Appunti Di DANIELE
Appunti Di DANIELE
Appunti Di DANIELE
I. Introduzione
- Nome: ‘Daniel’ o ‘Danel’ (che si trova in Ez 14:14-20, 28:3), viene dal verbo ‘dan’
giudicare, al participio, e ‘el’, Dio, ‘Dio è il mio Giudice’. Invece nella variante ‘Danel’,
Dan è un perfetto, quindi ‘Dio giudica/giudicherà’.
- La persona di Daniele, Dan 1, ci dice nel v. 3 che è di razza regale. Era molto giovane
(14-16 anni, yeled, ‘ragazzo’), quando fu deportato in babilonia. Ha studiato la
letteratura e la scienza babilonese, vv. 4-5, 18-19. Ha vissuto fino a 90 anni, Dan 1:2.
Qui c’è una prospezione, il libro inizia nel 606 a.C. (terzo anno di Jehoiakim, Dan 1:1)
durante il regno di Jehoiakim, ma Ciro è del 538 a.C., Dunque si calcolano 67 anni, che
ha vissuto nella corte regale, da quando fu deportato. Se lui aveva circa 14-16 anni,
dunque in totale aveva circa 80 anni. Durante il sogno di Nabu, lui era governatore di
Babilonia. La pietà e saggezza di Daniele sono confermate da Ezechiele (cfr. Ez 14:14-
20), dove si cita Daniele come paradigma di giustizia come Noè e Giobbe. Questo
conferma che la sua giustizia e saggezza divennero celebri.
- Genere letterario del libro: è una combinazione di racconti e profezie, dove quest’ultime
hanno un carattere particolare. Fa parte dei libri profetici, ma finora tutti i profeti, hanno
parlato di giustizia, mentre qui appare una profezia totalmente diversa, perché non tratta
più la giustizia. Anche i racconti nei profeti hanno una sequenza cronologica, mentre qui
ci sono ‘incidenti’ biografici, si salta da un racconto all’altro, vagando nel tempo, non
c’è una sequenza. Sembrano quasi una raccolta di esempi di fedeltà. Abbiamo dunque
un libro particolare, che chiameremo: apocalittico. Da apocalisse, un genere di
letteratura che tramite sogni, visioni, simboli, numeri, vuole dichiarare il corso ed il
senso della storia. Questa è una novità (Arnaldo Monigliano, italiano ebreo, professore a
Pisa, storico del 900, conoscitore della letteratura greca e latina). Ma qui troviamo una
continuità con i profeti, perché essi parlano in modo storico, allo stesso modo anche
Daniele. La prospettiva dei profeti è più collegata ad Israele, in Daniele invece si parlerà
delle nazioni, prende una prospettiva più vasta.
C’è stata una globalizzazione delle nazioni, ognuno seguiva il suo cammino, a volte in conflitto,
ma separati. Poi che è successo? Un po' prima di lì le nazioni hanno cominciato formare gli
imperi, ad ingrandirsi e a conquistare altre nazioni. Un esempio è l’Assiria, poi Babilonia, poi
Persia, ecc…
Quest’imperi hanno unito le nazioni in una sola famiglia, che fu fatto anche la lingua,
l’aramaico, e la cultura dominante dei persiani. Una cultura di rispetto… ma quando poi
arrivarono i greci si creò una cultura come l’Ellenismo (periodo nel quale cercavano di
nascondere la circoncisione), e con l’impero romano un’altra cultura ancora. Dunque l’esilio è
parallela all’epoca degli imperi.
Dio non ha abbandonato le nazioni, le ha sempre guidata nella loro storia, anche se non si è
rivelato in modo evidente a loro. Questo si è particolarmente visto forte nell’epoca dell’esodo.
Così come nell’esilio, in questo periodo c’erano due profeti molto importanti: Ezechiele e
Daniele. Entrambi andarono in Babilonia, Ezechiele faceva il lavoro interno fra gli esiliati,
mentre Daniele ha lavorato nella corte del Re. Anche tramite questi due, il nome di Dio ed il
suo piano per il mondo è stato proclamato anche in Babilonia. Possiamo dunque dire che
tramite l’esilio possiamo osservare un parallelismo tra i discepoli d’Israele e una unificazione
delle nazioni, da interpretare come una preparazione per il Vangelo.
i. Possiamo parlare della particolarità del libro di Daniele. In esso abbiamo un messaggio
particolare, c’è una vera prospettiva universale. Il simbolismo di Daniele 4 vuole infatti
sottolineare questo quadro universale. Abecasis sottolinea, nell’apocalittica, che Israele
prende coscienza delle nazioni, in quanto esse sono incluse nel suo orizzonte.
L’apocalittica, questo nuovo modo di parlare, è il frutto dell’incontro fra Israele e le
nazioni.
Qui possiamo parlare di una forma particolare, dove l’apocalittica (ovvero Daniele) è
una forma secolare. Non c’è più poesia da parte dei profeti, o appelli di pentimento.
L’apocalittica è dunque una prova dell’incontro di questi due mondi, c’è un’influenza
pagana molto forte, è per questo che si usa lo stesso linguaggio pagano, segni, numeri,
simboli, ecc…
Un altro esempio è l’influenza dell’esoterismo biblico, ovvero cercare i segreti
dell’universo e del futuro. Abecasis dice che l’apocalittica parla in maniera esoterica
della storia. Infatti il senso di ‘saggio’ in Daniele 2, è più un indovino, colui che scopre i
misteri, colui che cerca e capisce i misteri, non più il ‘saggio’ che intendiamo noi. In
Dan 1:17, vediamo come il profeta Daniele diventa anch’esso uno di questi ‘saggi’,
indovini. Questa forma particolare di Daniele si spiega, dice Baltdwin, nella situazione
missionaria. La forma di Daniele ci deve meravigliare per come prende questa forma in
quanto il contesto era missionaria ed il profeta adotta questo linguaggio per proclamare
il messaggio. Ecco perché anche si utilizza la lingua internazionale, l’aramaico.
Per questo Daniele è un profeta particolare, è andato a studiare nella scuola di
Nabucodonosor, studiando in accadico. E ha lavorato come consigliere a servizio del
Re, ecco la ragione degli elementi straordinari, indirizzate a coloro che sono pagani.
ii. Il messaggio di Daniele è il regno di Dio in un contesto universale. Abbiamo qui un Dio
onnisciente e onnipotente. Notiamo qui l’importanza che prende la predizione del
futuro, differente dagli altri profeti. Questa rivelazione del futuro vuole mostrarci che
Dio è la guida che conduce la storia umana, diretta ad uno scopo, il Regno di Dio. Un
messaggio che Daniele, come tutti gli altri profeti proclamano, ripete.
In questo contesto c’è anche un messaggio per Israele, che è un intervallo fra l’esilio e il
Regno di Dio. Cfr. Dan 9 L’arcangelo Gabriele dice 70 volte 7, cioè tanto tempo, deve
ancora aspettare, c’è un intervallo, che invita il profeta alla pazienza e perseveranza.
Dunque possiamo dire che Daniele conferma la promessa del Regno di Dio, come gli
altri profeti, ma da una nuova prospettiva, che è l’unificazione delle nazioni (o l’esilio).
Lucas, Goldingay o Collins, sono commentari molto buoni per fare Daniele.
i. Interesse storico-teologico: si vuole attaccare l’esilio alla storia universale
ii. L’interesse storico teologico ha uno scopo: attaccare la storia della salvezza, alla storia delle
nazioni. Dunque per dargli un contesto universale, nel quadro della scena mondiale.
Conclusione: adesso nel esilio in pararelli con gli altri profetti si attacca alla stori universale,
dunque Daniele profeta collegato alla storia del esilio e universale , uno dei mezzi per mostrare
questo in modo concreto sono le date del lbro.
Dan 2 Dan 7
Dan 3 Dan 6
Dan 4 Dan 5
Abbiamo un chiasmo. Il tema dunque della prima parte è il potere mondiale pagano ed il
suo rapporto al regno di Dio. Dunque questi racconti sono racconti teologici, riflettono
sulla relazione del potere pagano con il potere divino.
- Particolarità di Dan 7 e Dan 2: il primo è più sviluppato riguardo la storicità, ma Dan 2
ha una teologia del regno di Dio ancora più sviluppato. Entrambi son strettamente legati
quindi.
Chi ha lavorato molto su questa parte è W.H. Shea (‘Unity of Daniel’), anche Doukhan
(1987). Daniele 7 deve essere incluso anche in questa parte, perché il cap. ha una visione
a portata lunga.
Dan 8 e Dan 11 invece sono visioni parallele, perché qui abbiamo il montone ed il capro
(2+1). Seguono ambedue lo schema di 2. Ci sono qui inoltre, due preghiere: Dan 9A e
Dan 10, Shea dice che rimane Dan 9B, che sarebbe la profezia delle 70 settimane.
Struttura concentrica di Dan 9:13, dove esso è al centro di tutta la struttura semplice:
Dan 9
Dan 8 Dan 10-12A
Dan 7 Dan 12B
- Dan 9 parla del Mashia, è dunque l’unica profezia messianica.
Mentre in rapporto a tutto il libro la struttura mette al centro Dan 7
STRUTTURA TEMATICA:
Ci sono formule che scandiscono la visione, come le formule lunghe, es: ‘guardando stavo nelle visioni
della notte lunga, ed ecco…’, formula che appare nei vv. 2, 7 e 13, questa formula aiuta a distinguere le
parti principale della visione.
1. La visione (vv. 1-15)
- V. 1: introduzione narrativa
- Vv. 2-6: descrizione delle prime tre bestie, con uso della formula lunga nel v. 2.
- Vv. 7-12: si parla della 4ta bestia, il piccolo corno ed il giudizio. Qui al v. 7 appare la
formula lunga. Questa parte mette in confronto la 4ta bestia ed il piccolo corno con il
giudizio.
- Vv. 13-14: il figlio dell’uomo ed il regno eterno di Dio, qui si appare la formula lunga
nel v. 13. Essa sottolinea questa seconda parte.
- Vv. 15: conclusione, con ripresa del racconto.
Notiamo che c’è un’inclusione tra il v. 1 ed il v. 15.
2. Interpretazione (vv. 16-28)
- Vv. 16-18: interpretazione generale
- Vv. 17-22: richiesta di interpretazione più in dettaglio, tale richiesta è ai vv. 19-20, dove
appare una descrizione più in dettaglio della visione, questo ai vv. 21-22.
- Vv. 23-27: interpretazione finale dell’angelo, questo prima sulla 4ta bestia (v. 23), sul
piccolo corno (vv. 24-25) e poi sul giudizio ed il regno di Dio (vv. 26-27).
- V. 28: conclusione
È un’interpretazione in crescendo, ai vv. 25-27 abbiamo infatti il culmine della visione.
Interpretazione profetica:
- Identità dei 4 regni: primo regno è Babilonia, secondo Medo-Persia, terzo Grecia, quarto
Roma.
MESSAGGIO TEOLOGICO del cap.
1. Livello terrestre
- Il mare e la bestia, che sono simboli primordiali, questa è una mitologia pagana antica,
perché il mare è un simbolo di caos. Il simbolo del 4 rappresenta la totalità, la
completezza, universalità, in quanto rappresenta i 4 venti di tutta la terra. Cosa vuol dire
‘bestia’? Simbolo di forza bruta e arbitraria, con le 4 bestie si vuole descrivere tutto il
potere mondiale dei 4 regni ed imperi della storia.
Prima del libro di Daniele si parlava già del dragone del mare come simbolo negativo, Is
27:1, Is 51:7-10. Non c’è dunque un dragone solo, bensì 4. Infatti il dragone più brutto è
la 4rta.
Senso: visione realista della storia umana, dove le lotte diventano gigantesche. (W.
Luthi è uno dei migliori commentatori di questo capitolo)
L’essenza di questa immagine è l’applicazione della mitologia alla scoperta e alla
descrizione della storia. Il linguaggio usato è un linguaggio pagano, ma saggiamente lo
usa per entrare meglio in rapporto con la storia mondiale.
Il culmine di questo capitolo è con il potere pagano, ovvero il piccolo corno. Malgrado
l’importanza di questo corno, vediamo come essa non arriva ad essere una 5ta bestia,
bensì rimane ambiguo, rimane attaccato alla 4rta bestia. La sua ambiguità nella
descrizione deriva dalla combinazione del corno ed elementi umani (bocca, poteva
parlare). Il senso è quello di una combinazione tra potere politico e potere religioso. Alla
forza arbitraria si aggiunge la religione… è una cosa terribile (come l’Islam oggi, fanno
terrorismo in nome di Allah, in nome di un Dio, di una religione). La storia caotica
umana avrà il suo culmine nella sfida di Dio stesso, culminerà in un attacco a Dio stesso,
una forza arbitraria che attaccherà i figli di Cristo, un culmine che porterà e che sta già
portando ad un combattimento religioso.
La politica dovrebbe essere sottomessa alla religione, ai principi di Dio, (nel senso che
la religione deve guidare la politica, non comandare sulla politica) entrambi, potere
politico e potere religioso.
In tutto il capitolo c’è un passivo divino (vv. 4-6), malgrado tutto Dio è comunque
presente, in controllo della situazione, della storia.
2. Livello celeste
- L’’anziano dei giorni’, c’è il ‘trono’, letteralmente ‘troni’ (con più enfasi). Il trono fa
riferimento alla regalità. Dunque il potere qui c’è l’ha Dio, che è l’anziano. V. 10, con
tutte le miriadi di angeli intorno a lui.
Il trono era fatto di ‘fuoco’, simbolo di giudizio. E qui abbiamo dunque la grande verità,
Dio è anche giudice.
Un altro simbolo è l’anziano’, che significa esperienza e saggezza, chi ha i ‘capelli
bianchi’ indossano una corona. I ‘vestiti bianchi’ rappresentano invece la purezza.
Un Dio vestito di bianco, vestito di bianco, su di un trono di fuoco… è questa
l’immagine di questo capitolo… lui è colui che giudica le bestie, con saggezza e con
autorità.
Impressione: l’apparizione di Dio, tutto bianco e circondato di fuoco, per giudicare le
bestie. C’è una fede nella provvidenza ed il governo del mondo di Dio. È un «elemento
utopico e apocalittico», dice Alter.
Nella Bibbia il giudizio ha un senso positivo, nella modernità. Il giudizio nella Bibbia
avviene attraverso la liberazione dell’oppresso e dell’ingiustizia (Sal 7, 9, 94). Dan 7:21-
22 giustizia fu data in favore dei santi. Jack Duckanne dice che l visione del giudizio
deve essere ricevuta come una buona notizia, nel senso che il male è confrontato ed
eliminato. Il male viene smascherato tramite il giudizio.
Perplessità con Dan 7: provvidenza divina, perché Dio lascia spazio alle bestie? Perché
invece non interviene?
- V. 25 dice che i santi sono consegnati al piccolo corno per essere perseguitati: ‘Tempo,
due tempi e mezzo tempo… che significa questo? Non si sa perché Dio lascia fare
questo, lui lascia uno spazio al male poco prima del giudizio definitivo, chiamata ‘la
penultima ora’.
3. Il regno di Dio
- Il figlio dell’uomo
Qui notiamo un simbolismo dell’uomo, è l’uomo il simbolo umano del controllo della
storia. In questo senso vediamo che il figlio dell’uomo viene nelle nuvole del cielo. Qui
abbiamo una visione umanistica della storia, questo lo dice Heaton.
Daniele 9
Note alla traduzione:
- V. 21: “… mandato con rapido volo, si avvicinò a me…”
Qui troviamo l’espressione בִּי ָ֔עף מֻ ָ ֣עף, ha due sensi possibili, dalla radice yuf, volare.
Letteralmente quindi ‘volare con volo’. La seconda opzione è yaaf, essere stanco, nella
traduzione sarebbe ‘molto stanco’, dunque ha più senso questo, per il contesto e per la
radice. Questo lo dice Kail.
- V. 23: ‘…perché tu sei molto amato”
Nell’ebraico c’è una espressione incompiuta (ֲמּודֹות ֖ )ח, si può completare con Dan 10:11,
19, qui sta ‘uomo di desideri’ ish hamudot, o ‘uomo molto desiderato/amato’
- V. 23b: “Fa dunque attenzione al messaggio e comprendi la visione”
Qui il verbo בִי ֙ן, al qal e all’hifil in parallelo con le due frasi in questa parte (23b).
‘parola/visione’: si riferiscono alla stessa cosa (alla comunicazione dell’angelo)
- V. 24: “Settanta settimane sono state fissate riguardo al popolo…”
‘settimane’ viene associato con
ָׁ , normalmente sarebbe shabuot, al femminile. Anche in Dan 10:2-
ש ֻב ִ֨עים
3, abbiamo la stessa espressione con l’aggiunta di giorni (yamim). Nel
secondo specifica ‘settimane di giorni’, mentre nel 9:24 non si definisce,
quindi si suppone si tratti di ‘settimane di anni’. La scelta di shabuim è
una caratteristica dello stile di Dan.
- V. 25: non si può tradurre ‘un principe unto’, perché è ‘il messia
principe’.
Nel 25 si da la venuta del messia in 7 settimane, nel 26 dopo 62
settimane. Noi nel v. 25 dobbiamo leggere 7 settimane e 62 settimane. Il
Messia dunque viene dopo 69 settimane. Mentre nel v. 26 dice che il
messia sarà tagliato fuori dopo le 62 settimane.
La NR, la ND e la D, uniscono i due periodi che sono 7 e 62 settimane.
Mentre la CEI e la NR (di un anno sconosciuto) mettono un punto e
virgola, dunque bloccano.
- V. 26: ‘…fino alla fine della guerra’, si tratta di una frase nominale o
allo stato costrutto? Ci sono due possibilità di traduzione, o ‘fino alla
fine della guerra’ o ‘fino alla fine sarà guerra’. La NR, la ND e la D,
leggono ‘fino alla fine della guerra. Mentre la CEI e la Bibbia
concordata traducono ‘fino alla fine, guerra’.
- V. 27: qui non si dice ‘fare un’alleanza’, perché sarebbe karat berit,
invece si dice ‘confermare un’alleanza. (8:25, 11:33 o 23).
Hazi, espirme di più un periodo, durante. Ma a volte può sugnificare
anche ‘nel mezzo’, ‘in un punto’ della settimana. Ovvero di un periodo
all’interno di un altro periodo.
L’ultima frase ha un problema, c’è un ‘vav’ all’inizio che non permette
di tradurre bene. Dubbio sull’ultima parola shomem, mentre è
meshomem nella prima parte. Seguendo Kail è tradurre questa parte con
una frase relativa, ‘fino alla distruzione, è quello che è decretato, che
sarà versato sul desolatore’.
Un altro problema, come si deve tradurre shomem? Qui potrebbe avere
In Dan 9 c’è un cambio di forma di rivelazione, nel 7 c’è un sogno, qui invece c’è la
lettura e la riflessione dei libri. Il contesto ed il contenuto è l’esilio, infatti Daniele
prega nella prima parte per coloro che sono in esilio.
I vv. 1-2, introduzione narrativa, abbiamo la data e nel 2 il contesto della preghiera e
della profezia di Geremia, dei 70 anni sulla città.
vv. 3-19, preghiera di Daniele, Divisa in:
v.3, introduzione alla preghiera, piccolo romano.
v.4, 2 piccolo romani, invocazione al Dio dell’alleanza
vv.5-14, 3 piccolo romani, prima parte della preghiera, facile da vedere perché nel v.
15 c’è veattah. Divisa in:
a. Vv. 5-10, confessione di peccati, con 4 verbi al perfetto nel v. 5. Nei vv. 7-10 si
riconosce la giustizia divina, lui è giusto, siamo noi ad aver sbagliato. Infatti ai
vv. 7 e 8 si ripete ‘vergogna nella nostra faccia’.
b. Vv. 11-14, punizione divina, qui c’è sempre un imperfetto consecutivo che
introduce i singoli versetti.
vv. 15-19, 4 piccolo romani, che inizia con attah, con una richiesta. La preghiera è
divisa in due parti, vv. 15-16 e 17-19. Qui si fa la richiesta (v. 16) di togliere la furia
dalla città di Gerusalemme.
In questi vv. c’è un’allusione all’esilio, questo è il contesto storico della preghiera (al
v. 17) e della profezia che seguirà. Qui si parla del santuario desolato come un simbolo
della desolazione d’Israele, che fa allusione all’esilio. Vv. 17-19 c’è una triplice
ripetizione, c’è una preghiera con diversi imperativi. Nel v. 17 ci sono 2 imperativi, e
nel v. 18, 4 imperativi, 2 in riferimento all’ascoltare e due in riferimento al vedere. La
preghiera non è uno scherzo, che è utile, essa non è una riflessione o meditazione. Allo
stesso modo al v. 19, altri 4 imperativi. Collins dice che la prima parte del capitolo
sottolinea la storia d’Israele, Dan 9A. Mentre gli altri capitoli (7,8,11) di cosa parlano?
Della storia mondiale, Grecia, Medio-Persia ecc, questo capitolo (9) invece parla
d’Israele, è dunque molto particolare. Collins ne vede qui un conflitto teologico fra
Dan 9 e 7-8, che non parlano del particolare, d’Israele, ma degli imperi del mondo
intero.
Vediamo una crisi della relazione tra Dioi ed Israele che è in crisi.
vv. 20-27 portano la profezia delle 70 settimane (risposta divina ala preghiera)
- Vv. 20-21, quadro narrativo della preghiera
- Vv. 22-27 risposta divina dell’angelo Gabriele.
vv. 20-21, riprende i vv. 1-2, nel v. 20 ci sono 4 participi che sottolinenao
tutto ciò che stava facendo mentre arrivava l’angelo, mentre i due ultimi
participi hanno complementi e dicono cosa stava facendo Dan, ovvero
supplicava «per la montagna Santa», simbolo del Tempio, dunque si
riferiva ad esso, che era il centro dell’alleanza.
vv. 22-27 si dividono in due,
- vv. 22-23 introduzione
- vv. 24-37 profezia delle 70 settimane
vv. 22-23, si sottolinea il verbo ‘comprendere’ ()בֶן, che significaa
intelligenza e comprenione. Esso fa da inclusione in questi vv. 22-23, si
trova all’inizio al qal e alla fine con l’hifil.
Nel v. 23B si sottolinea con due imperativi all’hifil, i complimenti di questi
due verbi sono paralleli. Dabar si riferisce al contenuto, marè si riferisce
alla forma (una visione).
vv. 24-27, profezia fortemente messianica, perchè? Vv. 35-36, si trova
spesso la parola Messia. La profezia ha una struttura.
- V. 24, fa un riassunto della profezia, appaiono le 70 settimane
- V. 25-27, sviluppo in dettaglio della profezia, qui si dividono le 70
settimane in dettaglio.
Nel 24, come leggere le settimane? Le si pensa di leggere in anni, perché
parte dai 70 anni di Geremia. C’è dunque una moltiplicazione apocalittica
delle settimane. In questo v. si usano alcune preposizioni ‘sul’ (al) e poi
cambia in ‘per’, sottolineando lo scopo, che è la profezia. I verbi usati, 6
infiniti, infatti sottolineano questo, che Dio ha determinato in modo preciso
l’opera che lui vuole adoperare. I 6 infiniti sono organizzato in due serie di
verbi. I 1mi 3 parlano della ribellione ed iniquità, mentre gli ultimi 3
parlano in modo positivo di ciò che succede dopo l’eliminazione del
peccato. C’è una corrispondenza tra queste due serie di 3. Una cosa è certa
il 2ndo verbo di ogni serie usa il verbo attam, sigillare. Andiamo in
dettaglio di ogni singolo verbo:
1. Kalà, Parla della limitazione, della ribllione
2. Attam, sigillare il peccato. Il plurale si usa per indicare le diverse
dimostrazioni della trasgressione. Il senso del verbo sigillare, parallelo a
restringere, limitare (kalà), è che non si elimina il peccato, ma di una
limitazione.
3. Kafar, parla dell’espiazione del peccato, esso è il culmine della prima
serie. Esso spiega come si realizzano i primi due, come si limita e come
si sigilla il peccato, ovvero tramite l’espiazione.
C’è l’opera messianica dell’espiazione del peccato, ci parla di una
limitazione, non dell’eliminazione. Si parla di questa perhè con le 70
settimane in realtà si sta iniziando, dunque si limita, dopo, alla fine sarà
l’eliminazione.
4. Zedek olamim, parla della giustizia eterna, il plurale sottolinea il
concetto di eternità. E la giustizia eterna è il regno di Dio, ovvero che
porterà una nuova dimensione.
5. attam, sigillamento della visione ed il profeta. L’espressione conferma
l’adempimento di ogni profezia. La visione ed il profeta adempiono
l’opera del Messia, entrambi hanno un’aria escatologica, si fa dunque
allusione al regno di Dio.
6. Qodesh qodashim, letteralmente ‘santo santissimo’, riferendosi
all’unzione del santuario. Si fa riferimento all’unzione del nuovo
santuario, un’inaugurazione. Questa dell’unzione è l’immagine culmine
del v.
Questa seconda serie parla di inaugurazione di un tempio celeste, solo
che l’ultimo verbo parla appunto di una inaugurazione. I 6 verbi infiniti
parlano dell’inizio dell’opera messianica. I primi 3 della limitazione ed
il 6sto infinito dell’opera messianica, mentre il 4to e 5to dell’opera di
Dio.
Nel contesto della profezia di Dan c’è una risposta negativa. Cioè? La profezia gli da
una risposta negativa, cioè che non sono 70 anni, ma 70 settimane moltiplicate per 7,
che alla fine vanno verso la meta, l’eliminazione del peccato. Si parla dell’arrivo del
regno di Dio, di un nuovo ordine.
vv. 25-27, essi sviluppano il v. 24. Nel 25 c’è un’introduzione paratestuale, ovvero che
non è il contenuto, ma qualcosa che indica il contenuto. I vv. 25-27 dividono le 70
settimane in unità minori, per esempio, il v 25 descrive gli avvenimenti delle prime 7
settimane, poi il v. 26 si occupa delle 62 settimane successive, di quello che
arriverebbe dopo queste 62 settimane. Si sottolineano queste indicazioni temporali che
indicano i periodi all’estremo, in particolar modo gli avvenimenti dell’ultima
settimana.
La profezia si concentra dunque dopo le 7 settimane o dopo le 62, dunque dopo 69?
Ovviamente dopo le 69.
L’INTERPRETAZIONE PROFETICA
Ford e Duckan (ottimi commentari di questo capitolo)
I 3 piccoli Romani:
1. 1mo piccolo Romani, interpretazione storica-critica L’interpretazione di Dan 9
non è una profezia, è più una storia ex-eventu (cioè dopo l’avvenimento).
L’ultima settimana cade negli anni 164 d.C., nell’epoca di Antioco. Accettano
che siano settimane contate invece in anni. I critici non arrivano all’idea di
profezia o escatologia.
2. 2do piccolo Romani, con questo approccio le settimane non sono letterali, ma
simbolica. La profezia descrive un periodo che va dall’epoca del profeta al
regno di Dio, diviso simbolicamente in 3 piccoli periodi:
a. Periodo delle 7 settimane, da Ciro fino all’epoca di Gesù,
b. Periodo delle 62settimane, servono a restaurare Gerusalemme
c. L’ultima settimana inizia con la morte del Messia, una morte spirituale in
realtà, dove arriva l’anticristo che domina fino alla fine dei tempi.
3. 3zo piccolo Romani, approccio dove la profezia è una vera profezia. Le
settimane sono dunque anni letterali e non simbolici. Si segue il più possibile il
senso naturale. Mt 24, Gesù, 2 Tes 2 con Paolo, entrambi usano un linguaggio
danielico per parlare del futuro e dell’anticristo. Addirittura in Mt si menziona
Daniele per nome. Applica la profezia di Daniele all’attacco all’anticristo degli
ultimi tempi.
L’anno della preghiera, è l’anno della profezia di Daniele 2 e 7. C’è un gioco con il
numero 70 (settimane), essa in realtà è un potenziamento numerico, ma anche
tematico, in pari con la profezia dei 70 anni di Geremia (durante l’esilio). Si pensa sia
come il giubileo dove si calcola 7x7, per sottolinearne un potenziamento. C’è dunque
un simbolismo col numero 7? Dunque si pensa che tali 70 settimane parlano di un
giubileo nell’intero mondo. La profezia indica che essa non è ambientata nel vuoto ma
accompagna la ricostruzione di Gerusalemme ed il destino del mondo.
La profezia è messianica, (v.24) cioè che la risposta che Dio da a Daniele è che le
benedizioni che Daniele cercava per il suo popolo arriveranno, ma saranno all’interno
di un’opera messianica. La salvezza che Daniele cerca, diventa nella risposta
dell’angelo, un’ombra della salvezza e della redenzione, più grande, si allarga a tutto il
mondo.
In Dan 9:21, c’è un collegamento evidente a Dan 8, riguardo la visione ‘di prima’, con
l’angelo Gabriele. C’è anche un collegamento tematico, in Dan 9:24 si parla del
santuario, mentre in Dan 8:11-14 della rivendicazione del santuario, si continua il
discorso della santificazione, aspersione. Tale santuario è collegata al Messia e alla sua
opera.
Dal punto di vista tematico dunque Dan 8 e 9 sono complementari, Dan 9 parla
dell’inizio del servizio nel santuario, invece Dan 8 parla della conclusione del servizio
nel santuario, con lo Yom Kippur universale. I 6 infiniti del v. 24, dunque parlano
dell’inizio dell’opera messianica, della croce, della resurrezione, dell’ascensione. Ma
questo inizio che il messia fa, lo fa nel contesto di un adempimento totale del piano di
Dio, questo si vede nel 4to e 5to infinito. La profezia di Dn 9 è l’inizio
dell’escatologia, c’è una ‘guerra fino alla fine’ è un primo passo verso la fine. C’è un
evidente clima apocalittico.
Mc 1:14-15, c’è un linguaggio profetico. ‘il tempo è compiuto’ è arrivato il tempo della
fine. Atti 2:14-17, qui nel v.17 si profetizza ciò che sarebbe successo dopo, ovvero
dopo la morte di Gesù e la venuta dello spirito santo. Essi erano dei segni dell’inizio
che portavano alla fine.
La profezia delle 70 settimana ha chiari elementi escatologici ed apocalittici, il
devastatore, le cose decretate e le cose consumate ecc... Dan 9 fa allusione alla lotta
apocalittica che accompagna l’arrivo del Regno di Dio che incomincia con la morte del
Messia. Possiamo dire che dal punto di vista cronologico e del contesto, la profezia
delle 70 settimane da inizio ai 2300 anni che incominciano nel 457 a.C. Duckan
sottolinea, riguardo questa data 1844, che il pensiero ebraico, la Bibbia, mette Dio
nella storia e nel tempo. La verità biblica non è nell’ordine filosofico, ma soprattutto
storica. Un evento evidente, riconosciuto nella storia, fu proprio l’esiliazione da parte
del re Ciro di tutti gli ebrei. La Bibbia non si fa problemi nel sottolineare date ed eventi
storici.
La profezia delle 70 settimane annuncia il vangelo, l’opera del Messia Gesù, che espia
il peccato e porta il regno di Dio.
Il sacrificio di Gesù è la base di tutto, perché si collega alla cancellazione del peccato.
Il rituale del satuario prevede dunque nel giorno dell’espiazione l’eliminazione del
peccato, che ha una prospettiva escatologica di cui ci parlano il 4to e 5to infinito.
L’opera del Messia si realizza nella storia, ecco perché la profezia parla di anni e date
precise. Sottolinea che tale opera è dentro la storia, si parla della ricostruzione di
Gerusalemme, quindi fatti reali. Dio ha scelto questo periodo per espiare il peccato e
portare la giustizia eterna. Dio guida la storia del suo popolo, Dio ha un piano
(prendere meglio gli appunto di questa parte)
DANIELE 8
Note alla traduzione:
v.5 - «Ecco venire dall’occidente un capro…» NR tradution, letteralmente in ebraico
sarebbe ‘capro delle capre’, ְצפִירè un termine molto raro, poco utilizzato,
probabilmente dall’aramaico. Per far comprendere questo termine hanno aggiunto
֙הָ ֽ ִעזִּים.
v.5b - «Questo capro aveva un grosso corno», חָז֖ ּות ֶ ֥ק ֶרן, letteralmente ‘corno notabile’,
nel senso che spicca, che si nota.
v.8 - «al suo posto spuntarono quattro grandi corna», letteralmente dice ‘spuntarono,
salirono, quattro notabili ( ) ָח ֤זּותal suo posto. Dunque non c’è il termine ‘corna’
v.9 - «da uno di essi uscì un piccolo corno», letteralmente dice ‘un corno di
piccolezza’, vuole probabilmente indicare le origini di questo corno, che era
piccolissimo all’inizio.
v.9b - «s’ingrandirono molto il sud, verso l’oriente e del paese splendido»,
letteralmente dice ‘verso lo splendore/bellezza’. È un’ellissi, qualcosa che manca, che
può essere completata con Dam 11:16-41, dove appare ‘terra di splendore’.
v.11 - «gli tolse il sacrificio quotidiano», c’è un primo punto discusso, senso di ּומִ ֶּ֙מּנ ּ֙ו,
sarebbe ‘da lui’. L’alternativa sarebbe ‘tramite lui’, o ‘d lui’. Mi, potrebbe avere un
senso causativo ‘tramite lui’, ma sarebbe meglio da prendere ‘da lui’, come fa la NR e
la ND. Differenze: con voce attiva Lui tolse, sollevò, questo è il ketiv, o con voce
passiva fu tolto, fu sollevato, questo è il qere. הּורם
֣ ַ , dovrebbe essere scritto senza la i
lunga, infatti è in hofal, non hifil dove sarebbe herim. I critici suggeriscono il ketiv, il
quale ha la lettura più naturale, mentre i massoreti preferivano usare il ketiv, con herim.
Cfr la ND.
Tamid, letteralmente significa ‘continuo’, mentre lo hanno tradotto con sacrificio.
Questo perché nel santuario c’erano molte cose contune, il candelabro, il pane, il fuoco
nell’altare dell’olocausto, tutte queste cose dovevano essere tamid, cioè continue.
Quindi quando si parla di tamid, si parla di tutto il servizio completo del santuario
v.11b - «e sconvolse il luogo del suo santuario»
v.12 - «un esercito fu abbandonato, così pure il sacrificio quotidiano, a causa
dell’iniquità», al è interpretato con ‘su’, ‘anche’ il tamid, ovvero il sacrificio continuo.
I punti di discussione qui con diversi:
1. a chi si riferisce ‘esercito’? (positivo) al popolo dei santi, o (negativo) all’esercito
invasore. ְוצָבָ ֛א, può essere che sta parlando dell’esercito del principe, dunque il popolo
dei santi, mentre altri pensano che zaba’, si riferisca all’esercito del corno. Per capirlo
bisogna capire il contesto, infatti nel v. 11 si parla di esercito, che è quello del principe.
Dunque si suppone sia ancora quello. Se si sceglie il senso positivo al, ha senso di ‘su’,
mentre se si sceglie il senso negativo di esercito, al, avrà senso di ‘contro’.
2. senso della preposizione ְּב: significa ‘in’, ma in altri casi può significare ‘a causa’,
cfr Kyle e la NR e ND. Si deve pensare di quale trasgressione ( ) ָ ֑פשַׁ עsi sta parlando qui.
Si parla dunque dell’iniquità del popolo dei santi, ovvio che la traduzione è allora ‘a
causa’.
v.12b - «ma esso prosperò nelle sue imprese», nell’ebraico invece si usano due verbi,
quindi sarebbe meglio dare il senso letterale.
v.13 - «fino a quando durerà la visione del sacrificio», nell’ebraico חָז֤ ֹוןè allo stato
assoluto, nella grammatica un sostantivo in stato costrutto/assoluto non ha bisogno di
avere l’articolo. Invece qui c’è, dunque si traduce ‘fino a quando la visione’, non ‘la
visione del continuo/sacrificio’. La prima traduzione è quella corretta, poi si fa l’elenco
delle cose come il sacrificio, la trasgressione. Vanno contro la NR e la ND, meglio la
CEI.
v.14A - «fino a 2300 sere e mattine…». Nell’ebraico dice ‘sera’, ‘mattino’, che
rappresentano i 2300. Non viene detto giorni, ma si intende ‘giorni’.
v.14B - «Poi il santuario sarà purificato», qui il senso del verbo ְונִצ ַּ ְ֖דק, è discusso,
significa letteralmente ‘essere giusto, corretto’. Dunque la traduzione letterale del
versetto è «Il santuario sarà rivendicato/giustificato».
La migliore versione è la CEI (sarà rivendicato), o la NV (sarà fatta giustiia), e la LDI.
v.19 - «…che avverrà nell’ultimo tempo dell’idignazione», ַאח ִ ֲ֣רית, traduce letteralmente
‘l’ultima parte’, ovvero la parte finale di un periodo
v.19b «…la visione riguarda il tempo della fine», lett ‘il tempo fissato’, מֹוע֥ד
ֵ .
vv.1-2 – introduzione storica, qui abbiamo al v.1 la data della visione, in più si rimanda
al capitolo precedente, in quanto si parla della visione mostrata al cap 7. Qui c’è la
triplice presenza di ani, che sottolinea la missione. Per quanto riguarda lo spazio,
mostra il grande impero persiano. La prospettiva temporale e spaziale si riduce in Dan
8, perché la profezia focalizza il periodo greco. Non ci sono piu 4 regni, ma due regni,
cambia anche il tipo di simbologia. Addirittura sono adesso animali domestici,
collegati al servizio sacerdotale. La simbologia che si utilizza è quella del santuario. Si
cambia la prospettiva e anche la lingua, da qui incomincia l’ebraico, non più
l’aramaico.
vv.3-14, la visione. Qui abbiamo 4 parti:
- vv.3-4 il montone
- vv.5-8 il capro
- vv. 9-12 il piccolo corno
- vv. 13-14 il dialogo angelico, fra gli angeli
a. vv. 3-4, il 3 descrive l’apparenza del montone, in piedi davanti al canale e
aveva due corna. La descrizione focalizza sulla descrizione delle corna. Il v.4
descrive l’attività del montone, cozzava a ovest, verso il nord, il Neghev (sud),
considerando la prospettiva della Palestina (il Neghev si trova proprio li).
Dunque lui veniva dall’est. Ci sono du formule di introduzione piu lunga
all’inizio del v.3 e più corta al v.4
b. vv. 5-8, che possiamo dividere in v.5, con l’arrivo del capro ‘capro dei capri’,
che veniva da occidente senza toccare terra, in modo veloce. La descrizione del
capro si concentra di nuovo in un solo punto, sul corno.
Nei vv. 6-7 si descrive il confronto fra il capro ed il montone. Il v. 6 ricorda la
presenza nella scena del montone. Il v. 7 descrive l’attacco del capro al
montone, abbiamo qui 5 imperfetti consecutivi che ne descrivono tale attacco.
Il primo sottolinea la causa dell’inizio, era ‘arrabbiato’, poi gli altri sottolineano
le varie azioni con intercalari che evidenziano la fragilità.
V.8 completa la descrizione, cominciando con una frase invertita. L’inversione
verbale non descrive l’inizio di una nuova arte, ma chiude la descrizione del
capro. Il v. ritorna a parlare del corno del capro, dove nel momento più grande
della sua forza egli si spezza. Qui non si dice il termine corna, ma solo azut, che
significa ‘cospicuo’, ma è ovvio che si parla delle corna, in quanto già nel v.
prima si ritrova questa parola associata a corna.
c. vv. 9-, esso descrive l’apparizione del corno, che esce da uno di loro, uno al
femminile, loro al maschile. C’è un’incongruenza di genere. Dunque il piccolo corno
non esce da uno delle corna, ma da uno dei venti, perche ‘vento’ è al femminile e
‘cielo’ al maschile. Confermato da Sheil… ma non accettato. In quanto si condivide
che esca da una delle corna, perché il verbo è al maschile, mentre corna al femminile,
quindi anche qui ci sarebbe un’incongruenza. Quindi le incongruenze grammaticali
non sono solo li, ma in altre. Dunque in modo generale anche se c’è la forma
femminile, l’ebraico può usare il maschile come forma generale che include anche il
femminile. Dal punto di vista grammaticale è debole la giustificazione di dire che il
corno provenga dai uno dei venti, dunque essendo che i venti non giocano nessun ruolo
dal punto di vista del contesto, si afferma che il corno viene da uno delle corna.
Il corno era piccolo, sottolineando l’orgine molto piccola del corno ‘piccolezza’, come
si definisce nell’ebraico. Qui si da una presentazione al corno, e fino al v.12 si descrive
la grande crescita del piccolo corno, evidenziato dall’uso del verbo gadal, diventare
grande. 3 volte si usa tale verbo, al v. 9, 10 e 11, rispettivamente al qal e all’11 all’hifil.
Si usa la preposizione ad, al v. 10 e 11, «s’ingrandì ‘fino a’…», tale crescita è descritta
come graduazione. Il v 9 descrive la crescita per primo a livello orizzontale, dunque
spaziale, verso il sud, est, e verso il paese splendido. dunque ovvio che venga
dall’ovest. Il v. 10 descrive l’espansione del corno invece in senso verticale, arriva fino
all’esercito del cielo. ‘esercito’ e ‘stelle’ indicano lo stesso soggetto. Il vav in mezzo
non è un ‘e’, ma un ‘cioè’, dunque una spiegazione.
Dal v. 11-12 si descrive l’ultima tappa della sua espansione, «»s’ingrandì fino al capo
dell’esercito, gli tolse il sacrificio quotidiano ecc…». Nell’ebraico si traduce ‘principe’
non capo. Mentre il termine tamid, descrive tutto il servizio del santuario, dunque si
intende sacrificio continuo. Nei testi del santuario però sappiamo che tutte le cose che
erano all’interno del santuario erano tamid, il pane, il candelabro, l’incenso, sono
descritti tutti come tamid. Il v. 12 precisa che l’esercito del cielo con il continuo sono
presi, ed utilizzati a causa del peccato. Nell’ebraico c’è il verbo natan, ‘fu consegnato’,
all’hifil. In funzione del peccato, esso è la causa della caduta dell’esercito.
In questi vv, nel v. 11A si trova il titolo di tale parte, ovvero ‘attacco al principe
dell’esercito’. Mentre 11B aggiunge un’immagine di ciò. Nei vv.11-12 si sottolinea un
culmine, dove le prime due frasi sono invertite, l’ultima no, il verbo viene al secondo
posto. La stessa cosa succede nel v. 12. Queste frasi invertite, sottolineano gli elementi
e rallentano il tempo narrativo, il tipo di verbo rallenta il tempo. Si usa un perfetto
consecutivo, per evidenziare la conclusione.
Nel v. 12 abbiamo tinaten, che è un imperfetto nifal. Così come anche ‘fu gettato’ è un
imperfetto consecutivi. Che senso ha questo cambio all’imperfetto? Esso cambia la
prospettiva della descrizione, si commenta, si descrive come si prolunga l’azione nel
tempo. Sono dunque imperfetti interattivi, nel senso che sottolinea un’azione che si
ripete e continua dì nel tempo. Si sottolinea lo scandalo di ciò che succede. Il v. 12
conclude con due perfetti consecutivi che si definiscono conclusivi, perché riassumono
ciò che fa.
d. vv. 13-14, l’audizione. Qui il profeta smette di vedere, ma ode, cambia il
livello di percezione. L’audizione interrompe la visione, è una specie di
interludio che sottolinea la parte precedente, ovvero la descrizione del
piccolo corno. C’è un semplice cambio di livello, non di scena. La
prospettiva è celeste.
Questa parte si divide in 2, 13 la domanda e 14 la risposta. Nel v. 13 si
riassume tutta la parte precedente, dal punto di vista del santuario, in quanto
vengono riprese diverse parole, tamid, pesha ecc. La domanda presenta
l’azione del piccolo corno come un attacco. Si cambia migdash ‘santuario’,
in kodesh, ma si riferisce comunque al santuario.
La risposta invece al v.14, riprende il ‘fino a quando’, sottolineando 2300
sere e mattine. Queste due parole sono entrambe al singolare e non hanno il
vav in mezzo, sembrano riprendere Gn 11. Questi vv. sono un dialogo
angelico che commenta e focalizza la descrizione dell’azione del piccolo
corno. Questo dialogo introduce un cambio di prospettiva, non è piu il
piccolo corno il punto centrale, ma il santuario. Piu nel preciso, la durata
della desolazione del santuario. L’audizione sottolinea ciò, ma on si parla
del giudizio del piccolo corno, c’è un’atmosfera tetra, oscuro. Non si parla
della descrizione del piccolo corno, solo al v.25. Ma non si vede niente
della venuta del regno di Dio. Questo capitolo descrive il dramma, la
sofferenza del popolo di Dio.
c. Vv. 15-27 – interpretazione della visione, dal v. 15 al 18 l’angelo che interpreta
la visione. Qui in questi vv. il testo lascia la descrizione e ritorna alla narrazione
del racconto. Ani dimostra che sta iniziando un nuovo paragrafo. Nel v. 16 c’è
una specie di commissione divina, chiesta all’angelo Gabriele.
Questa commissione ci evidenzia lo scopo escatologico della visione. Vv. 15-
18 interludio con dialogo tra l’angelo e Daniele. Vv. 19-26, è un’interpretazione
parziale, perché l’angelo non chiarisce tutti gli elementi della visione, ne
descrive solo alcuni. V. 19 è un’introduzione a questa parte, in cui l’angelo
interprete dice che la visione interpreta il tempo fissato della fine del tempo. V.
20 parla del montone che rappresenta la Media, il capro invece il regno della
Grecia, il grande corno invece è il primo re. L’angelo qui menziona regni
conosciuti in tutto il mondo. Alcuni dicono che la profezia sia simbolica, che
non si applica mai ad elementi politici, ma invece lo è. La bibbia entra nella
storia, non rimane in modo generale. Vv. 23-25 si concentrano sul piccolo
corno, qui ci sono diversi enigma, uno è il corno, l’altro è il re che rimane senza
scrupoli, ma non si spiega più nient’altro. Qui il piccolo corno appare come un
re di faccia tosta, c’è una doppia descrizione, tosto, ma audace. V. 24 sviluppa
le capacità del suo potere, sviluppa quella caratteristica di faccia tosta. Il suo
potere cresce in forza, ma non per la sua forza. Ciò che aiuta la crescita è un
elemento correlativo, ovvero per la sua astuzia, non la forza. Dice nel v.
distrugge miflaot, prodigiosamente. Nel popolo dei santi. V. 25, si concentra
nella seconda caratteristica, nella sua astuzia, non più sulla forza come nei vv.
prima.
v.26 L’angelo finisce la sua frase sulla veridicità della visione dei 2300 giorni,
specificandone il limite che ha messo dell’attività del piccolo corno, si collega
quindi ai vv. 13-14. L’angelo finisce dicendo di conservare il segreto perché ha
a che fare coi tempi della fine. Nel v. 27 Daniele ha la reazione a tale
interpretazione/ rivelazione, il profeta è sfinito e si ammala addirittura. Qui c’è
un’inclusione parziale con il v. 15, ma totale con il capitolo, sottolineata da ani
Daniel.
INTERPRETAZIONE PROFETICA
Noi seguiamo un’interpretazione storico-profetica, dando pero molta importanza alla
simbologia.
1. La portata escatologica del capitolo
La critica ha ragione fino ad un certo punto, perché c’è una critica di Dan 7 molto
lieve, saltano tante cose, è un’interpretazione forzata. La sfida è associare la visione
storica di Antioco con l’escatologia del capitolo.
Il piccolo corno di Dan 8 è l’anticristo, anche se ancora il cristo non è venuto. C’è
comunque un’allusione ad Antioco e la crisi sotto il suo comando.
Purificazione del santuario:
c’è un tentativo di prendere sul serio il simbolismo del satuario in Dan 8. Gli elementi
riguardo il santuario:
a. Migdash¸ santuario
b. Qodesh, santuario (da santo) – nel v. 13-14
c. Tamid, il servizio continuo – v. 11-12-13
d. Il principe dell’esercito del cielo
Il piccolo corno è descritto come un attacco al santuario, ma qui si ritrova la
restaurazione del santuario, che sarà purificato, come dice al v. 14 in Dan 8.
Poi abbiamo il periodo di 2300 sere e mattine, data dalla domanda del v. 13 «fino a
quando…?».
L’attacco del piccolo corno al santuario è un attacco spirituale, perché essendo
l’anticristo, viene rimpiazzata l’opera di Cristo con un sistema pagano, il sistema
papale. Poi s’interpreta la restaurazione del santuario come la purificazione del
santuario celeste. Con il parallelo di Dan 7 si parla di un giudizio investigativo alla fine
dei 2300 giorno. Ed infine con il contesto del cap. 9, si trova un inizio dei 2300 giorni,
che coincidono con le 70 settimane, nell’anno 457, dunque sommando 2300 anni, si va
a finire nel 1844. Questo anno è l’inizio della predicazione dei tre angeli, nel cap. 14.
Il corno è simbolo delle forze politiche. Le corna spuntano e crescono, ma poi si
rompono nel momento della sua più grande forza.
Il v. 11 parla dell’attacco del principe dell’esercito, attacca il santuario ed il popolo di
Dio, getta e calpesta a terra la verità. Il piccolo corno appare come il culmine della
descrizione delle corna. La figura del piccolo corno è elaborata seguendo l’immagine
profetica del Re orgoglioso, un es Is 14:13-15, qui c’è il re di Babilonia che s’innalza
contro Dio, pensando che lui stesso è il Dio. Si presenta come un re orgoglioso.
Cosa vuole dirci questa tradizione? Si tratta di un Re che s’innalza all’altezza di Dio e
vuole occupare il luogo di Dio stesso. Questi tratti espliciti di questa tradizione del re
orgoglioso si trovano in Dan 11:36-37, dove lui vuole alzarsi al di sopra di Dio. Così
Daniele ha creato una nuova figura biblica negativa. Cioè il potere che pensa di
incarnare il potere e la volontà degli dei, un potere che si illude di essere Dio e che
lotta contro Dio stesso. Daniele ha raffigurato un potere negativo. Questa figura è stata
chiamata ‘anticristo’.
Si sta parlando di un potere UMANO politico-storico, ce credendosi un potere assoluto
ha creduto di avere nelle sue mani di distruggere il potere della chiesa di Dio. Si
considera questo uno scandalo dallo scrittore stesso. Questo è il fondo teologico, il
dramma, per questo Daniele poi chiede «Fino a quando?». L’anticristo è stato il primo
ad incarnare un nemico così grande per la chiesa. Tutte queste manifestazioni che
incominciano con la Roma papale, hanno dimostrato che la tendenza perversa e la
degradazione siano la più grande che ci sia.
Malgrado tutto il piccolo corno è sotto il controllo di Dio. Tale controllo è attraverso il
giudizio, ma questa non è l ultia parola, è solo un passaggio. Lo scopo final è la
restaurazione del santuario, che avverrà all’arrivo di Dio.
Bisogna sottolineare la prospettiva escatologica, e non solo il carattere terribile
dell’anticristo, c’è anche una prospettiva felice della restaurazione del santuario.
Per quanto riguardo Antioco, in Dan 11 è chiaro, ma in Dan 8 bisogna essere più
prudenti. In dan 11 viene la formula della fine, che viene preparata dal v. 20ss fino al
40 circa. Antioco 4 Epifane, è il personaggio in questione. Ma si vede chiaramente che
parla di un attacco finale al monte di Sion, ma questo non è mai successo con Antioco.
Dal v. 40 siamo nel tempo della fine, fra cui si parla addirittura anche della
resurrezione. Qui si vede l’approccio simbologico, partendo dall’opera di Antioco, poi
si parla del tempo della fine dal v. 36. In Dan 8 questo è meno chiaro, ci sono pochi
dettagli.
Daniele 9 nel contesto di Dan 7-8, Dan 9:24 parla della fine del peccato,
dell’espiazione. Si parla di un’opera messianica, mentre la seconda parte parla
dell’arrivo del regno e del sigillamento. Antioco non poteva assolutamente espiare il
peccato, dunque non si parla di lui.
Secondo il rituale del santuario, di Levitico ci sono 2 fasi, una fase dove viene portato
l’agnello da sacrificare, ma questa è solo una parte del rituale, c’è un’altra visione
cosmica che rappresenta l’intero cosmo. La seconda fase è lo Yom Kippur, utile alla
fine dell’anno per completare il processo. Cosa significa salvezza? Una salvezza totale,
non solo interna, libertà dal peccato, cambio della società, un esempio di questo è Rm
5. Dunque se questo è vero, allora la croce non è sufficiente dice Duckan, perché la
croce porta la speranza del regno, che mostra l’amore di Cristo, ma lo scopo è portare
l’uomo nel suo regno. La croce da sola non ha la salvezza presente, essa è presenta
quando arriva il regno di Dio. Dunque qui abbiamo una visione escatologica della
croce, e della restaurazione del santuario.
Dan 9 parla dell’inizio dell’opera del vangelo, sottolineato dall’ultimo infinito
‘ungere’, ma nella seconda parte parla della salvezza, della ricostruzione del santuario,
con una visione escatologica.
Il giudizio iniziato nel 1844 porta lo stesso tema della salvezza che riporta al momento
della croce di Cristo. Nel vangelo Dio non mostra solo il suo amore, ma ha come scopo
anche la redenzione, una salvezza reale. La salvezza non potrebbe essere ottenuta in
nessun modo mantenendo allo stesso modo la situazione nel mondo. Il concetto della
croce chiama il concetto di giustizia, ovvero che si deve dimostrare giusto. Dunque la
croce è un patto di giustizia.
Ciò che avviene in Dan 9 è all’ombra di Dan 7, in Dan 9 si parla del vangelo, dunque
alla salvezza, mentre in Dan 7 al regno di Dio, dunque alla promessa. Ecco il vangelo
in un contesto escatologico. Come avventisti abbracciamo il vangelo con criticità, e noi
spesso non parlavamo più di speranza del vangelo, bensì si parlava molto delle piaghe
e delle corna ecc… l’avventismo dunque deve rigenerarsi, per parlare di speranza.