Bibbia Vangeli e Ispirazione
Bibbia Vangeli e Ispirazione
Bibbia Vangeli e Ispirazione
Anche senza aver mai aperto la Bibbia, si sa che essa è il libro sacro dei cristiani e degli ebrei,
almeno per quanto riguarda l'Antico Testamento. Ma perché è un libro così importante? Per i
credenti la Bibbia fa conoscere la "comunicazione" fra Dio e gli uomini, un dialogo che percorre
circa venti secoli di storia, e precisamente va dal XIX secolo a. C. (in cui è vissuto Abramo) fino al
II secolo d. C. (con l'apostolo Giovanni). Ieri, oggi e sempre, i cristiani vivono della luce di questo
libro sacro, sacro perché ispirato da Dio. La Bibbia è Parola di Dio perché ispirata da Lui, è
espressione in parole umane della Sua Parola, poiché Egli si trova a dover parlare per mezzo di
uomini. In nessun luogo della Bibbia troviamo la parola di Dio rivolta a noi direttamente, ma
sempre ci viene comunicata dagli uomini e sempre in un linguaggio umano. La Bibbia, a differenza
del Corano, non è un libro caduto dal cielo, non è stata dettato da un angelo, ma "scritta" da diversi
uomini che l'hanno redatta nel corso dei secoli, fino al II secolo d. C..
Il nome della Bibbia: "ta biblia" significa letteralmente: "i piccoli rotoli". Da "biblia",
attraverso il latino si ha Biblia - ae , si arriva al nostro italiano Bibbia (il libro per eccellenza). È
giusto considerarla un opera unitaria, poiché, anche se vi hanno collaborato diversi scrittori, l'unico
Autore è Dio. Ma da un punto di vista propriamente umano, la Bibbia è una raccolta di libri, una
piccola biblioteca: vi troviamo infatti opere differenti l'una dall'altra raggruppate in due grandi
raccolte: l'Antico (AT) e Nuovo Testamento (NT).
Antico Testamento = Antica Alleanza (dall'ebraico berìt = patto)
Nuovo Testamento = Nuova Alleanza.
La Bibbia non è dunque un unico libro, ma una vasta raccolta di libri, diversi per forma e contenuto.
Vi incontriamo racconti in poesia, proverbi, codici di leggi, generi letterari diversi. Può a volte
apparire tanto umana da scandalizzarci perché si scoprono tratti che ci possono apparire insoliti, o
perché si avvertono divergenze nella trasmissione delle parole di Cristo. La Dei Verbum risponde
accostando il mistero della Bibbia al mistero del Verbo incarnato : “La parola di Dio, espressa con
lingua umana, si è fatta simile alla parola degli uomini, così come Dio, avendo assunto le debolezze
dell'umana natura si fece simile agli uomini”. La parola umana nella Bibbia non è stata assorbita o
annullata dalla parola di Dio, ma assunta, non La si incontra se non attraversando lo spessore della
parola umana.
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CANONE
Con il termine Canone, a partire dal IV secolo, si indica l'elenco normativo dei libri ispirati. A tal
proposito il Concilio di Laodicea, in Frigia (360 ca.), stabilisce nel canone 59: "Nell'assemblea non si devono
recitare salmi privati o libri non canonici, ma soltanto i libri canonici del Nuovo e Antico Testamento".
E' evidente che le diverse religioni e/o confessioni di fede, hanno avuto e hanno posizioni diverse
rispetto ai libri ispirati. A tal proposito è entrata in vigore la differenziazione, a partire dal Concilio di Trento,
tra libri protocanonici e deuterocanonici che, al di là dei termini usati non proprio felici, vuole indicare la
differenza tra libri universalmente riconosciuti (i primi) e libri contrastati e discussi (i secondi).
Nel linguaggio dei cattolici il termine apocrifo sta ad indicare antichi libri giudaici o
cristiani del periodo biblico o presunti tali, che nel contenuto e nel titolo si avvicinano alla Scrittura
canonica ma non sono stati accettati dalla Chiesa come testi ispirati. La fede cristiana è stata
conservata, nutrita, e comunicata oralmente. Con ogni probabilità è stata la distanza il fattore che
più ha contribuito al cambiamento della situazione. Si parla di una distanza geografica e
cronologica. Per quanto riguarda la distanza geografica, nel Concilio di Gerusalemme fu presa la
decisione di accogliere nel cristianesimo i pagani senza la circoncisione. Per il fatto che le comunità
cristiane vengono a trovarsi a grande distanza l'una dalle altre, si era resa necessaria la
comunicazione scritta (i primi scritti del N. T. sono lettere di San Paolo, il più antico in assoluto è
la prima lettera ai Tessalonicesi). In secondo luogo circa la distanza cronologica, l'esistenza di
testimoni oculari di Cristo ha caratterizzato i primi decenni del nostro cristianesimo, ma alla morte
degli Apostoli la conservazione dei detti e dei fatti di Cristo è diventata un problema.
-1) Il primo fattore importante ai fini dell'accettazione di questi scritti è stata l'origine
apostolica, reale o apparente.
-2) Siccome molte opere del Nuovo Testamento sono indirizzate a comunità cristiane
particolari, non alla Chiesa universale, il secondo fattore che ha determinato in modo notevole la
conservazione e l'accettazione di queste opere è stato la storia e l'importanza della stessa
comunità. Pensiamo ad esempio alla Chiesa di Corinto e alla comunità di Tessalonica; dunque la
stessa importanza della comunità ha portato alla accettazione di questi scritti.
-3) Un terzo criterio per l'accettazione è stata la conformità con la regola della fede, ossia
col pensiero degli Apostoli. Se questi scritti rispecchiavano il pensiero degli apostoli venivano
conservati e mai messi in dubbio.
-4) Potremmo aggiungere un quarto criterio. Molti studiosi ritengono che il caso stesso
abbia svolto un ruolo nella conservazione di opere meno importanti, mentre opere più importanti
sono andate perdute, (per esempio la lettera a Filemone si è conservata e altre lettere sono state
smarrite, come la corrispondenza di Paolo con la Chiesa di Corinto).
IL LINGUAGGIO
La Bibbia parla tre lingue: l'ebraico, l'aramaico e il greco.
EBRAICO
Lingua semitica alfabetica che è essenzialmente fondata sulle parole-radice, composte di tre
consonanti, che esprimono il significato di tutte le parole derivate da esse mediante l'aggiunta di prefissi o
suffissi.
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ARAMAICO
Strettamente imparentato con l'ebraico, lingua delle tribù nomadi (Aramei), divenne lingua
commerciale internazionale e poi delle cancellerie e dei diplomatici. Nel post-esilio soppiantò
definitivamente l'ebraico che non era più compreso dalla maggior parte del popolo d'Israele. È la lingua
materna di Gesù, degli Apostoli, della Chiesa di Gerusalemme.
GRECO
Il greco della Bibbia (detto della koiné) si distingue dal greco classico soprattutto dal punto di vista
della sintassi, preferendo la coordinazione alla subordinazione, frasi più brevi, stile diretto e numerose
licenze linguistiche.
Toràh
Per lungo tempo c'è stata la convinzione forte ed inattaccabile che i primi cinque libri dell'A.T.
fossero stati scritti dallo stesso Mosè; in realtà le tradizioni orali, che risalgono al tempo di Mosè, furono
raccolte in tempi successivi da alcuni scrittori ispirati che, in epoche diverse, diedero forma al materiale che
troviamo nei primi cinque libri della Bibbia. L'analisi letteraria del Pentateuco, attraverso lo studio delle
differenze di stile, delle ripetizioni, dei doppioni, permette di riconoscere all'interno del complesso letterario
almeno quattro grandi tradizioni, ognuna con caratteristiche proprie.
J = Jahvista
Questa tradizione identificata dal nome usato per Dio, Jahvè, attraversa tutti i libri della Torah; lo
stile è concreto, colorito, immaginoso, quasi "naif": è quello di un narratore di storie (i figli di Noè, Gn 9,18-
27; la torre di Babele Gn 11,1-9) che non esita a parlare di Dio in termini molto immaginosi, come d'un
uomo. L'approccio dello Jahvista è tipicamente psicologico e fortemente sapienziale.
E = Elohista
Caratterizzata dal nome corrente di Dio, Elohim, questa tradizione rimarca meglio la distanza fra
Dio e l'uomo; parla volentieri di un angelo, oppure di un uomo (Gn 22,11-18; 32,23-33) per evitare di
impegnare Dio stesso in una azione propriamente umana e a volte attribuisce a Dio un aspetto temibile. Si
tratta di un approccio squisitamente trascendente.
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D = Deuteronomista
Questa fonte, rintracciabile praticamente solo nel libro del Deuteronomio, presenta stile oratorio,
forme stereotipate quali "Ascolta, Israele", "il Signore tuo Dio", "con tutto il tuo cuore"; l'approccio risulta
orientato verso l'elezione gratuita e l'amore di Dio.
P = Sacerdotale
I segni più caratteristici di questa tradizione, che troviamo soprattutto nel libro del Levitico, sono le
ripetizioni, una certa rigidezza, il gusto della precisione numerica, delle genealogie, delle liste, e la
predilezione per tutto quello che riguarda il culto e la liturgia. E' un approccio attento soprattutto alle
questioni giuridiche e cultuali.
Le quattro tradizioni, segno di diverse spiritualità e capacità letterarie, furono raccolte e fuse insieme
in circoli sacerdotali, a forgiare l'attuale redazione finale dei cinque libri che risultano, nello stesso tempo,
storia della salvezza e Codice dell'Alleanza, nell'inscindibile dialogo a due tra Dio e l'uomo.
Dal punto di vista storico - teologico, Lv, Nm e Dt riprendono i temi trattati nei primi due libri e li
ampliano o ripresentano da altri punti di vista.
Mosè muore in vista della terra promessa; Giosuè (Gs) entrerà nella terra. Seguirà un lungo periodo
di lotta e guerre per acquisire e conquistare la terra che Dio ha promesso agli Ebrei, guidati in queste
battaglie dai Giudici (Gdc). Alla conquista stabile del territorio, corrisponderà un certo periodo aureo; guidati
da Saul, Davide e Salomone, re scelti da Dio (1 e 2 Sam, 1 e 2 Re), gli Ebrei sposteranno il centro del loro
paese in Gerusalemme e lì costruiranno il Tempio, centro liturgico, religioso, politico e culturale. I re
successivi, però, in una alternanza di fedeltà ed infedeltà a Dio porteranno Israele alla rovina; il paese si
divide in due grandi blocchi: il regno del Nord (costituito da dieci tribù con capitale Samaria) e il regno del
Sud (le altre due tribù con capitale Gerusalemme).
Politicamente questo sarà l'inizio della fine, segnata dalla conquista e distruzione di Samaria (721
a.C.) e di Gerusalemme (587 a.C.).
Nello stesso periodo il popolo, sospinto dai suoi re, si volge verso dei e culti stranieri; le ricchezze e
agiatezze proprie di una vita cittadina portano facilmente verso vizi, lussurie, ingiustizie sociali,
trasgressione di ogni legge umana e divina.
In un contesto di questo genere, a partire dall'VIII sec. a.C., operano e si battono i Profeti, risposta di
Dio nuova e vitale, ai molteplici problemi di cui sopra.
Nebiìm
A partire dal 740 a.C. abbiamo testimonianze scritte dei Profeti, uomini scelti da Dio per rispondere
alla nuova situazione creatasi e per portare avanti la linea della salvezza avviata con Abramo.
I Profeti reagiscono ad una duplice realtà negativa:
- l'idolatria, introdotta mediante i culti stranieri delle mogli di Salomone e penetrata profondamente
nel tessuto sociale e fino alle soglie di un sincretismo religioso;
- la sperequazione sociale, aggravata dalla situazione generale del paese tutt'altro che positiva, sia
economicamente che politicamente.
Gli oracoli profetici si concretizzano in:
- minacce che suonano quali avvertimenti, quali campanelli d'allarme per una situazione che evolve
verso la catastrofe;
- promesse che partono dalla constatazione che, nonostante tutto, Dio non verrà meno alla sua
Alleanza e salverà il popolo mediante il Messia.
Ketubìm
Nella Bibbia ebraica, dopo il Pentateuco e i Profeti, troviamo gli Altri Scritti che raccolgono
molteplici libri di diverso contenuto.
Sono preponderanti i libri che hanno al centro motivi ed interessi di carattere squisitamente
sapienziale quali il problema della morte, della sofferenza, del dolore, della retribuzione, in una prospettiva
universalista e messianica; la linea è quella della sapienza popolare che cerca di trovare le risposte concrete
ai molteplici problemi che la vita presenta; si tratta di una sapienza di vita, reinterpretata biblicamente alla
luce della presenza costante di Dio nella storia dell'uomo; la sapienza di colui che riesce a riconoscere tale
presenza nelle esperienze quotidiane e ad orientare le proprie scelte alla luce di questa presenza.
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ORIGINE e CONTENUTO DEL N.T.
I libri del Nuovo Testamento sono, per i cattolici, 27:
I 4 Vangeli e gli Atti;
Le 14 lettere paoline;
Le 7 lettere apostoliche;
L'Apocalisse.
Sono deuterocanonici e quindi discussi in particolar modo dai Riformatori, Eb, Gc, 2 Pt, 2 e 3 Gv,
Gd, Ap.
I VANGELI
Che cosa sono i Vangeli? A tale domanda quasi certamente la prima risposta data da un credente
sarebbe: "la vita di Gesù".
Insistendo un po', si riuscirebbe a tirarne fuori un'altra: "I Vangeli sono anche la nostra vita,
l'esperienza che dobbiamo vivere".
Nella compresenza di queste due dimensioni a prima vista conflittuali, in questo continuo
movimento dell'allora verso l'adesso e dell'adesso verso l'allora, si può riassumere la caratteristica più
essenziale dei vangeli, e anche la chiave di lettura di tutta la storia della loro interpretazione.
Una delle questioni fondamentali dell'interpretazione dei Vangeli concerne la spiegazione delle forti
somiglianze tra Mt, Mc e Lc, negli episodi, nell'ordine di successione, nella loro formulazione; questo
problema, inceppato nella soluzione agostiniana che vedeva nell'ordine canonico anche quello cronologico,
identificando in Mc nient'altro che un "valletto e compendiatore di Mt", ha trovato una nuova soluzione,
condivisa dalla maggior parte degli studiosi: la teoria delle due fonti.
Alla luce dell'analisi qualitativa e quantitativa dei tre vangeli messi a confronto su tre colonne (da qui
il termine sinottici = guardabili insieme), risulta evidente che il vangelo più antico è Mc; Mt e Lc hanno
ampliato e corretto Mc nelle sue numerose imperfezioni linguistiche.
Inoltre, sia in Mt che in Lc troviamo un patrimonio comune fatto soprattutto di discorsi di Gesù,
quasi del tutto assenti in Mc, che fanno pensare ad una fonte comune per entrambi di cui si è persa ogni
traccia; tale ipotetica fonte sarebbe Q (dal tedesco Qelle = detti); Mt e Lc quindi avrebbero fuso insieme,
secondo propri criteri personali, i racconti dei miracoli propri di Mc con quelli dei discorsi propri di Q.
In maniera schematica potremmo visualizzare il tutto nel modo seguente:
~ 30-50 d.C. Primitive tradizioni di fede: forme orali che sono alla base della catechesi e che, a causa del
tempo che passa, iniziano a stabilizzarsi e forse ad assumere una prima forma scritta in pericopi.
~ 50-65 d.C. Periodo delle lettere apostoliche: Paolo scrive alle comunità da lui fondate ed inizia la sintesi
teologica.
~ 65-70 d.C. Mc raccoglie le primitive forme e tradizioni nel suo Vangelo. Fonte Q?
~ 70-80 d.C. Mt e Lc, separatamente elaborano i propri Vangeli a partire da Mc e dalla fonte Q.
~ 90-110 d.C. Gv, in periodo successivo, ritorna a riflettere e pensare, in una sorte di rimeditazione
teologica e già aperta al dialogo con il mondo filosofico.
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(da notare che tra Mc e Q non esiste alcun rapporto; si tratta infatti di due fonti che presentano
materiale disomogeneo. Inoltre tra Mt e Lc viene affermata la assenza di ogni contatto; ciò risulta dall'analisi
del modo sempre diverso di inserzione di singoli brani all'interno dell'opera e dalle differenti correzioni
linguistiche fatte a Mc).
MARCO
Il Vangelo di Marco, costruito sul tema del segreto messianico, presenta una domanda
fondamentale: "Chi è Gesù?". La risposta a questa domanda giunge solo alla fine del Vangelo, quando, al
momento della morte sulla croce, il centurione riconosce nel morto il Figlio di Dio.
STRUTTURA
I) Prima parte
1,14-3,6 - Gesù con il giudaismo - dallo stupore al rifiuto - nelle Sinagoghe
3,7-6,6a - Emergono i dodici - negli spazi aperti - persiste il rifiuto - cecità
6,6b-8,30 - Sezione dei pani - universalità - cecità e sordità - riconoscimento di Gesù
II) Seconda parte
8,31-10,52 - Gesù in cammino verso Gerusalemme - via - sequela - insegnamento morale - grazia
11-16
11-12 Ultimi giorni di attività
13 Discorso escatologico
14-16 Passione, Morte e Resurrezione
Con la Pasqua e solo con essa il mistero di Gesù diviene leggibile; ciò che già era presente nel suo
ministero attraverso gesti e parole, attraverso il passaggio illuminante e necessario della croce, viene
compreso e diventa chiaro: Gesù è il Figlio di Dio morto e risorto per la nostra salvezza.
MATTEO
La vicenda di Gesù si presenta come segmento centrale di una vicenda più ampia iniziata in passato e
destinata a compiersi nel futuro. Genealogie e citazioni dall’A.T. (sono 50) presentano Gesù quale
compimento delle promesse antiche (Mt scrive per giudeo-cristiani). Il vangelo dimostra che il passaggio
drammatico da Israele alla Chiesa avviene a causa del rifiuto del primo. Nel corpo del testo troviamo 5
grandi discorsi: Gesù maestro, legislatore e giudice. (tema dell’impegno etico)
LUCA
L’opera lucana è composta da due volumi: il Vangelo e gli Atti degli Apostoli. Solo tenendo insieme
tutta l’opera si riesce a comprenderne il significato teologico. Il tema è essenzialmente lo stesso del vangelo
di Matteo ma visto da una prospettiva diversa: è legittima una chiesa che si proclama erede delle speranze di
Israele nella quale di fatto entrano solo pagani e restano fuori i giudei? Ricostruendo con pignoleria storica
gli avvenimenti, e interpretandoli teologicamente, Luca raggiunge questa finalità apologetico-ecclesiologica,
simbolicamente concretizzata in un forte, costante orientamento verso Gerusalemme.
GIOVANNI
Il quarto vangelo, già da Clemente Alessandrino (+215) detto “Vangelo spirituale”, è il più singolare,
l’”aquila” che vola in alto, il meno confrontabile con gli altri. Assegnato dalla tradizione al “discepolo che
Gesù amava” identificato in Giovanni figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo; a lui sarebbero riferibili i
primi 20 capitoli dell’attuale libro mentre il resto sarebbe opera di un discepolo dell’evangelista.
Il libro è composto da 4 parti introdotte dal Prologo: libro dei segni, libro degli addii, la passione,
resurrezione e apparizioni.
Possiamo sintetizzare la cristologia elevata del vangelo in 4 modelli interpretativi:
- quella del Figlio unigenito “inviato dal Padre”, caratterizzato dalla mutua immanenza tra Padre e
Figlio;
- quella del Verbo, presente nel Prologo;
- quella del Figlio dell’uomo disceso dal cielo e innalzato sulla croce;
- quella del “Io sono” che si collega direttamente al nome di Dio JHWJ.
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LE LETTERE
Nel Nuovo Testamento troviamo 14 lettere paoline e 7 apostoliche; si tratta quindi di un corpus
notevole anche se molto poco omogeneo.
La stagione delle lettere prende le mosse da una semplice realtà che si concretizza nel momento in
cui la Chiesa si espande per il mondo: i missionari che vanno formando comunità in tutte le grandi città
dell'impero romano, non possono seguire personalmente la evoluzione di fede di ogni singola comunità.
Succede che determinati problemi, difficoltà, ansie, giungano alle orecchie di colui che è il capo
fondatore della comunità (per lo più Paolo); questi, provocato dalle notizie ricevute, esprime su carta i suoi
desideri, le sue preoccupazioni, i suoi consigli e poi invia alla comunità la lettera che è venuta fuori.
Si tratta allora per la maggior parte di lettere occasionate da situazione particolari che danno modo
all'Apostolo di chiarificare il suo pensiero che è poi quello dello stesso Cristo Signore.
A volte, la lettera diventa quasi un trattato teologico, un'omelia, una ricapitolazione di tutto
l'insegnamento e la trasmissione di fede.
Siamo comunque di fronte ad alcuni tra gli scritti più antichi del N.T., dal momento che risalgono al
periodo stesso delle missioni di Paolo.
Delle 14 lettere paoline 7, e più precisamente Rm, 1 e 2Cor, Gal, Ef, Fil, 1Tess, trovano concordi gli
studiosi nell’attribuzione allo stesso Paolo; delle altre 7, 2Tess, Col, 1 e 2Tim, Tt, Fm, Eb, gli studiosi
discutono, con esiti molto diversi, dell’autenticità.
Troviamo poi le lettere apostoliche che vengono messe sotto l’autorità di apostoli importanti quali
Pietro, Giovanni, Giacomo, Giuda; per la discussione sulle singole lettere, (contenuto, significati, autenticità)
si rimanda alle introduzioni reperibili in ogni Bibbia.
LE LETTERE DI GIOVANNI
Le tre lettere risultano essere di una stessa mano; riflettono un periodo di crisi profonda, legata allo
sviluppo di una corrente eretica gnostica che tenta di assimilare la fede cristiana ad una teoria della
conoscenza di Dio quale causa di salvezza indipendentemente dalle scelte concrete di vita legate, per il vero
cristiano, alla legge dell'amore.
Nella terza lettera il presbitero, uomo di considerevole autorità, testimone diretto dell'inizio della
tradizione apostolica, si rivolge per un problema di carattere pastorale ad una comunità dell'Asia Minore,
dando opportune indicazioni per risolvere il tutto.
Si tratta di Giovanni? Elementi contrastanti non permettono la definitiva risposta a questa domanda.
PAROLE
Alcuni videro arrestare Gesù. Ma nessuno gli mise le mani addosso. Le guardie tornarono dai sommi
sacerdoti e dai Farisei che domandarono loro: «Perché non ce lo avete condotto?» Le guardie risposero:
«Mai un uomo ha parlato come quest'uomo!» (Gv 7,44-46).
A più riprese nei vangeli è registrato lo stupore che colpisce l’uditorio di fronte alle parole di Gesù, un rabbì
che «insegnava come uno che ha autorità e non come i loro scribi» (Mt 7,29), al punto che alcuni di questi
ultimi sono costretti a riconoscere: «Maestro, hai parlato bene! E non osavano più fargli alcuna domanda».
Le parabole sono una delle forme espressive più care alle lezioni del rabbì di Nazaret. Come i maestri del suo
tempo, egli affida al simbolo e al racconto la formulazione del suo messaggio.
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OPERE
Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per
mezzo dei suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». Gesù rispose:
«Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i
lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella,
e beato colui che non si scandalizza di me». Mt 11,2-6
Il miracolo non è un atto di prestigio o di magia, non è da compiersi sotto le luci della ribalta o a comando,
non è né spettacolo né taumaturgia. Anzi, spesso Gesù compie i suoi atti di guarigione in disparte dalla folla
e imponendo ai miracolati un silenzio che difficilmente è rispettato. «Non è il miracolo che prova la fede ma
è la fede che fa accettare il miracolo» (Jean Simon). Non è neppure il miracolo a generare la fede bensì è la
fede che genera il miracolo, come è dimostrato dal fatto che spesso Cristo chiede al malato di credere in lui
prima di guarirlo.
Per gli ebrei e per i cristiani i libri della Bibbia non sono nati soltanto dalla iniziativa degli autori
umani (che sono "strumenti") ma anche da una implicita intenzione e volontà di Dio. La Bibbia non
è soltanto il resoconto delle parole di Dio, né tanto meno contiene solo la rivelazione fatta da Dio
attraverso le sue parole e i suoi gesti salvifici, ma è realmente "Parola di Dio". “La Sacra Bibbia è
parola di Dio, in quanto scritta per ispirazione dello Spirito Santo” afferma la Dei Verbum (n. 11)
che aggiunge: “perché ispirata, è veramente parola di Dio”. Quando parliamo di ispirazione divina
della Scrittura ci riferiamo allo speciale influsso esercitato da Dio nei confronti degli scrittori sacri
(definiti agiografi), influenza di tale potenza da poter definire Dio "Autore dei testi biblici". Il
Vaticano I, che nel 1870 ha definito solennemente l'esistenza della ispirazione si esprime in questi
termini “La Chiesa li ritiene sacri e canonici perché, scritti per ispirazione dello Spirito Santo, sono
stati ispirati da Dio”. L'ispirazione divina è un mistero e una realtà soprannaturale, ragione per cui
non potremo mai coglierne tutta la portata. Il nostro sforzo è cercare di capire, ma a molte domande
non avremo risposta perchè le realtà divine non sono esaustive per la mente umana.
Una cosa è certa: l'Ispirazione divina non è altro che Dio stesso, che opera per produrre un
determinato effetto. La Bibbia infatti non è qualcosa che cambia Dio, e non è Dio, ma solo un
prodotto della sua ispirazione. È una azione compiuta all'esterno, dovuta quindi a tutte e tre le
persone della Trinità, anche se per attribuzione la definiamo solo in rapporto allo Spirito Santo, così
come in 2 Pietro 1,21. Nella composizione della Scrittura il fattore divino e quello umano stanno in
rapporto di causa principale e strumentale e la causa strumentale contribuisce in modo dinamico,
attivo, all'effetto prodotto. Praticamente la Bibbia è attribuita alla causa principale proprio
come un dipinto è attribuito all'artista che lo crea e non in rapporto agli strumenti che egli
usa. Nei nostri schemi, gli eventuali difetti possono essere dovuti sia alla causa principale che a
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quelli secondari. Nel caso della Sacra Scrittura, nessun limite e nessuna imperfezione può essere
attribuita a Dio; le eventuali deficienze sono di genesi umana (altrimenti Dio sarebbe limitato e
quindi non sarebbe Dio).
Attualmente, è dato per certo che almeno una buona parte di libri sacri è il prodotto di un lungo
periodo di formazione (di gestazione), implicante a volte anche secoli di precedenti tradizioni orali
e scritte (è il caso ad es. del Pentateuco). Con una tale moltitudine di compositori, redattori ecc. è
difficile stabilire l'effetto preciso dell'azione ispiratrice di Dio su tutte le persone che hanno
contribuito alla formazione di un determinato libro. L'influsso dell'ispirazione divina sullo scrittore
incomincia con la sua vita, l'agiografo è stato chiamato (un po' come Geremia). Il suo ruolo è attivo,
dinamico e non passivo. L'esempio che potrebbe illuminare è quello dell'acido usato per incidere
delle lettere o dei disegni sul metallo. L'acido è solo uno strumento nelle mani dell'artista ma non è
uno strumento passivo, non è cioè inerte ma costituisce una realtà dinamica. È questa nozione di
strumentalità dinamica che dobbiamo tenere presente. L'agiografo è uno strumento nelle mani di
Dio ma con le sue particolarità (è lui che pensa, che immagina, che compone). L'Ispirazione è un
carisma divino di ordine intellettuale, ossia consiste in una illuminazione divina per giudicare i
contenuti da tradurre per iscritto. La Rivelazione invece sarebbe la luce divina per comunicare
verità nuove. Poichè l'Ispirazione influisce su tutte le capacità dello scrittore che sono implicate
nella composizione di un libro, dovremmo affermare che influisce sia sull'intelletto speculativo sia
su quello pratico, ossia sia 1) sui contenuti sia 2) sul modo di comunicarli.