Repertorio Alchemico
Repertorio Alchemico
Repertorio Alchemico
Prefazione
La Biblioteca Universitaria di Genova non dispone, al momento, di inventari che rendano conto in
modo esaustivo degli antichi fondi (in particolare quello gesuitico) attorno ai quali si è sviluppata prima come
Biblioteca Nazionale della Repubblica di Genova e quindi come Biblioteca governativa. Ciò ha implicato
l’impossibilità di effettuare uno spoglio che potesse rendere conto della disponibilità di tutto il materiale
afferente al tema prescelto. L’indagine volta a identificare le opere afferenti al tema della “phantasia &
curiositas” è stata dunque effettuata, secondo i criteri che verranno di qui a poco elencati, concentrando
l’attenzione su quei settori che meglio rispecchiano la costituzione della Biblioteca prima dell’espropriazione
del 1773, non senza tener conto, però, dei successivi apporti. Non si può comunque parlare di un repertorio
che renda conto della presenza di una particolare area tematica all’interno di antichi fondi, quanto piuttosto
di un repertorio che identifica un insieme di opere che permettono di tratteggiare i frastagliati contorni del
manifestarsi di una “forma mentis” (la “phantasia”) e del concretizzarsi di una “cupido sciendi” (la
“curiositas”) prendendo spunto dall’attuale patrimonio librario della Biblioteca Universitaria di Genova. Ed è
proprio al fine di rendere più palpabili questi contorni che si è voluto corredare le schede bibliografiche di
varie annotazioni1[1] grazie alle quali sia possibile non tanto incrementare i dati informativi su di un’opera o
un autore, quanto soprattutto identificare i reciproci legami tra gli autori e quindi progredire
nell’identificazione delle linee di forza che strutturano la complessa forma dell’area tematica della “phantasia
& curiositas”. A prescindere, però, dalla significatività in assoluto dei legami tra i vari autori, è sicuramente
motivo di interesse anche il fatto di identificarli nell’ambito ristretto dei singoli settori in cui si articola la
Biblioteca (in sostanza, quello prevalentemente gesuitico identificato dalle segnature 1., 2., 3. e quello
contrassegnato dalla dicitura LAURA), fornendoci ciò preziose informazioni in un caso sulla “politica delle
acquisizioni” di un’antica biblioteca, nell’altro caso su alcuni connotati della bibliofilia (e forse di qualcos’altro)
di chi ha pazientemente messo insieme quell’interessante biblioteca privata identificata ora come “Fondo
Laura”. In ogni caso l’identificazione di tali legami illumina il tracciato di quei percorsi che, usando le parole
dell’alchimista Rasis, sono determinate dal principio ‘Liber aperit librum’. Per quello che riguarda, in
particolare, i libri dell’antica biblioteca gesuitica, è evidente che le informazioni derivanti dalle note di
possesso o d’uso forniscono un’imprescindibile integrazione del significato espresso dalla tipologia dei libri
che la componevano. E’ altrettanto chiaro, però, che il tempo - ma meglio sarebbe dire ‘gli uomini che hanno
vissuto in questo lasso di tempo’ - ha fatto sì che non poche opere siano oggi irreperibili, vuoi per dolo, vuoi
per incuranza, vuoi per ignoranza. Con esse non sono spariti solo i libri nella loro fisicità, nel loro valore per
ciò che vi era contenuto, nel loro valore artistico o antiquario, ma sono sparite anche vere e proprie porzioni
di significato che ben difficilmente sarà possibile recuperare. Tra le finalità di questo repertorio c’è anche
quella di contribuire a frenare quel processo di distruzione di significato che sembra essere l’ineludibile
conseguenza delle sempre diffuse stupidità e avidità.
Si tratta quindi di un repertorio, non esaustivo ma un poco ragionato, di testi di carattere alchemico,
cabalistico, magico & “curioso” posseduti dalla Biblioteca Universitaria di Genova. Né falsa modestia, né
“excusatio non petita” determinano l’ammissione di non esaustività, bensì quel riconoscimento di possibili
lacune che sarebbe presuntuoso non ipotizzare. Tali possibili lacune sono determinate dai fattori contingenti
che vengono qui di seguito elencati :
I. i libri descritti non fanno parte di un unico o più fondi ben identificati bensì sono collocati
attraverso tutto il patrimonio librario antico della BUG con, è vero, una particolare concentrazione
in alcuni settori2[2]
II. i cataloghi (il catalogo a schede e i vecchi cataloghi manoscritti) presentano, in modo
asimmetrico tra di loro, delle lacune tali che libri che sono presenti a scaffale non sono segnalati
nell’uno o nell’altro catalogo. Questo consente di ipotizzare l’esistenza di altre lacune oltre a
quelle individuate.
III. non è possibile escludere che opere descritte nei cataloghi e successivamente segnalate come
irreperibili (termine che spesso eufemisticamente denota la sottrazione dolosa) non siano in
realtà ancora presenti all’interno del patrimonio librario della Biblioteca e siano rese irreperibili per
uno di quei fattori che inevitabilmente colpiscono l’immagazzinamento di una gran copia di
materiale.
IV. i cataloghi, come tutti i cataloghi, presentano errori che rendono talvolta difficoltoso riconoscere
nell’opera descritta un esemplare pertinente a questo repertorio. Non si può escludere, quindi,
51
che in qualche caso la difficoltà non si sia tramutata in impossibilità e, di conseguenza, nel
mancato disvelamento di un’opera di interesse.
Al fine di ridurre quanto più fosse possibile le zone d’ombra determinate dai fattori esposti, si sono
applicati metodi che si potrebbero definire di tipo deduttivo e di tipo induttivo :
A. appartiene alla prima tipologia la ricerca dei nomi di autori e di opere già noti a chi scrive
attraverso tutti i cataloghi per autore (catalogo a schede, cataloghi manoscritti e i più recenti
cataloghi degli incunaboli e delle cinquecentine).
B. appartengono alla seconda tipologia due tipi di indagine :
1. esame del catalogo topografico relativo ai settori del libro antico.
2. esame diretto dei libri appartenenti a questi stessi settori (in questo tipo di esame è fonte di
stimolo l’imbattersi in scaffali che contengono una concentrazione maggiore di libri appartenenti
alle tematiche in questione e, in considerazione appunto del carattere di queste tematiche, la
presenza della scritta “proibito” sul dorso del libro).
Per quanto B1. e B2. siano, o almeno dovrebbero essere, del tutto coincidenti si può verificare, e si è
verificato, che a causa di una grafia poco leggibile nel catalogo topografico, di abbreviazioni del titolo svianti
o di incorrette attribuzioni di autore, non si sia potuto immediatamente identificare la presenza di un’opera di
interesse per questo repertorio. Lo stesso problema, seppure con un’incidenza minore, si incontra
nell’esame dei vecchi cataloghi manoscritti e nelle schede che riportano la riproduzione fotostatica delle
vecchie schede modello “Staderini”. In ogni caso, è ragionevole ritenere che, grazie all’incrocio tra questi
metodi di ricerca, le lacune di identificazioni siano state il più possibile ridotte.
= titolo parallelo
: [nell’area del titolo] complemento del titolo ; [nell’area della pubblicazione]
indicazione di pubblicazione ; [nell’area della descrizione fisica] altri particolari
fisici
/ prima indicazione di responsabilità
[ ] indicazione di integrazioni (di varia origine) da parte dell’estensore del repertorio
2° 4°... formato dell’opera (numero di volte in cui è stato piegato il foglio)
a.e. altra edizione
c. carta/e
c.e. corrente era
cm centimetri
fl. floruit
front. frontespizio
ibid. ibidem
id. idem
i.e. id est
ill. illustrazione/i
iniz. iniziali
ms. manoscritto
orn. ornate
p. pagina/e
P. da pagina a pagina
p.c.e. prima della corrente era
poss. possesso
ripieg. ripiegata/e
silogr. silografia/e
s.l. sine loco
s.n. sine nomine
52
t. tomo/i
tav. tavola/e
v. volume/i
1. ABBATIA, Antonius de
Reverendissimi archipresbyteri magistri Antonii de Abatia Epistolae duae, scrutatoribus artis
chymicae mandatae. Annotationes in duas epistolas.
IN :
MAGNI philosophorum arcani revelator... LAURA.N.I.6
Genevae, 1688
Ferguson I.2: "The author is said to have been a monk of Pavia, who lived about 1350, shortly after Raymund Lully. But this cannot be correct,
for, in the first Epistola… he quotes Augurello, who flourished in the beginning of the sixteenth century. Baumer… calls him Tholusanus
Archipresbyter, and says he lived at the close of the sixteenth century. In this, however, Baumer has confused him with De Abatia, a physician at
the end of sixteenth century, who was born at Toulouse. On the other hand, Gmelin…, hesitating about both his nationality and date, places him
among the Italian alchemists contemporary with Lull… He is said to have devoted himself with great success to the art, and wrote these Epistles to
explain his methods…"
1
Tra le innumerevoli opere dedicate a questo tema, si veda la voce “Menorah” nell’ Encyclopaedia Judaica e, tra le più recenti, Armand Abecassis La
lumière dans la pensée juive Paris : Berg International, 1988 e Giulio Busi Simboli del pensiero ebraico. Lessico ragionato in settanta voci Torino :
Einaudi, 1999, alla voce “Menorah”. Si veda anche : E. R. Goodenough Jewish Symbols in the Greco-Roman Period New York, 1953-1968, 13 v. ;
Yarden The Tree of Light. A Study on the Menorah Ithaca, 1971
2
“... Questa è l’opera del candelabro, tutta d’oro puro [Es. 25.31-40], ben disposta e conservata. Questo è il libro della Megilla [volumen] che... è tutto
un candelabro d’oro per illuminare lo sposo e la sposa ; sul suo capo rotondo, per essere quale simbolo, sono sette lumi per illuminare chi passa, e sei
bracci escono dai suoi lati nella tenda della radunanza. Sette sono i lumi nell’ordine come le sette stelle predisposte a illuminare il cammino poiché il
precetto è un lume e la Torà è luce. Questo libro è stato diviso in tre parti : una parte si chiama Shulhan ha-penim [tavola interna]¸un’altra Menorat
ha-Ma’or [candelabro che dà luce] ; e la terza Aron ha-Edut [arca della legge]. Poiché questo libro illumina chiunque desidera la luce per distinguere
il buio dalla luce, è stato chiamato Candelabro che dà Luce, e in esso sono scritti fatti e parole che illuminano come le stelle dell’Universo e come
angeli e come hashmalim [nella Bibbia questo termine è un hapax legomenon attestato solo nel Salmo 68.32 e dal significato molto incerto. Potrebbe
essere tradotto con “principi, persone di grande prestigio”], grandi cose, forti e dolci come il nettare” L’opera, edita a Venezia, porta nel colophon la
datazione 5304 (secondo il calendario ebraico, vale a dire 1544).
3
L’origine della famiglia Aboab non è nota, mentre è facile seguirne le tracce a partire dall’autore del Sefer Menorat ha-Ma’or. Dopo l’espulsione
dalla Spagna (1492) questa si disperse sia per il bacino mediterraneo sia nel nord Europa. Qualche membro della famiglia fu costretto a convertirsi e a
cambiare nome ma, non appena si verificarono condizioni più favorevoli, pronto a riappropriarsi del proprio vero nome e a tornare a praticare
apertamente la religione che, fino a quel momento era stata praticata in segreto. In Italia gli Aboab si stabilirono in diverse città tra cui Venezia
53
Spagna alla fine del XIV° secolo e si dedicò per tutta la vita all’attività di autore e di predicatore rabbinico. A lui si devono, oltre al Menorat ha-
Ma’or , anche due opere di carattere halachico (l’halakah è “la via” verso la legge : quella parte della tradizione rabbinica che precisa tutti gli
aspetti di carattere rituale e legale) : l’Aron ha-Edut (“L’arca della testimonianza”) e il Lehem ha-Panim (il titolo fa riferimento ai dodici pezzi di
pane che vengono esposti nel Tempio e che vengono rinnovati ogni sabato), opera di cui resta un solo manoscritto. L’opera a cui è legata la fama
di Isaac Aboab è però il Menorat ha-Ma’or, edita per la prima volta a Costantinopoli nel 1514 e, da allora edita e ristampata fino ai giorni nostri
(più di settanta fra edizioni e ristampe) non solo in ebraico ma anche in spagnolo, in italiano, in ladino, in tedesco e in yiddish. Come dice l’autore
stesso, il pubblico a cui l’opera si rivolge è il più vasto : da opera di edificazione dei meno colti (e in quanto tale ebbe un’enorme popolarità tra gli
ebrei del tardo Medioevo), ad ausilio per il predicatore e addirittura da sostituto del predicatore stesso quando, in assenza di questi, si dovevano
effettuare delle letture pubbliche in sinagoga. La struttura dell’opera riflette quella del candelabro ebraico : divisa in sette sezioni (nerot
“lampade, luci”) ognuna delle quali si divide, come ogni braccio del candelabro, in tre parti. Ogni sezione ha un’intestazione che si ispira al
Salmo 34.15 : 1) guardati dall’invidia, dalla lussuria e dall’ambizione ; 2) sii consapevole dei peccati che si nascondono nel tuo linguaggio ; 3)
osserva le mitzvot (“precetti”) ; 4) studio della Torah ; 5) pentimento ; 6) pace e amore per gli individui ; 7) umiltà. Il carattere del Menorat ha-
Ma’or è di tipo essenzialmente etico mentre, da un punto di vista più pratico, lo sforzo dell’autore è quello di ricondurre l’aggadah (i racconti
rabbinici volti a fornire un insegnamento in maniera indiretta e quindi passibile delle più diverse interpretazioni) al posto che le spetta
ridimensionando un certo ipertrofismo casuistico in cui l’halakah aveva talvolta la tendenza a cadere. Facendo ciò Isaac Aboab si pone in un
ruolo complementare a quello svolto dal più famoso filosofo ebraico, Maimonide, nel suo Mishneh Torah. E’ comunque Maimonide (sia per il già
citato Mishneh Torah che per la più popolare Moreh Nevukhim “la guida dei perplessi”) una delle guide ideali di Aboab nel componimento del
suo capolavoro, unitamente al pensiero di opere di carattere cabalistico (tra le quali, però, è stata notata la singolare assenza del Sefer ha-Zohar
“il libro dello splendore”). E’ opportuno segnalare che Aboab, riflettendo in questo l’impostazione di Maimonide, nel corso delle sue
argomentazioni mostra il suo interesse per la filosofia e la scienza dei “Gentili” e non rifugge quindi dal far riferimento, tra altri, al pensiero di
Platone e di Aristotele.
(Abraham Aboab/Antonio Faleiro, Samuel, Abraham, Jacob, Samuel, gli ultimi quattro dei queli furono rabbini in questa città tra la seconda metà del
XVII° secolo e la prima metà del XVIII° con Samuel I° (1616-1694) che fu un vero e proprio punto di riferimento per i più rigidi ortodossi) e Firenze
(Gracia Gomes, quinta generazione a partire da Isaac, sposò agli inizi del diciasettesimo secolo un conte fiorentino) mutando spesso il cognome in
Aboaf. Si segnala a Livorno, per via delle sue dotte discussioni religiose, la presenza di un Moses, nato nella prima metà del XVII° secolo nelle
Suriname.
1
La BUG possiede anche l'opera di un altro famoso figlio della diaspora portoghese, Isaac Fernando Cardoso (1604-1681), autore di Philosophia
libera in septem libros distributa: in quibus omnia, quae ad philosophum naturalem spectant, ... disputantur. ... Auctore Isac Cardoso medico, ..
Venetiis: Bertanorum sumptibus, 1673 ([14], 758, [20] p.: ill.; 2°; collocato in 3.M.VIII.22) e dell'opera apologetica Las excelencias y calumnias de
los Hebreos (Amsterdam, 1679), nella quale illustra le dieci virtù del popolo ebraico e confuta le dieci calunnie che comunemente lo colpiscono.
Nel 1648, in seguito alla persecuzione inquisitoriale, Fernando Cardoso si rifugiò a Venezia, dove assunse il nome di Isaac e manifestò apertamente
le sua fede. Diversamente da suo fratello Abraham Miguel C., Isaac C. fu un fiero oppositore della cabala e in particolare dello pseudo-messia
Sabbatai Tsevi.
2
Pseudonimo di Corneille Bonaventure BERTRAM.
54
artis cabalisticae... La prima edizione dell'opera è del 1535 (Roma, Antonio Blado), a cura di M. Lenzi, amico di Abrabanel. “The work consists
of three dialogues between Philo, the lover, and his beloved, Sophia - i.e. wisdom. It opens with a discussion of the distinction between love and
desire. This leads to a definition of the various kinds of love and their essential nature. The second dialogue explains how love is the principle
dominating all existence, while it also governs all human affairs. The third dialogue is an elaboration on this theme: it is God's love which
permeates existence, radiating from the Godhead itself down to the lowest beings. Thus divine love brings about cohesion in the universe. The
influence of the philosophies of Plato and Plotinus is evident. The Dialoghi was among the most popular philosophical works of its age. It went
through at least five editions in the Italian original in the space of twenty years. It was twice translated into French and no less than three times
into Spanish, while there are also translations in Latin and Hebrew. Robert Burton repeatedly refers to the Dialoghi in his Anatomy of
melancholy. Traces of its influence are found in the thought of Patrizi and Bruno. It has been suggested that Spinoza derived his doctrine of the
Amor Dei intellectualis from the Dialoghi.” [tratto da: J.R. Ritman Library - Bibliotheca Philosophica Hermetica]
STCI 3
questo libro (per i quali non si trova una spiegazione organica nella lingua ebraica, e naturalmente si è indotti a cercarla in una lingua straniera),
inducono a parafrasi di termini greci [...]D’altra parte, secondo il mio parere, non è da trascurare la relazione tra il libro della Yetzirah e la teoria
della magia e della teurgia, che veniva praticata anche dai mistici della Merkavà.” [G. Scholem Le grandi correnti della mistica ebraica Torino,
Einaudi, 1993, p 80-82]
desiderare, o hauere. Aggiugnesi il libro del medesimo autore, che tratta de gl’animali di sotto terra,
da lui stesso corretto, e riueduto. Tradotti in lingua toscana da m. Michelangelo Florio Fiorentino...]
Basileae : Gerolamo Frobenio et Nicolao Episcopio, 1563
[10], 542, [8] p. : 2°
Da p. 513 a p. 542 : Libro di Giorgio Agricola de gli animali sotto terra, tradotto di latino in lingua toscana. - Privo del front. - Iniziali silogr.
ornate
NUC 5.257
Metallicos Georgii Agricolae Philosophi praestantissimi. Ad Lectorem”. Alla fine del libro, nelle p. n.n., un interessante lessico tecnico, dal
latino al tedesco, delle più importanti parole usate nel De Re Metallica....
NUC 5.256 ; Duveen 4 a.e. ; Ferguson I.10
1
L’opera è presente nel catalogo della BUG [Operum pars posterior. Declamatio de incertitudine et vanitate scientiarum Lugduni : Fratres Beringos,
s.d.[16], 1156 p., 17.5 cm.] ma è, da alcuni anni, irreperibile.
58
ALATRINI, Angelo Johanan Elhanan Mordecai VEDI: BECHAI ben Josef Ibn Bakoda
1
La Bibliotheca Bibliographica Aureliana. - Répertoire bibliographique des livres imprimés en France au XVIII siècle fa notare che il nome dei
fratelli Godefroy e Marcellin Beringen, di origine tedesca, attivi tra il 1544 e il 1566, è stato spesso ripreso nel corso dei secoli XVII e XVIII e in
alcuni casi nasconde dei falsi indirizzi, soprattutto quando si tratta di opere di carattere occultista o dell’edizione delle opere di Cornelio Agrippa von
Nettesheim. Tali edizioni sono spesso prive di data e nella maggior parte dei casi non sarebbero state stampate a Lyon.
59
Ferguson II.54 a.e. ; Duveen 8 a.e. ; Duveen 369 : “The tract by Albertus Magnus belongs to the authentic writings of this author. Thorndike
devotes much space to a thorough analysis of this remarkable work and points out the stress laid by Albertus on personal investigation and
experiment.”
1
Si veda la nota ad ALBERTUS Magnus 3.KK.VI.42
61
NUC 7.297 ; Bibliotheca Magica 8; Ferguson I.17 : “There are numerous reprints of this well-known collection of magical absurdities and
impossibilities. One of the best things it contains is the receipt to make the ‘hand of glory’, with a drawing of the hand holding the necromantic
candle. It is not an Alchemical book.” Tipico “liber secretorum” di cui è significativo elencare il titolo di alcuni dei suoi moltissimi paragrafi : §
Pour l’Amour réciproque entre les deux Sexes, § Pour connoître si une fille est chaste, § Pour rétablir la peau ridée du ventre des jeunes femmes,
§ Contre l’Yvresse du Vin, § Pour faire des Vins de Liqueur, § Pour faire les Talismans de Paracelse, § Manière cabalistique de fixer le Mercure
qui doit servir au Talismans, § Pour faire le terrible Feu Gregeois, § Des Mandragores cabalistiques, §De la poudre de Sympathie, § Pour faire de
l’Or artificiellement, §Pour faire l’Or de vie, § Excellente Savonette, §Pour nettoier le Dents & les Gencives, §Contre l’Haleine puante, § Pour la
pierre de la Vessie, §Table du lever du Soleil sur l’Italie et la France...
41. ALLEGORIAE Sapientum et Distinctiones XXIX, supra librum Turbae, ex eodem m.s.
IN :
THEATRUM Chemicum...
3.AA.IV.89
Argentorati, 1659-1661
1
Laura.HH.III.19(3-4) : I e II cahier ; Laura.Q.II.5 : III e IV cahier. - Il II cahier porta la data di edizione 1785
62
Manière de se recréer avec le jeu de cartes nommées tarots pour servir de premier [-quatrième]
cahier à cet ouvrage. / Par Etteilla...
Amsterdam : et se trouve a Paris chez l’auteur, rue de la Verrerie...[chez] Merigot, l’ainé, Libraire...
[et chez] Legras, Libraire... [et chez] Segault, Libraire..., 1783
2 v. legati in 1 ; 16° (16 cm)
NUC 9.684 ; Caillet 213 (“Ouvrage fort rare”) ; Duveen 18
L’autore dell’opera, così come in tutte le sue altre, compare sotto la forma anagrammata di ETTEILA. L’autore non era, come si è spesso detto,
un parrucchiere bensì un professore di matematica.
47. ALSTED, Johann Heinrich < Herborn 1588 - Weissenburg 1638 > 3.II.I.7
Clavis artis lullianae et vere logices in duos libellos tributa, id est solida dilucidatio artis magnae,
generalis et ultimae quam Raymundus Lullus invenit ut esset quarumcumque artium & scientiarum
clavigera & serperastra : Edita in vsvm et gratiam eorvm qui impendio delectantur compendiis, &
confusionem sciolorum, qui jvventutem fatigant dispendiis. / Opera & studio Johannis Henrici
Alstedi... - Accessit [N]ov[v]m specvlvm logices minime vulgaris.
Argentorati : sumptibus heredum Lazari Zetzneri, 1652
[8], 151, [1] p. ; 8° (19 cm)
Nota di poss. ms. sul front.
NUC 10.436 ; Bibliotheca Magica 12
63
Il calvinista J. H. Alsted insegnò teologia e filosofia a Herborn, per poi trasferirsi, per occupare lo stesso incarico, a Weissenburg (Transilvania).
Scrittore estremamente prolifico, aveva fatto trovare nel suo stesso nome latinizzato (Alstedius) l’anagramma Sedulitas. Tra le sue prime opere si
segnala un tentativo di armonizzare, al fine di un ordinamento enciclopedico del sapere, i sistemi logici di Aristotele, Ramon Lull e Pierre de la
Ramée (Panacea philosophica seu Encyclopaediae universa discendi methodus. De armonia philosophiae aristotelicae, lullianae et rameae
Herbornae, 1610). La sua fama è dovuta soprattutto alla sua attività di enciclopedista, da intendersi però secondo l’accezione tipica che questa
ebbe nel Seicento. Nella sua Encyclopaedia serie praeceptorum, regularum et commentariorum perpetua (Herbornae Nassoviarum, 1630) hanno
infatti ospitalità discipline, quali la cabala, la filosofia occulta, la magia e l’alchimia, che già nel secolo successivo sarebbero state viste con
massimo sospetto dall’uomo di scienza. Per quello che riguarda, in particolare, l’alchimia, Alsted la considera una “disciplina composta” alla
quale concorrono la medicina e la fisica per quanto concerne gli aspetti teorici, e la farmacopea e la metallurgia per quelli pratici. E’ interessante
notare, inoltre, che egli subordina, senza darne però giustificazione, l’alchimia alla cabala. L’interesse di Alsted per il coté esoterico della
conoscenza è sì tipico del periodo ma è anche il riflesso della personalità di chi, è bene sottolinearlo, fu legato all’ispiratore del movimento
rosacrociano, Johann Valentin Andreae. La Clavis artis lullianae (edita per la prima volta da Zetzner nel 1609) risponde, come del resto avviene
per le altre sue opere, all’esigenza dell’autore di ricondurre all’unità le diverse forme del sapere (una ars generalis per la quale egli più volte
prende a modello la cabala), il quale solo così potrebbe tradursi in potere per il bene dell’umanità. In questo modo di pensare si individua un
altro aspetto della personalità di Alsted (anche in questo accomunato a J.V. Andreae) : quello delle sue credenze chiliastiche. Nel 1627 egli
pubblica a Francoforte la Diatriba de mille annis apochalipticis, nel quale egli rivela sua convinzione di un imminente trionfo di Cristo e della
sua chiesa ; in tale prospettiva, tutte le opere dell’uomo, e tanto più quelle più alte frutto dell’ingegno e del sapere, sono viste come una forma di
celebrazione della divinità.
Summa angelica de casibus conscientialibus... Venetiis : 1582 [8], 590, [1] p. ; 4° - 33.XVI.217 / Summa angelica de casibus conscientialibus...
Venetijs : in bibliotheca sancti Bernardini (in edibus Bernardi Stagnini), 1525 [18], CCCCCCCCLVII [i.e. 857] c.; 8° -
RARI.C.VII.5/5BIS (EDIT 16 I.135) / Summa angelica de casibus conscientialibus... Venetiis : per Georgium de Ariuabenis, 1504
532 c. ; 8° - RARI.N.VII.8 (EDIT 16 I.135) / Summa angelica de casibus conscientialibus... Venetiis : in bibliotheca sancti Bernardini (in
aedibus Bernardi Stagnini), 1525 CCCCCCCCLVII [i.e. 857] c.; 4° - RARI.K.I.36 (EDIT 16 I.135) / Summa de casibus conscientiae...
Chivasso : Jacobino Suigo, 13. V.1486 4° -RARI.B.II.8 / Summa de casibus conscientiae... Venetiis : Giorgio Arrivabene, 9.X., 1489 4° -
RARI.D.I.17 / Summa de casibus conscientiae Venetiis : Giorgio Arrivabene, 9.VI.1492; 4° - RARI.CI.I.22 - RARI C.VII.9 / Summa de casibus
conscientiae Venetiis : Giorgio Arrivabene, 2.V.1495 8° - RARI.B.VI.20BIS
56. ANONYMI veteris philosophi Consilium coniugii, seu de massa solis et lunae libri tres.
IN :
THEATRUM Chemicum...
3.AA.IV.89
Argentorati, 1659-1661
Apologia fratris Archangelis de Burgonouo... pro defensione doctrinae cabalae contra reuerendum
D. Petrum Garziam episcopum Ussellensem Mirandulam impregnantem sed minimè laedentur. Et
conclusione cabalistica numero LXXI... per eundem Frat. Archangelum... declaratae et elucidatae. -
Nunc denum diligentissè repurgata.
Basiliae : per Sebastianum Henricpetri, 1600
[30], 567, [1] p. ; 8°
Adams A1527 ; STCG 39
DBI III.744: “(Paganini dal cognome del padre; Pozzi dopo che la madre fu passata a seconde nozze). Filosofo e teologo [e medico, nda]
francescano dell’Osservanza [...] morì assai vecchio, poco prima del 1569, a Bologna [...] Apprese l’ebraico sotto la disciplina del confratello
frate Francesco Zorzi da Venezia, autore del De armonia mundi, e da lui fu iniziato ai misteri della cabala rimessi in onore dall’ebreo convertito
[per ragioni di coerenza testuale si adotterà, nell’ambito delle note, la definizione di “convertito” sebbene, mutando angolo prospettico, sarebbe
adeguata quella di “apostata”. Nda] Flavio Mitridate, maestro di Giovanni Pico della Mirandola. Come lo Zorzi e come il Pico anche A. trae
dall’interpretazione cabalistica e neoplatoneggiante delle Sacre Scritture la sua apologia dei dogmi cristiani, che a lui, scotista, sembra più valida
di quella tomistica intesa a trarre dall’aristotelismo i preambula fidei.” Parte della sua notorietà è dovuta al fatto di aver glossato le due serie di
Conclusiones di Pico della Mirandola sullo sfondo degli insegnamenti di Paolo Ricci, Francesco Giorgi e Johannes Reuchlin, ottenendo peraltro
risultati più apprezzabili di altri che si cimentarono in questa impresa quali, per esempio, i gesuiti Menocchio e Athanasius Kircher (Oedipus
Aegyptiacus v. II., p. I). C’è però chi lo accusa di vero e proprio plagio nei confronti di Ricci, Reuchlin e Francesco Giorgio. “Pillard, il fut
d’aileurs pillé, et notamment par Vigenère, qui lui prit le compte des combinaisons des lettres qui donnent 1124002590827719680000.” [Secret
Les kabbalistes chrétiens de la Renaissance, p. 269] A.d.B. difese con accanimento Pico della Mirandola dalle accuse che il vescovo Pedro Garcia
indirizzò a Innocenzo VIII, non ritenendosi soddisfatto dell’Apologia che Pico aveva approntato a correzione delle sue scabrose Conclusiones.
Nella difesa che A.d.B. indirizza a Cosimo de’ Medici, oltre a puntualizzare gli errori di Garcia contenuti nel suo ...in determinationes magistrales
contra conclusiones apologiales Ioannis Pici Mirandulani... proemium (Roma, 1489), fa un’esposizione delle conclusioni cabalistiche di Pico, il
quale viene definito con termini altamente elogiativi : “il più nobile tra gli eruditi, il più erudito tra i nobili, l’unica fenice della sua età... più
eloquente, illustre e santo degli antichi saggi, il più raffinato in ogni fase della sua vita e dei suoi studi...”
72. ARISTOTELE
Aristotelis De perfecto magisterio
IN :
THEATRUM Chemicum...
3.AA.IV.87
Argentorati, 1659-61
Opera pseudoepigrafa. Borrichius (Conspectus Scriptorum Chemicorum, 1697, p. 14) sostiene che l’autore ebbe dei filosofi arabi come maestri.
Secretum secretorum.
Manoscritto facente parte del fondo donato dal Senatore Gerolamo Gaslini nel 1942 alla Biblioteca Universitaria di Genova (per la scheda
bibliografica dell’opera si veda : I manoscritti “G. Gaslini” della Biblioteca Universitaria di Genova Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1991,
p. 130-1). Opera pseudoepigrafa (si vedano le note alla scheda successiva).
74. ARISTOTELE
Tractatus Aristotelis Alchimistae, ad Alexandrum Magnum, De lapide philosophico.
IN :
THEATRUM Chemicum...
3.AA.IV.89
Argentorati, 1659-61
Opera pseudoepigrafa. Sotto questo titolo si “nasconde”, quanto meno ai neofiti, il Secretum secretorum, opera che ebbe tra gli alchimisti
medievali un successo veramente straordinario (si veda la nota alla scheda Iodocus GREVER). E’ grazie alla lettura di questo libro che si deve la
definitiva “conversione” di Ruggero Bacone all’alchimia. “Il Secretum è un testo dalla storia assai complessa, scritto originariamente come uno
speculum principis, nel quale la saggezza politica orientale era stata ben presto accostata a tematiche occulte : la versione del testo arabo tradotta
da Filippo “Tripolitano” giunse attorno alla metà del ‘200 nelle mani di Bacone, che vi trovò, avvallati dall’auctoritas aristotelica, materiali
fondamentali per costruire quella nuova immagine della sapienza cristiana, alla quale intendeva affidare il compito non lieve di una riforma degli
studi minacciata all’interno dalla corruzione dei tempi, e all’esterno dalla mitica figura dell’Anticristo, che sembrava incarnarsi in quegli anni
nel pericolo tartaro. [...] Bacone, che cercava un mezzo per riformare dalla radice la società cristiana, rimase vivamente impressionato da una
enunciazione attribuita ad Aristotele, secondo la quale sembrava possibile influire sulle popolazioni attraverso mutamenti dl clima : su di essa,
che risulta in realtà da un errore nel manoscritto del Secretum che Bacone leggeva, egli imperniò in pratica la propria interpretazione del testo,
enfatizzandola e tornandovi sopra varie volte, specialmente nelle pagine dedicate all’alchimia. [...] [Alla luce di questa interpretazione del testo
pseudo-aristotelico ne risulta che] l’alchimia è... la scienza che può dimostrare il legame vitale che unisce tutti gli esseri che popolano il mondo
sublunare : non una scienza specialistica, come in Alberto Magno o in Geber ... e tanto meno una semplice curiosità o una utile pratica
artigianale, ma la scienza, senza la quale non si possono conoscere né la filosofia naturale, né la medicina teorica né quella pratica.” [Michela
Pereira L’oro dei filosofi Spoleto, Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, 1992, p. 50-51 e 54-55]
76 ARNALDO : de#Villanova
Le chemin du chemin
IN :
CINQ traité d’alchimie des plus grands philosophes... LAURA.K.III.5
Paris, 1890
Tit. orig. : Semita semitae
77 ARNALDO : de#Villanova
[1.] Correctorium
[2.] Lumen luminum, seu flos florum
IN :
THEATRUM Chemicum… 3.AA.IV.87
Argentorati, 1659-61
69
Lynn Thorndike A History of Magic and Experimental Science, v. III, p. 81 : “More than one alchemical Testament is ascribed to Arnald, but
none is very long and one is very brief - only nine lines. They probably follow the fashion set by the testaments ascribed to Geber and Raymond
Lull, and are unauthentic and written long after Arnald’s death.”
ARNALDO : de#Villanova
VEDI :
[REGIMEN sanitatis Salernitanus] 4.Z.II.31
Lvgdvni, 1577
85. ARTEFIUS
Artefii Clavis maioris sapientiae
IN :
THEATRUM Chemicum… 3.AA.IV.88
Argentorati, 1659-61
Ferguson I.51: "Artephius has been always regarded by the alchemists as one of the masters. By virtue of the elixir he is reputed to have lived a
thousand and twenty-five years… Special attention has been given to him and to the Clavis…and Gildemeister identifies him with the Arabic poet
and alchemist, Al Toghrai, who was put to death about 1119-20 or 1121-22. The Clavis Maioris Sapientiae was first printed at Paris in 1609 in a
small 8°…"
95. AVICENNA
Avicennae ad regem Hasen epistola, de re recta.
IN :
THEATRUM Chemicum… 3.AA.IV.88
Argentorati, 1659-61
Opera a lungo di incerta attribuzione, ma ora (si veda Pereira 2001 : 105 e bibliografia ivi citata) considerata come autentica di Avicenna. Scritta
nel secondo periodo della vita del filosofo (titolo originale Risâlat al-Iksîr “lettera sull’elixir”), espone i principi dell’alchimia, le sue confutazioni
e le esperienze condotte da Avicenna stesso al fine di identificare la “tintura”. Nonostante sia stata considerata in Occidente come una vera e
propria opera di alchimia, essa deve essere invece vista, come opportunamente sostiene la Pereira, come un’opera di carattere filosofico motivata
da un interesse epistemologico di fondo.
Tabulis isagogicis in uniuersam medicinam ex arte hvmain [sic], id est Ioannitii Arabis / Per
Fabium Paulinum Vtinensem...
Venetiis : apud Iuntas, 1595
2 v. ( [50], 982 , [14], 437, [131] p.) : ill. ; 2°
NUC 27.54 ; EDIT 16 I.274 ; Adams A2329
“Despite his fame as an alchemist and magician in medieval Europe, Ibn Sina was firmly opposed to the possibility of the transformation of one
metal into another by human agency, and wrote many paragraphs ridiculing the alchemists. In a well-known passage in the Shifâ [si tratta del
Kitâb al-Shifâ, il “libro del rimedio”, il capolavoro delle filosofia peripatetica] he writes : ‘As to the claims of the alchemists, it must be clearly
understood that it is not in their power to bring about any true change of species. They can, however, produce excellent imitations, dyeing the red
metal white so that it closely resembles silver, or dyeing it yellow so that it closely resembles gold. They can, too, dye the white metal with any
colour they desire, until it bears a close resemblance to gold or copper ; and they can fire the lead from most of its defects and impurities. Yet in
these the essential nature remains unchanged ; they are merely so dominated by induced qualities that errors may be made concerning them, just
as it happens that men are deceived by salt, qalqand, sal-ammoniac...” Much like al-Biruni , Ibn Sina accepts the cosmological principles of
alchemy and the Jabirian theory for the formation of metals while rejecting the possibility of transmutation because of the lack of evidence. [...]
Despite his acceptance of the sulphur-mercury theory and his description of chemical processes in terms of the four elements and qualities, Ibn
Sina has a very experimental approach in describing the preparation of dyes and other mineral compounds. In these matters he must be classified
much more with the medieval predecessors of modern chemists than with the alchemical tradition either in its esoteric and symbolic aspect or in
its branch connected with the making of objects and the craft guilds [...] As one of the masters of the art of medicine and one in whom the
traditions of Hippocrates and Galen met, Ibn Sina has written much about man as a spiritual, psychical, and physical entity whose body he studies
by observation and whose illness he seeks to cure by experimental means. His medicine, however, is plunged deeply into his metaphysical view of
man as the microcosm in whom creation returns to its source. The principles of his medicine provide, therefore, the last link in the cycle of his
cosmology and a key for the understanding of the macrocosm. It is in man that the element are best mixed and all faculties of the Soul assembled.
For Ibn Sina the study of the body of man is intricately related to that of the human soul because, in his words, ‘The body and soul form one
complete whole - one single being’. The science of the human body, therefore, is also connected with and leads to the science of the origin of
things. [...] The study of the human body by Ibn Sina is not that of dead matter to which life has been added. [...] Life, according to Ibn Sina,
pervades the whole Universe. [...] This pervading life principle exists not only in the human, animal, and plant worlds, but in all beings outside of
the four elements which are the principles of physical manifestation. [...] The same four principles of which mineral, plants, and animals are
comprised, constitute the human body, and through their combination give the rise to the humors and qualities. Their relation may be represented
in the manner shown in Figure... :
blood
fire
hot dry
air earth
yellow bile black bile
humid cold
water
phlegm
The four elements, manifest in their admixture all the qualities which the the human body displays.” [Seyyed Hossein Nasr An Introduction to
Islamic Cosmological Doctrines London, Thames & Hudson, 1978, P. 246-47 e 251-53]
97. AVICENNA
[1.] Avicennae De causa montium
[2.] Avicennae De congelatione et conglutinatione lapidum
[3.] Avicennae De quatuor speciebus corporum mineralium
IN :
GEBER LAURA.AA.II.11
...Summa Perfectionis... - Venetiis, 1542
98. AVICENNA
[1.] Avicennae De congelatione et conglutinatione lapidum
[2.] Avicennae Lapidis Philosophici declaratio filio suo Alboali
IN :
THEATRUM Chemicum… 3.AA.IV.88
Argentorati, 1659-61
101. AVICENNA
Cuiusdam epistolae, quae Alexandri Macedonum Regis nomine circumfertur, interpretatio abditam
philosophici lapidis compositionem sapientibus acutissime declarans
IN :
GEBER LAURA.AA.II.11
...Summa perfectionis... - Venetiis, 1542
Ferguson I.59 a.e. ; Duveen 238 a.e. [“It was published from a manuscript in the library of Vatican (Darmstaedter p. 9 and 11) and first includes
Avicenna’s Mineralia. It further contains his Interpretatio Epistolae Alexandri Regis...” (Duveen 238)]
alchemico molte sostanze e composti hanno il nome di “fiore di...” (per esempio il “fiore blu” indica il carbonato idrato di rame nativo, i “fiori di
pietra” l’amianto, ecc.). Considerando la collocazione dei fiori, attorno alle colonne della conoscenza, è più verosimile però che semplicemente
alludano ai frutti del sapere, pronti per essere colti una volta che queste colonne siano state superate. Dobbs 1975:59 : “As for Bacon, there can
be no doubt that he was familiar with alchemical literature. Although he criticized the alchemists on some occasions and significantly modified
their ideas at other times, still many of the tenets of his naturals philosophy derive from them, and he presented his own suggestions for the
maturation of other metals into gold ... Bacon sounds remarkably like Paracelsus when he speaks on experiment and on the ‘Light of Nature’,
and Yates has clearly established the influence of the Rosicrucian manifestos upon Bacon’s New Atlantis [F. Yates L’Illuminismo dei Rosa-Croce
cap. IX ‘Francis Bacon “all’ombra delle ali di Iehova”’, nda] La catena di influenze rosacrociane sulla New Atlantis può essere fatta risalire alla
Reipublicae Christianopolitanae descriptio di J. V. Andreae (1586-1654), attraverso l’Utopia di More e la Civitas solis di Campanella. Gli
apprezzamenti positivi di Bacone nei confronti della magia e dell’alchimia devono essere visti nella prospettiva di una restituzione di queste
discipline alla loro “antica dignità, come fine ultimo degli sforzi umani : ‘la magia si propone di richiamare la filosofia naturale dalla vanità delle
speculazioni alla grandezza delle opere ; l’alchimia si propone di separare e di estrarre gli elementi eterogenei che sono come nascosti nei corpi
naturali, di depurare i corpi inquinati e di condurre a maturazione i corpi immaturi...’ [De dignitate et augmentis scientiarum I, P.456-7]. Queste
valutazioni positive, al di là delle riserve avanzate sul metodo, erano dirette proprio al carattere operativo delle ricerche magico-alchimistiche, al
concetto, ad esse legato indissolubilmente, di un sapere capace di operare e di un’opera capace di trasformarsi in nuovo sapere. A questa precisa
eredità, dietro le invettive e i polemici rifiuti, si richiamava il grande tentativo di Francesco Bacone.” [Rossi 1974 : 33] Può essere interessante
ricordare l’esistenza di un’ipotesi che vede in F. Bacone il vero autore di almeno una parte delle opere tradizionalmente attribuite a W.
Shakespeare (per esempio, Venus and Adonis 1593 ; Lucrece 1594 ; Sonnetts 1609). Uno dei fautori di questa ipotesi, Bertram G. Theobald,
sostiene, fornendone una personale dimostrazione, che F.B. avrebbe criptato in più modi il suo nome lungo le pagine di opere attribuite a
Shakespeare e che autori coevi avrebbero alluso a lui come al vero “Shake-speare” che nulla avrebbe a che fare con lo Shaksper di Stradford (di
questo singolare studioso si ricordano Shakespeare’s Sonnetts Unmasked e Francis Bacon Concealed and Revealed). Secondo l’ipotesi di
Theobald, inoltre, Bacone avrebbe in più occasioni inserito riferimenti criptografici circa i propri legami con la Fratellanza Rosacrociana. Tra le
ipotesi avanzate da Theobald c’è anche quella che F.B. non fosse figlio di Sir Nicholas e Lady Bacon, bensì della Regina Elisabetta, sposata
segretamente ma legittimamente a Robert Dudley, diventato poi Conte di Leicester (sullo stesso tema si veda W. e E. Friedman The Shakespearian
Cipher Examined, Cambridge, 1957). Francis Bacon non si interessò alla cabala e anzi in almeno un’occasione ne diede un giudizio negativo.
Infatti nel De dignitate et augmentis scientiarum, criticando la scuola paracelsiana sostiene che l’origine dei suoi errori si deve individuare tra i
rabbini e i cabalisti, che non “ottengono quello che cercano, non fanno onore alla scrittura, che viene da loro diminuita e corrotta”. Altri giudizi
denigratori nei confronti della tradizione ebraica si possono individuare nella Nova Atlantis.
Speculum alchemiae
IN :
THEATRUM Chemicum… 3.AA.IV.86
Argentorati, 1659-61
secolo (secondo un’opinione precedente si sarebbe trattato invece di un religioso dell’ordine di S. Benedetto vissuto nel XV secolo). Sembra che
Basilio abbia usato per primo, nella sua opera Azoth, l’acrostico V.I.T.R.I.O.L, (Visita Interiora Terrae, Rectificando Invenies Occultum
Lapidem). A proposito di un’altra famosa opera di Basilio Valentino, il Currus triumphalis antimonii 1 (1604) (del quale Theodor Kerckring farà
un interessante commento), la storica Marie Boas sostiene : “Conformemente al titolo, il libro è scritto in uno stile antiquato e alchimistico che
può indurre in errore : si tratta in realtà di un’intensa ricerca e analisi delle proprietà chimiche e medicinali dell’antimonio, e di un’appassionata
difesa della sua utilizzazione in campo medico. L’autore fornisce ricette per la preparazione e la somministrazione di una gran varietà di farmaci
a base di antimonio. Egli ammette che le medicine chimiche siano, quasi tutte veleni mortali, ma sostiene altresì che il chimico le prepara in modo
tale da eliminare la loro natura velenosa e che inoltre, la loro derivazione dai veleni consente ad esse di agire come antidoti nei confronti di tutte
le malattie velenose, proprio grazie alla loro natura. Il Currus triumphalis antimonii esercitò una profonda influenza sull’accettazione dei
composti a base di antimonio in medicina, e sugli studi chimici dei metalli.” [Il rinascimento scientifico 1450-1630 Milano, Feltrinelli, 1973] A
Basilio Valentino sono state attribuite le scoperte dell’acido cloridrico, dell’etere solforico, delle proprietà dell’antimonio, delle proprietà esplosive
dell’oro fulminante, nonché la tecnica di estrazione del rame dalle piriti. La leggenda vuole che i suoi manoscritti siano stati ritrovati
“casualmente”, in seguito allo spezzarsi di una colonna cava, colpita da un fulmine, che li avrebbe custoditi.
1
In ragione della ricorrenza, nei titoli e nel corpo dei testi alchemici, del nome di questa sostanza, si rende opportuno spiegarne alcune ragioni.
L’antimonio è un semi-metallo che , in natura, si trova comunemente sotto la forma di solfato di antimonio (Sb2S3), un minerale ora chiamato stibnite.
La stibnite può essere ridotta ad antimonio attraverso un lento riscaldamento o, come avviene nelle attuali realizzazioni industriali, riscaldandolo in
presenza di limatura di ferro e borace. Il ferro si combina con lo zolfo della stibnite, formando un solfato di ferro che galleggia in superficie, mentre
l’antimonio metallico va verso il fondo : Sb2S3 + 2Fe ➙ 2Sb + Fe2S3. Se il raffreddamento avviene in condizioni particolarmente appropriate, i
cristalli di antimonio, lunghi e sottili, si dispongono secondo forme che richiamano quella della foglia di felce che, in condizioni più particolari, si
dispongono attorno a un punto centrale, sì da assumere una forma che richiama quella di una stella, ed è proprio a causa di questa particolare forma
che l’attenzione di molti alchimisti si concentrò sull’antimonio. A questa sostanza metallica venne dato anche il nome di regulus, “piccolo re”, a causa
di alcune peculiari relazioni che ha con il re dei metalli, l’oro. Si consideri infatti che è possibile raffinare l’oro scaldandolo assieme al minerale
d’antimonio : le impurità si combinano con lo zolfo della stibnite e l’oro purificato e l’antimonio metallico vanno verso il fondo. Ancora oggi vi è chi
individua in questo metallo singolari caratteristiche : negli anni sessanta un americano sostenne di aver trovato il modo di trasformare l’antimonio
metallico in oro e, nonostante il fatto che alla sua scoperta venne rifiutato il brevetto, sembra che due chimici della zecca di stato abbiano accertato
che in effetti nel minerale d’antimonio è possibile trovare piccole quantità d’oro.
Non bisogna infine dimenticare che, nell’opera di Paracelso, l’antimonio costituisce un vero e proprio punto di volta.
78
L’angelica tromba da M. Angelo Heb[reo] Alatrini, con alcuni sonetti spirituali del medesimo.
In Venetia : appresso Pietro Alvise, et Lorenzo Bragadini, 1628
[3], 34, [2] c. ; 8° (cm.14.5)
Testo in ebreo e in italiano
BRUNI-EVANS n° 64 [inserito alla voce : ALATRINI, Angelo]
L'autore dell'opera è Bechai ben Josef Ibn Bakoda; Angelo Alatrini (cioè Jochanan Alatrino) è il traduttore. Cfr. Steinschneider p. 780, col. 1397.
Di quest’ultimo dice l’Enciclopedia Judaica v. II.515: “(d. before 1611), of Città di Castello, was an early Jewish author in Italian. His works
include I Trionfi (Venice, 1611) a pastoral fable, completed in Ferrara in 1575 and seen through the press by Leone Modena; L’Angelica Tromba
(Venice, 1628), an Italian verse translation of certain parts of the liturgy for the Day of Atonement. He also composed religious and secular poetry
in Hebrew.”
Augmentée de l’Art de doctement prescher, haranguer, &c. sur tous textes de l’Escriture Saincte, &
autres sujects, sans preparation ny estude premeditée, par vn secret admirable, dit, Gemma
Secretorum. / Par M. Iean Belot, curé de Mil-monts, maistre aux sciences diuines & celestes.
A Lyon : chez Clavde la Riviere, ruë Merciere, à la Science, M.DC.XLIX. [i.e. 1649]
[4], 116, [2] p. : ill. ; 8° (16 cm)
NUC 45.480
BENCI, Tommaso
VEDI :
[HERMES Trismegistus] MS.A.IX.28(II)
Il Pimandro volgarizzato da Tommaso Benci.
potrebbe dire, come di Bodin [sott. agg., nda], grande persecutore di “streghe” e al tempo stesso tra i maggiori pensatori politici e teorico dello
Stato moderno, che combatteva una cultura, nella quale forse era stato in qualche misura coinvolto, anche per sottrarsi alle accuse di esserlo
stato. Si può supporre... che Richelieu (come forse Bodin) si sia interessato di cultura esoterica sino a che la base del suo potere fu l’ambiente
della regina madre, salvo mutare questo atteggiamento e combattere questa cultura quando sarà percepita come un pericolo per l’ordine che si
accinge a istituzionalizzare...” [La politica e i maghi Milano, Rizzoli, 1995, p. 15]
Hermanni Boerhaave phil. & med. doctoris, med. botan. chem. & Colleg. -Pract. Lugduni
Batavorum, professoris Tractatus de viribus medicamentorum. - Editio nova, priori longè
limatior, & auctior ; utpote sedulò recognita, ab innumeris mendis expurgata ; nec non addimentis
atque rerum indice locupletata. Studio & opera B.B.**M.D.
Venetiis : apud Sebastianum Coleti, 1730
[32], 467 p. : ill. ; 15 cm.
NUC 63.419
Tractatus posthumus Jani Jacobi Boissardi Vesuntini De divinatione & magicis praestigis :
Quarum veritas et vanitas solidè exponitur per descriptionem deorum fatidicorum olim responsa
dederunt ; eorundemque prophetarum, sacerdotium, phoebadum, sybillarum & divinorum, qui
priscis temporibus celebres oraculis extiterunt : Adjunctis simulomnium effigiebus, ab ipso autore e
gemmis, marmoribus, tabulisq’ antiquis ad vivum delineatis ; jam modò eleganter aeri incisis per
Ioh. Theodor. De Bry civem Oppenheimensem, in cuius icono-bibliopolio prostat...
Oppenheimi : typis Hieronymi Gallerii, [1613 ? 1615 ?*]
[24], 358, [12] p. : ill., ritr. ; 32 cm.
* La datazione 1615 è basata su quella del ritratto dell’ editore
Nota di poss. ms. : “Ex libris Antonij de Albanibus”
NUC 64.273 [riporta la data : 1616 ?]
Antiquario francese, come Caspar Peucer (genero di Melantone e autore del Commentarius de praecipuis divinationum generibus...) è assai
critico nei confronti della cabala, sia perché essa profanerebbe i nomi di Dio, sia perché chi la pratica si applicherebbe a un esercizio inutile se
non addirittura dannoso. Nella sua opera, a questo proposito, sono citati Tritheim, Calcagnini, Camillo Delminio, Francesco Giorgi.
154. BOYLE, Robert < Lismore (Irl.) 25.I.1627 – Londra 30.XII.1691> 3.V.II.78.(1 - 12)
[6.] Apparatvs ad historiam naturalem sangvinis hvmani, ac spiritvs praecipvae eivsdem
liqvoris...
Genevae : apud Samuelem de Tournes, 1686
91 p. ; 8°
Studiò a Eton, dove già allora lo studio delle scienze naturali aveva una particolare importanza. Proseguì gli studi a Oxford. Oltre ai suoi studi in
chimica e fisica, B. si dedicò anche alla teologia, alla medicina e a ricerche sul linguaggio. Fu tra i fondatori della Royal Society.
Solov’ev 1976 : “Dopo più di un decennio di scrupolosa sperimentazione chimica, Boyle pubblicò nel 1661 la più famosa delle sue opere, The
sceptical chymist. In quel libro Boyle si era posto due scopi : dimostrare l’irrealtà degli elementi di Aristotele (terra, aria, fuoco e acqua) e quelli
di Paracelso (sale, zolfo e mercurio) e introdurre nella chimica i fondamenti della teoria corpuscolare. Utilizzando come esempi i risultati dei suoi
esperimenti scrupolosamente condotti e controllati, egli concentrò la sua attenzione sul contenuto dei termini ‘elemento’ e ‘principio’ usati dai
seguaci di Aristotele e di Paracelso. Grazie alla estrema logicità delle sue argomentazioni e alla chiarezza della esposizione delle sue vedute,
Boyle inferse un fiero colpo alla confusa linea di pensiero caratteristica degli alchimisti. [...] Boyle non era propenso ad affermare che questa o
quella sostanza costituisse un elemento chimico, non potesse cioè in nessuna condizione venire decomposta in parti componenti. Né nel suo libro
The sceptical chemist, né in alcuno dei suoi lavori si trova la chiara affermazione che una data sostanza dovesse essere annoverata tra gli
elementi. Ma se si considerano elementi che sono praticamente indecomponibili, di essi, secondo Boyle, ne dovevano poter esistere molti. Come
egli osservò, se gli elementi sono formati dall’unione di alcune piccole e primordiali particelle di materia,costituenti numerosissimi corpuscoli
assai simili gli uni agli altri, non sarà assurdo ritenere che di tali associazioni primigenie ne possano esistere molto più di tre o cinque. ‘Quando
io parlo di corpuscoli o di minute particelle dei corpi - scriveva Boyle - non alludo necessariamente a quelle parti elementari come la terra o
l’acqua, o ai principi ipostatici come il sale, lo zolfo o il mercurio, perché questo mio discorso non li riguarda.’ Prima di Boyle, gli alchimisti e i
chimici pratici non si occuparono di isolare gli elementi chimici quali principi materiali immutabili, perché allora si guardava agli elementi come
a proprietà della materia che era impossibile isolare. La concezione alchemistica degli elementi - zolfo (principio di combustibilità), mercurio
(principio di volatilità), sale (principio di solubilità e di fissità) - permetteva solo di ricavare una certa classificazione delle sostanze in base
all’analogia delle loro proprietà. In conseguenza di ciò, si veniva a riunire nello stesso gruppo sostanze (ad esempio l’alcool e il mercurio) che per
tutte le rimanenti proprietà si distinguevano radicalmente l’una dall’altra. Ciò dette a Boyle motivo di critica a questa classificazione delle
sostanze.”
Che Boyle non fosse del tutto estraneo a certi ambienti esoterici può essere testimoniato dal fatto che egli, insieme a Locke, fondò nel 1645 a
Londra il “Collegio Invisibile” che derivava dal Capitolo rosacrociano lì fondato nel 1610.
In quest’opera, dedicata alla confutazione dei principi alchemici del “sale”, dello “zolfo” e del “mercurio”, Boyle dimostra una grande decisione
nel negare la possibilità di estrarre “sale” e “zolfo” puri dai corpi misti, mentre per quello che riguarda il mercurio sembra concentrarsi
soprattutto sul fatto che, fino ad allora, nessuno vi fosse riuscito, il che fa pensare che egli in qualche modo propendesse per l’esistenza di questo
principio. Le critiche che egli avanza, in ogni caso, non sono rivolte indiscriminatamente a tutti gli alchimisti, bensì ai “chimici volgari”, a coloro
che si limitano a compiere esperimenti e a divulgarne gli esiti senza riflettere sulle loro implicazioni “filosofiche”.
1
Vale la spesa ricordare che dei circa 500 editori operanti a Venezia nel XVI secolo, con una produzione complessiva stimata attorno alle 15.000
edizioni, Gabriele Giolito, con le sue 900 edizioni tra il 1541 e il 1578, rappresentava una vera potenza.
92
non riesca almeno ad inquadrare le numerose scene della Navis : tutti gli uomini vi sono indistintamente tacciati di pazzia ed è agevole far
convergere i vari episodi, che si susseguono come a caso, in un unico vasto insieme panoramico. Il paragone che il Locher istituisce fra Brant e
Dante per l’uso del volgare come mezzo di satira sociale fa risaltare ancor di più la profonda dissimiglianza tra i due autori. La Navis non è una
rivista d’anime come la Commedia dell’Alighieri o il Quadriregio del Frezzi, ma un’evocazione di episodi attuali svolgentisi alla superficie
terrestre ed investiti nel contempo dall’interpretazione dell’artista... Per quanto infinito fosse il numero degli stolti, il criterio di giudizio di
Sebastiano Brant sembrava ben fermo : la mano divina avrebbe operato un taglio vendicatore fra essi e i suoi fedeli e la Navis vuole appunto
gettare su quell’immensa turba d’insipienti una ferma condana. Erasmo, invece, ha voluto giungere alla riprovazione attraverso un procedimento
del tutto opposto : l’elogio della follia.” [Alberto Tenenti Il senso della morte e l’amore della vita nel Rinascimento Torino, Einaudi, 1989, p. 214-
216]
Non manca, ovviamente, un passo in cui Brant condanna una delle tante manifestazioni della “follia” : l’alchimia :
...Né voglio scordare
La grande truffa che si vuole fare
Con l’alchimia, oro e argento dicendo
Che s’è prodotto, ma prima mettendo
Nel crogiol di nascosto una verghetta
Di metallo sonante. Ed è perfetta
La truffa, se anzitutto un campioncino
Si mostra fato dell’oro più fino.
Si cuoce - e un’anfisbena si produce.
Di sbirciar nel crogiol molti conduce
La voluttà, dell’abile alchimista
Che sa il far suo, dentro la tana trista.
E chi tranquillo in pantofole stava,
Nell’alambicco può mirar la bava
Del rospo, ov’è finito il suo denaro,
Finché in polvere va il composto raro
E il nostro matto più non vi si specchia.
Gente che rovinata si è, parecchia
Se ne vede, ben poca s’è arricchita,
Ché già Aristotele ha avuto questa uscita :
‘Non si trasforma di cose natura !’
Molti sono attirati alla pastura,
Che ne traggono frutto molto scarso.
Si vende come oro rame arso ;
Cacca di topo nel pepe s’aggiunge ;
E tale perfezione si raggiunge
Nel colorar pellicce d’ogni sorta,
Che non più d’un trimestre le si porta,
Ché il pelo subito perdono a ciuffi.
Il topo o la pantigana per i buffi
Matti ingannati divien zibellino
Che però puzza alquanto di cessino.
Le aringhe marce sono mescolate
Con quelle fresche, e per tali spacciate...
Religio medici (Iª ed. 1642, ma in realtà scritta alcuni anni prima) che sembra sia stata stampata a insaputa dell’autore, risponde a quel desiderio,
all’epoca molto vivo tra gli uomini di cultura, di fornire risposte “razionali” ai numerosi “secreti” in cui si imbatte l’uomo. L’ambizione di questi
studiosi è tale che, accanto a quelle problematiche più ordinarie presenti un po’ in tutti i “libri di secreti” che tanta fortuna ebbero nel sedicesimo
e diciassettesimo secolo, non si arrestano neanche di fronte a quei segreti che scaturiscono da oscurità o contraddizioni presenti nelle Sacre
Scritture. Ecco allora Thomas Browne cimentarsi di fronte alle problematiche della sorte che avrà la costola di Adamo al momento della
resurrezione, di una sua eventuale natura ermafrodita del mitico progenitore, dell’ubicazione dell’albero di olivo da cui la colomba raccolse il
ramo al termine del Diluvio, della modalità in cui isole e continenti lontani e separati dalla regione in cui sorgono le montagne di Ararat
poterono essere popolati da uomini e animali. Browne tornerà ad affrontare simili argomenti nel suo Pseudodoxia Epidemica dove, per esempio,
cerca di dare una spiegazione naturale circa il colore dei negri, respingendo tanto le soluzioni poligenetiche (delle quali Paracelso fu uno dei
primi fautori), tanto quelle fondate sull’autorità della Bibbia, tanto quelle più recenti della “teoria climatica”. A quest’ultima, in particolare,
Browne oppone i seguenti argomenti : a) perché uomini che vivono in regioni altrettanto calde (per esempio gli indiani di America) non hanno lo
stesso colore dei negri ? b) perché i negri non cambiano colore quando li si porti in regioni più fredde ? c) perché gli animali non cambiano
colore in funzione della quantità di irradiamento solare ? d) perché i negri presentano diverse tonalità di colore senza alcuna apparente relazione
con la regione in cui vivono ?
Eamon La Scienza e i Segreti della Natura : “L’attacco più completo agli ‘errori popolari’ nel XVII secolo fu sferrato dal medico inglese Sir
Thomas Browne (1605-1682). Nel suo Pseudodoxia Epidemica del 1646, Browne evidenziò errori non solo nella medicina e per la salute, ma in
generale nel sapere naturale. Nella sua opera egli fu probabilmente influenzato dall’appello di Francis Bacon per la compilazione di un
‘calendario di errori popolari, perché la conoscenza dell’uomo non sia indebolita o sminuita da tale feccia e vanità’. La Pseudodoxia Epidemica
ci allontana dal fulcro della campagna contro la cultura popolare e ci mena nel tranquillo studio di una persona la cui conoscenza
dell’argomento proveniva soprattutto dai libri. Secondo il parere di Browne, la cultura popolare era totalmente irrimediabile. Rivolse la sua opera
non al popolo... ma alla ‘parte erudita ed eminente dei Letterati’... Nelle prima pagine dello Pseudodoxia, Browne discute in dettaglio le cause
degli errori. La più comune fra tutte è il peccato originale, che rende la gente naturalmente credulona e facilmente ingannabile... Un altro motivo
di errore è l’indolenza o l’apatia nei confronti della ricerca... Epppure ‘il più mortale dei nemici della conoscenza’ era il cieco attaccamento
all’auctoritas, specialmente la tendenza a basare le credenze sui ‘dettami dell’Antichità’... Quali esempi principali scelse alcuni dei più famosi
professori di segreti, compreso Girolamo Cardano, Alessio Piemontese, Antoine Mizauld e Giambattista Della Porta... Per quanto grandi fossero
le imperfezioni della mente degli individui, Browne pensava che nelle masse si moltiplicassero per cento volte... Secondo Browne, la cultura
popolare era assimilabile alla superstizione, all’ignoranza e alla perversione...” [p. 389-91]
Vol. III. Opera nvnc primvm edita continens. 1. Lampas triginta statuarum. 2. Libri physicorum Aristotelis explanati. 3. De magia et theses
de magia. 4. De magia mathematica. 5. De principiis rerum, elementis et causis. 6. Medicina lulliana. 7. De vinculis in genere. Accedvnt
tabvlae qvinqve aeri incisae. Cvrantibvs F. Tocco et H. Vitelli. Florentiae : typis svccessorvm Le Monnier, 1891
Nel terzo volume di questa edizione nazionale delle opere latine di Giordano Bruno sono stati stampati per la prima volta, nel 1891 !, i suoi testi
“magici” : per trecento anni l’Inquisizione prima e l’Illuminismo poi riuscirono, seppur per motivi diversi, a relegare queste opere bruniane in un
mondo sotterraneo al quale pochissimi, e mai in modo completo, ebbero accesso. Non meno sorprendente, ma parimenti non meno spiegabile, è il
fatto che queste opere abbiano dovuto attendere il dicembre dell’anno 2000 per vedere la loro prima traduzione integrale in italiano (Opere
magiche. Edizione diretta da Michele Ciliberto. A cura di Simonetta Bassi, Elisabetta Scapparone, Nicoletta Tirinnanzi. Milano : Adelphi, 2000)
rituali fissati, si potrebbe dire, da sempre, ma anche quella delle sottili disquisizioni talmudiche o quella, ancor più attraente per lo spirituale,
della kabbalah, con tutte le possibilità che offre grazie alle sue perfezionate tecniche di interpretazione testuale e alla sua componente mistica.
Anche grazie a un lessico o a una grammatica, hanno probabilmente pensato i Buxtorf e i tanti altri che si sono cimentati in simili lavori, è
possibile contribuire alla vittoria nei confronti di un avversario che, in forza dell’avvento del Messia, si credeva sconfitto ma che invece mai
sembra disposto ad arrendersi, forse anche perché del Messia è ancora in attesa1.
1
Per quello che riguarda la produzione di opere scritte da studiosi cristiani sotto lo stimolo della cultura e della religione ebraica, si veda l’interessante
catalogo, edito a cura del M.B.A.C. - Biblioteca Casanatense, Hebraica - il mondo ebraico nell’interpretazione cristiana nei secoli XV - XVII
Milano : Aisthesis, 2000.
97
Dissertations sur les apparitions des esprits, et sur les vampires ou le revenans de Hongrie, de
Moravie, etc. / par le r. p. dom Augustin Calmet, abbé de Senones.
Nouvelle edition reue & corrigee.
A Einsidlen : dans la princiere Abbaïe par Jeam Everhard Kalin, 1759
2 parti in 1 : [[28], 431, [14], 234 p.] ; 8° (17 cm)
NUC 91.152 ; Bibliotheca Magica 37
Nato a Ménil-la-Horgne (Lorraine) il 26 febbraio 1672 e morto presso l’abbazia di Senones il 25 ottobre 1757. Educato nel priorato benedettino di
Breuil, fu ammesso in questo stesso ordine nel 1689, per ricevere poi l’ordine nel 1696. Insegnò dapprima filosofia e teologia all’abbazia di
Moyen-Moutier e fu quindi nominato, nel 1704, vicepriore e professore di esegesi all’abbazia di Münster (Alsazia). In seguito divenne priore di
Lay-Saint-Christophe (1715), abate di Saint Léopold a Nancy (1719) e di Senones (1729). Già dai suoi primi anni di insegnamento iniziò a
raccogliere materiale per quella che divenne la sua opera più celebrata : un commento alla Bibbia (Commentaire littéral sur tous les livres de
l’Ancien et du Nouveau Testament), che venne pubblicato a partire dal 1707 e ultimato nel 1716 in ventitre volumi in 4°. Una terza edizione
ampliata (in nove volumi in folio) fu pubblicata tra il 1724 e il 1726. Papa Benedetto XIII, per ricompensarlo del lavoro svolto, gli offrì un
vescovato che però egli rifiutò, preferendogli la vita ritirata dello studio.
La Dissertations sur les apparitions des esprits, bersaglio di critiche a causa di sue patenti ingenuità, è l’ultima opera scritta da dom Calmet.
Au système astrologique retenu, Camillo fit correspondre les sept sephiroth d’édifice : ‘Les plus secrets théologiens, qui sont les cabalistes, disent
que Moïse passa sept fois par les sept sephiroth sans pouvoir jamais passer Bina, car, disent-ils, c’est le terme que ne peut franchir l’intelligence
de l’homme... A ce degré Mosse fut en face de la Couronne supérieure et de Hochma car il est écrit : ‘Il parlait face à face’. En fait, il parla avec
l’ange Mitathron, le Prince des faces. Cette ascension se fait par sept fois sept qui font 49, nombre de la rémission, et Jésus-Christ veut que nous
adressions notre prière au Père a l’aide de ce nombre, puisque l’oraison dominicale, selon le texte hébreu de Mathieu, est composé de 49 mots.
Aussi, imitant l’ombre de ces degrés, avons-nous donné à notre Théâtre sept portes, degrés ou distinctions.’ Camillo, qui connut Gilles de Viterbe,
prit sans doute ses connaissances en kabbale chez Georges de Venise. Mais il connaissait Pic de la Mirandule, auquel il reprit le procédé de
l’Heptaplus... Il développa aussi , en se réferant au Zohar, une théorie des âmes, prétendant que Virgile, dans le passage sur la mort de
Marcellus, s’était inspiré des kabbalistes.”
centinaia di esempi, nell’immenso De subtilitate (1550)... Oltre a essere una facoltà intellettuale speciale, la subtilitas si riferiva alla natura delle
cose che scopriva. Generalmente la subtilitas aveva a che fare con le cause occulte dei fenomeni, che sono scoperti solo con grande difficoltà... La
finezza era proprio al confine fra percettibilità e intelligibilità. Includeva la ricerca di qualsiasi cosa, dall’inusuale e inatteso, al difficile e non
plausibile. Il concetto di finezza avrebbe dovuto rendere i segreti naturali più intelligibili. Tuttavia fece solo nascere problemi epistemologici ancor
più complessi, un’obiezione sostenuta dallo studioso aristotelico Giulio Cesare Scaligero (1484 - 1558) nella sua confutazoine al De subtilitate di
Cardano pubblicata nel 1577. Scaliger ridicolizzò Cardano per la sua oscurità linguistica e la sua incapacità a distinguere fra semplici parole e
cose reali... Cardano tradiva la sua passione per i segreti nel forte interesse per la divinazione. Scrisse ampiamente sul tema, anche libri di
chiromanzia, astrologia, geomanzia...”
CASTRO, Pedro : de
VEDI :
MERCURIO, Girolamo 3.X.III.20
La commare... - In Venetia, 1676
incarico di lettore di medicina alla Sapienza. Rimase a Roma per undici anni. ; fu amico del vescovo Tornabuoni e di Filippo Neri, che visitò a
curò a lungo. Dopo la morte del santo assistette all’esumazione del corpo, di cui attestò la conservazione miracolosa.... In quest’ultimo periodo
della sua vita più che di filosofia il C. volle occuparsi di medicina, tanto che può sostenersi che il periodo romano non apporta sostanzialmente
nulla di nuovo alla personalità scientifica e filosofica del Cesalpino... Il C. morì a Roma il 15 marzo 1603 in seguito ad una pleurisia acuta. In
tutte le sue opere il C. usa la sua audacia intellettuale per elevarsi dalla scienza sperimentale ad una filosofia neoaristotelica a metà strada tra
immanenza e trascendenza... Aristotele è per lui una guida verso la chiarezza “in sinceram veritatem”, anche se a volte lo piega a giustificare
razionalmente certi pregiudizi del suo tempo (ad es. la credenze nei demoni in Daemonum investigatio peripatetica...). Dell’uomo è da lui
privilegiato il momento della conoscenza, anzi la scienza si identifica con la felicità umana. Da questa convinzione profonda il C. trae
l’entusiasmo intellettuale che caratterizza la sua versatile indagine e la sua curiosità rivolta in molte direzioni, ciò che fa di lui un caratteristico
uomo del Rinascimento...”
possibly he was Christopher. And this is history! A good many writings are ascribed to him by Nazari… None of these have been printed, and, if
they ever existed, or if they exist now, are in manuscript."
Secondo Thorndike si tratterebbe di un alchimista del XV° secolo. Gli studi più recenti l’identificano con l’alchimista italiano del XV secolo
Cristoforo Parigino. L’Elucidarius venne scritto attorno al 1470. In appendice compare un testo circa l’uso alchemico del sangue, tema di cui già
aveva trattato Arnaldo di Villanova.
110 p. ; 4°
Volume mutilo delle p. 111-234
Precede titolo in ebraico : halivot ‘olam ‘amm mavo ha-gemara [“le vie dei giorni antichi del popolo all’inizio della gemara”] sive clavis
talmudica...
Rahir n° 385
IN:
CONRING, Hermann 16.C.VI.11(1-7)
Viri quondam illustri Hermanni Conringii, polyhistoris celeberrimi, medicinae ac politices in
Academia Julia, quae Helmstadii est, professoris meritissimi, multorum regum ac principum
consiliarii, Operum tomus VI. cuius elenchus post praefactionem conspicitur, continens Scripta
Miscellanea... curante commentariisque svis haec opera passim avgente et illvstrante Johanne
Wilhelmo Goebelio...
Brvnsvigae : svntibus Friderici Wilhelmi Meyeri, 1730
Ristampa anastatica (dell’edizione a cura di J.W. Gosbel, 1730, in folio) pubblicata a Darmastadt, Scientia Verlag Aalen, 1973.
Il De Hermetica (C.H. Opera... v. VI, p. 359, fq. 438 ) si caratterizza per la sua opposizione alla medicina paracelsiana.
Ferguson I.175: “Conring was born at Norden in East Friesland, 9 Nov., 1606.[...] He... was appointed to the chair of Natural Philosophy in
1632, and in 1636 received the degree of doctor in philosophy and in medicine.He was next transferred to the Chair of Medicine, practised with
success and was made private physician and councillor of the princess regent of Friesland in 1749. [...] He therefore studied jurisprudence and
his learning and judgment were in much request in the settlement of many important disputes. He died 12 Dec., 1681, with the reputation of being
the most learned man of his time in Germany. He was a prolific writer, and he produced a multitude of dissertations and books of all sorts of
subjects including one or two on chemistry... The book which specially concerns the student of the hisytory of Chemistry is entitled: De Hermetica
Aegyptiorum... As was to be expetcted from an Aristotelian and a Galenist, he was opposed to the Paracelsists, and refused to acknowledge the
existence of an Egyptian Hermes or of Egyptian medicine or chemistry. He was in turn criticized by Borrichius, who believed in the antiquity of
chemistry on the ground of the Greek manuscripts.”
CURIO, Johannes
VEDI :
[REGIMEN SANITATIS SALERNITANUS] 4.Z.II.31
Conservandae bonae valetvdinis praecepta - Lugduni, 1577
DE tribus impostoribus
VEDI :
TRAITE’ des trois imposteurs LAURA.CC.III.30
maghi e stregoneria da parte di re James da poco salito al trono. Poco tempo dopo (1607), Dee morì in assoluta povertà. John Dee elaborò una
versione della cabala estremamente personale, sebbene siano evidenti le influenze che ricevette da altri cabalisti. Secret (Les kabbalistes chrétiens
de la Renaissance p. 230) dice al proposito : “Inspiré vraisemblablement de Postel, il fait dériver toutes les lettres du Iod et du Chireq. Mais il
attaque le cabaliste juif, qui revendique pour sa seule langue le notaricum et le Tsyruph : ‘La bienveillance de Dieu n’a pas voulu que nul
n’ignorat la cabbale par ignorance de la langue’, en effet : ‘Les premières lettres mystiques des Hébreux, des Grecs et des Latins furent données
par Dieu seul aux mortel, quoique puisse dire l’arrogance des humains. Il les produisit par un artifice aussi sage qu’admirable à partir des points,
de lignes droites et de cercles’”.Verginelli 125 : “John Dee fu uomo di grande talento. Godé molta fama come matematico, astronomo e
alchimista. Ebbe rapporto come di maestro a discepolo con la regina Elisabetta, con l’imperatore Massimiliano e con Stefano re di Polonia. Non
fortunati invece furono i rapporti con l’alchimista Kelley. [...] per il contenuto alchemico [l’opera più importante] è la Monas Hierogliphica [...]
degno di interesse ne è il frontespizio raffigurante la Monade racchiusa in un ovoide, che è al centro di una grande porta, la quale reca nel fregio
questa iscrizione : ‘Qui non intelligit, aut taceat aut discat’.” “La Monas è stata comunemente considerata opera di alchimia. Tuttavia, anche
se intessuta di riferimenti alchemici, essa appare piuttosto come un modo di rendere ragione dei rapporti cosmici partendo dalla contemplazione e
spiegazione del proprio simbolo fondamentale fondato sul circolo e sulla linea retta, in quanto generati entrambi dal punto. In questa immagine
[…] il sole è il cerchio che ruota attorno al punto, la terra, mentre un semicerchio che interseca il corso del sole rappresenta la luna. Sole e luna
poggiano su una croce capovolta che rappresenta il principio ternario (due linee rette connesse dal punto della loro intersezione) e quaternario (i
quattro angoli che si generano all’intersezione delle linee). Con qualche sforzo Dee vi vede anche un principio ottonario, e dal ternario e
quaternario congiunti può trarre un’aperta manifestazione del principio settenario. Se si sommano i quattro primi numeri si ottiene anche il
principio denario, e così via, in una sorta di vertigine generativa di ogni entità aritmetica. Da ciascuno di questi principi si possono poi agilmente
derivare i quattro elementi composti (caldo, freddo, umido e secco), e altre rivelazioni astrologiche.” [Eco 1993.201]
1
E’ appurato tuttavia che Della Porta non avesse colto la rilevanza di questo strumento in campo astronomico. Si veda al proposito Vasco Ronchi Il
cannocchiale di Galileo e la scienza del Seicento Torino : Einaudi, 1958.
109
Il magico mondo degli heroi / del sig. Cesare della Riviera al feliciss. prencipe Vincenzo Gonzaga
duca sereniss. di Mantova, et di Monferrato..
In Mantova : per Francesco Osanna stampator ducale, 1603
[20], 217, [1] p. ; 4° (21 cm)
Le informazioni sono ricavate dall’antip.
CSIBBL 753
“E’... un medesimo filone quello di cui si nutrono Giordano Bruno e Cesare della Riviera, un filone al quale non sono estranei nemmeno apporti
cabalistici, come si può vedere, nel caso di Bruno, dalle considerazioni svolte intorno al Tetragrammaton nello Spaccio della bestia trionfante e,
più generalmente, dall’assunzione di certi metodi esoterici ebraici, seppur ricondotti alla sapienza degli Egizi ; quanto a della Riviera, il lettore
avrà modo di familiarizzarsi coi riferimenti alle Sephiroth e, soprattutto, con le ricorrenti ‘analisi cabalistiche’ dei nomi. Oltre a ciò, diversi sono
i motivi comuni ai due ermetisti. Innanzitutto... il tema fondamentale della dottrina ermetica : l’unità del Tutto nell’Uno, leitmotiv della filosofia
bruniana e culminazione del Mondo magico degli heroi... In secondo luogo, una disposizione spirituale orientata in senso attivo, eroico, per usare
un termine che troviamo, significativamente, nel titolo del libro di della Riviera come in un’opera di Bruno uscita diciott’anni prima : De gli eroici
furori. L’eroe di Bruno, come quello di della Riviera, è il ‘mago’ determinato a riconquistare la divinità, perché è stato creato divino... Entrambi
gli autori, poi, dedicano una particolare attenzione alla fabbricazione dei talismani : l’ultimo libro pubblicato da Bruno, De imaginum, signorum
et idearum compositione (1591) tratta appunto di tale argomento, che consiste nell’impadronirsi dell’influsso dello spiritus per incanalarlo nella
materia. Dodici anni dopo, Cesare della Riviera scrive il suo capitolo sulle ‘gemme fabbricate magicamente’, ma deve usare una maggior
circospezione nell’esprimersi, perché il trattato di Martin Del Rio, nel frattempo, ha fermamente condannato la magia dei talismani.” [dal saggio
introduttivo di Claudio Mutti alla ristampa modernizzata dell’edizione del Mondo magico... del 1605, con introduzione e note di Julius Evola, a
cura delle Edizioni Arthos, 1978]
250. [DEMOCRITO]
Ex venerandae graecae vetustatis de arte chymica, relliquiis Democritus Abderyta, de arte sacra :
sive de rebus naturalibus & mysticis, necnon Synesii & Pelagij, antiquorum philosophorum : in
eundem commentaria. / Interprete Dominico Pizimento Vibonensi Italo
IN :
MIZAULD, Antoine LAURA.CC.I.18
Antonii Mizaldi... Memorabilium... Centuriae IX... - Coloniae, (1574 ?)
Ferguson I.205, II.97 ; Lenglet-Dufresnoy III.147 ; Duveen 407
Dieu, par l’office de la première intelligence, porte le premier mobile d’orient en occident, puis les autres sphères. Celles-ci en effet ne peuvent se
moivoir par soi mais par la vertu du premier mobile.’”
un’enorme interesse e apprezzamento all’interno del mondo germanico, non da ultimo a causa di quella rinascita del mito tedesco pagano che
spinse qualcuno a vedere nella controversa figura dello svizzero colui che si è liberato dal giogo dei greci e dei latini, che disprezza ebrei e arabi, e
che, a differenze degli umanisti italiani, ha dato una duratura impronta germanica a un’epoca (si veda Elisabetta C. Salzer “Theophrastus
Bombast von Hohenheim” La Rinascita, III, 1940, p. 643-701)
Ios. Qvercetani doctoris mediciqve regii, Diaetetikon polyhistoricon : opvs vtique varivm magnae
vtilitatis ac delectationis, quod multa historica, philosophica, & medica tàm conseruandae sanitatis,
quàm varijs curandis morbis necessaria contineat.
[S.l. (Genève ? Lyon ?)] : excudebat David Anastasius, 1607
418, [2] p. ; 8° (16.5 cm)
Nota di poss. ms. : “Hic liber est Conv.us S. M.ae Visitationis Genuae Fratrum Discalceatorum S. Aug.ni”
Bibliotheca Magica 58 ; NUC 150.207 presenta un’edizione della stessa consistenza e stessa area del titolo edita però a Ginevra : P. Chouët,
1627
1
Numerosi sono i passi talmudici che conferiscono tali pregogative a Elia. Tra i passi a cui R. Patai potrebbe aver fatto riferimento, si possono
senz’altro citare i due seguenti : “La resurrezione dei morti avverrà per mezzo di Elijah” (Sota IX.15), il quale sarà pure il banditore dell’avvento del
Messia (Malachia 3.23-24).
117
sostenesse di aver trovato la pietra filosofale, egli scrisse nel suo trattato sui minerali che ‘Dio rivelò cose minori, ma la cosa più importante [cioè
la trasmutazione dei metalli vili in oro] è tuttora avvolta nell’oscurità e rimarrà tale fino alla venuta di Elia Artista.’” Un altro famoso alchimista,
Helvetius (al secolo Johann Frederick Schweitzer, 1629 - 1709) nella sua opera Il Vitello d’Oro, che tutto il mondo adora e prega, nel quale si
tratta del rarissimo miracolo di natura della trasmutazione dei metalli, ovvero di come la totale sostanza del piombo fosse in un attimo, con una
particella della vera pietra filosofale, cambiata in oro, nella Contea dell’Aia, Amsterdam, 1667 racconta di aver ricevuto la visita di uno strano
personaggio che gli si presentò come ‘Elia Artista’ e gli offrì, oltre a buoni consigli sulla conduzione dell’Opera, un frammento della vera pietra
filosofale.
Pulvis sympatheticus : Quo vulnera sanantur absque medicamenti ad partem affectam applicatione
& superstitione, Galenicarum, Aristotelicarumque rationum cribro evintilatus.
VEDI :
THEATRUM Sympatheticum...
Amsterdam, 1661
[da p. 231 a 259]
imputazioni per possesso di libri proibiti e, probabilmente in misura minore, le imputazioni per “proposizioni ereticali” e “materialismo-ateismo”.
Per quello che riguarda i libri proibiti, John Tedeschi rileva che su un campione di 120 imputati (anni 1641-1670) “solo dieci titoli erano eretici
in senso dottrinale ; più di venti riguardavano la magia e l’astrologia, mentre sessanta... erano opere di carattere ‘libertino’” (p. 78).
Può essere utile, infine, ricordare la tipologia e l’incidenza delle pratiche che venivano ascritte all’imputazione delle “arti magiche”. Tedeschi
riporta il caso dell’Inquisizione friulana per gli anni che vanno dal 1596 al 1785:
magia in generale 70
divinazione, negromanzia 19
magia terapeutica 199
benandanti 50
magia amorosa 115
incantesimo di ‘tamiso’ (da assimilare
alla voce precedente) 43
incantesimi contro lupi, temporali, ecc. 31
incantesimi contro le armi da fuoco 9
altri incantesimi 26
incantesimi per arricchirsi 35
maleficia* e stregoneria 180
totale 777
entrano a far parte di questa voce anche i massoni, quali, per es. un gruppo di “liberi muratori” di Buttrio che, nel 1747, vennero incriminati per
“stregoneria con abuso di sacramenti [e] adorazione del demonio” (Tedeschi cit. p. 25)
286. FABRE, Pierre Jean <Castelnaudary 1588 ca.- 1658> 3.KK.VII.21 (2)
Chirvrgia spagyrica. / Petri Ioannis Fabri, doctoris medici Monspeliensis : In qva morbis cvtaneis
omnibus spagyricè & methodicè agitur, & curatio eorum cita, tuta, & iucunda tractatur.
Tolosae : apud Petrvm Bosc, bibliopolam, 1638
132, [4] p. ; 8° (17 cm)
“Tabvla capitvm” ms. sul foglio di guardia.
NUC 165.272 ; Goldsmith 171 a.e
Studiò all’Università di Montpellier dove si laureò in medicina e dove, con ogni verosimiglianza, venne a conoscenza delle teorie di Paracelso. In
conseguenza di questo nel 1614 gli venne rifiutato il titolo di ‘dottore’, che ricevette invece l’anno successivo. Insediatosi come medico a
Castelnaudary, nel 1622 gli capitò di curare Luigi XIII di passaggio per la cittadina, per essere poi scelto da questi come suo medico particolare.
E’ al re di Francia che Pierre Jean Fabre dedico la sua prima opera, il Palladium Spagyricum, stampato a Tolosa nel 1624. Divenne famoso per
le sue capacità di contrastare le epidemie di peste, al punto che nel 1651 venne chiamato a Barcellona con l’incarico di cimentarsi in questa
difficile impresa. Ancora maggiore però fu la sua fama di alchimista. Nell’Alchymista Christianus (1632) egli stesso racconta di essere riuscito a
realizzare una trasmutazione in presenza di autorevoli testimoni. In alcune sue opere (Propugnaculum Alchimiae, Universalis sapieniae seu
Panchymica, Abrégé des Secrets Chymiques, Alchymista Christianus) Fabre cita ripetutamente autori e concetti cabalistici, riprendendo unan
linea di pensiero iniziata da Giovanni Agostino Panteo (Theoria Transmutationis Metallicae) ma sviluppata soprattutto da Paracelso e da suoi
discepoli (Franciscus Kieser La Kabbale chimique, Mulhouse, 1606). Secondo P.J. Fabre le finalità dell’alchimia - soprattutto in quanto viene
espresso nel Manuscriptum ad Fridericum, 1643 - sono di portare alla perfezione tutto quanto presenta un difetto, di elaborare un rimedio
universale (elixir), e di conseguire una conoscenza quanto più completa sia possibile di tutte le cose e cioè di individuare una “Filosofia naturale”
che mostri “la base, il fondamento e la radice di tutte le cose create”.
Ferguson I.264: “Fanianus was a lawyer at Basel. He wrote Liber de Metamorphosi metallica et an sit, Basileae, 1560 ...De arte Metallicae
metamorphoseos... Basileae, 1576... The legality of Alchemy and the question whether gold and silver artificially prepared were to be considered
equivalent to the natural has been discussed by Kopp”. Nella sua opera De iure... Faniano raccoglie quanti più pareri legali sulla legittimità
dell’alchimia, antecedenti e coevi, gli è stato possibile e questi sono in larga misura tolleranti se non addirittura favorevoli alla trasmutazione dei
metalli vili in oro. Questi pareri legali, e l’opera stessa di F., furono stimolati dal celebre decretale di Giovanni XXII Spondent quas non exhibent,
forse scritta da Eymerich, che a sua volta ispirò la Summa Angelica di Angelo Carletti di Chivasso, ampiamente citata nel De iure....
292. al-FÂRGANÎ, Ahmad ibn Muhammad ibn Katîr <fl. 861> 3.V.I.17
Muhammedis fil. Ketiri Ferganensis, qui vulgo Alfraganus dicitur, Elementia astronomica,
Arabicè et Latiné. Cum notis ad res exoticas sive Orientalis quae in iis occurrunt. / Opera Jacobi
Golii.
Amstelodami : apud Johannem Jansonium à Waasberge, et viduam Elizei Weyerstraet, 1669
[12], 306, [22], 112, 109 p. ; 4° (20 cm)
Frontespizio e testo in arabo e latino.
Bibliotheca Magica 12
Nato nella Transoxiana (l’attuale Pakistan) e morto in Egitto. I suoi Elementa, un sommario dell’astronomia tolemaica, ebbero un grande
successo anche in Europa dove vennero tradotti e pubblicati dal dodicesimo al diciasettesimo secolo.
Ioannis Fernelij Ambianatis, de naturali parte medicinae libri septem ad Henricum Francisci
Galliae regis filium...
Parisiis : apud Simeonem Colineum (imprimebat Adamus Sauluerius), 1542
[10], 165 c. ; 2°
Nota di poss. ms. : “Collegij Gen. Societ. Iesu”
NUC 170.285 ; STCISuppl. 34
297. FERRARI
[1.] Efferrarii monachi, De lapide philosophorum secundum verum modum efformando...
[2.] Efferari Thesaurus Philosophiae
IN :
THEATRUM Chemicum 3.AA.IV.87
Argentorati, 1659-1661
Vol. III, p. 128-137.- Tradizionalmente De lapide viene considerato del XIII sec.
Tiraboschi (V, 1823, p. 333, nota) sostiene che questo autore potrebbe essere identificato con Pietro Boni da Ferrara, autore della famosa
Margarita Pretiosa Novella. L’ipotesi del Tiraboschi si basa sul ms. S. Marco XIII, 18 (Valentinelli), 14° sec., f.32-43 “Cum patria propulsus
bonis omnibus exutus”; Thorndike III.149 ; cfr. anche Chiara Crisciani “Introduzione” alla Pretiosa margarita...
C’è anche chi vede nel Ferrarius una personalità ben distinta. Si veda a questo proposito J. Telle “Ferrarius” Lexikon der Mittelalters Munchen-
Zurich, v. IV, p. 393-4
298. FERRARI, Giovanni Matteo [Ferrarius Johannes Matthaeus de Gradi] <†1472> RARI.E.V.10(1)
Consiliorum consumatissimi artium et medicinae doctoris domini Ioannis Matthei de Gradi
Mediolanensis secundum viam Auicennae ordinatorum vtile repertorium. Additis antiquissimi
medici Rabbi Moysi De regimine vite quinque tractatibus ad Sultanum inscriptis. Nec non sacri
doctoris Raymundi Lulij de insula Majoricarum De secretis naturae libri duobus : nunc primum in
lucem editis. - Quae omnia nouissime recognita : ac infinitis erroribus castigata fuere.
[coloph. :] Mandato et impensis heredum... Octauiani Scoti et sociorum, impressa quoque
Venetijs... per Georgium arriuabenum Anno...i5i4 die penultimo Maij [i.e. 30 maggio 1514].
[2], 113 [ma 121] c. ; 2°
De regimine vitae è di Maimonide. Il De secretis naturae attribuito a R. Lullo è una versione di De consideratione quintae essentiae di Giovanni
di Rupescissa
NUC 170.416 ; Bibliotheca Magica 63
Medico lombardo dell’inizio del quindicesimo secolo, soprannominato de Gradibus dal nome della sua città natale (Grado). Studiò a Milano e fu
in seguito chiamato a Padova per occupare la prima cattedra di medicina, carica che mantenne fino alla morte nel 1472. Le sue opere consistono
essenzialmente in ampli commentari dei testi medici di Rasis e di Avicenna. Oltre all’opera posseduta dalla BUG, stampata per la prima volta a
Pavia nel 1501, si ricordano : Practicae Pars prima et secunda, vel commentarius textualis cum ampliationibus et additionibus materiarum in
nonum Rhazis ad Almansorem Pavia, 1471 ; Expositio super vigesimam secundam seu tertiae canonis Avicennae Milano, 1494.
14 c. ; 4°
Nota di poss. ms : “✩ Collegij Genuensis Societ. Jesu”
NUC 170.540
DBI : “Nasce nel 1502 a Riva presso Chieri (Torino) da Martino e Caterina Finelli. Nessuna notizia sulla sua vita è nota prima del suo
trasferimento a Parigi, avvenuto nel 1525... Si trattenne tre anni nella capitale francese seguendo l’insegnamento di Jean Morand e Jean de
Tartas... Nel 1528 lasciò Parigi per la Scozia, al seguito di Robert Reid... Qui il soggiorno si protrasse per un decennio... La lunga permanenza... e
l’inserzione dei suoi scritti nella Bibliographie générale de l’Ordre de St. Benoît avvalorano l’ipotesi che il F. fosse monaco benedettino... Nel
1537 il F. aveva deciso di ritornare in Italia. Qualche impedimento invece si dovette frapporre : nel 1538 era infatti a Parigi, dove si fermò fino al
1541, attendendo soprattutto alla stampa dei propri opuscoli... Durante la Pasqua del 1541... ritornò in Scozia, dove rimase fino al 1545... [tornato
a Parigi, vi rimase fino alla sua morte, avvenuta nel 1579]. Il De vera cometae significatione... (Parisiis, M. Vascosan, 1540 ; trad. it. Di Averardo
Filicaia, Firenze, G. Marescotti, 1577), dedicato a Giacomo V Stuart, pur nella sua brevità è di una qualche importanza quale documento della
critica all’astrologia divinatoria conseguente alle Disputationes adversus astrologiam divinatricem di Giovanni Pico della Mirandola,
esplicitamente dal F. come colui che ha confutato in modo definitivo le vanità degli astrologi. Oltre al breve trattato sulla cometa, vennero
stampati dal Vascosan altri tre opuscoli del F. : due di argomento filosofico (Academica de animorum immortalitate...enarratio, 1539 ... ; Auditum
visu praestare contra vulgatum Aristotelis placitum academica dissertatio, 1539) ed una di contenuto retorico (Cicero poeta..., 1540)...”
Del Ferrerio restano, inoltre, due manoscritti (annotazioni agli Annales di Tacito e la storia del monastero di Kinnlos, versi (che furono inseriti
nelle Declamationes CXXXVII attribuite a Quintiliano), una prefazione a S. Giovanni Crisostomo di Philippe Montanus, una raccolta di proverbi,
il completamento della Scotorum historiae, note e lettere.
cercano, adattando il nostro spirito allo spirito del mondo con la magia dei talismani [ars physica] e l’emotività [affectum], di indirizzare verso la
nostra anima e il nostro corpo i beni del cielo. Ciò comporta il rafforzamento del nostro spirito da parte dello spirito del mondo tramite l’azione
dei raggi stellari che agiscono beneficamente sul nostro spirito, della stessa natura di codesti raggi ; ciò gli permette di attirare a sé le cose celesti.’
(cap. III)” […] “Poiché dal 1468 la stregoneria era un crimen exceptum, e alle streghe si attribuiva il commercio con i malvagi demoni delle
schiere sataniche, era più che normale che qualsiasi forma di magia richiedente l’intervento dei demoni fosse ritenuta sospetta e perseguitata. Per
tale ragione Marsilio Ficino, che dovette subire attacchi da parte dell’autorità ecclesiastica a causa del suo trattato De vita coelitus comparanda,
giudicata in ultima istanza inoffensiva dal papa, ricorreva a mille precauzioni per dimostrare che la magia ‘naturale’ da lui coltivata non era
demoniaca [nella Protestatio catholici auctoris dice tra l’altro : ‘In omnibus quae hic aut alibi a me tractantur, tantum assertum esse volo,
quantum ab ecclesia comprobatur’, nda]; indubbiamente aveva ragione, nel senso in cui il mago era capace di porre limiti alle proprie operazioni,
ciò che tuttavia non impediva che la demonomagia fosse essa stessa, per lo meno in certi casi, se non sempre, una forma di magia spirituale... la
distinzione tra una magia ‘naturale’ e una magia ‘transnaturale’ o demonomagia, pur essendo fasulla sul piano strettamente concettuale, è
tuttavia accreditata da un’intera tradizione storica, nella quale i potenziali colpevoli sono in pressoché completo accordo con i loro accusatori.”
Ficino presenta, senza ulteriori specificazioni, il De vita coelitus comparanda come un commento a un passo di Plotino, che poi Kristeller ha
identificato in Enneade IV, 3, XI.
Integrvm morborvm mysterivm : sive Medicinae catholicae tomi primi tractatvs secundus, in
sectiones distributus duas ; qvorum prior generalem morborum naturam, sive variam munimenti
salutis hostilieter inuadendi atq[ue] oppugnandi rationem, more nouo & minimè antea audito, siue
intellecto describit.
Vltima, vniversale medicorum siue aegrotorum depingit catoptron : in quo meteororum
morbosorum signatam demonstratiua, quam prognostica, lucidè speculantus, & modo haud vulgari
atque alieno planè designantur. / Avthore Roberto Flvdd, aliâs de Flvctibus, armigero, & in
medicina doctore Oxoniensi.
Francofurti : typis Wolfgangi Hofmanni, prostat in officina Gvilielmi Fitzeri, 1631
[12], 503 p. ; 2° (32 cm)
NUC 176.258
Hieronymi Fracastori Veronensis Opera omnia, in vnum proxime post illius mortem collecta…
Accesserunt Andreae Naugerii patricii Veneti, Orationes duae carminaque nonnulla, ..
Venetiis: apud Iuntas, 1555 (Venetiis: apud haeredes Lucaeantonii Iuntae, 1555
[6],, 285, [i.e. 289, 1], 32 c.: ill., 2 ritr.; 4°
Sul retro del front., indice dell’opera: …[1] Homocentricorum siue de stellis liber vnus. [2] De causis criticorum dierum libellus. [3] De
sympathia & antipathia liber vnus. [4] De contagionibus & contagiosis morbis & eorum curatione libri tres. [5] NAVGERIVS siue de poetica
dialogus. [6] TVRRIVS siue de intellectione dialogus. [7] FRACASTORIVS siue de anima dialogus. [8] De vini temperatura sententia. [9] Syphilidis
siue de morbo Gallico libri tres. [10] Ioseph libri duo. [11] Carminum liber vnus…
SI POSSIEDE ANCHE: Hieronymi Fracastorii... Opera omnia... Ex tertia editione...- Venetiis : apud Iuntas, 1584 [1574].- [22], 213, [1] c. : ill., ritr. ;
4° (3.M.V.42) Adams F819
GAAR, Giorgio
VEDI :
BONELLI, Benedetto 3.MM.IV.68
Animavversioni critiche sopra il notturno congresso delle Lammie...- In Venezia, 1751
132
Claudi Galeni Pergameni Liber de plenitudine. Polybus de salubri victus ratione priuatorum.
Guinterio Ioanne Andernaco interprete. Apuleius Platonicus De herbarum uirtutibus. Antonii
Beniuenii Libellus de abditis nonnullis ac mirabilis morborum & sanationum causis.
[Parigi] : prostant in vico Iacobeo, apud Christianum Vvechel sub scuto Basiliensi, 1528
42, 21, [1] c. ; 2°
Renouard III.409 ; Adams G98
investigationis magisterij, & Testamenti eiusdem Geberis, ac Aurei trium verborum libelli, et
Avicennae summi medici & acutissimi philosophi Mineralium additione castigatissima.
[Venetiis : apud Petrum Schoeffer : Germanum, Maguntinum, Anno 1542
[16], 260 p. : ill. ; 8°
I dati editoriali si ricavano dal colophon
Contiene anche : Avthoris ignoti, philosophici lapidis secreta methaphorice describentis, opusculum ; [Merlin, Ambrosius] Merlini Allegoria
profondissimvm philosophici lapidis arcanum perfecte continens ; Rachaidibi, Veradiani, Rhodiani, et Kanidis philosophorum regis Persarum.
De materia philosophici lapidis, acutissime colloquentium fragmentum ; Favstvs Sabevs ad lectorem.
Nota ms. sul front. : “Ad usum Joan. Baptistae de Rubeij Romanus”
Adams G301 ; Ferguson I.123; Duveen 238 : “This is the first edition to contain the Testamentum [...] It was published from a manuscript in the
library of Vatican (Darmstaedter p. 9 and 11) and first includes Avicenna’s Mineralia, it further contains his Interpretatio Epistolae Alexandri
Regis, and the following tracts : Kalid Liber Trium Verborum Authoris Ignoti Philosophici lapidis secreta. Merlini Allegoria. Rachaidibi De
materia philosophici lapidis.”; B. Obrist “Art et nature dans l’alchimie médiévale” Revue d’Histoire des Sciences 1996, 49.2-3, p. 215-286:
“L’ouvrage qui constitue la contre-partie technique de la Minéralogie [De mineralibus, nda], la Summa Perfectionis magisterii du pseudo-Geber,
partage les positions philosophiques d’Albert [Albertus Magnus, nda], cependant qu’il les ampute de leurs démonstrations, un indice qu’il s’agit
de positions dorénavant acceptées. Si la Mineralogie d’Albert est le produit par excellence de l’effort médiéval dans l’ établissement d’une
physique du domain minéral, la Somme des procédés alchimiques peut être considérée come toute aussi représentative de l’essor technologique du
XIII° siècle au cours duquel les practiciens tentent de fonder leur art sur des principes scientifiques et certains. La position de base du pseudo-
Geber est que l’art n’est pas en mesure d’imiter la nature complètement et que les artistes qui croient devoir l’imiter dans tous les détails se
trompent.” [269-70]. A quanto risulta dagli studi più recenti (cfr. soprattutto W.R. Newman The Summa Perfectionis of Pseudo-Geber. A Critical
Edition, Translation and Study Leiden, 1992 , Introduction, ch. 2 ; Micrologus III “The crisis of alchemy” passim) il Geber autore della Summa
perfectionis... , forse il più famoso alchimista dell’antichità, non può essere identificato, così come è avvenuto per secoli, con l’altrettanto noto
Geber, o meglio Jabir ibn Hayyan autore, tra l’altro, del Liber de Septuaginta a cui il pseudo-Geber si ispira sfruttando un suo processo di
trasformazione del mercurio. Il vero autore della Summa Perfectionis... sembra possa essere identificato con Paolo di Taranto, fine XIII sec.,
francescano e verosimilmente lettore al monastero di Assisi.
1622 (3.II.II.75); Commentarii Collegii Conimbricensis Societatis Iesu super quatuor libro de coelo... - Venetiis : apud Andream Baba, 1606
(Vest.A.I.169)
Vasoli 1974 : 823 e segg. : “Gli storici della letteratura ricordano soltanto la sua Idea della storia dell’Italia letterata (1723) e le Dissertationes
accademicae (1714-1732) che pure sono preziose miniere di notizie e di giudizi su alcune delle personalità e ambienti intellettuali più importanti
del suo tempo. Ma gli storici delle scienze, e persino il Thorndike, dimenticano o danno scarsa importanza alla sua Fisica sotterranea (1730),
scritta in confronto e in discussione con le fortunate opere di P. Kircher e ignorano le sue opinioni e conoscenze scientifiche legate evidentemente
alla tradizione degli ‘Investiganti’ e all’influsso sempre presente dei ‘recentiores’, primo fra tutti Tommaso Cornelio... Educato dapprima dai
Gesuiti e poi scolaro di matematica dell’Astorini, legato nella sua giovinezza allo stesso ambiente intellettuale in cui si mosse anche il giovane
Vico, studente di diritto e di medicina e quindi avvocato praticante a Napoli nell’ultimo decennio del Seicento, il Gimma fu un personaggio
abbastanza in vista nella vita intellettuale italiana del suo tempo, corrispondente, tra gli altri, del Manget, del Crescimbeni, del Vallisnieri, del
Mongitore e del Musitano... Uomo perfettamente inserito nella cultura italiana del suo tempo... l’abate barese sembra piuttosto l’epigono e
l’estremo testimone di quel filone della tradizione scientifica e filosofica meridionale che muovendo dai Campanella, i Porzio, i Della Porta e gli
Stelliola era giunta alla concezione sperimentale del sapere propria del Borelli, del Di Capua, del Cornelio... Senonché nel Gimma tale tradizione
non solo è come svuotata dalla sua più intensa carica rinnovatrice, ma tende a trasformarsi nella componente, sia pure caratterizzante, di una
sintesi eclettica, dominata spesso da preoccupazioni teologiche e da evidenti cautele filosofiche. E su questo fondamento si intrecciano e si
sviluppano poi altri elementi mediati da tradizioni e correnti filosofiche ancora profondamente operanti nella cultura europea del Seicento : la
tendenza enciclopedica di carattere lulliano-ramista che ha come suo massimo e fortunato esponente Johannes Heinrich Alsted... e quel
particolare filone esoterico, magico, cabbalistico, anch’esso notevolmente influenzato dal lullismo, che è tipico di alcuni scrittori e scuole
gesuitiche ed è principalmente documentato dagli scritti del P. Kircher e del P. Schott...”. Per dare un’idea del carattere dell’opera in oggetto, si
citano alcune voci dell’Indice : Tomo I. Libro I. : cap. 6. Dell’uso delle gemme nella Sagra [sic] Scrittura ; cap. 9. Della vegetazione, e del sesso
delle pietre. Cap. 13, art. 7 e 8 Degli anelli astronomici e degli anelli magici.; Tomo I. Libro IV. : cap. 8. Della pietra Bezoar ; cap. 9.-12. Delle
pietre de’ serpenti, del cobras, del dragone, del rospo ; cap. 13. Delle pietre, che nell’uomo si trovano ; cap. 13. art. 1. Se nel cervello si possano
formare le pietre coll’uso del tabacco; Tomo II. Libro V. : cap. 8. art. 14. Della pietra filosofica degli alchimisti
1
Il termine sefirot (plurale di sefira) è senz’altro, tra quelli del lessico cabalistico, il più noto anche tra i non addetti ai lavori e, forse anche a causa di
ciò, anche quello più soggetto a vistosi fraintendimenti. Pur non essendo possibile rendere conto, in poche righe, della ricchezza concettuale di un
termine che, nel corso dello sviluppo della cabala è stato oggetto di innumerevoli interpretazioni e sviluppi, si ritiene cionondimeno utile, con l’aiuto
del più grande studioso del XX secolo, tracciarne i margini più generali : “...ciò che costituisce la particolare struttura mitica del simbolismo
cabbalistico nel suo complesso è la limitazione dell’infinita ricchezza degli aspetti sotto cui può essere visto Dio a dieci categorie originarie, o come
vogliamo altrimenti chiamare le idee che stanno alla base del concetto delle sefiroth. Nel Libro della creazione [Sefer Yetzirah, nda], da cui deriva il
termine, esso significa i dieci numeri archetipi (da safar = contare) e cioè le forze fondamentali di tutto l’essere, senza che peraltro, in quel vecchio
libro, a ogni sefirah sia associata tutta una moltitudine di simboli nei quali altri archetipi sarebbero congiunti con essa in una struttura particolare.
Questo passo è stato compiuto per la prima volta dalla teosofia medievale della Kabbalah, che ha ripreso esegesi gnostiche sul mondo degli eoni... Il
complesso di queste potenze, che sono unite nella decade originaria, costituisce il mondo delle sefiroth, dell’unità divina che si dispiega e contiene in
sé gli archetipi di tutto l’essere. Questo mondo, che, come non si potrà mai sottolineare abbastanza, è il mondo di un essere intradivino, tuttavia si
effonde, senza soluzione di continuità e senza che ci sia un nuovo inizio, nei mondi misteriosi e visibili della creazione, che ripetono tutti, nella loro
struttura, quella sruttura interna di Dio, e la rispecchiano in sé. Secondo i cabbalisti quel processo che nella creazione è direto verso l’esterno non è
altro che il lato essoterico di un processo che in ultima istanza si svolge all’interno di Dio, e di cui i singoli stadi, con la particolare conessione dei
motivi che vi si incontrano, determinano la particolare forma mitica della concezione delle sefiroth. A un nuovo livello di esperienza mistica e di
contemplazione le strutture mitiche ricompaiono, non più nelle persone delle antiche divinità, ma appunto concentrate, in modo nuovo e spesso
singolare, nel mondo dell’albero delle sefiroth.” [Gershom Sholem La Kabbalah e il suo simbolismo Torino, Einaudi, 1980, p. 128-9]
Nella sua forma più comune, l’albero delle sefiroth si presenta come nella tabella successiva (si tenga conto che le sefirot devono essere viste
interconnesse tra loro secondo linee di forza che percorrono l’albero in senso longitudinale e latitudinale. Si deve considerare l’albero collocato
all’interno di un campo di forze che vanno secondo un gradiente dal femminile, a sinistra, al maschile, a destra. E’ stato indicato in neretto il nome
delle sefirot, tra parentesi quadra la traduzione del nome, tra parentesi tonda il loro attributo più comune. A quest’ultimo riguardo, se si tiene presente
che le sefirot rendono conto dei rapporti che reggono il mondo sotto ognuno dei suoi aspetti, è chiaro che ognuna di queste può essere associata ad
attributi dei più diversi tipi, per esempio a quelli che rendono conto della sfera psicologica - e si vedrà allora la volontà associata a kether, l’intelletto
interno a hochma, ecc. -, del cosmo - il sole associato a tiferet, mercurio a hod...-, dei metalli, delle potenze intermedie tra l’uomo e la divinità -
serafini, cherubini,troni, dominazioni...-, delle note musicali, dei colori, della sfera politica e di quella economica... E’ altrettanto chiaro, allora, come
sia possibile che sulla base di questi assunti possa nascere la presunzione di poter agire sul mondo agendo, in forma mediata, sull’una o sull’altra delle
sefirot. E’ evidente altresì come all’albero sefirotico sia sottesa una concezione di un sistema, solo di recente valutato in tutta la sua rilevanza da
alcuni epistemologi, che riesce a essere, a seconda di come lo si consideri, centrato, policentrico e acentrato. Per un’introduzione alla cabala che tenga
conto anche delle sue implicazioni pratiche si possono consultare : Z’ev ben Shimon Halevi L’arbre de vie. Paris, Albin Michel, 1985 ; Rabbi
Yechiel Bar-Lev Yedid Nefesh Petach-Tikva, 5748-1988).
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
<femminile> ❘ <maschile>
“coagula” (forma) ❘ “solve” (forza)
---------------------------------------------------❘--------------------------------------------------------------------------
(cervello nascosto)
KETHER
[corona]
(cuore)
TIFERET
[bellezza]
(trono)
YESOD
[fondamento]
presenta come una summa delle conoscenze dell’epoca, suddivise in tre grandi dissertazioni su Dio, Cristo e l’uomo, e fonde sapientemente
dottrine neoplatoniche, teologia paolina e qabbalah, al fine di dimostrare la profonda armonia che lega ogni manifestazione dell’essere. In questo
scritto, Zorzi ricorre ampiamente al misticismo giudaico, e in particolare al commento di Bahya ben Asher al Pentateuco, al Sefer ha-temunah, al
Sefer ha-peli’ah e allo Zohar, seguendo le riflessioni cabbalistiche sul significato occulto delle lettere ebraiche e sul senso metaforico della
Bibbia. Tradotto in francese già nel 1578, il De harmonia ebbe una vastissima ripercussione sulla cultura francese e su quella inglese, mentre in
Italia, proprio a causa del rigore controriformistico, fu considerato un testo pericoloso e venne incluso nell’indice dei libri da emendare, tanto che
le copie custodite nella biblioteche recano ancor oggi i pesanti segni della censura ecclesiastica. Nei Problemata ... una raccolta di interpretazioni
riguardanti la Bibbia, Zorzi dipende in maniera assai palese dallo Zohar, che usa come un vero e proprio midrash al Pentateuco, mentre nella sua
ultima opera, L’elegante poema - scritto in terzine italiane e rimasto inedito sino ad anni recenti - il frate veneto tenta un affresco grandioso della
storia dell’Antico Testamento, riletta anche alla luce delle dottrine cabbalistiche. Il pensiero di Zorzi è contraddistinto da una rara forza utopica e
da una consonanza intuitiva, ancor prima che razionale, con alcuni dei temi fondamentali della qabbalah ; egli dimostra inoltre una notevole
sensibilità linguistica nel continuo gioco con l’ebraico, da cui trae etimologie e permutazioni in perfetto stile cabbalistico, sebbene molte di esse si
debbano maggiormente alla sua inventiva personale che a documentate fonti ebraiche.” [Giulio Busi La Qabbalah Roma, Laterza, 1998, p. 87-8]
piena di vaga, e bella dottrina : a i lettori dilettevole, & vtile : e a gli professori dell’Arte necessaria,
& opportuna…
In Venetia : appresso Barezzo Barezzi, 1590
[8], 171, [13] p. ; 4°
Iniziali e fregi silogr.
NUC 201.281 ; Lenglet Dufresnoy III.174
Poligraphiae libri sex... additae sunt etiam locorum explicationes... per virum eruditissimum...
Adolphum a Glauberg - Coloniae, 1571
1
Per la precisione, era opinione diffusa non tanto che soffrissero di emorroidi, quanto che anche i maschi ebrei fossero soggetti al ciclo mestruale (tra
i sostenitori di questa tesi si può ricordare l'alcade, e scrittore, don Juan de Quinones de Benavente).
143
Prete. La Iª edizione risale al 1588. Il titolo dell’opera costituisce una delle numerosissime attestazioni della straordinaria popolarità che,
nell’occidente medievale,ebbero i trattati pseudo aristotelici intitolati Kitab Sirr al- Asrar (noti a noi con il titolo Secretum secretorum) di chiara
ispirazione ismailita. William Eamon (La scienza e i segreti della natura Genova, ECIG, 1999 [ed. or. Princeton, 1994]) dice a questo proposito :
“Da quando arrivò in occidente nella metà del XII secolo, il Sirr [Secretum, nda] risvegliò un appassionato interesse tra gli intellettuali. Più di
seicento manoscritti latini e volgari dell’opera, in forma intera o frammentaria, sono stati identificati, rendendolo molto più diffuso e
maggiormente conosciuto di alcuni dei lavori autentici di Aristotele. [...] Le origini del Secretum secretorum sono oscure. Si dubita che sia mai
esistito un originale greco, sebbene il lavoro contenga elementi della filosofia greca, compresa una certa parte che deriva dalla vera dottrina di
Aristotele. Tutte le versioni conosciute risalgono a un originale arabo redatto nel X secolo [...] Per gli studenti che avevano già familiarità con la
filosofia aristotelica, il Secretum fu come una rivelazione. In contrasto alla dottrina pubblica di Aristotele [...] prometteva di rivelare gli
insegnamenti esoterici dei filosofi, che aveva riservato per pochi intimi discepoli. A questo topos, che collega il Secretum ai ‘misteri letterari’
ermetici, viene aggiunto l’esoterismo della dottrina ismailita delle due scienze, una manifesta e l’altra segreta.” [p. 77-79]
VEDI :
THEATRUM sympatheticum... 3.KK.I.53
Amstelodami, 1661
Jan Baptiste van Helmont, grande medico e alchimista paracelsiano, padre di Franciscus Mercurius van Helmont, medico, guaritore, alchimista,
mago, in fama di rosacrucianesimo e influenzato dalla kabbalah luriana nella sua versione cristianizzata diffusa dal pastore luterano Christian
Knorr von Rosenroth.
L’opera fa parte del fondo di manoscritti “G. Gaslini”. Nell’expl. Si legge : “...finito il libro... traslato da marsilio ficino... et fatto vulghare da
tommaso benci di settembre 1463. Laus deo.” (Per la scheda catalografica dell’opera si veda : I manoscritti “G. Gaslini” della Biblioteca
Universitaria di Genova Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1991, p. 15-16)
Fu questa la prima traduzione italiana a essere stampata a Firenze nel 1548.
409. HORTHOLANUS
[1.] Ortholani Lumen juvenis experti novum, idest Tractatus, in quo nominat Lapidem
Philosophicum.
[2.] Ortholani Practica vera alchymiae Parisiis probata et experta sub Anno Domini 1358
IN :
THEATRUM Chemicum... 3.AA.IV.88
Argentorati, 1659-61
Alcuni hanno identificato questo personaggio con il grammatico Giovanni di Garland, ma la notizia sembra poco attendibile. Secondo Fulcanelli
‘Hortolanus’ sarebbe lo pseudonimo di Joannes Grasseus (Johann Grasshoff), il quale talvolta aggiunge al suo pseudonimo la notazione ‘dei
150
giardini marittimi’. Sembra certo, però, che egli abbia vissuto nel XIV secolo (un suo commento alla Tabula Smaragdina è del 1358). Per
qualcuno si può identificare con Martinus Ortholanus. Per un’ampia disamina della problematica circa l’identificazione di questo autore, si veda
il cap. XI del vol. III di Thorndike History of magic... .
JEAN DE ROQUETAILLADE
VEDI :
FERRARI, Giovanni Matteo RARI.E.V.10(1)
Consiliorum...secundum viam Auicennae ordinatorum vtile repertorium...- Venetijs, i5i4
Comment on devient Alchimiste : Traité d’hermétisme et d’art spagyrique basé sur les clefs du
tarot. Preface de Papus*.
Paris : Chamuel éditeur, 1897
XXIII, 417 p., 16° (17 cm)
Sul front.: F. Jollivet Castelot. Directeur de “L’Hyperchimie” Secrétaire Général de “L’Association Alchimique de France”. Délégué Spécial
du Suprême Conseil de l’Ordre Martiniste.
NUC 283.287 ; Caillet 5591: “Cet ouvrage du plus savant alchimiste moderne est un des meilleurs traités de Kabbale et d’Hermétisme qui aient vu
le jour: il peut remplacer avantageusement tout ce qui a été écrit sur la matière.”
* Pseudonimo di Gérard Encausse
423. JUDAH ben Saul aben Tibbon <Granada 1120 - Marsiglia 1190> 3.SS.VII.80
...Physica hebraea rabbi Aben Tybbon vt fertur, quae Ruach Hen [id.], hoc est Spiritus gratiae,
inscribitur, nunc primum edita, & Latina facta. / Ioanne Isaac Levita Germano auctore. Ad
reuerendissimum in Christo patrem ac illustrissimum Electorem Adolphum, Archiepiscopum
Coloniensem.
Coloniae : Materno Cholino, excudebat Iacobus Sotero, 1555
[90] c. ; 8°
Il titolo in lat. è preceduto dal titolo in ebraico : Ruach ha-Hen [in caratteri ebraici]. - Testo in ebr. e lat.
STCG 464 ; NUC 263.202
Judah ben Saul aben Tibbon nacque a Granada da cui fuggì, nel 1150, per sfuggire alle persecuzioni stabilendosi nel sud della Francia dove,
secondo la testimonianza del contemporaneo Beniamino di Tudela, esercitò l’attività di medico. Medico e traduttore di importanti opere scritte in
giudeo-arabo, tra le quali : Amanat wa-i’tiqadat di Sa’adia ben Joseph, tradotto col titolo Sefer ha-emunot we-ha-de’ot (“Il libro delle credenze e
delle opinioni”, discussione filosofica sulla relazione tra la ragione e la rivelazione divina ; Sefer ha-Kuzari di Judah ha-Levi, conversazione di
quattro personaggi (un rabbino, un cristiano, uno studioso musulmano e un filosofo aristotelico) dinnanzi al re dei Kuzari che finisce per
convertirsi al giudaismo ; Al-Hidayah ila fara’id al-qulub del giudice rabbinico Bahya ben Joseph ibn Pakuda, tradotto col titolo Hovot ha-
levavot (“I doveri del cuore”), un classico della letteratura devozionale incentrato sull’etica delle azioni umane. Anche il figlio Samuel ben Judah
ibn Tibbon e il nipote Jacob ben Machir ibn Tibbon svolsero l’attività di traduttori : il primo è famoso per la traduzione dall’arabo della Guida dei
perplessi di Maimonide, il secondo per quelle degli Elementi di Euclide, dell’Almagesto di Tolomeo e di opere di al-Gazali e Avverroè e per un suo
libro di astrologia (Luhot “Tavole”) che venne utilizzato da Dante per la sua Divina Commedia.
L’opera qui descritta venne tradotta da Joannes Isaac Levita (✝ 1577), convertito al luteranesimo (1546) e poi al cattolicesimo (1551) (cfr. Secret
1985, p. 71). I concetti tradizionali riportati in quest’opera, quali per esempio l’aspirazione degli esseri viventi a tendere verso l’alto e delle
emanazioni vitali a discendere, sono riprese nelle argomentazioni dell’ebreo Simone nel De arte cabalistica di Reuchlin.
KIMHI, David
VEDI :
PAGNINI, Sante
Thesaurus Linguae sanctae...- Parisiis, 1548 3.A.IV.37
ALTRE COPIE : 3.K.VI.18-19 ; 1.K.IV.31 ; 1.L.IV.21
probed the secrets of the subterranean world, deciphered archaic languages, experimented with music-therapy, optics and magnetism. In his 39
books on the sciences, some quite massive, he shows his learning of the past, ever open to the developments and the possibilities of the future. His
Kircher Museum was considered one of the best science museums in the world. Among his inventions are listed the megaphone, the pantometrum
for solving geometrical problems, and a counting machine. His discoveries includes sea phosphorescence as well as microscopically small
otganisms (germs) which transmit epidemic diseases. It was by facilitating a wide diffusion of knowledge, by stimulating thought and discussion
by his vast collection of scientific information, that Kircher earned a place among the fathers of modern science and the titles of universal genius
and master of a hundred arts”. Questo il ritratto alquanto celebrativo che i confratelli dedicano al loro illustre predecessore in un sito internet
(http://www.faculty.fairfield.edu/jmac/jp/jpgrk.htm). Decisamente più distaccato quello che gli dedica Ferguson I.466-68: "Kircher was born 2
May, 1602, at Geysa, near Fulda. In 1618 he joined the Jesuits, devoted himself to study and was appointed to each mathematics, philosophy, and
Oriental languages at the University of Würtzburg, a duty which he discharged in the most brilliant manner. On the outbreak of the thirty years'
war he went to Avignon, where he studied antiquities for two years, and was advised by Peiresc to attempt the interpretation of Egyptian
hieroglyphics. He was on the point of going to Vienna as professor of mathematics, when he was suddenly called to Rome. In 1637 he
accompanied the Cardinal Frederick of Saxony to Malta, and was received with great distinction by the Grand Master. He returned to Rome and
acted for eight years as professor of mathematics, and afterwards resigned. He died 28 Nov., 1680. Kircher was a man of vast - almost cumbrous -
erudition, of equal credulity, superstition, and confidence in his own opinion. His works in number, bulk, and uselessness are not surpassed in the
whole field of learning. He was an opponent of alchemy and wrote against it the Mundus subterraneus."
Questo personaggio, tuttavia, così come non può essere solo eulogizzato, nemmeno può essere liquidato con le parole non poco dure di Ferguson.
Rilevante, infatti, fu il suo ruolo di sostegno alla Compagnia di Gesù nella sua attività missionaria, cosa che, per quanto paradossale possa oggi
apparire, aveva al suo tempo una valenza, ora palesemente ora occultamente, anti-istituzionale. I gesuiti, infatti, pur di riuscire nel loro compito
erano convinti che non fosse affatto disdicevole, contrariamente alle posizioni francescane, domenicane e in genere curiali, acquisire quanta più
conoscenze fosse possibile delle culture con le quali venivano a contatto e, una volta individuato il punto di attacco più agevole, scendere anche a
compromessi formali pur di accapparrarsi il favore della categoria che, una volta convertita, avrebbe procurato il massimo vantaggio. Questa
categoria quasi inevitabilmente coincideva con quella più colta e più vicina ai meccanismi del potere. Spesso, inoltre, i gesuiti stessi restavano
affascinati dalla cultura con cui entravano in contatto, arrivando a darne una valutazione eccessiva, favorendo e avvicinandosi in questo modo al
pensiero del “libertinismo erudito” che dell’Oriente aveva costruito all’epoca un vero e proprio mito, tanto sul piano religioso, quanto su quello
politico e ideologico. “Il gesuita Kircher, campione dell’erudizione orientalistica, e, più in particolare ‘cinese’, in Europa, prima di cimentarsi
nell’opera apologetica China monumentis qua sacris, qua profanis illustrata (Amstelodami, 1667), aveva a lungo argomentato e fantasticato,
particolarmente nell’opera Oedipus Aegyptiacus, hoc est Universalis Hieroglyphicae Veterum doctrinae temporum iniuriam abolitae instauratio.
Opus ex omni Orientalium doctrina et sapientia conditum, nec non vigenti diversarun linguarum authoritate stabilitum (Romae, 1652-54), su una
interpretazione magico-ermetica del mondo a sfondo cristiano, in contrapposizione ai nuovi risultati della scienza... e alla nuova visione del
cosmo... Si trattava di un sistematico quadro cosmologico e filosofico-teologico che, nelle oniriche aspettative del Kircher, secondo una oculata
chiave neo-platonica, avrebbe dovuto essere in grado di sostituire, nell’ambito della cultura filosofica e religiosa contemporanea, la tradizione
scolastica medioevale che ormai dava evidenti segni di anacronisticità e, in pratica, l’aristotelismo ormai vacillante, cui, ancora, continuava ad
appoggiarsi la chiesa in sede filosofica. Il Kircher si era accinto, appunto, ad una capillare opera di assorbimento da parte della visione cristiana
del mondo, di tutti quei filoni culturali (magia, ermetismo, alchimia, astrologia simbolismo, naturalismo rinascimentale) che erano emersi nella
panoramica del sapere moderno. La cosmologia kircheriana era attraversata da una energheia che promanava da Dio e che, estrinsecandosi nella
fenomenologia universale, si manifestava in forme simbologiche. Per conoscere l’universo e la sua riposta e originaria sapienza divina, bisognava
penetrare quella cultura esoterica che rimontava all’antico, dischiudendo sempre più ascose o arcane e graduali certezze e organicità.” [Sergio
Zoli Europa libertina tra Controriforma e Illuminismo Bologna, Cappelli, 1989, 148-49] (a questo riguardo si veda anche Dino Pastine La nascita
dell’idolatria. L’Oriente religioso di Athanasius Kircher Firenze, La Nuova Italia, 1978, nda). Né la poliedricità di A. Kircher trova qui un punto
di arresto. Sono noti infatti i suoi interessi per la cabala, sebbene, come gli era congeniale, con quella quella leggerezza e con quella indomabile
autostima che gli procurarono tanti avversari e tante critiche. Nell’Oedipus Aegyptiacus egli riprende, senza citarne la fonte, gli attacchi di Paolo
Ricci contro Hoogstraten, eliminando tutti i riferimenti al Nuovo Testamento nel tentativo, forse un po’ patetico, di palesare un atteggiamento di
condanna nei confronti di una disciplina come la cabala per la quale tuttavia provava una certa attrazione. Inoltre, sempre nell’Oedipus...,
Kircher, probabilmente sopraffatto dalla sua smania di spaziare in ogni campo dello scibile, non si preoccupa di citare un esegeta (il convertito
William Alabaster, 1567-1640) fondamentalmente non allineato all’ortodossia cattolica e, per questo, condannato.
Athanasii Kircheri e Soc. Iesu Iter extaticum II. qui & Mundi subterranei Prodromus dicitur : Quo
geocosmi opificium siue terrestris globi structura, vna cum abditis in ea constitutis arcanioris
naturae reconditiorijs, per ficti raptus integumentum exponitur ad veritatem. In III. dialogos
distinctum...
Romae : typis Mascardi, 1657
[24], 237, [13] p. ; 4° (23.5 cm)
Nota ms. sul f. di guardia : “Genuae vigesima 7bris 1728”
Quest’opera costituisce il contraltare ctonio dei viaggi celesti di cui Kircher diede un dettagliato e polisemico resoconto nell’ Itinerarium
extaticum quo mundi opificium id est coelestis expansi siderumque tam errantium, quam fixarum natura, vires, proprietates, singulorumque
compositio et structura ab infimo Telluris globo usque ad ultima mundi confinia per ficti integumentum explorata nova hypothesi exponitur ad
veritatem pubblicato a Roma nel 1656. Nell’Itinerarium il protagonista, il mistico e studioso Teodidatto, viene rapito nei cieli da un cherubino
apparsogli durante un’estasi e il viaggio che questi gli fa compiere diventa pretesto per l’esposizione delle più diverse teorie, da quelle più
propriamente fisiche (compaiono, tra gli altri, i nomi di Galilei e di Torricelli), a quelle di carattere olistico-ermetizzante (l’influsso degli astri e la
loro complessa reciproca interazione), il tutto sullo sfondo di uno scenario che indulge al meraviglioso con i suoi monti di bismuto e un oceano di
mercurio liquido e non senza perdere l’occasione di polemizzare con i tradizionali avversari, tra i quali i fautori dell’astrologia giudiziaria che,
semplificando in modo inaccettabile la complessità delle leggi combinatorie tra gli influssi astrali, pervengono a negare, esplicitamente o
implicitamente, la dottrina del libero arbitrio. Analogamente all’Itinerarium l’Iter secundum costituisce una sorta di odeporico attraverso le
meraviglie non del cielo bensì della terra e del mare. Sarà ancora il cherubino (sostituito però nei primi due dialoghi dal putto Idriele) a guidare
Teodidatto e a illustrargli la morale sottesa alle meraviglie incontrate. La terra viene visitata tanto sulla sua superficie, mettendo in risalto quegli
aspetti più spettacolari tramandati dai resoconti dei viaggiatori, quanto al suo interno, con tentativi di spiegazione circa la conformazione della
crosta terrestre, la scomparsa di Atlantide, la presenza di fiumi sotterranei, ecc. Le profondità del mare vengono invece visitate con l’ausilio di
una navicella di cristallo che, tra le tante meraviglie, porta i due viaggiatori a vedere le sirene, a penetrare all’interno di una balena e infine a
raggiungere il polo, che è poi anche la via d’accesso al mundus subterraneus. Anche nell’Iter lo strumento principe è l’arte analogica, quel “filo
d’Arianna”, come dice il cherubino a Teodidatto, che consente di individuare relazioni tra mondi che si credevano rigidamente separati, di
sfrangiare confini che sono tali solo per chi non ha l’appropriata sensibilità, di vedere il macrocosmo nel microcosmo, in una parola : di giungere
a una comprensione olistica di tutto il cosmo.
[64], 560, [30] p., antip., 1 tav. rip. : ill. ; 2° (31 cm.)
CSIBBL 462 ; BRUNI-EVANS n° 2815 ; Bibliotheca Magica 103
“...il problema della costruzione artificiale di una lingua filosofica universale, a partire dai sistemi di cifre usati nella poligrafia, non sfiora
nemmeno Kircher. Per l’autore della Polygraphia la vera lingua filosofica era quella dei simboli ed esisteva fin dalla più remota antichità,
essendo nata contemporaneamente alle prime speculazioni filosofiche e teologiche come il solo modo degno di esprimerle. L’interpretazione dei
primi simboli tramandati dalle più antiche civiltà si identifica quindi con la conoscenza di quella profonda e originaria sapienza... Al momento
della pubblicazione della sua Polygraphia Kircher già da tempo riteneva di aver individuato nei geroglifici egiziani i simboli dell’originaria
sapienza. Una parte notevole della sua infaticabile attività di studioso era dedicata ad elaborare e ad esporre la sua interpretazione di quei segni
misteriosi... Se l’interpretazione simbolica dei geroglifici deriva da un atteggiamento del pensiero greco nei confronti della civiltà egiziana già
riscontrabile nell’età classica, la sua espressione canonica è opera della filosofia neoplatonica. Da Plotino fino a Kircher compreso la lettura dei
geroglifici in chiave metaforica è legata alla diffusione del neoplatonismo nella cultura occidentale... Guidato dall’idea che i geroglifici
esprimano in forma simbolica gli aspetti più elevati e reconditi dell’antica sapienza, Kircher si propone così un’operazione inversa a quella
compiuta dall’egittologia moderna a partire dalle decifrazioni di Champollion. Non si tratta cioè di assicurare preventivamente la conoscenza
della lingua per risalire alla ricostruzione sistematica di quella civiltà, ma di raccogliere tutte le possibili notizie tramandate dalle diverse
letterature, tradizioni e creazioni monumentali dei diversi popoli dell’antichità per ricomporre un’immagine fedele della primitiva cultura
egiziana e permettere così la lettura dei segni che ne sono l’espressioni simbolica... Prima che i quattro imponenti volumi dell’Oedipus
aegyptiacus venissero alla luce... Kircher dovette esibire un estratto delle sue ricerche... per celebrare, in qualità di erudito cortigiano, un solenne
avvenimento artistico della Roma papale. Dopo aver sistemato i contorni di piazza Navona... Innocenzo X volle adornarla con una fontana
monumentale utilizzando a tale scopo l’obelisco portato a Roma ai tempi di Domiziano... Per festeggiare la collocazione dell’obelisco a
coronamento della celebre ‘fontana dei quattro fiumi’, Kircher volle interpretarne le iscrizioni come saggio dell’abilità raggiunta e come prova
dell’esattezza delle sue teorie.” [Dino Pastine La nascita dell’idolatria...” Firenze, La Nuova Italia, 1978, p. 75 e segg.]
calamita postale al di sopra (cfr. p. 358). Allo stesso problema, che affascina l’umanità a partire dal mitico racconto di Icaro, si dedicherà, con
maggiore fondatezza fisica e matematica, Francesco Lana Terzi, allievo dello stesso Kircher.
sua proposta di spiegazione ; infine trae le conclusioni in una terza parte, intitolata prognostica [...] Nel caso in questione, i fenomeni prodigiosi
si erano verificati in una regione non intaccata dall’eresia, politicamente soggetta ad una potenza cattolicissima, tra una popolazione
tradizionalmente assai devota. Le credenze in eventi soprannaturali o comunque meravigliosi erano già troppo frequenti in quella regione. La
diffusione di nuove forme devozionali, legate all’interpretazione miracolosa del fenomeno poteva comportare soltanto pericoli, come dimostrava il
rapido diffondersi di profezie apocalittiche che, come tante altre volte era avvenuto nella storia della Chiesa, poteva comportare il rischio di
sconvolgimenti religiosi e sociali... Sarebbe certo semplicistico e anche ingeneroso affermare che la risposta di Kircher, certo conforme ai velati
suggerimenti dei suoi confratelli napoletani e ai desideri più o meno chiaramente espressi dai suoi superiori, fosse determinata solo da
preoccupazione di ordine politico. Kircher, a modo suo, credeva nelle scienze sperimentali e la sua curiosità per i fenomeni vulcanici era del tutto
sincera... Nell’opuscolo kircheriano si avverte uno scrupolo di serietà scientifica, una precisa volontà di mantenere distinta la religiosità
autentica dalle superstizioni popolari che è certo espressione di personali convinzioni e non solodi opportunità politiche. Tuttavia l’autore appare
anche attento a non deflettere da un tradizionale indirizzo di cautela, di equilibrio che riflette l’atteggiamento prevalente delle gerarchie in
materia, dettato dall’esigenza di prendere decisioni pratiche di attuazione immediata, senza compromettere troppo le questioni di principio, quasi
a voler lasciare l’ultima parola al trascorrere del tempo. Se nel caso dell’apparizione delle croci dopo l’eruzione del Vesuvio, non si può, secondo
Kircher, parlare di miracolo, se non nel senso del tutto improprio che definisce il terzo genere di fenomeni prodigiosi, è pur sempre doveroso
ricordare che eventi di questo tipo si riconnettono sempre all’azione della Provvidenza che, per mezzo di essi, intende comunicare al mondo un
significato specifico.” [Dino Pastine La nascita dell’idolatria...” Firenze, La Nuova Italia, 1978, p. 168 e 179-80]
KIRCHER, Athanasius
VEDI ANCHE:
BUONANNI, Filippo 3.K.IX.26
Museum Kircherianum...
Alberto, & Michaele Scoto ; per Ianum Lacinium Calabrum nunc primum cum lucupletissimo
indice, in lucem edita. Cum priuilegio Pauli III. Pont. Max. & Senatus Veneti ad annos decem.
[Venezia : Aldo Manuzio, 1. Figli], 1546 [Venetiis : Apud Aldi Filios, 1546
[20], 202, [16] c. : ill. ; 8°
Il nome dell’A. della prima parte appare nella pref. - Marca sul front. e in fine.
Adams L11 ; NUC 65.593
Dopo la separazione, tipica del sec. XIII°, tra teologia e filosofia della natura, con la Pretiosa Margarita… si assiste all’ingresso del discorso
teologico nell’ambito dell’alchimia, soprattutto per quello che riguarda le tematiche della Creazione e dell’Incarnazione.
Lenglet-Dufresnoy III.125 e I.220 : “[Boni] travaillait en 1330 à Pola Ville Maritime de l’Istrie Venitienne et publia un traité complet de la
Science Hermetique, dont Lacini, Moine de Calabre a donné depuis un abregé bien fait”. Ferguson.I.115 : “The Author [Ferguson fa qui
riferimento a Pietro Boni, l’autore del testo riassunto da Lacinio e pubblicato nell’opera esaminata, nda] was a Master of Arts, was convinced of
the truth of Alchemy which he defended from the attacks made in his time, and maintened that the real way had been shown by Geber. Gesner,
followed by Morhof, makes him coeval with Lully” ; Caillet 5910 ; “…while later historians and bibliographers have sometimes identified this
Petrus Bonus with Petrus Bonus Advogarius or Pietro Buono Avogaro, who taught astronomy and astrology at Ferrara in the closing third of the
fifteenth century […] the author of the alchemical work never calls himself Advogarius or is so spoken of in the manuscripts. Moreover, it might
be argued that had The Precious New Pearl been Avogaro’s, he would have printed it before 1500 as he did so many of his works, whereas
portions of it were first printed some forty years after his death. In the third place, Avogaro in his other works displays no interest in alchemy. […]
There were three other men of like name but who seem to have been associated with other towns […] Tiraboschi … suggested that Petrus Bonus
of Ferrara and the alchemist known as brother Ferrarius, under whose name, altered to Efferrarius, a work on the Philosophers’ stone was
printed […] might be identical. But nothing was said to indicate that Petrus Bonus was a friar.” (p.148-9) “It is of some moment that the first
editor of The Precious New Pearl, Janus Lacinius Therapus, a Franciscan and Calabrian of Psychronea in the Basilicate, seems to have sincerely
regarded Petrus Bonus as of approximately the same period as Raymond Lull, Arnald of Villanova, Albertus, and Michael Scot. […] Sbaralea
believed Janus Lacinius to be a pseudonym for brother John of Croton, there being a promontory in Calabria called Lacinium” (p. 151); Duveen
332 : “This book is finely printed in italics by the famous Aldine Press and illustrated with remarkable woodcuts ; it is rarely to be found in good
condition” ; Verginelli 81-83 : “(l’ “abregé” fu ritenuto degno di essere incluso nel tomo IV del Theatrum Chemicum e nel Manget. Questo
“abregé” manoscritto, scoperto dal Lacinius in una biblioteca di Padova, dal medesimo Lacinio fu pubblicato in bella edizione nel 1546 [...] Il
Lacinio completò la pubblicazione mediante estratti dei più famosi libri di Alchimia...” ; Ferguson II.10 : “Toppi says that Lacinius was a
Calabrian whose work was printed by Aldus in 1546 and again by Gabriel Hayn at Nuremberg, 1554, 4°... The work by Petrus Bonus, so called,
was afterwards issued under the following title : Introductio in divinam Chemiam Artem integra Magistri Boni Lombardi Ferrariensis Physici.
Nunc primum integra in lucem edita... Basileae, apud Petrum Permam, M.D.LXXII, 4° ... It claims therefore to be more complete than the Aldine
edition...”
ALTRE COPIE IN : RARI.M.I.32 ; 33.XVI.102 ; LAURA.BB.II.47
1
In realtà l’enciclopedia progettata da Francesco Lana Terzi doveva avere non nove, bensì dodici volumi. Il fallimento dell’impresa è in parte dovuto
al suo allontanamento da Bologna e alla conseguente mancanza di collaborazione da parte di socii e allievi, nonché al soverchiante impegno
economico, difficilmente sostenibile da un singolo vieppiù se questi è vincolato dal voto di povertà, così come lo erano i gesuiti.
161
domus naturae et artis). Questa concezione - che, è bene ricordarlo, è parimenti condivisa dagli alchimisti che considerano che la loro attività
altro non sia che un’imitazione accelerata di quella della natura - si manterrà costante nell’opera di Lana il quale in seguito dirà, nel suo
Prodromo all’arte maestra, che “l’arte non consiste in altro che nell’imitare la natura, aiutarla, promuoverla e perfezionarla” e, nel Magisterium,
che “ars naturam aemulatur”. Fedele a questo, poco prima della sua morte egli fonderà a Brescia un’Accademia del “filoesotici della Natura e
dell’Arte”. Lana si dimostra tuttavia più vicino al pensiero scientifico moderno che non i suoi confratelli o gli studiosi variamente disposti su di
un’area in cui, in modo diverso, fanno sentire i loro influssi il peripateticismo, il platonismo, un certo olismo ermetizzante, conoscenze
“empiriche” di vario tipo, più tutto ciò che, attraverso la mediazione di filosofi e alchimisti medievali era pervenuto dal mondo arabo ed ebraico.
Francesco Lana Terzi, infatti, già nell’introduzione al suo Magisterium si premura di dire che “in assignandis causis immediatis naturalium
effectuum numquam Deum, aut caelites in scenam vocamus, neque modum, ut aiunt, per machinam solvimus ; numquam etiam ad virtutem
occultam, quae est asylum ignorantiae”. A puro titolo di curiosità, si può ricordare che nel suo Prodromo all’arte maestra Francesco Lana
progettò, sulla base dell’analogia del moto dei pesci e il volo degli uccelli, un prototipo di “nave volante”. Il principio che avrebbe dovuto
garantire il successo di quest’opera era, in linea puramente teorica, esatto, essendo basato sull’estrazione dell’aria da quattro enormi sfere
sovrapposte fino a che il peso dell’aria sottratta non superasse quello della materia che componeva l’involucro delle sfere permettendone così il
sollevamento. Inattuabile però da un punto di vista pratico in quanto il progetto comportava che queste sfere fossero costruite in rame. Sembra
però che Lana già escludesse la possibilità di una concreta costruzione della nave volante non tanto per la sua concreta difficoltà/impossibilità
quanto, diremmo oggi, per motivi di “etica della scoperta scientifica”, vale a dire per la consapevolezza degli enormi danni che una simile
macchina avrebbe potuto fare se fosse stata utilizzata in modo malvagio. Alla stessa conclusione era già pervenuto Leonardo da Vinci (codice
Hammer f. 22 v = Hammer 15A) rifiutandosi di divulgare la sua invenzione di una macchina sottomarina. Nonostante non sia mai stata
realizzata, l’”invenzione” di Lana ebbe comunque un grande successo, al punto di essere per lungo tempo citata tanto nella letteratura scientifica
quanto in componimenti poetici. Probabilmente l’ultima attestazione di questa “invenzione” si trova nell’opera di don Giacinto Amati Ricerche
storico-critico-scientifiche sulle origini, scoperte, invenzioni e perfezionamenti fatti nelle lettere, nelle arti e nelle scienze... Milano : Pirotta, 1829,
tomo III, p. 400 (posseduto dalla BUG e collocato in : 2.E.V.44).
del cardinale Le Moine. Ebbe una cultura vastissima ma carente di sistematicità e di spirito critico, cosa che si può ben constatare dalla lettura
delle sue compilazioni, numerose e, bisogna ammettere, di vasto successo (una di queste venne ristampata ben dieci volte). Oltre all’opera
posseduta dalla BUG, scrisse : Les Eléments de l’histoire... Paris 1696 ; Nouvelle éxplication d’une medaille d’or... Paris 1698 ; La spère du
monde, selon l’hypothèse de Copernic Paris 1701 ; Curiosités de la nature et de l’art sur la végétation Paris 1703 ; Du secret des mystères... Paris
1710 ; Eloge de Séb. Le Clerc, dessinateur Paris 1715.
461. LETTRE aux vrais Disciples d’Hermes Contenant Six Principales Clefs de la Philosophie
Secrete.
IN :
Le Triomphe hermetique... LAURA.X.I.32
Amsterdam, 1699
1
Lenglet du Fresnoy fa qui riferimento all’opera di Eirenaeus Philalethes Introitus Apertus ad occlusum regis palatium (da non confondersi con il
mistico e alchimista speculativo Thomas Vaughan che assunse lo pseudonimo di Eugenius Philalethes). Dopo la plurisecolare ridda sulle più diverse
identificazioni a riguardo dell personaggio che si cela sotto lo pseudonimo di ‘Philalethes’, gli studi più recenti (cfr. Newman “Prophecy and alchemy:
The origin of Eirenaeus Philalethes” Ambix 37 (1990), 97-115) mirano a riconoscervi George Starkey (1628-1665), chimico americano, nato alle
Bermuda, laureato all’Harvard College (1646), poi trasferitosi a Londra. Allievo dell’alchimista John Winthrop Jr., entrò a far parte del famoso circolo
fondato da Samuel Hartlib, vero e proprio plesso di relazioni e scambi tra i più famosi filosofi e scienziati dell’epoca, e grazie a ciò venne poi in
stretto contatto con Robert Boyle, uno degli ispiratori e fondatori della Royal Society of London (1662), in significativa contiguità con il misterioso
milieu rosacrociano (cfr. Yates L’Illuminismo dei Rosa-Croce. Uno stile di pensiero nell’Europa del Seicento Torino, Einaudi, 1976) e, come Starkey,
ammiratore di van Helmont. Una copia dell’Introitus... appartenne a Isaac Newton che ne colmò i margini di note e correzioni e ora fa parte della
Alchemy, Chemistry and Cognate Subjects Library di Denis I. Duveen. L’Opera Omnia di Philalethes fu pubblicata a Modena nel 1695 da un editore
che si qualifica con le iniziali “F.V.”.
2
E’ interessante ricordare che si identifica nel marquis d’Argens l’autore di un’opera anonima che ebbe, nella seconda metà del XVIII sec., un enorme
successo nel mercato clandestino e semi-clandestino francese : Thérèse philosophe (1748). Sade, nella sua Histoire de Juliette (1797), ne era
letteralmente entusiasta e ciò è facilmente comprensibile se si considera che Thérèse philosophe oggi verrebbe tout court considerata come un’opera
pornografica. Accanto a questo suo indubbio carattere, o meglio : attraverso questo carattere, il libro si propone però di esporre quei principi libertini
e illuministici che si trovano nelle altre opere del marquis d’Argens. Il racconto consiste in sequenze di orge inframmezzate da dialoghi metafisici.
Come dice al proposito Robert Darnton, studioso della letteratura clandestina del XVIII secolo, ci si trova di fronte a “copulation and metaphysics -
nothing could be further from the modern mentality or closer to the libertine outlook of the eighteenth century...” [Darnton 1995 : 91]
166
464. LIBER de septem verbis philosophorum cum explicatione, in quibus totum opus
philosophorum continetur.
IN :
MAGNI philosophorum arcani revelator... LAURA.N.I.6
Genevae, 1688
Commentaire / de Henry de Linthavt sievr de Mont-Lion, doctevr en Medicine : svr Le Tresor des
tresors de Christofle de Gamon 1 . - Reveu & augmenté par l’auteur
A Lyon : par Clavde Morillon, imprimeur de madame la duchesse de Montpensier, 1610
[8], 177, [3] p., 12° (14 cm)
Nota di poss. ms. : “...Soc. Iesu...”
NUC 335.95 ; Ferguson II.41
472. LULL,Ramon
Compendium animae transmutationis artis Metallorum
IN :
THEATRUM Chemicum... 3.AA.IV.88
Argentorati, 1659-1661
1
Christophe de Gamon, Annonay 1576 - 1621. Poeta, conosciuto soprattutto per il suo interesse per l’alchimia, al punto che gli venne attribuita la
scoperta della Grande Opera. Il suo Trésor des Trésors, già pubblicato nel Jardinet de Poésie de Christophe de Gamon, venne poi ripubblicato senza il
consenso dell’autore nelle Muses ralliées e nel Parnasse des Poêtes, per poi essere fatto ancora pubblicare, nel 1610, a cura dello stesso autore con i
commenti e le spiegazioni del suo amico Henry de Linthaut
168
Patricij Veneti aureum in artem Lulli generalem opus ; Adiuncto indice cum capitum tum rerum ac
verborum locupletiβimo.
Argentorati : sumptibus Haeredum Lazari Zetzneri, 1617
[14], 896 p. : 3 tav. ; 8° (16 cm)
Nel corpo del testo numerose “figurae” rappresentanti soprattutto i noti cerchi lulliani, uno dei quali (p. 54) ancora munito dei cerchi mobili
sovrapposti. - Sul front. inc., incorniciata da cartiglio, rappresentante paesaggio agreste e busto di guerriero con una civetta sull’elmo. Sulla
base del busto l’iscrizione : “SCIENTIA IMMUTABILIS”
INDICE DELL’OPERA : OPERA LVLLIANA. I. Ars breuis [P. 1-42]. II. De auditu kabbalistico seu kabbala [P.43-111]. III. Duodecim principia
philosophiae lullianae [P. 112-146]. IV. Dialectica seu logica [P. 147-177]. V. Rhetorica [P. 178-217]. VI. Ars magna [P. 218-663].
INTERPRET. VII. Iordanus Brunus de specierum scrutinio [P.664-680]. VIII. Idem de lampada combinatoria lulliana [P. 681-734]. IX. Idem de
progressu & lampade venatoria logicorum [P . 735-786]. X. Commentaria Agrippae in artem breuem lullian. [P.787-896]. [l’opera è mutila delle
rimanenti due opere :] XI. [Agrippae] Articuli fidei [P. 897-916]. XII. Valerii de Valeriis tam in arborem scientiarum quàm artem generalem opus
aureum [P. 917-1109]
NUC 345.412 ; Bibliotheca Magica 117
La prima edizione dell’opera è del 1598, per essere poi ristampata nel 1609, nel 1617, nel 1651 e, solo parzialmente, a Stoccarda nel 1836. Essa
contiene, accanto a opere originali di Ramon Lull (Ars brevis, Logica brevis et nova, Ars magna generalis ultima, Tractatus de conversione
subiecti et praedicati per medium, Duodecim principia philosophiae), alcuni dei molti pseudoepigrafi lulliani : De auditu kabbalistico seu
kabbala, Oratio exemplaris, In rhetoricam isagoge, Liber de venatione medii inter subiectum et praedicatum, nonché commenti di Giordano
Bruno (De lulliano specierum scrutinium, De lampade combinatoria lulliana, De progressu logicae venationis), Agrippa (In artem brevem
Raymundi Lullii commentaria) e Valerio de Valeri (Opus aureum...) all’opera lulliana.
1
Prima edizione dell’opera : 1514
170
cominciò a circolare come opera di Lullo, dette origine a un certo numero di opere di commento e/o di sommario...” [Michela Pereira L’oro dei
filosofi Spoleto, CI.S.S.A.M., 1992, P. 87 e 95-6] La terza parte dell’opera è costituita dal Liber mercuriorum e dalla Practica de furnis che sono
state edite separatamente. E’ opportuno segnalare che il Testamentum venne redatto nello stesso anno in cui Pietro Boni lavorava alla sua
Margarita Pretiosa Novella.
ebrei che avevano dovuto convertirsi all’islam. Secondo questa lettera per restare ebreo è sufficiente recitare le proprie preghiere, per quanto
brevemente, e compiere buone azioni. Lo stesso Moshè b. Maimon scrisse una Lettera sulla conversione forzata (Iggeret ha-shemad), in cui
raccomanda di lasciare i paesi in cui gli ebrei erano costretti a trasgredire la legge divina. Verso il 1165, la famiglia al completo fuggì da Fez,
dirigendosi verso Acri. Per cinque mesi, Maimon e i suoi figli restarono in terra d’Israele, poi si trasferirono al Cairo e si stabilirono a Fustat. [...]
Nel 1171 veniva riconosciuto come il ‘capo degli ebrei’ di Fustat ... Una ventina d’anni più tardi, sarà nuovamente chiamto a ricoprirla, e la
manterrà fino alla morte. La famiglia di Maimonide si occupava di commercio marittimo con l ‘India ; il naufragio e la morte del fratello Davide
ne segnarono la rovina economica. Pur continuando a interessarsi di commercio, Maimonide iniziò allora a guadagnarsi da vivere praticando e
insegnando la medicina, che aveva studiato in Africa del Nord. La sua fama raggiunse l’apice nel 1185, quando fu scelto come uno dei medici
ufficiali di al-Fadil, vizir di Salah al-Din (Saladino). Maimonide si sposò due volte, e dalla seconda moglie ebbe l’unico figlio, Abraham. Furono
anni di lavoro intenso e fruttuoso : alla pratica della professione e della redazione degli scritti di medicina, Maimonide aggiunse il lavoro di
rifinitura delle due opere maggiori, il Mishneh Torah (terminato nel 1180) e il Moreh ha-nekhim , ‘La guida dei perplessi’ (terminata nel 1190)...
La sua morte, nel dicembre del 1204, suscitò manifestazioni di cordoglio pubblico in tutte le comunità ebraiche. La celebrità di Maimonide poggia
soprattutto sulle sue opere giuridiche : è in veste di giurista che venne conosciuto dagli ebrei della diaspora e, a tutt’oggi, diverse comunità
orientali seguono le sue prescrizioni giuridiche e religiose” [Sirat 1990: 204-5]. Per lungo tempo è stata consuetudine considerare il pensiero di
Maimonide in contrapposizione a quello della mistica ebraica medievale, la cabala. Un autore in particolare, lo storico H. Graetz, vedeva nella
cabala una annosa invenzione a danno delle “luci” dell’aristotelismo di Maimonide. In tempi più recenti, in particolare dopo Scholem, i giudizi si
sono fatti più sfumati e si deve ora ammettere che se alcuni cabalisti - in particolare quelli influenzati dal neoplatonismo e che adottarono una
teosofia sefirotica e un’impostazione teurgica - furono in netta opposizione col RAMBAM, altri erano meglio disposti nei suoi confronti, si pensi,
fra tutti, a R. Abraham Abulafia che non esitò ad adottare l’epistemologia aristotelica della Guida dei perplessi. Per quello che riguarda la
personale posizione di Maimonide nei confronti dell’esoterismo, egli riteneva che il vero significato dell’esoterismo ebraico dovesse essere
ritrovato nella filosofia di Aristotele, secondo le sue formulazioni medievali.
492. MAIMONIDES
... De regimine vite...
IN :
FERRARI, Giovanni Matteo RARI.E.V.10(1)
Consiliorum...utile repertorium. Additis... Rabbi Moysi De regimine vite...- Venetiis, 1514
MAINARDI, Pietro
VEDI :
LULL, Ramon LAURA.S.IV.37
Raymundi Lullii Opera...- Argentorati, 1617
Francofurti, 1588
Ferguson II.71 : “Manget was born at Geneva, 19 June, 1652. His father was a wealthy merchant, and his uncle a physician of the King of
Poland. To gratify his parents his studies were at first directed to divinity, but afterwards he taught himself medicine by private study and reading,
graduated as doctor in 1678 at Valence, in Dauphiné, and practised in his native place... He became dean of the Medical Faculty there, in 1699
the Elector of Brandenburg made him his first physician... His literary work, in which he is said to have been helped by Daniel Leclerc, consisted
chiefly in collecting and reprinting in large volumes treatises on medicine and surgery... Manget died at Geneva, 15 Augt., 1742, in his 91st year,
without having had a day’s illness during his lifetime”. Per quanto concerne l’alchimia, la sua opera più famosa è la Bibliotheca Chemica
Curiosa, divisa in due tomi, il primo dei quali contiene 69 trattati (da Ermete Trismegisto a Raimondo Lullo), il secondo 71 (da Lullo all’epoca
contemporanea a Manget). Quest’opera, successiva al Theatrum Chemicum di Zetzner (1659), racchiude tanti trattati che lì non erano presenti,
venendo così a rappresentare la più vasta raccolta di opere legate, in qualche modo, all’alchimia (vista sotto molteplici aspetti, da quello storico, a
resoconti di esperienze, a critiche, al lessico tanto per quanto concerne l’aspetto pratico quanto quello speculativo).
MARCOLINI, Andrea
VEDI :
FALLOPPIO, Gabriello 3.MM.II.64
De medicatis aquis...- Venetiis, 1564
I discorsi di M. Pietro Andrea Matthioli sanese, medico cesareo, et del serenissimo principe
Ferdinando archiduca d’Austria &c. nelli sei libri di Pedacio Dioscoride Anazarbeo della materia
medicinale. - Hora di nuouo dal suo istesso autore ricorretti, & in piu di mille luoghi aumentati. ..
In Venetia : appresso Vincenzo Valgrisi, 1568 (Stampato in Venetia : nella bottega di Vincenzo
Valgrisi, 1568)
2 v. [[176], 1528 p.] : ritr., ill. ; 2° (35 cm.)
Un fascicolo aggiunto in fine con proprio front. contiene : Del modo di distillare le acque da tutte le piante, et come ui si possino conseruare i
loro ueri odori & sapori, di P.A. Mattioli. - Iniziali silogr. ornate.
NUC 370.91
che, in varie forme, si stava allora affermando (la massoneria rosacrociana di ispirazione alchimistica, la massoneria degli “alti gradi” di
ispirazione templare, la massoneria mistica di ispirazione swedenborghiana, la massoneria atea degli Illuminati di Baviera, gli Elus Cohen, il
martinismo e altre ancora), egli fondò una massoneria di “rito egiziano” che si ispirava, stando alle sue dichiarazioni, a un antico manoscritto
ritrovato, ovviamente !, per caso presso un libraio di Londra e basata su una chiave di lettura alchimistica e su rituali di tipo magico che
avrebbero consentito all’adepto, attraverso vari passaggi, di raggiungere la rigenerazione fisica e spirituale. L’idea di un’ispirazione “egizia” e di
una forma di “alchimia interna” per la costruzione di un “corpo di gloria” non è originale di Cagliostro che, probabilmente, percepì l’eco delle
parole del principe Raimondo di Sangro di San Severo (1710-1771) e del barone Henri-Théodore Tschoudi (1724-1769). E’ appurato, però, che,
pur senza una filiazione diretta, il “sistema egizio” di Cagliostro abbia fatto, e faccia, sentire il suo influsso sia all’interno di una certa
massoneria (in particolare in quella di “Misraim” e in quella di “Memphis” che poi, nel 1881, con la nomina a Gran Ierofante della massoneria
“egiziana” di Giuseppe Garibaldi si sarebbero unificate), sia di fratellanze iniziatiche come quella, ancora attiva, di “Myriam”.
IN :
THEATRUM Chemicum... 3.AA.IV.89
Argentorati, 1659-1661
Ferguson II.87 : “Mennens, son of Wilhelm Mennens and Mechteld van Doorne, was born at Antwerp in 1525. He pursued poetry, natural
history, theology, madicine, and chemistry, and was a ‘searcher for the blessed stone’. [...] He died at Antwerp, 28 Dec., 1608 [...] Of his book
Paquot says ‘it is an allegorical, symbolical, physical, chemical and alchemical history of Gideon and Jason, or, if you will, a heap of visions’.”
Come tanti altri, anche Mennens subì i duri attacchi del gesuita padre Garasse (il quale scrisse che, dopo aver letto un libro di Mennens, ne aveva
capito tanto quanto se questi fosse stato scritto in basco). E’ interessante notare che proprio Mennens, in un suo progetto di istruzione globale
finalizzato a garantire una continuità tra le conoscenze naturali e quelle teologiche, esprime un’aperta lode al sistema educativo in cui
“praecellunt omnes Reverendi patres Societatis Jesu”.
519. MERCURIO, Scipione [Girolamo (da religioso)] <Roma 1550 – 1615> 3.X.III.20
La commare o raccoglitrice dell’eccellentissimo signor Scipione Mercvrio filosofo, medico, e
cittadino romano : diuisa in tre libri. - In quest’ultima edizione corretta, & accresciuta di due
trattati ; uno del Colostro, doue si tratta di diuersi mali de i bambini con le loro cause, ...
dell’eccellentiss. Sig. Pietro di Castro medico Auignonese. L’altro di un grauissimo autore, nel
quale si risoluono alcuni dubij importanti circa il battesimo de i bambini, e si danno alcuni auuisi
spirituali molto a proposito per le parturienti
In Venetia : per Gio : Francesco Valvasense, 1676
[24], 352 p. : ill. ; 4° (21 cm)
NUC 377.31
Studiò medicina a Bologna e Padova, per poi entrare nell’ordine dei domenicani. Insofferente delle regole claustrali, abbandonò l’ordine e, con il
suo vero nome, Scipione, per anni visse in varie località dell’Europa e dell’Italia, per tornare infine a rivestire l’abito domenicano solo nel 1600.
Nell’ambito degli studiosi la sua fama fu controversa e per taluni fu addirittura un ciarlatano, forse a causa della sua assoluta assenza di metodo
e del fatto che egli non si vergognava affatto a far ricorso a rimedi tradizionali. Grande, invece, il successo di pubblico. In una lotta che, per
motivi diversi, lo vedeva in sintonia con quella condotta dai tribunali dell’Inquisizione, il medico romano Scipione Mercurio si oppone con
decisione alle pratiche delle guaritrici colpevoli, oltre che dei danni che potevano provocare ai loro “pazienti”, anche di sottrarre il lavoro ai
medici titolati. In questi suoi attacchi Mercurio non si fa scrupolo di assimilarle in tutto e per tutto alle streghe : “Questa peste è così commune in
questa terra dove io scrivo questa opera, che senza alcun rispetto o timore, quasi ciascuno per ogni mal di testa, e per qualunque altra infermità,
prima va a ritrovar la malefica, o strega, che la segni, e poi il medico, e per mal di madre, per febri terzane, o quartane, per piaghe, e sluogamenti,
e insino per il mal Francese si fanno segnar da queste veramente streghe, quali però con nome manco infame chiamano segnaresse.” [p. 310]
De gli errori popolari d’Italia, libri sette, diuisi in due parti. Nella prima si trattano gl’errori, che
occorrono in qualunque modo nel gouerno de gl’infermi, e s’insegna il modo di corregerli. Nella
seconda si contengono gl’errori quali si commettono nelle cause delle malattie cioè nel modo del
viuere... / Dell’eccellentiss. sig. Scipione Mercurij... Parte prima [-seconda]
In Verona : nella stamparia di Francesco Rossi, 1645
[8], 592 p. ; 4°
NUC 377.32 ; CSIBBL 569 ; BRUNI-EVANS n° 3455
Eamon La Scienza e i Segreti della Natura : “Nel 1603 il medico romano Scipione Mercurio... aprì il fronte italiano contro gli errori popolari con
il suo De gli errori popolari d’Italia. Mercurio scrisse l’opera in risposta all’invito di Joubert ai dottori, affinché registrassero gli errori popolari
concernenti la medicina e la salute per aggiungerli al suo catalogo [Laurent Joubert Erreurs populaires 1578, nda] : i dottori dichiararono guerra
totale alla ‘superstizione’. Come Joubert, Mercurio era particolarmente allarmato dagli errori commessi dalle guaritrici e dalle levatrici, ‘perché
la maggior parte degli errori è commesso da donne, che si intromettono troppo nelle questioni mediche’... Mercurio inveiva contro gli ‘errori
commessi nella piazza’ da empirici e ciarlatani, che mettevano in pericolo il pubblico con i loro medicinali ridicoli e spesso velenosi...Oltre a
essere vagabondi, scriveva, i ciarlatani non conoscevano la causa delle malattie. Immaginavano che praticamente tutte le malattie fossero causate
da vermi che le loro pozioni avrebbero presto eliminato, così almeno sostenevano. In realtà le malattie hanno però cause complesse che si
collegano a squilibri umorali. ‘Siccome un medicamento non può tenere conto di tutte queste cose a meno che sia preparato da un dottore molto
esperto i ciarlatani, che sono molto ignoranti, non possono prepararli senza pericoli.’” [p. 386-87] In un altro passo Mercurio attacca, per
analoghi motivi, gli esorcisti che “prescrivevano medicine emetiche e solventi molto potenti per purgare lo spirito dagli umori malvagi, non
avendo familiarità con le caratteristiche di questi medicinali né, ancor meno, del temperamento dei pazienti.”
libro contro la magia di Del Rio, che spesso menziona... Per quanto riguarda la cabala, Mersenne ammette una cabala ortodossa, connessa, cioè,
alle interpretazioni mistiche della Scrittura. Ma... condanna incondizionatamente la magia cabalistica, tutto il sistema dell’angelologia cabalistica
e le sue connessioni con la cosmologia. Nel corso di questa vigorosa opera, che demolisce le basi ermetico-cabalistiche della magia
rinascimentale, Mersenne ricorda e condanna tutti i principali propagatori di simili idee... Ma non abbiamo ancora detto niente dell’obbiettivo
principale di Mersenne. I cabalisti e gli ermetici del passato non erano per lui tanto pericolosi e detestabili, quanto un suo contemporaneo, Robert
Fludd...” Nella controversia tra Mersenne e Fludd intervenne, su sollecitazione dello stesso Mersenne, lo scienziato Petrus Gassendi, amico del
frate Minimo. A questo riguardo si veda Jean Claude Darmon “Quelques enjeux épistémologiques de la querelle entre Gassendi et Fludd” in
ASPECTS de la tradition alchimique au XVIIe siècle 1998 e referenze ivi citate. In un’altra sua opera (Vérité des sciences, 1625), “Mersenne
presenta un dialogo tra uno scettico, un alchimista e un filosofo cristiano ; e sebbene l’obiettivo principale dell’opera sia quello di attaccare lo
scettico, il filosofo cristiano mette a segno molti colpi eloquenti contro l’alchimista usando i classici argomenti di Sesto [Empirico, nda] contro la
presunta scienza alchemica.” [Popkin 1995 : 116]
MOHY, Henri
VEDI :
THEATRUM sympatheticum...- Amstelodami, 1661 3.KK.I.53
Henrici Mori Cantabrigensis Opera omnia, Tum quae Latinè, tum quae Anglicè scripta sunt...
Copia anastatica. (Da p. 461 a 494)
L’interesse di More per la cabala è più che altro funzionale allo sviluppo della sua filosofia e dei suoi personali interessi teosofici. Egli fece
ricorso alla prisca sapientia per trovare conferme per un concetto a lui molto caro : quello della preesistenza delle anime. La sua strategia per
arrivare a una simile dimostrazione è tripartita : mediante l’uso di argomenti dettati dalla ragione, di argomenti dettati dalla Saggezza, dalla
Bontà e dalla Presenza di Dio nel mondo (nella terminologia cabalistica, la Shechinà), e infine mediante argomenti basati sulle indicazioni degli
antichi saggi. La schiera di questi ultimi è estesissima : “In Egypt, that ancient Muse of all hidden Sciences, that this Opinion [della Praeexistency
of the Soule] was in vogue amongst the wise men there, those fragments of Tresmegist doe sufficiently witness... Of which Opinion not onely the
Gymnosophists and other wise men of Egypt were, but also the Brachmans of India, and the Magi of Babylon and Persia ; as you may plainly see
by those Oracles that are called Magicall or Chaldaicall... To which you may adde the abstruse Philosophy of the Jewes, which they call their
Cabbala... And in the first place, if we can believe the Cabbala of the Jewes, we must assign it to Moses, the greatest Philosopher that ever was in
the world ; to whom you may adde Zoroaster, Pythagoras, Epicharmus, Empedocles...” [The Immortality of the Soul, So farre forth as it is
demonstrable from the Knowledge of Nature and the Light of Reason London, printed by J. Flesher, for William Morden Bookseller, 1659, p.
246-7], dimostrando così quell’atteggiamento sincretistico tipico di molti filosofi rinascimentali.
535. MORIN, Jean Baptiste <Villefranche (Beaujolais) 1583 - Paris 1656> 3.L.VIII.19
Astrologia gallica principiis et rationibus propriis stabilita, atque in XXVI. Libros distributa. Non
solùm astrologiae judiciarie studiosis, sed etiam philosophis, medicis, et theologis omnibus
pernecessaria... / Opera et studio Joannis Baptistae Morini...
Hagae-Comitis : ex typographia Adriani Vlacq, 1661
[12], XXI, [1], XXXVI, 784 p. : ill. ; 2° (35 cm)
NUC 395.288
Fece studi irregolari finché nel 1613 si laureò ad Avignone in medicina. Venne poi inviato dal vescovo di Boulogne in Germania e Ungheria a
compiere ricerche sui metalli. Tornato in Francia passò a occuparsi di astrologia giudiziaria e, grazie ai suoi oroscopi, conseguì ben presto vasta
fama e ricchezze (tra i suoi “clienti” si possono annoverare anche i cardinali Richelieu e Mazzarino). J.B. Morin può essere considerato come
l’ultimo esponente della vecchia astrologia e, nonostante le sue capacità e le sue conoscenze, avversò tanto Copernico quanto Gassendi
sostenendo con vigore la tesi dell’immobilità della terra. Morin lavorò per trent’anni alla stesura dell’ultima delle sue opere, l’Astrologia gallica.
Di questo prolifico scrittore (di lui sono conosciute una ventina di opere) si ricorda : Nova Mundi sublunaris Anatomia Paris, 1619 ;
Astronomicarum domorum Cabala detecta Paris, 1623 ; Famosi problematis de Telluris moti... Solutio Paris, 1631 ; Astronomia jam a
fundamentis integre restituta... Paris, 1640 ; Coronis Astronomiae... Paris, 1641 ; Ala telluris fracta Paris, 1643 ; De vera Cognitione Dei ex solo
naturae lumine per theoremata adversus atheos mathematico more demonstrata Paris, 1655.
IN:
THEATRUM Chemicum... 3.AA.IV.85
Argentorati, 1659-1661
Ferguson II.114 : “Thomas Moufet, or Moufetus, or Muffet, or Muffetus, or Moffett, was born in London, and was educated there and at
Cambridge. He matriculated at Trinity College, in 1569, B.A. at Caius, 1572-73, and M.A. at Trinity, and then he went abroad... made the
acquaintance of the most eminet physicians and chemists and became doctor of medicine at Basle. On his return he is said to have acted as
physician in Ipswich, then in London... On 22 Dec., 1585, he was admitted a candidate of the Royal College of Physicians, and on 29 Feb., 1588,
Fellow, being also appointed Censor... He latterly lived at Bulbridge near Wilton in Wiltshire, and, as is said, was private physician to the Earl of
Pembroke. He was Member of Parliament for Wilton in 1597. By the favour of the Countess Mary, he enjoyed a pension from the Pembroke
family. He died 25 June, 1605... Moufet was widely known and was ‘esteemed the famous ornament of the body of physicians and the true pattern
of all polite and solid literature’.”
540. MYSTERIUM occultae naturae anonymi discipuli Johannis Grassei Chortalassei dicti.
186
IN:
THEATRUM Chemicum... 3.AA.IV.90
Argentorati, 1659-1661
Lenglet Dufresnoy III.73 ; Ferguson II.124.
Nella versione originale tedesca dell’opera (1657), Johann Friedrich Hautnorthom, Suecus (Heutnortton), il cui vero nome secondo alcuni
sarebbe Harprecht, premette all’opera dei versi in cui rivela, sotto forma di anagramma, il nome dell’autore.
Johann Nider adotta nei confronti della stregoneria un atteggiamento meno acritico rispetto alla maggior parte dei suoi contemporanei. Infatti,
come per il resto Della Porta e Wyer (o Weyer), egli contempla anche la possibilità che molte delle esperienze ‘magiche’ siano dovute
all’assunzione di sostanze che oggi definiremmo psicotrope. Nel Formicarius. De visionibus et revelationibus. riferisce, per esempio,
l’esperienza di un domenicano che, alle prese con una ‘strega’ che pretendeva di avere esperienze di un volo che la conduceva al sabba, aveva
notato che questa si spalmava preventivamente il corpo con un unguento, cadendo poco dopo in uno stato di incoscienza per poi riferire, al suo
‘risveglio’ le esperienze provate, mentre il religioso era stato testimone, per tutto il tempo intercorso, della presenza del suo corpo incosciente. In
questo senso Nider si qualifica come appartenente all’ala meno intransigente della lotta contro la supposta presenza del diavolo in simili
esperienze, rifacendosi al cosiddetto Canon o Capitulum Episcopi (atti di un ipotetico ‘concilio di Aquileia’ del quale, peraltro, non esistono
tracce) che considerava né più né meno che come semplici illusioni le imprese attribuite alle streghe o da queste stesse vantate. Nel suo
Formicarius (redatto in occasione del concilio di Basiliea 1435-37), Nider stila una tassonomia del tipo di interventi compiuti da parte di chi opera
la magia a danno dell’umanità : provocando amore, odio, malattia, pazzia, morte, impotenza e distruggendo i beni materiali.
545. ODOMARUS
[1.] An lapidis valeat contra pestem
[2.] De argento in auro verso
[3.] De arsenico
[4.] De marchasita
[5.] Practica
Ferguson II.152 : “The Practica, as its name denotes, is a series of directions for certain preparations and experiments, with silver, lead, mercury,
common salt, green vitriol, saltpetre. By heating Roman vitriol one part, saltpetre one part, common salt two parts in an alembic the author got a
corrosive liquid which attacked all metals, ‘even mercury’, and he calls it ‘aqua calcinationis omnium metallorum’. But to the mixture he also
added hals a part of quick lime, possibly with the idea of increasing its corrosive affect.”
[6.] De sale alkali
[7.] Vetus epistola de metallorum materia et artis imitatione
IN :
THEATRUM Chemicum... 3.AA.IV.86
Argentorati, 1659-1661
Ferguson II.152 a.e. : “There are two accounts of this writer. One, the earliest authority for which [...] is Lenglet Dufresnoy, is that he was
practising the Hermetic Art in 1330. Gmelin calls him a monk, which may be justified by the fact that he adresses his disciple [nella Practica, ad
discipulum] as ‘frater Ludovicus’ saying at the same time that he is violating the rules of the sages in revealing the secret. [...] The other account
is given by Zedler. According to it Odomarus was a ‘physicus’ of the 17th century, and wrote not only the Practica, but the six or seven tracts
following it in the above collections [Gratarolo Verae alchimiae e THEATRUM Chemicum]. From the way in which these books are printed, there
is some colour for this statement of Zedler’s, but at the same time he seems to have credited him with too many.”
547. OPUS philosophicum quod Opus Iovis noncupatur, cum aliis operibus particolaribus de
transmutatione metallorum.
IN :
MAGNI Philosophorum arcani revelator... LAURA.N.I.6
Genevae, 1688
cose che si portano dall’Indie Occidentali. Con vn trattato delle neue & del beuer fresco. Di Nicolo
Monardes medico di Siuiglia ; Hora tradotti dalle loro lingue nella nostra italiana da m. Annibale
Briganti, ...
In Venetia : appresso l’Herede di Girolamo Scotto, 1605
[26], 525,[1] p. : ill. ; 8° (15.5 cm.)
Nota di poss. ms. : sul f. di guardia : “Hic liber est Conv.s S.M. Visit.nis Genvae Fratrum Discalceator. R.P. Aug.ni”. Nota ms. in testa al
front. : “Augustini AB Bocchi”.
CSIBBL 633
In quest’opera, come in altre del suo genere, si tratta anche della famosa pietra bezoar e delle sue fantastiche qualità, dell’uso medicinale delle
perle e delle qualità delle pietre. A quest’ultimo riguardo, bisogna segnalare che l’autore critica l’uso di certi medici di preparare farmaci da
assumere per bocca che contengono pietre preziose tritate, mentre ammette, per esempio, l’uso del diamante tritato col quale irrigare, mediante
una siringa, la vescica al fine di “romper la pietra”.
550. ORTHELIUS
Ortheli commentarius in novum Lumen Chymicum Michaelis Sendivogii Poloni, XII figuris in
Germania repertis illustratum.
IN:
THEATRUM Chemicum... 3.AA.IV.90
Argentorati, 1659-1661
PAGNINI, Sante
VEDI :
KIMHI, David 3.A.VII.32
Hebraicarum institutionum libri IIII Sancte Pagnino Lucensi authore, ex R. David Kimchi priore
parte... fere transcripti.- Lutetiae Parisiorum, 1549
IN :
THEATRUM Chemicum... 3.AA.IV.86
Argentorati, 1659-1661
Prete veneziano, che pubblicò nella sua città l’Ars et theoria... nel 1518. La sua fama è dovuta a un’altra sua opera, la Voarchadumia contra
Alcimia ; ars distincta ab Archimia et sophia...”, in cui, probabilmente accogliendo la condanna del Consiglio dei Dieci del 17 dicembre 1488 nei
confronti degli alchimisti, opponendosi all’alchimia, propende per una pratica da lui denominata ‘voarchadumia’ il cui nome deriverebbe dal
caldaico : VOARH “oro” secondo una (presunta) primitiva radice indiana, e MEAA ADUMOT, che in ebraico significherebbe ‘dei due rossi’,
venendo così il nome ad assumere il significato di ‘oro dei due rossi’ . L’importanza della sua opera è dovuta al fatto che egli è stato uno dei primi
a introdurre esplicitamente argomentazioni di tipo cabalistico in ambito alchemico (valgano come esempio le speculazioni di tipo gematriaco che
si trovano sparse nei suoi lavori).
De homunculis = libro sugli homunculi (De homunculis et monstris). Prima tradizione integrale
seguita da due appendici sul medesimo soggetto tratte da opere dello stesso Paracelso.
Genova : Phoenix, 1992
la medicina di Paracelso non venisse disgiunta dalla sua teologia, identificando in lui uno strumento della volontà divina : “Una autem Medicina
et Theologia divinitus datur”. In netto contrasto con questa posizione si veda, per esempio, l’opera di Matteo Giorgi. Jung (Psicologia e
alchimia) ha identificato in Penot l’estensore di una tavola delle corrispondenze filosofiche dei procedimenti alchemici (a firma di B. a Portu
Aquitanius), una delle quali riguarda quelle con i sacramenti cristiani : estrema unzione e putrefazione, ordine e distillazione, pentimento e
calcinazione, matrimonio e coagulazione, battesimo e soluzione, cresima e sublimazione, e il Mysterium Altaris (la Messa) e trasmutazione. A
prescindere dai limiti di obbiettività, tra le opere più recenti su questa tematica si ricorda : Manuel Insolera La trasmutazione dell’uomo in Cristo
nella mistica, nella cabala e nell’alchimia Roma, Arkeios, 1996
1
Si pensi alle lingue degli aborigeni d’Australia. A questo proposito si veda R.M.W. Dixon The languages of Australia Cambridge : Cambridge Un.
Press, 1980.
194
praedictionum : diabolicae vero ac superstitiosae confutatae damnantur, ea serie, quam indicis loco
praefixa ostendit. - Recens editus et auctus accessione multiplici. / Avtore Casparo Pevcero.
Vvitebergae : excvdebat Iohannes Crato, 1560
456 c. ; 8° (15 cm.)
Iniziali xil.
Adams P930 ; NUC 454.30 ; STCG 688 a.e. (1553)
Medico e matematico. Studiò all’università di Wittemberg dove, nel 1559, fu nominato professore di medicina e, nell’anno successivo, rettore al
posto di suo suocero, Melantone, appena deceduto. Di Melantone egli fu anche un convinto seguace e, poco a poco, riuscì a far occupare le
principali cattedre dell’università da studiosi del suo stesso orientamento, suscitando forti reazioni dai luterani ortodossi che lo accusarono di
“cripto-calvinismo”. Ottenuto il sostegno dell’Elettore di Sassonia, nell’aprile del 1574 questi ultimi riuscirono a farlo arrestare insieme ad altri
melantoniani. Accusato di aver voluto introdurre credenze sacramentali, Peucer, ricevute assicurazioni della più ampia clemenza, firmò una
confessione ma, ciononostante, fu definitivamente liberato solo nel 1586 su istanza del principe di Anhalt Joachin Ernst, del quale divenne
medico personale. Nel Commentarivs de praecipvis generibvs divinationvm Peucer si propone di indagare sulla distinzione tra mostri prodigiosi e
quelli non prodigiosi. Tale distinzione non è affatto oziosa in quanto quelli veramente prodigiosi, e cioè non dovuti a casuali difetti, sono il segno
della volontà di Dio che indica (monstrat) qualcosa, in un modo forte ma non immediatamente leggibile. Analizzando la natura e le caratteristiche
delle creature mostruose sarebbe perciò possibile, secondo Peucer, trarre delle divinazioni (“teratoscopia”). Il suo Commentarius... ebbe un
notevole successo : solo in Germania dal 1553, data della prima edizione, a fine secolo ne furono stampate sette edizioni. Tra le sue opere si
ricorda : De sympathia et antipathia rerum in natura Wittemberg 1574 ; Hypotheses astronomicae ibid. 1571 ; De essentia, natura et ortu animi
hominis Marburg 1590 ; Practica curandi morbos internos Frankfurt 1614 ; De febribus ibid. 1614.
583. PINAMONTI, Giovanni Pietro <Pistoia 1632 - Orta (No) 1703> 1.C.I.64
La sinagoga disingannata, overo via facile a mostrare a qualunque ebreo la falsità della sua setta, e
la verità della legge cristiana.
Roma : per Domenico Antonio Ercole, 1694
4] 485 p. ; 12°
BRUNI-EVANS n° 4126 ; NUC 458.570 [però : Bologna, Longhi]
Gesuita, insieme a P. Segneri si consacrò alle missioni di campagna e divenne poi confessore della duchessa di Modena e del granduca di
Toscana Cosimo III, senza però interrompere il suo apostolato. Autore de Il direttore. Metodo da potersi tenere per ben regolare le anime nella via
della perfezione cristiana, in cui si impartiscono consigli, tra cui il rinvio dell’assoluzione, per trasformare la confessione da rito frettoloso a vero
e proprio momento iniziale del cammino verso la perfezione. A Pinamonti si deve anche La religiosa in solitudine, in cui si illustra il modello della
vita monastica femminile. La Sinagoga disingannata ebbe uno strascico polemico grazie al mantovano Jehuda Leone Brieli (1643-1722) che
scrisse La sinagoga disingannata dagli inganni del padre Pinamonti.
584. PISCES Zodiaci inferioris, vel De solutione philosophica, cum aenigmatica totius lapidis
epitome, Lucae Rodargiri Eutopiensis.
IN :
THEATRUM Chemicum... 3.AA.IV.89
Argentorati, 1659-1661
PISTORIUS, Johann
VEDI:
ARTIS Cabalisticae… 1.E.V.16
Basileae, 1587
585. PLATONIS Libri quartorum, seu Stellici, cum commento Hebuhabes Hamed, explicati ab
Hestole : e manu exeratis codicibus desumpti, nunc primum typis donati.
IN :
THEATRUM Chemicum... 3.AA.IV.89
Argentorati, 1659-1661
Si tratta di un’opera pseudoepigrafa appartenente alla tradizione araba della quale ancora esiste un manoscritto originale in arabo (cfr. Sezgin
Geschichte des arabischen Schrifttums t. IV, Alchemie, Chemie, Botanik, Agrikultur bis ca. 430 H. Leiden, 1975). Al Liber Platonis Quartorum
(“Il libro della tetralogia”) sono apparentati la Summa Platonis e il Liber Platonis de tredecim clavibus sapientiae maioris dei quali, però, non
esistono più gli originali arabi.
196
588. POLI, Martino <Lucca 21 gennaio 1662 - Parigi 28 luglio 1714> 3.II.II.4
Il trionfo degli acidi vendicati dalle calunnie di molti moderni : Opera filosofica, e medica fondata
sopra de’ principij chimici, & adornata di varij esperimenti ; contro il sistema, & pratica delli
moderni democratici, & epicurei riformati, divisa in quattro libri / di Martino Poli spargirico in
Roma, aggregato alla Reale Accademia delle Scienze in Parigi...
In Roma : nella stamperia di Giorgio Placho intagliatore, e gettatore di caratteri alla Piazza della
Chiesa di S. Marco, 1706
[22], 463, [1] p. ; 4° (21.5 cm)
NUC 463.621
Fin da giovane attratto dalla chimica, studiò a Roma dove, nel 1691, ottenne il permesso di aprire un laboratorio e, nel 1700, ottenne il titolo di
farmacista. Nel 1702 ricevette da Luigi XIV una pensione, il titolo di ingegnere del re e quello di associato all’Accademia delle Scienze a patto di
distruggere la documentazione relativa a una sua scoperta nell’ambito dell’arte della guerra (sembra che si trattasse qualcosa di simile al fuoco
greco). Tornato a Roma, scrisse il Trionfo degli acidi. Lavorò in seguito al servizio del duca di Massa e scoprì nuove miniere di rame e di vetriolo
verde e bianco. Richiamato a Parigi al servizio di Luigi XIV, vi morì poco dopo il suo arrivo.
Eva" [Eco 1993: 87-8]. Costretto a lasciare Venezia a causa di queste sue singolari posizioni, Postel inizia un periodo di peregrinazioni per
l'Europa che culmineranno con la sua messa a giudizio da parte dell'Inquisizione che lo giudicherà non malus sed amens. Tornato in Francia,
Postel passerà gli ultimi quattordici anni della sua vita relegato in stato di semilibertà in un monastero di provincia (Saint-Martin-des-Champs).
Sull'interessante e complessa figura di Postel si vedano Secret 1985 e 1992.
604. REUCHLIN, Johannes <Pforzheim (Baden) 22 febbario 1455 - Stoccarda 30 giugno 1522>
De arte cabalistica, id est, de divinae revelationis, ad salutiferam Dei et formarum separatarum
contemplationem traditae, symbolica receptione, libri III.
IN:
ARTIS Cabalisticae 1.E.V.16
Basileae, [1587]
Conseguì il baccalaureato a Basilea nel 1475, nel 1477 il titolo di ‘Magister liberalium artium’ e nel 1481 a Poitiers il diplome di licenza
( Magister legum). Per anni svolse la carriera diplomatica. Si sposò due volte ma fu privo di discendenza, se si esclude il suo famoso pronipote
Filippo Melantone, diseredato però a causa della sua adesione al Protestantesimo. Nel 1492 iniziò lo studio della lingua ebraica e, negli anni
successivi, operò in difesa della condizione degli ebrei nel mondo cristiano. Quando il convertito Pfefferkorn, che egli stesso aveva battezzato,
cercò il suo sostegno per l’opera di requisizione e distruzione dei libri ebraici, Reuchlin oppose il suo rifiuto. Ciò scatenò una disputa che si
sarebbe trascinata per anni (1510-1520). Assolto dal tribunale di Spira nel 1514, nel 1516 si vide sospendere dal papa stesso un altro processo
che, ancora una volta stava svolgendo a suo favore, fino a essere definitivamente condannato il 13 giugno 1520. La sua riabilitazione avvenne
solo post mortem. Negli ultimi anni della sua vita fu in corrispondenza con Erasmo da Rotterdam. Insegnò greco ed ebraico prima a Ingolstadt e
poi a Tubinga fino ai primi mesi del 1522. Divenne famoso con la sua prima opera, De Verbo Mirifico (1494), scritta in forma di dialogo tra un
epicureo, un ebreo e Reuchlin stesso che si presenta con il suo nome grecizzato, Capnion. Sollecitato dalle domande di molti religiosi, una ventina
di anni dopo Reuchlin scrisse l’opera che ha consacrato la sua fama, il De arte cabalistica.. Anch’essa scritta sotto forma di dialogo, divenne il
200
testo guida della cabala cristiana. “Il De arte cabalistica si fonda sul presupposto di una stretta comunanza tra il pensiero antico dell’ebraismo e
le parti più segrete e profonde della cultura classica. L’idea di una continuità storica e di metodo tra pitagorimo e qabbalah torna a più riprese
nelle pagine di Reuchlin, il quale - sviluppando un tema centrale del mito umanistico - pone la qabbalah alle fonti del sapere : l’antichissima
sapienza dell’oriente nutre e alimenta le dottrine greche, o per dirla con le parole di Reuchlin stesso, Pitagora fece derivare il proprio fiume ‘dal
mare infinito dei cabbalisti’. L’elemento convincente e duraturo del messaggio contenuto nelle pagine di Reuchlin non consiste tuttavia
nell’aspetto storiografico, quanto nell’acuta analisi della continuità di prassi e di riferimenti che lega pitagorici e cabbalisti.” (Giulio Busi “La
qabbalah come opzione simbolica” Prefazione a Reuchlin L’arte cabbalistica Firenze, Opus Libri, 1995, p.XIII)
Le mercure indien ou le trésor des Indes. Première [-seconde] partie. Dans la quelle est traitté de
l’or, de l’argent & du vif-argent, de leur formation, de leur origine, de leur usage & leur valeur
precieuses, & des perles… Avec un traitté sommaire des autre pierres moins precieuses…
A Paris, 1677 (A Paris : de l’Imprimerie de Robert Chevillion, imprimeur, rue de S. Iacques, a coste
de la porte du cemetiere S. Severin, a la colombe royale, 1667)
[16], 64, [16],136, [2], 40 p., 8° (18 cm)
NUC 504.691 ; Ferguson II.295 a.e. : “The author... was a goldsmith in ordinary to the King of France, and his work has been described as
valuable, showing, as it does, knowledge of metalurgy, and having been written with care.”; Caillet 9597 a.e.; Duveen 516 a.e.
L’interesse degli studiosi per la cultura e la lingua ebraica che, da quantitativamente e qualitativamente limitato che era nel Medioevo, divenne
decisamente rilevante nel Rinascimento, non solo - è bene precisare - per quello che riguarda lo studio delle Sacre Scritture nella lingua originale
ma anche per quegli sconfinati orizzonti che si aprivano grazie allo studio del Talmud e soprattutto della kabbalah, incrementò nelle autorità
ecclesiastiche lo sforzo di sconfessare il giudaismo sia sul piano puramente religioso (sulla base del noto assunto che l’avvento del cristianesimo
avrebbe posto termine e superato la religione degli ebrei), sia su quello sociale (con il costante tentativo di porre in ridicolo le istituzioni e le
usanze ebraiche), sia su quello giuridico (individuando, o inventando di sana pianta, passi del Talmud o di opere di carattere cabalistico contrari
o offensivi nei confronti del cristianesimo). Questo sforzo (esercitato, seppure in modi diversi, tanto dalla chiesa cattolica quanto da quelle della
Riforma) era diretto verso due obbiettivi : i fedeli cristiani, per rafforzarli nella loro fede e tenerli lontani da pericolosi interessi o, peggio, da
blasfemi sincretismi e gli ebrei per spingerli alla conversione. A quest’ultimo riguardo, uno degli strumenti preferiti dai chierici cristiani fu
proprio il libretto in oggetto, null’altro che un’ingenua falsificazione, che, pubblicato per la prima volta a Sant’Orso nel 1475, ebbe sette edizioni
nel XV secolo (con il titolo Epistola contra judaeorum errores) e numerosissime altre edizioni in latino e traduzioni nelle principali lingue europee
nei secoli successivi : Tractatus contra judeos Parigi, 1510 ; Tractatus rabbi Samuelis, errorem judeorum indicans Ancona, 1516 ; Quod judei
messiam, qui venit, ceu venturum temere expectent Strasburgo 1523 ; Requisitioni profundissime, et argumenti subtilissimi, del sapiente hebreo
magistro Samuel Venezia, 1518 ; Ain beweisung Augusta, 1524 ; Sendbrieff Rabbi Samuelis des Juden Frankfurt, 1544 ; Carta que hum
rabbino chamado Samuel escreveo... Lisbona, 1651 ; The Blessed Jew of Morocco York, 1644 ; L’ebraismo convinto dalli propri errori Genova,
1725 ; Confutazione degli errori de’ giudei Venezia, 1770 ; Degli errori dei giudei Ancona, 1775 ; più altre edizioni in latino e tradotte : Venezia,
1702 ; Praga, 1718 ; Magonza, 1775 Vienna 1780, per quello che riguarda i centri maggiori, e altre ancora, di più difficile identificazione, per
quello che riguarda i centri minori (tra queste, appunto, quella posseduta, in volume miscellaneo, dalla BUG).
i caratteri cinesi, quelli babilonesi o i quipu peruviani), retrodatando l’origine del mondo rispetto a quella attestata dalla Bibbia e quindi
“insinuando e stabilendo dappertutto il DEISMO, e’ l NATURALISMO”. Ecco allora, secondo l’Abate, quale sarebbe (p. 38) la “VERA e principale
IDEA” della Lettera apologetica : sfruttare il discorso sui quipu per riorganizzare la cronologia delle “Età del Mondo” e falsificare, di
conseguenza, il dettato biblico (“tutta la sua vera IDEA sia poi di formar l’Apologia della favolosa antichità Cinese e Babilonese” [p. 46]),
riallacciandosi dunque alla tesi preadamitica (p. 59 e segg.) sostenuta da Isaac La Peyrere (Pre-Adamitae, sive Exercitatio super verbibus
duodecimo, decimotertio et decimo quarto, capitis quinti Epistolae d. Pauli ad Romanos. Quibus inducuntur primi homines ante Adamum
conditi. - 1655 [BUG 1.D.I.41]). Per altre duecento pagine l’abate Molinari si sofferma, mettendoli in relazione con opere filosofiche di “atei ed
esprits forts”, sui passi che testimonierebbero il progetto nascosto del Principe di San Severo, finché a pagina 259 non si rivela la “vera idea”
dell’Abate, quella di colpire il Principe per colpire qualcosa di più preoccupante : “Già è palese ormai a tutti, come coll’artifizio di tal cabalistica
Arte, siesi propagata in molte Città dell’Europa quella fantastica Società, di cui sul principio vi accennai brievemente l’origine, de’ Franç-maçons
[sic], o sia de’ Liberi Muratori, la quale con simiglianti Alfabeti e segni Geroglifici esprime insieme, e tien celato quel suo stravagantissimo
Sistema. Il perché da questi savissimi Uomini vien giudicato, che non irragionevol fosse l’opinione, dal Pubblico conceputa nel primo comparire
dell’Apologetica, cioè, che non per altra idea, che per una tal Società, fossero stati architettati questi Parlanti Quipu [in nota l’Abate ricorda
ancora che “Si stabilì una tal’opinione nel Pubblico, allorché si udì, che il Signor Accademico, nel tempo in cui scrisse l’Apologetica, era uno de’
principali Membri di detta Società.”, nda]”.
627. SCALIGERO, Giulio Cesare <Verona, 23 aprile 1484-21 ottobre 1558> LAURA.O.II.39
Julii Caesaris Scaligeri Exotericarum exercitationum libri XV. De subtilitate ad Hieronimum
Cardanum. In fine duo sunt Indices: prior breuiusculus, continens sententias nobiliores: alter
opulentissimus, penè omnia complectens.
Francofurti : apud Andream Wechelum, 1576
[16], 1130, [90] p., 8° (18 cm.)
Adams S580 ; STCG 782
Di incerta origine, ma sicuramente non di quella di cui si vantava, avendo egli infatti un desiderio quasi ossessivo di accreditarsi una discendenza
dai Della Scala di Verona, al punto di essere stato probabilmente lui il primo a confondere le notizie riguardanti la sua vita e la sua famiglia. Pare
si sia laureato a Padova in medicina ed è proprio da alcuni documenti dell’ateneo che si ricava un’informazione circa il suo vero nome : Giulio
Bordon o Bordoni. Noto per la sua vis polemica, lo Scaligero mise in ridicolo Girolamo Cardano (1501-1576) confutando con violenza la sua
famosa opera De subtilitate (1550) secondo la quale la scoperta dei segreti sarebbe dovuta al possesso della ‘finezza’ (subtilitas), vale a dire
quella ‘certa ratio intellettuale con la quale si percepiscono le cose sensibili con i sensi e le cose intelligibili con l’intelletto, ma con difficoltà.’ (De
subtilitate). Lo Scaligero per i suoi Poemata (1574), nei quali colpisce non solo discussi e discutibili personaggi come Nostradamus, ma anche la
cabala, l’alchimia e la magia. In Secret Les Kabbalistes chrétiens de la Renaissance sono citati questi significativi versi :
‘Porro fuge deliria Cabbalisticorum : (E inoltre fuggi i deliri dei cabalisti
Quorum labor est decipi : et hinc decipere æque.’ che si sforzano solo a tradire gli altri e loro stessi)
Cfr. Dizionario Biografico degli Italiani. Su G. C. Scaligero si veda : Giulio Cesare Scaligero e Nicolò d’Arco. La cultura umanistica nelle terre
del Sommolago tra XV e XVI secolo a cura di François Bruzzo e Federica Fanizza. Trento, Prov. Aut. Di Trento - Servizio Beni Librari e
Archivistici, 1999) e la bibliografia ivi riportata.
Altra copia in : 3.L.I.39
NUC 529.585 ; Ferguson II.340 : “Schott was born in 1608 at Königshofen, near Würtzburg, entered the Jesuit order in 1627, and went to
Palermo, where he taught ethics and mathematics for some years. He returned to Würtzburg, taught mathematics, became Confessor of the
Prince, and there died in May, 1666. He wrote numerous books connected with mathematics and physics, or so-called natural magic.”
Allievo, come Lana Terzi, di Athanasius Kircher, anch’egli, come bene possono testimoniare i titoli dei suoi libri, aderisce alla concezione dell’
“arte” come imitatrice della natura.
principia phisicae Hermetico Hippocraticae candidè exhibentur. Opus non minus utile physicis,
quàm medicis. - Edittione sexta... / Avthore Joanne Schröderus, M.D. ...
Francofurti : sumptibus viduae Joan. Görlini, bibliop. Ulm, typis Joan. Görlini, 1669
[64], 516, 348, [56], 24, [84] p., 20.5 cm.
NUC 530.326 ; Ferguson II.344 : “Schröder was born in 1600 at Salz-Uflen, in Westphalia. He studied medicine at Rostock, Copenhagen and in
other Universities, and travelled in France, Italy and Germany. After graduating he held the position of surgeon to the Swedish armies and
physician to Field Marshal Horn. He settled at Frankfurt a. M. of which he was physician, and died 30 Jan., 1664. The Pharmacopoeia is
commended by Boerhaave, though it gives evidence that the author was credulous, an empiric, and a partisan of the chimaeras of alchemy...”
1
Il termine bezoar deriva dal persiano pâdzahr “contavveleno”, attraverso l’arabo bâdizhar, bâzhar. Nome attribuito dalla medicina orientale e
medievale a certe concrezioni che si formano nell’apparato digerente dei ruminanti, e a cui si attribuiva efficacia terapeutica di contravveleni. Per
estensione, fu chiamata con questo nome una pianta dell’America centrale, della famiglia delle Moracee, la Dorstenia Contrayerva L., la cui radice,
sotto il nome di bezoar o radice di contrayerva, veniva usata come antidoto contro la morsicatura dei serpenti velenosi [le notizie sono desunte
dall’Enciclopedia Italiana, v. VI, p. 847, nda]
208
Il tabacco, come altri illustri “immigrati” dal Mondo Nuovo - la patata, il pomodoro, il mais, il caffè...- ha avuto agli occhi delle autorità
scientifiche e religiose una fortuna altalenante. A prescindere dalla sua scarsa qualità, è senz’altro degno di interesse, per il contemporaneo, il
panegirico scritto dal “curioso” Benedetto Stella :
13. Chi mi brama seconda à morbi suoi 14. Ma se giouo à li corpi, ancor costumo
Moderata m’adopri, e non m’abusi, Giouar à l’Alme, e pur con la mia polue
Che propitia sarò sempre à suo’ vsi Gli rammento, che al fin l’huom si dissolve,
Nota per tal dal Thile, a i lidi Eoi. E che il viuer non è, che foglie, e fumo.
Accanto ai sostenitori, che puntavano sulle sue virtù curative e quasi magiche, il tabacco ebbe però fin dall’inizio i suoi detrattori. Tra questi
ultimi, alcuni la cui voce non poteva rimanere inascoltata : gli inquisitori e il papa stesso ! Urbano VIII vietò, con la bolla Cum Ecclesia del 30
gennaio 1642, il consumo di tabacco in tutte le chiese (pratica che, sembra, aveva raggiunto picchi sorprendenti soprattutto nelle chiese
spagnole). Il divieto di Urbano VIII venne ripreso ed esteso dal suo successore Innocenzo X (8 gennaio 1650). Su questo argomento si era poi
soffermato, alcuni decenni dopo, Giovanni Battista Neri che, nel suo De iudice S. Inquisitionis opusculum (1685) elabora una complessa
casistica, distinguendo innanzitutto le diverse responsabilità dei sacerdoti e dei laici ; differenziando l’uso moderato, che può anche essere
salutare, da quello senza misura, che è passibile di scomunica perché di nocumento alla sacralità del corpo ; ragionando se la sacrestia e la
canonica appartenessero o meno all’ambito della chiesa ; discettando sull’eventuale interruzione del digiuno eucaristico a causa del fumo ;
riflettendo se, come sosteneva qualcuno, vi sia una diminuzione di colpa per un sacerdote che fuma in una chiesa deserta e con le porte chiuse.
Ancora nel 1725 Benedetto XIII lamenta l’andirivieni che si verificava durante le funzioni a causa degli incalliti tabagisti.
1
“Pastiglia, confetto”
213
Da un punto di vista filosofico-scientifico fu influenzato da Descartes, in particolar modo per quanto concerne la spiegazione dell’origine del
sistema solare. In tale origine un ruolo fondamentale sarebbe stato svolto dalla forze magnetica che avrebbe conferito una prima struttura -
quella di un turbine cartesiano - all’oceano solare originario. Attorno a questo turbine, in seguito a un’aggiunta esterna di materia, si sarebbe
formata una crosta, dalla quale, attraverso successivi passaggi di dispersione e concentrazione di forze, deriverebbero i pianeti e i satelliti che
gravitano attorno al sole. Caratteristico dell’epoca è il ruolo attribuito al magnetismo il quale, come ha riconosciuto una delle menti più lucide di
tutti i tempi, Goethe, non è che “un simbolo per tutto ciò per cui non abbiamo un nome”. Swedenborg “... poeta, organista, dotto, era destinato a
lasciare un nome nella storia della scienza, anche se non si fosse per nulla occupato di esoterismo. A partire dal 1743, dei sogni simbolici e
premonitori ne determinano la vocazione, al punto che, a cominciare dagli Arcana coelestia (1749), le sue opere teosofiche si vanno
susseguendo ; Kant, che critica questo libro nei Sogni di un visionario (1766), ne approfitta per sviluppare le proprie idee sui limiti della
metafisica. Swedenborg somiglia meno a un’anima contemplativa che a uno spirito osservatore e analitico ; più a un geografo delle sfere celesti
che a un mistico che descriva visioni beatifiche. Egli cerca nessi organici, vitali, tra l’uomo e la divinità ; presenta il proprio insegnamento come
una “rivelazione” ; afferma di essere stato prescelto dal Signore per spiegare agli uomini il significato spirituale della parola divina. L’origine del
Male va ricercata nell’essere umano ; la caduta corrisponde a una progressiva degradazione dell’umanità traviata dai sensi. La sua cosmogonia
occupa una posizione originale nella storia dell’esoterismo cristiano ; i mondi spirituale e temporale sono popolati unicamente dagli uomini : non
vi sono angeli direttamente creati da Dio, perciò non vi sono angeli decaduti. Nel mondo degli spiriti, ogni essere umano finisce per assumere il
proprio volto interiore, rivelando la sua vera natura. Ogni entità naturale, rappresentazione di un’entità spirituale, tende allo stadio di ‘corpo
spirituale’... Il visionario svedese descrive spesso il mondo celeste, la dimora dei giusti, dove pretende di essersi aggirato a lungo. Egli ne dipinge
le città, le case, i musei. Come accade sulla terra, gli uomini che vi risiedono hanno bisogno di alloggio, di nutrimento, di vestiario. Ma il nostro
mondo materiale è soltanto la rappresentazione del nostro mondo spirituale. La teoria swedenborghiana degli ‘influssi’, la sua concezione delle
corrispondenze e dei ‘gradi celesti’, hanno avuto una grande risonanza ; sembra che nessun altro mistico abbia esercitato sulla letteratura
francese del XIX secolo un’influenza altrettanto profonda di quella dell’autore della Nuova Gerusalemme e degli Arcana coelestia. Balzac,
Baudelaire, Nerval, George Sand ; ma anche Strindberg e molti altri tra i maggiori scrittori” [Antoine Faivre “L’esoterismo cristiano dal XVI al
XX secolo” in : Henry-Charles Puech Esoterismo, spiritismo, massoneria Milano, Mondadori, 1994, p. 111-12]. “Non sarebbe... arbitrario
considerare il grande visionario svedese Emmanuel Swedenborg come un precursore diretto dello spiritismo. Swedenborg distingueva tre parti nel
mondo invisibile : il cielo, l’inferno, il mondo degli spiriti. Questo mondo raccoglie la maggior parte dei defunti, ai quali è concessa la possibilità
di accedere all’uno o di essere precipitata nell’altro. In quel mondo i morti conservano tutti i caratteri umani : il corpo, il sesso, persino le vesti,
ma in forma spiritualizzata ; si muovono in uno scenario, che i loro pensieri, i loro impulsi, le loro immagini edificano incessantemente (si tratta
di stati d’animo oggettivi, che appaiono o scompaiono in concordanza con le modificazioni dello spirito). Mediante il libero arbitrio, l’anima a
poco a poco opterà per il cielo o per l’inferno. Ma per la sua credenza nell’inferno tradizionale lo swedenborghismo si oppone allo spiritismo ;
tuttavia, la sua concezione dell’aldilà è molto vicina a quella che svilupperà lo spiritismo.” [Serge Hutin “Lo spiritismo e la società teosofica” in :
Henry-Charles Puech Esoterismo, spiritismo, massoneria Milano, Mondadori, 1994, p. 143-44]
Ottonis Tachenii Hippocrates chimicvs, per ignem & aquam methodo inaudita nouissimi salis
viperini antiquissima fundamenta ostendens. - Editio secvnda auctior & emendatior. Accessit
eiusdem authoris De morborum principe tractatvs. ..
Venetiis : typis Combi & La Nouij, 1678
[36], 473, [7] p. ; 12° (15 cm)
CSIBBL 886
1
Yehoshua’ Shelomoh pubblicò nel 1484 il primo volume dei Soncino, il trattato Berakhot accompagnato dai commenti marginali, ma la prima
edizione completa, e prototipica, è quella in quindici volumi del Bomberg che venne pubblicata tra il 1519 e il 1523.
215
quell’occasione lo coaudiuvarono (Josef Moro Zarfati, Chananel da Foligno e Salomon Romano) di costruire contro il Talmud di Gerusalemme
e quello di Babilonia un castello di accuse incentrato sulle presunte offese contro le maggiori figure del cristianesimo che sarebbero contenute al
loro interno. Scontato l’esito : la bolla di papa Giulio III del 12 agosto 1553 condannava ogni copia del Talmud alla confisca e al rogo nonché la
confisca di ogni bene a chi, ebreo o cristiano, non si fosse attenuto a questa misura. Per facilitare il compito di chi doveva far osservare la
disposizione, vennero accomunate alla sorte del Talmud numerose altre opere esegetiche e tutti i manoscritti. Nell’anno successivo (bolla del 29
maggio 1554), dopo che i più grandi guasti (non solo e non tanto a livello materiale e culturale ma anche e soprattutto a livello ideologico) erano
stati prodotti, la norma venne mitigata in modo tale che ogni libro ebraico, già esistente o in una nuova edizione, dovesse essere esaminato al fine
di verificare se contenesse “errori, eresie o bestemmie” contro il cristianesimo. E’ a partire da questi anni, e per i secoli a venire, che la censura e
la persecuzione del libro ebraico, e del Talmud in particolare, cupamente scandiscono un ritmo di cui mai riesce totalmente a svanire l’eco.
1
Si riportano integralmente gli “elenchi auctorum” posti dopo il front. Eventuali aggiunte sono comprese, come di consueto, tra parentesi quadre.
216
actiones, rationi, & naturalibus principiis consentaneas esse demonstrat : impostorum vero & sycophantorum somnia & nugas detegit; [12]
Josephi QUERCETANI Armeniaci Ad Iacobi Auberti Vendonis de ortu et causis metallorum epistola conviciatoriam responsio; [13] Joannes
DEE Londinensis Monas hieroglyphica; [14] Laurentii VENTURAE Liber de conficiendi lapidis philosophici ratione; [15] Jo. Franc. PICI
MIRANDULAE De auro; [16] Rogeri BACONIS Speculum alchemiae; [17] RICHARDI ANGLICI Correctorium; [18] RICHARDI
ANGLICI Rosarius minor, de rerum metallicarum cognitione; [19] ALBERTUS MAGNUS De alchemia; [20] Jo. Augustini PANTHEI Ars et
theoria transmutationis metallicae, cum Voarchadumia, numeris & iconibus rei accomodis illustrata.
ELENCHUS AUCTORUM ET TRACTATUUM TERTIAE PARTIS
[1] Incerti auctoris De Magni Lapidis compositione et operatione; [2] De eadem materia Capita aliquot, quae in secunda editione ob incuriam ad
calcem Voluminis Tertii rejecta, hic debito loco restituuntur; [3] ARISTOTELIS De perfecto magisterio; [4] Arnoldi DE VILLANOVA Lumen
luminum, seu flos florum; [5] Arnoldi DE VILLANOVA Practica; [6] EFFERARII Monachi De lapide Philosophorum secundum verum
modum efformando; [7] EFFERARII Thesaurus philosophiae; [8] Raymundi LULLII Praxis universalis magni operis; [9] ODOMARI
Practica; [10] [ODOMARI] De Argento in aurum verso; [11] [ODOMARI] De Marchasita; [12] [ODOMARI] De Arsenico; [13] [ODOMARI]
De sale alkali; [14] [ODOMARI] An lapis philosophorum valeat contra pestem; [15] [ODOMARI] Vetus epistola de metallorum materia et artis
imitatione; [16] Jo. De RUPESCISSA Liber de confectione veri lapidis philosophorum; [17]Jo. Aur. AUG[urelli]. Chrysopoeia carmine
conscripta; [18] THOMAE AQUINATIS Secreta alchemiae magnalia : De corporibus supercaelestibus, quod in rebus inferioribus inveniantur,
quoque modo extrahantur; [19] [THOMAE AQUINATIS] De Lapide minerali, animali et plantali; [20] [THOMAE AQUINATIS] Thesaurus
Alchemiae secretissimus ad fratrem Reinaldum; [21] Jo. De RUPESCISSA Liber Lucis; [22] Raymundi LULLII Clavicula et apertorium : in
quo omnia quae in opere Alchemiae requiruntur, venuste declarantur, & sine quo, ut ipse testatur Lullius, alii sui libri intelligi nequeunt; [23] M.
Jo. ISAACI HOLLANDI Opera Mineralia, sive de Lapide Philosophico omnia; [24] Evvaldi VOGELII Belgae Liber de Lapidis Physici
conditionibus : quo abditissimorum Auctorum Gebri & Raymundi Lullii methodica continetur explicatio; [25] Evvaldi Vogelii Et Chemistarum
omnium opera tamquam ad normam examinantur, utrum in perfectionis via consistant necne; [26] Iusti A. BALBIAN Flandri Tractatus septem
de Lapide Philosophico; [27] Iodoci GREVERI Secretum; [28] ALANI PHILOSOPHI Dicta de Lapide Philosophico; [29] Nicolai
BARNAUDI Commentariolum in quoddam epitaphium Bononiae studiorum, ante multa secula marmoreo lapidi inscultum; [30] [Nicolai
BARNAUDI] Processus chemici aliquot; [31] [Nicolai BARNAUDI] Triga chemica : De Lapide Philosophico tractatus tres; [32] [Nicolai
BARNAUDI] Quadriga aurifera; [33] [Nicolai BARNAUDI] Theosophiae palmarium, sive Auriga Chemicus; [34] [Nicolai BARNAUDI]
Epistola de occulta philosophia; [35] [Nicolai BARNAUDI] Dicta sapientum.
ELENCHUS AUCTORUM ET TRACTATUUM QUARTI VOLUMINIS
[1] Raymundi LULLII Theoria et practica.
Fol. 1-135
[2] [Raymundi LULLII] Ejusdem, Compendium animae transmutationis artis metallorum. 171
[3] ARTEFII Clavis maioris sapientiae. 198
[4] HELIAE ARTISTAE Nova disquisitio 214
[5] Hieronimi DE ZANETINIS Conclusio et comprobatio alchymiae, qua dispositioni & argumentis Angeli respondetur 247
[6] Nicolai Nigri HAPPELLII Cheiragogia Heliana, de auro philosophico, nec dum cognito 265
[7] Wenceslai LAVINI Moravi Tractatus de coelo terrestri. 288
[8] Nicolai Nigri HAPPELLII Aphorismi basiliani sive Canones hermetici de spiritu, anima & corpore. Medio, majoris & minoris mun 327
[9] Andreae BRENTZI Variarum philosophorum sententiarum perveniendi ad lapidem benedictum collectanea. 372
[10] Gastonis DULCONIS De triplici praeparatione auri et argenti. 372
[11] [Gastonis DULCONIS] Ejusdem De recta et vera ratione progignendi lapidis philosophici, seu salis argentiferi & auriferi tractatus duo
388
[12] Authoris DIVI LESCHI GENUS AMO* De lapide philosophorum tractatus duodecim 420
* anagramma di Michael Sendivogius. Si veda alla voce.
[13] [Authoris DIVI LESCHI GENUS AMO] Ejusdem Aenigma philosophicum ad filios veritatis. 442
[14] [Authoris DIVI LESCHI GENUS AMO] Dialogus Mercurii Alchymistae et Naturae 449
[15] Aureliae occultae philosophorum partes duae, M. Georgio Beato Interprete 462
[16] Arnoldi DE VILLANOVA Speculum Alchymiae 515
[17] Arnoldi DE VILLANOVA Carmen 542
[18] [Arnoldi DE VILLANOVA] Ar. Ad Bonifacium VIII Quaestiones Essentiales quam Accidentales. 544
[19] PHILOSOPHI ANONYMI Tractatus, de secretissimo antiquorum philosophorum arcano. 554
[20] PROPOSITIONES XXII in quibus veritatis totius artis chemiae brevissime comprehenditur. 577
[21] Joannis De LANSNIOTO Tractatus aureus de lapide philosophorum. 579
[22] Johannis TRITHEMII Abatis Spanhaimensis Tractatus chemicus nobilis. 585
[23] HERMETIS TRISMEGISTI Tractatus vere aureus de lapidis philosophici secreto in cap. 7 divisus : nunc vero a quodam anonymo scholiis
illustratus. 592
[24] Davidis LAGNEI d. medici Harmonia seu consensus philosophorum chemicorum magno cum studio et labore in ordinem digestus.
718
[25] ALBERTI MAGNI De concordantia philosophorum in lapide philosophico. 809
[26] [ALBERTI MAGNI] Ejusdem Compositum de compositis 825
[27] [ALBERTI MAGNI] Ejusdem Liber, octo capitulorum de lapide philosophorum 841
[28] AVICENNAE Ad Regem Hasen epistola, de re recta. 863
[29] [AVICENNAE] Ejusdem Lapidis Philosophici declaratio filio suo Alboali 875
[30] AVICENNAE De congelatione & conglutinatione lapide 883
[31] Guilelmi TECENENSIS Lilium de spinis avulsum 887
[32] ORTHOLANI Practica vera alchymiae Parisiis probata et experta sub Anno Domini 1358 912
[33] LUMEN Juvenis experti novum, id est Tractatus, in quo nominat lapidem philosophicum 934
[34] VALENTINI expertissimi Opus praeclarum ad utrumque.. quod pro testamento dedit filio suo adoptivo, qui etiam istum tractatulum propria
manu scripsit 941
[35] Incerti Auctoris Tractatulus super haec verba : studio namque florenti 955
[36] [Incerti Auctoris] Item, Opus ad album 957
[37] S. THOMAE de Aquino opus excellentissimum, Liber lilii Benedicti noncupatum 960
[38] Innominati Authoris Tractatulus super verba Mer : fugi dum bibit 974
[39] [Innominati Authoris] Opus breve ad rubeum cum sole per aquas fortes 984
[40] Petri DE SILENTO Opus. 985
[41] Anonymi Tractatus philosophicus ad rubrum et album. 1001
[42] Pauli Eck. De SULTZBACH Clavis philosophorum. 1007
217
Traité des superstitions selon l’ecriture sainte, les decrets des conciles, et les sentimens des sants
peres, et des theologiens. / Par m. Jean Baptiste Thiers bachelier en theologie de la faculté de Paris,
& curé de Champrond
A Paris : chez Antoine Dezailler ruë s. Jacques, à la Couronne d’Or, 1679
[24], 454 p. ; 16°
NUC 590.71
L’opera è divisa in trentasette capitoli di cui si citano alcuni titoli esemplari: “Chap. X. Quatrième Regle generale par laquelle on peut
reconnaitre qu’une chose est Superstitieuse. Ce que c’est qu’un pacte exprés & un pacte tacite avec le Demon, & en combien de manieres l’un &
l’autre se peuvent faire ; Chap. XI. Du culte indû, pernicieux ou faux... ; Chap. XIV. De la Magie Ce que c’est ? Qu’il y en a de trois sortes. Que
la Magie noire ou diabolique est une espece de Superstition... Que les Magiciens sont coupables de quinze crimes enormes ; Chap. XV. Du
malefice ; Chap. XVI. De la Divination en general... ; Chap. XIX. De la Divination qui se fe fait par les noms ou par les Armes des Cardinaux
durant la vacance du saint Siege... De la physionomie & de la Chiromantie. ; Chap. XXII. De l’Astrologie judiciaire... ; Chap. XXIV. De l’Art
notoire... De l’Art de S. Paul, De l’Art des Esprits ou de l’Art Angelique ; Chap. XXVIII. De Phylacteres... ; Chap. XXXV. Que la Medecine & les
Loix Civiles condamnent la guerison des maladies qui se fait par paroles & par Oraison.
679. TRACTATUS Micreris suo discipulo Mirnefindo, ex manuscripto idem [scil. : TURBA
Philosophorum..., nda]
IN :
THEATRUM Chemicum... 3.AA.IV.89
Argentorati, 1659-61
Di un libro con questo titolo, ma conosciuto anche come De tribus impostoribus, si parla ampiamente nella corrispondenza fra studiosi del XVII
secolo sebbene sembri oggi accertato che di quest’opera si parlasse ancora prima che in effetti esistesse (si veda l’articolo di Françoise Charles-
Daubert in FILOSOFIA e religione nella letteratura clandestina 1994, p. 291 e segg.). Ben presto però queste “testimonianze” private troveranno
fondatezza in una vasta produzione manoscritta, tanto in Europa quanto in America, di opere così intitolate e di carattere tra loro simile, fino a
prendere una sua forma per mano di P. des Vignes. Una consolidata tradizione attribuiva il Traité ad Averroè1 e questo, sul piano puramente
teorico, con una certa verosimiglianza se si considera che nell’ambito della cultura sincretistica viva alla corte di Federico II venne scritto il
“racconto dei tre anelli”, confluito poi nel Novellino, nel quale le tre religioni monoteistiche rappresentano dei tentativi di adattamento a realtà ed
epoche diverse di un’unica verità metafisica. Il successo che ebbe quest’opera, a lungo inesistente, fu tale che molte opere, sebbene di carattere
diverso dal Traité e incentrate solo sul tema comune dell’impostura, apparvero e furono pubblicate sotto questo stesso nome. Tra queste quella qui
esaminata (si rimanda all’articolo citato di F. Charles-Daubert per la disamina dell’articolatissima famiglia di testi a cui l’opera appartiene).
All’origine di questa versione del Traité stanno alcuni manoscritti (L’esprit de M. Spinosa [1712] o De tribus impostoribus [1709] o Traité des
Trois Imposteurs ; La vie & l’esprit de M. B. de Spinosa [ms. 1716, Iª ed. a stampa 1719 presso Levier all’Aia] ; Le fameux livre des trois
imposteurs [1716]) e, tra questi, in particolare il primo : L’esprit de M. Spinosa. La prima edizione di questa versione dell’opera è del 1768 a cura
di P.H.D. d’Holbach, per essere poi ristampata fino al 1796, senza tuttavia che ciò arrestasse una vasta produzione manoscritta. Quanto
all’autore dell’opera in oggetto, sono state fatte diverse ipotesi, tutte comunque povere di appoggi : vi è chi sostiene che l’autore fosse un ugonotto
rifugiatosi in Olanda negli anni ’70, Jean-Maximilien Lucas (il quale è invece sicuramente l’autore della Vie de Mr. Benoit Spinosa, assente
nell’edizione del 1768), chi ne fa risalire l’ispirazione al canonista Giovino Di Solcia attivo nella prima metà del ‘400 (venne condannato nel 1459
per aver sostenuto che “Mosè, Cristo e Maometto avevano governato il mondo a loro capriccio”), chi attribuisce l’opera a uno sconosciuto
affiliato alla neonata massoneria olandese (Margaret Jacob Illuminismo radicale Bologna : il Mulino, 1983), chi ancora, e forse più
verosimilmente, attribuisce l’opera al libertino conte di Boulainvilliers. Altri ancora hanno attribuito l’opera a M. Servet, a Muret, all’imperatore
Federico II, a Spinoza, a Giordano Bruno... Il Traité... (che, essenzialmente, corrisponde all’Esprit de Mr. Benoit Spinosa) , in conformità a una
pratica all’epoca e nel suo specifico contesto assai diffusa, fa un ampio uso di citazioni senza specifico riferimento all’autore (principalmente
Spinoza e Hobbes, ma anche Vanini, Lamy, Charron e Naudé) proponendosi di dimostrare che i principali profeti (Mosé, Cristo e Maometto)
hanno fondato le loro religioni con finalità specifiche di controllo sociale e che dunque l’esistenza stessa della divinità perfetta e reggitrice
dell’andamento del mondo deve subire il conseguente ridimensionamento : “II.vi. Non avremo bisogno di lunghi discorsi per dimostrare che la
natura non si propone alcun fine, e che tutte le cause finali sono soltanto finzioni umane. A questo scopo ci basteranno appena due parole per
mostrare che questa dottrina toglie a Dio le perfezioni che gli si attribuiscono... Se Dio agisce per un fine, sia per se stesso che per un altro,
desidera ciò che non ha, e allora bisognerebbe ammettere che vi è stato un tempo in cui Dio, non avendo ciò per cui ha agito, ha desiderato di
averlo, il che equivale a ipotizzare un Dio indigente. E per non omettere nulla che possa rafforzare questo argomento, contrapponiamogli il
ragionamento di coloro che sostengono l’opinione contraria, e vedremo che è basato unicamente sull’ignoranza... E di qui viene, che chiunque
voglia conoscere a fondo le cause naturali da vero uomo di dottrina, senza divertirsi a meravigliarsene da ignorante, passa per empio e per
eretico, grazie alla perversità di quelli che il volgo riconosce come gli autentici interpreti della natura e di Dio. Questi spiriti mercenari sanno
anche troppo bene che l’ignoranza che mantiene il popolo nello stupore, è ciò che li tiene in vita e perpetua la loro influenza.” L’opera, pur non
trattando di tematiche alchemiche o cabalistiche, merita di essere menzionata per il fatto di essere stata elaborata nel milieu del libertinaggio
erudito il quale traeva parte della sue linfa da quel pensiero ereticale, da quel naturalismo rinascimentale e da quella filosofia ermetica da cui
attinsero, in misura diversa, alchimisti e cabalisti cristiani e, poi, certe frange della massoneria speculativa, che proprio in quel periodo iniziò a
prendere forma e che, da lì in poi, preservò almeno la memoria di quella ricerca, operativa e/o speculativa, tanto nell’ambito della cabala quanto
in quello dell’alchimia che venne, da lì a poco, travolta e quasi completamente cancellata prima dall’illuminismo e poi dalla rivoluzione
scientifica e dal pensiero razionalista a questa sotteso. A ulteriore conferma della contiguità tra il Traité... e l’ambiente del libertinage érudit vale
un significativo elogio della Cina (si vedano le note a KIRCHER, BERTRAM e a BODIN De republica) . Questo elogio, però, assume anche un
incontrovertibile valore per quello che riguarda la datazione dell’opera : la prima opera panegiricizzante la società e la religione cinese (il
confucianesimo classico) fu infatti quella del gesuita Trigault De Christiana Expeditione apud Sinas (1615) (ricordiamo, inoltre, che il padre
Matteo Ricci fu a Pechino solo nel 1601). Come si è detto, molte furono le opere che vennero pubblicate con questo stesso titolo. A titolo di
esempio si può ricordare che in Inghilterra, nel 1669 venne pubblicato da John Evelyn The three impostors, dedicato all’apostata pseudo-messia
Sabbatai Tsevi e ad altri due pseudo-profeti ; nel 1680 Kortholt diede alle stampe De Tribus Impostoribus Liber incentrandosi sui personaggi di
Spinoza, Hobbes e Herbert di Cherbury (‘padre del deismo’ e libertino erudito) ; nel 1707 il libertino olandese Adrian Beverland pubblicò A
Discovery ot the Three Impostors, Turd Sellers, Slanderers and Piss Sellers. Degno di nota è l’intervento di Giorgio Spini : “Nel sec. XVIII
comparvero due diversi opuscoli con questo titolo ; ma né l’uno né l’altro possono considerarsi come un vero De Tribus Impostoribus. L’uno,
infatti, è un Traité des Trois Imposteurs, francese, stampato nel 1721, che non rappresenta in realtà che una riedizione sotto mutato titolo di un
opuscolo già comparso nel 1719 come L’esprit de M. Benoit Spinoza. L’altro è un De Tribus Impostoribus latino, recante la falsa data del 1598,
ma stampato invece, a quanto pare, nel 1753. Si rivela alla lettura come una mediocre operetta deistica, che non sviluppa affatto la teoria che
Mosè, Cristo e Maometto siano stati tre impostori, non ha il menomo attacco contro il Cristo e si limita sostanzialmente a criticare Maometto e i
libri mosaici da un punto di vista di embrionale critica storico-filosofica. Bisogna dire dunque che il suo titolo non rappresenta altro che una
trovata editoriale per assicurarne un più largo smercio. Ciò fa pensare che neppure nel secolo XVIII si conoscesse effettivamente un libello De
Tribus Impostoribus, ma che si trovassero semplicemente degli editori clandestini, vogliosi di sfruttare la curiosità del pubblico, sollecitando il
gusto scandalistico creato dalla leggenda attorno ad un simile titolo... [Alcune testimonianze] condurrebbero a pensare che effettivamente in
Francia fosse stato stampato un opuscolo di questo titolo o contenuto negli anni tra il 1560 ed il 1570, cioè nel periodo del violento infuriare delle
guerre di religione e che successivamente se ne perdessero le tracce, restando solo la fama di così empio libello. Esse però ... appaiono in netto
contrasto coll’affermazione dell’Atheismus Triumphatus, secondo la quale il De Tribus Impostoribus sarebbe stato stampato trent’anni avanti
alla nascita del Campanella e cioè verso il 1536. Non è impossibile perciò che lo stesso Campanella parlasse di quest’opera soltanto per sentito
dire e non per diretta conoscenza del suo contenuto.” [Ricerca dei libertini. La teoria dell’impostura delle religioni nel Seicento italiano Firenze,
1950, p. 88, nota 32]
ou la Pierre philosophale victorieuse : Traitté plus complet & plus intelligible, qu’il en ait eû
jusqu’ici, touchant le magistere hermetique.
A Amsterdam : chez Henry Wetstein, 1699
[8], 392 p., 16 cm. (12°)
NUC 601.559
Alla base dell’interessante tav. ripiegata dopo la pref. compare l’iscrizione “De cavernis metallorum occultus est, qui Lapis est venerabilis.
Hermes”. A fianco legenda esplicativa dell’emblema. Dalle notizie riportate nell’”Avvertissement” si viene a sapere che l’opera è stata pubblicata
per la prima volta a Lipsia nel 1604 in tedesco. Il Triomphe... risulta in realtà diviso in tre parti : L’ancienne guerre des chevaliers, ou entretien
De la Pierre des Philosophes avec l’Or & le Mercure..., l’Entretien d’Eudoxe et de Pyrophile sur L’Ancienne Guerre des Chevaliers, e, alla fine
del libro, una Lettre Aux vrais Disciples d’Hermes Contenant Six Principales Clefs de la Philosophie Secrete. Le ultime parole dell’opera velano e
rivelano il nome dell’autore : “Le Nom de l’Autheur est en Latin dans cette Anagramme : DIVES SICUT ARDENS S***”. Seguendo l’ipotesi di
Lenglet Dufresnoy l’autore potrebbe allora essere identificato in Alexandre Toussaint de Limojon de Saint Disdier (Avignone 1630-1689), in
quanto la forma latinizzata di ‘Saint Disdier’ darebbe ‘Sanctus Desiderius’ che può essere anagrammato nella forma sopra citata. Il Caillet (II.
6696) esclude che Limojon de Saint Disdier sia l’autore e gli attribuisce il ruolo di mero raccoglitore. Altri (Kopp Die Alchemie in älterer und
neuerer Zeit, Schmieder, Ladrague Bibliothèque Ouvaroff) identificano l’autore in Sternhals e qualcuno, con molte opposizioni, ha anche fatto il
nome di Dydacus Senertus (Daniel Sennert), il che non è poi così improbabile.
Johannis Trithemii primo Spanheimensis deinde Divi Jacobi Peapolitani abbatis Steganographia
quae hucusq[ue] a nemine intellecta, sed passim ut supposititia, perniciosa, magica, &
necromantica, rejecta elusa, damnata & sententiam inquisitionis passa ; nunc tamen vindicata
reserata et illustrata vbi post vindicias Trithemii clarissimé explicantur Coniurationes Spirituum ex
Arabicis, Hebraicis, Chaldaicis & Graecis spirituum nominibus juxt quosdam conglobatae, aut
secundum alios ex barbaris & nihil significantibus verbis concinnatae. Deinde solvuntur &
exhibetur Artificia Nova Steganographica a Trithemio in Literis ad Arnoldum Bostium &
Polygraphia promissa, in hunc diem à nemine capta, sed pro paradoxis et impossibilibus habita... /
Authore Wolfgango Ernesto Heidel Wormatiense.
Maguntiae : sumptibus & typis Christophori Küchleri, 1676
[8], 394 [ma 396], [4] p. ; 4° (20.5 cm)
NUC 601.656
Campesii Directorium summae summarum medicinæ. Nunc autem recens apposuimus Rosarium
Philosophorum, m. Arnaldi de Villanova. - Editio emendatior & annotationibus locupletior.
Avgvstae Trebocorvm : typis Caspari Dietzelli, & hæredum Cristophori ab Heyden bibliopol., 1630
[10], 347, [13] p. : ill. ; 16° (13.5 cm)
COMPRENDE :
da P. 197 a 230 Ioannis Antonii Campesii Directorium...; da P. 231 a 296 Rosarium philosophorum, m. Arnaldi de Villanova; da P. 296 a
309 Novum lumen...; da P. 311 a 326 Flos florum; da P. 327 alla fine De lapide
NUC 607.377 ; Ferguson II.482: “Ulstadius was a Nürnberg ‘patricius’, flourished during the first half of the sixteenth century, taught medicine
at Freyburg [...] and wrote a little book on the plague, Basil., 1526, 8°. His only other book, Coelum Philosophorum, had a wide circulation, and
went through many editions. The first appeared Frib., Helvet. in 1525, sm. folio [...] The Coelum is a treatise on distillation and on the substances
which can be prepared by that method and their use in medicine. The woodcuts of apparatus, retorts, flasks, receivers, furnaces &c., &c., are
identical with those in the folio editions of Geber, printed by Grüninger in the early part of the sixteenth century [...]”
696. UNA cum epistola monachi cuiusdam Benedictini Ordinis, ad reverendissimum Hermannum
Archiepiscopum Coloniensem.
IN :
THEATRUM Chemicum... 3.AA.IV.89
Argentorati, 1659-61
platoniciens qui s’imaginent qu’il y a dans les mots un pouvoir capables d’operer des miracles’, qui ‘pensent que la langue d’Adam est la langue
primitive, disant que les hymnes ecclésiastique ont conservé des mots hébreux come Alleluia, Osanna, Sabaoth, etc... parce qu’autrement ils
perdraient de leur efficace, selon les mages dont le chef fut Zoroastre. Chez les Juifs, il y a des gens qu’on appelle cabalistes qui se vantent de
tirer de la Loi les plus secrètes révélations de Dieu, et promment d’opéres des merveilles à partir des mots et des caractères.’” [Secret Les
kabbalistes chrétiens de la Renaissance, p. 222]. “Le preoccupazioni di Valès, peraltro, seppur riferibili a una problematica antica, certamente
fissata ormai nelle sue linee concettuali e ben inquadrata nell’orizzonte polemico della teologia ufficiale, devono intendersi anche alla luce della
sempre maggior diffusione del Corpus paracelsiano (egli era medico), nella cui metafisica l’idea di una realtà increata, archetipa, era centrale,
rinvigorendovisi quindi, con toni originali e inquietanti, quei fermenti ambigui della tradizione platonico-cristiana... La sua diffidenza non si
limita, comunque, all’implicita avversione nei confronti del paracelsismo, o di autori condannati come Origene, o ebrei addirittura come Filone
(cfr. cap. II, p. 55). Egli scorge, e denuncia, il pericolo latente nella soluzione di Agostino, che aveva parlato di una creazione istantanea di tutte le
cose, la partizione esamerale biblica significando il gradus naturae... Vallès ritiene, insomma, che il racconto biblico vada accettato alla lettera,
ma ciò, ci accorgiamo facilmente, solo per quel che riguarda il dato della scansione temporale del processo creativo ; per il resto la parola divina
vien calata entro schemi concettuali precostituiti. Subito, infatti, egli ci avverte che è buon metodo osservare l’ordine della natura per
comprendere la ‘ratio divini opificis’ (e quindi il significato reale del racconto biblico) : il messaggio di Dio, autore della natura come del
Testamento, può evidentemente leggersi in ambedue i ‘libri’, secondo alfabeti e cifrarii diversi... Il cifrario, peraltro, in base al quale egli guarda
all’ordinata natura, onde scorgere l’autentico significato del Genesi è, tritamente, quello aristotelico.” [Zanier 1983 : 26-7]
ALTRA COPIA COLLOCATA IN: 3.X.III.58
questo tuteli dagli spiriti malvagi e a rituali necromantici. Nel testo sono incluse anche ricette che fanno, ovviamente, uso di grasso umano, “olio
di nervo”, “polvere di mummia” (tenendo presente che per “mummia” si intendeva il più delle volte il midollo osseo) ... Dal nome dell’autore (che
compare alla fine del I° capitolo : “...signé Antonio Venitiana del Rabina”) e da alcuni segni sparsi per il testo (insegnamenti di una pretesa
tradizione rabbinica di derivazione salomonica che consentirebbero di comandare gli spiriti) si ha l’impressione che egli avesse, o volesse far
credere di avere, un qualche tipo di relazione con l’ambiente ebraico. Bibliotheca Esoterica 140: "…Le titre, le faux-titre et le frontispice sont
tirés en rouge. Avec quelques figures sur bois dans le texte dont 4 à pleine page parmi lesquelles le 'Triangle des Pactes'". Il titolo dell’opera
richiama una figura simbolica estremamente vitale tanto in Oriente quanto in Occidente. Simbolo della vita in Cina, ricettacolo delle acque
vivificanti in India, punto di unione delle forze opposte e complementari tanto in Oriente quanto presso gli Aztechi (il quetzalcoatl nasce dalle
acque della terra per innalzarsi nel cielo trasfigurandosi in luce), il drago ha ricevuto nella tradizione giudeo-cristiana un’interpretazione
decisamente negativa. Associato alla primitività e negatività della materia, ha finito ben presto per incarnare l’avversario per eccellenza : Satana.
Una delle prime e più potenti attestazioni della figura del “dragone rosso” la si incontra nell’Apocalisse 12.3-4 : “E un altro segno apparve nel
cielo ; ecco : un grosso dragone, rosso-vivo, con sette teste e dieci corna. Sulle teste vi erano sette diademi ; la sua coda si trascinava dietro la terza
parte degli astri del cielo e li precipitava sulla terra. Il dragone si pose di fronte alla donna che era sul punto di partorire, per divorare il bimbo
appena fosse nato.” Per contro, nella tradizione celtica il drago rosso è inserito nel contesto di una via iniziatica solare, ‘eroica’, e rappresenta il
coraggio, la forza, il valore. Dall’incontro delle due tradizioni, quella giudeo-cristiana e quella celtica nasce così la figura simbolica del drago
nella sua accezione medievale tale che la sconfitta del drago e la sua uccisione saranno viste come il superamento di una prova iniziatica che
consente al cavaliere di passare a un nuovo stato dell’essere e di acquisire dunque poteri che gli erano prima inaccessibili. Prova di questa nuova
funzione simbolica del drago è il suo vasto impiego nell’araldica dove viene appunto a rappresentare la potenza e il valore. Si ritrova il dragone
rosso in alchimia dove, nella “via umida”, costituisce il minerale (ossido o protossido di piombo) dal quale, grazie al “fuoco segreto” si estrae
l’Azoth o mercurio dei filosofi. Non si creda però che la figura del dragone rosso sia confinata ai racconti medievali, alle oscure ricette
alchemiche o ai grimoires (dei quali il Dragon rouge di Antonio Venitiano costituisce probabilmente una tardiva imitazione, non senza essere
però considerato come una delle opere “più diaboliche”), prova ne è non solo che ancora oggi vengono fondati sotto questo nome “ordini
iniziatici” che si dedicano a rituali magici e a pratiche “alchemiche”, “tantriche” e “cabalistiche”1 , ma anche che è proprio con questo nome che
venne pubblicato, nel 1981, il primo romanzo di Thomas Harris, in cui fa la sua comparsa il personaggio di Hannibal Lecter destinato poi a
diventare famoso con il secondo romanzo (e il film) di Harris : Il silenzio degli innocenti. Partendo dalle antichità giudaiche, passando attraverso
le condanne della chiesa e le segrete ricette dei grimoires, il dragon rouge, come tutti i grandi simboli del profondo, ha evidentemente ancora
conservato la sua antica potenza.
1
Si può fare l’esempio dell’ordine “Dragon Rouge F.A.Q.” fondato nel 1989 in Svezia e tuttora attivo con logge presenti in Svezia, Norvegia,
Finlandia e Germania.
227
tavole combinatorie si accompagnino liste di alfabeti misteriosi, sia inventati che tratti dalle lingue mediorentali, e che il tutto sia presentato con
aria di segretezza, continuerà a mantener vivo nella tradizione occultistica il mito di Lullo cabalista" [Eco 1993:140]. Verginelli 340 : “Di
Vigenère si parla molto e per lo più in termini laudativi. Fu uomo dottissimo e innalzato ad alte dignità. Viaggiò molto... e lasciò anche non poche
opere e famose. Tra le altre, ma postuma, questa molto rara e giustamente stimata. Si ritiene utile riportare tradotto il giudizio che un lettore ha
scritto di suo pugno nelle pagine che precedono il frontespizio : ‘Opera particolarmente stimata dagli adepti. E’ una delle rare opere in cui si
incontra l’enunciato delle vere materie dell’opera ermetica e loro preparazione. Egli dice come fare il fuoco filosofico e il sale di natura che è uno
e triplice. L’autore trovò la chiave della Grande Opera nello Zohar, come egli prova (sic) molto rettamente ; a questo soggetto aggiunge numerose
citazioni riprese da quel celebre trattato di Kabbala e ofre veramente all’apprendista, mediante esperienze di chimica ermetica, la chiave
alchimica dello Zohar...’ Famoso del Vigenére, il Traicté des Chiffres... Viene anche ricordato come l’inventore dell’acido benzoico...". Il Traicté
des Chiffres "è forse il testo steganografico.
VOSS, Dionysius
VEDI :
MAIMONIDES 3.A.VIII.12
R. Mosis Maimonidae De idololatria liber, cum intepretatione Latina et notis Dionysii Vossii.
Amstelodami, 1700
VOSS, Dionysius
VEDI :
MAIMONIDES 1.D.III.47
R. Mosis Maimonidae De Idololatria liber ; cum interpretatione Latina, & notis, Dionysii Vossii.
[Amsterdami], 1669
D.D. Systema mineralogicum quo corpora mineralia in classes, ordines, genera et species suis cum
varietatibus divisa describuntur, atque obsevationes, experimentis et figuris aeneis, illustrantur, / à
Joan. Gotsch. Wallerio... Tom. I. [Tom. II. In quo minera et concreta describuntur...] in quo terrae
et lapides describuntur. Cum indice quadruplici. - Editio altera correcta
Viennae : in officina Krausiana, 1778
2 v. [[16], 448, [38] ; [16], 640, [52] p., 1 c. di tav. ripeg. : ill. ; 8° (21.5 cm)
NUC 646.526 ; Ferguson II
NUC 652.689