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Filtri

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Capitolo 3

Filtri attivi

Indice
3.1 Filtri del primo ordine . . . . . . . . . . . . . . . . 117
3.1.1 Integratore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118
3.1.2 Passa-basso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
3.1.3 Derivatore e passa-alto . . . . . . . . . . . . . . . . . 120
3.1.4 Passa-banda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
3.1.5 Rotatore di fase . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122
3.2 Filtri del II ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124
3.2.1 Passa-basso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124
3.2.2 Passa-alto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126
3.2.3 Passa-banda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
3.2.4 Elimina-banda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128
3.2.5 Passa tutto o giratore . . . . . . . . . . . . . . . . . 129
3.3 Circuiti per filtri del II ordine . . . . . . . . . . . . 129
3.3.1 Celle a guadagno finito . . . . . . . . . . . . . . . . 130
3.3.2 Celle a guadagno infinito . . . . . . . . . . . . . . . 136
3.3.3 Celle basate su più amplificatori operazionali . . . . 139
3.4 Filtri di ordine superiore al II . . . . . . . . . . . . 143
3.4.1 Maschera di progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . 144
3.4.2 Risposte standard . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 144
3.4.3 Progetto di un filtro passa basso . . . . . . . . . . . 145
3.4.4 Circuito di simulazione di un’induttanza . . . . . . . 146
3.4.5 Dati per il progetto di filtri passa-basso . . . . . . . 148
3.5 Filtri a capacità commutate . . . . . . . . . . . . . 155
3.5.1 Principio di funzionamento . . . . . . . . . . . . . . 155
3.5.2 Integratore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157
3.5.3 Limiti di frequenza di clock . . . . . . . . . . . . . . 159
3.5.4 Effetti delle capacità parassite . . . . . . . . . . . . 160
3.5.5 Integratori stray insensitive . . . . . . . . . . . . . . 161
3.5.6 Comportamento in frequenza . . . . . . . . . . . . . 162
3.5.7 Filtro del secondo ordine con cella biquadratica . . . 164
3.5.8 Approfondimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165

n filtro è un qualunque doppio bipolo (sistema con una porta di ingresso


U ed una di uscita) la cui funzione di trasferimento non è indipendente dalla
frequenza. I filtri hanno applicazioni innumerevoli in elettronica e nei sistemi di

115
telecomunicazioni. La realizzazione di filtri può essere effettuata con molte tecni-
che diverse, a seconda del campo di frequenza ed in generale delle caratteristiche
e specifiche del sistema di cui il filtro deve fare parte. Le tecniche di realizza-
zione possono prevedere l’uso di soli componenti passivi, oppure di componenti
attivi e passivi, di sistemi campionati, di sistemi numerici. In questo capitolo
ci si limita allo studio dei filtri attivi, cioè dei filtri costituiti da componenti
passivi (resistenze e condensatori) e da amplificatori operazionali. Rispetto ai
filtri che impiegano solo componenti passivi, i filtri attivi hanno il sostanziale
vantaggio di non richiedere l’uso di induttanze, che sono, tra i componenti pas-
sivi, quelli più problematici da realizzare, soprattutto per applicazioni in bassa
frequenza, in quanto difficilmente miniaturizzabili, imprecise, pesanti e gravate
da molti parametri parassiti. Tali componenti nei filtri attivi sono sostituiti da
amplificatori operazionali (componenti attivi “quasi” ideali). A bassa frequenza
le induttanze trovano ormai impiego solo quando è necessario filtrare segnali
ad alta potenza. È possibile progettare filtri che approssimino, con una data
tolleranza, qualunque funzione di trasferimento fisicamente realizzabile. Le tec-
niche di progettazione risultano però di complessità non affrontabile in un corso
generale di elettronica applicata. Inoltre esistono ormai sistemi di CAD per la
progettazione di filtri che rendono obsolete le tecniche di progettazione classiche
per filtri generici. Ci si limiterà di conseguenza allo studio dei soli filtri notevoli:
passa basso, passa alto, passa banda, elimina banda e giratori (o passatutto,
che cambiano solo la fase). Per ognuno di questi filtri esiste una funzione di
trasferimento ideale, detta funzione a gradino, riportata, per i primi quattro
tipi elencati, in figura 3.1. Ogni filtro notevole definisce un campo di frequenze
in cui il segnale di ingresso passa inalterato attraverso il filtro ed un campo di
frequenze per cui il filtro non trasmette il segnale in uscita. Tali campi sono
denominati rispettivamente banda passante e banda attenuata del filtro.

Figura 3.1: Funzione di trasferimento ideale dei filtri notevoli

116
Funzioni di trasferimento del tipo riportato in figura 3.1 non sono fisica-
mente realizzabili, occorre dunque effettuare delle approssimazioni in modo da
esprimere tali funzioni nella forma:

N (s)
H(s) =
D(s)

In questa formula, N (s) e D(s) sono dei polinomi in s. L’approssimazione è tanto


migliore quanto più elevato è il grado del denominatore, che definisce l’ordine del
filtro. Un rapporto tra polinomi può essere scomposto nel prodotto di rapporti
tra polinomi in cui il grado del denominatore è del primo o del secondo ordine.

N (s) N ′ (s) N ′′ (s) N (n) (s)


= ′ · ′′ · ... · (n)
D(s) D (s) D (s) D (s)

Questo permette di scomporre la funzione di trasferimento da realizzare nel


prodotto di più funzioni di trasferimento del primo o del secondo ordine, proget-
tando quindi il filtro come una serie di filtri più semplici in cascata. Si studie-
ranno dunque dapprima i filtri del primo ordine, poi quelli del secondo ordine
ed infine le tecniche che permettono di progettare filtri di ordine superiore.

3.1 Filtri del primo ordine


I filtri attivi del primo ordine possono essere realizzati a partire dalla genera-
lizzazione dello stadio amplificatore invertente ad amplificatore operazionale.
Abbiamo già studiato questa configurazione nel capitolo precedente (in realtà
abbiamo già studiato, senza chiamarli così, quasi tutti i filtri del primo ordine).

Figura 3.2: Amplificatore invertente

Si consideri il circuito riportato in figura 3.2, in cui Z1 e Z2 sono impedenze


qualsiasi. La funzione di trasferimento è analoga a quella con rete di reazione
resistiva, si ha cioè :
Z2
Vu = −Ve
Z1
A seconda di quali componenti si sostituiscono a Z2 e Z1 , si ottengono diverse
funzioni filtranti del primo ordine.

117
Figura 3.3: Integratore invertente

3.1.1 Integratore
Se si sostituisce a z2 un condensatore e a z1 una resistenza si ottiene il circuito
di figura 3.3
Abbiamo già detto molte cose relativamente a questo circuito, ribadiamo qui
la sua funzione di trasferimento nell’ottica dei filtri.
Vu 1
=−
Ve sRC
antitrasformando si ottiene:
Z t Z t
ve (t) 1
Vu = Vu (0) − dt = Vu (0) − ve (t)dt
0 RC RC 0
Supponendo di usare un operazionale ideale, il diagramma di Bode è ri-
portato in figura 3.4. La funzione di trasferimento può essere scritta in forma
normalizzata come
1
H(jf ) = − f
j( f0 )
dove f0 = 1/(2πRC) è la frequenza per cui il guadagno dell’integratore è
unitario.

Figura 3.4: Diagramma di Bode dell’integratore invertente

Questa è l’approssimazione più grossolana possibile di un filtro passa basso:


effettivamente le frequenze basse vengono amplificate di più delle frequenze alte,
ma non esiste un campo di frequenze in cui l’amplificazione sia costante. Dal
punto di vista applicativo bisogna poi riferirsi a quanto studiato nel capitolo
precedente sulla stabilità e sulla banda passante del circuito.

118
3.1.2 Passa-basso
L’integratore, pur avendo un comportamento di tipo passa-basso, ha dei gravi
limiti di utilizzo dato il comportamento in continua e la mancanza della zo-
na piatta (banda passante) presente nella funzione di trasferimento ideale. Si
può cercare allora di migliorare le prestazioni in bassa frequenza del circuito.
La modifica più semplice consiste nell’aggiungere una resistenza in parallelo al
condensatore C, ottenendo il circuito di figura 3.5.

Figura 3.5: Filtro passa-basso del I ordine

Si può ricavare la funzione di trasferimento di questo circuito lavorando nel


campo delle trasformate di Laplace:
R2
Z2 =
1 + sR2 C
Vu R2 1
=−
Ve R1 1 + sR2 C
Questa funzione di trasferimento può essere ricondotta ad un formato stan-
dard (anche detto forma canonica), relativo ad un filtro con guadagno unitario
in banda passante e con frequenza di taglio unitaria, modificando opportuna-
mente l’espressione per tenere conto di guadagno reale e frequenza di taglio
reale. Il diagramma di Bode della funzione di trasferimento standard di un filtro
passa basso del primo ordine è riportato in figura 3.6
dB |H| 0
0 H
-22.5

-10 -45

-67.5
-20
-90
0.1 1 f/f0 10 0.01 0.1 1 10 f/f0 100

Figura 3.6: Funzione di trasferimento standard di un filtro passa basso del primo
ordine

119
La generica H(jf ) è quindi:
1
H(jf ) = H0
1 + j ff0

dove H0 è la funzione di trasferimento in continua o guadagno in continua


mentre f0 è la frequenza di taglio, definita come la frequenza per cui il guadagno
del filtro è di 3 dB inferiore rispetto a quello in continua. Nel nostro caso ci si
può ricondurre all’espressione canonica ponendo
1 R2
f0 = e H0 = −
2πR2 C R1
Di conseguenza, sostituendo nel circuito base di figura 3.2 a Z2 un condensa-
tore con in parallelo una resistenza e a Z1 una resistenza, si ottiene una funzione
di trasferimento di tipo passa basso di cui è possibile controllare facilmente i
parametri dimensionando opportunamente i componenti. Nel filtro passa basso
del primo ordine si hanno due parametri su cui giocare: H0 e f0 .

3.1.3 Derivatore e passa-alto


Si consideri nuovamente il circuito dell’integratore e si scambino tra loro resi-
stenza e condensatore. Si ottiene il circuito di figura 3.7.

Figura 3.7: Derivatore invertente

In questo caso, la funzione di trasferimento diventa

Vu dve (t)
= −sRC , vu (t) = −RC
Ve dt
Questo circuito è quindi un derivatore invertente, che rappresenta la forma
più semplice di filtro passa-alto. Anche questo circuito è già stato studiato nel
capitolo sulle applicazioni, dova abbiamo evidenziato i problemi di stabilità.
Per ottenere un filtro passa-alto stabile si deve diminuire il guadagno alle
alte frequenze cioè si deve fare in modo che alle alte frequenze non ci sia un
corto circuito tra Ve e l’ingresso invertente. Se allora si inserisce una resistenza
in serie a C si ottiene il circuito riportato in figura 3.8. Per questo nuovo circuito
la funzione di trasferimento vale:
sR1 C + 1 Vu sR2 C
Z1 = , =−
sC Ve sR1 C + 1

120
Figura 3.8: Filtro passa-alto del I ordine

Si nota uno zero nell’origine e un polo a frequenza 1/(2πR1 C). La funzione


di trasferimento è dunque riconducibile a quella di un filtro passa-alto del primo
ordine.
Il diagramma di Bode della funzione di trasferimento standard passa-alto
del primo ordine è riportato in figura 3.9. La sua forma canonica è la seguente:

j ff0
H(jf ) = H0
1 + j ff0

dB |H| 90
0 H
67.5

-10 45

22.5
-20
0
0.1 1 f/f0 10 0.01 0.1 1 10 f/f0 100

Figura 3.9: Funzione di trasferimento standard di un filtro passa-alto del I ordine

Confrontando questa espressione con la funzione di trasferimento ottenuta


sopra, si ricava che f0 = 1/(2πR1 C) e H0 = −R2 /R1 .

3.1.4 Passa-banda
È possibile mescolare le due funzioni di trasferimento già viste per ottenere
un comportamento di tipo passa-banda. Questa configurazione è riportata in
figura 3.10. Si ottiene così un sistema che formalmente è del secondo ordine ma è
costituito da due sistemi del primo ordine concatenati, in quanto il denominatore
della funzione di trasferimento ha due radici reali, al più coincidenti.
La funzione di trasferimento del filtro è :
Vu sR2 C1
=−
Ve (sR2 C2 + 1)(sR1 C1 + 1)

121
Figura 3.10: Filtro passa-banda a banda larga

Dato che la funzione di trasferimento ha uno zero nell’origine e due poli, si


tratta di un filtro passa banda del secondo ordine, detto a banda larga in quanto
i due poli sono reali.
La forma canonica è la seguente:

j ff1 1
H(jf ) = H0
1+ j ff1 1 + j ff2
L’andamento di H(jf ) è riportato in figura 3.11 nel caso in cui f1 = 1,
f2 = 10, H0 = 1.

dB |H| 90
0 H

-10
0

-20
-90
0.1 1 10 f/f0 100 0.1 1 10 f/f0 100

Figura 3.11: Funzione di trasferimento standard del filtro passa-banda a banda


larga

Confrontando l’espressione canonica con la funzione di trasferimento del fil-


tro si ricava: f1 = 1/(2πR1 C1 ), f2 = 1/(2πR2 C2 ) e H0 = −R2 /R1 . Questo tipo
di filtro non permette un filtraggio molto selettivo intorno ad una data frequenza
(neppure se si pone f1 = f2 ). Per ottenere prestazioni più spinte occorrono altre
soluzioni che permettono di ottenere funzioni di trasferimento con poli complessi
coniugati. Questi circuiti saranno trattati più avanti.

3.1.5 Rotatore di fase


I filtri trattati in precedenza modificano sia il modulo, sia la fase della tensione
di uscita in funzione della frequenza. Esiste un’altra funzione di trasferimento

122
notevole del primo ordine che non ha effetti sull’ampiezza del segnale ma solo
sulla fase. Il circuito che la realizza è riportato in figura 3.12.

Figura 3.12: Filtro rotatore di fase

0
dB |H| H
0
-45

-10 -90

-135
-20
-180
0.1 1 f/f0 10 0.01 0.1 1 10 f/f0 100

Figura 3.13: Funzione di trasferimento del filtro rotatore di fase

Se si considera il condensatore un circuito aperto, cioè se si analizza il circuito


per frequenze basse, in R1 non scorre corrente, quindi l’ingresso non invertente si
trova a tensione Ve , dunque non scorre corrente neanche nelle resistenze R2 e la
tensione di uscita è pari alla tensione di ingresso, ottenendo l’equivalente di un
voltage follower. Per alte frequenze il condensatore è un cortocircuito, dunque
l’ingresso invertente è alla tensione di riferimento e il circuito si comporta come
un amplificatore invertente a guadagno unitario. A frequenze intermedie si ha
una transizione graduale tra il primo e il secondo tipo di comportamento.
Per studiare il circuito più in dettaglio, si può osservare che la tensione
all’ingresso non invertente vale:
1
V+ = Ve
sR1 C + 1
Si possono considerare indipendentemente i termini di guadagno dovuti alle
tensioni applicate all’ingresso invertente ed all’ingresso non invertente, usando
la sovrapposizione degli effetti, ottenendo:
1 R2 R2 1 − sR1 C
Vu = Ve (1 + ) − Ve = Ve
1 + sR1 C R2 R2 1 + sR1 C

1 − j ff0 1
H(jf ) = , f0 =
1 + j ff0 2πR1 C

123
La funzione di trasferimento è riportata in figura 3.13. Il modulo di H(jf )
è unitario indipendentemente da f in quanto la funzione è il rapporto di due
numeri complessi coniugati. Per la fase, si nota che la funzione ha uno zero nel
semipiano di destra ed un polo in quello di sinistra, alla stessa frequenza. Dato
che uno zero a destra si comporta come uno zero a sinistra, dal punto di vista
del modulo, annullando l’effetto del polo coincidente, e come un polo a sinistra,
dal punto di vista della fase, per quest’ultima la situazione è analoga ad avere
due poli coincidenti. La funzione di trasferimento compie una rotazione di fase
di 180◦ nel giro di due decadi centrate in f0 .

3.2 Filtri del II ordine


Lo studio dei filtri del II ordine verrà affrontato in due fasi: per ogni tipo di
filtro si esaminerà la forma standard assunta dalla corrispondente funzione di
trasferimento ed il significato dei parametri in gioco. In seguito si studieranno
dei circuiti in grado di realizzare il filtro.

3.2.1 Passa-basso
Nel dominio della frequenza, un filtro passa basso del secondo ordine ha una
funzione di trasferimento data da

H(jf ) = H0lp Hlp

dove H0lp è il guadagno in continua e Hlp è la funzione di trasferimento


standard a guadagno unitario, definita come:

1
 
f
Hlp j =  2
f0
− ff0 + Qj ff0 + 1

Questa espressione, nel dominio della frequenza, ha una formulazione equi-


valente nel dominio della trasformata di Laplace:

ω02
Hlp (s) =
s2 + 2ξω0 s + ω02
oppure

ω02
Hlp (s) = ω0
s2 + Qs + ω02
Tutte queste espressioni sono funzione di due parametri, in contrasto con
quanto visto per i filtri del I ordine. La prima espressione è funzione di f0 e
Q, la seconda invece di ω0 e ξ. E’ immediato verificare, esprimendo la seconda
espressione in trasformata di Fourier, che le due espressioni sono equivalenti se
si pone:
ω0 1
f0 = e Q=
2π 2ξ
I parametri f0 e ω0 sono denominati rispettivamente frequenza e pulsazione
caratteristica, Q e ξ prendono invece nome di fattore di merito e smorzamento.

124
Nel seguito saranno presentati i grafici degli andamenti normalizzati dei filtri.
Per disegnarli ci si rifà all’espressione in f /f0 . Poiché però nei corsi di elettronica
si lavora spesso nel dominio delle pulsazioni ω, risulta più agevole ora utilizzare
l’ultima espressione vista sopra, riportata nel dominio di Fourier:

ω02
Hlp (jω) =
(−ω 2 ) + j ωQ0 ω + ω02
Analizziamo dunque la funzione Hlp in funzione di ω. Il grafico di modulo e
fase è riportato in figura 3.14.

dB 0
|H| Q H
0 Q

-90
-40

-80 -180
0.01 0.1 1 10 f/f 100 0.01 0.1 1 10 f/f 100
0 0

Figura 3.14: Funzione di trasferimento standard del filtro passa-basso del II


ordine in funzione di Q

• per ω che tende a 0, Hlp tende a 1, quindi sul diagramma di Bode si ha


un comportamento asintotico in bassa frequenza rappresentabile con un
segmento orizzontale coincidente con l’asse a 0 dB, fase nulla.
• per ω che tende a infinito predomina il termine del secondo ordine; la
funzione è approssimabile con ω0 2 /(−ω 2 ): sul diagramma di Bode (quindi
su asse logaritmico) è una retta con pendenza di −40 dB per decade e fase
costante pari a −180◦ .

Dunque, se si è molto distanti dal punto ω = ω0 , abbiamo, per frequenze basse,


una trasmissione completa del segnale, per frequenze alte un’attenuazione con
pendenza di −40 dB per decade. In questi campi di frequenza il comportamento
non è influenzato dal fattore di merito del filtro. I due asintoti si incrociano nel
punto ω = ω0 .
Per studiare l’influenza del parametro Q sulle caratteristiche del filtro si
osserva che cosa accade per ω = ω0 :

Hlp (jω0 ) = −jQ |Hlp |dB = 20 log10 Q


Per Q alti, la funzione ha valore superiore agli asintoti in tale punto. Occorre
dunque aspettarsi che la funzione, almeno per un certo campo di valori di Q,
abbia un massimo nell’intorno di ω0 . Si può verificare questo derivando Hlp e
studiando gli attraversamenti per lo zero della√derivata. Si ottiene che effet-
tivamente la funzione ha un massimo se Q > 2/2. La posizione del picco è
in:

125
1
r
ωpk = ω0 · 1 −
2Q2
mentre il valore della funzione nel picco è :
Q
|Hlp |max = q
1
1 − 4Q 2

Per valori alti di Q la posizione del picco tende a coincidere con ω0 ed il suo
valore tende a Q. √
Fra i filtri che non presentano picco, il filtro con Q = 2/2 è quello che passa
più rapidamente dall’asintoto a 0 dB all’asintoto a −40 dB/decade. La risposta
in frequenza di tale filtro è detta risposta massimamente piatta o risposta alla
Butterworth.

3.2.2 Passa-alto
La funzione di trasferimento passa-alto del II ordine può essere espressa come:

s2
H(jf ) = H0hp Hhp Hhp (s) =
s2 + (ω0 /Q)s + ω0 2
Si osserva che il denominatore è uguale a quello del filtro passa-basso, per-
ché è caratteristico di tutte le funzioni del II ordine. Il numeratore definisce
uno zero doppio in continua. Una proprietà interessante di questa funzione di
trasferimento è che può essere ricavata dalla funzione passa-basso mediante un
cambio di variabile: se si esegue una trasformazione s → 1/s e si ricava la fun-
zione di trasferimento nella nuova variabile 1/s, dalla Hlp ci si riconduce alla
Hhp . La funzione di trasferimento del filtro passa-alto può essere vista su di un
diagramma di Bode come la funzione del corrispondente filtro passa-basso ribal-
tata rispetto al punto ω = ω0 . Questa osservazione può essere sfruttata anche
in fase di sintesi del filtro.
dB 180
|H| H
0 Q
Q
90
-40

-80 0
0.01 0.1 1 10 f/f 100 0.01 0.1 1 10 f/f 100
0 0

Figura 3.15: Funzione di trasferimento standard del filtro passa-alto del II ordine
in funzione di Q

Con riferimento alla figura 3.15, le caratteristiche della funzione sono dunque:
• per frequenze alte la funzione di trasferimento è asintotica all’asse a 0 dB.

126
• per frequenze basse ha per asintoto una retta con pendenza di 40 dB/decade
che incrocia l’asse a 0 dB nel punto ω = ω0

Analogamente a quanto studiato per il filtro passa-basso, se Q < 2/2 la fun-
zione non
√ ha picchi e raggiunge il valore massimo per ω √ tendente a infinito,
se Q > 2/2 la funzione ha un picco. Il filtro con Q = 2/2 è caratterizzato
dalla massima rapidità di passaggio tra banda passante e banda attenuata senza
presentare picchi in banda passante (risposta passa-alto alla Butterworth).

3.2.3 Passa-banda
La funzione di trasferimento standard di tipo passa-banda è la seguente:

(ω0 /Q)s
H(jf ) = H0bp Hbp Hbp (s) =
s2 + (ω0 /Q)s + ω0 2

0 +90
dB |H| H
Q
-20
0
Q
-40

-60 -90
0.01 0.1 1 10 f/f 100 0.01 0.1 1 10 f/f 100
0 0

Figura 3.16: Funzione di trasferimento standard del filtro passa-banda del II


ordine in funzione di Q

La funzione è diagrammata in figura 3.16. Per ω tendente a 0, il filtro tende


a una risposta asintotica pari a (j/Q)(ω/ω0 ), cioè , sul diagramma di Bode,
ad una retta con pendenza di 20 dB/decade, che in ω = ω0 vale |j/Q|dB , cioè
−20 log10 Q.
Con frequenze molto alte domina al denominatore il termine quadratico, per
cui la funzione tende asintoticamente a −(j/Q)(ω0 /ω), quindi sul diagramma di
Bode si ha una retta con pendenza di −20 dB per decade, che passa nello stesso
punto di prima per ω = ω0 .
In ω = ω0 , Hbp vale 1, cioè 0 dB, indipendentemente dal Q. Le curve del filtro
passa banda sono simmetriche sul diagramma di Bode rispetto alla frequenza
f = f0 che perciò è anche detta frequenza centrale o frequenza di risonanza o
frequenza del filtro (corrisponde al valore di picco della funzione di trasferimen-
to). Se si valuta il comportamento del filtro intorno alla frequenza di risonanza,
si può osservare che più il Q è alto più è elevata la pendenza intorno alla fre-
quenza f0 (dato che gli asintoti si spostano verso il basso) ed in particolare
diventa molto maggiore della pendenza dei due asintoti. Al contrario più il Q è
basso più la curva di risposta del filtro si “appiattisce” nell’intorno di f0 . Il Q
in pratica definisce qual è la banda di frequenza del filtro: più il Q è alto più
la banda è stretta, più il Q è basso più la banda è ampia. Il Q allora si chiama
anche selettività del filtro ed indica la larghezza di banda intorno alla frequen-
za di risonanza. È possibile definire la banda passante del filtro come banda

127
a −3 dB, cioè l’ampiezza della banda di frequenza per cui la curva di risposta
del filtro si mantiene al di sopra della retta a −3 dB. Dall’intersezione delle due
curve si individuano due frequenze: fL limite inferiore della banda passante, fH
limite superiore
√ della banda passante; analiticamente, se si risolve l’equazione
|Hbp (jω)| = 2/2 si ha che:

1 1
r
fL
= 1+ −
f0 4Q 2 2Q

1 1
r
fH
= 1+ +
f0 4Q2 2Q
Da queste due espressioni si ottiene anche che:
p
f0 = fL · fH
Cioè f0 è la media geometrica di fL ed fH . Inoltre, chiamando la larghezza di
banda BW , cioè ponendo BW = fH − fL si ottiene che Q = f0 /BW . Da questa
espressione risulta evidente che la selettività indica quanto è stretta la banda
passante rispetto la frequenza centrale del filtro. Ad esempio una larghezza di
banda di 10 Hz con una frequenza centrale di 100 Hz indica un filtro che ha una
discreta selettività , invece la stessa larghezza di banda con f0 = 1 MHz indica
un filtro molto selettivo. Guardando il Q è evidente che nel secondo caso il Q
è molto più grande. Se si osserva il Q del filtro realizzato combinando un filtro
passa basso e un filtro passa alto del primo ordine, descritto nella sezione 3.1.4, si
nota che il valore massimo che può assumere vale 0.5, che è un valore abbastanza
basso; per questa ragione il filtro è detto a larga banda.

3.2.4 Elimina-banda
La funzione di trasferimento standard di un filtro elimina-banda è :

ω 0 2 + s2
H(jf ) = H0n Hn Hn (s) =
s2 + ωQ0 s + ω0 2
Analizzando la funzione di trasferimento, si vede che per ω = ω0 il filtro
elimina-banda ha un “buco”, cioè vale 0 (−∞ sul piano di Bode), mentre per
frequenze sufficientemente distanti dalla frequenza centrale la curva di risposta
va a 0 dB. Si può anche notare che valgono due relazioni:
1. Hn = Hlp + Hhp
2. Hn = 1 − Hbp
Nel caso 1), se si ha già a disposizione un filtro passa alto e un filtro passa
basso con una certa ω0 e un certo Q, è possibile ricavare un filtro elimina banda
collegando i due filtri allo stesso ingresso e mandando le uscite a un sommatore.
Nel caso 2), possiamo sottrarre al segnale una risposta di tipo passa banda. Il
filtro elimina banda si realizza in genere proprio partendo da filtri passa basso
e passa alto o passa banda.
La figura 3.17 riporta gli andamenti del modulo e della fase della funzione
di trasferimento del filtro in funzione di Q. Si può notare che all’aumentare di
Q aumenta la ripidità della curva nell’intorno di ω0 .

128
90
dB |H| Q H
0

0
-20
Q

-40 -90
0.1 1 f/f0 10 0.01 0.1 1 10 f/f 100
0

Figura 3.17: Funzione di trasferimento standard del filtro elimina-banda del II


ordine in funzione di Q

3.2.5 Passa tutto o giratore


Il filtro rotatore di fase del secondo ordine ha la seguente espressione:
ω0
s2 − Qs + ω0 2
Hap (s) = ω0
s2 + Qs + ω0 2

Come per i filtri del primo ordine, al numeratore si hanno zeri a destra. È
evidente che il numeratore e il denominatore sono complessi coniugati, per cui
se si fa il rapporto tra i moduli si ottiene sempre 1. La rotazione di fase è la
somma di quella dovuta al polo del II ordine (180◦ ) e quella dovuta allo zero a
destra del II ordine, per un totale di (360◦ ), come evidenziato in figura 3.18

0
H Q

-180

-360
0.01 0.1 1 10 f/f 100
0

Figura 3.18: Fase della funzione di trasferimento standard del filtro giratore del
II ordine in funzione di Q

3.3 Circuiti per filtri del II ordine


Come già notato, i filtri possono essere costruiti utilizzando solo componenti
passivi. Il vantaggio dato dall’uso di un amplificatore operazionale in un filtro del
primo ordine sta nel poter avere guadagno superiore all’unità e nella separazione
tra filtro e carico dovuta alla bassa impedenza di uscita del circuito. Per filtri
del II ordine, è possibile dimostrare che non sono realizzabili filtri passivi con
Q elevato senza ricorrere all’uso di induttanze. In questo caso, l’amplificatore

129
operazionale può sostituire l’induttanza per realizzare filtri con Q elevato, oltre
a rendere realizzabili filtri con guadagno superiore ad uno e separare il carico
dal filtro come per i filtri del I ordine.
Esistono parecchie tipologie di circuito che realizzano una funzione di trasfe-
rimento del second’ordine, basate su uno o più amplificatori operazionali. Come
si vedrà più avanti, questi circuiti servono anche come blocchetti per costruire
filtri di ordine superiore al secondo. Per questo, normalmente un filtro del se-
cond’ordine di tipo standard si chiama anche “cella del second’ordine”. Le celle
del second’ordine che verranno considerate nel seguito possono essere catalogate
in funzione della configurazione assunta dall’operazionale o dagli operazionali
utilizzati. Le configurazioni esaminate saranno:
• celle a guadagno finito, cosiddette perché sono basate su un circuito reatti-
vo che forma una reazione aggiuntiva ad un un circuito amplificatore con
un guadagno definito, indipendente dalla frequenza. Queste celle a loro
volta sono divisibili in celle a guadagno unitario e a guadagno diverso da
uno;
• celle a guadagno infinito, in cui nel circuito non sono evidenziabili due
reazioni distinte, per la continua e in frequenza, ed il cui funzionamento è
basato sul presupposto che il guadagno dell’amplificatore tenda ad infinito
nella banda di frequenza utile;
• celle basate su più amplificatori operazionali. Normalmente queste celle
producono più funzioni di trasferimento contemporaneamente, a seconda
dell’uscita considerata, ad esempio passa-basso e passa-banda, e possono
essere usate, in versione integrata, come filtri universali configurabili con
resistenze esterne di precisione.

3.3.1 Celle a guadagno finito


Esamineremo due tipi di filtro attivo basati su di un amplificatore a guadagno
finito. La prima è conosciuta come cella di Sallen-Key ed è basata su di un
inseguitore di tensione, la seconda, nota come k-RC, è una variante della prima,
in cui si sostituisce il voltage follower con un amplificatore con guadagno pari a
k.

Cella di Sallen-Key
La cella di Sallen-Key è basata sulla configurazione circuitale riportata in figu-
ra 3.19, dove Y1 , Y2 , Y3 , Y4 sono ammettenze generiche. Ognuna di queste può
essere una resistenza o un condensatore. A seconda della posizione di resistenze
e condensatori si ottiene una funzione di trasferimento di tipo diverso.
Per capire dove inserire gli elementi reattivi si può ricavare l’espressione gene-
rica della funzione di trasferimento. A tale scopo è sufficiente scrivere l’equazione
al nodo Vx , tenendo conto che la tensione sul morsetto positivo dell’operazionale
è pari a Vu :

(Ve − Vx )Y1 = (Vx − Vu )(Y2 + Y3 )


Si può trovare una relazione tra Vx e Vu , tenendo conto che la corrente che
scorre in Y2 è la stessa che scorre in Y4 .

130
Y2
Y1 Y3

Ve VX Y4 Vu
Vu

Figura 3.19: Configurazione circuitale della cella di Sallen-Key

 
Y4
Vx = Vu 1 +
Y3
Sostituendo questa espressione nella prima, si ricava l’espressione della fun-
zione di trasferimento:
Vu Y1 Y3
=
Ve Y4 (Y1 + Y2 + Y3 ) + Y1 Y3
Verranno analizzate nel seguito le configurazioni Sallen-Key passa-basso e
passa-alto.

Sallen-Key passa-basso
Per ottenere una funzione di trasferimento passa-basso occorre che il numeratore
sia di grado 0 e il denominatore sia di secondo grado. Analizzando la funzione di
trasferimento generica ricavata sopra, si vede che si ottiene un passa-basso se Y1
e Y3 sono resistenze e Y2 e Y4 sono condensatori. Si usa denominare Y3 = 1/R,
Y1 = 1/mR, Y4 = C, Y2 = nC. Lo schema elettrico è riportato in figura 3.20.

nC
mR R

Ve VX C Vu
Vu

Figura 3.20: Schema della cella di Sallen-Key passa-basso

Sostituendo nell’espressione generica tali valori, si ottiene, nel dominio della


trasformata di Laplace:
Vu 1
= 2
Ve s mnR C + sRC(m + 1) + 1
2 2

Comparando questa espressione con quella della funzione passa-basso stan-


dard del second’ordine, si ottiene:

Vu ω2
= Hlp = 2 ω00
Ve s + Q s + ω02

131
√ √
se si pone f0 = 1/(2π mnRC) e Q = mn/(m + 1). A seconda del valore
assunto da m, n, R e C è possibile realizzare qualunque valore di Q e f0 .
La cella di Sallen-key, come possiamo notare, è molto semplice, ma questo
vantaggio è annullato dalla difficoltà di taratura di frequenza, come spiegato
sotto, e dalla dispersione dei valori di capacità , che cresce in modo quadratico
con Q. Infatti se consideriamo m = 1 otteniamo n = 4Q2 . Poiché avere con-
densatori precisi di valore molto diverso tra loro è spesso un problema, questo
limita l’uso di tale circuito per filtri con Q elevato.
In situazioni in cui il filtraggio deve essere estremamente preciso, occorre
generalmente eseguire una procedura di taratura del sistema, variando in modo
fine, generalmente tramite potenziometri, il valore di alcuni componenti in modo
da portare la caratteristica reale del filtro a coincidere con quella desiderata. Se
si osservano le espressioni di Q e f0 , si nota che entrambe dipendono o dai valori
assoluti dei quattro componenti passivi o dal rapporto tra di essi. Questo vuol
dire che variando il valore di un componente qualsiasi, cambiano entrambi i
parametri. Non è dunque possibile effettuare una taratura indipendente dei due
parametri, per cui in questi casi si ricorre a soluzioni circuitali più complesse
che garantiscono però procedure di taratura semplici.
Esempio 6. Progettare una cella di Sallen-Key corrispondente a un
filtro passa-basso che abbia le specifiche f0 = 2 kHz e fattore di qualità
Q = 2.
Si ricordi che Q e f0 sono tra di loro interdipendenti e dipendenti a loro
volta da tutti i parametri. Per prima cosa si scegliono i valori degli elementi
circuitali più problematici del filtro, cioè i condensatori. Sono problematici nel
senso che, mentre per le resistenze non è difficile trovare valori della serie E96, i
condensatori, anche di precisione, sono generalmente disponibili solo nella serie
E12 (con 12 valori per decade, ossia: 1,0; 1,2; 1,5; 1,8; 2,2; 2,7; 3,3; 3,9; 4,7; 5,6;
6,8; 8,2).
Al fine di fissare i valori dei condensatori, a partire da valori sensati delle
resistenze, decidiamo che:

• m = 1: abbiamo due resistori tra loro uguali;


• R nel campo 10 kΩ . . . 100 kΩ (al fine di avere una discreta dinamica)

Scegliendo ad esempio R = 22 kΩ uno dei valori normalizzati per la E12, si


sostituiscono i valori stabiliti per m e R nelle espressioni di ω0 e Q e si ricava
C.
1 1 1
ω0 = √ =⇒ C = √ = √
mnRC mnRω0 2π n22 kΩ · f0

√ √
mn n 1 1
Q= = = 2 =⇒ C = = = 904 pF
m+1 2 4πQf0 R 4π · 2 · 22 kΩ · 2 kHz
Non essendo 904 pF un valore normalizzato secondo la serie E12, si sce-
glie quello più vicino C = 1 nF, approssimando per eccesso; a questo punto è
possibile ricavare anche la capacità del secondo condensatore nC.

n = 4Q2 =⇒ nC = 4Q2 C = 16 nF ≃ 18 nF

132
Una volta che sia n che C sono fissati a partire dai valori iniziali di m e R,
si procede con una seconda iterazione per determinare i valori definitivi di m e
R assumendo fissati quelli di n e C.

√  
mn 2 n
n = 18; Q= = 2 =⇒ m − − 2 m + 1 = 0 =⇒ m = 2
m+1 Q
Questo risultato si ottiene risolvendo l’equazione di secondo grado e consi-
derando come valida la sola radice positiva che ha un senso fisico. Per quanto
riguarda R si utilizza l’altra relazione di progetto.
1
R= √ = 13.3 kΩ =⇒ m · R = 26.6 kΩ ≃ 27 kΩ
2πf0 mnC
Si osservi che il valore della resistenza R non ha subito una grande variazione
rispetto al valore scelto inizialmente mentre m è raddoppiato. Per riassumere,
il processo utilizzato per il progetto del circuito è composto da due iterazioni.
1. Fissati dei valori casuali delle resistenze, sensati rispetto alle caratteri-
stiche dell’amplificatore operazionale, si calcolano i parametri capacitivi,
ossia n e C;
2. A partire dai valori capacitivi determinati nella prima fase, si ricalcolano
i parametri m e R, completando il progetto.

Sallen-Key passa-alto
Per ottenere una funzione di tipo passa-alto occorre avere numeratore e denomi-
natore della funzione di trasferimento entrambi del second’ordine. Esaminando
la funzione generica, si vede che si può ottenere questo risultato se si sostituisco-
no Y1 e Y3 con condensatori e i restanti componenti con resistenze. Lo schema
relativo è riportato in figura 3.21.

C R nC

Ve VX mR Vu
Vu

Figura 3.21: Schema della cella di Sallen-Key passa-alto

Come per la versione passa-basso, esiste una convenzione per cui Y1 = C,


Y3 = nC, Y2 = 1/R, Y4 = 1/(mR). L’espressione della funzione di trasferimento
diventa:

Vu s2 mnR2 C 2
= 2
Ve s mnR2 C 2 + sRC(n + 1) + 1
da cui si vede facilmente che

Vu s2
= Hhp = Hhp (s) = 2
Ve s + (ω0 /Q)s + ω0 2

133
√ √
se si pone f0 = 1/(2π mnRC) e Q = mn/(n + 1)
Le considerazioni fatte sulle difficoltà di taratura valgono ovviamente anche
per il passa-alto.

Cella KRC
Le configurazioni viste sopra sono in realtà un caso particolare di una cella com-
posta dagli stessi componenti passivi, ma in cui l’inseguitore di tensione viene
sostituito da un amplificatore non invertente con guadagno K, indipendente
dalla frequenza. La configurazione così ottenuta si chiama KRC ed è riportata
in figura 3.22.

RA RB
Y2
Y1 Y3
K
Ve Y4 Vu/K Vu Vu
Vu/K
K=1+RB /RA
Figura 3.22: Schema generico della cella KRC.

Come evidenziato in figura, l’amplificatore con guadagno K si realizza con


un amplificatore operazionale in configurazione non invertente, con guadagno
K = 1 + RB /RA . La complessità maggiore della cella è compensata dal mag-
gior numero di gradi di libertà lasciati al progettista nella scelta dei valori dei
componenti.
La funzione di trasferimento della cella generica si ottiene con un procedi-
mento del tutto analogo a quello seguito per la cella di Sallen-Key, tenendo con-
to della diversa tensione sul morsetto positivo dell’amplificatore operazionale.
Svolgendo i conti si ottiene:
Vu KY1 Y3
=
Ve Y4 (Y1 + Y2 + Y3 ) + (1 − K)Y2 Y3 + Y1 Y3
che ovviamente si riduce alla formula trovata precedentemente per K = 1.

Cella KRC passa-basso


Effettuando la stessa scelta di componenti che aveva portato alla cella Sallen-
Key passa-basso, anche per la configurazione KRC si ottiene una funzione di
trasferimento di tipo passa-basso. Lo schema elettrico corrispondente è riportato
in figura 3.23.
Con la stessa scelta per i nomi dei componenti (Y3 = 1/R, Y1 = 1/mR,
Y4 = C, Y2 = nC), si ottiene, nel dominio di Laplace:
Vu K
= 2
Ve s mnR C + sRC[m + 1 + (1 − K)mn] + 1
2 2

Comparando questa espressione con quella della funzione passa-basso stan-


dard del second’ordine, si ha:

134
RA RB
nC
mR R

Ve VX C Vu
Vu/K

Figura 3.23: Schema della cella KRC passa-basso

Vu ω2
= H0 Hlp = H0 2 ω00
Ve s + Q s + ω02
con √
1 mn
H0 = K; f0 = √ ; Q=
2π mnRC m + 1 + (1 − K)mn
Esaminando le espressioni, si vede che f0 non dipende da K, mentre Q
dipende da K. Per quanto riguarda le procedure di taratura, è allora possibile
tarare prima f0 agendo su una resistenza a scelta tra R3 = R o R1 = mR , e
poi Q agendo su RA o RB . In questo modo varia anche il guadagno in continua,
ma questo parametro normalmente non è critico, in quanto si può tarare in altri
punti del circuito.
Si può notare che in questo circuito ci possono essere dei problemi di forte
dipendenza dalle tolleranze. Per esempio, se si sceglie di realizzare un filtro
con m = n = 1, le formule si semplificano: H0 = K, f0 = 1/(2πRC) e Q =
1/(3 − K). In questo caso, però , valori di Q da dieci ad infinito si ottengono
per una variazione di K da 2.9 a 3. Quindi, per valori di Q alti, una piccola
variazione di K dovuta a tolleranze delle resistenze porta ad una variazione
molto elevata di Q e questa situazione è sempre da evitarsi.

Altre configurazioni KRC


Il filtro passa-alto KRC si ricava dall’omologo di Sallen-Key in modo stret-
tamente analogo a quanto fatto per il passa-basso. La sua trattazione viene
lasciata per esercizio.
La configurazione passa-banda a partire dalla topologia a guadagno unitario
di figura 3.19 non è realizzabile, mentre utilizzando quella a guadagno K si
ottiene una dipendenza di tutti i parametri del filtro da tutti i componenti.
Si preferisce normalmente allora aggiungere una quinta ammettenza Y5 tra Vx
e massa alla configurazione KRC di figura 3.22. In questo modo è possibile
realizzare un passa-banda se Y5 = sC5 e Y3 = sC3 , mentre gli altri componenti
sono resistenze. L’analisi di questo circuito è anch’essa lasciata come esercizio.
In questo caso f0 non dipende da K mentre Q dipende da K, con i vantaggi già
evidenziati nei casi precedenti.
La configurazione base studiata nei paragrafi precedenti non è ovviamente
l’unica possibile per celle a guadagno finito, anche se è la più usata. Esistono altre

135
configurazioni che permettono ad esempio la realizzazione di filtri elimina-banda,
per queste si rimanda a testi specifici.

3.3.2 Celle a guadagno infinito


Anche per le celle a guadagno infinito analizzeremo una configurazione generica
costituita da una topologia di ammettenze in reazione ad un amplificatore ope-
razionale. La topologia studiata è riportata in figura 3.24 ed appartiene ad una
classe di circuiti detti a reazioni multiple.

Y2 Y5
Y1 Y3

Ve Y4 Vx
Vu

Figura 3.24: Schema base della configurazione a reazioni multiple

Il metodo di analisi è lo stesso seguito nel caso delle configurazioni a gua-


dagno finito: si scrive l’equazione al nodo Vx , tenendo conto del nodo a massa
virtuale cui è connessa Y3

(Ve − Vx )Y1 = (Vx − Vu )Y2 + Vx (Y3 + Y4 )


si ricava poi Vx osservando che la corrente che scorre in Y3 è la stessa che
scorre in Y5

Vx Y3 = −Vu Y5
combinando le due espressioni si ottiene la funzione di trasferimento
Vu Y1 Y3
=−
Ve Y5 (Y1 + Y2 + Y3 + Y4 ) + Y2 Y3
Questa topologia può essere utilizzata per filtri passa-basso, passa-alto o
passa-banda. Non tutte le combinazioni di componenti possibili sono utilizzabili
in pratica, perché bisogna tenere conto delle caratteristiche degli amplificatori
operazionali reali. In pratica non è possibile avere dei condensatori contempora-
neamente come Y3 e Y5 in quanto non ci sarebbe un cammino in continua per la
corrente di polarizzazione del morsetto negativo dell’amplificatore operazionale.

Filtro passa-banda a reazioni multiple


Se si vuole ottenere un filtro passa-banda dal generico circuito di figura 3.24,
bisogna sostituire ad esempio Y2 e Y3 con dei condensatori. Si ottiene così il
circuito di figura 3.25.
Inserendo questi componenti nella funzione di trasferimento generica si ha:

136
C2
R5
R1 C3

Ve R4
Vu

Figura 3.25: Filtro passa-banda a reazioni multiple

Vu sC3 /R1
=−
Ve 1/R5 (1/R1 + sC2 + sC3 + 1/R4 ) + s2 C2 C3
che semplificata diventa:
Vu sC3 R4 R5
=− 2
Ve s C2 C3 R1 R4 R5 + sR1 R4 (C2 + C3 ) + R1 + R4
Si ricava l’espressione di f0 , di Q e di H0 .
1
f0 =
2π C2 C3 R5 (R1 k R4 )
p

C2 C3 R5 (R1 k R4 )
p
Q=
(R1 k R4 )(C2 + C3 )
C3 R5
H0 =
(C2 + C3 )R1
La resistenza R4 potrebbe in realtà essere eliminata, visto che se R4 fosse
infinita, il filtro sarebbe lo stesso un passa-banda. Eliminando R4 e ponendo
C3 = C2 = C le formule si semplificano notevolmente:
1
f0 = √
2πC R5 R1
1
r
R5
Q= ·
2 R1
R5
H0 =
2R1
Come si può notare, l’eliminazione di R4 crea un problema in quanto l’am-
plificazione in banda passante risulta legata a Q dalla relazione:

H0 = 2Q2
Per cui in filtri con Q elevato la dinamica di ingresso risulta notevolmente
ridotta. In questo caso è opportuno reintrodurre R4 , la cui funzione è proprio
quella di partitore in ingresso insieme ad R1 .
Nella versione senza R4 questa configurazione permette di realizzare filtri
passa-banda con solo quattro componenti passivi, cioè con un livello di comples-
sità paragonabile a quello della configurazione Sallen-Key per i filtri passa-basso
e passa-alto.

137
Filtro passa-basso a reazioni multiple
Il filtro di tipo passa-basso si ottiene con il circuito di figura 3.26

R2
C5
R1 R3

Ve C4
Vu

Figura 3.26: Filtro passa-basso a reazioni multiple

Con questa configurazione la funzione di trasferimento vale:

Vu 1/(R1 R3 )
=−
Ve sC5 (1/R1 + 1/R2 + 1/R3 + sC4 ) + 1/(R2 R3 )
che semplificata diventa:

Vu R2 /R1
=− 2
Ve s C4 C5 R2 R3 + sC5 (R2 R3 + R1 R3 + R1 R2 )/R1 + 1
Anche qui si può ricavare l’espressione di Q, f0 e H0 .
1
f0 =√
2Π C4 C5 R2 R3
r
R1 C4
Q= R2 R3
(R2 + R3 )[R2 k R3 + R1 ] C5
R2
H0 =
R1
Anche in questo caso le espressioni si semplificano molto se si pone R1 =
R2 = R e C4 = C5 = C:
1
f0 =
2ΠRC
R1
Q=
R + 2R1
R
H0 =
R1

138
3.3.3 Celle basate su più amplificatori operazionali
I filtri del secondo ordine incontrati sin qui sono costituiti da circuiti relati-
vamente semplici che arrivano al loro scopo con un minimo di componenti.
Tuttavia, la semplicità non si ottiene senza sacrificare qualcosa e questi cir-
cuiti, benchè godano di larga diffusione, sono spesso difficili da accordare e in
alcuni casi sono troppo sensibili alle non idealità dei componenti, in particolare
al prodotto banda-guadagno degli amplificatori operazionali, che limitano il Q
ottenibile. Inoltre la riduzione del numero di componenti, soprattutto operazio-
nali, era una preoccupazione quando questi dispositivi erano costosi. Ora i costi
sono scesi drasticamente e questi dispositivi hanno un prezzo competitivo con
quello dei componenti passivi. Si possono inoltre integrare diversi amplificatori
in un unico chip, assieme ad alcuni componenti passivi, riducendo l’ingombro a
quello di un filtro con un solo operazionale.
Si pone quindi la domanda se la versatilità e le prestazioni dei filtri possano
essere migliorati inserendo più componenti attivi. La risposta è data dai filtri
ad amplificatori operazionali multipli del tipo a variabili di stato e biquadratici
che inoltre possono fornire più di una risposta simultaneamente e sono più facili
da accordare e meno sensibili alle non idealità dei componenti.

Filtri a variabili di stato


Il filtro a variabili di stato è stato progettato a partire dalla teoria dei controlli
automatici. Fornisce contemporaneamente un’uscita passa-alto, una passa-basso
e una passa-banda. il concetto che sta dietro questi circuiti è semplice: prendendo
un blocco passa-alto con una funzione di trasferimento del tipo:

s2
F (s) =
s2 + (ω0 /Q)s + ω02
integrando questa funzione, cioè nel dominio di Laplace moltiplicando per
1/s, si ottiene un passa-banda. Integrando poi quest’ultimo, si ottiene un passa-
basso. La funzione passa alto si può ottenere come combinazione lineare delle
uscite passa-basso, passa-banda e dell’ingresso. Lo schema a blocchi diun sistema
di questo tipo è disegnato in fig. 3.27.
Dalle tre equazioni che possono essere scritte per il blocco sommatore che
legano i suoi tre ingressi V0,1 e Vi , si può ricavare il prodotto A2 VA .

A2 VA = (−Vi − V0 − V1 )

1
V1 = VA · · A1
s
1
V0 = VA · · A0
s2
 
VA A1 VA
=⇒ A2 VA = −Vi − − 2 A0
s s
Il prodotto A2 VA è solo funzione dell’ingresso del sistema Vi , quindi è possi-
bile ricavare la funzione di trasferimento VA /Vi .

139
Vi

V0
A0 Σ −1

V1
A1 −VA A2
1
A2

Z Z
VA

B0 B1 B2

VLP VBP VHP


Figura 3.27: Schema a blocchi del filtro di secondo ordine a variabili di stato.

140
A2 s2 + A1 s + A0 VA s2
VA · = Vi =⇒ = (3.1)
s2 Vi A2 s2 + A1 s + A0
Si osserva facilmente che le tensioni di uscita etichettate con i pedici dei tipi
di filtri elementari sono funzione di VA e quindi le loro funzioni di trasferimento
si ricavano in modo semplice dalla equazione 3.1.

B2 s2
VHP =
A2 s2 + A1 s + A0
B1 s
VBP =
A2 s2 + A1 s + A0
B0
VLP =−
A2 s + A1 s + A0
2

Questo diagramma a blocchi può essere realizzato in pratica con degli am-
plificatori operazionali configurati come sommatore o integratore. Una realizza-
zione pratica è visibile in figura 3.28.

R4
R5 C1
R3 C2
R6
R7
Ve
VHP
VLP

R1 R2 VBP

Figura 3.28: Filtro a variabili di stato

Applicando la sovrapposizione degli effetti si ha:


  
R5 R5 R5 R1
VHP = − Ve − VLP + 1 + VBP
R3 R4 R3 k R4 R1 + R2
1
VBP = − VHP
sC1 R6
1
VLP = − VBP
sC2 R7
Sostituendo nella prima equazione si ottiene:

VHP R5 (R4 R6 R7 C1 C2 /R5 )s2


=−
Ve R3 (R4 R6 R7 C1 C2 /R5 )s2 + {R4 R7 C2 (1 + R5 /R3 + R5 /R4 )/[(1 + R2 /R1 )R5 ]}s + 1

Dall’ultima formula si vede che

141
R5
H0HP = −
R3

1
p
R5 /R4
f0 = √
2Π R6 R7 C1 C2

(1 + R2 /R1 ) (R5 R6 C1 )/(R4 R7 C2 )


p
Q=
1 + R5 /R3 + R5 /R4
Per le altre due funzioni di trasferimento VBP e VLP si ha lo stesso f0 e lo
stesso Q, ma cambia il guadagno in banda che è
R4
H0LP = −
R3
1 + R2 /R1
H0BP =
1 + R3 /R4 + R3 /R5
Nell’implementazione pratica di questi filtri di solito si scelgono C1 = C2 =
C, R6 = R7 = R e R4 = R3 = R5 e questo semplifica notevolmente le formule
trovate. Si ottiene infatti
1
f0 =
2πRC
1 + R2 /R1
Q=
3
Esistono dei circuiti integrati che hanno all’interno da una a quattro celle
di questo tipo, che includono gli operazionali e i condensatori degli integratori.
Utilizzando alcune resistenze esterne di precisione e collegando opportunamente
tra loro i piedini degli integrati è possibile configurarli in modo da ottenere filtri
di tipo e ordine desiderato.

Cella biquadratica
Noto anche come filtro risonante o filtro di Tow-Thomas, il filtro biquadratico
della figura 3.29 consiste in due integratori e in un terzo amplificatore operazio-
nale invertente ad amplificazione unitaria il cui scopo è di invertire la polarità
.
Nel caso in cui riuscissimo a realizzare uno degli integratori di tipo non inver-
tente, l’amplificatore invertente non servirebbe più e il circuito sarebbe quindi
realizzato con solo due amplificatori operazionali. Realizzare un integratore non
invertente non è però semplice e ci sono molti problemi di stabilità , quindi la
cella biquadratica si realizza con tutti e tre gli stadi descritti. Per analizzare
il circuito si osserva che l’amplificatore operazionale più a sinistra può essere
considerato come un integratore di tre segnali distinti in ingresso: Ve ,−VLP e
VBP . Quindi:
1 1 1
VBP = − Ve − −VLP − VBP
sR1 C1 sR5 C1 sR2 C1
Inoltre si ha che:

142
C1 R5
C2
R1 R3
R2 R4
R3
Ve

VBP -VLP
VLP

Figura 3.29: Cella biquadratica

1
VLP = − VBP
sC2 R4
Eliminando VLP si trova:

VBP R2 sR4 R5 C2 /R2


=−
Ve R1 s2 R4 R5 C1 C2 + sR4 R5 C2 /R2 + 1
e si vede che
1
f0 = √
2Π R4 R5 C1 C2
s
R22 C1
Q=
R4 R5 C2
R2
H0BP = −
R1
R5
H0LP =
R1
Si può notare che la taratura di può avvenire in modo indipendentemente.
A differenza del circuito a variabili di stato, quello biquadratico fornisce solo
due delle tre risposte di filtro; tuttavia esso presenta il vantaggio di avere tutti
i parametri f0 , Q e H0 regolabili autonomamente, senza richiedere lunghe ite-
razioni. Infatti si può ad esempio regolare R5 per ottenere il valore richiesto di
f0 , poi regolare R2 per ottenere il valore di Q e infine R1 per ottenere il valore
richiesto per H0BP o H0LP .

3.4 Filtri di ordine superiore al II


Tutti i filtri di ordine superiore al secondo possono essere realizzati come cascata
di celle del secondo ordine: un qualunque polinomio in s può essere composto
nel prodotto di una serie di radici reali o complesse coniugate. Le radici reali
generano celle del primo ordine, le radici complesse coniugate generano celle

143
del secondo ordine. Esistono però dei metodi di realizzazione dei filtri di ordine
superiore al secondo che, in certi casi, generano filtri migliori di quelli che si
otterrebbero operando la scomposizione.

3.4.1 Maschera di progetto


La maschera di progetto definisce i limiti superiore ed inferiore entro cui deve
essere compresa la funzione di trasferimento del filtro. Un esempio di maschera
è riportato in fig. 3.30.

|H|

fs
fc f

Figura 3.30: Maschera di progetto

Se la funzione di trasferimento è passa basso, passa alto o passa banda, il


problema di stare all’interno di una maschera è già stato risolto da filtri standard.
Invece se la maschera è qualsiasi il problema è più complesso, però esistono
metodi numerici per trovare il polinomio di grado minimo che soddisfa tale
maschera. Ci occuperemo solo di risposte standard passa basso. Esistono delle
risposte passa basso che godono di particolari proprietà : in base alle specifiche
che vengono date si potrà attingere da una lista di filtri di questo tipo.

3.4.2 Risposte standard


Butterworth di ordine N
I filtri di Butterworth sono caratterizzati dal seguente andamento del modulo
della funzione di trasferimento:
1
|H| = r  2n
f
1+ fc

in cui fc è la frequenza per cui |H| ha un’attenuazione di -3dB rispetto al


valore massimo che si ha in f=0. La risposta non ha ondulazione (ripple) in
banda passante e scende con una pendenza pari a 20ndB per decade in banda
attenuata. Tra i filtri privi di ondulazione in banda, il filtro di Butterworth è
quello che ha la transizione più ripida fra banda passante e banda attenuata.
Per tale motivo è chiamato massimamente piatto. Le caratteristiche dei filtri di
Butterworth sono riportate nelle figg. 3.36 e 3.37, i dati per il progetto con celle
in cascata invece si trovano in tab. 3.2.

144
Chebyshev di ordine N
Questo filtro prevede che si rilassi la condizione di piattezza in banda passante e
si definisca il valore massimo delle oscillazioni in banda passante. Ammettendo
un certo ripple in banda passante si ha il vantaggio di una più ripida transizione
del filtro nel passaggio alla banda attenuata, a parità di grado del polinomio e
quindi di complessità del filtro. fc è la frequenza di spigolo, cioè la frequenza in
cui il filtro esce per la prima volta dal limite di ondulazione fissato per la banda
passante. I dati di progetto per filtri di Chebishev con 1dB di ondulazione
in banda sono riportati in tab. 3.3, l’andamento del modulo della funzione di
trasferimento è riportato nelle figg. 3.38, 3.39 e 3.40. I dati relativi a filtri con
0.5dB di ondulazione in banda invece sono riportati in tab. 3.4. Per l’andamento
del modulo in banda passante è sufficiente scalare opportunamente l’asse y delle
figg. 3.38 e 3.39, l’andamento in banda attenuata è invece visibile in fig. 3.41.

Filtri Ellittici
In questo caso si rilassa la condizione di banda attenuata, utilizzando una ca-
scata di celle di tipo passa-basso ed elimina-banda. Questi filtri hanno una
transizione molto marcata tra banda passante e banda attenuata. Sono anche
chiamati filtri di Cauer.

Filtri di Bessel
I filtri di Bessel hanno prestazioni in modulo peggiori di quelle dei filtri di
Butterworth ma hanno la particolarità di mantenere un ritardo di fase lineare.
Questo permette di mantenere le relazioni di fase tra componenti del segnale a
frequenza diversa, e quindi non introducono distorsione di fase in segnali non
sinusoidali. I dati per il progetto di filtri di Bessel sono riportati in tab. 3.1,
l’andamento del modulo nelle figg. 3.34 e 3.35.

Comparazione tra i diversi tipi di filtro


Sul diagramma di Bode l’andamento asintotico del modulo della funzione di
trasferimento di tutti i filtri passa-basso di ordine n in banda attenuata è rap-
presentato da una retta con pendenza −20ndB/decade. A seconda dei vincoli
posti per l’andamento in banda passante però la transizione tra banda passante
e banda attenuata avviene in modo diverso. A titolo di esempio, in fig. 3.42
sono riportate le caratteristiche di quattro filtri di ordine 5, tutti con identica
frequenza a −3dB, differenziati per il comportamento in banda passante. E’
evidente come, rilassando i requisiti in banda passante, si abbia un più rapido
passaggio in banda attenuata. La scelta di effettuare la comparazione mante-
nendo la stessa frequenza a −3dB è puramente arbitraria: per effettuare una
comparazione corretta bisogna attenersi alle richieste riportate nella maschera
di progetto.

3.4.3 Progetto di un filtro passa basso


• Dalle specifiche di banda passante, banda attenuata ed, eventualmente,
fase, si decide quale tipo di risposta in frequenza standard meglio si adatta
al caso in esame.

145
• Si riportano sui grafici i limiti del progetto. Se ad esempio il filtro deve
tagliare a 1kHz e deve raggiungere i -40dB a 4KHz, si utilizza una norma-
lizzazione per cui fc = 1kHz e si sceglie il grado del filtro cercando quale
dei filtri appartenenti alla famiglia ha un’attenuazione, alla frequenza 4fc ,
superiore a -40dB. Tra i filtri che soddisfano la specifica si sceglierà quello
di grado minore.

• Dalle tabelle si ricavano le specifiche delle celle. Dai valori di frequenza


normalizzata delle tabelle si ricavano le frequenze reali, moltiplicando i
valori letti per fc .
• si progetta ogni cella in modo indipendente dalle altre e si collega in cascata
l’uscita di ogni cella all’ingresso della successiva.

Questo modo di procedere funziona solo con filtri attivi, perchè , se si proget-
tassero celle del primo e del secondo ordine con soli componenti passivi, dopo
averle collegate insieme, l’impedenza di uscita di ogni cella modificherebbe le
caratteristiche della cella successiva. La funzione di trasferimento risulterebbe
quindi diversa da quella progettata (le varie celle interagirebbero tra di loro).
Questi effetti non esistono utilizzando filtri attivi in cui l’uscita di ogni cella
corrisponde con l’uscita di un amplificatore operazione, cioè con un punto di
bassa impedenza.

3.4.4 Circuito di simulazione di un’induttanza


Un altro modo per realizzare filtri attivi è progettare i filtri come se fossero filtri
passivi RLC, sostituendo le induttanze con dei componenti attivi. Si può infatti
simulare il comportamento di un’induttanza con una coppia di operazionali. Ora
si vedrà solo il caso di un’induttanza con un capo a massa.

Ix

Vx Z1
Va1 A2
Z2
Vx
Z3
Va2
A1
Z4
Vx
Z5

Figura 3.31: Convertitore di impedenza generalizzato

Si vuole ottenere che tra il nodo più in alto della figura 3.31 (che chiameremo
punto A) e massa si veda un’impedenza che sia sostanzialmente un’induttan-
za. Questo circuito però a seconda di quello che si sostituisce a Z1 , ...Z5 può
simulare, oltre che un’induttanza, anche altri elementi. Per capire che tipo di

146
componenti occorre inserire per ottenere l’equivalente di un’induttanza, colle-
ghiamo nel punto A un generatore di prova Vx e calcoliamo Ix in funzione di
Vx .
Vx − VA1
Ix =
Z1
Sappiamo che la corrente che scorre in Z2 è la stessa che scorre in Z3 e la
corrente che scorre in Z4 è la stessa che scorre Z5 , quindi
VA1 − Vx Vx − VA2
=
Z2 Z3
VA2 − Vx Vx
=
Z4 Z5
Da questo si ricava che
Vx Z1 Z3 Z5
=
Ix Z4 Z2
Allora se:
• Z1 , Z3 , Z4 , Z5 sono resistenze e Z2 è un condensatore
Vx R1 R3 R5 C2
Z= =s = sL
Ix R4

• Se Z1 e Z5 sono condensatori e il resto resistenze:


1 R3 1
Z= 2
= 2
s R2 R4 C1 C5 s D

Quest’ultima scelta porta alla definizione di un componente equivalente con


impedenza reale negativa e dipendenza quadratica dalla frequenza. Il termi-
ne (R2 R4 C1 C5 /R3 ) prende il nome di elemento D (o FDNR, per frequency-
dependent negative resistance) e può essere utilizzato per la realizzazione di
filtri.

Esempio: Cella del 2o ordine posta su induttanza simulata

Ve Vu

Figura 3.32: Risonatore parallelo a componenti passivi

L’esempio più semplice di filtro RLC realizzabile con un simulatore di in-


duttanza è il risonatore parallelo riportato in figura 3.32. Il circuito si studia in
elettrotecnica ed una semplice analisi porta a riconoscere√un filtro passa-banda
le cui caratteristiche sono: frequenza centrale f0 = 1/(2π LC) e Q = R C/L.
p

In figura 3.33 è mostrata la realizzazione del risonatore tramite un’induttanza


simulata.

147
R Vu

C
Ve R1
A2
C2 V’u

R3
A1
R4

R5

Figura 3.33: Risonatore parallelo con induttanza simulata

E’ da notare che l’uscita Vu è analoga a quella del filtro a componenti passivi,


cioè non è un punto a bassa impedenza. Occorre dunque prestare attenzione alle
modifiche introdotte sull’impedenza del circuito per effetto del carico. In questo
caso però si può notare che l’uscita indicata con Vu ′ è in relazione con Vu tramite
l’equazione:  
R4
Vu ′ = Vu 1 +
R5
Prendendo l’uscita su A2 dunque l’impedenza è bassa e si mantengono i
vantaggi di disaccoppiamento tra filtro e carico propri dei filtri attivi.

3.4.5 Dati per il progetto di filtri passa-basso


Le tabelle che seguono permetto il progetto di filtri passa-basso di ordine com-
preso tra 2 e 10, di Bessel, Butterworth, Chebyshev 1dB e Chebyshev 0.5dB.

n. cella 1 cella 2 cella 3 cella 4 cella 5


poli Q f0 Q f0 Q f0 Q f0 Q f0
2 0.5774 1.7321
3 I ordine 2.3222 0.6910 2.5415
4 0.5219 3.0233 0.8055 3.3894
5 I ordine 3.6467 0.5635 3.7779 0.9165 4.2610
6 0.5103 4.3360 0.6112 4.5665 1.0233 5.1492
7 I ordine 4.9718 0.5323 5.0662 0.6608 5.3793 1.1263 6.0495
8 0.5060 5.6548 0.5596 5.8254 0.7109 6.2104 1.2257 6.9593
9 I ordine 6.2970 0.5197 6.3709 0.5894 6.6067 0.7606 7.0561 1.3219 7.8766
10 0.5039 6.9761 0.5375 7.1122 0.6204 7.4054 0.8098 7.9136 1.4153 8.8002

Tabella 3.1: Filtri di Bessel, normalizzati in modo da avere ritardo di fase


unitario in f = 1

148
n. cella 1 cella 2 cella 3 cella 4 cella 5
poli Q f0 Q f0 Q f0 Q f0 Q f0
2 0.7071 1.0000
3 I ordine 1.0000 1.0000 1.0000
4 0.5412 1.0000 1.3066 1.0000
5 I ordine 1.0000 0.6180 1.0000 1.6180 1.0000
6 0.5176 1.0000 0.7071 1.0000 1.9319 1.0000
7 I ordine 1.0000 0.5550 1.0000 0.8019 1.0000 2.2470 1.0000
8 0.5098 1.0000 0.6013 1.0000 0.9000 1.0000 2.5629 1.0000
9 I ordine 1.0000 0.5321 1.0000 0.6527 1.0000 1.0000 1.0000 2.8794 1.0000
10 0.5037 1.0000 0.5612 1.0000 0.7071 1.0000 1.1013 1.0000 3.1962 1.0000

Tabella 3.2: Filtri di Butterworth, normalizzati in modo da avere attenuazione


pari a −3dB in f = 1

n. cella 1 cella 2 cella 3 cella 4 cella 5


poli Q f0 Q f0 Q f0 Q f0 Q f0
2 0.9565 1.0500
3 I ordine 0.4942 2.0177 0.9971
4 0.7845 0.5286 3.5590 0.9932
5 I ordine 0.2895 1.3988 0.6552 5.5565 0.9941
6 0.7609 0.3531 2.1980 0.7468 8.0037 0.9954
7 I ordine 0.2054 2.6169 0.4801 3.1559 0.8084 10.8987 0.9963
8 0.7530 0.2651 1.9564 0.5838 4.2661 0.8506 14.2406 0.9971
9 I ordine 0.1593 1.2600 0.3773 5.5266 0.6622 5.5266 0.8806 18.0287 0.9976
10 0.7495 0.2121 1.8645 0.4761 3.5605 0.7215 6.9367 0.9025 22.2628 0.9980

Tabella 3.3: Filtri di Chebyshev con 1dB di ripple in banda passante, norma-
lizzati in modo da avere attenuazione pari all’estremo inferiore della banda di
oscillazione per f = 1

n. cella 1 cella 2 cella 3 cella 4 cella 5


poli Q f0 Q f0 Q f0 Q f0 Q f0
2 0.8637 1.2313
3 I ordine 0.6265 1.7062 1.0689
4 0.7051 0.5970 2.9406 1.0313
5 I ordine 0.3623 1.1778 0.6905 4.5450 1.0177
6 0.6836 0.3962 1.8104 0.7681 6.5128 1.0114
7 I ordine 0.2562 1.0916 0.5039 2.5755 0.8227 8.8418 1.0080
8 0.6766 0.2967 1.6107 0.5989 3.4657 0.8610 11.5308 1.0059
9 I ordine 0.1984 1.0604 0.3954 2.2131 0.6727 4.4780 0.8885 14.5794 1.0046
10 0.6734 0.2372 1.5347 0.4878 2.8913 0.7293 5.6114 0.9087 17.9872 1.0037

Tabella 3.4: Filtri di Chebyshev con 0.5dB di ripple in banda passante, norma-
lizzati in modo da avere attenuazione pari all’estremo inferiore della banda di
oscillazione per f = 1

149
0
dB
7
6
5

3
-1

-2
0.1 0.5 f 1

Figura 3.34: Filtri di Bessel: comportamento in banda passante

dB
4 5 6
3
-10 2
7 8 9 10

-20

-30

-40

-50
1 5 f 10

Figura 3.35: Filtri di Bessel: comportamento in banda attenuata

150
0
dB
2 3 4 5 10

-1

-2

-3
0.1 0.5 f 1

Figura 3.36: Filtri di Butterworth: comportamento in banda passante

0
dB

-20

-40 2

-60 3

-80 4

10 9 8 7 6 5

1 5 f 10

Figura 3.37: Filtri di Butterworth: comportamento in banda attenuata

151
1
dB 10

2
0 3

-1
0.1 0.5 f 1

Figura 3.38: Filtri di Chebyshev con 1dB di ondulazione in banda:


comportamento in banda passante (ord: 2, 3, 6, 7, 10)

1
dB
8

-1
0.1 0.5 f 1

Figura 3.39: Filtri di Chebyshev con 1dB di ondulazione in banda:


comportamento in banda passante (ord: 4, 5, 8, 9)

152
0
dB

-20

2
-40

-60 3

-80
10 9 8 7 6 5 4

1 5 f 10

Figura 3.40: Filtri di Chebyshev con 1dB di ondulazione in banda:


comportamento in banda attenuata

0
dB

-20

-40

3
-60

-80
4
10 9 8 7 6 5

1 5 f 10

Figura 3.41: Filtri di Chebyshev con 0.5dB di ondulazione in banda:


comportamento in banda attenuata

153
0

dB

-40

Ch

Ch

Bu

Be
eb

eb

ss
tte

el
ys

ys

rw
he

he

or
v

th
1d

0.
5d
-80 B

-120
0.1 1 f 10

Figura 3.42: Confronto tra le caratteristiche di quattro filtri di ordine 5, con


identica frequenza a −3dB

154
3.5 Filtri a capacità commutate
La creazione di resistenze su di un circuito integrato in silicio, mediante processi
di fabbricazione ideati per la realizzazione di sistemi prevalentemente digitali,
pone diversi problemi, sia dal punto di vista dell’ingombro del singolo componen-
te, sia dal punto di vista della precisione e della stabilità del valore di resistenza.
Di conseguenza, si cerca di evitare di utilizzare i resistori nei circuiti che devono
essere integrati su silicio. Siccome gli elementi base della tecnologia di integra-
zione VLSI sono i transistori MOS e le capacità MOS, è conveniente cercare
realizzazioni di circuiti analogici che prevedano l’utilizzo solo di questi elementi.
Il problema è quello di sviluppare simultaneamente funzioni di tipo analogico e
digitale nello stesso circuito integrato, con componenti tradizionalmente digitali
(appunto transistori e capacità MOS).
Una tecnica che permette di realizzare circuiti analogici, principalmente filtri
attivi, senza utilizzare resistenze integrate, sfrutta un principio, detto delle ca-
pacità commutate, che permette di sostituire le resistenze con capacità di valori
limitati (tipicamente da 1 a 100 pF) pilotate da opportuni segnali.
Come si comprenderà in seguito, i circuiti che utilizzano la tecnica delle
capacità commutate (Switched Capacitor) sono sistemi analogici a dati campio-
nati, poiché l’informazione viene elaborata ad intervalli di tempo finiti, non con
continuità . Questa caratteristica limita il loro impiego in alcuni sistemi oltre ad
introdurre delle differenze notevoli nel funzionamento stesso dei circuiti rispetto
agli analoghi tempo-continui.

3.5.1 Principio di funzionamento


Si supponga di avere due generatori di tensione ed una resistenza come in
figura 3.43a. La corrente che circola su R è

Figura 3.43: Circuito base: a) con resistenza; b) equivalente con capacità


commutata

V2 − V1
I=
R
Si prendano adesso gli stessi generatori e li si colleghi nella configurazione
riportata in figura 3.43b.
Tenendo S2 chiuso e S1 aperto, la carica su C sarà Q = CV2 . A questo punto
si chiuda S1 e si apra S2. La carica su C diventa Q = CV1 . Il risultato di questa
operazione è di trasferire della carica dal generatore V2 al generatore V1 . Sul
condensatore si è verificata una variazione di carica pari a

∆Q = C(V2 − V1 )

155
Se si ripetesse questo ciclo ogni T secondi si avrebbe che ad ogni secondo
una carica ∆Q/T viene trasferita da un generatore all’altro. L’effetto medio è
quello di trasferire della carica per unità di tempo e quindi di aver generato una
corrente:

∆Q C 1
I= = (V2 − V1 ) = fclk C(V2 − V1 ) (fclk = )
T T T
Confrontando questa espressione con quella ottenuta nel caso del resistore
R, si può verificare che in entrambi i casi vi è proporzionalità tra la corrente che
scorre nel circuito e la differenza di potenziale tra i generatori. Si può dunque
definire la resistenza equivalente del circuito Req = 1/(Cfclk ).
Questo tipo di equivalenza può essere sfruttato solo se la tensione dei due
nodi tra cui è commutata la capacità non varia per effetto del trasferimento di
carica, cioè se la capacità commutata è inserita fra punti a bassa impedenza, co-
me in questo caso. Si comprende inoltre che per poter considerare come corrente
i “pacchetti” di carica nell’unità di tempo (∆Q/T ), la frequenza di transizione
della carica (fclk ) deve essere molto più grande rispetto delle frequenze in gioco
nel circuito. Nei casi in cui una delle due assunzioni esposte sopra non siano
verificate (alta impedenza o alta frequenza), per studiare in modo corretto la
funzione di trasferimento occorre ricorrere alla trasformata Z, utilizzando op-
portuni circuiti equivalenti. Un esempio di analisi in trasformata Z è presentato
più avanti. Nel corso di questa trattazione ci si limiterà per il resto ad ana-
lizzare circuiti che possano essere trattati ricorrendo al concetto di resistenza
equivalente, analizzandone il comportamento nel dominio della trasformata di
Laplace.
Nel circuito di figura 3.43 si sostituiscano gli interruttori S1 e S2 con dei
MOS, come in figura 3.44. I comandi di pilotaggio Φ1 e Φ2 (detti segnali di
clock) vengono applicati a questi due MOS, che fungono appunto da interruttori
(analog switch), e devono soddisfare delle specifiche ben precise che saranno
analizzate di seguito.

Figura 3.44: Circuito base con interruttori MOS

Innanzitutto, se Φ1 è HIGH, Φ2 deve essere LOW, come chiaramente si


evince dal funzionamento stesso del circuito. Inoltre, ci possono essere degli
istanti in cui entrambi i segnali sono bassi, mentre non dovrà mai accadere che
entrambi siano alti, in quanto si metterebbero in corto circuito i due generatori
(a meno della rON dei due MOS). Quest’ultima caratteristica dei segnali piloti
è molto importante. Segnali che obbediscono a questi vincoli sono componenti
di un sistema di clock a due fasi non sovrapposte, o, in inglese, not overlapping
2-phase clock. La generazione dei due segnali di temporizzazione avviene tramite
circuiti basati su latch set-reset che permettono di ricavare, da un singolo segnale
di clock, due segnali non sovrapposti fra loro. Il più semplice di questi circuiti è
riportato in figura 3.45, assieme alle temporizzazioni relative.
Si è dunque visto che tramite un condensatore e due interruttori è possibile
simulare il comportamento di una resistenza, il cui valore non dipende soltanto

156
Figura 3.45: Generatore di clock a due fasi non sovrapposte

dalla capacità del condensatore ma anche dalla velocità con cui commutano
gli interruttori, cioè dalla frequenza di clock. Questa caratteristica è essenziale
nel progetto dei filtri, perché rende realizzabili dei filtri con frequenza di taglio
funzione della frequenza di clock.
Si può verificare questa affermazione inserendo una capacità commutata al
posto della resistenza nel più semplice circuito filtrante studiato nel capitolo
relativo ai filtri attivi: l’integratore.

3.5.2 Integratore
Lo schema di un integratore a capacità commutate è riportato in figura 3.46.

Figura 3.46: Integratore a capacità commutate

La funzione di trasferimento è ricavabile da quella dell’integratore con capa-


cità e resistenza, sostituendo ad R il valore di resistenza equivalente calcolato
nel paragrafo precedente:
Vu 1 1 C1
=− f dove f0 = fclk C1 = fclk
Ve jf 2πC2 2πC2
0

Si nota che il valore di f0 dipende dal rapporto delle due capacità . Il fatto
di avere un rapporto fra condensatori è molto importante: infatti le capacità
integrate che si riescono a costruire non sono molto precise, in particolare si
hanno variazioni anche da una realizzazione all’altra del circuito integrato, a

157
seconda dei valori assunti dalle variabili di processo durante la fabbricazione.
Può accadere ad esempio che lo spessore dell’ossido che si deposita sul silicio per
creare i condensatori possa cambiare, facendo alterare il valore assoluto del con-
densatore. Se però si considerano due condensatori realizzati vicini nello stesso
chip, si può assumere che i parametri di fabbricazione siano gli stessi, per cui
i valori delle due capacità variano allo stesso modo; il loro rapporto dipende
a questo punto unicamente dalla relazione fra le aree dei condensatori, quindi
esclusivamente da un fattore di tipo geometrico. Allora se il processo fotografico,
oppure laser, che è stato utilizzato per definire quali sono le aree ha una buona
precisione, il rapporto tra i due condensatori avrà la stessa precisione indipen-
dentemente dalle variabili di processo. Se il valore assoluto dei due condensatori
ha per esempio una tolleranza del 10%, il rapporto fra i valori ha facilmente delle
tolleranze inferiori al 1%. Supponendo inoltre di voler realizzare un integratore
con una frequenza di guadagno unitaria pari ad 1 kHz, se si realizzasse questo
circuito con la tecnica RC si avrebbe:
1 1
f0 = 1 × 103 Hz = ⇒ C= F
2πRC 2πR · 1 × 103
Se si usa per R un valore compreso tra 10 kΩ e 100 kΩ, si dovrebbe utiliz-
zare un condensatore dell’ordine dei nF, ma condensatori di questo ordine di
grandezza sono difficilmente integrabili. Usando invece la tecnica delle capaci-
tà commutate la frequenza di guadagno unitario dipende non più da un valore
assoluto di capacità ma da un rapporto, quindi, se si usa per fclk = 100 kHz, si
ottiene:
1 C1 C1 1
f0 = 1 × 103 Hz = · 100 × 103 Hz · ⇒ ≈
2π C2 C2 16
ovvero si riesce a realizzare un integratore equivalente a quello RC, con due
condensatori di valore molto più basso, ad esempio C1 = 1 pF, C2 = 16 pF.
Altri integratori, cioè con diverse frequenze di taglio, possono essere realizzati
semplicemente variando la frequenza fclk . La frequenza caratteristica del filtro
è proporzionale alla frequenza di temporizzazione fclk , rendendo i filtri a ca-
pacità commutate intrinsecamente di tipo programmabile. Uno stesso circuito
può dunque presentare frequenza di guadagno unitario diversa a seconda della
frequenza con cui commutano gli interruttori; sfruttando questa caratteristica,
in commercio sono dunque presenti filtri “universali” che hanno una frequenza
di taglio programmabile ad un valore pari, per esempio, ad 1/100 della frequen-
za di clock. Ovviamente il campo di variazione della frequenza di clock non
è illimitato, esiste però un’ampia banda di frequenza in cui è possibile utiliz-
zare il circuito in modi diversi, semplicemente variando la fclk . I limiti sono
sostanzialmente due:

• sulla frequenza di clock;


• sulla frequenza del segnale di ingresso.

Quest’ultimo problema è evidente se si pensa che si è approssimato ad una


corrente lo scambio di pacchetti di carica tra due generatori di tensione. Esistono
però dei casi in cui questa approssimazione non è accettabile, in particolare per
frequenze superiori a fclk /2. Infatti il circuito è in realtà un sistema campionato
con un clock a frequenza fclk , quindi, per il teorema di Nyquist, si può ricostruire

158
un segnale in uscita da tale sistema se e solo se la banda del segnale stesso è
limitata a metà della frequenza di campionamento.

3.5.3 Limiti di frequenza di clock


La realizzazione di un circuito a capacità commutate su singolo chip di sili-
cio viene effettuata impiegando componenti non ideali, che presentano cioè dei
parametri parassiti che possono influire, anche con una certa importanza, sul
comportamento del dispositivo, introducendo alcuni importanti limiti di funzio-
namento. Gli elementi da considerare sono: gli interruttori, realizzati come già
visto con dei transistor MOS; gli amplificatori operazionali; i condensatori. Per
conoscere il limite superiore alla frequenza di clock applicabile al circuito si deve
analizzare il comportamento in alta frequenza di tutti gli elementi. Per quanto
riguarda l’interruttore, esso presenta una resistenza ron il cui valore tipico è
di 1 kΩ. Utilizzando tale interruttore con una capacità commutata il cui valore
tipico è di 10 pF, si ha un circuito equivalente del tipo riportato in figura 3.47.

Figura 3.47: Effetto della ron degli interruttori

La carica del condensatore non è dunque istantanea, ma si ha una costante di


tempo τ = ron C1 = 1 × 103 Ω · 1 × 10−11 F = 1 × 10−8 s = 10 ns. Se si desidera
ottenere una determinata precisione nel funzionamento del circuito, è necessario
tener presente tale costante di tempo che limita la velocità con cui si carica
il condensatore introducendo un limite alla frequenza di commutazione. Se si
considera carico il condensatore quando il valore di tensione ai capi raggiunge
il valore finale a meno di un fattore 1/1000 (quindi con un errore pari a 0.1%),
occorre mantenere chiuso l’interruttore per un tempo pari a circa sette volte
la costante di tempo (si ha infatti che e−7 ≃ 10−3 ) quindi devono trascorrere
circa 7τ = 7 × 10−8 s = 70 ns per raggiungere la tensione finale v1 (o zero). In
realtà , poiché il ciclo completo prevede la chiusura prima di S1 e poi di S2 ,
si avrà un periodo di commutazione pari a 2 · 70 ns = 140 ns per ogni periodo.
Questo fa sì che fclkmax ≃ 7 MHz, che rappresenta un limite superiore. Anche
le caratteristiche di banda e di slew-rate dell’amplificatore operazionale devono
essere tali da garantire il corretto funzionamento del circuito alla frequenza di
commutazione di S1 e S2 .
Per quanto riguarda invece la minima frequenza di clock, il limite principale
viene introdotto dall’amplificatore operazionale, in particolare dalla presenza di
correnti di polarizzazione degli ingressi, che modificano la tensione presente sui
condensatori, rappresentando un termine di errore di ampiezza inversamente
proporzionale alla frequenza di commutazione degli interruttori. Il valore di
tali correnti è pari a circa 1 pA a temperatura ambiente per gli amplificatori
operazionali MOS normalmente usati nei circuiti a capacità commutate. Con
riferimento alla figura 3.47, considerando il caso in cui S2 è chiuso e S1 è aperto,

159
si può notare che la corrente di polarizzazione passa in C1 caricandolo a corrente
costante, quindi si avrà una variazione della tensione ai suoi capi. Si consideri
un condensatore di 10 pF e una corrente di 1 pA che lo attraversi, supponendo di
accettare una variazione della tensione ai capi pari ad esempio a 1 mV durante il
periodo di chiusura di S2 , si può ricavare qual è il massimo intervallo di tempo
in cui S2 può rimanere chiuso.

I C∆VC1
∆VC1 = ∆T ⇒ ∆T = = 1 × 10−2 s
C1 I
Questo significa che frequenze intorno ai 100 Hz (per questo operazionale e
per questo condensatore) sono le più basse frequenze di clock che si possano
usare senza avere problemi. Il campo di azione per la fclk si estende quindi dalle
centinaia di Hertz alle decine di Megahertz.

3.5.4 Effetti delle capacità parassite


Lo schema visto finora per l’integratore a capacità commutate è molto semplice,
ma non è il migliore. Ogni transistor MOS infatti ha delle capacità parassite che
influenzano in modo considerevole il funzionamento del circuito. Tali capacità ,
intrinseche e non eliminabili, sono evidenziate in figura 3.48.

Figura 3.48: Capacità parassite presenti in un transistor MOS

La Cgd e la Cgs introducono un’iniezione di carica sul condensatore durante


la commutazione del MOS, che porta al fenomeno detto di clock feedthrough,
cioè alla comparsa nello spettro del segnale di uscita di una componente alla
frequenza di clock. Il problema normalmente non comporta gravi conseguenze,
in quanto la frequenza di clock è generalmente molto al di sopra della banda
di segnale utile dell’uscita. Anche l’effetto della Cds è di solito trascurabile, in
quanto porta ad un non perfetto isolamento dell’interruttore, quando è aperto,
alle alte frequenze. Le altre capacità parassite modificano invece il circuito reale
dell’ integratore a capacità commutate, come riportato in figura 3.49.
Osservando il circuito, si nota che il condensatore C12 è in parallelo ad un
generatore di tensione. Quando il generatore varia la tensione ai suoi capi di una
certa quantità , deve fornire un po’ più di corrente, assorbita dal condensatore
parassita, per avere la stessa escursione di tensione rispetto al caso in cui non
ci fosse la capacità , ma ciò non va ad influenzare il funzionamento finale del
filtro, quindi C12 può essere trascurato. Il condensatore C22 è collegato fra una
massa e una massa virtuale quindi avendo una tensione ai capi costante non
ha effetti. Per quanto riguarda C11 e C21 si nota che questi sono in parallelo
al condensatore C1 e quindi non sono trascurabili ma rappresentano per C1 un

160
Figura 3.49: Circuito dell’integratore con evidenziate le capacità parassite degli
interruttori

termine di errore. Se si avesse la possibilità di conoscere questi due condensatori


non si avrebbero problemi nelle realizzazioni pratiche, ma il valore dipende dal
processo e dalla tensione applicata, ed inoltre non si ha nessun legame con il
rapporto tra C1 e C2 . Queste capacità parassite hanno l’effetto di alterare la
risposta in frequenza del circuito in modo non noto a priori.

3.5.5 Integratori stray insensitive


Una realizzazione alternativa di un integratore il cui comportamento non è
influenzato dalle capacità parassite dei MOS è riportata in figura 3.50.

Figura 3.50: Integratore invertente stray insensitive

Questo circuito realizza ancora un integratore. Infatti, nel periodo di tempo


in cui la fase di clock Φ2 è attiva, i due deviatori sono collegati entrambi a massa
e la carica sul condensatore C1 è nulla. Nel momento in cui il condensatore
viene collegato tra la Ve di ingresso e il punto di massa virtuale, C1 assorbe una
carica fornitagli sia da Ve che dall’uscita dell’operazionale tramite una corrente
che attraversa C2 . La quantità di carica è quindi la stessa che veniva scambiata
nel caso precedente. In particolare se la Ve è positiva si produce una variazione
di tensione negativa sul condensatore C2 . Si ha quindi lo stesso funzionamento
dello schema precedente, ma un diverso comportamento delle capacità parassite.
Introducendo esplicitamente tali capacità , come in figura 3.51, si può notare
che queste non si presentano più in parallelo a C1 .
Analizzando la figura, dove si sono omesse C12 e C22 per i motivi preceden-
temente esposti, si possono notare le due capacità parassite C11 e C21 relative
rispettivamente ai MOS M1 , M2 e M3 , M4 . In questo caso però il condensatore
C21 può essere eliminato poiché , come si evince dallo schema, ha un morsetto
(quello fisso) a massa e l’altro che fluttua tra una massa virtuale durante Φ1 e
un’altra massa durante Φ2 , quindi non cambia mai la tensione ai suoi capi. La

161
Figura 3.51: Capacità parassite nell’integratore stray insensitive

capacità C11 , invece, quando è attivo Φ2 , si trova collegata a massa, dunque la


sua carica si esaurirà proprio verso massa e non andrà ad influenzare l’uscita.
Durante la fase Φ1 il condensatore C11 si trova in parallelo ad un generatore
di tensione, la carica quindi viene fornita dalla Ve , ma di nuovo il circuito si
chiude fra Ve e C11 e non ha alcun effetto sull’uscita. Si può dunque concludere
che con questa configurazione è possibile realizzare un circuito integratore in-
vertente immune da effetti parassiti. Tale schema prende il nome di integratore
Stray-insensitive.
Invertendo la connessione di Φ1 e Φ2 solo nella seconda coppia di MOS,
e procedendo ad un’analisi analoga alla precedente, si può dimostrare che si
ottiene un integratore non invertente (si veda la figura 3.52).

Figura 3.52: Integratore non invertente

Con il metodo delle capacità commutate è dunque molto semplice passare da


un integratore invertente ad uno non invertente, poiché è sufficiente scambiare
la fase di un deviatore.

3.5.6 Comportamento in frequenza


I filtri a capacità commutate sono dei sistemi tempo-discreti a dati campionati.
Di conseguenza, l’ipotesi fatta inizialmente di vedere la carica trasferita in pac-
chetti come un flusso continuo, cioè di mediare i pacchetti di carica ed assimilarli
ad una corrente che fluisce continuamente, è valida solo quando si considerano
segnali con banda decisamente più bassa della frequenza di campionamento. Se
si vuole analizzare il comportamento in frequenza di tali circuiti per frequen-
ze di ingresso più elevate, allora occorre ricorrere a strumenti di indagine più
appropriati, quali la trasformata Z, e tenere conto del teorema di Shannon e
del conseguente fenomeno dell’aliasing. Entrambi i fenomeni, trasferimento di
pacchetti di carica ed aliasing, concorrono in modo diverso a creare notevoli
differenze nella risposta in frequenza tra i sistemi tempo-continui di riferimento

162
e i filtri a capacità commutate da essi ricavati. Non si eseguirà in questa sede
una analisi rigorosa nel dominio della trasformata Z, esiste molta letteratura in
merito. Ci occuperemo invece in modo qualitativo dell’aliasing.

Aliasing
I filtri a capacità commutate sono, come già più volte notato, dei sistemi a dati
campionati. Il campionamento effettuato sul segnale di ingresso produce quindi,
come ben noto, una serie infinita di repliche nello spettro del segnale, centrate
intorno ai multipli della frequenza di clock. Nel segnale di uscita da un filtro
a capacità commutate saranno dunque sempre presenti, oltre alle componenti
spettrali del segnale di ingresso, anche quelle dovute alle repliche create dal
campionamento, anche se attenuate sia dalla risposta in frequenza degli elementi
che compongono il filtro, sia dal fatto che il segnale di uscita dal filtro non è
un treno di impulsi, ma un segnale campionato e mantenuto, cosa che altera
il contenuto spettrale del segnale di uscita secondo una nota formula del tipo
sin(x)/x.
Una trattazione rigorosa dei fenomeni correlati può essere effettuata nel do-
minio della trasformata Z, ma è analiticamente complessa e non verrà espo-
sta nel seguito. E’ possibile però trarre alcune interessanti conclusioni anche
mediante considerazioni più intuitive.
Anche in assenza di aliasing, occorre considerare la presenza di componenti in
frequenza in uscita diverse da quelle del segnale di ingresso. Se consideriamo un
segnale sinusoidale in ingresso al filtro a frequenza fin , la componente dovuta al
campionamento a frequenza più bassa vale f1 = fclk − fin . Tale frequenza viene
trattata dal filtro come se appartenesse al segnale in ingresso al filtro stesso. Se
la frequenza fin è molto minore di fclk , allora f1 , essendo prossima a fclk , non
pone problemi in quanto fuori dalla banda di interesse del segnale di uscita. Al
contrario, se il segnale di ingresso è prossimo a fclk /2, f1 sarà non molto diversa
dalla frequenza del segnale di ingresso e quindi difficilmente separabile da essa.
Una conseguenza non ovvia dell’aliasing è poi la seguente, più facilmen-
te comprensibile mediante un esempio. Supponiamo di avere un integratore con
fclk = 100 kHz e f0 = 1 kHz. Una sinusoide in ingresso con frequenza fin = 1 kHz
ed ampiezza di 1 V, produrrà in uscita almeno due componenti, una ad 1 kHz
ed ampiezza 1 V, l’altra a 99 kHz, decisamente attenuata. Se ora consideriamo
invece un segnale in ingresso a frequenza di 99 kHz ed ampiezza 1 V, otterre-
mo di nuovo in uscita due componenti, una a 99 kHz ed una ad 1 kHz, a causa
dell’aliasing. Per quanto riguarda l’ampiezza delle due componenti, questa è pra-
ticamente identica al caso precedente, cioè la componente a 1 kHz ha ampiezza
pari ad 1 V, mentre quella a 99 kHz risulta molto attenuata. Questo è spiegabile
poiché il campionamento viene effettuato dal circuito sul segnale di ingresso,
quindi un segnale ad 1 kHz ed uno a 99 kHz risultano indistinguibili tra loro.
La conseguenza di questa analisi è che quando si utilizzano filtri a capaci-
tà commutate occorre sempre prestare molta attenzione al tipo di segnale che
il filtro deve trattare. Al di là delle considerazioni sulla differenza tra funzio-
ne di trasferimento tempo-continua e tempo-discreta all’aumentare della fre-
quenza, i problemi spettrali dovuti al campionamento suggeriscono l’utilizzo
dei filtri, se possibile, solo con segnali a frequenza molto più bassa di quella di
campionamento.

163
In caso il segnale o il rumore presenti all’ingresso del filtro abbiano com-
ponenti in alta frequenza, è consigliabile inserire, a monte del filtro a capacità
commutate, un filtro passa-basso tempo-continuo. Tale filtro sarà normalmente
molto semplice, ad esempio un gruppo RC. Molti filtri a capacità commuta-
te recenti integrano un filtro di questo tipo in ingresso. Qualora poi non siano
tollerabili le componeti in alta frequenza generate dal filtro per effetto del cam-
pionamento, un altro semplice gruppo RC posto in uscita può normalmente
eliminare il problema.

3.5.7 Filtro del secondo ordine con cella biquadratica


La cella biquadratica qui analizzata viene realizzata con solo due amplificatori
operazionali a dispetto di quanto succedeva nel caso visto nel capitolo preceden-
te dove ne erano necessari tre. Questo è dovuto al fatto che è possibile costruire
un integratore non invertente con un unico operazionale. Occorre ribadire che
non tutte le soluzioni circuitali valide utilizzando resistenze e condensatori sono
direttamente convertibili in circuiti a capacità commutate. Infatti, se la resi-
stenza non si trova tra due punti di bassa impedenza, la sostituzione con una
capacità commutata è più complessa e non viene trattata in questo corso.
Il circuito del filtro è riportato in figura 3.53. Il primo stadio è un filtro del
primo ordine che agisce sulla somma dei segnali Ve e VL P , mentre il secondo
stadio lavora da integratore non invertente.

Figura 3.53: Filtro del 2◦ ordine con cella biquadratica

Le relazioni fra le varie grandezze sono:

VBP VLP 1 C1 C1
= QHBP e = HLP con f0 = fclk e Q=
Ve Ve 2π C2 C3
Si nota subito che Q e f0 sono indipendenti tra loro: f0 è modificabile tramite
la fclk , C1 e C2 , mentre il Q è regolabile con C3 . Un filtro integrato ha dunque la
possibilità di avere una frequenza di taglio fissa rispetto alla frequenza di clock
( ffclk
0
), programmata da C1 e C2 e nello stesso tempo il Q variabile. Questo
è molto importante poiché permette al filtro di avere un’elevata flessibilità ,
semplicemente agendo su un solo componente.

164
Uno degli impieghi tipici delle capacità commutate, come è facilmente intui-
bile da quanto detto fino ad ora, è proprio quello di generare filtri universali.
La cella base utilizzata non è normalmente quella biquadratica, ma una confi-
gurazione più complessa che permette l’implementazione di tutte le funzioni di
trasferimento standard (passa basso, passa alto, passa banda, ecc), derivata dal
filtro a variabili di stato. I filtri universali si programmano generalmente connet-
tendo opportunamente dei piedini di ingresso/uscita e tarando le caratteristiche
del filtro mediante resistenze di precisione esterne. L’uso di resistenze per la
taratura del filtro non è in contrasto con la teoria delle capacità commutate. In-
fatti, se internamente ad un circuito integrato è difficile realizzare resistenze di
precisione, tali componenti sono invece reperibili a basso costo come componenti
discreti.

3.5.8 Approfondimenti
L’argomento dei filtri o più in generale dei circuiti a capacità commutate è
molto vasto. Una trattazione organica richiederebbe molto più spazio di quello
disponibile in un corso di base di elettronica e coinvolge ambiti diversi che
spaziano dall’elettrotecnica alle telecomunicazioni.
Ulteriori approfondimenti possono essere ricercati nella vasta letteratura esi-
stente, applicativa e teorica. Per quanto riguarda la prima, è possibile reperire
in rete moltissime informazioni, data-sheet, esempi, dai siti dei produttori di
filtri, ad esempio la Linear Technology, www.linear-tech.com. Una pubblicazio-
ne disponibile su questo sito, particolarmente interessante per una introduzione
agli aspetti pratici del progetto di filtri a capacità commutate, è la AN40 Take
the Mystery Out of the Switched Capacitor Filter: The System Designer’s Filter
Compendium. Per la seconda, un testo molto completo è : P.V. Ananda Mohan,
V. Ramachandran, M.N.S. Swamy, Switched capacitor filters : theory, analysis
and design, Prentice-Hall, 1995. Tale testo tratta in modo rigoroso la teoria dei
filtri a capacità commutate e contiene inoltre moltissimi riferimenti bibliografici
su aspetti specifici.

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