La Depressione
La Depressione
La Depressione
Introduzione
Il disturbo depressivo è tra le malattie mentali più diffuse nel mondo e in continua
quello medico si trovano ad affrontare una vera e propria emergenza, non solo per la
anche per gli effetti, potenzialmente letali, che il disturbo comporta. Anche quando
ricorrente del disturbo depressivo, per cui chi ne ha sofferto una volta, ha un’alta
Il disturbo depressivo può colpire chiunque a qualunque età, ma è più frequente tra
i 25 e i 44 anni di età ed è due volte più comune nelle donne adolescenti e adulte,
1994), chi soffre di disturbo depressivo maggiore presenta, per almeno due settimane,
un umore depresso (triste, disforico, irritabile, disperato etc.) per tutta la giornata
quasi ogni giorno e non riesce più a provare interesse e piacere nelle attività che
prima lo interessavano e lo facevano stare bene. Ad almeno uno di questi due sintomi
suicidio. Per poter porre diagnosi di disturbo depressivo maggiore, la persona non
deve aver mai sofferto nella sua vita di altri tipi di alterazione patologica dell'umore
contemporaneamente).
essere presenti da diverso tempo in forma lieve e sottosoglia (distimia) con alcuni
alla cura della depressione. Attualmente è uno dei trattamenti più efficaci, tanto che le
linee guida internazionali dell'APA (1993, 2000) indicano la Terapia Cognitiva (TC)
La prima formulazione del modello cognitivo della depressione risale agli inizi
degli anni sessanta, quando vengono pubblicati due articoli e un libro di Aaron T.
(1963, 1964, 1967). Da allora sono state avanzate e studiate diverse ipotesi
cognitiviste sul disturbo depressivo, la maggior parte delle quali in linea con quelle di
Beck (per una rassegna completa: Rainone e Mancini 2004). Ancora oggi il modello
(1963, 1976). Beck chiamò questo flusso ideativo Pensieri Automatici Negativi
registrazione sistematica dei PAN dei pazienti, Beck capì alcune loro caratteristiche.
forma abbreviata, “stile telegrafico”. Sono molto fugaci e transitori. Si può trattare di
che caratterizza quelli del paziente depresso è il loro contenuto: negativo e con temi
accorge che si tratta di una perdita valutata e sentita come irreversibile e irreparabile
di uno scopo fondamentale per il proprio progetto di vita e quindi non sostituibile con
nient'altro. Il paziente depresso non riesce ad accettare tale perdita e si blocca nel
percorso che dall'avvenuta perdita normalmente porta all'accettazione e alla
riorganizzazione del proprio progetto di vita alla luce della perdita avvenuta (Mancini
mondo che lo circonda e nella propria prospettiva futura. Tale visione negativa è nota
Per quanto riguarda il primo elemento della triade, il paziente vede se stesso come
inadeguato e difettoso. Proprio per i suoi presunti difetti (psicologici, fisici o morali),
tende a sentirsi indesiderabile, inutile, a sottovalutarsi e a criticare ogni cosa che fa,
attività diretta ad uno scopo ed è incline a leggere scherno e disprezzo in ciò che le
Infine, per quanto riguarda la visione negativa del futuro ovvero il pessimismo, il
Analizzando i racconti dei pazienti depressi, Beck osservò che, oltre alla triade
cognitiva, contenevano anche una serie di distorsioni della realtà, che chiamò errori
spiegazione più ovvia e più plausibile. Egli modifica i fatti per adattarli alle proprie
• Ipergeneralizzazione: trae una conclusione sulla base di uno o più eventi isolati e
specifico.
Beck evidenzia che gli errori cognitivi che la persona depressa compie nel
manifestazioni sintomatiche della depressione e, come gli altri sintomi, sono prodotti
concettualizzati" (Beck 1964, 1967; Beck et al. 1979; Clark et al. 1999).
Gli schemi specifici impiegati dall'individuo influenzano come questi si pone nei
confronti della vita, come riconosce e definisce gli aspetti salienti delle proprie
patogenicità degli schemi depressogeni è da rintracciare non solo nel loro contenuto
complessità, l'alta correlazione tra gli elementi che li costituiscono, la bassa soglia di
erronei cronici, atteggiamenti distorti, premesse non valide e obiettivi non realistici
Gli schemi depressogeni sono costruiti soprattutto durante l'infanzia, nelle relazioni
significative, e possono rimane latenti anche per tutta la vita, non producendo quindi
vedere dalla fig.1, la loro attivazione avviene a seguito di eventi stressanti o della
mancanza di eventi desiderabili (Alloy e Abramson 1988), che mettono in moto una
reazione a catena, in cui la visione negativa di sé, degli altri e del futuro si attiva e
tutto comincia ad essere valutato come perdita, prova proprio disvalore, incapacità e
la persona interpreta questi sintomi attraverso gli schemi depressogeni stessi in modo
negativo, come prova della propria difettosità, indegnità, negatività del mondo e del
errori cognitivi. Il significato degli eventi viene costruito infatti in modo distorto, pur
di farlo rientrare negli schemi depressogeni. Tale costruzione della realtà andrà a
primo obiettivo della terapia. Un esempio di questo circolo vizioso è quello che
s’instaura tra i sintomi faticabilità e passività. Più la persona si sente stanca, più
schemi e i loro prodotti, cioè i sintomi. Per esempio, la convinzione contenuta negli
percezione di non riuscire a farlo conducono al sintomo umor nero. A sua volta,
al. 2001). In tal modo, il sintomo affettivo rinforza e viene rinforzato dalle
sociale. I suoi comportamenti, strutturati sulla base della triade cognitiva, infatti,
potranno produrre in chi lo circonda proprio gli effetti che aveva previsto sulla base
delle convinzioni depressogene. "A una persona che sta scivolando nella depressione
può accadere di isolarsi ed evitare altre persone per lei importanti. Allontanati in
questo modo, gli altri significativi possono rispondere con il rifiuto e la critica che,
dal canto loro, attivano o aggravano l’autorifiuto o l’autocritica della persona. [...] Le
Per rompere questo circolo vizioso, può essere molto utile e, a volte indispensabile,
convocare in terapia le persone che vivono con il paziente, per spiegare loro cos’è e
Negli anni l'impianto teorico elaborato da Beck ha ricevuto diverse critiche (per
una rassegna completa: Rainone e Mancini 2004). Infatti, mentre il protocollo
terapeutico da lui sviluppato tiene alla prova degli anni e delle sperimentazioni,
rationale del procollo, non riuscendo a spiegare come e perchè funzionano specifici
passaggi tecnici del trattamento. Ne è un esempio l'uso del bilancio dei vantaggi e
distorsioni ben riuscite, non dovrebbe essere necessario fare un ulteriore intervento.
Del resto le ricerche sul ragionamento comune (Panzarella et al. 1999) hanno
dimostrato non solo che gli errori cognitivi sono commessi anche dai sani, ma che le
accurate della realtà e l'assenza della stessa in presenza di errori cognitivi, come
assolutistiche, che una volta attivati sono responsabili della produzione dei sintomi.
Tuttavia, le credenze patogene, evidenti durante gli episodi acuti del disturbo, non
non causa del disturbo. Beck sostiene che questa non indagabilità delle credenze
patogene sia riconducibile al loro stato di latenza. Ma tale ipotesi, oltre a non spiegare
il fenomeno della loro ricorrenza nelle fasi di ricaduta, lascia irrisolto il problema
prevenirlo.
Infine, nel modello classico di Beck la natura degli schemi patogeni è cognitivo-
proposizionale. Come abbiamo scritto altrove (Rainone e Mancini 2004), negli anni
molti studiosi hanno individuato in questo aspetto uno dei limiti fondamentali del
emotiva. Sono stati proposti quindi modelli cognitivi multilivello, in cui gli schemi
descritti da Beck costituiscono solo una parte delle strutture che compongono il
emotiva. Anche Beck ha rivisto in tale direzione le sue ipotesi, cominciando a parlare
1999).
problemi e sulle risorse del qui e ora, ma non esclude il lavoro sulla storia di
collaborativo
terapeuta, i quali formano una squadra che lavora per raggiungere gli stessi obiettivi.
trattamento e per il suo buon esito. La terapia viene organizzata secondo una struttura
particolare, che richiede, da una parte, la collaborazione attiva del terapeuta col
compiti a casa.
la registrazione dei dati. Il modello fornisce al terapeuta solo una guida che gli
suggerisce gli aspetti generali da indagare. Il contenuto specifico è quello portato dal
paziente: il suo problema è trattato sempre come caso specifico. I dati raccolti
diagnostici, tra cui la Beck Inventory Depression (Beck 1967; Beck et al. 1979).
paziente, a partire dal materiale che questi porta. Allo stesso modo, si stabiliscono gli
obiettivi della terapia, espressi quanto più possibile in maniera concreta e misurabile.
è severo, tanto più si parte dal circolo vizioso tra i sintomi e, in particolare, tra
tale scopo sono 1) il diario settimanale delle attività, per monitorare e stabilire il
graduale dei compiti. Spesso il paziente depresso presenta disabilità sociali, per cui
risultano utili già in questa fase, il training assertivo e il role-playing. Man, mano che
il livello affettivo del paziente migliora (o da subito se non è troppo grave) si inizia a
lavorare più direttamente sui pensieri automatici negativi, sulle distorsioni e sulle
Quando i sintomi acuti si sono ridotti, s’inizia a lavorare più sistematicamente sulla
dunque, lavorare sulle credenze schematiche individuate nella prima fase con
l'obiettivo di modificarle.
In questa seconda fase, viene posta maggiore enfasi sull’origine e lo sviluppo degli
schemi, sulle difficoltà interpersonali che il paziente presenta da lungo tempo, e sugli
esercizi esperenziali. Negli ultimi anni, Beck ha individuato nel protocollo cognitivo
in seduta per scatenare gli schemi e intervenire per cambiarli mentre sono attivi.
L’efficacia della TC ha ricevuto molte conferme empiriche, sia per la cura degli
episodi depressivi acuti, che per la ricorrenza. Gli studi dimostrano che i farmaci e la
TC hanno pari efficacia nel trattare i sintomi acuti della depressione (Beck et al.
1979; Murphy et al. 1984; Hollon et al. 1992; Williams 1997; Hollon e Shelton 2001;
Hollon et al. 2002). Le meta-analisi riportano una media di miglioramento nel livello
soggetti che hanno ricevuto la sola TC; e attorno al 70% per i pazienti trattati
Riguardo alla ricorrenza, i pazienti trattati con TC fino alla completa remissione
dei sintomi rispetto, hanno circa il 50% di possibilità in meno di ricadere nel disturbo
rispetto ai pazienti trattati con i farmaci (Kovacs, Rush, Beck e Hollon 1981;
Blackburn et al. 1986; Simons et al. 1986; Evans et al. 1992; Thase e Simons 1992;
Shea et al. 1992; Moore e Blackburn 1997; Fava 1994; Fava et al. 1998; Jarret et al.
due protocolli cognitivi per aumentare l'efficacia nella cura della ricorrenza
ne soffre, fanno della depressione una malattia cronica invalidante e «dal momento
che la maggior parte dei pazienti depressi farà esperienza di episodi multipli,
importante almeno quanto la sua capacità di trattare l’episodio acuto corrente» (Evans
Agli inizi degli anni ottanta partono una serie di ricerche e di studi clinici volti ad
Cosa rende vulnerabili le persone guarite dalla depressione a ricadere nel disturbo? 2)
In quel 50% dei casi in cui riesce, come fa la TC a ridurre tale vulnerabilità? Dalle
risposte di due gruppi di lavoro, uno nei paesi anglosassoni (Teasdale, Williams e
Segal 1995; Segal et al. 2002) e uno nel nostro paese (Fava et al. 1998a; Fava e Ruini
Il gruppo anglosassone parte dalle prove empiriche secondo cui, quando prova
avere un marcato cambiamento nei pattern di pensieri, con un massiccio ritorno dei
pensieri e, in generale, dei modelli mentali che hanno caratterizzato l’episodio
l'efficacia della TC nel curare la vulnerabilità alla depressione non sta solo nella
capacità di cambiare gli schemi depressogeni, ma anche nel modificare il modo che il
farmacoterapia hanno fatto guarire dall'acuzie e che hanno alle spalle almeno tre
episodi depressivi.
Alle due domande sulla ricorrenza e la TC, il gruppo di lavoro di Giovanni Fava
trova risposte diverse, ma non incompatibili con quelle del gruppo di John Teasdale.
paziente presenta alla fine della cura e, quindi, l'efficacia della TC classica nel ridurre
la ricaduta non è legato solo alla scomparsa dei sintomi, ma anche e soprattutto, alla
capacità di aumentare il benessere psicologico e la qualità di vita del paziente non più
sintomatico. Per potenziare questo risultato, alla fine della TC o della farmacoterapia
scopi di vita; 4) autonomia; 5) accettazione di sé; 6) relazioni positive con gli altri
(Ryff 1989).
risultano molto efficaci nel ridurre la vulnerabilità alla ricorrenza anche in pazienti
con storie di molteplici episodi pregressi (Fava et al. 1998a/b, 2004; Segal et al.
2002).
Conclusioni
sintomi acuti. Il protocollo d’intervento da lui sviluppato è oggi ancora valido e molto
efficace nel trattamento della fase depressiva acuta e di ricorrenza. Negli ultimi anni,
protocolli terapeutici specificatamente volti alla cura della ricorrenza (TCBM e TB).
Basandosi sui dati empirici, ricercatori, clinici e le stesse linee guida internazionali
scelta nel trattamento di molti pazienti depressi e non solo di quelli per cui la
farmacoterapia non sia possibile (Antonuccio et al. 1995; de Oliveira 1998; Hollon
V
U
L
SUBSTRATO COGNITIVO N
E
SCHEMI DEPRESSOGENI
R
Eventi scatenanti
A
• Struttura: alto grado di reciproca
correlazione, complessità, rigidità, B
impermeabilità, astrattezza, valenza, I
ampiezza. T
• Contenuto: Triade cognitiva. Á
SINTOMI DEPRESSIVI
Affettivi: umore depresso, disperazione, disforia,
senso di impotenza.
Cognitivi: demotivazione, pensieri automatici
neg., costruzione e prospettiva cognitive neg.,
distorsioni cognitive, difficoltà di concentrazione e di
memoria.
Comportamentali: passività, isolamento,
rallentamento o agitazione motoria.
Fisiologici: disturbi del sonno, dell’appetito e della
sessualità, faticabilià, astenia.
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U
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SUBSTRATO COGNITIVO N
E
SCHEMI DEPRESSOGENI
R
Eventi scatenanti
A
• Struttura: alto grado di reciproca
correlazione, complessità, rigidità, B
impermeabilità, astrattezza, valenza, I
ampiezza. T
• Contenuto: Triade cognitiva. Á
SINTOMI DEPRESSIVI
Affettivi: umore depresso, disperazione, disforia,
senso di impotenza.
Cognitivi: demotivazione, pensieri automatici
neg., costruzione e prospettiva cognitive neg.,
distorsioni cognitive, difficoltà di concentrazione e di
memoria.
Comportamentali: passività, isolamento,
rallentamento o agitazione motoria.
Fisiologici: disturbi del sonno, dell’appetito e della
sessualità, faticabilià, astenia.