Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                

La Mediazione Nel Lavoro Educativo

Scarica in formato docx, pdf o txt
Scarica in formato docx, pdf o txt
Sei sulla pagina 1di 3

LA MEDIAZIONE “PLURALE” NEL

LAVORO EDUCATIVO
1 LE RAGIONI DEL “PLURALE”
EDUCAZIONE: azione “limitata” ma profondamente influente nella costruzione dell’identità personale.
Agisce in noi, ma non senza di noi; l’impegno degli educatori non ha garanzie di successo perché non può
accadere nulla senza il consenso dell’educando.

EDUCABILITA’: è il trascendentale dell’agire educativo.

Quindi, il compito della mediazione consiste nel suscitare nel soggetto il desiderio della propria formazione,
nella consapevolezza che i cambiamenti e le trasformazioni sono la possibilità di una presa di coscienza,
inerente al proprium unico e irripetibile della sua persona → educando ed educatore lavorano insieme,
anche se in postura diversa.

Grazie anche alle nuove scoperte delle neuroscienze, siamo giunti alla conclusione che “il metodo
efficace”: l’apprendere, che finora si collocava solo nell’emisfero sx, in realtà si trova anche nell’altra metà,
anche fuori dal corpo attraverso l’uso di tecnologie (come nei casi di alcune disabilità).

Il metodo quindi non può non confrontarsi con i nuovi orizzonti conoscitivi e non trarre da queste
indicazioni sul piano della costruzione di una nuova didattica dell’agire educativo. Questo nuovo agire non
avviene solo all’interno delle scuole ma in ogni campo teorico- pratico punto è necessario far prendere
consapevolezza all’educandato di che e di chi potrebbe o vorrebbe diventare accogliendo l’esistenza di quei
valori e mete formative che disegnano l’orizzonte della sua educabilità. Ehi affinché vi sia questo percorso è
necessaria la competenza educativa, questa è fatta di metodo.

2 IL PROBLEMA DEL METODO COME TERZO


EDUCATIVO
 è la via per far crescere donne e uomini nell’autenticità. È il percorso che permette di affinare lo
sguardo per apprendere a saper vedere il positivo che c’è in ogni persona e nel mondo. Lo sguardo
è prima di tutto azione.
 è ratio et via: un percorso che ha bisogno di procedure tanto più rigorose quanto più l’azione è
orientata al conseguimento di determinati apprendimenti.
 è l’individuazione dei mezzi validi a trasmettere agli educandi i contenuti necessari per una vita e
per una cultura che tengano conto della loro natura e del loro traguardo di crescita come persone
pienamente capaci di libertà.
 è scrittura: dice di sé nel mondo, di sé sul mondo.

L’agire educativo ha una struttura ternaria: fino al 900 si è sempre parlato di una relazione binaria
educando- educatore. Con HOUSSAYE si parla di triangolo pedagogico: vi è un elemento che giustifica e
rende possibile l’interazione tra i due. Questo elemento media la ricerca. Dipende dall’oggetto specifico del
lavoro educativo che, a sua volta, dipende dal singolo caso. L’obiettivo è sempre correlato al metodo e
quest’ultimo è diverso perché gli oggetti del lavoro educativo sono diversi.
IL METODO PIÙ CHE L’EDUCATORE PREPARA EDUCANDO ALL’ATTO DI LIBERTÀ, ALLA SCELTA DEL
CAMBIAMENTO → Crea quello spazio psicologico che contribuisce a sfumare la presenza dell’educatore e i
rischi di una potenziale direttività bloccante.

Il metodo dell’agire educativo è un dispositivo pedagogico preciso che ha una sua grammatica e dei principi
evidenti, primo dei quali è stare nei fatti la propria adesione a quella interpretazione di mondo che si offre
all’educando. Ciò che rende credibile all’ ducando l’agire educativo è l’esserci nella relazione. Il metodo
assume una funzione transazionale: mantenere l’equilibrio fra separazione e partecipazione.

3 PRINCIPI DI METODO PROPRI DELL’AGIRE


EDUCATIVO (E UNA POSSIBILE CORNICE)
I principi si incardinano sulle quattro costanti del discorso educativo: 1) il soggetto educando, 2) i mediatori
specifici, 3) i contesti in cui ha luogo l’intervento, 4) il lavoro educativo.

1. INCLUSIONE: aiuta a leggere non solo le condizioni oggettive ma tutte le condizioni che possono
accrescere il rischio di essere esclusi. Queste condizioni chiedono anche una visione politica che
scelga di mettere al centro l’educazione della persona in un’ottica di sostenibilità dello sviluppo. La
persona nella prospettiva educativa inclusiva, è un agente attivo dello sviluppo della vita civile e
produttiva di un paese. Si basa sul riconoscimento della piena partecipazione di tutte le persone alla
vita sociale; è strettamente ancorato al tema dei diritti umani. È possibile una declinazione in tre
criteri:
a. Attenzione per le condizioni di attivazione di una relazione autenticamente educativa che
privilegia sul piano strategico e operativo delle pratiche cooperative
b. Riconfigurazione architettonica e tecnologica degli ambienti educativi di apprendimento
secondo i criteri della progettazione inclusiva
c. Attenzione nella strutturazione dei metodi educativi alla struttura del cervello. Fra questi,
è importante l’impatto delle emozioni l’apprendimento, la relazione fra attività motoria e
memoria, fra corpo e apprendimento.
2. VALORIZZAZIONE: uno stile peculiare dell’educatore Ehi che attesti agli occhi degli educandi un
preciso modello di relazione con sé stessi e con il mondo: sorridente, ironico, solidale. Capace di
sdrammatizzare. Senza valorizzazione non è possibile una risposta educativa. Permette agli
educandi di iniziare a cogliere in qualche modo la propria bellezza che non sono in grado di vedere
con i propri occhi.
3. Personalizzazione: è il postulato di realizzazione e riconoscimento del sé al massimo grado
possibile, partendo dall’individuazione del talento di cui ciascun allievo è portatore. Essa
presuppone l’assunzione di un paradigma antropologico che interpreta l’agire educativo nei termini
di un accompagnamento intenzionale dell’educando a riconoscersi per ciò che è pur essendo di per
sé rapporto con l’altro Ehi,. Ehi affinché sia possibile ciò è necessario un ripensamento complessivo
degli ambienti didattici e il disegno di un nuovo quadro strategico.
4. VICARIANZA: Sancisce la transizione da un epistemologia diagnostica del disagio e della disabilità
ha un epistemologia ancorata a paradigmi neuro fenomenologici che mettono al centro il corpo e le
sue possibilità educative e formative. Dalla riflessione della fenomenologia emerge il nesso che
esiste tra unità del corpo e relazioni che lo legano al mondo e alla dimensione corporea della psiche
→ la struttura del corpo, la sua forma e le sue potenzialità, svolgono un ruolo essenziale nel modo
in cui pensiamo noi stessi e noi stessi in relazione al mondo.
5. RELAZIONE: come dice Buber, inizialmente, l’uomo si fa IO solo nel TU e si manifesta come un
essere con, aperto alla comunicazione e dialogo. È quasi prevalentemente entro approcci
cooperativi e fenomenologici che si collocano le forme più efficaci di intervento didattico.
4 LA QUESTIONE METODOLOGICA: L’ANALISI
DELL’AGIRE EDUCATIVO
È una pratica complessa, non riconducibile ad insieme di atti osservabili. Comporta delle procedure di
realizzazione delle attività. Qual è l’approccio pi+ adatto di fronte a quest’oggetto così complesso?

Approccio “a-metodico”: agevolare con l’educatore l’individuazione di un senso intersoggettivo di azioni


professionali, facendole emergere alla consapevolezza dell’agente. È necessaria un’apertura mentale ed
un’interrogazione del proprio mondo interiore per essere il più possibili privi di pregiudizi di fronte
all’educando.

Potrebbero piacerti anche