parziale, non avendo esso il potere assoluto.
Il bambino nato ovviamente Ges, il Messia che sconfigger la bestia e
salver il mondo.
Nel racconto appare larcangelo Michele, che da Dio posto alla testa
delle schiere angeliche, ed insieme ad esse combatte e sconfigge il Drago e
gli angeli del male. Il nome Michele di origine ebraica e significa
letteralmente chi come Dio, perch la desinenza della sua parola deriva
dalla parola Elohim, il nome ebraico di Dio.
Gli appellativi grande drago, serpente antico, diavolo, satana, sono in
pratica sinonimi che indicano tutti il demonio. La parola diavolo deriva dal
greco e significa colui che divide, laltra parola satana invece deriva
dallebraico e significa colui che accusa. Il serpente antico invece ricorda
quello del peccato originale commesso da Adamo ed Eva, e dallora inizi
linimicizia e la lotta tra i discendenti del serpente e quelli della donna.
Con il Cristianesimo il Drago diventa un essere del tutto negativo, perch
perde anche quel poco di significato positivo che, seppure raramente, aveva
presso le popolazioni del Vicino Oriente e dellEuropa, come scrupoloso
guardiano di tesori sacri e di inestimabile valore; esso finisce per identificarsi
completamente con il diavolo, o comunque con le forze oscure del male che
procurano agli uomini solo devastazione e morte e impediscono loro la
conquista dellimmortalit. Per questo il Drago, divenuta la sua immagine
simbolo del male ed il suo nome sinonimo di satana, viene combattuto,
vinto, imprigionato od ucciso dallarcangelo Michele e da san Giorgio per
sottrarre luomo dalla sua influenza malefica, affrancarlo dalla schiavit da
lui imposta, e portarlo finalmente libero verso la salvezza in Dio.
25
Il Medioevo in Europa
Santi e Draghi
La leggenda di San Giorgio rappresenta molto bene il passaggio dal
mondo antico cristiano e pagano a quello medioevale europeo, perch il
santo, nato nel III secolo in Oriente, martirizzato nel 303 all epoca di
Costantino, era molto venerato in quellarea geografica, ma la sua fama si
diffuse nellEuropa occidentale allepoca delle Crociate, nel XII secolo,
quando la Chiesa di Roma venne a contatto con la Chiesa orientale; allora il
suo culto ebbe un grande successo,
per cui egli divent patrono
dellInghilterra ad opera di Edoardo III, della Germania, di Venezia, e di
soldati ed armaioli.
La sua vita va letta sempre in questa ottica cristiana favolosa, il santo che
vince il Drago, sempre simbolo del male e del Demonio, e con lui tutti i
rimasugli del paganesimo; nel medioevo il mondo della cavalleria prese a
modello san Giorgio perch vide incarnati in lui i suoi ideali: il coraggioso
cavaliere difensore dei deboli e vincitore del malefico Drago.
Nella Leggenda Aurea di Iacopo da Varagine si racconta la sua vita, dove
si dice che il santo, nato in Cappadocia, era un cavaliere cos valoroso da
essere scelto a far parte della guardia del corpo di Diocleziano e da divenire
ufficiale delle milizie. In Libia, presso la citt di Selem, vi era uno
grandissimo stagno dove si nascondeva un Drago, che con il suo fiato
mortale terrorizzava la popolazione, la quale per placarlo era costretta a
dargli in pasto un giovane od una fanciulla scelti a sorte. Venne infine il
giorno in cui fu estratta a sorte la figlia del re che, nonostante le preghiere e
le offerte munifiche del regale padre, fu legata ad una roccia; per sua
fortuna, proprio quando stava per essere divorata dal mostro, uscito dalle
acque sprizzando fuoco e fiamme dalle narici, arriv sul suo cavallo san
Giorgio, che estratta la spada e fattosi il segno della croce, affront il drago,
lo vinse e cattur. Egli poi chiese agli abitanti di quella citt che, in
ringraziamento per la liberazione dallorribile animale rinunciassero alle loro
divinit pagane e si convertissero al cristianesimo. Queste furono le sue
parole: Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: se abbraccerete
la fede in Cristo, riceverete il battesimo ed io uccider il mostro.
Come abbiamo gi detto il Santo, come pure san Michele, rappresenta il
campione che scende in campo per difendere la Chiesa, identificatasi nella
figura della principessa, dalle insidie del diavolo, che, a sua volta
rappresentato dal Drago, perennemente cerca di divorala, perch esso,
simbolo del male, eterno, come eterno il bene e la lotta tra le due forze
supreme non avr mai fine.
Questa leggenda, nata allepoca delle Crociate, fu forse influenzata da
unimmagine dellimperatore Costantino, trovata a Costantinopoli, dove si
26
con il fuoco che gli usciva dalla bocca. Il re Beowulf, nipote del re dei goti
Hygelac, che in giovent aveva ucciso in Danimarca il Drago Grendel e la
Draghessa madre, anche se ormai anziano, accompagnato dal nobile
Wiglaf, decise di affrontare la bestia, ma nessuno dei due contendenti
sopravvisse al duello, entrambi morirono.
Altro Drago nordico famoso Fafnir o Fafner, che fu sconfitto dall eroe pi
noto del Nord Europa, il mitico Sigfrido; gli antichi libri, come il Cantare dei
Nibelunghi, lEdda, la Thidrekssaga, tutti del XIII secolo, o in particolare il
Lied vom Hrmen Seyfrid od ancora lampio testo Volksbuch von dem
gehrnten Siegfried, danno pi versioni di questo combattimento e diversi
nomi alleroe, come Sigmund, Sigurd, Seyfrid o Siegfried.
Ma il racconto pi conosciuto di questa impresa quello narrato e
musicato da Wagner nellopera Sigfrido, seconda giornata del ciclo di opere
liriche LAnello dei Nibelunghi, dove gli episodi e le immagini sono quelle del
mito solare delleroe con un Sigfrido dotato di superiori qualit fisiche e di
purezza morale, ma condizionato da una pericolosa inesperienza. La sua
nascita, come si conviene ad un eroe, eccezionale e misteriosa e cos
pure la sua adolescenza finch, giunto alla maggiore et, si prepara ad
affrontare impossibili ostacoli, e per questo forgia la magica spada con cui
potr affrontare il drago Fafner, custode delloro dei Nibelunghi.
Come nelle altre mitologie e specialmente in quella greca e in quella
cristiana, questo duello evidenzia sia la paura ancestrale delluomo per la
pericolosa grandezza del mostro, sia il coraggio, la forza e la razionalit
delleroe, che, affrontando un ostacolo impossibile per il comune mortale,
ottiene un trionfo per s e per la comunit; ed in ultimo il contatto con il
sangue del drago conferisce a Sigfrido un dono eccezionale: la capacit di
comprendere il linguaggio della natura e di leggere il pensiero dentro le
menti umane.
E da notare che sia nellEdda che nel Volkbuch, i Draghi protagonisti in
queste due storie, possedevano, oltre ai soliti attributi terribili, anche qualche
pregio, come Fafnir che si mostra saggio e gentile verso Sigfrido, o come
laltra bestia che ha rapito Florigunde, la figlia del re di Worms, perch
innamorato.
Altri cacciatori di Draghi famosi furono Dietrich von Bern, le cui avventure
sono state narrate nellantico racconto nordico Tridrekssaga, poi altro
grande eroe il figlio del re, Wolfdietrich (Teodorico), ed ancora il gigante
Heimo, che combatt in Austria, presso il convento di Wilten, e infine
Tristano, meglio conosciuto per lamore che lo legava ad Isotta.
Continuiamo la ricerca sui Draghi medioevali europei spostandoci in
Inghilterra, e precisamente prima nel Galles e poi in Scozia. Della prima
regione nel testo Il Mabinogi di Lludd e Llewelys esiste questo racconto:
due Draghi, uno rosso, che il simbolo proprio del popolo del Galles e uno
bianco, invece simbolo dei Sassoni invasori, lottavano furiosamente tra di
28
I Draghi nellAlchimia
Per spiegare il Drago alchemico necessario parlare prima dellAlchimia,
che era la scienza o la pseudo scienza antica e risaliva al sapere religioso
dei sacerdoti delle prime civilt, di quella egiziana in particolar modo, ed alla
filosofia dei presocratici e degli aristotelici; lo scopo di questa dottrina era
quello di trovare la famosa pietra filosofale, capace di trasformare in oro
qualsiasi metallo vile e la panacea universale, in grado di curare tutte le
malattie. Molti furono i suoi ricercatori, alcuni famosi e seri studiosi come
Alberto Magno e Paracelso, altri veri e propri ciarlatani, ma entrambe le due
categorie di persone avevano tutto linteresse a mantenere il segreto intorno
ad essa anche se per motivi diversi, per evitare scomuniche, condanne a
morte, o nei casi migliori critiche e derisioni.
Proprio nelluso del linguaggio oscuro, necessario alla protezione
dellAlchimia, intervenne il Drago, usato dagli scienziati come simbolo della
materia imperfetta e non rigenerata, e la sua uccisione fu considerata
inevitabile per ottenere loro di cui questo animale era il perfetto guardiano. Il
Drago con le ali era poi considerato lelemento volatile della materia, mentre
quello senza ali era assimilato al mercurio, dimostrando di essere un
animale dalla natura ambivalente, molto pi complesso di come era
generalmente considerato dalla gente comune, un essere che come il dio
Mercurio era capace di salire al cielo quale messaggero tra gli uomini e le
divinit.
LUroboro era il drago-serpente che si mordeva la coda ed in questo modo
si rinnovava sempre; gli alchimisti vedevano in lui il simbolo delleternit e di
lui dicevano: divora se stesso, sposa se stesso, genera se stesso.
LAmerica e lAustralia
Nelle societ primitive prive della scrittura, come il caso degli indiani
dAmerica, degli aborigeni dellAustralia o degli indigeni dellAfrica, per
sapere qualcosa sui Draghi bisogna affidarsi alle tradizioni orali e, se si ha
fortuna, ad alcuni rari graffiti incisi sulle rocce dagli antichi abitanti del posto.
Un caso del genere lo troviamo nellAmerica del Nord, dove anticamente
una trib indiana, quella degli Illini, si stanzi lungo le rive del Mississippi e
convisse per un lungo periodo in buona armonia con un Drago, la cui tana si
trovava nei monti vicini; di questo mostro dal viso umano, dal corpo pieno di
squame con ali e grossi artigli, gli indigeni avevano riportato limmagine su di
un graffito, ormai scomparso, che nel 1673 fu ricopiato fedelmente da
padre Jacques Marquette durante un suo viaggio nellIllinois.
Purtroppo arriv sul posto un trib nemica, ci fu una feroce lotta tra i due
gruppi di indiani, che caus molti morti. Il sangue di quei cadaveri attir la
curiosit del Drago che, provato il gusto della carne umana, ne divent
30
ghiotto tanto da cercarne altra a spese degli abitanti del luogo; gli indiani
sopravvissuti furono costretti a tendere un tranello alla bestia per poi
abbatterla ricoprendola con tante frecce avvelenate.
Sul lago Okanagan, abitava il Drago Ogopogo, un mostro marino, un
tempo noto agli indiani del posto e che, secondo una tradizione locale
proposta a turisti creduloni, ancora oggi possibile avvistare; unaltra
creatura simile viveva sul lago Champlain, vicino a New York, resso gli
algonchini esisteva addirittura un dio dellacqua, riportato in un graffito
depoca e chiamato Mishipizhiw.
NellAmerica precolombiana la figura del dio azteco Quetzalcoatl stata
presa in esame da molti studiosi del settore per stabilire se possa essere
considerata un drago oppure no; vero che questa divinit si presenta come
un essere sovrannaturale dallaspetto misto di serpente e di uccello, ma la
sua storia personale e gli aspetti del suo carattere ne fanno un personaggio
molto diverso da quello del Drago.
Fra i Draghi serpenti si pu annoverare il serpente arcobaleno
dellAustralia, conosciuto anche con tanti altri nomi, di questi i pi noti sono
Taipan del popolo Wikmunkan, Julunggul nellArnhem orientale,
Kunmanggur presso la popolazione dei Murimbata. Nella mitologia di questo
continente il serpente arcobaleno raffigurato come un essere gigantesco, il
cui corpo, inarcandosi a forma di arcobaleno, riempie di s tutto il cielo;
venerato come Taipan ha donato agli uomini il sangue, si manifesta con
tuoni e fulmini, un grande guaritore invocato da medici e maghi con cristalli
di quarzo e conchiglie marine; noto come Julunggul mangia e vomita i
giovani ragazzi, simboleggiando cos il loro passaggio dalla giovinezza
allet adulta; con il nome di Kunmanggur invece si presenta in forma
bisessuale o di donna o come un uomo provvisto di seni.
Il Drago Mangun-gali, anchesso australiano, uccideva gli uomini con il suo
veleno finch un piccolo serpente, per salvare la razza umana a rischio di
estinzione, riusc a rubarglielo; cosi la grossa bestia ebbe paura, non si
accost pi agli uomini, costretto a mangiare solo erba si miniaturizz,
trasformandosi nel sauro agami, un minuscolo animaletto che ricorda in tutto
un piccolo Drago.
Molto simile al serpente arcobaleno australiano in Africa la figura di AidoHwedo, un rettile creato per servire e portare dentro la sua bocca il dio unico
Nana-Buluku in giro per il mondo. Proprio dal movimento tortuoso del corpo
del gigantesco serpente presero forma i fiumi, le valli e dal suo sterco le
montagne; poi quando tutto fu completato il dio creatore si rese conto che
per il gran peso la sua creazione rischiava di capovolgersi, allora chiese ad
Aido-Hwedo di avvolgersi intorno ad essa e per alleviargli la sofferenza del
caldo, che il serpente mal sopportava, form loceano. Da quel tempo il
mostro si trova l con la coda nella bocca, molto simile all uroboro gi
menzionato, e quando si muove alla ricerca di una posizione pi comoda
31
32
Drago, che, disceso dal cielo, con la punta della coda disegn sulla terra i
corsi dacqua necessari per renderla fertile.
Come dimostra la leggenda esposta prima, fin dallantichit limmagine ed
il simbolismo di questa creatura sono intimamente legati al cielo, allacqua,
alla terra fertile ed alla divinit; il Lung Wang, il re Dragone, che nella
mitologia cinese la parola generica usata per indicare questo bestione,
controllava le acque e la pioggia e, con il suo aspetto decisamente
soprannaturale e composito, poco mutato, nel corso dei secoli, dalla sua
nascita fino allepoca recente.
Il Drago dei cieli, detto Long, cio il lungo, era il pi potente ed era
formato da nove animali: come caratteristiche aveva la testa di cammello, le
corna di cervo, gli occhi di coniglio o di gamberetto, il corpo di lucertola, le
zampe di tigre, gli artigli di aquila, le orecchie di mucca, il ventre di rana, le
scaglie di carpa ed inoltre poteva essere di vari colori e, seppure raramente,
avere le ali di pipistrello; esso inoltre con il suo potere di metamorfosi era in
grado di apparire o di sparire a suo piacimento, per cui la sua visione
improvvisa in cielo indicava larrivo della pioggia e della fertilit e con esse
ricchezza e messi abbondanti.
Altri Draghi importanti erano: quello denominato Li, che si celava
nelloceano e quello Jiao, che abitava nelle paludi e nelle grotte delle
montagne, questi due, insieme al Long, erano tutte creature benefiche,
simbolo di buon augurio e di prosperit.
Per il forte legame che univa questi animali alla pioggia, secondo la
comune credenza, i Draghi in aprile lasciavano i loro rifugi terrestri, tipici
degli alligatori, o le profondit oceaniche per salire al cielo e da l con lampi
e tuoni facevano cadere la pioggia sui campi per renderli fertili; poi
allequinozio di autunno essi ritornavano nelle loro dimore, sulla terra,
sottoterra o nelle acque.
Addirittura si pensava che la pioggia fosse provocata dal combattimento
amoroso tra due Draghi di sesso opposto, a testimonianza di questa
credenza i cinesi pi discreti non uscivano durante la pioggia per rispetto del
loro gioco amoroso; inoltre il giorno 5 del quinto mese lunare si celebrava
una festa (la Duanwujie, la festa delle barche-drago) che ricordava questa
lotta amorosa con gare e competizioni varie disputate da particolari
imbarcazioni. Infatti il popolo cinese credeva che queste creature fantastiche
fossero capaci di amare e di sposarsi e vivere in ricche dimore con mogli e
figli, non diversamente dallimperatore o dai nobili.
Spesso il Drago veniva raffigurato con gli artigli protesi verso un disco, per
molti
questa immagine voleva simboleggiare il tentativo da parte
dellanimale di inghiottire il sole identificato nel disco; essendo il Drago una
creatura acquatica, esso solo aveva la possibilit di attutire il calore
dellastro e contrastare la siccit.
33
Padre Huc, della met dell800, nel suo libro LEmpire chinois, racconta
che la gente, quando cera una siccit molto lunga e catastrofica, implorava
il Drago perch si decidesse a mandar gi una pioggia abbondante e, per
impietosire di pi lanimale, appendeva delle strisce di carta gialla con sopra
scritte formule magiche e sue riproduzioni; se ancora non succedeva nulla,
il popolo organizzava processioni stravaganti e burlesche accompagnando
con una musica infernale un immenso Drago fatto di legno e carta. Se
nonostante ci non accadeva ancora nulla, allora i fedeli inferociti
passavano dagli omaggi alle invettive, gli ossequi si trasformavano in
maledizioni ed il Drago finiva per essere fatto a pezzi.
Unaltra festa, sempre in onore di questo fantastico essere, quella che si
tiene il 15 della prima luna, dove sotto grandi Draghi di tela e cartone, a
forma di bruco, si nascondono dei portatori che procedono per le strade,
serpeggiando in mezzo ad una folla di persone festanti, tra grida, risate,
petardi e gong; in questa occasione il lungo serpentone vuole simboleggiare
le forze sotterranee della germinazione e del ritorno annuale della primavera
e, con essa, della fecondit.
Tra la fine del 700 e linizio dell800, sotto il regno di Jiaqing, si verific
una lunga siccit, che nessuna cerimonia sempre in onore del Drago era
riuscita a debellare; allora il sovrano fece prendere un immenso modellino
della bestia conservato in uno dei tanti templi consacrati al Re dei Draghi e
lo fece esiliare lontano presso le frontiere del Turkestan, ma dei dignitari di
Pechino pregarono limperatore di revocare questa sentenza per evitare
disgrazie peggiori.
Sempre per dimostrare limportanza che riscuoteva il Drago in Cina, voglio
ricordare un ultimo fatto molto significativo avvenuto allinizio del 900: molti
contadini si opposero alle costruzioni delle strade ferrate, per paura che i
chiodi e le traversine potessero disturbare quegli animali che vivevano sotto
terra ed incarnavano per tale motivo le vene dellenergia cosmica,
disseminata lungo le catene e i rilievi montuosi. Tutto questo sta a
dimostrare che il drago con la sua onnipresenza era divenuto parte
integrante nella vita del popolo cinese.
Come abbiamo visto finora, il Drago cinese era molto diverso da quello
dellimmaginario europeo cristiano e medioevale, non aveva assolutamente
un aspetto negativo, terrificante e bellicoso, ed anche quando compariva tra
le nuvole o i flutti del mare contorcendosi con veemenza, era per esprimere
la sua vitalit, la sua forza e non per mostrare aggressivit e volont di
recare distruzione e morte.
Nella Cina in special modo troviamo Draghi di tutti i colori; cos vi erano
quelli azzurri, che simboleggiavano la primavera, quelli rossi e neri, i
temporali, e quello doro, lo splendore del sole; ed inoltre in base al numero
di artigli di cui era provvisto ogni singolo Drago si poteva stabilire la sua
importanza e il suo eventuale legame con limperatore.
34
36
I Draghi nellarte
Si pensa che il Drago sia stato lanimale favoloso in assoluto pi sfruttato
dagli artisti, anche pi dellunicorno stesso e in un certo qual modo, come ho
scritto prima parlando della Cina, la sua vita artistica incominciata seimila
anni fa, con il ritrovamento, in una tomba, di quel manufatto di conchiglie a
forma di Drago. molto difficile poi stabilire lesatta epoca di quando esso
apparso sui graffiti delle rocce ad opera di artisti primitivi; in seguito con le
prime civilt venne raffigurato nei bassorilievi, nelle pitture od in forma di
oggetti, come il muschchuschu sulla porta di Ischtar e sul sigillo babilonese,
ed ancora nel bassorilievo dellipogeo dei Volumni a Perugia, come il dio
serpente Seth-Apopi nelle pitture murali dei templi egizi e nella copiosa
produzione di anfore greche su cui venivano raccontate attraverso la pittura
le gesta degli eroi di quella terra.
Abbiamo anche gi detto delluso della sua immagine sulle insegne militari
da parte degli Sciti, dei Parti, dei Daci e poi dei Romani e dei Germani,
sempre con lo
scopo di provocare il terrore nei nemici. Gli Sciti in
particolare crearono un loro stile molto ornamentale di riprodurre gli animali,
compreso il Drago, che venne anche riportato sulle fibbie, sulle spade, sui
coltelli e sugli oggetti pi svariati.
Ma di questo animale si pu veramente affermare che ha conosciuto il suo
trionfo figurativo, a parte lEstremo Oriente, nel Medioevo Europeo, dove
erano tantissime le localit del nord che ponevano una lapide, edificavano
una chiesa, creavano una statua a perenne ricordo della lotta sostenuta
contro di lui.
A tal proposito ricordiamo i doccioni a forma di drago delle bellissime
chiese gotiche, specialmente della Francia e della Germania, dove si vede
questa creatura fantastica e terribile messa l a guardia contro gli spiriti
maligni ed al tempo stesso domata dalla Chiesa Cattolica; ricordiamo di
nuovo il gi citato San Giorgio e il drago, di Bernt Notke (1489) nella
cattedrale di Stoccolma, una complessa scultura in legno composta da due
distinti gruppi: quello principale, con grande effetto spettacolare, mostra il
santo nellatto di colpire con la spada il mostro, dopo averlo ferito con la
lancia, e quello secondario, con la principessa salvata dallintervento
miracoloso di San Giorgio. Di grande pregio anche leffige scultorea del
santo, che si trova a Monaco nella chiesa di Santa Margherita.
Nel Medioevo del resto, tutto era fantastico e per questo il Drago aveva
trovato, in un certo modo, il suo momento doro proprio in questepoca, in
cui la sua non era una semplice presenza ma unonnipresenza in compagnia
di santi e diavoli e, per questo, veniva continuamente raffigurato nelle
sculture, negli affreschi, nelle vetrate, nei mosaici, nelle illustrazioni librarie,
negli stendardi, negli stemmi nobiliari e perfino nellarredo liturgico.
37
38
7) i libri latini: Storia naturale di Plinio il Vecchio e Sulla natura degli animali
di Eliano.
8) i libri cristiani: nellAntico Testamento: libro dei Salmi (103,25-26), libro di
Isaia (27,1), libro di Giobbe (40,20-28 e 41), libro di Daniele (14,23-28); nel
Nuovo Testamento: lApocalisse di Giovanni (12,1-18); inoltre la Leggenda
Aurea di Iacopo da Varagine e il Liber Notitiae Sanctorum Mediolanii.
9) i libri delle saghe nordiche: lEdda di Snorri, il Cantare dei Nibelunghi, il
Thidrekssaga, il Lied von Hurmen Seyfrid, il Volksbuch von den gehorntem
Siegfried.
10) Il Milione di Marco Polo.
11) LEmpire chinois di Padre Huc.
12) LOrlando Furioso di Ludovico Ariosto.
13) i Bestiarii medioevali
14) la favolistica antica, con i fratelli Grimm, e quella moderna.
15) la favola Il Drago di Luigi Capuana.
Nel settore musicale sono da ricordare i Draghi presenti nell opera Il flauto
magico di W.A.Mozart e nel ciclo operistico Lanello dei Nibelunghi di
R.Wagner.
I Draghi moderni
Per quanto riguarda il Drago moderno, esso stato sfruttato in mille modi,
sia nelloggettistica che nella realizzazione di graziosi giocattoli, anche in
peluche per i bimbi pi piccoli. E presente nelle favole di tanti moderni
favolisti e nella narrativa Fantasy: di questultima ricordiamo Il ciclo di
Landover di Tery Brooks, gli scritti di J.R.R.Tolkien, Lo Hobbit e Il
Silmarillion, ed ancora La storia infinita di Michael Ende e Le Cronache di
Dragolance, Il ciclo di Death Gate, Il ciclo della Pietra Sovrana di Weis e
Tracy Hickman. Molto interessante la serie di romanzi intitolata I
Dragonieri di Pern, della scrittrice Anne McCaffrey, dove i Draghi, creati con
lingegneria genetica da una forma di vita indigena, oltre alle loro tradizionali
caratteristiche, come sputare fuoco, sono capaci di viaggiare nello spazio
tempo con il pensiero.
Il Drago inoltre protagonista in molti cartoni animati, tra i pi famosi quelli
della Disney, come Elliot, il drago invisibile, buono ed amico dei bambini, o
come Dragonheart, con il nome di Draco e la voce inglese di Sean Connery
e quella italiana di Gigi Proietti; sono poi da citare il manga e lomonima
serie di cartoons Dragon ball di Akira Toriyama (Giappone,1984), pubblicati
in moltissime lingue e programmati dalle televisioni di mezzo mondo.
Un simpatico draghetto Gris, un cartone animato italiano apparso per la
prima volta in televisione nel 1975 e creato da Nino e Tony Pagot, gli stessi
autori di un altro celebre personaggio molto amato: Calimero. Gris,
39
40
41
44
45
46
LUNICORNO NELLANTICHIT
di Lavinia Scolari
Intervento alla tavola rotonda Il Bestiario. Palermo, Palazzo Palagonia, 14
dicembre 2011
Uno degli animali simbolo dei bestiari medievali e del fantastico
leggendario senza dubbio lunicorno, di cui ci si occuper in questo breve
studio. La complessit di questa creatura leggendaria e il suo carattere
sfuggente sono suggeriti da principio dalla compresenza di pi
denominazioni atte a definirlo, denominazioni che sembrano ricondurre
allidea di una molteplicit di natura, propria dellanimale, ma anche di una
molteplicit di figure diverse, che vengono fatte confluire, spesso
erroneamente, in quella dellunicorno.
Accanto al termine pi diffuso unicorno, troviamo anche liocorno e i
meno noti alicorno e monocero. Questultimo il calco del termine greco
che significa unico corno(monos, uno solo, e keras, corno), dunque il
monocero semplicemente un animale caratterizzato da un solo corno,
come dichiara in modo trasparente il termine latino uni-cornis,
traslitterazione del greco monokeros.
Nel nome alicorno, invece, alcuni studiosi rinverrebbero un aspetto
specifico del corno, emblema dellanimale: la sua forma attorcigliata,
elicoidale, tipica di certe raffigurazioni det medievale, in cui lunicorno
assume una serie di connotazioni specifiche che si cristallizzeranno nelle
sue rappresentazioni successive. Tuttavia il termine alicorno sembra
soltanto una variante regionale del pi celebre liocorno. Questo lemma,
dalletimo incerto, sarebbe frutto dellaccostamento dellunicorno alla figura
del leone, emblema di regalit. Il collegamento sarebbe giustificato da
alcune raffigurazioni di un animale specifico, con corpo di cavallo, barba
caprina, coda di leone e zoccoli bovini.
Gi dallanalisi dei nomi con cui viene indicato, componenti essenziali della
costruzione identitaria anche nella zoologia fantastica, lunicorno figura
quale animale ibrido, composto dalla fusione di parti animali differenti e
aspetti specifici plurimi.
Ma proseguiamo con ordine.
La prima fonte sugli unicorni Ctesia di Cnido, storico greco e medico
vissuto tra il VI e il V sec. a.C., giunto fino a noi per intermediazione del
patriarca Fozio (IX sec. d. C.): Ctesia visse a lungo alla corte persiana, dove
presumibilmente compose gli Indik, nei quali racconta di un animale
selvatico di quei luoghi, un asino in apparenza, bianco nel corpo e
47
rapidissimo, con la testa scarlatta, gli occhi blu, e un grande corno appuntito
sulla fronte, di tre colori: bianco alla base, nero nel mezzo, e cremisi in
punta.
In India ci sono degli asini selvatici grandi come cavalli e anche di pi.
Hanno il corpo bianco, la testa rossa e gli occhi cerulei. Sulla fronte hanno
un corno lungo circa un piede e mezzo. La polvere di questo corno macinato
si prepara in pozione ed un antidoto contro i veleni mortali. La base del
corno, circa due palmi sopra la fronte, candida; l'altra estremit appuntita
e di colore cremisi; la parte di mezzo nera. Coloro che bevono utilizzando
questi corni come coppe, non vanno soggetti, si dice, alle convulsioni o agli
attacchi di epilessia. Inoltre sono anche immuni da veleni se, prima o dopo
averli ingeriti, bevono vino, acqua o qualsiasi altra cosa da queste coppe. Gli
altri asini, sia quelli domestici sia quelli selvatici, nonch tutti gli animali con
lo zoccolo indiviso, non hanno n astragalo n fiele, ma questi hanno sia
l'uno sia l'altro. Il loro astragalo, il pi bello che io abbia mai visto, simile a
quello del bue come aspetto generale e dimensioni, ma pesante come
piombo e completamente color cinabro.1
Il passo di grande interesse per lo studio di questa figura, ma suscita
una serie di interrogativi sui quali gli studiosi tuttora dibattono.
Innanzitutto la questione cromatica: questa variopinta gamma di colori che
caratterizzerebbe lasino selvatico e il suo corno ha fatto pensare alla
possibilit che Ctesia stesse osservando un animale ornato a festa in vista
di qualche rituale o culto determinato, di cui ignoriamo il nome, oppure un
arazzo o un qualche manufatto che lo raffigurava; secondo altri, invece,
potrebbe trattarsi di unadesione alla rappresentazione simbolica della
creatura, che individuava nella poikila - la variet cromatica - un suo tratto
pertinente. A tal proposito bene ricordare che anche il manto del ki-lin,
lunicorno cinese, descritto con una molteplicit cromatica: cinque diverse
sfumature sarebbero mischiate sul dorso, per la precisione, e sul ventre
sarebbe costante il bruno o il fulvo.2
Unaltra questione riguarda la definizione di questo animale dallunico
corno come asino selvaggio: Ctesia si sta forse riferendo agli onagri, per
altro piuttosto noti in Persia, o forse con quella specificazione intende solo
sottolineare la mole dellanimale, imponente e lontana da quella che si
attester in epoca medievale. Sicuramente la natura selvaggia, non incline a
essere domata, un altro tratto che emerge e che permane anche
nellevoluzione di questa figura multiforme, ma sembra pi convincente
lipotesi che distingue questa specie di asino selvaggio dotato di corno dal
comune onagro, dal momento che lo stesso Ctesia a condurci su questa
1
2
48
direttrice: Gli altri asini, sia quelli domestici sia quelli selvatici, nonch tutti
gli animali con lo zoccolo indiviso, non hanno n astragalo n fiele, ma
questi (gli unicorni, n.d.t.) hanno sia l'uno sia l'altro.
Non possiamo fornire una risposta univoca a tutti questi interrogativi, ma
possiamo evidenziare sin dora un altro elemento della rappresentazione di
questa creatura favolosa: le capacit magiche o taumaturgiche che gi
adesso vengono attribuite al suo corno. La sua polvere fornirebbe un
potente antidoto al veleno, e lo stesso valore curativo o di prevenzione
avrebbe luso di esso come coppa. Pertanto, il corno del nostro onagro
straordinario, convoglia in s una serie di attributi e propriet legate alla
purezza e al rimedio dal male fisico.
Daltronde, anche in et pi antica le corna erano un attributo frequente
delle divinit, emblema solare e lunare e simbolo di regalit, di potere
soprannaturale, di abbondanza, basti pensare alla cornucopia, celeberrimo
corno dellabbondanza e della ricchezza.
Tra gli di del pantheon classico, era ad Artemide, divinit lunare, della
caccia e della natura selvaggia, che lunicorno era ritenuto sacro; la dea,
infatti, secondo alcune tradizioni possedeva un carro trionfale trainato da
otto unicorni.3
Aristotele scrive una Historia animalium nella quale tuttavia lunicorno non
trova collocazione. Afferma infatti Franco Cardini: (...) Aristotele non si
fidava n di Ctesia, n di niente che non potesse riscontrare di persona, e
agli unicorni, nella sua Historia animalium, dedic soltanto un cenno fugace,
esprimendo fra l'altro dubbi sul fatto che potessero esistere animali cornuti
ma non provvisti di zampa forcuta.4
Cesare definisce lunicorno come un bue a forma di cervo, con un solo
corno che sporge dal mezzo della fronte, fra le orecchie5
Plinio il Vecchio, nella sua monumentale opera enciclopedica, La Storia
Naturale (libro VIII, cap. 31) parla di buoi dallo zoccolo compatto che al
suo tempo vivevano in India, e che, sempre a suo dire, erano provvisti di un
unico corno. In latino il termine proprio unicornis. Tuttavia, poco pi
avanti, apparentemente distinguendo i due animali, Plinio aggiunge:
Ma la bestia pi selvaggia dellIndia il monocero, nel corpo simile al
cavallo, nella testa al cervo, nelle zampe allelefante, nella coda al cinghiale,
3
49
dal grave muggito, con un solo corno nero nel mezzo della fronte, lungo due
cubiti. Dicono che questa fiera non si lasci prendere viva.
(...) asperrimam autem feram monocerotem, reliquo corpore equo similem,
capite cervo, pedibus elephanto, cauda apro, mugitu gravi, uno cornu nigro
media fronte cubitorum duum eminente. hanc feram vivam negant capi.6
Cerchiamo di capire a che cosa sta facendo riferimento Plinio. Chiama
monoceros lanimale che descrive, ma molti traduttori, per rendere pi chiaro
loggetto della dissertazione, scrivono monocero o unicorno.7 In effetti,
come gi abbiamo avuto modo di chiarire, i due termini si equivalgono in
simmetria perfetta. Potremmo tradurre lanimale dallunico corno. Ma la
descrizione che Plinio fornisce spiazzante. Siamo davvero lontani
dallimmagine condivisa dellunicorno, cos come verr a formarsi in et
medievale. Questo monocero una creatura feroce, selvaggia, multiforme e
sfaccettato, con il corpo simile a un cavallo, la testa come quella di un cervo,
i piedi come quelli di un pachiderma e la coda di cinghiale, cui si aggiunge
un grave muggito, tipico dei bovini. Lunico elemento - fondamentale - che
sembra ricondurre allimmagine dellunicorno oggetto della nostra ricerca
lunico corno che spunta nel mezzo della fronte, un corno di un nero
lucente ( questo il significato pieno di niger, diverso da ater, il nero
opaco), lungo addirittura due cubiti, cio allincirca 50 cm.
Alcuni studiosi hanno avanzato lipotesi che Plinio stesse parlando del
rinoceronte, probabilmente seguendo il Fisiologo latino (probabilmente VIIIIX sec. d. C.),8 ma il nostro autore, nella sua opera, dimostra di conoscere
bene anche questo animale e di distinguerlo perfettamente da quello che lui
chiama monocero.
Nel III sec. d. C. Eliano recupera alcuni aspetti dellunicorno descritto da
Plinio e da Ctesia, distinguendo tra cavalli unicorni e asini unicorni:
Si dice che la terra degli Indiani produca cavalli muniti di un corno e anche
asini che hanno la stessa caratteristica; da questi corni si ricavano bicchieri;
se qualcuno vi mette dentro del veleno mortale e uno lo beve, linsidia che
gli stata tesa non gli potr arrecare alcun danno. Sembra infatti che il
corno del cavallo o dellasino annulli leffetto malefico del veleno.9
50
Testo corrotto.
51
BIBLIOGRAFIA:
Jorge L. Borges - M. Guerrero, Manual de zoologia fantastica, 1957, trad. it.
Manuale di zoologia fantastica, Torino 2007.
F. Cardini, Mostri, belve, animali nell'immaginario medievale / 3 L'unicorno,
in Abstracta 6 - giugno/luglio 1986, pp. 42-49.
http://www.airesis.net/giardinomagi_unicorno.html
A. Ferrari, Dizionario di Mitologia Greca e latina, Torino 1999.
A. Martorana, Teologia,teratologia ed esorcismo nel bestiario medievale, in
Il nuovo Bestiario, a cura di G. Romagnoli, 2010, pp. 3-10.
G. Romagnoli, Il cavallo nella mitologia ed il suo significato simbolico, in Il
nuovo Bestiario, a cura di G. Romagnoli, 2010, pp. 61-72.
G. Romagnoli, LAsino nel mito e nella letteratura, in Il nuovo Bestiario, a
cura di G. Romagnoli, 2010, pp. 47-58.
53
popolazioni, come nel caso della cacciata degli Hyksos ad opera degli Egizi
o della calata dei nomadi indoeuropei dallAsia centrale, ha determinato un
rovesciamento di segni.
Lasino inoltre ed stato usato in tempi recenti come simbolo politico e
sportivo.
Parlare di tutti questi aspetti non , dunque, impresa di poco momento, per
cui questa relazione, per i limiti di tempo che le sono assegnati, non potr
essere se non una rapida rassegna, rinviando ad altra sede un pi organico
studio ed approfondimento della tematica.
2. Lasino nella mitologia.
2.1 Lestremo Oriente. In Cina ed in India lasino cavalcatura di entit
celesti, di principi ed eroi. In particolare, in Cina lasino bianco , talvolta, la
cavalcatura degli immortali.
In India lasino la cavalcatura di divinit funerarie, soprattutto di Nairrita,
guardiano della regione dei morti e di Kalaratri, aspetti sinistro di Devi.
Lasura Denuda ha laspetto di un asino.1
2.2 Le culture mesopotamiche. Tra gli Indoeuropei dellAnatolia, in
particolare gli Ittiti, e fra gli Hyksos che ad essi sono connessi, lasino era
animale sacro, simbolo di regalit e di saggezza. Nel mondo ittita ed in
quello hiksos, infatti le lunghe orecchie dellasino erano un simbolo regale e
sapienziale, collegato alla sacralit dellorecchio che, secondo la dottrina
brahmanica, la sede del Brahmba e lorgano attraverso il quale si accede
alla conoscenza del mondo invisibile. Tale concetto in seguito accolto
nellapparato simbolico buddista, come attesta la rappresentazione del
Buddha con lunghe orecchie.
Nel Rigveda gli Ashvin, signori dellaurora, montano un carro trainato da
asini; solo in seguito avranno, come loro attributo, un cavallo.
Nelle processioni consacrate alla divinit siriana di Emesa, il cui culto fu
imposto a Roma dallimperatore Eliogabalo, incedeva un asina bianca priva
di cavaliere, ma si diceva che in realt era la cavalcatura del dio.
Probabilmente da qui derivarono la loro cavalcatura i Papi di Roma.
2.3 Lantico Egitto. Con la cacciata degli Hyksos da parte degli Egizi
lasino assume il significato opposto, del tutto negativo, di bestia infernale,
simbolo ctonio e malvagio connesso al mito di Iside, quale lo conosciamo
attraverso lopera De Osiride et Iside di Plutarco. Questo mito racconta che
Osiride fatto morire dal fratello - avversario Set (Sutechj), rappresentato da
un asino rosso, e che Iside si pone alla ricerca accorata delle membra
1
Per la religione e mitologia induista, gli Asura sono un gruppo di deit alla ricerca di potere, a cui spesso
ci si riferisce come demoni. Essi compaiono soprattutto nelle Itihasa, ovvero nei Purana e nei poemi epici
Ramayana e Mahabarata. Gli Asura sono opposti ai Deva o esseri celesti.
55
Gli Ismailiti sono una setta araba nata nel 715 alla morte del sesto Imam sciita, ad opera di coloro che,
non volendo credere alla morte del suo successore designato Ismail, rifiutarono lautorit del nuovo Imam.
Professano dottrine assai complesse influenzate da temi neoplatonici, gnostici e manichei e anche
provenienti da altre religioni.
3
Figura dellAnticristo
56
evocatore dei morti. Giudice ingiusto per avere attribuito la vittoria a Marsia
fu il re Mida, cui Apollo, per punizione, fece spuntare orecchie asinine.
Come animale sacro, lasino ha un ruolo importante nei culti apollinei: a
Delfi, si usava offrire asini in sacrificio. Pindaro nella Decima Pitica,
attribuisce agli Iperborei un culto che contemplava ecatombi di asini in onore
di Apollo.
Nelle Rane di Aristofane lanimale rappresentato come portatore di
misteri, simboleggiati dalla soma che sta a rappresentare il re o il potere
temporale.
3. Lasino nella Bibbia
3.1 Lantico Testamento. NellAntico Testamento lasino cavalcatura
dei profeti e dello stesso Messia. Nel libro del Giudici presentato come
cavalcatura dei potenti: la profetessa Deborah canta infatti: Benedite il
Signore! Voi che montate asine bianche e splendenti.4
Nel libro dei Numeri5 si racconta la storia dellasino (o asina?) di Balaam.
Questi, un mago madianita, si recava per conto del re di Moab contro
lesercito degli Ebrei per maledirlo, ma lasino che cavalcava, percepita la
presenza dellangelo armato di spada che il Signore aveva inviato per
fermarlo, devi per i campi nonostante che Balaam lo bastonasse per
riportarlo sulla via e gli parl, dicendogli che aveva le sue buone ragioni per
non obbedirlo come sempre: a questo punto il suo padrone vide anchegli
langelo e, cambiato avviso, bened gli Ebrei.
Qui lasino ha una figura sapienziale, come colui che riconosce la volont
di Dio prima delluomo, ruolo sottolineato dal dono temporaneo della parla
fattogli dal Signore.
Nel libro di Samuele6 Saul, alla ricerca delle asine smarrite di suo padre
Kis, si rivolge a Samuele perch come veggente gli indichi dove fossero e il
profeta, rassicurandolo che le asine sono state trovate, lo unge re dIsraele.
Nel libro di Giobbe7 esaltato lo spirito di libert dellnagro, che alla
greppia con ricca pastura preferisce le terre salmastre e inospitali.
Nel libro di Zaccaria8 la figura dellasino legata alla profezia della venuta
del Messia: Esulta grandemente, figlia di Sion, / giubila, figlia di
Gerusalemme! / Ecco, a te viene il tuo re. / Egli giusto e vittorioso, / umile,
cavalca un asino, / un puledro figlio di asina. In questo episodio la figura
dellasino si ricollega da un lato a quella di cavalcatura dei re e degli
immortali, propria delle culture dellestremo Oriente, mentre daltro lato
4
Gdc. 5, 9-10
Nm. 22-24
6
I Sam. 9-10
7
Gb 39, 5-6
8
Zc. 9, 9
5
57
58
R. GUNON (1889-1951) scrittore e metafisico francese, autore di numerosi studi volti a illustrare il
patrimonio simbolico, rituale e metodologico della tradizioni spirituali dOccidente e dOriente. Cit. in
J.CHEVALIER A. GHEERBRANT Dizionario dei Simboli voce Asino, BUR, Milano 2005.
18
Ap. 17, 3
19
G. FLAVIO Contra Apionem
20
M. SCHNEIDER: La simbologia dellasino, in Conoscenza religiosa, 2 (1980) pp.129-148
59
60
24
Il Physiologus greco del II III sec, d.C. e proviene da Alessandria dEgitto; quello latino, che ne la
traduzione ampliata e lantecedente diretto dei bestiari medievali, dellVII secolo.
61
dalla zona del collo dellasino sulla quale formano una croce di colore
oscuro.25
7. Lasino nelle arti figurative
La breve rassegna che qui proponiamo non , ovviamente, esaustiva ma
limitata ad alcuni significativi esempi.
Una delle pi antiche raffigurazioni dellasino, risalente al 2400 a. C. ca., la
troviamo in un bassorilievo della mastaba26 di Akhuthopet.
Compiendo un balzo temporale fino al medioevo, vediamo che nella
scultura dal XII al XIV secolo lasino ricorre frequentemente: lo troviamo in
un capitello del XII secolo sul portale della chiesa di Meillet (Francia); nella
cattedrale di Rouen dove raffigurato con un arpa tra le zampe
riallacciandosi ad un archetipo che affonda le sue radici nella cultura
mesopotamica di Ur, ma che a differenza di questa, che lo vede strumento
di dolore e di rapporto con laldil, vuole simboleggiare lassurdit e la
presunzione. Troviamo ancora lasino raffigurato sulle torri della chiesa di
saint Denis, a Chartres; a Nantes, Nevers, Strasburgo; nonch su un
capitello del XII secolo della cattedrale romanica di Bitonto.
In pittura, nelle icone bizantine, lasino presente in molte Nativit. Con
testa o con orecchie dasino raffigurato S. Cristoforo, per avere portato
Cristo.
Non possiamo, poi, non richiamare la splendida Fuga in Egitto affrescata
da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, in cui lasino ha un rilievo
quasi da protagonista; la fastosa Adorazione dei Magi di gentile da Fabriano
agli Uffizi di Firenze, nella quale sporge, sol con gli occhi e le orecchie, da
dietro unaureola, mentre rappresentato a figura intera nella Fuga in Egitto
dipinta nella predella. Lo stesso soggetto stato dipinto dal Beato Angelico
nellArmadio degli Argenti al Museo di San Marco di Firenze, mentre lasino
e il bue occhieggiano con le sole teste nella Nativit affrescata da lui stesso
sempre in Firenze a San Marco.
Bella anche la Nativit del fiammingo Jorg Breu il Vecchio, alla Galleria
dellAccademia di Venezia.
In tutti questi dipinti lasino svolge una funzione positiva. Fa eccezione la
Nativit di Luca Signorelli alla National Gallery di Londra, dove lasino,
rappresentato di colore rossiccio inerente alla sua natura demoniaca, si
tiene indietro e raglia di disappunto per la nascita del Salvatore.
Facciamo un altro balzo in avanti nel tempo sino alla fine dellOttocento
per ricordare gli asini di Filippo Palizzi, simbolo di umile quotidianit e quelli
25
SEBILLOT, Paul Paganisme contemporain 1908 Paris. Trad. it.: Riti precristiani nel folklore europeo
1990 Milano, Xenia, p. 52
26
Edificio funerario delle prime fasi della civilt egiziana, costituito da un gradone di forma tronco-conica e
dal tetto piatto, nel quale si aprivano pi cappelle rituali ed un profondo pozzo che dava accesso alla tomba
vera e propria.
62
che, con gli stessi caratteri, si ritrovano nei dipinti di vari esponenti della
Scuola di Posillipo, tra cui ricordiamo Consalvo Carelli.
8. Lasino nella letteratura
8.1 Letteratura greco romana. Il precedente pi illustre il breve racconto
greco Lucio o lAsino, che schematicamente narra la trasformazione del
protagonista in un asino e la sua riconquista della forma umana attraverso
varie peripezie. Il racconto inserito nel corpus delle opere di Luciano di
Samosata, ma la critica dubita dellattribuzione.
Sempre nella letteratura greca lasino protagonista, con varie coloriture
simboliche, di diverse favole di Esopo come Lasino e il ghiaccio, Il leone e
lasino, Lasino la volpe e il leone, Lasino selvatico e lasino domestico.
Perfetti paralleli di queste due opere si rinvengono nella letteratura latina.
Il romanzo Le metamorfosi di Apuleio, noto anche con il titolo Lasino
doro, per dichiarazione dello stesso autore si collega alla analoga fabula
graecanica. Il protagonista, Lucio, narra in prima persona di un suo viaggio
nella magica terra di Tessaglia dove, ospitato nella casa di Milone la cui
moglie una maga, intreccia una relazione amorosa con la servetta Fotide
persuadendola a fargli usare un unguento con il quale la padrona usa
trasformarsi in uccello. Lucio per si trasforma in un asino e dopo molte
peripezie, finito a servizio dei sacerdoti di Cibele, quando sta per essere
portato nellanfiteatro di Corinto per congiungersi pubblicamente con una
donna accusata di assassinio fugge, si getta nel mare purificatore e invoca
la luna simbolo di Iside: la dea ha piet di lui e gli suggerisce di mangiare
rose nel giorno della festa a lei dedicata. Cos facendo, Lucio torna alla
forma umana e viene iniziato ai misteri di Iside, di cui dovr essere servitore
devoto.
La favola ha significati trasparenti: Lucio trasformato in asino come
punizione per essere schiavo dei piaceri della carne e per lostinata
ignoranza unita allinsana curiosit per la magia. La metamorfosi che lo
restituisce alla forma e alla personalit umana manifestazione del potere
salvifico di Iside ed, insieme, rappresentazione del passaggio, dalla sventura
delle basse volutt e dalla schiavit impostagli dalla cieca fortuna, alla
felicit soprannaturale, alla resurrezione interiore che gli dona salvezza ed
intimit con la divinit. Il racconto riflette la moda, nellimpero romano, delle
religioni misteriche di cui era adepto lo stesso Apuleio, imperniate sulla
ricerca della salvezza e che costituiranno lhumus nel quale attecchir e si
svilupper il Cristianesimo.
Nella favolistica di Fedro, lasino protagonista di favole come Lasino e il
cinghiale, in cui loscena provocazione che il primo fa nei confronti dellaltro
in perfetta consonanza con la amoralit del mondo pagano, respinta poi
63
27
65
67
Premessa
Nell'immaginario collettivo il cavallo visto come simbolo di libert
sconfinata e senza limiti: la sua corsa affascina per la misteriosa alchimia di
armonia e di forza che esprime.
Il cavallo stato considerato sacro da tutte le religioni antiche: in Grecia,
alcuni di come Poseidone, Demetra, Artemide, erano detti hippioi, cavallini,
ed il nome di altre divinit minori presentava spesso la componente Ippo: si
pensi anche ai nomi di regine delle Amazzoni come Ippolita e Melanippa.
Nelle mitologie di cui ci rimane diretta testimonianza, lo si trova spesso a
fianco di vari di quale loro attributo essenziale, a testimonianza residua di
una fase pi antica e non documentata da fonti scritte, quella teriotropica, in
cui, prima della concezione delle divinit uraniche propria degli Arii, gli
animali erano oggetto di adorazione da parte delluomo primitivo. Scrive in
proposito lindiologo Coomaraswami: Col sorgere dei grandi sistemi
teologici tutto questo sar irreggimentato e organizzato. Dallessere essi
stessi di [gli animali] discenderanno a divenire i veicoli e i compagni
degli di... Ma in questo stesso fatto vi sar limplicita dichiarazione delle
divine associazioni dei subordinati. Lemblema cos costituito former un
compromesso, una sintesi di due sistemi, due idee: una relativamente nuova
e una incomparabilmente pi antica e pi primitiva.1
Nella simbologia, il cavallo personificazione di forza e vitalit, ma con
significati contraddittori che confermano la polisemicit dei simboli, specie di
quelli animali: da un lato, infatti, lo si vede nobile, intelligente, affascinante e
carico di sensualit, mentre daltro lato esso visto come un essere che, a
causa della sua forza istintuale, incute angoscia e turbamenti.
Tale ambivalenza rende il cavallo al tempo stesso puro ed impuro, solare
e funerario, uranico e ctonio.
Il cavallo come figura ctonia
La pi antica interpretazione dellimmagine del cavallo quella negativa:
nella memoria ancestrale di molti popoli esso infatti associato, in origine, al
mondo ctonio. Figlio della notte e del mistero, il cavallo archetipico
COOMARASWAMI, Ananda K. e NIVEDITA, S. Miti dellIndia e del buddhismo 2007 Bari, Laterza, p. 17
68
GHEERBRANDT, A. in: J. Chevalier A. Gheerbrant Dizionario dei simboli 2005 Milano, BUR, p. 223.
ALONGI, A. La realizzazione melitense del mito della cavalleria, in I mille volti del Mito 2009 Palermo,
Carlo Saladino Editore, pp. 61-62
4
CLAUDIANO, C. De raptu Proserpinae, vv. 283-287
3
69
quando questi si arrestano, alla soglia della morte abituato alle tenebre,
esercita funzioni di guida e di intercessore, in una parola di psicopompo. 5
Cos il cavallo magico Shal-Kuyruc, dotato di parola, che nellepopea
kirghisa di Er-Tshtk aiuta leroe a ritrovare nel mondo sotterraneo la sua
anima rapita.
Una particolare importanza attribuita nei riti sciamanici alla
chiaroveggenza del cavallo.
Presso i Beltir, il cavallo del morto viene sacrificato perch la sua anima
guidi quella delluomo: ci ci introduce al tema del sacrificio del cavallo che,
pur con significati variabili, cos ricorrente da essere considerato uno degli
elementi costitutivi delle civilt asiatiche primitive.
Nella tradizione vedica, il sacrificio del cavallo, o ashvamedha ha carattere
cosmogonico: come sottolinea Mircea Eliade il cavallo viene identificato al
cosmo e il suo sacrificio rappresenta latto della creazione.6
Dellimportanza di questo sacrificio troviamo gli echi nel poema sacro
indiano Ramayana, messo per iscritto a partire dal 500 a. C. circa ma
risalente a fonti orali anteriori al millennio: il re Dasharata, desiderando
avere un figlio, dopo molte vane penitenze si decise infine a fare la pi
grande delle offerte, il sacrificio del cavallo,7 e da tale sacrificio nacque
Rama come incarnazione del dio Vishnu. Simile sacrificio fece Rama da
trionfatore, dopo essersi installato sul trono della citt di Ayodhy.8
Ritroviamo questo sacrificio presso molti popoli indoeuropei ivi compresi
gli antichi abitanti del Mediterraneo, come risulta dal sacrificio di giumente
che Achille compie sul rogo di Patroclo, perch ne guidi lanima nellAde
(Iliade, XXI, v. 130 ss.).
c) Loriginaria concezione ctonia del cavallo si rivela anche, per il suo
legame con lacqua, nella figura di Poseidone, dio delle acque e del mare,
assunto a divinit protettrice dei cavalli con un culto sviluppato
particolarmente in Tessaglia. Poich originariamente Poseidone non era dio
del mare, ma lo erano Oceano e Nereo, alcuni studiosi ritengono che egli
originariamente sia nato come dio-cavallo e che solo in seguito sia stato
assimilato alle divinit acquatiche orientali: significativa di questo passaggio
appare la presenza, nel mare, degli ippocampi, creature marine dalla testa
simile a quella del cavallo. Poseidone nel mito della fondazione di Atene
colui che crea il cavallo, bench in altro mito risulti che quando egli era
ancora in fasce Rea ne avesse gi dato uno in pasto a Crono: quanto meno,
per, istitu le corse con i cocchi. Nelle stalle di Poseidone albergavano
bianchi cavalli con zoccoli di bronzo e criniere doro ed un cocchio aureo, al
cui apparire le tempeste si placavano.
5
71
Cfr. FRAZER, J.G. Il ramo doro 2006 Roma, Newton Compton, pp. 519-520
GHEERBRANDT, A. in: Chevalier, J. Gheerbrant, A., op. cit., p. 224
11
STUTLEY, M. & J. Dizionario dellinduismo 1980 Roma, Ubaldini., p. 202
10
72
TILAK, Bl Gangdhar La dimora artica nei Veda 2006 Genova, ECIG, passim
STUTLEY, M. & J. op. cit., p.41
14
Ibid., p. 42
15
Ibid., p. 423
16
BIEDERMAN Hans Simboli - Enciclopedia LUniversale, 2004 Milano, Garzanti, p. 101
13
73
74
Pegaso per andare fino alla dimora degli dei, ma il cavallo simbizzarr e lo
precipit nel vuoto. Zeus poi trasform Pegaso in costellazione.
b) LIppogrifo un animale mitologico il cui nome deriva, come noto,
dallunione delle parole greche hippos (cavallo) e gryphs (grifone).
L'ippogrifo infatti una creatura alata, originata dall'incrocio tra un cavallo ed
un grifone, con testa e ali di aquila, zampe anteriori e petto da leone ed il
resto del corpo da cavallo. Funge da eccezionale destriero, poich pu
volare veloce come il fulmine.
LIppogrifo si presenta come un Pegaso dotato solo di qualit positive. A
differenza di questultimo, infatti, non rappresenta soltanto il valore della
cavalcatura spirituale, ma vi integra anche la funzione di guardiano, propria
del grifo. Una nota presenza letteraria dell'Ippogrifo quella nellOrlando
Furioso di Lodovico Ariosto: qui esso la cavalcatura del mago Atlante,
soggiogato da Bradamante e poi utilizzato da Ruggero. Viene inoltre
cavalcato da Astolfo fino alla Luna per recuperare il senno perduto di
Orlando. Nelle leggende medioevali in cui questo animale fantastico appare,
esso di solito l'animale domestico di un cavaliere o un mago.
c) LUnicorno. Lo storico greco Ctesia di Cnido (V - IV sec. d.C.) narra
dellesistenza in India di un animale selvatico simile al cavallo, con un corno
sulla fronte dalle straordinarie qualit terapeutiche (probabilmente il
rinoceronte). Questa straordinaria figura si insinua subito nellimmaginario
collettivo assumendo le fattezze dellunicorno, rappresentato come cavallo
con un corno ritorto in fronte o, in varie raffigurazioni, con il corpo, e
specialmente le zampe dallunghia bifida, di cervo, pur conservando sempre
la criniera di cavallo. Presente specialmente nelliconografia e nelle
leggende medievali, i bestiari evocano in particolare il potere del suo corno
di scoprire e neutralizzare i veleni. La religione cristiana ne fa un simbolo di
purezza e castit.18 E difficile cacciarlo, perch pu essere avvicinato solo
da una vergine, nel cui grembo si addormenta: allora pu essere catturato e
messo a morte dai cacciatori. Tutto ci viene interpretato come simbolo del
concepimento di Ges da parte della Vergine Maria e della sua successiva
Passione.
Il cavallo nella conquista delle Americhe
Il cavallo un animale con il quale il mondo euroasiatico aveva sin
dallantichit una dimestichezza che si spingeva sino alla simbiosi presso
alcuni popoli di cavalieri nomadi conquistatori (si pensi agli Arya ed ai
18
Almeno per quanto riguarda le raffigurazioni dellunicorno con corpo di cervo, ci si accorda con quanto
sostenuto dai Padri della Chiesa, che ritenevano impuro lanimale con lo zoccolo intero, ma puro quello con
lunghia bifida: cfr. nelle-book Il nuovo Bestiario il saggio LAsino nel mito e nella letteratura, pp. 48-49
75
Tartari): esso assume peraltro connotati mitici e favolosi agli occhi degli
Indios di America quando per la prima volta lo vedono apparire, portato dagli
Spagnoli sul suolo americano. Ai loro occhi sbigottiti, nella sua stretta unione
con il cavaliere, esso appare un tuttuno, un mostro favoloso contro il quale
risulta vano opporsi, un tremendo strumento di guerra che contribu in modo
decisivo alla vittoria di uno sparuto gruppo di Conquistadores contro potenti
imperi.
Un eco di questa visione lo troviamo nelle Comedias de las Indias, in quel
gruppo cio di commedie spagnole del Siglo de oro che hanno come
argomento e scenario la conquista e la cristianizzazione delle Americhe.
Citiamo al riguardo (ma non lunica a trattarne) la commedia del sommo
Lope de Vega El Nuevo Mundo descubierto por Cristbal Coln, dove un
indigeno, annunciando al suo capo di avere assistito allo sbarco degli
stranieri, dice:
Ne vidi uno tra loro, Dulcn,
cos grande, che giurerei
che di questo monte superava
i pini che lo ricoprono.
Egli portava due teste
E una a met del corpo.
..
Piccola mi parve
quanto questa, quella di sopra,
ma quella che posta in mezzo
al corpo, mi ha raggelato le membra.
.
[E] grande, con le narici
aperte, e ai lati
nuca e fronte coperte
da alcuni capelli ritti.
Tutta la bocca schiumosa
che parla delicata e forte,
grugnisce, bramisce, corre e salta
con leggerezza spaventosa.
Ha le orecchie larghe,
aperte e ritte,
largo il petto, bench delicate
le gambe, ma viene veloce.
Ed ha quattro [piedi].
E panciuto.
..
76
19
20
In: ROMAGNOLI, G. Cristoforo Colombo ed altre storie 2006 Palermo, Anteprima, pp. 125 -127
PLATONE, Fedro
77
Luomo e il cavallo
Lo stretto rapporto del cavallo con luomo, di cui da sempre cavalcatura,
rendono pertanto questo animale il polo di una dialettica costante fra le forze
istintuali e il lume della coscienza. Il simbolismo psicologico identifica nel
cavallo e nel cavaliere il rapporto esistente tra l'energia libidica, che nella
sua manifestazione quale desiderio sfrenato di denaro e potere permea il
mondo intero, e l'Io, cosicch limmagine di cavallo e cavaliere
rappresentazione di ordine e razionalit, di focalizzazione intelligente
contrapposte alla spinta biologica ed istintiva, listinto domato, limmagine del
dominio dello spirito sui sensi.
La figura cavallo acquista senso e significato nel suo rapporto con luomo:
nella letteratura, a partire dal romanzo di Alessandro che domina il bianco
cavallo Bucefalo come allegoria del suo dominio sul mondo, ai romanzi e
poemi cavallereschi in cui compagno inseparabile del cavaliere del quale
condivide le azioni eroiche e virtuose, fino al Don Quijote di Cervantes, dove
la misera figura di Ronzinante, pi che parodistica, simbolo di un mondo
ormai tramontato.
Luomo che non ha saputo rispondere al processo di elevazione spirituale
rimane mezzo uomo e mezzo cavallo: tale concetto trova riscontro, in
mitologia, nelle figure dei Sileni e dei Satiri compagni di Dioniso nei riti
orgiastici; tali anche i centauri che il dio ubriac provocandone le
intemperanze che furono causa della centauromachia combattuta contro di
loro da Eracle. Sempre nel mito di Eracle, un ruolo negativo attribuito al
centauro Nesso, che con la sua camicia ne caus la morte; per contro, al
centauro Chirone, precettore di Achille, si attribuiva grande saggezza.
Il rapporto tra uomo e cavallo di cavalcatore-cavalcato vede addirittura una
inversione di ruoli nei riti di possessione e di iniziazione, per cui luomo ad
essere cavalcato.
Si pu pertanto affermare che l'uomo ha proiettato sulla figura del cavallo
la propria natura ambigua e contraddittoria, divina e demoniaca.
Conclusioni
La conclusione e la sintesi di quanto esposto non pu essere espressa
meglio che con queste parole di Alain Gheerbrandt:21
In conclusione sembra che il Cavallo costituisca uno degli archetipi fondamentali nella
memoria umana. Il suo simbolismo si estende ai due poli - alto e basso - del Cosmo ed
quindi realmente universale: nel mondo inferiore, ctonio, il cavallo appare come un
avatara o un amico dei tre elementi base (fuoco, terra e acqua) e del suo astro, la Luna.
Nel mondo superiore, uranico, associato ai tre elementi base (aria, fuoco e acqua - gli
ultimi due assunti in questo caso nella loro accezione celeste) e al suo astro, il Sole Il
21
78
cavallo passa con la stessa facilit dalla notte al giorno, dalla morte alla vita e dalla
passione allazione, collegando quindi gli opposti in una manifestazione continua. E
essenzialmente manifestazione; Vita e Continuit, al di sopra della discontinuit della
nostra vita e della nostra morte.
79
Nel passaggio dalla religiosit teriotropica, adoratrice degli animali, a quella uranica, avviene di norma un
processo di antropomorfizzazione dellanimale, che da dio egli stesso diventa compagno o attributo della
divinit antropomorfa, costituendo con essa una divina associazione (Cfr. COOMARASWAMI Ananda K. e
NIVEDITA, Suora Miti dellIndia e del buddhismo 2007 Bari, Laterza, p. 17). Questo schema capovolto
nella Bibbia, nella quale il serpente, dapprima antropomorfo, viene trasformato in animale, ad indicarne il
definitivo degrado e tramonto a fronte dellunico Dio, pur se conserva il potere di contrastarne i piani, nei
limiti per che Dio stesso permette.
80
creato, del quale Dio aveva detto che era cosa molto buona (Gen
1,31).
E linizio della identificazione, che sar sviluppata nei successivi testi
biblici, con il diavolo, del quale il serpente manifestazione: come
dibolos infatti, cio colui che divide, quello che ha rotto larmonia
primigenia del
creato dividendo le creature dal suo Creatore.2 Peraltro, nello stesso
passo biblico linimicizia che Dio porr tra la donna e il serpente, che avr
il capo schiacciato dal suo calcagno, appare una chiara prefigurazione del
trionfo del bene attraverso il Figlio della Donna stessa, e quindi
dellidentificazione del serpente con il male.
E tuttavia, non manca in questo racconto, e riemerger, come vedremo,
a tratti nella Bibbia, uneco della antica dimensione divina di questa
bestia: la parola astuta, infatti, presente nella edizione ufficiale della CEI,
anche dando per scontato che costituisca una esatta traduzione del
termine originale, sembra comunque riflettere, in qualche misura, le
qualit di sapienza, saggezza divina o preveggenza, attribuite al serpente
in altre culture.
E dubbia la configurazione del Leviatan come serpente piuttosto che
come drago o mostro marino in genere:3 in ebraico peraltro la parola
significa contorto, avvolto, attributi tipicamente ofidici, e coerentemente
quale serpente lo definisce il profeta Isaia: In quel giorno il Signore
punir, con la spada pesante, grande e potente, il Leviatan, serpente
guizzante, il Leviatan, serpente tortuoso (Is. 27,1). Anche nel caso di
questo essere, la valenza simbolica contraddittoria: se infatti esso talora
rappresenta il caos primordiale, la potenza priva di controllo, altre volte
presentato come espressione della volont divina e simbolo della potenza
del Creatore.
Il serpente appare nel Libro dellEsodo in un ruolo analogo a quello, da
ultimo ricordato, di manifestazione della potenza divina. Dio, parlando a
Mos dal roveto ardente, lo incarica di riferire agli Israeliti che li far
usciredallumiliazione dellEgitto e di chiedere al Faraone il permesso di
allontanarsi con tutto il suo popolo per fare un sacrificio nel deserto, come
il Signore, apparendogli, gli ha ordinato: davanti ai dubbi del patriarca di
essere ascoltato e creduto, gli ordina di gettare a terra il bastone, che si
trasforma in un serpente, e di riprenderlo poi in mano per la coda, ci che
lo trasforma nuovamente in bastone: Questo perch credano che ti
2
demonio.
3
Come noto Herman MELVILLE, nel suo romanzo Moby Dick, lo identifica con la balena.
81
apparso il Signore, il Dio dei loro padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il
Dio di Giacobbe (Es. 4, 1-5).
Mos, obbedendo a quanto il Signore gli aveva ordinato, si presenta al
Faraone portando con s il fratello Aronne: questultimo gett il
bastone
davanti al Faraone e davanti ai suoi servi ed esso divenne un serpente.
Allora il Faraone convoc i sapienti e gli incantatori, e anche i maghi
dellEgitto, con le loro magie, operarono la stessa cosa. Gettarono
ciascuno il suo bastone e i bastoni divennero serpenti. Ma il bastone di
Aronne inghiott i loro bastoni (Es. 7, 10-12). Si manifesta in questo
modo agli occhi degli Egiziani, adoratori del serpente, il motivo, ricorrente
nellAntico Testamento, del Dio di Israele che si proclama il pi potente di
tutti gli di.
Le qualit positive del serpente riaffiorano in un altro episodio del Libro
dei Numeri. Gli Israeliti, da lungo tempo vaganti nel deserto, avviatisi dal
monte Cor verso il Mar Rosso per aggirare il paese di Edom, non
sopportando il viaggio presero a dire contro Dio e contro Mos: Perch
ci avete fatti uscire dallEgitto per farci morire in questo deserto? Perch
qui non c n pane n acqua e siamo nauseati di questo cibo cos
leggero [la manna]. Allora il Signore mand fra il popolo serpenti velenosi
i quali mordevano la gente e un gran numero di Israeliti mor (Num. 21,
4-6). Pentito, il popolo chiese a Mos di intercedere presso il Signore, il
quale disse a Mos: Fatti un serpente e mettilo sopra unasta; chiunque,
dopo essere stato morso, lo guarder rester in vita. Mos fece un
serpente di rame e lo mise sopra lasta; quando un serpente aveva morso
qualcuno, se questi guardava il serpente di rame restava in vita (Num.
21, 8-9).
Lepisodio, come noto, assume un significato soteriologico nel Nuovo
Testamento, che vi ravvisa un preannuncio della figura del Cristo
crocifisso: senza voler precorrere largomento, che sar ripreso pi avanti,
qui preme cogliere uneco di antichi culti ofidici e, comunque,
lassociazione della figura del serpente al simbolo della vita che a un
tempo muore e si rinnova, cos come lanimale cambia pelle.44
Che, in ogni caso, lepisodio stesso abbia fatto in seguito rivivere il culto
ofidico presso gli Ebrei, gi pi volte nella loro storia caduti in quello che
la
Bibbia definisce labominio dellidolatria, risulta dal Secondo Libro dei
Re:assurto al trono, Ezechia Fece ci che retto agli occhi del Signore,
4
Le virt terapeutiche del serpente, riconosciute nel mondo greco-romano, lo assoceranno dapprima ad
Ermes, sul cui bastone si avvolge, e poi al culto di Esculapio: ancora oggi esso presente nel simbolo
dellOrganizzazione Mondiale della Sanit e degli Ordini dei medici e dei farmacisti.
82
secondo quanto aveva fatto Davide, suo antenato. Egli elimin le alture e
frantum le stele, abbatt il palo sacro e fece a pezzi il serpente di
bronzo,
eretto da Mos; difatti fino a quel tempo gli Israeliti gli bruciavano incenso
e lo chiamavano Necustan (2Re 14,3-4). Il serpente viene cos
identificato
nuovamente, e definitivamente per quanto riguarda lAntico Testamento,
come simbolo del male e in genere come idolo materiale, il cui culto si
oppone a quello del Dio unico e trascendente.
Nuovo Testamento
Nel Nuovo Testamento trova compimento la piena identificazione del
serpente con il demonio, ed Ges stesso, nei racconti evangelici, a dare
una qualificazione negativa allanimale.
Tuttavia, si anche trovano passi nei quali egli ne valorizza le qualit
positive, simboliche e reali.
E lo stesso Ges, infatti, che in funzione soteriologica si identifica con il
serpente di Mos, quando dice a Nicodemo: Come Mos innalz il
serpente nel deserto, cos bisogna che sia innalzato il Figlio delluomo,
perch chiunque crede in lui abbia la vita eterna (Gv. 3,15). Questa
espressione innalzato, con la quale allude alla crocifissione assimilando
la Croce al palo sul quale Mos innalz il serpente di rame, ricorre
ancora, nel Vangelo di Giovanni, nelle parole di Ges ai farisei: Quando
avrete innalzato il Figlio delluomo, allora saprete che Io Sono (Gv.
8,28) e alla folla di Gerusalemme: Io, quando sar elevato da terra,
attirer tutti a me (Gv. 12,32).
Nel conferire il mandato agli Apostoli, poi, Egli dice: Siate dunque
prudenti come i serpenti e semplici come le colombe (Mt. 10,16), dando,
evidentemente, una interpretazione sostanzialmente positiva di una
qualit
almeno di questo animale. Lespressione tuttavia suscita dubbi
sullesattezza della traduzione, anche perch la prudenza non appare il
pi saliente tratto caratteristico del serpente, anche se esso se usa
nascondersi e mimetizzarsi.
Si deve pensare piuttosto, in parallelo al citato passo di Gen. 3,1, al
termine astuti, qualit necessaria per essi che venivano mandati come
pecore in mezzo ai lupi? Oppure a qualche altra espressione che, sia
pure in termini molto attenuati, faccia in qualche modo riferimento alle
antiche doti di sapienza, saggezza divina o preveggenza attribuite al
serpente?
83
84
IL SERPENTE NELLENEIDE
di Lavinia Scolari
Conferenza Palermo, Chiesa del S.Angelo Custode 20 gennaio 2011
Introduzione
In latino esistono quattro sostantivi per indicare la figura del serpente:
serpens, draco, anguis e vipera. La differenza semantica e zoologica fra tali
termini si poggia sulle diverse connotazioni del rettile che ciascun sostantivo
predilige e segnala: serpens, legato al gr. herpein (strisciare) marca il
movimento strisciante dellanimale; draco, gr. dracon, deverbativo da
derkesthai che significa osservare, insiste sulla particolarit dello sguardo e
sulla sua fissit; anguis, sebbene di etimo incerto, appartiene alla sfera
religiosa e connoterebbe su questo versante la tipologia di serpente che sta
a segnalare; infine detto vipera il serpente viviparo, come testimonia
Plinio (10, 170), il quale conclude la descrizione dellovulazione dellanimale
e della nascita dei suoi piccoli asserendo che questi, impazienti di nascere e
insofferenti del ritardo con cui la femmina li mette al mondo singolarmente,
finiscono per spezzare i fianchi della madre dopo averla uccisa: itaque ceteri
tarditatis impatientes perrumpunt latera, occisa parente. Non si pu tuttavia
affermare che la consapevolezza di questa attitudine abbia potuto influire su
un certo ambito cruento e mortifero nel quale il sostantivo vipera finisce per
essere collocato, bench esso possa suscitare una serie di suggestioni che
potrebbero aver avuto seguito nelle successive rappresentazioni letterarie di
questa figura metamorfica, ctonia, e di certo affascinante.1
In questo contesto lesame della figura del serpente e delle modalit di
rappresentazione saranno svolte allinterno di un testo centrale per la cultura
latina: lEneide di Virgilio. La scelta di questa prospettiva e del contesto nel
quale inserire lindagine nasce dallo studio di un passo meno noto
dellopera, nel quale il serpente ha un ruolo religioso e divinatorio
essenziale, sebbene poco sottolineato dagli studiosi virgiliani.2
I serpenti e Laocoonte: unerrata interpretazione del segno
Il valore simbolico e salvifico di questo animale, che indica in molte
mitologie trasformazione e rinascita sino a diventare lattributo tipico delle
divinit guaritrici (Esculapio/ Asclepio) e lanello di collegamento tra mondo
terrestre e mondo sotterraneo, non ne esclude una profonda essenza
1
Sulle etimologie e sui rapporti linguistici dei termini annoverati cfr. DELL., s. v.
Unimportante eccezione, in tal senso, rappresentata dal compianto Prof. Giusto Monaco, che ne tracci
un esame nel suo G. Monaco , Il libro dei ludi, Palermo 1957.
2
85
Basti pensare ai numerosissimi miti in cui il divieto di visione infranto costituisce una colpa criminosa da
espiare; ne caso emblematico il mito di Atteone, che vide Diana nuda e ne fu atrocemente punito, o
lepisodio di Tiresia, raccontato anchesso nelle Metamorfosi di Ovidio, dove si racconta che il futuro
indovino assistette allunione di due serpenti, tent di dividerli e ne venne punito subendo la trasformazione
in donna, versione del mito ripresa poi da Eliot.
4
Il sostantivo drakon infatti legato alla radice di derkomai, come nota B. SNELL in un celebre lavoro che,
bench discutibile e forse superato per talune visioni del mondo antico influenzate dal punto di vista
moderno, sicuramente offrono un contributo essenziale alla storia degli studi classici: derkesthai significa:
avere un determinato sguardo. drakon, il serpente il cui nome tratto da derkesthai, viene chiamato cos,
poich ha uno sguardo particolare, sinistro. detto il veggente, non perch ci veda meglio di altri e la sua
vista funzioni in modo speciale, ma perch ci che colpisce in lui il guardare. In B. SNELL, La cultura
greca e le origini del pensiero europeo, Torino, 1963, p. 20. Seguitando su questa scia lanalisi di SNELL
ritorna al greco di Omero da cui era partita, per rintracciare nei poemi il verbo derkesthai volto a indicare
non la funzione dellocchio, ma il lampeggiare dello sguardo percepito da chi oggetto di osservazione.
87
Qui indicata con lappellativo di Tritonide, secondo Lucano con riferimento alla palude di Libia cos
chiamata e cara alla dea (cfr. Lucano, Bellum Civile, IX 354).
6
Considerata lappartenenza del serpente ad una dimensione non solo ctonia ed esiziale, ma anche
taumaturgica (come il rapporto con Asclepio/Esculapio evidenzia), da ricondurre forse a riti di passaggio ad
esso connessi in virt dei cambiamenti fisici dellanimale (come quello della pelle) la relazione tra i due
angues e Apollo di certo pi immediata ed evidente, giacch questo dio in qualche modo pi vicino,
rispetto ad una dea come Minerva, tanto allarte medica e alla guarigione quanto al suo contrario (si pensi
al I libro dellIliade dove Apollo figura quale apportatore di peste).
88
Lira di Apollo nei confronti di Laocoonte scatenata dal sacrilegio del suo tempio: Laocoonte infatti si un
con la moglie davanti alla statua consacrata del dio, atto che equivaleva ad una profanazione della
sacralit del simulacro.
89
90
Asclepio, secondo la tradizione, era figlio di Apollo, quello stesso dio che baratt il suo caduceo con la lira
di Hermes/Mercurio, (cfr. Inn. om. ad Hermes, vv. 527 e sgg). In realt nellInno si parla di un bastone di
ricchezza e opulenza (cfr. v. 529) capace di proteggere da ogni pericolo, che tuttavia molti riconducono al
caduceo. Sulla nascita di Asclepio da Apollo cfr. Pindaro, Pit. 3; Inn. om. ad Ascl..
10
Sulla pratica della incubatio e sul valore simbolico del serpente come simbolo di virt terapeutiche cfr.
MARTORANA G., Cultura Religiosa Greca. Per una ermeneutica di paradeiso", Supplemento a Mythos 4,
Palermo 2003: Siffatto animale raffigura simbolicamente la rinascita: dalla morte alla vita, per il fatto che
ogni anno ad esso cade lintera sua pelle e nasce una pelle nuova.
91
92
LAQUILA ROMANA
di Carla Amirante
Intervento alla tavola rotonda Il Bestiario Palermo, Palazzo Palagonia, 14
dicembre 2011
Per comprendere la sacralit e la funzione mitica degli animali
necessario risalire al periodo preistorico perch fu in quel periodo che si
crearono le prime religioni come la zoolatria e il totemismo e si narrarono i
primi miti.
Ci avvenne perch luomo primitivo, oltre a vedere gli animali come fonte di
cibo, ammirava le doti di agilit, forza e velocit di alcune bestie,
caratteristiche che esse possedevano in modo maggiore di lui; inoltre esse
erano al tempo stesso misteriose, a causa delle sue scarse conoscenze
scientifiche, ed ostili per la difficolt ad addomesticarle. Per questi motivi i
paleolitici divinizzarono alcuni animali, poi progredendo nel cammino
religioso e di civilizzazione, rivolsero la fede a divinit antropomorfizzate alle
quali accomunarono i loro animali sacri, che furono visti come alter ego e
simbolo dei nuovi dei, e ne esaltarono le doti particolari di attivit e
temperamento.
Anche Roma antica sub il fascino degli animali, ereditato da un tempo
remoto, e ne us le immagini, nellarco della sua lunga storia, fin quasi ad
identificarsi con essi; Roma, per rappresentare se stessa e le sue legioni,
prese alcuni animali come simboli da esibire nelle cerimonie sacre, nelle
parate ed in guerra e tra questi scelse la lupa e laquila1 ed ebbe con essi
un rapporto speciale. Quando vediamo raffigurata una lupa che allatta due
gemelli, la mente corre subito ad evocare limmagine di Roma, alla sua
fondazione; essa ci ricorda le origini della citt, la sua storia fino ai giorni
nostri e la rappresenta ancora nello stemma cittadino. Invece guardando
unaquila trionfale pensiamo alla Roma imperiale, alla sua grandezza, al suo
potere, alla vastit dei territori che essa domin per tanti secoli: questo fu
possibile in gran parte per merito dellesercito2 attore fondamentale della sua
storia - dalle origini, nel VIII secolo a.C., sino alla fine nel 476 d.C -, che
scelse proprio laquila come suo emblema ed elemento di identificazione,
soprattutto in epoca imperiale. Si pu dire che la citt prima e limpero dopo
crearono con entrambi gli animali un rapporto inscindibile.
1
Laquila appartiene alla famiglia degli accipitridi come anche lo sparviero e lavvoltoio.
Lesercito romano, la militia comprendeva sia le forze militari di terra che quelle di mare, la loro struttura e
composizione
cambi profondamente nei secoli per ragioni pratiche. Al tempo di Romolo esso era
composto da 3.300 armati che dovevano difendere solo la citt ed il modesto territorio intorno; in seguito,
con lespandersi dei territori conquistati e delle popolazioni acquisite, esso divenne sempre pi grande.
Sotto Costantinio, comprese le milizie barbariche dei foederati , le unit erano pi di 600.000, come
sostiene lo storico inglese Jones (1904-1970), basandosi sugli scritti della Notizia dignitatum degli inizi del
V secolo.
2
93
LAquila
La fortuna di questo animale si riscontra presso le popolazioni antiche di
tutto il mondo che gli hanno attribuito significati simbolici, spirituali e bellici,
facendolo divenire anche protagonista di racconti mitologici, ma nella civilt
romana ebbe un successo particolare perch venne posta in relazione con
la religione, la politica imperiale e la pratica militare.
Fu scelta proprio laquila per rappresentare il simbolo dello stato romano
stesso e tale rimase sempre, essa serv a significare: durante la monarchia
la nobilt e la maest del re, successivamente nella repubblica la fierezza e
lorgoglio del popolo romano ed infine nellimpero la potenza e la grandezza
della civilt romana; e non poteva essere diversamente, perch nessun altro
animale, nei tratti fisici e caratteriali, era in grado di rendere meglio questi
ideali ai quali Roma si ispir durante tutto larco della sua storia.
Ma per comprendere perch questo volatile dal carattere olimpico ed
eroico abbia avuto tanta fortuna presso i Romani, bisogna tener conto che
essi discendevano da un comune ceppo indoeuropeo, le cui stirpi nomadi
gia dai tempi pi antichi veneravano un Dyaus Pitar, il Padre Cielo, la
massima autorit tra i loro di, e laquila era lanimale a lui consacrato
perch ben rappresentava lautorit regale, limmortalit e la trascendenza
divina,
Perch fu scelta proprio laquila per rappresentare la regalit di dio padre e
di riflesso quella del re umano?
Con molta probabilit ci dipendeva dal fatto che il rapace, nella specie di
aquila reale, lanimale pi bello tra gli uccelli. Essa considerata la regina
del cielo in quanto ha il corpo pi grande, la figura possente, maestosa
quando in aria allarga le ali ed capace di volare pi in alto di tutti gli altri
volatili arrivando ad altezze vertiginose in brevissimo tempo. Laquila ha
inoltre una vista acutissima in grado di scorgere, anche a grandi distanze, le
prede, e, terribile a vedersi, piomba su queste con una velocit
impressionante di circa 300 km/h, poi le afferra con i suoi potenti artigli.
Poich vive sulle cime delle montagne vicino al cielo, dagli antichi fu
considerata uccello celeste e posta in relazione con gli di dellaria e del
cielo, divenendo cos ambasciatrice delle loro volont; inoltre secondo
alcune leggende, laquila era anche un animale solare, perch, essendo in
grado di fissare la luce del sole senza danno3, veniva a conoscenza del
pensiero del Sole, che le aveva donato ingegno e acutezza mentale.
Di lei, come uccello solare, si narrava che fosse partita dallestremit del
mondo, si fosse fermata sulla verticale dellomphalos di Delfi, luogo solare
per eccellenza, poi avrebbe seguito la traiettoria del sole dal suo sorgere
3
Luciano (Samosata 128- Atene 180 a.C.). Scrittore greco di origine siriana autore dei Dialoghi e di un
Corpus di 82 scritti.
94
allalba fino allo zenit, delimitando cos lestensione dellasse del mondo
secondo lastronomia geocentrica, detta aristotelica-matematica o tolemaica.
Ma la sua sacralit soprattutto aveva origine dal fatto che era lanimale sacro
dello Iuppiter romano e del greco Zeus, entrambi evoluzione del Dyaus Pitar
indoeuropeo, re del cielo, padre degli dei, che si era celato pi volte sotto
quelle sembianze per scendere sulla terra ed agire tra gli uomini. Iuppiter,
detto anche Giove, aveva voluto che laquila, o un avvoltoio, mangiasse il
fegato di Prometeo incatenato ad una montagna del Caucaso per punirlo di
aver rubato e donato il fuoco agli uomini; altra funzione che laquila
assolveva su ordine del dio, era quella di colpire con i fulmini i nemici.
Unavventura del dio fu quando, innamorato di Ganimede4, sotto le spoglie
del maestoso rapace invol il giovane principe troiano per portarlo
sullOlimpo come suo coppiere; unaltra versione del mito narra che fu
laquila a rapire il giovane.
Quindi se la massima divinit della religione patriarcale e virilocale romana
aveva scelto laquila come suo animale simbolo, altrettanto vollero fare
dapprima i re di Roma, poi i senatori e consoli repubblicani ed infine gli
imperatori, perch essa rappresentasse anche loro.
Il valore dellaquila era gi pienamente riconosciuto da prima della nascita
di Roma perch, secondo una versione della leggenda, lo stesso Romolo5,
subito prima di fondare la citt, scorse un aquila sul colle Aventino come
segno di buon augurio e, secondo una variante del racconto sulla
fondazione 6di Roma, egli, nella gara con il fratello, vide non dodici avvoltoi
ma dodici aquile; forse anche per questi fatti, Romolo, divenuto re,
introdusse luso che laquila e non lo stendardo, dovesse precedere
lesercito. Infatti essa, nel periodo monarchico, era presente nella storia della
citt di Roma, perch al tempo di Romolo7 o forse di Numa Pompilio,8 gi
esisteva il collegio sacerdotale degli Auguri (di origine etrusca), che
guardando il volo degli uccelli interpretavano la volont degli di ed in
particolare il volere di Giove al quale, come abbiamo detto prima, era sacra
laquila che, a quel tempo, ancora abitava nei boschi e nelle pianure del
Lazio.
4
Ganimede. Il suo tema mitico raccontato da Diomede nellIliade di Omero, da Teognide poeta del VI
sec.a.C., da Ovidio nelle Metamorfosi e da Virgilio nel proemio dellEneide.
5
Romolo, fondatore e re eponimo di Roma, fondata nel 753 a.C. secondo Marrone o 437 anni dopo la
caduta di Troia secondo Velleio Patercolo nel 745 o 747 a.C., che deduceva le date studiando le eclissi
solari.
6
Sulla fondazione di Roma e la nascita dei gemelli Romolo e Remo sono fiorite molte leggende ed ipotesi.
Scrittori che hanno trattato largomento sono stati Tito Livio, Dionigi di Alicarnasso ( riporta racconti di
Ellenico di Lesbo e di Damaste di Sigeo), Alcimo da Messina, Plutarco, Diocle di Papireto, Fabio Pittore,
marrone, Catone, Calpurnio Pisone, Ennio, Eratostene di Cirene, Plinio il Vecchio, Aulio Gallio, Eutropio,
Appiano e Cassio Dione ripresi da Virgilio, Ovidio, Tacito.
7
Dizionario storico-mitologico di tutti i popoli del mondo, di Giovanni Pozzoli p. 249
8
Enciclopedia illustrata dei simboli di Cecilia Gatto Trocchi
95
Dionigi di Alicarnasso ( 60 a.C. circa- 7 a.C.) storico e retore scrisse Antichit romane in 20 libri.
Caio Mario ( Arpino 157 a.C Roma 86 a.C.), generale e politico romano combatt il patrizio Silla.
10
96
Plutarco, (Cheronea, ca. 46 127) scrittore e filosofo greco, scrisse le Vite parallele, nella Vita di Crasso
disse di lui non si era accontentato di essere il primo ed il pi grande tra tante migliaia di uomini, ma,
poich veniva giudicato inferiore a due sole persone, aveva pensato di mancare di tutto.
12
Cavalieri coperti da un armatura pesante a scaglie, provvisti di una lunga lancia erano comandati da R.
Surena Palavi, generale dellImpero Partico di Orode II.
13
Secondo una versione, diecimila furono i soldati massacrati, ma secondo Plinio il giovane questi, nel 52
a.C, furono usati dai Parti in Margiana, lodierno Turkmenistan, per rinforzare i confini orientali nelle guerre
contro i Cinesi. In seguito i Cinesi conquistarono quella regione e arruolarono i legionari romani superstiti
come mercenari nella regione del Gansu, presso Li Qian, nel 36 a.C., come sintuisce dalla descrizione che
viene fatta di quei soldati nei documenti della dinastia Han. Fu forse in quelloccasione che i due imperi
ebbero i primi contatti. Il Gansu era un crocevia importante per gli scambi culturali tra lOccidente e
lestremo Oriente e di l passava la via della seta.
14
Fraate IV, figlio di Orode, fu re dei Parti dal 37 al 2 a.C., fu ucciso dal figlio Fraate V avuto dalla
concubina italiana chiamata dea Musa
97
15
Publio Quinto Varo (Cremona 47 o 48 a. C. Foresta di Teutoburgo 9.d.C.). politico e generale romano,
sposato con la figlia di Marco Vipsanio Agrippa, proconsole in Africa, governatore della Siria.
16
Scrittori che riferiscono della battaglia
1)Dione Cassio (150 229?), storico, console e proconsole in Africa, scrisse, Storia romana in 80 libri,
2)Velleio Patercolo (Capua 19 a.C. circa 31circa) Storia romana in due libri. Nel II, 119, 3. (Q: Varo)
pi coraggioso nelluccidersi che nel combattere si trafisse con la spada).
3)Publio Annio Floro (Africa, I sec-Roma, II sec), storico, poeta di madre berbera, scrisse Epitome de T.
Livio Bellorum omnium annorum DCC Libri Oltre a Livio usa fonti da Sallustio, Cesare e Seneca il
Retore.
4)Cornelio Tacito ( 55 120), storico, oratore, senatore romano, scrisse Annales, Historiae, Germania e
altro..
5)Svetonio (70 126 o 140) De vita Caesarum ( vita dei dodici Cesari), De viris illustribus ed altre opere
perdute.
6)Ovidio ( Sulmona, 43 A.C. nel 17 a Tomi, oggi Costanza sul mar Nero ) poeta romano.Tristia.
98
Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico ( Anzio, 15 a.C. Antiochia 19), generale romano, membro
della dinastia Giulio Claudia, figlio di Druso ( figlio di Livia e forse di Augusto).Vinse Idistaviso e al vallo
angrivariano.
99
100
22
Gli imperatori romani di origine illirica-albanese furono 24, i pi famosi furono Diocleziano, Aureliano,
Decio, Probo, Costanzo Cloro, Massenzio, Constantino. Secondo altre fonti, essi furono quarantadue e
forse cinquanta.
101
103
104
107
108
Le origini. Lantenato
Mi sembrato, innanzitutto, importante indagare sul capitolo, poco noto,
delle sue origini.
La figura del satiro, invero, rivela origini e radici assai pi antiche della
mitologia classica greca nella quale tradizionalmente collocato: sono radici
che risalgono alla preistoria e, in particolare, al periodo paleolitico.
Caliamoci in questo mondo lontano: in una prima fase, il cacciatore
paleolitico, rappresentando con graffiti e pitture rupestri bisonti, renne ed altri
animali di cui si ciba, fissa un mondo simbolico, quello della religione
teriotropica (dal greco thrion, animale), il mondo cio del teismo
silvestre, nel quale la divinit viene ravvisata nella foresta e nei suoi
animali. Luomo ammira ed esalta lanimale per la sua forza e velocit e
soprattutto come fonte di cibo e di vita; ma al tempo stesso lo percepisce
come ostile, pericoloso e difficile da catturare ed uccidere.
Rappresentandolo in immagini, pensa di dominarlo o, meglio, di
propiziarselo attraverso riti che consentano il non venire meno del suo cibo
quotidiano, facilitandone il procacciamento. Queste immagini sono incise o
dipinte in caverne che, per la loro difficile accessibilit, il buio e il senso di
mistero tipico della dimensione religiosa, assolvevano alla funzione non gi
di ripari abitativi, ma di santuari.
In un periodo successivo, che segna la fase intermedia nel passaggio
dalla religiosit tellurica a quella celeste, ossia alluranotropismo tipico
della
religione
pastorale,
si
va
compiendo
una
graduale
antropomorfizzazione delle divinit, attraverso figure divine a met tra
luomo e lanimale. Larchetipo di questa trasformazione lo rinveniamo,
per, ancora nel paleolitico, e pi precisamente nel periodo Magdaleniano
(tra il 15.000 e l 8000 a.C.).
Si tratta di una figura incisa, allaltezza di circa quattro metri dal suolo, in
un abside scavata nella roccia di una profonda e labirintica grotta dei
Pirenei, detta dei Trois-Frres, scoperta nel 1914 (fig.1). Alta circa
settantacinque centimetri, questa figura lunica, tra le tante presenti nella
grotta, ad essere stata dipinta: il corpo appare infatti colorato di nero e
riproduce, di profilo, un essere dalla testa di cervo con grandi corna, rivolta
frontalmente verso il visitatore. Esso presenta, inoltre, varie altre
caratteristiche animalesche, ma gli arti inferiori, il sesso e la posizione di
danza sono chiaramente umani.
Labate Breuil, che subito dopo la prima guerra mondiale studi questa
figura, la interpret in un primo tempo, insieme al conte Bgoun, come
quella di uno stregone, definizione che ancora oggi viene usata per
designarla; ma, successivamente, ritenne che si trattasse di un dio, o dello
stesso spirito che proteggeva le spedizioni di caccia. Questa misteriosa
109
fino allidentificazione, con i Silvani i quali, come indica il nome, sono spiriti
dei boschi.
Laccomunamento di tutte queste divinit minori dimostra che si tratta, in
tutti i casi, di divinit silvestri, rappresentate, come si detto, sotto spoglie in
parte o interamente caprine. Sotto tale profilo, queste figure non possono
essere disgiunte da quella di Dioniso, che a volte viene raffigurato come una
capra dal vello nero. Ma su questo dio e i suoi rapporti con i Satiri ci
soffermeremo pi avanti.
Il tratto comune a tutte queste figure la lascivia: esse, pertanto, non
potevano fare a meno di suscitare la pi radicale ripulsa nella sopravvenente
spiritualit cristiana, che nei primi secoli convisse con il paganesimo. Si
spiega cos che la figura del diavolo, personificazione del male, abbia
assunto nelliconografia laspetto di queste divinit silvestri, venendo
raffigurato con corna, coda e zampe di capra.
Figure cos fatte, presenti nella mitologia greca e romana, non sono
tuttavia esclusive di quei sistemi sacrali, ma hanno i loro corrispondenti nel
folklore del Nord Europa: tali i Ljeschie, spiriti del bosco (Ljes) della
tradizione russa, che hanno essi pure aspetto caprino. Alcuni di loro sono
anche spiriti del grano. Sostiene in proposito Frazer che in generale, nelle
tradizioni popolari agresti, lo spirito del grano assai comunemente
concepito e raffigurato sotto le spoglie di un animale, ci che spiega il
rapporto tra determinati animali e le antiche divinit della vegetazione, tra cui
Dioniso. Questo elemento rende pi complessa la figura del satiro e dei suoi
affini, posto che tale figura di passaggio dalla religiosit teriotropica, propria
dei cacciatori paleolitici, a quella uranica ed antropomorfa propria dei pastori
del neolitico, si arricchisce di un'altra componente riferibile alle societ di
agricoltori sorte tra il 9000 e il 7000 a.C.. In effetti, la cosa spiegabile dal
fatto che il passaggio dalluna allaltra forma di organizzazione sociale non fu
netto, ma graduale, per cui i diversi tipi di societ convissero a lungo,
finendo con linfluenzarsi reciprocamente. Ad esempio, Il prestigio favoloso
dellesistenza del cacciatore, rispetto allesistenza dei coltivatori sedentari, si
conserva presso parecchie popolazioni primitive.
Satiri, Egpani e Sileni sono divinit della natura: essi restano, al pari di
Pan, fuori dallOlimpo, cui rimangono sostanzialmente estranei nonostante
se ne tenti una qualche armonizzazione cercando di accreditarli attraverso
discendenze e parentele con di olimpici. Rispetto a questi ultimi, infatti,
rimangono disprezzati e ai margini come fossero cugini di campagna, dove
sono confinati, troppo rozzi per lo spirito greco apollineo ed estetizzante.
Residui di una religiosit animista in quanto spiriti dei boschi, degli alberi e
dei fiumi, si accomunano in ci alle ninfe deit dei monti, delle fonti eccetera:
queste per godono, rispetto ad essi, di un credito e di un grado
113
riconosciuto come figlio di Zeus dalla gelosa Era, che lo fece impazzire:
and allora vagando per il mondo, accompagnato dal suo tutore Sileno e da
un gruppo frenetico di Satiri e di Menadi, o donne dionisiache. Dopo varie
avventure in Egitto e in India dove, combattendo i nemici tra cui i Titani e le
Amazzoni, diede prova di non comune crudelt, torn in Europa: qui,
purificato dei sui delitti dalla nonna Rea e rinsavito, spos la bella Arianna
abbandonata a Nasso da Teseo ed afferm ovunque il suo culto, che si
caratterizz come culto misterico al pari di altri come quelli di Cibele e di
Mitra, ci che sembra avvalorare lorigine orientale del dio.
Il trionfo del culto di Dioniso rese inevitabile che egli, nato mortale ma
divenuto immortale, venisse infine assunto tra le dodici maggiori divinit
olimpiche. Come tale rappresentato, come abbiamo visto, incoronato
dedera.
I due mondi, lolimpico e il dionisiaco, convivranno in una nuova armonia,
pur rimanendo sostanzialmente separati nonostante il tentativo di fonderli:
altro sar lOlimpo, ancora legato allo spirito apollineo, altro il mondo
dionisiaco ove Dioniso, con il suo seguito, costituisce ci che potremmo
chiamare un Olimpo altro e altrove. E tuttavia, lirruzione del dio straniero
costituir un arricchimento dello spirito greco, che render pi completo
legando le due diverse componenti della mente, la razionale e lirrazionale
dalla quale dipende la creativit.
Il perdurante legame di Dioniso con lantica religiosit teriotropica traspare,
peraltro, anche dalle sue epifanie animali come leone, toro e serpente.
Dioniso per noto soprattutto come dio del vino: ci sottolinea il suo
carattere di antica divinit della vegetazione o comunque legata ai culti
agricoli. In effetti, a rafforzare questa tesi, basti considerare che sua madre
Semele, altro nome di Core o Persefone, una ipostasi della antichissima
Dea Madre, e che essa viene salvata dal figlio che, come giovane spirito
della primavera, chiamato attraverso azioni rituali ad emergere insieme a
lei dallmphalos: la scena della sua apparizione dipinta su molti vasi
greci, alcuni dei quali ci mostrano i Satiri che mediante picche aiutano
leroina ad emergere: la loro presenza indica che si tratta di una rito
pelasgico.
Funzioni dei Satiri e loro rappresentazione
La vite era peraltro il decimo albero sacro, la cui festa si svolgeva in
settembre, in coincidenza con la vendemmia. In tale contesto, insieme a
Dioniso trovano specifica collocazione i Satiri. Nel suo poema Dionisiache
(canto XX), il poeta Nonno di Panopoli (V sec. d.C.) scrive (la traduzione
di Dario Del Corno):
E lo accompagnava il coro dei Satiri; uno
115
piede levato in alto davanti alla padrona, la quale segue esitante e stupita
(fig. 11).
La pittura vascolare raffigura i Satiri che accompagnano Efesto nella sua
risalita allOlimpo, o barbuti e danzanti al seguito di Dioniso. Satiri che
danzano con Menadi sono dipinti in unanfora attica del VI sec. a. C.
proveniente da Vulci, conservata al British Museum di Londra, raffigurante i
ladri di miele, che i Greci ritenevano fosse stato scoperto da Dioniso (fig.
12).
In uno skyphos attico a figure nere su fondo bianco, conservato al Museo
Archeologico nazionale di Atene si vede un Satiro itifallico che insegue una
Menade davanti a un Dioniso evirato, idolo caratteristico del periodo attico
arcaico in ricordo dello smembramento del Dio da parte dei Titani e
consistente in una colonna cui sovrapposta una maschera barbuta, dalla
quale discende sino a terra una lunga veste (fig. 13).
Una intera serie di rilievi in terracotta che adornavano edifici della tarda
repubblica o del primo impero mostra scene di vita dionisiaca. In uno di essi,
conservato al Louvre di Parigi, si vedono due robusti Satiri che danzano con
belle Menadi che suonano il flauto in atteggiamento rigido, col viso rivolto
verso lalto, che tradisce lesaltazione erotica: essi reggono in mano uno
specchio, che rinvia allassassinio di Dioniso commesso dai Titani ma, pi
ancora, al felice scioglimento (fig. 14).
In un altro rilievo conservato al Metropolitan Museum of Art di New York, si
vede un Satiro con accanto una pantera di fronte a una Menade che regge
in mano un serpente: ci indica che il limite estremo verr presto raggiunto
(fig. 15).
Lultimo dei rilievi in terracotta che prendiamo in esame, conservato al
British Museum di Londra, mostra un Satiro e una Menade danzanti che
fanno dondolare il liknon con dentro Dioniso bambino sveglio: essi non lo
fanno dondolare per sbranarlo, ma per festeggiare il Liknits ridestato (fig.
16).
Da segnalare, inoltre, una oinochoe italica conservata al Museo
Provinciale di Brindisi, nella quale si vede un satiro giovinetto che serve
Dioniso e Arianna sul loro giaciglio (fig. 17).
Attingendo a una fonte fisicamente pi vicina a noi, cio alla collezione
archeologica del Banco di Sicilia, troviamo una pluralit di raffigurazioni dei
Satiri, rappresentati per lo pi con coda di cavallo.
In uno skyphos a figure nere su fondo bianco, attribuibile ai pittori del c.d.
gruppo di Lacut (met del V Sec. a.C. ca.) raffigurato, tra due decorazioni
vegetali, un Satiro che insegue una Menade (fig. 18).
In un lekythos a figure rosse su fondo nero della met del V sec. a.C.,
proveniente da Selinunte, ritratto un Satiro (fig. 19).
117
119
IL SATIRO: ILLUSTRAZIONI
Ricerca iconografica di Carla Amirante
Il satiro danzante
Mazara del Vallo, Museo del Satiro
120
Fig 1 Lo stregone
Spagna, Pirenei, Grotta dei Trois Frres
121
122
Apollo e Marsia
123
124
125
126
127
128
129
131
132
133
134
135
Fig. 16 Satiro, Menade e Dioniso in culla - terracotta (I sec a.C. / I sec. d.C)
Londra, British Museum
136
137
138
139
140
141
142
143
144
145
BIBLIOGRAFIA
Amirante, Carla
Mito ed Arte: la preistoria in Il Mito in Sicilia, Palermo, Carlo Saladino
Editore, 2007
Campbell, Joseph
Mitologia primitiva Le maschere di Dio Milano, Mondadori, 2006
Eliade, Mircea
Storia delle credenze e delle idee religiose Milano, Rizzoli, 2006
Frazer, James G.
Il ramo doro Roma, Newton Compton, 2006
Giudice, Filippo
Ceramica figurata in La collezione archeologica del Banco di Sicilia,
Palermo, Edizioni Guida, 1992
Graves, Robert
I miti greci Milano, Longanesi, 2008
Grimal, Pierre
Enciclopedia della Mitologia Milano, Garzanti, 2004
Kernyi, Karl
Dioniso Milano, Adelphi, 1992
Moormann, Eric M. e Uitterhoeve, Wilfried
Iti e personaggi del mondo classico Milano, Bruno Mondadori, 2004
Pierini, Franco
Le religioni nellantichit in Guida alle religioni Cinisello Balsamo, Edizioni
San Paolo, 2000
147
IL CENTAURO
di Vincenzo Guzzo
Conferenza per il C.I.S.M. - Palermo, 15 marzo 2013 - Palazzo Palagonia
Vi notizia di un poema epico prototessalico, pi antico dellIliade, le cui
tracce sono note solo agli specialisti. Lo studioso che se ne occup per
primo fu il tedesco WilhelmMannhardt(1831 1880)nella sua opera Waldund Feldkulte (Culto della foresta e del campo, 1877),in cui descrive ed
analizza culti e miti germanici legati all'agricoltura e mette anche in evidenza
lanalogia tra la gente selvaggia (wilde Leute) dei contesti nordici con i
Centauri della Tessaglia. In questo antico poema che egli battezz: La
vecchia Peleide, campeggia una triade di personaggi mitici e precisamente:
Peleo, Teti e il centauro Chirone. Secondo le vicende che vi sono narrate,
Peleo riusc a possedere Teti, figlia di Nereo. I due poi si unirono in
matrimonio sul monte Pelio (Pelion) nella grotta del centauro Chirone, il
risanatore. Teti, per, torn presto dal padre e il figlio, Achille, nato
dallunione con Peleo, fu affidato a Chirone perch lo allevasse ed
educasse. Chirone come dono di nozze aveva donato a Peleo una lancia di
frassino dalla lunga ombra, passata poi in possesso di Achille. Questi i
pochi cenni relativi al poema arcaico di cui siamo venuti a conoscenza
grazie a: Origini e forme del mito greco di Paula Philippson, la quale
aggiunge che alle pendici del monte Pelio, in Tessaglia, patria e dimora dei
Centauri, nel periodo del disgelo e delle piogge si formano torrenti selvaggi
che precipitano a valle gonfiati dai kentauroi , i frustatori dacqua.Inoltre, in
piano, si trova un fiume dal nome Anauros, il senza acqua o che non
scorre (oggi chiamato Cherios Potamos, Fiume Secco).
Si consideri che secondo miti arcaici, i Centauri furono entit numeniche
dominanti , in quellarea, prima dellavvento degli Dei olimpici.
Borges ci riferisce anche di unaltra ipotesi etimologica che farebbe
supporre una derivazione di questi esseri biformi (come li chiam Ovidio)
dalla tradizione vedica. Infatti i Centauri potrebbero derivare dai Gandharva,
nome con cui si designavano divinit minori che guidavano i cavalli del Sole
ma che venivano concepiti anche come spiriti malefici dei boschi.
Rientrando in un ambito pi consueto e facendo riferimento alla copiosa
tradizione letteraria della Grecia antica e classica, occorre dire che
Centauro il nome di un essere mitologico arcaico per met
antropomorfico e per met teriomorfico. Infatti, dalla testa sino al basso
ventre viene raffigurato come uomo e, per quanto riguarda il resto del corpo,
come cavallo. La radice greca di questo nome kente-yro e il verbo kento
vuol dire pungere, spronare i cavalli.
Di fronte a rappresentazioni mitologiche particolari, come i biformi
Centauri, occorre, tuttavia, una premessa. I miti scaturiscono da processi
148
149
ambientati i miti relativi alle origini dei Centauri e venisse individuatala loro
stessa dimora.
Essi infatti vivevano nella selva dellargilloso monte Pelio (in greco pels
vuol dire, appunto, argilla), un nome che, si associa a Peleo, luomo di
argilla, padre delleroe Achille, allevato, come si detto, dal pi famoso di
loro, il centauro Chirone.
La particolare conformazione orografica del Pelio era, ed , davvero
molto suggestiva. Un lunghissimo promontorio boschivo che si protende a
forma quasi di falce e poi di uncino in modo da formare un golfo protetto. Ma
anche il resto del paesaggio, osservato da mare o da monte, pu conferire
al luogosuggestioni certamente evocative. Tra laltro, in cima al Pelio stato
rintracciato, presso i resti del tempio di Zeus Akraios, il cosiddetto
Cheironeion, ossia quel mitico antro che era stato considerato abitazione di
Chirone.
Questo dunque lo scenario principale, aspro, selvaggio ma non privo di
un certo incantamento in cui si svolgono molte delle vicende mitiche di
questa singolare stirpe e la connotazione psicologica del tutto prevalente
che i greci attribuirono ai Centauri fu quella di creature aggressive, violente,
irascibili, crudeli, incapaci di governare le passioni, gli istinti, il vino. Essi
vennero rappresentati, molto spesso, in scene di lotta e di battaglia, armati
di grandi sassi, di clave, di archi e con in volto espressioni ferine e brutali.
Lesempio pi noto ed emblematico sul piano mitologico, la
Centauromachia, il feroce combattimento tra i Centauri e i Lapiti, un popolo
della Tessaglia dalle antiche origini che aveva preso il nome da un figlio di
Apollo, Lapite, guerriero valoroso e mitico capostipite di queste genti. Sia i
Centauri che i Lapiti abitavano dunque la Tessaglia e in alcuni miti hanno
pure origini comuni.
Il mitologema di fondo che li accomuna, messo in relazione alla grande
diversificazione degli orditi mitici che dal quel nucleo derivano e al loro
ulteriore ramificarsi, rappresentauno dei moltissimi esempi significativi in
ordine alle caratteristiche di duttilit della struttura stessa del mito.
Si narra infatti che Lapite e Centauro fossero addirittura gemelli, figli di
Apollo e della ninfa Stilbe. Costei era figlia del dio fluviale Peneo (in effetti il
maggior fiume della Tessaglia) che a sua volta discendeva da Oceano e
Teti.
I due fratelli erano molto diversi nelle inclinazioni e nellaspetto. Lapite era
uno stimato guerriero e da lui nacque una stirpe di eroi, appunto i Lapiti, che
parteciparono anche alla guerra di Troia con ben quaranta navi.
Centauro, invece, era uno che allevava e forse ammaestrava cavalli e
che usava accoppiarsi con delle giumente. Secondo questa versione del
mito sarebbero nati cos i Centauri, queste creature met uomini e met
cavalli.
151
152
inebriare e andare fuor di senno i Centauri che irruppero nella grotta armati
di tronchi, di sassi e di altro ancora. Eracle li affront uccidendone parecchi.
Altri si rifugiarono nella la grotta Chirone che venne colpito da una freccia e
di cui diremo pi avanti e, dopo lo scontro, lo stesso Folo, rimase incauta
vittima delle circostanze perch seppellendo i Centauri caduti, si fer
accidentalmente con una delle frecce di Eracle la cui punta era stata
avvelenata con il sangue letale dellIdra di Lerna, e mor immediatamente.
Questo mito ci offre un dono davvero notevole poich ci suggerisce una
riflessione antropologica sul passaggio epocale dal crudo al cotto nel
percorso della civilt. Claude Lvi-Strauss ci dice che il processo di cottura,
lazione del fuoco sul crudo, significa la trasformazione di uno in due, ossia
di un corpo che viene ad avere in s due caratteristiche: quella naturale e
quella culturale. Condizione simbolicamente affine alla figura del Centauro e
a quello che ne divenuto il paradigma pi elevato: il centauro Chirone.
In greco (cheiro) significa usare le mani, manomettere, trattare
con violenza, mentre (cheiron) vuol dire debole, nel senso di non
essere caratterizzato dalla forza bruta. X, Chirone, pure il nome del
centauro pi famoso e saggio della mitologia greca. Lindagine etimologica
sembra condurci a due significati opposti: uno esprime anche la violenza
tipica dei Centauri e laltro allude ad una debolezza che qui intendiamo nel
senso di incompatibilit con la violenza. Un soggetto, dunque, che potrebbe
essere violento ma non lo e rappresenta, invece, qualcosa di molto
diverso.
Se questa disamina etimologica ha un senso esso riposa certamente
nella natura particolare di questo Centauro non rozzo, non violento, non
aggressivo, ma sapiente, saggio, eccellente pedagogo, terapeuta
esemplare, che pu usare le mani, infatti in greco mano si dice (cher),
allo scopo di guarire, di aiutare e non di uccidere. E nel mito nulla si pone a
caso. Infatti, sua madre si chiamava Filira che in greco vuol dire tiglio,
albero dalle propriet rilassanti, di cui era ed ricco il monte Pelio (assieme
a frassini, cipressi, pini, cedri e altre specie arboree). Padre di Chirone fu
nientemeno che il titano Kronos, che per accoppiarsi con Filira prese le
forme di un cavallo. Da qui la particolare natura di Chirone met uomo e
met cavallo e possiamo dire che daspetto era come i Centauri senza
averne, per, le stesse bellicose origini, e cio senza avere il dio Ares tra gli
ascendenti.
Chirone nacque con il dono dellimmortalit e fu punto di riferimento per
saggezza e sapienza, conoscitore del cielo e della terra, versatile nelle arti e
maestro sommo in medicina. A quanto si narra fu il primo ad osare anche i
trapianti e con vero successo. Infatti, quando Achille si ritrov con una
caviglia gravemente ustionata per i tentativi della madre di dargli
limmortalit, Chirone gliela sostitu con quella di un gigante morto, Damiso,
che eccelleva nella corsa. Virt questa che si trasmise anche al figlio di
154
156
Chirone
Dove sei sorgente di ogni pensiero che sempre,
quando il tempo lo esige, ti celi? Dove sei Luce?
Desto il mio cuore, ma lira lo afferra
e la notte lo doma, coi suoi prodigi.
Un tempo cercavo erbe nel bosco e spiavo
la tenera preda sulla collina; e mai invano,
mai ingannato, neppure una volta dai tuoi uccelli
quando tu giungevi disposta ad ogni cosa.
Allora puledri e giardini erano il tuo ristoro,
devota consigliera del cuore, dove sei Luce?
Ancora desto il tuo cuore e pur senza cuore
mi trascina la regnante notte.
Stavo bene. E del croco, del timo e del grano
mi donava la terra il primo germoglio
e nel freddo delle stelle imparavo
solo ci che ha un nome. Accanto a me
dirompendo lincanto del campo selvaggio, triste ricordo,
era il semidio, schiavo di Zeus, luomo giusto.
Ora calmo e solo riposo
e resto solo nel passar dellore,
forme dellumida terra e nubi damore
si finge il mio pensiero, dacch tra noi intervenuto il veleno;
e tendo lorecchio lontano, se giunge per me
un salvatore, damicizia foriero.
Spesso ascolto il carro del dio tonante
a met giorno, quando ben noto si approssima,
quando trema la casa e quando il terreno
dalle impurit si monda e diviene eco il tormento.
Allora ascolto il salvatore della notte, lo sento
portatore di morte, colui che dona la libert
e pi in basso, sotto lerba pingue, come in sogno
vedo la terra, un fuoco potente.
Ma, se uno li osserva, i giorni seguono i giorni,
buoni e malvagi, un dolore
per chi due in uno nella figura e nessuno sa
quale sia veramente la parte migliore.
157
********************************
158
La vecchia Peleide
Omero:
Iliade
Odissea
Esiodo:
Teogonia
Lo scudo di Eracle
Pindaro:
Pitiche
Nemee
Istmiche
VIII
Sofocle:
Trachinie
Euripide:
Eracle
Aristofane:
Nuvole
Platone:
Fedro
Politico
Apollonio Rodio:
Argonautiche
Lucrezio:
De rerum natura
Diodoro Siculo:
Biblioteca storica
Ovidio:
Metamorfosi
Fasti
II 5,4
Luciano:
Storia vera
Dialoghi dei morti
Libro I, 18
VIII (XXVI): Menippo e Chirone
Galeno:
De usu partium
III, 1
Nonno di Panopoli:
Dionisiache
Libro di Isaia
Antico Testamento:
Libro di Geremia
50, 39
Teodoreto di Cirra:
Commento ad Isaia
13, 21-22
159
Divina Commedia
Niccol Machiavelli
Il Principe
Maurice de Gurin
Le Centaure (Racconto)
Friedrich Hlderlin
IL CENTAURO - BIBLIOGRAFIA
AA.VV.
J. CAMPBELL:
"
"
"
"
"
"
"
"
"
"
ANDREA DEBIASI
M. ELIADE
"
"
"
"
R. GRAVES:
"
"
P. GRIMAL :
J. JAYNES
C. G. JUNG
K. KERENYI:
"
"
"
"
SYNKRISIS - IL CENTAURO
IL MELANGOLO
MITOLOGIA PRIMITIVA
"
ORIENTALE
"
OCCIDENTALE
TRA ORIENTE E OCCIDENTE
LE FIGURE DEL MITO
IL POTERE DEL MITO
LEPICA PERDUTA
MONDADORI
"
"
"
C.D.E.
TEA
LERMAdi BRETSCHNEIDER
LONGANESI
"
GARZANTI
ADELPHI
BORINGHIERI
DIONISO
GLI DEI E GLI EROI DELLA GRECIA
MITI E MISTERI
ADELPHI
IL SAGGIATORE
BORINGHIERI
C. LEVI STRAUSS
CRUDO E COTTO
E . NEUMANN :
P. PHILIPPSON:
FELTRINELLI
ASTROLABIO
BORINGHIERI
LATERZA
"
"
BOLLATI-BORINGHIERI
160
INDICE
Introduzione
Teologia,teratologia ed esorcismo nel bestiario medievale
di Antonio Martorana
p. 3
p. 11
p. 41
Lunicorno nellantichit
di Lavinia Scolari
p. 47
p. 54
p. 66
p. 68
p. 80
Il serpente nellEneide
di Lavinia Scolari
p. 85
LAquila romana
di Carla Amirante
p. 93
161
p. 102
p. 104
p. 108
Il satiro - iconografia
di Carla Amirante
p.120
Il centauro
di Vincenzo Guzzo
p.148
162