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Appunti Di DANIELE

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DANIELE corso di Miguel Gutierrez

I. Introduzione
- Nome: ‘Daniel’ o ‘Danel’ (che si trova in Ez 14:14-20, 28:3), viene dal verbo ‘dan’
giudicare, al participio, e ‘el’, Dio, ‘Dio è il mio Giudice’. Invece nella variante ‘Danel’,
Dan è un perfetto, quindi ‘Dio giudica/giudicherà’.
- La persona di Daniele, Dan 1, ci dice nel v. 3 che è di razza regale. Era molto giovane
(14-16 anni, yeled, ‘ragazzo’), quando fu deportato in babilonia. Ha studiato la
letteratura e la scienza babilonese, vv. 4-5, 18-19. Ha vissuto fino a 90 anni, Dan 1:2.
Qui c’è una prospezione, il libro inizia nel 606 a.C. (terzo anno di Jehoiakim, Dan 1:1)
durante il regno di Jehoiakim, ma Ciro è del 538 a.C., Dunque si calcolano 67 anni, che
ha vissuto nella corte regale, da quando fu deportato. Se lui aveva circa 14-16 anni,
dunque in totale aveva circa 80 anni. Durante il sogno di Nabu, lui era governatore di
Babilonia. La pietà e saggezza di Daniele sono confermate da Ezechiele (cfr. Ez 14:14-
20), dove si cita Daniele come paradigma di giustizia come Noè e Giobbe. Questo
conferma che la sua giustizia e saggezza divennero celebri.
- Genere letterario del libro: è una combinazione di racconti e profezie, dove quest’ultime
hanno un carattere particolare. Fa parte dei libri profetici, ma finora tutti i profeti, hanno
parlato di giustizia, mentre qui appare una profezia totalmente diversa, perché non tratta
più la giustizia. Anche i racconti nei profeti hanno una sequenza cronologica, mentre qui
ci sono ‘incidenti’ biografici, si salta da un racconto all’altro, vagando nel tempo, non
c’è una sequenza. Sembrano quasi una raccolta di esempi di fedeltà. Abbiamo dunque
un libro particolare, che chiameremo: apocalittico. Da apocalisse, un genere di
letteratura che tramite sogni, visioni, simboli, numeri, vuole dichiarare il corso ed il
senso della storia. Questa è una novità (Arnaldo Monigliano, italiano ebreo, professore a
Pisa, storico del 900, conoscitore della letteratura greca e latina). Ma qui troviamo una
continuità con i profeti, perché essi parlano in modo storico, allo stesso modo anche
Daniele. La prospettiva dei profeti è più collegata ad Israele, in Daniele invece si parlerà
delle nazioni, prende una prospettiva più vasta.

1. Contesto storico-teologico del libro:


E’ l’esilio, Dan 1:21  Primo anno di Ciro, quando conquista la Babilonia. Daniele è il profeta
dell’esilio, cfr. 1:1, e 1:21. Cosa dice la critica? Collins dice che Daniele mette molte date in 1:1 e
1:21, perché lo vuole collegare storicamente e teologicamente all’esilio
a. Senso dell’esilio
Esso è la grande svolta della storia d’Israele, fu una catastrofe, e ha rotto la continuità del
Regno di Dio (in quanto c’era l’alleanza), cominciata nel Sinai. Dio ha cancellato
definitivamente il progetto dell’alleanza, che era fondare la società perfetta. Dopo l’esilio
dunque non c’era più il progetto. Questo ci ricorda che le promesse divine dell’alleanza erano
condizionali, Israele doveva partecipare al progetto e se non lo faceva Amos disse ce il nemico
arriverà alle porte, con la punizione di Dio. Possiamo dire che l’esilio termina la forma
teocratica dell’alleanza, dove lo stato era fondato sulla legge di Dio.
Ma l’esilio non termina l’alleanza, l’esilio è solo una punizione, ma la relazione continua. I
profeti infatti hanno detto che dopo l’esilio ci sarebbe stato un ritorno alla terra promessa, con
un giardino che fiorisce, Isaia 40-41. Il ritorno è collegato al Regno di Dio, Isaia 45:8
I profeti parlano di una sorta di Telescopage, hanno unito due eventi insieme, hanno fatto un
collegamento. E’ come se fosse l’impressione che in realtà il ritorno dell’esilio ed il Regno di
Dio sembrano vicini nei profeti, bensi invece non hanno parlato di un tempo che li allontana
tantissimo, questo intervallo, che è l’esilio.
b. Senso teologico dell’esilio: esso è l’opportunità che Dio da al suo popolo per pentirsi dato che
avevano abbandonato l’alleanza. Esso dunque ha uno scopo di giudizio, di pentimento, di
purificazione. Gli ebrei ancora oggi (quelli ortodossi) dicono che ancora oggi siamo nell’esilio,
non è ancora finito. Questo è il senso sia storico che teologico, esso è una pausa nel progetto
dell’alleanza di Dio. Dio non ha rinunciato ne ad Israele, ne al Regno, dunque è un progetto
rimandato, che deve ancora venire. In questa pausa entra il Vangelo, fino ad oggi, dunque anche
noi siamo all’interno di questo progetto. Daniele apre un periodo che non è ancora finito, nel
quale ci inseriamo anche noi.

2. L’esilio come svolta per le nazioni

C’è stata una globalizzazione delle nazioni, ognuno seguiva il suo cammino, a volte in conflitto,
ma separati. Poi che è successo? Un po' prima di lì le nazioni hanno cominciato formare gli
imperi, ad ingrandirsi e a conquistare altre nazioni. Un esempio è l’Assiria, poi Babilonia, poi
Persia, ecc…
Quest’imperi hanno unito le nazioni in una sola famiglia, che fu fatto anche la lingua,
l’aramaico, e la cultura dominante dei persiani. Una cultura di rispetto… ma quando poi
arrivarono i greci si creò una cultura come l’Ellenismo (periodo nel quale cercavano di
nascondere la circoncisione), e con l’impero romano un’altra cultura ancora. Dunque l’esilio è
parallela all’epoca degli imperi.
Dio non ha abbandonato le nazioni, le ha sempre guidata nella loro storia, anche se non si è
rivelato in modo evidente a loro. Questo si è particolarmente visto forte nell’epoca dell’esodo.
Così come nell’esilio, in questo periodo c’erano due profeti molto importanti: Ezechiele e
Daniele. Entrambi andarono in Babilonia, Ezechiele faceva il lavoro interno fra gli esiliati,
mentre Daniele ha lavorato nella corte del Re. Anche tramite questi due, il nome di Dio ed il
suo piano per il mondo è stato proclamato anche in Babilonia. Possiamo dunque dire che
tramite l’esilio possiamo osservare un parallelismo tra i discepoli d’Israele e una unificazione
delle nazioni, da interpretare come una preparazione per il Vangelo.

3. Qual è il contributo di Daniele in questo contesto?

i. Possiamo parlare della particolarità del libro di Daniele. In esso abbiamo un messaggio
particolare, c’è una vera prospettiva universale. Il simbolismo di Daniele 4 vuole infatti
sottolineare questo quadro universale. Abecasis sottolinea, nell’apocalittica, che Israele
prende coscienza delle nazioni, in quanto esse sono incluse nel suo orizzonte.
L’apocalittica, questo nuovo modo di parlare, è il frutto dell’incontro fra Israele e le
nazioni.
Qui possiamo parlare di una forma particolare, dove l’apocalittica (ovvero Daniele) è
una forma secolare. Non c’è più poesia da parte dei profeti, o appelli di pentimento.
L’apocalittica è dunque una prova dell’incontro di questi due mondi, c’è un’influenza
pagana molto forte, è per questo che si usa lo stesso linguaggio pagano, segni, numeri,
simboli, ecc…
Un altro esempio è l’influenza dell’esoterismo biblico, ovvero cercare i segreti
dell’universo e del futuro. Abecasis dice che l’apocalittica parla in maniera esoterica
della storia. Infatti il senso di ‘saggio’ in Daniele 2, è più un indovino, colui che scopre i
misteri, colui che cerca e capisce i misteri, non più il ‘saggio’ che intendiamo noi. In
Dan 1:17, vediamo come il profeta Daniele diventa anch’esso uno di questi ‘saggi’,
indovini. Questa forma particolare di Daniele si spiega, dice Baltdwin, nella situazione
missionaria. La forma di Daniele ci deve meravigliare per come prende questa forma in
quanto il contesto era missionaria ed il profeta adotta questo linguaggio per proclamare
il messaggio. Ecco perché anche si utilizza la lingua internazionale, l’aramaico.
Per questo Daniele è un profeta particolare, è andato a studiare nella scuola di
Nabucodonosor, studiando in accadico. E ha lavorato come consigliere a servizio del
Re, ecco la ragione degli elementi straordinari, indirizzate a coloro che sono pagani.
ii. Il messaggio di Daniele è il regno di Dio in un contesto universale. Abbiamo qui un Dio
onnisciente e onnipotente. Notiamo qui l’importanza che prende la predizione del
futuro, differente dagli altri profeti. Questa rivelazione del futuro vuole mostrarci che
Dio è la guida che conduce la storia umana, diretta ad uno scopo, il Regno di Dio. Un
messaggio che Daniele, come tutti gli altri profeti proclamano, ripete.
In questo contesto c’è anche un messaggio per Israele, che è un intervallo fra l’esilio e il
Regno di Dio. Cfr. Dan 9 L’arcangelo Gabriele dice 70 volte 7, cioè tanto tempo, deve
ancora aspettare, c’è un intervallo, che invita il profeta alla pazienza e perseveranza.
Dunque possiamo dire che Daniele conferma la promessa del Regno di Dio, come gli
altri profeti, ma da una nuova prospettiva, che è l’unificazione delle nazioni (o l’esilio).

Excursus: Daniele in un contesto cristiano.


Dal punto di vista cristiano possiamo che Daniele è l’inizio di una nuova epoca che
finisce con l’arrivo del Regno di Dio. Dopo Daniele non ci sono altri libri profetici
nell’At, è come se conclude l’At, ma invece da inizio ad una nuova missione, e continua
(approfondisce) nel Nt. Cfr Marco 13:14, Mat 24:15  qui cita Daniele, la scia
continua. Dunque Daniele ha una visione apocalittica, anche i vangeli lo riempiono di
Gesù. Dunque Daniele ha una visione messianica. Questo ci fa capire ancora di più la
globalizzazione del messaggio.
Infatti il Nt si bagna in un’atmosfera apocalittica, (cfr.) E. Kasemanic disse:
l’apocalittica è la madre della teologia cristiana. Gesù dunque era un apocalittico. Il
vangelo è nato in questo contesto apocalittico. E noi avventisti eravamo molto ‘fissati’
con la venuta di Cristo. Eravamo pure considerati fanatici, apocalittici.
(Sanders, Paolo e il giudaismo palestinese, libro dove Paolo viene visto diversamente, all’interno di un
contesto apocalittico. Differente dal pensiero di Bultman, che non ci ha mai mostrato un Paolo all’interno
di questo contesto. Si può definire un nuovo Paolo. In quanto egli era un giudeo del I sec, ha vissuto in
questo contesto apocalittico. Ma lui riuscì a seguire comunque un ramo protestante.)

Conclusione: l’esilio è un’universalizzazione, non solamente politica, ma anche religiosa (grazie al


Vangelo). Questo però non significa che il cristianesimo è il culmine, bensì il Regno di Dio. Cioè il
Vangelo non supera lo schema del libro di Daniele, ma fa parte del percorso verso il Regno. Non è la
chiesa il regno di Dio, il cristianesimo è un percorso che ci porterà al Regno di Dio. Il programma di
Daniele dunque è profondamente avventista. Daniele dunque non può rimpiazzare tutti gli altri profeti,
non possiamo leggerlo in modo distaccato dagli altri libri, bensì esso un complemento.
iii. Il luogo di Daniele nel canone
Daniele si trova nel canone, negli scritti, i ketuvin (non fra i profeti). Questo ha fatto
discutere i critici, in quanto pensavano che allora non è un testo profetico. Ma la vera
ragione della sua posizione negli scritti è il carattere particolare di Daniele, in quanto è
un profeta che, a differenza degli altri profeti, ha lavorato in mezzo alla corte reale. Sono
dunque profezie anch’esse particolari, sono visioni che rivelano poteri mondiali ed il
regno di Dio. Visioni, episodi missionari, dove il protagonista si confronta con il
contesto pagano. Il suo libro non annuncia la parola del Signore come gli altri scritti,
non è un profeta come gli altri. Tesi secondi Kyle.
Gli scritti, ketuvin, non sono né Torah nè profeti.
Conclusione: Dunque Daniele è un profeta particolare, in senso positivo, è un profeta avventista (che
predice al futuro) in un contesto internazionale. In breve Daniele non è dunque l’ultimo dei profeti, ma
colui che apre una nuova epoca.

II. PROBLEMI STORICI DEL LIBRO


1. Sfondo storico del libro: un contesto internazionale intorno a Babilonia, cfr. Liverani
cap. 31, o G. Roux, Iraq.
Il periodo comincia nel periodo ‘caldei’, tribù aramaiche del deserto, che sono
entrati in Babilonia, e son finiti al Sud. Questo è un periodo che inizia con la lotta
per il potere in Babilonia. Qui muore Asurbanipal (in Esdra 4:10 chiamato
Asenappar), Re di Babilonia e re degli assiri, nel 627 a.C., il figlio, Sin-Shan-Ishkun,
fece guerra con Nabopolarsar (Nabù-apla-user), per prendere la Babilonia. Quando
Sin-Shar- Ishkun diventa Re di Assiria dichiara guerra a Nabopolarsar. Una guerra
che durò 7 anni, Nabopolarsar resiste al suo attacco e comincia a prendere il
sopravvento. Infatti nel 616 a.C lui passa all’offensiva, comincia l’attacco. Qui
abbiamo un documento celebre, che è ‘La cronaca babilonese’. Shin-Shar chiede
aiuto all’Egitto.
Qui entra in gioco Ciassare, il re di Media, lui nel 614 a.C. marcia contro l’Assiria e
prende l’antica città di Ashur. Città dell’Assiria. I medi e i babilonesi fanno
un’alleanza, sigillata poi dal matrimonio di Nabucodonosor (figlio di Nabopolarsar)
e Amitis (la figlia di Ciassare). Nel 612 a.C. assediano e prendono Ninive. Babilonia
ha preso il territorio assiro, stranamente Media non ha preso quasi niente, soltanto
Aran (una città al Nord della Mesopotamia). Nabopolassar affida l’esercito al suo
figlio Nabucodonosor (in accadico, Nabu-Kudurri-Uzur).
Nel 607 a.C. Nabucodonosor attacca l’Egitto perché aveva preso delle terre durante
l’alleanza. E nel 605 a.C. avviene la battaglia di Karkemish, Nabucodonosor vince, e
conquista parti, aprendo le porte all’impero medio-persiano. Cfr. Geremia 46.1-5. A
radice di questo Nabucodonosor entra in Siria-Palestina, nel 605 a.C. (nel 4rto anno
di Jehoiakim, in Daniele 1:1 è il terzo anno, ma è la stessa data).
Nabucodonosor è entrato in Siria-Palestina durante la battaglia di Karkemish, come
dice anche Dan 1:1, non sappiamo se la conquistò, ma sappiamo che entrò in essa.
Morì Nabopolasar, dunque il figlio in 23 giorni ritorna in Babilonia. E
Nabucodonosor viene incoronato il 23 di settembre del 605 a.C., una volta
incoronato Re di Babilonia, i territori dell’impero dovevano essere mantenuti, perché
diversi piccoli imperi tentavano di conquistarlo, e l’Egitto incoraggiava le
insurrezioni. Se loro volevano conquistare, l’Egitto era pronto ad affiancarli. Il 598
a.C. (7 anni dopo) Jeohakhin (figlio di Jehoiakim) si ribella e Nabucodonosor lo
punisce andando in Gerusalemme. Avviene infatti la prima presa di Gerusalemme
(teoricamente la prima è quella descritta in Dan 1:1, nel 605 a.C., ma molti storici
non accettano, quindi consideriamo questa la vera prima presa). Qui Mattania, ebreo,
viene fatto re di Giuda e viene rinominato Sedechia. Nel 589 Sedechia si ribella
anche contro la voce profetica di consegnarsi ai babilonesi, per essere sottomessi al
potere di Babilonia e nel 587 dopo un assedio di circa 18 mesi, abbiamo la seconda
presa di Gerusalemme (o terza se consideriamo Dan 1:1) e la definitiva.
Nabucodonosor uccide i figli di Sedechia dinanzi a lui, hanno cavato gli occhi e lo
hanno mandato in esilio.
- Siamo agli ultimi anni di Nabucodonosor, anni conosciuti poco, perché mancano i
documenti. Lui è morto nel 562 a.C., e dopo di lui succedette Amel-Marduk, che è suo
figlio (nella Bibbia si chiama Evil-Merodack). Lui regnò 2 anni, e succedette a lui
Neviglisar, lui regnò 4 anni (560-556). Alla sua morte succedette Labashi-marduk, lui
era un ragazzo quando morì il padre Neviglasar. Egli mostrava tendenze cattive, ed
infatti dopo soli 9 mesi di regno, i suoi amici lo uccisero. Dopodichè loro stessi decisero
di far salire come Re di Babilonia Nabanodo (Nabu-na-id, 556-539), questo è l’ultimo
Re di Babilonia. Egli è un personaggio (mai quanto te!) strano… non sappiamo niente di
suo padre, ma conosciamo la madre, Adad-yuppi, con una forte personalità marcò il
figlio, era una devota del Dio Sin. Nel frattempo avviene un’avvenimento importante
(559 a.C.), Ovvero Ciro sale al Trono in Persia. All’inizio Ciro fu sottomerso da Astiage
(suo nonno), re di Media. Nabonedo voleva costruire un tempo a Sin (il Dio luna) in
Haran, nel Nord della Mesopotamia. Perché? Perché la mamma di Nabonedo era
credente nel Dio della luna ed era della città di Haran, quindi lo stava facendo in onore
anche di sua mamma. Per isgrazia Haran era dei Medi, contro i quali non poteva fare
niente, è qui che chiede aiuto a Ciro per distruggere suo nonno. Dunque Ciro lotta
contro Media e Astiage, e vinsero i persiani. Dunque dopo la vittoria, nel 550 a.C. Ciro
diventa re dei medi e dei persiani! Fu un evento capitale, di forte importanza. Cfr.
Cronaca di Nabonedo (in accadico)
Ciro quindi comincia una serie di campagne militari che in 10 anni gli hanno dato
l’impero più grande che si è mai conosciuto a quei tempi. Una delle sue conquiste fu la
Lidia, territorio che apparteneva a Babilonia, in Asia minore, col re Creso (Cresus). Poi
anche le città greche dell’Asia minore. Anche Iran orientale, Tur Kestan, Afganistan,
fino all’India. Fu un impero davvero gigante. L’unico impero che rimase era Babilonia.
- Durante Ciro stava per conquistare Babilonia, Nabonedo era in Arabia (ne parla la
Cronaca di Nabonedo). Nabonedo andò a Tema, nella isola arabica, per la festa di
Capodanno, lui era colui che celebrava la fiesta. Fece un soggiorno in Arabia di 5 anni,
anche per la morte di sua mamma non andò. Ch’è successo? In Babilonia Nabonedo
aveva lasciato il suo governo al figlio Baldassar (Bel-sharra-uzur).
- Nel 539 a.C. Ciro attacca Babilonia, e Nabonedo ritorna e ordina al figlio di lottare
contro Ciro, ma numericamente l’impero di Ciro era più forte. Dunque non c’era
nessuna speranza. Baldassar era incaricato dell’esercito. Ugbaru, un personaggio
babilonese, era un generale dell’esercito babilonese che passa dalla parte del nemico,
Ciro, (descarado). Al final Baltassar fu ucciso. Babilonia fu trattata con rispetto, perché
fu fatto il decreto (539 a.C.) che tutti gli ebrei potevano ritornare in Palestina. Fu un
miracolo. Li gli ebrei capirono che Dio stava guidando la storia.

2. USO DELLA STORIA NEL LIBRO DI DANIELE


1. Terzo anno di Jioachim (dan 1:1) nel 605 a.C. è sicuro che ci fu:
- Una battaglia di Karkamiah
- Ama attacco di Nabucodonosor a Gerusalemme
- Dan 1:21: Daniele nella corte fino al 1mo anno di Ciro (539 a.C.), questo non si sa per
certo
2. Secondo anno di Nabucodonosor (Dan 2:1) nel 603 a.C., fatti certi:
- Sogno di Nabucodonosor ‘La stauta’
3. Prima anno di Baltassar, si parla di questo in Dan 7:1 (550/549 a.C.). Per questa
data c’è una discussione, perché Baltassar non era proprio re, ma un correggente.
Ci sono più di 50 anni dopo il sogno della statua
- Nabonedo era il re, Baldassar il co-reggente
- La visione delle quattro bestie
4. 3zo anno di Baldassar (Dan 8:1) nell’anno 548/547 a.C.
- Qui Ciro rompe con Astiage e si forma il regno unito di Medo-Persia
- Qui abbiamo la visione del capro e del montone (Dan 8)
5. Presa di Babilonia (Dan 5:70) nell’anno 539 a.C.
- Dario, il medo, riceve il regno (Dan 6:1)
- Dan 6:29, afferma che Daniele era nella corte sotto Dario e Ciro. Ma chi è Dario il
medo? Nessuno lo sa, perché era Ciro il re in quel periodo. Si suppone che chi scrisse il
libro, fece confusione col re Dario che venne dopo Ciro. Questo è uno dei problemi più
grandi.
Tutti questi dati però son confermati storicamente.
6. Primo anno di Dario, il medo (Dan 9:1), nel 539 a.C.
- Era dalla razza dei medi, re dei caldei, non re dell’impero medo-Persia, ma solo dei
caldei.
- Qui c’è la profezia di 70 settimane
7. Terzo anno di Ciro, re di Persia (Dan 10:1), nel 536 a.C.
- Qui si da la data esatta dell’inizio della missione, 24 del primo mese (si pensa che col
calendario babilonese è ottobre, dice Duckan, perché altri pensano che era il calendario
ebreo, ma sarebbe allora il mese di Nissan, ovvero durante la pasqua. Ma Ciro qui
digiuna… quindi non può essere che nella tradizione ebrea si digiunasse durante la
pasqua) cfr. Dan 10:4
Non c’è dubbio: il libro mostra un chiaro interesse storico. La preoccupazione è di collegare
gli avvenimenti, soprattutto le visioni alla storia universale. Qui c’è un primo messaggio per
la critica. È vero anche che alcuni di questi avvenimenti non sono conosciuti e quindi
discussi, iniziando dal nostro Dario.
Daniele non è un libro storiografico, ma si interessa a dare un quadro storico ai contenuti del
libro. Perché? Perché c’è un interesse, sia storico, ma più che altro teologico. La ragione
profonda è quella di collegare il periodo dell’esilio alla storia universale. Cfr. la prima data
(prospettiva di Giuda) e il resto delle date (prospettiva universale). Il ministero di Daniele è
durante i 70 anni dell’esilio (Dan 1:21) Nel primo anno di Ciro l’esilio finisce, ma in Dan 10
dice che è fino al terzo anno di Ciro. La critica non sa che risposta dare.

Lucas, Goldingay o Collins, sono commentari molto buoni per fare Daniele.
i. Interesse storico-teologico: si vuole attaccare l’esilio alla storia universale
ii. L’interesse storico teologico ha uno scopo: attaccare la storia della salvezza, alla storia delle
nazioni. Dunque per dargli un contesto universale, nel quadro della scena mondiale.
 Conclusione: adesso nel esilio in pararelli con gli altri profetti si attacca alla stori universale,
dunque Daniele profeta collegato alla storia del esilio e universale , uno dei mezzi per mostrare
questo in modo concreto sono le date del lbro.

3. Problemi storici del libro


1. Problemi riguardanti la cronologia:
i. L’assedio di Gerusalemme il terzo anno di Ioachim (Dan 1:1),
qual’è il problema qua? Il libro di 2 Re, anche Geremia, non ne parla. In
più c’è un apparente contraddizione fra Daniele 1:1, che parla del 3zo
anno e Geremia 46:2, che parla del 4to anno, entrambi di Ioachim. Dan
1:1 parla dell’assedio, invece geremia 46:2 si parla della battaglia di
Karkemish e Nabucodonosor, nel 605 a.C. La battaglia avviene prima e
l’assedio dopo
soluzione: Nabucodosor non era presente in Palestina, prima del 597 a.C.
(2 Re 24:1-7). 2 Cronache 36:6-7, cfr. vv. 4-7 per capire il contesto, che è
la deportazione di Ioachim. Alcune tradizioni dicono che sia tornato nel
605, da prendere però con prudenza la data.
Un altro testimone è ‘La cronaca babilonese’, a quale ci da qualche
dettaglio in più. A gennaio/febbraio l’esercito ritorna in Babilonia, dopo
una spedizione. E ad aprile fino ad agosto c’è stata la battaglia di
Karkemish (probabilmente sarebbe piu precisamente Maggio-Giugno).
Nabucodonosor, nella cronaca dice che conquistò tutta la Terra di Hatti,
anticamente chiamata Canan o anche Hamur. Si chiama terra di Hatti,
riferendosi a Siria-Palestina (quindi tutta la terra!) conquistata dagli
Hattiti.
Il 15 d’agosto, ci dice la cronaca, è morto Nabopolarsar, dunque
Nabucodosor, il figlio, il 7 di settembre, ritorna subito a Babilonia e
viene incoronato lui Re.
 Conclusione: la cronaca babilonese (che parla della storia di Babilonia) e 2 Re 24:7
Nabucodonosor ha perso tutta la Siria-Palestina.
Soluzione al problema della cronologia: in riferimento a Dan che dice 3 anno e 2 Re 4 anno. Ci
sono diversi modi di contare gli anni nel regno dell’Antico Oriente.
a. Metodo della pre-datazione, ovvero che i mesi che precedono capodanno sono contati come un
anno completo. Ovvero l’anno dell’ascensione che è parziale, 6 mesi, son già contati come un
anno completo.
b. Metodo della post-datazione, ovvero sono quei mesi dell’ascensione di un Re, contati a parte,
ed il primo anno si conta in realtà dal primo capodanno.
Il primo metodo è più comune nell’At, il secondo più comune in Babilonia. Tutte e due parlano del 605
a.C. Geremia dal 4rto perché i mesi del Re valgono già un anno, mentre in Dan si intende il calendario
iniziato dal capodanno.

ii. Il 2do anno di Nabucodonosor (Dan 2:1)


Problema: contraddizione (apparente) fra Dan 1:5, in quanto qui dice tre
anni, mentre in Dan 2:1 dice che è il 2do anno di Nabucodonosor. Il 2do
anno corrisponde al 603 a.C.
Soluzione: Dan 1:1 non parla di Nabucodonosor, ma di Ioachim, il
riferimento dunque è a quest’ultimo, non si specifica quale anno era di
Nabucodonosor. Si dice che Nabucodonosor era re, ma lo si dice in modo
generale. In Dan 2:1 abbiamo già la maniera babilonese di contare gli
anni di un regno (ovvero dal capodanno, non dall’ascensione del re).

2. Problemi storici che riguardano i personaggi del libro


i. Follia di Nabucodonosor (Dan 4)
- Problema: nessuna fonte storica ne parla, in più c’è un testo di Qumran, che si chiama
‘La preghiera di Nabonedo’ (4QPrNab). Qui si parla di Nabonedo malato 7 anni a
Teman, in Arabia. Qual è il ragionamento? Dunque il malato era Nabonedo, non
Nabucodonosor.
- Discussione: La ‘preghiera di Nabonedo’ non ha un carattere storico, e non parla della
malattia di Nabucodonosor, cfr. la ‘stele di Haran’, che parla di Nabonedo a Tuman per
10 anni per problemi politici. Ci sono differenze importanti fra la ‘preghiera’ e Dan 4, di
Nabucodonosor non si è mai sentito che fosse pazzo, dunque invece di Nabonedo si
sapeva che fosse in malattia. Quindi non sembra esserci una relazione fra i due
documenti. In realtà non c’è nessun documento per l’ultima parte del Regno di
Nabucodonosor.
ii. Baldassar come re di Babilonia (Dan 5)
- Problema: non esiste nessun re in Babilonia con il nome di Baldassar. Anche la lista dei
re di Babilonia ne testimonia: Nabopolassar/Nabucodonossor/Amel-
Marduk/Nerglissar/Labashi-Marduk/Nabonedo (556-539 a.C.). Invece Dan 5 richiama
Baldassar come re.
- Soluzione: Baldassar è un personaggio storico, il suo nome era Bel-Shar-Uzur. Chi era
Baldassar? Il figlio di Nabonedo, ed in più, le tavolette che parlano di lui, dicono che era
il co-reggente, quindi aveva governato Babilonia. Dunque il nome di re non appare, ma
aveva la funzione comunque la funzione di un ‘re’. Riceve inoltre in qualche documento
il tributo che riceve il nome di re, da suo padre. La critica rifiuta solo il nome di re di
Baldassar. Nelle liste ufficiali del re, non si poteva riportare il suo nome, perché era il
padre il re. Dunque la Bibbia lo chiama in un modo generale ‘re’.
- Problema aggiuntivo: Dan 5 chiama Baldassar ‘figlio di Nabucodonosor’, cfr. vv.
2,11,18,22. Qui si deve dire che ‘padre’, nell’antichità, ha un senso più largo nelle
lingue semitiche
iii. L’identità di Dario ‘il medo’ (Dan 6)
Nessuno sa chi sia questo Dario, si sa che c’è un Dario dopo Ciro, ma è
persiano. Questo Dario di 62 anni, medo… nessuno lo sa.
- Problema: secondo Dan 5:31, si dice che Dario ricevette il regno all’età di 62 anni.
Mentre secondo Dan 6:28, Dario ha preceduto Ciro in Babilonia. Invece la storia
universale conosce solo Dario I Hyastapes (522-486 a.C.). La critica dice che c’è un
errore storico. Si è confuso il medo col persiano.
- Discussione: Dario il medo in Daniele, si dice avesse 62 anni (Dan 5:31), poi si dice che
Dario (Dan 6), diverse volte è chiamato re e che ha prosperato sotto i regni di Dario e
Ciro. Dan 9:1 dice che suo padre era Assuero della stirpe di Medi, la Bibbia afferma che
era medo… La Bibbia qui dice addirittura che fu fatto re, lui non ha conquistato il regno,
ma lo ha ricevuto. Anche in Dan 11 dice che era medo. Non si ha proprio l’impressione
che fu un personaggio inventato… ci sono molti dati. Non è di certo lo stesso Dario I di
Persia, figlio di Istaspe.
Testi storici sull’anno 539 a.C:
- Ugbaru: governatore di Babilonia. Ciro conquistò Babilonia, ma non rimase li in
Babilonia, dunque Ugbaru fu fatto governatore. I greci gli hanno lasciato il nome di
‘Gubaru’.
- Ipotesi per Dario, il medo. Potrebbe essere:
a. Ugbaru, generale che insieme a Ciro conquistano Babilonia (W.H.Shea)
Nelle tavolette Ciro non riporta il titolo di re di Babilonia, ma solo re. Solo alla fine
del 1mo anno, 9 mesi dopo, si aggiunge il titolo ‘di Babilonia’. Quindi il 1mo anno
un altro aveva quel titolo, di re di Babilonia.
L’ipotesi di Shea dunque è il re di Babilonia dovrebbe essere Ugbaru.
- Discussione: Non si sa l’ascendenza di Ugbaru, probabilmente non era medo. E la
cronologia non aiuta questa ipotesi. Quel che aiuta questa ipotesi, è che c’è lo spazio di
un anno in cui Ciro non è re di Babilonia. C’è dunque un altro, che probabilmente non è
Ugbaru. Non si sa chi è questo personaggio.
b. Ciro, lui fu chiamato re dei medi diverse volte, la sua età si calcola intorno ai 60
anni. C’è una traduzione particolare di Dan 6:28, ovvero nell’ebraico sta un vav
esplicativo ‘cioè’, quindi: «…durante il regno di Ciro, cioè il regno di Ciro, il
persiano»
Discussione: Daniele fa una differenza fra Dario e Ciro, in quanto l’uno è medo,
l’altro persiano. Cfr. Dan 10:1, 11:1. Daniele non si riferisce ad una persona con due
nomi diversi, senza una spiegazione, cfr. Dan 1, Daniele qui viene chiamato
Beltzasar.
c. Cambisse, figlio di Ciro, fatto Re di Babilonia per un anno. Ci sono 30 scritti
cuneiformi dove si testimonia che Cambisse fu fatto Re. Solo che il suo regno era
limitato a Babilonia.
Discussione: ci sono alcuni dettagli della sua vita non in linea con quelli di Dario.
Innanzitutto non era medo, ma persiano, inoltre suo padre era Ciro, e non quello di
Dario, e non aveva 62 anni.
d. Gubaru, c’è una differenza fra Gubaru e Ugbaru, questa ipotesi fu avanzata già nel
19° secolo da diversi autori evangelici: Alhsight, Archer, Whiteamb, ecc…
Gubaru era un governatore babilonese, sotto Ciro, qualche tempo dopo la conquista
di Babilonia.Era governatore di Babilonia e della provincia aldilà del fiume.
Discussioni: noi non abbiamo evidenza se egli era medo, i testi inoltre non dicono
mai che lui ha ricevuto il titolo di Re.
e. Ciassare, lo zio di Ciro, lui è medo. Questa è l’ipotesi più antica fatta da Giuseppe
Flavio. Nei tempi più moderni abbiamo Hangsterberg, Keil, CBA
Lui era figlio di Astiage in Media, Ciro dunque era il nipote di Ciassare. Ciro
avrebbe dato Babilonia in regalo allo zio. Questa fonte si basa su Senofonte
(‘Ciropedia’), una versione diversa di quella di Erodoto (la maggioranza seguono
quella di Erodoto).
Discussioni: la debolezza di questa ipotesi, è che si basa su Senofonte, nella
Ciropedia. Diversi autori hanno notato che il suo racconto non è affidabile.
Malgrado ciò, è l’ipotesi che va meglio con il libro di Daniele.
Per appoggiare di più questa ipotesi è ‘Prophets and King’, pp. 523 e 556-557.
 Conclusione: l’identità di Dario il medo è il problema storico più difficile del libro, non c’è
nessuna soluzione definitiva.

III. TEMA E STRUTTURA DEL LIBRO


1. Il tema principale è il regno di Dio, essa ha un’importanza unica nel libro. Testi: Dan
2:44, 3:33, 4:31, 7:13-14, 21-27, cfr inoltre Dan 2:37-38, 4:14,22,29 (ritornello),
5:21,26-28. Non c’è nessun altro libro nell’At che sottolinea tanto questo tema. Forse il
libro dei Salmi, ma non con questa intensità.
Ma abbiamo un problema (as always…), il tema ed il vocabolario cambiano a partire dal
cap. 8, Appare un linguggio più religioso, parlando di una lotta intorno al santuario ed in
termini del santuario. Testi: Dan 8:11-14, 9:26-27, 11:29-32 (lotta intorno al santuario).
Il libro di appare diviso, dai cc. 1-7 parla del regno di Dio, dai cc. 8ss parla del
santuario. In questi ultimi esso appare come un simbolo della miseria del popolo di Dio,
ma anche della sua restaurazione finale del popolo di Dio.
 Il tema del santuario è in realtà un tema complementare al tema del Regno.
- Il santuario non è un tema diverso, ma serve a descrivere un conflitto religioso che
avviene prima dell’arrivo del regno. Un'altra osservazione: il tema del regno si trova
nella parte internazionale, dunque la prima parte (Dan 2-7), internazionale perché è in
aramaico. Invece il tema del santuario nella parte nazionale è in ebraico (Dan 8-12).
Inoltre il libro s’interessa al regno di Dio, nel momento in cui Israele perde il potere
politico, questo però la rende una nazione non più indipendente, in quanto il regno ora è
di Dio, incluso il potere politico delle nazioni pagane. Abbiamo qui una fede
perseverante nel regno di Dio, questa fede viene da Israele, che è forte e piena
d’orgoglio e Daniele ne è un simbolo di questo.
Il regno si manifesta nel giudizio (Dan 7:9-14, 7:25-27), il giudizio dunque è una
manifestazione del regno. Si potrebbe dire che il tema del giudizio dove Dio interviene,
si trova nei racconti. Si può dire quindi che il tema del santuario illustra il giudizio,
perché esso rappresenta il parossismo del male, ma quando Dio interviene il santuario
viene purificato.
Il messaggio del regno di Dio da un senso alla storia, ovvero che la storia mondiale ha
uno scopo, che è il regno di Dio. Qui dunque appare una filosofia della storia, che ha
avuto una grande influenza. Un autore che sottolinea questa novità è A. Momigliano,
parlando dell’origine della storia universale, tra storia e storicismo.
Il libro di Daniele a avuto un grande impatto sul senso della storia, fino ai giorni nostri.

2. Struttura del libro


- Contenuti:
i. Cap. 1: introduzione
ii. Capp. 2-6: i racconti
iii. Capp. 7-12: la visione del libro
- Ad occhio, il libro sembra diviso in racconti e visioni, ma Daniele 2 in realtà è una
profezia, un sogno profetico. Un misto tra racconto e profezia. Dall’altro lato, Dan 7 è
una ripetizione di Dan 2 (4+1, ovvero i 4 regni rappresentati dalle 4 bestie, ricollegate ad
uno, che è il regno di Dio. Questo non si ritrova negli altri capp.), ma ancora, anche la
lingua collega questi due capp., entrambi in aramaico. Sembra dunque che dobbiamo
attaccare Dan 7 alla prima parte.
Un problema all’attenta analisi di questa struttura è Dan 6, che interrompe la sequenza
cronologica. Questo dimostra che si volevano i racconti nella prima parte del libro.
 Conclusione: Dan 7 occupa una posizione ambigua, ci sono alcuni elementi che attaccato il
capitolo alla prima parte, e altri elementi che lo legano alla seconda parte.

- Struttura della prima parte del libro


Gli autori dallo il credito alla struttura di questa parte a A. Lounglet (Biblica 53/1922,
pp. 169-190). Ma in realtà già Keil nel suo commentario ne parla.
C’è dunque qui un parallelo tra Dan 2 e Dan 7 (4+1)
C’è un parallelo tra Dan 3 e Dan 6, qui abbiamo due racconti di liberazione, in Dan 3 si
liberano i 3 amici, e in Dan 6 si libera Daniele dalla fossa dei leoni. Ma Dan 3 è
racconto di liberazione e soprattutto di rivelazione.
Dan 2-4 è un ciclo di Nabucodonosor.
Poi abbiamo un parallelo fra Dan 4 e Dan 5, perché sono due capitoli che parlano del
regno di Dio e del giudizio dei governanti terrestri che hanno voluto opporsi a Dio (Con
un brutto finale, perché Baltassar viene ucciso).
Quindi vediamo esattamente questo schema:

Dan 2 Dan 7
Dan 3 Dan 6
Dan 4 Dan 5

Abbiamo un chiasmo. Il tema dunque della prima parte è il potere mondiale pagano ed il
suo rapporto al regno di Dio. Dunque questi racconti sono racconti teologici, riflettono
sulla relazione del potere pagano con il potere divino.
- Particolarità di Dan 7 e Dan 2: il primo è più sviluppato riguardo la storicità, ma Dan 2
ha una teologia del regno di Dio ancora più sviluppato. Entrambi son strettamente legati
quindi.

- Struttura della seconda parte del libro

Chi ha lavorato molto su questa parte è W.H. Shea (‘Unity of Daniel’), anche Doukhan
(1987). Daniele 7 deve essere incluso anche in questa parte, perché il cap. ha una visione
a portata lunga.
Dan 8 e Dan 11 invece sono visioni parallele, perché qui abbiamo il montone ed il capro
(2+1). Seguono ambedue lo schema di 2. Ci sono qui inoltre, due preghiere: Dan 9A e
Dan 10, Shea dice che rimane Dan 9B, che sarebbe la profezia delle 70 settimane.

 Anche qui abbiamo una struttura concentrica.


Visione lunga,
Dan 7 Dan 12B ---- qui si riprende 1 tempo, 2 tempi e la metà di un tempo
Dan 8 Dan 11-12A ----- visione temporale (quasi lunga) che finisce con la resurrezione
Dan 9A Dan 10
Dan 9B --- profezia a portata corta

Interpretazione di Dan 11:


- 11:22 parallelo a Dan 9:25-27 ----- Nel primo si parla del principe dell’alleanza, nel
secondo invece del messia principe. Naghid berit e Mashia naghid, le due espressioni collegano
questi due capitoli e versetti, che si riferiscono a principe e messia.
- 11:31 parallelo a Dan 8:11-13 ---- qui c’è la ripetizione di ‘santuario’, Maqedash, e
‘continuo’, Timid, si ripete anche ‘tempo della fine’, in 8:12-14 e 11:22,35,40.

Struttura concentrica di Dan 9:13, dove esso è al centro di tutta la struttura semplice:
Dan 9
Dan 8 Dan 10-12A
Dan 7 Dan 12B
- Dan 9 parla del Mashia, è dunque l’unica profezia messianica.
Mentre in rapporto a tutto il libro la struttura mette al centro Dan 7

Dan 4 Dan 5 Dan 9


Dan 3 Dan 6 Dan 8 Dan 10-12A
Dan 2 Dan 7 Dan 12B
In Dan 7 la lingua originale è l’aramaico, dunque molte vocali cambiano o altre regole grammaticali.
Ma sono in realtà molto simili. Es: l’articolo si mette alla fine ahlayla, in ebraico, layelah, in aramaico.

STRUTTURA TEMATICA:
Ci sono formule che scandiscono la visione, come le formule lunghe, es: ‘guardando stavo nelle visioni
della notte lunga, ed ecco…’, formula che appare nei vv. 2, 7 e 13, questa formula aiuta a distinguere le
parti principale della visione.
1. La visione (vv. 1-15)
- V. 1: introduzione narrativa
- Vv. 2-6: descrizione delle prime tre bestie, con uso della formula lunga nel v. 2.
- Vv. 7-12: si parla della 4ta bestia, il piccolo corno ed il giudizio. Qui al v. 7 appare la
formula lunga. Questa parte mette in confronto la 4ta bestia ed il piccolo corno con il
giudizio.
- Vv. 13-14: il figlio dell’uomo ed il regno eterno di Dio, qui si appare la formula lunga
nel v. 13. Essa sottolinea questa seconda parte.
- Vv. 15: conclusione, con ripresa del racconto.
Notiamo che c’è un’inclusione tra il v. 1 ed il v. 15.
2. Interpretazione (vv. 16-28)
- Vv. 16-18: interpretazione generale
- Vv. 17-22: richiesta di interpretazione più in dettaglio, tale richiesta è ai vv. 19-20, dove
appare una descrizione più in dettaglio della visione, questo ai vv. 21-22.
- Vv. 23-27: interpretazione finale dell’angelo, questo prima sulla 4ta bestia (v. 23), sul
piccolo corno (vv. 24-25) e poi sul giudizio ed il regno di Dio (vv. 26-27).
- V. 28: conclusione
È un’interpretazione in crescendo, ai vv. 25-27 abbiamo infatti il culmine della visione.
Interpretazione profetica:
- Identità dei 4 regni: primo regno è Babilonia, secondo Medo-Persia, terzo Grecia, quarto
Roma.
MESSAGGIO TEOLOGICO del cap.
1. Livello terrestre
- Il mare e la bestia, che sono simboli primordiali, questa è una mitologia pagana antica,
perché il mare è un simbolo di caos. Il simbolo del 4 rappresenta la totalità, la
completezza, universalità, in quanto rappresenta i 4 venti di tutta la terra. Cosa vuol dire
‘bestia’? Simbolo di forza bruta e arbitraria, con le 4 bestie si vuole descrivere tutto il
potere mondiale dei 4 regni ed imperi della storia.
Prima del libro di Daniele si parlava già del dragone del mare come simbolo negativo, Is
27:1, Is 51:7-10. Non c’è dunque un dragone solo, bensì 4. Infatti il dragone più brutto è
la 4rta.
Senso: visione realista della storia umana, dove le lotte diventano gigantesche. (W.
Luthi è uno dei migliori commentatori di questo capitolo)
L’essenza di questa immagine è l’applicazione della mitologia alla scoperta e alla
descrizione della storia. Il linguaggio usato è un linguaggio pagano, ma saggiamente lo
usa per entrare meglio in rapporto con la storia mondiale.
Il culmine di questo capitolo è con il potere pagano, ovvero il piccolo corno. Malgrado
l’importanza di questo corno, vediamo come essa non arriva ad essere una 5ta bestia,
bensì rimane ambiguo, rimane attaccato alla 4rta bestia. La sua ambiguità nella
descrizione deriva dalla combinazione del corno ed elementi umani (bocca, poteva
parlare). Il senso è quello di una combinazione tra potere politico e potere religioso. Alla
forza arbitraria si aggiunge la religione… è una cosa terribile (come l’Islam oggi, fanno
terrorismo in nome di Allah, in nome di un Dio, di una religione). La storia caotica
umana avrà il suo culmine nella sfida di Dio stesso, culminerà in un attacco a Dio stesso,
una forza arbitraria che attaccherà i figli di Cristo, un culmine che porterà e che sta già
portando ad un combattimento religioso.
La politica dovrebbe essere sottomessa alla religione, ai principi di Dio, (nel senso che
la religione deve guidare la politica, non comandare sulla politica) entrambi, potere
politico e potere religioso.
In tutto il capitolo c’è un passivo divino (vv. 4-6), malgrado tutto Dio è comunque
presente, in controllo della situazione, della storia.

2. Livello celeste
- L’’anziano dei giorni’, c’è il ‘trono’, letteralmente ‘troni’ (con più enfasi). Il trono fa
riferimento alla regalità. Dunque il potere qui c’è l’ha Dio, che è l’anziano. V. 10, con
tutte le miriadi di angeli intorno a lui.
Il trono era fatto di ‘fuoco’, simbolo di giudizio. E qui abbiamo dunque la grande verità,
Dio è anche giudice.
Un altro simbolo è l’anziano’, che significa esperienza e saggezza, chi ha i ‘capelli
bianchi’ indossano una corona. I ‘vestiti bianchi’ rappresentano invece la purezza.
Un Dio vestito di bianco, vestito di bianco, su di un trono di fuoco… è questa
l’immagine di questo capitolo… lui è colui che giudica le bestie, con saggezza e con
autorità.
Impressione: l’apparizione di Dio, tutto bianco e circondato di fuoco, per giudicare le
bestie. C’è una fede nella provvidenza ed il governo del mondo di Dio. È un «elemento
utopico e apocalittico», dice Alter.
Nella Bibbia il giudizio ha un senso positivo, nella modernità. Il giudizio nella Bibbia
avviene attraverso la liberazione dell’oppresso e dell’ingiustizia (Sal 7, 9, 94). Dan 7:21-
22  giustizia fu data in favore dei santi. Jack Duckanne dice che l visione del giudizio
deve essere ricevuta come una buona notizia, nel senso che il male è confrontato ed
eliminato. Il male viene smascherato tramite il giudizio.
Perplessità con Dan 7: provvidenza divina, perché Dio lascia spazio alle bestie? Perché
invece non interviene?
- V. 25 dice che i santi sono consegnati al piccolo corno per essere perseguitati: ‘Tempo,
due tempi e mezzo tempo… che significa questo? Non si sa perché Dio lascia fare
questo, lui lascia uno spazio al male poco prima del giudizio definitivo, chiamata ‘la
penultima ora’.

3. Il regno di Dio
- Il figlio dell’uomo
Qui notiamo un simbolismo dell’uomo, è l’uomo il simbolo umano del controllo della
storia. In questo senso vediamo che il figlio dell’uomo viene nelle nuvole del cielo. Qui
abbiamo una visione umanistica della storia, questo lo dice Heaton.

Daniele 9
Note alla traduzione:
- V. 21: “… mandato con rapido volo, si avvicinò a me…”
Qui troviamo l’espressione ‫בִּי ָ֔עף מֻ ָ ֣עף‬, ha due sensi possibili, dalla radice yuf, volare.
Letteralmente quindi ‘volare con volo’. La seconda opzione è yaaf, essere stanco, nella
traduzione sarebbe ‘molto stanco’, dunque ha più senso questo, per il contesto e per la
radice. Questo lo dice Kail.
- V. 23: ‘…perché tu sei molto amato”
Nell’ebraico c’è una espressione incompiuta (‫ֲמּודֹות‬ ֖ ‫)ח‬, si può completare con Dan 10:11,
19, qui sta ‘uomo di desideri’ ish hamudot, o ‘uomo molto desiderato/amato’
- V. 23b: “Fa dunque attenzione al messaggio e comprendi la visione”
Qui il verbo ‫בִי ֙ן‬, al qal e all’hifil in parallelo con le due frasi in questa parte (23b).
‘parola/visione’: si riferiscono alla stessa cosa (alla comunicazione dell’angelo)
- V. 24: “Settanta settimane sono state fissate riguardo al popolo…”
‘settimane’ viene associato con
ָׁ , normalmente sarebbe shabuot, al femminile. Anche in Dan 10:2-
‫ש ֻב ִ֨עים‬   
3, abbiamo la stessa espressione con l’aggiunta di giorni (yamim). Nel
secondo specifica ‘settimane di giorni’, mentre nel 9:24 non si definisce,
quindi si suppone si tratti di ‘settimane di anni’. La scelta di shabuim è
una caratteristica dello stile di Dan.

C’è il verbo nehtaq, questo è un apax. La particolarità di questo vrbo è


che ‘tagliare, dividere’ è un verbo da poter riattaccare a Dan 8. Perché si
pensa che le settimane sono tagliate da quelle (cose) parlate in Dan 8. Si
specifica però che è ambiguo come teorema.
Nel v 24 ci sono 6 infiniti che descrivono l’opera del messia.
Nell’originale non c’erano vocali, attoh.
. Particolarità dell’infinito, lecala’, cessare, finire, mettere fine
(all’iniquità, la perversione). Il problema è che qui ci sono 2 verbi, uno è
Kalah, uno con alef finale ed uno con he finale. Il verbo con alef esiste
solo al qal, che significa ‘restringere, recchiudere’. Mentre con he,
significa ‘mettere freno’. Bisogna preferire il ketiv, restringere (la
ribellione). In quanto ha una lettura più difficile.
. Altro verbo è hatam, che significa sigillare, tamam, invece significa
finire (o essere perfetto). Sono sinonimi del verbo lecala’. La proposta
dei massoreti è di leggere il singolare di hatam, mentre si preferisce la
strada più difficile, ovvero con il testo così com’è, al plurale, dunque
‘sigillare’, che è la ketiv. Non la qere.
. un altro infinito è lehabi’, per sigillare (visione e profeta).
. il sesto infinito è limeshoha, per ungere (il santo dei santi) o c’è chi
legge (il messia). Qodesh qodashim, significa ‘i mobili santi del
santuario’, essa è una specificazione di migdash, santuario (Ez 45:3).
Dunque si può anche tradurre, ‘le cose sante del santuario’. (Es 26:33)
Qui dicono sempre ‘il posto dietro al velo’ (Es 30:26-29)  qui ci sono
molti qodesh qodashim. Che ha come significato ‘santissime’.
Ciò di cui si sta parlando nel v. 24 di Dan 9 è il luogo intero che è santo,
a tutto il santuario dunque.
Nessuna traduzione in italiano traducono bene il significato, alcuni
‘santo’, alcuni ’messia’ addirittura.

- V. 25: non si può tradurre ‘un principe unto’, perché è ‘il messia
principe’.
Nel 25 si da la venuta del messia in 7 settimane, nel 26 dopo 62
settimane. Noi nel v. 25 dobbiamo leggere 7 settimane e 62 settimane. Il
Messia dunque viene dopo 69 settimane. Mentre nel v. 26 dice che il
messia sarà tagliato fuori dopo le 62 settimane.
La NR, la ND e la D, uniscono i due periodi che sono 7 e 62 settimane.
Mentre la CEI e la NR (di un anno sconosciuto) mettono un punto e
virgola, dunque bloccano.
- V. 26: ‘…fino alla fine della guerra’, si tratta di una frase nominale o
allo stato costrutto? Ci sono due possibilità di traduzione, o ‘fino alla
fine della guerra’ o ‘fino alla fine sarà guerra’. La NR, la ND e la D,
leggono ‘fino alla fine della guerra. Mentre la CEI e la Bibbia
concordata traducono ‘fino alla fine, guerra’.
- V. 27: qui non si dice ‘fare un’alleanza’, perché sarebbe karat berit,
invece si dice ‘confermare un’alleanza. (8:25, 11:33 o 23).
Hazi, espirme di più un periodo, durante. Ma a volte può sugnificare
anche ‘nel mezzo’, ‘in un punto’ della settimana. Ovvero di un periodo
all’interno di un altro periodo.
L’ultima frase ha un problema, c’è un ‘vav’ all’inizio che non permette
di tradurre bene. Dubbio sull’ultima parola shomem, mentre è
meshomem nella prima parte. Seguendo Kail è tradurre questa parte con
una frase relativa, ‘fino alla distruzione, è quello che è decretato, che
sarà versato sul desolatore’.
Un altro problema, come si deve tradurre shomem? Qui potrebbe avere

Mancano 5 minuti di appunti

In Dan 9 c’è un cambio di forma di rivelazione, nel 7 c’è un sogno, qui invece c’è la
lettura e la riflessione dei libri. Il contesto ed il contenuto è l’esilio, infatti Daniele
prega nella prima parte per coloro che sono in esilio.
I vv. 1-2, introduzione narrativa, abbiamo la data e nel 2 il contesto della preghiera e
della profezia di Geremia, dei 70 anni sulla città.
vv. 3-19, preghiera di Daniele, Divisa in:
v.3, introduzione alla preghiera, piccolo romano.
v.4, 2 piccolo romani, invocazione al Dio dell’alleanza
vv.5-14, 3 piccolo romani, prima parte della preghiera, facile da vedere perché nel v.
15 c’è veattah. Divisa in:
a. Vv. 5-10, confessione di peccati, con 4 verbi al perfetto nel v. 5. Nei vv. 7-10 si
riconosce la giustizia divina, lui è giusto, siamo noi ad aver sbagliato. Infatti ai
vv. 7 e 8 si ripete ‘vergogna nella nostra faccia’.
b. Vv. 11-14, punizione divina, qui c’è sempre un imperfetto consecutivo che
introduce i singoli versetti.
vv. 15-19, 4 piccolo romani, che inizia con attah, con una richiesta. La preghiera è
divisa in due parti, vv. 15-16 e 17-19. Qui si fa la richiesta (v. 16) di togliere la furia
dalla città di Gerusalemme.
In questi vv. c’è un’allusione all’esilio, questo è il contesto storico della preghiera (al
v. 17) e della profezia che seguirà. Qui si parla del santuario desolato come un simbolo
della desolazione d’Israele, che fa allusione all’esilio. Vv. 17-19 c’è una triplice
ripetizione, c’è una preghiera con diversi imperativi. Nel v. 17 ci sono 2 imperativi, e
nel v. 18, 4 imperativi, 2 in riferimento all’ascoltare e due in riferimento al vedere. La
preghiera non è uno scherzo, che è utile, essa non è una riflessione o meditazione. Allo
stesso modo al v. 19, altri 4 imperativi. Collins dice che la prima parte del capitolo
sottolinea la storia d’Israele, Dan 9A. Mentre gli altri capitoli (7,8,11) di cosa parlano?
Della storia mondiale, Grecia, Medio-Persia ecc, questo capitolo (9) invece parla
d’Israele, è dunque molto particolare. Collins ne vede qui un conflitto teologico fra
Dan 9 e 7-8, che non parlano del particolare, d’Israele, ma degli imperi del mondo
intero.
Vediamo una crisi della relazione tra Dioi ed Israele che è in crisi.
vv. 20-27 portano la profezia delle 70 settimane (risposta divina ala preghiera)
- Vv. 20-21, quadro narrativo della preghiera
- Vv. 22-27 risposta divina dell’angelo Gabriele.
vv. 20-21, riprende i vv. 1-2, nel v. 20 ci sono 4 participi che sottolinenao
tutto ciò che stava facendo mentre arrivava l’angelo, mentre i due ultimi
participi hanno complementi e dicono cosa stava facendo Dan, ovvero
supplicava «per la montagna Santa», simbolo del Tempio, dunque si
riferiva ad esso, che era il centro dell’alleanza.
vv. 22-27 si dividono in due,
- vv. 22-23 introduzione
- vv. 24-37 profezia delle 70 settimane
vv. 22-23, si sottolinea il verbo ‘comprendere’ (‫)בֶן‬, che significaa
intelligenza e comprenione. Esso fa da inclusione in questi vv. 22-23, si
trova all’inizio al qal e alla fine con l’hifil.
Nel v. 23B si sottolinea con due imperativi all’hifil, i complimenti di questi
due verbi sono paralleli. Dabar si riferisce al contenuto, marè si riferisce
alla forma (una visione).
vv. 24-27, profezia fortemente messianica, perchè? Vv. 35-36, si trova
spesso la parola Messia. La profezia ha una struttura.
- V. 24, fa un riassunto della profezia, appaiono le 70 settimane
- V. 25-27, sviluppo in dettaglio della profezia, qui si dividono le 70
settimane in dettaglio.
Nel 24, come leggere le settimane? Le si pensa di leggere in anni, perché
parte dai 70 anni di Geremia. C’è dunque una moltiplicazione apocalittica
delle settimane. In questo v. si usano alcune preposizioni ‘sul’ (al) e poi
cambia in ‘per’, sottolineando lo scopo, che è la profezia. I verbi usati, 6
infiniti, infatti sottolineano questo, che Dio ha determinato in modo preciso
l’opera che lui vuole adoperare. I 6 infiniti sono organizzato in due serie di
verbi. I 1mi 3 parlano della ribellione ed iniquità, mentre gli ultimi 3
parlano in modo positivo di ciò che succede dopo l’eliminazione del
peccato. C’è una corrispondenza tra queste due serie di 3. Una cosa è certa
il 2ndo verbo di ogni serie usa il verbo attam, sigillare. Andiamo in
dettaglio di ogni singolo verbo:
1. Kalà, Parla della limitazione, della ribllione
2. Attam, sigillare il peccato. Il plurale si usa per indicare le diverse
dimostrazioni della trasgressione. Il senso del verbo sigillare, parallelo a
restringere, limitare (kalà), è che non si elimina il peccato, ma di una
limitazione.
3. Kafar, parla dell’espiazione del peccato, esso è il culmine della prima
serie. Esso spiega come si realizzano i primi due, come si limita e come
si sigilla il peccato, ovvero tramite l’espiazione.
C’è l’opera messianica dell’espiazione del peccato, ci parla di una
limitazione, non dell’eliminazione. Si parla di questa perhè con le 70
settimane in realtà si sta iniziando, dunque si limita, dopo, alla fine sarà
l’eliminazione.
4. Zedek olamim, parla della giustizia eterna, il plurale sottolinea il
concetto di eternità. E la giustizia eterna è il regno di Dio, ovvero che
porterà una nuova dimensione.
5. attam, sigillamento della visione ed il profeta. L’espressione conferma
l’adempimento di ogni profezia. La visione ed il profeta adempiono
l’opera del Messia, entrambi hanno un’aria escatologica, si fa dunque
allusione al regno di Dio.
6. Qodesh qodashim, letteralmente ‘santo santissimo’, riferendosi
all’unzione del santuario. Si fa riferimento all’unzione del nuovo
santuario, un’inaugurazione. Questa dell’unzione è l’immagine culmine
del v.
Questa seconda serie parla di inaugurazione di un tempio celeste, solo
che l’ultimo verbo parla appunto di una inaugurazione. I 6 verbi infiniti
parlano dell’inizio dell’opera messianica. I primi 3 della limitazione ed
il 6sto infinito dell’opera messianica, mentre il 4to e 5to dell’opera di
Dio.
Nel contesto della profezia di Dan c’è una risposta negativa. Cioè? La profezia gli da
una risposta negativa, cioè che non sono 70 anni, ma 70 settimane moltiplicate per 7,
che alla fine vanno verso la meta, l’eliminazione del peccato. Si parla dell’arrivo del
regno di Dio, di un nuovo ordine.
vv. 25-27, essi sviluppano il v. 24. Nel 25 c’è un’introduzione paratestuale, ovvero che
non è il contenuto, ma qualcosa che indica il contenuto. I vv. 25-27 dividono le 70
settimane in unità minori, per esempio, il v 25 descrive gli avvenimenti delle prime 7
settimane, poi il v. 26 si occupa delle 62 settimane successive, di quello che
arriverebbe dopo queste 62 settimane. Si sottolineano queste indicazioni temporali che
indicano i periodi all’estremo, in particolar modo gli avvenimenti dell’ultima
settimana.
La profezia si concentra dunque dopo le 7 settimane o dopo le 62, dunque dopo 69?
Ovviamente dopo le 69.

Il v. 25 parla delle 70 settimane, il 26 delle 62 settimane, nel 27 dell’ultima settimana


Il Messiah viene dopo queste 69 settimane.
Nel v. 25 ci sono due importanti avvenimenti: 1. La ricostruzione di Gerusalemme, e 2)
l’arrivo del Messia. Questi avvenimenti hanno una data. Il primo è l’uscita dell’ordine
per uscire da Gerusalemme e ricostruirla, e c’è una data. La ragione della divisione
delle settimane, 7 e 62 è che le prime 7 sono destinate alla ricostruzione di
Gerusalemme.
L’altro avvenimento è l’arrivo del Messia, bisogna considerare la pausa dopo le 7
settimane, dove addirittura si pensa di mettere un punto e virgola per sottolinearne la
pausa che viene fatta nel testo originale. Si parla di lettura messianica, anche se la
lettura non appoggia questa venuta, cosa lo appoggia? 1) il v. 24 con i 6 infiniti, ed è
una profezia che sottolinea la venuta di un Messia. Mentre i vv. 26-27 sviluppano ciò
che il v. 24 ha evidenziato. 2) il Messia non può venire 2 volte. 3) la profezia sembra
sottolineare l’opera dell’ultima settimana.
STRUTTURA: La profezia deve essere letta in modo circolare, Duckan ne parla nel
suo articolo ed anche nel suo commentario.
1. L’opera del Messia
2. Ricostruzione di Gerusalemme
La struttura sarebbe così:
A. Venuta del Messia (v. 25A)
B. Costruzione della città di Gerusalemme, degli edifici (v. 25B)
C. Morte del Messia (v. 26A)
D. Distruzione della città e del santuario (26B)
E. L’alleanza realizzata dal Messia (27A)
F. Arrivo del desolatore con desolazione sulla città ed il popolo (27B)
Il Messia qui è intercalato con il tema della città, la sua opera è intercalata all’opera di
Gerusalemme.
Le 70 settimane non sono soltanto collegate alla costruzione di Gerusalemme, ma
soprattutto al Messia, questo lo dice Karol Newson. Questo indica che la salvezza di
una nazione, misurata in rapporto alla salvezza o destino del tempio/santuario.
Dall’altro lato la salvezza è collegata all’unto, ad un Messia, che dopo le 69 settimane
deve morire.
Ci sono due termini che vengono dal vocabolario del santuario, ‘ungere’ e
v.26, si fa allusione a 3 avvenimenti:
a. la morte del Messia nella 69° settimana, ‘sarà tagliato’, un verbo che sottolinea una
morte violenta.
b. l’attacco del popolo del principe, al santuario.
c. allusione alla distruzione del principe cattivo tramite un giudizio divino.
Il suo giudizio è incorniciato da un contesto escatologico, apocalittico. Abbiamo
dunque due lati di tale profezia, un lato di salvezza e poi diventa cupo dopo, appaiono
le desolazioni.
Il v. 26 ha un’aria escatologica, capibile dall’ultima frase. Il contesto della venuta del
Messia non è un epoca di pace, ma di angoscia e sofferenza, sarà dunque un contesto
apocalittico.

Il v. 27 ha 3 avvenimenti importanti: i primi 2 dedicati all’opera del Messia


a. Il Messia conferma un’alleanza per molti, qui c’è una descrizione di tale opera
(in favore di molti). Il termine rabim, descrive tale opera per il ‘popolo’, coloro
che soffrono (Dan 12:2-3). Tale termine appare anch in altri contesti,da questo
capiamo che è un opera messianica.
b. C’è il sistema dei sacrifici: le offerte col sangue, vegetale, sacrificio di pace e
sacrificio per il peccato (cosi come descritti in levitico). Questi sacrifici fanno
allusione a tutto il sistema di sacrifici del santuario.
Azzi, descrive un punto della settimana, che è alla metà della settimana.
c. Si tratta dell’arrivo e la distruzione del desolatore, questa 3za parte è il punto
forte dell’interpretazione negativa. Parla del desolatore che viene con le ‘ali’
della desolazione. Dice poi nel momento deciso da Dio, sarà però distrutto.
Prima si parla del desolatore, poi finisce parlando del popolo che soffre la
desolazione.
Alla fine del v. 27 appare la parola ‘fine’, sottolineando un’aria escatologica e
apocalittica. Tale profezia messianica parla anche dell’opera del desolatore e delle
desolazioni decretate al popolo, ambientato in un contesto drammatico.

L’INTERPRETAZIONE PROFETICA
Ford e Duckan (ottimi commentari di questo capitolo)
I 3 piccoli Romani:
1. 1mo piccolo Romani, interpretazione storica-critica L’interpretazione di Dan 9
non è una profezia, è più una storia ex-eventu (cioè dopo l’avvenimento).
L’ultima settimana cade negli anni 164 d.C., nell’epoca di Antioco. Accettano
che siano settimane contate invece in anni. I critici non arrivano all’idea di
profezia o escatologia.
2. 2do piccolo Romani, con questo approccio le settimane non sono letterali, ma
simbolica. La profezia descrive un periodo che va dall’epoca del profeta al
regno di Dio, diviso simbolicamente in 3 piccoli periodi:
a. Periodo delle 7 settimane, da Ciro fino all’epoca di Gesù,
b. Periodo delle 62settimane, servono a restaurare Gerusalemme
c. L’ultima settimana inizia con la morte del Messia, una morte spirituale in
realtà, dove arriva l’anticristo che domina fino alla fine dei tempi.
3. 3zo piccolo Romani, approccio dove la profezia è una vera profezia. Le
settimane sono dunque anni letterali e non simbolici. Si segue il più possibile il
senso naturale. Mt 24, Gesù, 2 Tes 2 con Paolo, entrambi usano un linguaggio
danielico per parlare del futuro e dell’anticristo. Addirittura in Mt si menziona
Daniele per nome. Applica la profezia di Daniele all’attacco all’anticristo degli
ultimi tempi.

L’anno della preghiera, è l’anno della profezia di Daniele 2 e 7. C’è un gioco con il
numero 70 (settimane), essa in realtà è un potenziamento numerico, ma anche
tematico, in pari con la profezia dei 70 anni di Geremia (durante l’esilio). Si pensa sia
come il giubileo dove si calcola 7x7, per sottolinearne un potenziamento. C’è dunque
un simbolismo col numero 7? Dunque si pensa che tali 70 settimane parlano di un
giubileo nell’intero mondo. La profezia indica che essa non è ambientata nel vuoto ma
accompagna la ricostruzione di Gerusalemme ed il destino del mondo.
La profezia è messianica, (v.24) cioè che la risposta che Dio da a Daniele è che le
benedizioni che Daniele cercava per il suo popolo arriveranno, ma saranno all’interno
di un’opera messianica. La salvezza che Daniele cerca, diventa nella risposta
dell’angelo, un’ombra della salvezza e della redenzione, più grande, si allarga a tutto il
mondo.
In Dan 9:21, c’è un collegamento evidente a Dan 8, riguardo la visione ‘di prima’, con
l’angelo Gabriele. C’è anche un collegamento tematico, in Dan 9:24 si parla del
santuario, mentre in Dan 8:11-14 della rivendicazione del santuario, si continua il
discorso della santificazione, aspersione. Tale santuario è collegata al Messia e alla sua
opera.
Dal punto di vista tematico dunque Dan 8 e 9 sono complementari, Dan 9 parla
dell’inizio del servizio nel santuario, invece Dan 8 parla della conclusione del servizio
nel santuario, con lo Yom Kippur universale. I 6 infiniti del v. 24, dunque parlano
dell’inizio dell’opera messianica, della croce, della resurrezione, dell’ascensione. Ma
questo inizio che il messia fa, lo fa nel contesto di un adempimento totale del piano di
Dio, questo si vede nel 4to e 5to infinito. La profezia di Dn 9 è l’inizio
dell’escatologia, c’è una ‘guerra fino alla fine’ è un primo passo verso la fine. C’è un
evidente clima apocalittico.
Mc 1:14-15, c’è un linguaggio profetico. ‘il tempo è compiuto’ è arrivato il tempo della
fine. Atti 2:14-17, qui nel v.17 si profetizza ciò che sarebbe successo dopo, ovvero
dopo la morte di Gesù e la venuta dello spirito santo. Essi erano dei segni dell’inizio
che portavano alla fine.
La profezia delle 70 settimana ha chiari elementi escatologici ed apocalittici, il
devastatore, le cose decretate e le cose consumate ecc... Dan 9 fa allusione alla lotta
apocalittica che accompagna l’arrivo del Regno di Dio che incomincia con la morte del
Messia. Possiamo dire che dal punto di vista cronologico e del contesto, la profezia
delle 70 settimane da inizio ai 2300 anni che incominciano nel 457 a.C. Duckan
sottolinea, riguardo questa data 1844, che il pensiero ebraico, la Bibbia, mette Dio
nella storia e nel tempo. La verità biblica non è nell’ordine filosofico, ma soprattutto
storica. Un evento evidente, riconosciuto nella storia, fu proprio l’esiliazione da parte
del re Ciro di tutti gli ebrei. La Bibbia non si fa problemi nel sottolineare date ed eventi
storici.

Interpretazione del v. 24: ci da il risultato di ciò che deve avvenire


successivamente. Ci sono 6 infiniti, i primi tre sottolineano il peccato, il terzo è per
l’espiazione. Il quarto verbo parla di un risultato positivo, dell’opera del messia, colui
che porta la giustizia eterna. Parla della vittoria, del Regno di Dio che sta portando.
Dunque l’opera del Messia marca l’inizio del Regno. IL quinto infinito parla del
sigillamento. Dan 9:24 parla del Vangelo, in quanto quei 6 infiniti sono stati adempiti
con Gesù.
2 piccolo romani, interpretazione v. 25-27:
v.25 parla evidentemente della ricostruzione di Gerusalemme,
v.26 indica la morte violenta del Messia, che sarà tagliato, karat al nifal indica tale
violenza. Così dalla distruzione della città santa ed Israele, la profezia passa alle
descrizioni continue del regno di Dio. L’adempimento di questa parte della profezia si
vede dai romani, dove i soldati di Tito hanno fatto prendere a fuoco Gerusalemme
v.27 parla di u alleanza confermata a molti, questo indica che parla dei pagani inclusi
nel piano della salvezza. Il termine molti sembra sottolineare l’entrata dei pagani nel
piano della salvezza.
Dan 9 fa allusione al piccolo corno di Dan 7 ed i 4 imperi

La profezia delle 70 settimane annuncia il vangelo, l’opera del Messia Gesù, che espia
il peccato e porta il regno di Dio.
Il sacrificio di Gesù è la base di tutto, perché si collega alla cancellazione del peccato.
Il rituale del satuario prevede dunque nel giorno dell’espiazione l’eliminazione del
peccato, che ha una prospettiva escatologica di cui ci parlano il 4to e 5to infinito.
L’opera del Messia si realizza nella storia, ecco perché la profezia parla di anni e date
precise. Sottolinea che tale opera è dentro la storia, si parla della ricostruzione di
Gerusalemme, quindi fatti reali. Dio ha scelto questo periodo per espiare il peccato e
portare la giustizia eterna. Dio guida la storia del suo popolo, Dio ha un piano
(prendere meglio gli appunto di questa parte)
DANIELE 8
Note alla traduzione:
v.5 - «Ecco venire dall’occidente un capro…» NR tradution, letteralmente in ebraico
sarebbe ‘capro delle capre’, ‫ ְצפִיר‬è un termine molto raro, poco utilizzato,
probabilmente dall’aramaico. Per far comprendere questo termine hanno aggiunto
֙‫הָ ֽ ִעזִּים‬.

v.5b - «Questo capro aveva un grosso corno», ‫חָז֖ ּות ֶ ֥ק ֶרן‬, letteralmente ‘corno notabile’,
nel senso che spicca, che si nota.
v.8 - «al suo posto spuntarono quattro grandi corna», letteralmente dice ‘spuntarono,
salirono, quattro notabili (‫ ) ָח ֤זּות‬al suo posto. Dunque non c’è il termine ‘corna’
v.9 - «da uno di essi uscì un piccolo corno», letteralmente dice ‘un corno di
piccolezza’, vuole probabilmente indicare le origini di questo corno, che era
piccolissimo all’inizio.
v.9b - «s’ingrandirono molto il sud, verso l’oriente e del paese splendido»,
letteralmente dice ‘verso lo splendore/bellezza’. È un’ellissi, qualcosa che manca, che
può essere completata con Dam 11:16-41, dove appare ‘terra di splendore’.
v.11 - «gli tolse il sacrificio quotidiano», c’è un primo punto discusso, senso di ‫ּומִ ֶּ֙מּנ ּ֙ו‬,
sarebbe ‘da lui’. L’alternativa sarebbe ‘tramite lui’, o ‘d lui’. Mi, potrebbe avere un
senso causativo ‘tramite lui’, ma sarebbe meglio da prendere ‘da lui’, come fa la NR e
la ND. Differenze: con voce attiva Lui tolse, sollevò, questo è il ketiv, o con voce
passiva fu tolto, fu sollevato, questo è il qere. ‫הּורם‬
֣ ַ , dovrebbe essere scritto senza la i
lunga, infatti è in hofal, non hifil dove sarebbe herim. I critici suggeriscono il ketiv, il
quale ha la lettura più naturale, mentre i massoreti preferivano usare il ketiv, con herim.
Cfr la ND.
Tamid, letteralmente significa ‘continuo’, mentre lo hanno tradotto con sacrificio.
Questo perché nel santuario c’erano molte cose contune, il candelabro, il pane, il fuoco
nell’altare dell’olocausto, tutte queste cose dovevano essere tamid, cioè continue.
Quindi quando si parla di tamid, si parla di tutto il servizio completo del santuario
v.11b - «e sconvolse il luogo del suo santuario»
v.12 - «un esercito fu abbandonato, così pure il sacrificio quotidiano, a causa
dell’iniquità», al è interpretato con ‘su’, ‘anche’ il tamid, ovvero il sacrificio continuo.
I punti di discussione qui con diversi:
1. a chi si riferisce ‘esercito’? (positivo) al popolo dei santi, o (negativo) all’esercito
invasore. ‫ ְוצָבָ ֛א‬, può essere che sta parlando dell’esercito del principe, dunque il popolo
dei santi, mentre altri pensano che zaba’, si riferisca all’esercito del corno. Per capirlo
bisogna capire il contesto, infatti nel v. 11 si parla di esercito, che è quello del principe.
Dunque si suppone sia ancora quello. Se si sceglie il senso positivo al, ha senso di ‘su’,
mentre se si sceglie il senso negativo di esercito, al, avrà senso di ‘contro’.
2. senso della preposizione ‫ ְּב‬: significa ‘in’, ma in altri casi può significare ‘a causa’,
cfr Kyle e la NR e ND. Si deve pensare di quale trasgressione (‫ ) ָ ֑פשַׁ ע‬si sta parlando qui.
Si parla dunque dell’iniquità del popolo dei santi, ovvio che la traduzione è allora ‘a
causa’.
v.12b - «ma esso prosperò nelle sue imprese», nell’ebraico invece si usano due verbi,
quindi sarebbe meglio dare il senso letterale.
v.13 - «fino a quando durerà la visione del sacrificio», nell’ebraico ‫ חָז֤ ֹון‬è allo stato
assoluto, nella grammatica un sostantivo in stato costrutto/assoluto non ha bisogno di
avere l’articolo. Invece qui c’è, dunque si traduce ‘fino a quando la visione’, non ‘la
visione del continuo/sacrificio’. La prima traduzione è quella corretta, poi si fa l’elenco
delle cose come il sacrificio, la trasgressione. Vanno contro la NR e la ND, meglio la
CEI.
v.14A - «fino a 2300 sere e mattine…». Nell’ebraico dice ‘sera’, ‘mattino’, che
rappresentano i 2300. Non viene detto giorni, ma si intende ‘giorni’.
v.14B - «Poi il santuario sarà purificato», qui il senso del verbo ‫ ְונִצ ַּ ְ֖דק‬, è discusso,
significa letteralmente ‘essere giusto, corretto’. Dunque la traduzione letterale del
versetto è «Il santuario sarà rivendicato/giustificato».
La migliore versione è la CEI (sarà rivendicato), o la NV (sarà fatta giustiia), e la LDI.
v.19 - «…che avverrà nell’ultimo tempo dell’idignazione», ‫ַאח ִ ֲ֣רית‬, traduce letteralmente
‘l’ultima parte’, ovvero la parte finale di un periodo
v.19b «…la visione riguarda il tempo della fine», lett ‘il tempo fissato’, ‫מֹוע֥ד‬
ֵ .

II. ANALISI LETTERARIA E DEL CONTENUTO


vv.3-14 c’è la visione
vv.15-18, analisi della visione
vv.19-26
Struttura secondo Coldinghen
Struttura secondo Miguel:
vv.1-2 – introduzione
vv.3-14 – visione
vv.15-27 – interpretazione

vv.1-2 – introduzione storica, qui abbiamo al v.1 la data della visione, in più si rimanda
al capitolo precedente, in quanto si parla della visione mostrata al cap 7. Qui c’è la
triplice presenza di ani, che sottolinea la missione. Per quanto riguarda lo spazio,
mostra il grande impero persiano. La prospettiva temporale e spaziale si riduce in Dan
8, perché la profezia focalizza il periodo greco. Non ci sono piu 4 regni, ma due regni,
cambia anche il tipo di simbologia. Addirittura sono adesso animali domestici,
collegati al servizio sacerdotale. La simbologia che si utilizza è quella del santuario. Si
cambia la prospettiva e anche la lingua, da qui incomincia l’ebraico, non più
l’aramaico.
vv.3-14, la visione. Qui abbiamo 4 parti:
- vv.3-4 il montone
- vv.5-8 il capro
- vv. 9-12 il piccolo corno
- vv. 13-14 il dialogo angelico, fra gli angeli
a. vv. 3-4, il 3 descrive l’apparenza del montone, in piedi davanti al canale e
aveva due corna. La descrizione focalizza sulla descrizione delle corna. Il v.4
descrive l’attività del montone, cozzava a ovest, verso il nord, il Neghev (sud),
considerando la prospettiva della Palestina (il Neghev si trova proprio li).
Dunque lui veniva dall’est. Ci sono du formule di introduzione piu lunga
all’inizio del v.3 e più corta al v.4
b. vv. 5-8, che possiamo dividere in v.5, con l’arrivo del capro ‘capro dei capri’,
che veniva da occidente senza toccare terra, in modo veloce. La descrizione del
capro si concentra di nuovo in un solo punto, sul corno.
Nei vv. 6-7 si descrive il confronto fra il capro ed il montone. Il v. 6 ricorda la
presenza nella scena del montone. Il v. 7 descrive l’attacco del capro al
montone, abbiamo qui 5 imperfetti consecutivi che ne descrivono tale attacco.
Il primo sottolinea la causa dell’inizio, era ‘arrabbiato’, poi gli altri sottolineano
le varie azioni con intercalari che evidenziano la fragilità.
V.8 completa la descrizione, cominciando con una frase invertita. L’inversione
verbale non descrive l’inizio di una nuova arte, ma chiude la descrizione del
capro. Il v. ritorna a parlare del corno del capro, dove nel momento più grande
della sua forza egli si spezza. Qui non si dice il termine corna, ma solo azut, che
significa ‘cospicuo’, ma è ovvio che si parla delle corna, in quanto già nel v.
prima si ritrova questa parola associata a corna.
c. vv. 9-, esso descrive l’apparizione del corno, che esce da uno di loro, uno al
femminile, loro al maschile. C’è un’incongruenza di genere. Dunque il piccolo corno
non esce da uno delle corna, ma da uno dei venti, perche ‘vento’ è al femminile e
‘cielo’ al maschile. Confermato da Sheil… ma non accettato. In quanto si condivide
che esca da una delle corna, perché il verbo è al maschile, mentre corna al femminile,
quindi anche qui ci sarebbe un’incongruenza. Quindi le incongruenze grammaticali
non sono solo li, ma in altre. Dunque in modo generale anche se c’è la forma
femminile, l’ebraico può usare il maschile come forma generale che include anche il
femminile. Dal punto di vista grammaticale è debole la giustificazione di dire che il
corno provenga dai uno dei venti, dunque essendo che i venti non giocano nessun ruolo
dal punto di vista del contesto, si afferma che il corno viene da uno delle corna.
Il corno era piccolo, sottolineando l’orgine molto piccola del corno ‘piccolezza’, come
si definisce nell’ebraico. Qui si da una presentazione al corno, e fino al v.12 si descrive
la grande crescita del piccolo corno, evidenziato dall’uso del verbo gadal, diventare
grande. 3 volte si usa tale verbo, al v. 9, 10 e 11, rispettivamente al qal e all’11 all’hifil.
Si usa la preposizione ad, al v. 10 e 11, «s’ingrandì ‘fino a’…», tale crescita è descritta
come graduazione. Il v 9 descrive la crescita per primo a livello orizzontale, dunque
spaziale, verso il sud, est, e verso il paese splendido. dunque ovvio che venga
dall’ovest. Il v. 10 descrive l’espansione del corno invece in senso verticale, arriva fino
all’esercito del cielo. ‘esercito’ e ‘stelle’ indicano lo stesso soggetto. Il vav in mezzo
non è un ‘e’, ma un ‘cioè’, dunque una spiegazione.
Dal v. 11-12 si descrive l’ultima tappa della sua espansione, «»s’ingrandì fino al capo
dell’esercito, gli tolse il sacrificio quotidiano ecc…». Nell’ebraico si traduce ‘principe’
non capo. Mentre il termine tamid, descrive tutto il servizio del santuario, dunque si
intende sacrificio continuo. Nei testi del santuario però sappiamo che tutte le cose che
erano all’interno del santuario erano tamid, il pane, il candelabro, l’incenso, sono
descritti tutti come tamid. Il v. 12 precisa che l’esercito del cielo con il continuo sono
presi, ed utilizzati a causa del peccato. Nell’ebraico c’è il verbo natan, ‘fu consegnato’,
all’hifil. In funzione del peccato, esso è la causa della caduta dell’esercito.
In questi vv, nel v. 11A si trova il titolo di tale parte, ovvero ‘attacco al principe
dell’esercito’. Mentre 11B aggiunge un’immagine di ciò. Nei vv.11-12 si sottolinea un
culmine, dove le prime due frasi sono invertite, l’ultima no, il verbo viene al secondo
posto. La stessa cosa succede nel v. 12. Queste frasi invertite, sottolineano gli elementi
e rallentano il tempo narrativo, il tipo di verbo rallenta il tempo. Si usa un perfetto
consecutivo, per evidenziare la conclusione.
Nel v. 12 abbiamo tinaten, che è un imperfetto nifal. Così come anche ‘fu gettato’ è un
imperfetto consecutivi. Che senso ha questo cambio all’imperfetto? Esso cambia la
prospettiva della descrizione, si commenta, si descrive come si prolunga l’azione nel
tempo. Sono dunque imperfetti interattivi, nel senso che sottolinea un’azione che si
ripete e continua dì nel tempo. Si sottolinea lo scandalo di ciò che succede. Il v. 12
conclude con due perfetti consecutivi che si definiscono conclusivi, perché riassumono
ciò che fa.
d. vv. 13-14, l’audizione. Qui il profeta smette di vedere, ma ode, cambia il
livello di percezione. L’audizione interrompe la visione, è una specie di
interludio che sottolinea la parte precedente, ovvero la descrizione del
piccolo corno. C’è un semplice cambio di livello, non di scena. La
prospettiva è celeste.
Questa parte si divide in 2, 13 la domanda e 14 la risposta. Nel v. 13 si
riassume tutta la parte precedente, dal punto di vista del santuario, in quanto
vengono riprese diverse parole, tamid, pesha ecc. La domanda presenta
l’azione del piccolo corno come un attacco. Si cambia migdash ‘santuario’,
in kodesh, ma si riferisce comunque al santuario.
La risposta invece al v.14, riprende il ‘fino a quando’, sottolineando 2300
sere e mattine. Queste due parole sono entrambe al singolare e non hanno il
vav in mezzo, sembrano riprendere Gn 11. Questi vv. sono un dialogo
angelico che commenta e focalizza la descrizione dell’azione del piccolo
corno. Questo dialogo introduce un cambio di prospettiva, non è piu il
piccolo corno il punto centrale, ma il santuario. Piu nel preciso, la durata
della desolazione del santuario. L’audizione sottolinea ciò, ma on si parla
del giudizio del piccolo corno, c’è un’atmosfera tetra, oscuro. Non si parla
della descrizione del piccolo corno, solo al v.25. Ma non si vede niente
della venuta del regno di Dio. Questo capitolo descrive il dramma, la
sofferenza del popolo di Dio.
c. Vv. 15-27 – interpretazione della visione, dal v. 15 al 18 l’angelo che interpreta
la visione. Qui in questi vv. il testo lascia la descrizione e ritorna alla narrazione
del racconto. Ani dimostra che sta iniziando un nuovo paragrafo. Nel v. 16 c’è
una specie di commissione divina, chiesta all’angelo Gabriele.
Questa commissione ci evidenzia lo scopo escatologico della visione. Vv. 15-
18 interludio con dialogo tra l’angelo e Daniele. Vv. 19-26, è un’interpretazione
parziale, perché l’angelo non chiarisce tutti gli elementi della visione, ne
descrive solo alcuni. V. 19 è un’introduzione a questa parte, in cui l’angelo
interprete dice che la visione interpreta il tempo fissato della fine del tempo. V.
20 parla del montone che rappresenta la Media, il capro invece il regno della
Grecia, il grande corno invece è il primo re. L’angelo qui menziona regni
conosciuti in tutto il mondo. Alcuni dicono che la profezia sia simbolica, che
non si applica mai ad elementi politici, ma invece lo è. La bibbia entra nella
storia, non rimane in modo generale. Vv. 23-25 si concentrano sul piccolo
corno, qui ci sono diversi enigma, uno è il corno, l’altro è il re che rimane senza
scrupoli, ma non si spiega più nient’altro. Qui il piccolo corno appare come un
re di faccia tosta, c’è una doppia descrizione, tosto, ma audace. V. 24 sviluppa
le capacità del suo potere, sviluppa quella caratteristica di faccia tosta. Il suo
potere cresce in forza, ma non per la sua forza. Ciò che aiuta la crescita è un
elemento correlativo, ovvero per la sua astuzia, non la forza. Dice nel v.
distrugge miflaot, prodigiosamente. Nel popolo dei santi. V. 25, si concentra
nella seconda caratteristica, nella sua astuzia, non più sulla forza come nei vv.
prima.
v.26 L’angelo finisce la sua frase sulla veridicità della visione dei 2300 giorni,
specificandone il limite che ha messo dell’attività del piccolo corno, si collega
quindi ai vv. 13-14. L’angelo finisce dicendo di conservare il segreto perché ha
a che fare coi tempi della fine. Nel v. 27 Daniele ha la reazione a tale
interpretazione/ rivelazione, il profeta è sfinito e si ammala addirittura. Qui c’è
un’inclusione parziale con il v. 15, ma totale con il capitolo, sottolineata da ani
Daniel.

INTERPRETAZIONE PROFETICA
Noi seguiamo un’interpretazione storico-profetica, dando pero molta importanza alla
simbologia.
1. La portata escatologica del capitolo

Si applica di solito, in modo unilaterale ed assoluto, i contenuti del capitolo ad


Antioco Epifane. Ma è vero? Nei vv. 17 e 19 dice che la visione è per il tempo
della fine. Per capire cosa si intende per et ketz, tempo della fine, possiamo
cercarla in altri capitoli. Ovvero Dan 11:40, dove si dice che il re del nord viene
distrutto. Dunque et Ketz, parla dell’ultimo conflitto e della distruzione e della
resurrezione. Ovvio che non è il tempo di Antioco, è dunque una frase
escatologica. Dan 8 si deve interpretare con il cap. 11.
Bisogna precisare comunque la prospettiva particolare di Dan 8 sul tempo della
fine, facendo un paragone con Dan 7. Li infatti si segue una sequenza
cronologica lineare fino al tempo di Dio, mentre in Dan 8 non c’è tale
sequenza, anzi, c’è un salto alla fine. Focalizza la crisi alla fine del tempo,
questo approccio è definito tipologico. Questo approccio all’escatologia si
chiama ‘doppia focalizzazione’, che è anche in Dan 11, anche qui si salta dalla
crisi del tempo ellenistico al tempo della fine (al v. 36).

2. Identificazione del piccolo corno in Dan 8

C’è un parallelo col piccolo corno in Dan 7.


Dan 7 Dan 8
v.21 dice che è più grade (dell’altro) v.9 Dice che è cresciuto
v.25 parole contro l’altissimo v.25 opposizione al principe dei principi
v.21 guerra ai santi v.24 distrugge il popolo dei santi
v.25 cambia il tempo e la legge v.12 getta la verità sulla terra
v.26 dominio v.25 senza un tormento comune
Il confronto mostra che ci sono sia somiglianze che differenze. La differenza più
importante è il luogo di provenienza del piccolo corno, in Dan 7 dice che esce dalle
corna della quarta bestia, in Dan 8 da una delle quattro corna della 3za bestia.
Ci sono diverse interpretazioni:
a. Dan 8 salta la descrizione della 4ta bestia, e parla direttamente della Roma
papale (Duckan dice questo), altri avventisti pensano che il piccolo corno
include la quarta bestia. Ma non si può dire questo, perché in Dan 8 ci sono
animali domestici, dunque non si poteva scrivere un brutto animale. Si è
cambiata la simbologia.
b. Desmond Ford parla di un principio apotelesmatico, ovvero c’è una multipla
applicazione del corno, che inizia con Antioco, poi con Roma, poi con
l’anticristo, ecc.
c. Un terzo approccio lo suppone Kail, ovvero Antioco è un piccolo anticristo, che
diventa più grande nella fine del tempo.
Il cap focalizza storicamente un periodo particolare, quella persiana. In Dan 8
specifica anche la posizione. Si cambia anche lo schema, in Dan 7 ci sono 4 regni,
in Dan 8 solo 2. Dan 8 è successivo, subordinato a Dan 7, Dan 7 ha una visione
totale con una sequenza che va da Babilonia a bho…, a una visione completa
rispetto il cap. 8.

La critica ha ragione fino ad un certo punto, perché c’è una critica di Dan 7 molto
lieve, saltano tante cose, è un’interpretazione forzata. La sfida è associare la visione
storica di Antioco con l’escatologia del capitolo.
Il piccolo corno di Dan 8 è l’anticristo, anche se ancora il cristo non è venuto. C’è
comunque un’allusione ad Antioco e la crisi sotto il suo comando.
Purificazione del santuario:
c’è un tentativo di prendere sul serio il simbolismo del satuario in Dan 8. Gli elementi
riguardo il santuario:
a. Migdash¸ santuario
b. Qodesh, santuario (da santo) – nel v. 13-14
c. Tamid, il servizio continuo – v. 11-12-13
d. Il principe dell’esercito del cielo
Il piccolo corno è descritto come un attacco al santuario, ma qui si ritrova la
restaurazione del santuario, che sarà purificato, come dice al v. 14 in Dan 8.
Poi abbiamo il periodo di 2300 sere e mattine, data dalla domanda del v. 13 «fino a
quando…?».
L’attacco del piccolo corno al santuario è un attacco spirituale, perché essendo
l’anticristo, viene rimpiazzata l’opera di Cristo con un sistema pagano, il sistema
papale. Poi s’interpreta la restaurazione del santuario come la purificazione del
santuario celeste. Con il parallelo di Dan 7 si parla di un giudizio investigativo alla fine
dei 2300 giorno. Ed infine con il contesto del cap. 9, si trova un inizio dei 2300 giorni,
che coincidono con le 70 settimane, nell’anno 457, dunque sommando 2300 anni, si va
a finire nel 1844. Questo anno è l’inizio della predicazione dei tre angeli, nel cap. 14.
Il corno è simbolo delle forze politiche. Le corna spuntano e crescono, ma poi si
rompono nel momento della sua più grande forza.
Il v. 11 parla dell’attacco del principe dell’esercito, attacca il santuario ed il popolo di
Dio, getta e calpesta a terra la verità. Il piccolo corno appare come il culmine della
descrizione delle corna. La figura del piccolo corno è elaborata seguendo l’immagine
profetica del Re orgoglioso, un es Is 14:13-15, qui c’è il re di Babilonia che s’innalza
contro Dio, pensando che lui stesso è il Dio. Si presenta come un re orgoglioso.
Cosa vuole dirci questa tradizione? Si tratta di un Re che s’innalza all’altezza di Dio e
vuole occupare il luogo di Dio stesso. Questi tratti espliciti di questa tradizione del re
orgoglioso si trovano in Dan 11:36-37, dove lui vuole alzarsi al di sopra di Dio. Così
Daniele ha creato una nuova figura biblica negativa. Cioè il potere che pensa di
incarnare il potere e la volontà degli dei, un potere che si illude di essere Dio e che
lotta contro Dio stesso. Daniele ha raffigurato un potere negativo. Questa figura è stata
chiamata ‘anticristo’.
Si sta parlando di un potere UMANO politico-storico, ce credendosi un potere assoluto
ha creduto di avere nelle sue mani di distruggere il potere della chiesa di Dio. Si
considera questo uno scandalo dallo scrittore stesso. Questo è il fondo teologico, il
dramma, per questo Daniele poi chiede «Fino a quando?». L’anticristo è stato il primo
ad incarnare un nemico così grande per la chiesa. Tutte queste manifestazioni che
incominciano con la Roma papale, hanno dimostrato che la tendenza perversa e la
degradazione siano la più grande che ci sia.
Malgrado tutto il piccolo corno è sotto il controllo di Dio. Tale controllo è attraverso il
giudizio, ma questa non è l ultia parola, è solo un passaggio. Lo scopo final è la
restaurazione del santuario, che avverrà all’arrivo di Dio.
Bisogna sottolineare la prospettiva escatologica, e non solo il carattere terribile
dell’anticristo, c’è anche una prospettiva felice della restaurazione del santuario.
Per quanto riguardo Antioco, in Dan 11 è chiaro, ma in Dan 8 bisogna essere più
prudenti. In dan 11 viene la formula della fine, che viene preparata dal v. 20ss fino al
40 circa. Antioco 4 Epifane, è il personaggio in questione. Ma si vede chiaramente che
parla di un attacco finale al monte di Sion, ma questo non è mai successo con Antioco.
Dal v. 40 siamo nel tempo della fine, fra cui si parla addirittura anche della
resurrezione. Qui si vede l’approccio simbologico, partendo dall’opera di Antioco, poi
si parla del tempo della fine dal v. 36. In Dan 8 questo è meno chiaro, ci sono pochi
dettagli.
Daniele 9 nel contesto di Dan 7-8, Dan 9:24 parla della fine del peccato,
dell’espiazione. Si parla di un’opera messianica, mentre la seconda parte parla
dell’arrivo del regno e del sigillamento. Antioco non poteva assolutamente espiare il
peccato, dunque non si parla di lui.
Secondo il rituale del santuario, di Levitico ci sono 2 fasi, una fase dove viene portato
l’agnello da sacrificare, ma questa è solo una parte del rituale, c’è un’altra visione
cosmica che rappresenta l’intero cosmo. La seconda fase è lo Yom Kippur, utile alla
fine dell’anno per completare il processo. Cosa significa salvezza? Una salvezza totale,
non solo interna, libertà dal peccato, cambio della società, un esempio di questo è Rm
5. Dunque se questo è vero, allora la croce non è sufficiente dice Duckan, perché la
croce porta la speranza del regno, che mostra l’amore di Cristo, ma lo scopo è portare
l’uomo nel suo regno. La croce da sola non ha la salvezza presente, essa è presenta
quando arriva il regno di Dio. Dunque qui abbiamo una visione escatologica della
croce, e della restaurazione del santuario.
Dan 9 parla dell’inizio dell’opera del vangelo, sottolineato dall’ultimo infinito
‘ungere’, ma nella seconda parte parla della salvezza, della ricostruzione del santuario,
con una visione escatologica.
Il giudizio iniziato nel 1844 porta lo stesso tema della salvezza che riporta al momento
della croce di Cristo. Nel vangelo Dio non mostra solo il suo amore, ma ha come scopo
anche la redenzione, una salvezza reale. La salvezza non potrebbe essere ottenuta in
nessun modo mantenendo allo stesso modo la situazione nel mondo. Il concetto della
croce chiama il concetto di giustizia, ovvero che si deve dimostrare giusto. Dunque la
croce è un patto di giustizia.
Ciò che avviene in Dan 9 è all’ombra di Dan 7, in Dan 9 si parla del vangelo, dunque
alla salvezza, mentre in Dan 7 al regno di Dio, dunque alla promessa. Ecco il vangelo
in un contesto escatologico. Come avventisti abbracciamo il vangelo con criticità, e noi
spesso non parlavamo più di speranza del vangelo, bensì si parlava molto delle piaghe
e delle corna ecc… l’avventismo dunque deve rigenerarsi, per parlare di speranza.

Ebraico Dan 8 e 9 le parti tecniche, domanda killer.


Analisi e interpretazione di Dan 8 e 9

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