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Elettrotecnica, Impianti e Rischio Elettrico A.A.

2013-2014 Università dell’Insubria - Varese

Interruttori, fusibili, relè.


Protezione delle condutture dal
sovraccarico e dal cortocircuito.

dott. ing. Lucia FROSINI

Dipartimento di Ingegneria Industriale e dell’Informazione


Università di Pavia
E-mail: lucia@unipv.it
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L. Frosini

Corrente nominale e sovracorrente


Le apparecchiature elettriche sono caratterizzate, oltre che da un valore di tensione
nominale, anche da un valore di corrente nominale, specificato dal costruttore nei
dati di targa e corrispondente alla potenza nominale dell’apparecchiatura stessa.
Questa è la corrente che deve essere sopportata senza che il riscaldamento delle
diverse parti dell’apparecchiatura superi i limiti specificati.
Si parla di sovracorrente ogni volta che un’apparecchiatura assorbe una corrente
maggiore di quella nominale.
Sostanzialmente si possono distinguere:
sovracorrenti dovute a sovraccarichi (in un circuito elettrico non guasto);
sovracorrenti dovute a guasti (corto circuiti).
Questa distinzione è importante perché le sollecitazioni indotte da questi due tipi di
sovracorrenti sono molto diverse e richiedono diversi dispositivi di protezione.

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L. Frosini

Sovraccarico
Il sovraccarico riguarda un circuito elettricamente sano, interessato da una corrente
non troppo superiore a quella nominale (generalmente al massimo 6-8 volte quella
nominale), che può essere sopportata per un determinato tempo e produce
essenzialmente sollecitazioni termiche.
Un esempio tipico di funzionamento in sovraccarico è l’avviamento di un motore
asincrono trifase (sovracorrente di spunto).
Il regime di sovraccarico non può essere tollerato indefinitamente, in quanto sottopone
i vari componenti interessati a una sollecitazione termica maggiore di quella nominale:
gli isolanti possono superare il limite di temperatura ammissibile, le loro prestazioni si
riducono e il loro invecchiamento accelera, con conseguente pericolo di scariche.
Un sovraccarico può degenerare in un corto circuito se permane per un tempo
sufficientemente prolungato: per questo occorre adottare un’idonea protezione, che
dovrà essere tanto più rapida quanto maggiore è l’entità del sovraccarico.
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L. Frosini

Corto circuito
Nel caso di corto circuito, la sovracorrente è dovuta a un contatto di impedenza
trascurabile tra due punti a diversa tensione, che esclude la parte di impianto a valle
del punto di guasto. La corrente, limitata da un’impedenza molto minore di quella
nominale, diventa molto intensa in brevissimo tempo.
Il corto circuito si ha generalmente a causa di guasti (cedimento dell’isolamento,
riduzione della distanza tra parti a diversa tensione, ecc.) e comporta:
sollecitazioni termiche di caratteristiche diverse da quelle di sovraccarico;
sollecitazioni meccaniche per sforzi elettrodinamici.
Inoltre, il corto circuito può provocare archi elettrici che possono innescare incendi e
esplosioni.
Dato che il funzionamento in corto circuito produce danni in brevissimo tempo, i
relativi dispositivi di protezione devono intervenire in modo istantaneo.

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L. Frosini

Apparecchi di manovra
La norma CEI 17-44 (2008) definisce come apparecchio di manovra un apparecchio
destinato a chiudere o interrompere la corrente in uno o più circuiti elettrici.
Sono quindi apparecchi di manovra i componenti dell’impianto capaci di effettuare
almeno una delle seguenti operazioni:
interrompere la corrente in un circuito elettrico: manovra di apertura;
stabilire la corrente in un circuito elettrico: manovra di chiusura.
Le manovre di apertura e chiusura di un circuito elettrico si possono effettuare:
in condizioni di circuito elettrico “sano”, ossia quando in esso circola la corrente di
funzionamento normale o una corrente di sovraccarico;
in condizioni di circuito elettrico “guasto”, ossia quando in esso circola la corrente
di corto circuito.

L. Frosini

Apparecchi di manovra
Gli apparecchi di manovra possono essere fondamentalmente divisi in:
interruttori, quando sono costruiti per aprire o chiudere un circuito percorso da
correnti di intensità non trascurabile, anche quella di corto circuito;
sezionatori, quando sono costruiti per aprire o chiudere, in modo visibile o
mediante un dispositivo indicatore affidabile, un circuito percorso da correnti di
intensità trascurabile.
Oltre a queste due principali categorie di apparecchi di manovra, ci sono anche:
interruttori di manovra, costruiti per aprire un circuito sano o per chiudere un
circuito sano o guasto (NON per aprire un circuito guasto);
interruttori di manovra-sezionatori, che sono interruttori di manovra per i quali
deve essere possibile verificare la posizione di aperto in modo visibile o mediante un
dispositivo indicatore affidabile;
contattori, che sono costruiti per aprire o chiudere un circuito sano.
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L. Frosini

Interruttori
La CEI 17-5 (2007) definisce come interruttore un apparecchio meccanico di
manovra capace di stabilire, portare e interrompere correnti in condizioni normali del
circuito e anche di stabilire, portare per una durata specificata e interrompere correnti
specificate in condizioni anormali del circuito, come quelle di cortocircuito.
Quindi, l’interruttore è in grado di:
condurre ininterrottamente la corrente fino a un determinato valore, in condizioni di
funzionamento normale;
aprire e chiudere il circuito sia in condizioni normali che di guasto, in quest’ultimo
caso fino a determinati valori della corrente di guasto.
La conduzione, in condizioni anormali, è limitata al tempo di interruzione, dell’ordine
dei millisecondi (superiore se l’intervento è ritardato).
L’interruttore possiede quindi due posizioni stabili di funzionamento: aperto e chiuso,
nelle quali può permanere in assenza di azione esterna.
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L. Frosini

Interruttori
L’interruzione del circuito avviene all’interno dell’apparecchio, non è normalmente
visibile e può essere solo dedotta da indicazioni esterne. I contatti sono separati dal
mezzo isolante proprio dell’interruttore.
L’interruttore di manovra è un apparecchio con caratteristiche analoghe
all’interruttore, ad esclusione del fatto che non è in grado di interrompere correnti di
cortocircuito.
L’interruttore di manovra , il sezionatore e l’interruttore di manovra-sezionatore
sono tutti bistabili, ossia hanno due condizioni stabili di funzionamento (aperto e
chiuso).
Invece, il contattore (o teleruttore) ha un’unica posizione stabile (aperto) ed è
caratterizzato da un’elevata frequenza di manovra. Nella posizione di chiuso può
rimanere solo in presenza di un’azione di comando.

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L. Frosini

Fusibili
I circuiti elettrici a media e bassa tensione possono essere aperti anche per mezzo di
fusibili, componenti che intervengono automaticamente quando la corrente supera un
determinato valore per un tempo prefissato.
I fusibili, pur non essendo in senso stretto apparecchi di manovra, sono considerati tra
questi, in quanto svolgono alcune delle funzioni proprie degli interruttori cioè
interrompono correnti di sovraccarico e di cortocircuito.
Il fusibile apre il circuito nel quale è inserito, interrompendo la corrente, mediante la
fusione di uno o più dei suoi componenti.
Associando al fusibile un interruttore di manovra, è possibile svolgere nel circuito le
stesse funzioni di un interruttore: questo apparecchio viene denominato interruttore di
manovra con fusibile.

L. Frosini

Relè
Un apparecchio di manovra non ha in sé la capacità di percepire la presenza della
condizione anormale di funzionamento: infatti, pur essendo capace di effettuare la
manovra di interruzione della corrente, non ha in sé alcun elemento che lo comandi ad
effettuare tale manovra.
In pratica, gli apparecchi di manovra non sono in grado, da soli, di svolgere la
funzione completa di protezione, se ad essi non si associa un altro componente capace
di percepire la presenza di una condizione di funzionamento anormale e di comandare,
di conseguenza, l’apparecchio di manovra stesso all’intervento.
Il relè svolge tale funzione: esso costituisce l’elemento sensibile del sistema di
protezione. Il suo compito è di tenere sotto controllo una grandezza indicativa delle
condizioni di funzionamento del sistema (tensione, corrente, temperatura, ecc.) e di
comandare all’intervento un opportuno apparecchio di manovra quando tale grandezza
assume valori al di fuori dei valori ammissibili.
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L. Frosini

Relè
I relè vengono classificati in base a vari criteri.
Un criterio prende come riferimento la grandezza agente, ossia la grandezza fisica
(elettrica o meno), alla quale il dispositivo è sensibile.
Un’altra classificazione è in base al principio di funzionamento:
elettromagnetico: sfrutta le azioni meccaniche tra nuclei magnetizzati e conduttori
percorsi da corrente;
elettrodinamico: il funzionamento è determinato dalle forze elettrodinamiche tra
due bobine, una fissa e una mobile;
a induzione: il funzionamento si basa sulla creazione di f.e.m. e correnti indotte in
un conduttore in movimento in un campo magnetico;
statici: realizzati con dispositivi elettronici;
termici: il funzionamento sfrutta fenomeni legati al riscaldamento, come la
dilatazione di materiali solidi. 11

L. Frosini

Relè
In base al valore della grandezza agente, il relè può essere:
 di massima: interviene quando la grandezza supera un valore di soglia;
 di minima: interviene quando la grandezza diventa minore di un valore di soglia;
 differenziale: agisce in base del valore assunto dalla differenza tra due grandezze
(generalmente è “di massima”, ossia interviene se tale differenza supera una soglia).

Si definisce caratteristica di intervento di un relè, sensibile alla grandezza agente x,


la relazione che lega il tempo di intervento al valore della grandezza agente: t = f(x).
Si definisce tempo di intervento il tempo intercorrente tra l’istante in cui si verifica
l’anomalia in grado di produrre l’intervento del relè e quello in cui esso effettivamente
avviene.

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L. Frosini

Relè
Si distinguono relè:
 a tempo indipendente: il tempo non dipende dal valore assunto dalla grandezza;
 a tempo dipendente: il tempo di intervento varia in funzione del valore assunto dalla
grandezza (generalmente con proporzionalità inversa);
 a scatto istantaneo: quando il tempo di intervento è determinato solo dall’inerzia
delle parti che compongono il relè (i dispositivi statici sono i più veloci);
 a scatto ritardato: quando il tempo di intervento può essere variato mediante un
dispositivo ritardatore.

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L. Frosini

Relè termico di massima corrente


Il relè termico a lamina bimetallica è costituito da due lamine accostate, aventi
differente valore del coefficiente di dilatazione lineare e collegate in modo da essere
attraversate dalla corrente circolante nel circuito che si vuole proteggere.
Il calore sviluppato per effetto Joule determina il riscaldamento della bilama e la sua
dilatazione: la deformazione viene sfruttata per azionare un dispositivo di sgancio che
determina l’apertura dei contatti dell’interruttore.

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L. Frosini

Relè termico di massima corrente


Il relè termico è uno sganciatore a tempo
inverso: all’aumentare della corrente, diminuisce il
tempo di intervento, in quanto la lamina impiega
meno tempo a raggiungere la temperatura sufficiente
a produrre la deformazione utile all’intervento del
dispositivo.
Curve di riscaldamento di una lamina 
relative a due diversi valori di corrente

Se la lamina parte dalla temperatura ambiente (intervento a freddo) occorre un certo


tempo per l’intervento, mentre se la temperatura iniziale è maggiore, perché il relè è
già funzionante, occorrerà un minor salto termico e quindi un tempo minore
(intervento a caldo).

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L. Frosini

Relè termico di massima corrente


Pertanto, per ogni valore di corrente,
esisteranno due tempi di intervento (t1 a
caldo, t2 a freddo) e due punti sul piano
(I, t): uno superiore a freddo e l’altro
inferiore a caldo. In mezzo c’è la
caratteristica media di intervento, a cui si
riferiscono i valori commerciali.

I relè termici hanno la possibilità di regolare la corrente di intervento in funzione sia


della corrente nominale, sia della temperatura ambiente.
Il relè termico è tipicamente adatto per la protezione da sovraccarico e non da
cortocircuito: è infatti un dispositivo lento, perché basato su fenomeni termici.
Se lo si sottopone a una corrente molto intensa (10÷15 volte In), c’è il rischio che si
danneggi prima di intervenire.
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L. Frosini

Relè termico di massima corrente


Le norme CEI definiscono, per gli interruttori automatici relativi a impianti domestici
(CEI 23-3) e ad altri impianti (CEI 17-5):
Corrente nominale In: corrente che l’interruttore è destinato a portare in servizio
ininterrotto a una temperatura ambiente di riferimento specificata (30° C).
Corrente convenzionale di non intervento Int: corrente che un interruttore può
portare per un tempo convenzionale senza intervenire.
Corrente convenzionale di intervento It: corrente che provoca l’intervento del relè
entro un tempo convenzionale.
Il tempo convenzionale è di 1 h per In  63 A e 2 h per In > 63 A.
Per impianti domestici (CEI 23‐3): Per altri impianti (CEI 17‐5):

I nt  1,13  I n I nt  1,05  I n
I t  1, 45  I n I t  1,3  I n
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L. Frosini

Relè elettromagnetico di massima corrente


Il funzionamento del relè elettromagnetico si basa sulla
forza magnetica F1 che un elettromagnete esercita su un
nucleo mobile in ferro collegato a una molla.
Questa forza è proporzionale al quadrato dell’induzione
magnetica B e quindi al quadrato della corrente Ib che
circola nella bobina:
F1  kB 2  k ' I b2
Quando la forza magnetica F1 supera la forza meccanica
F2 offerta dalla molla, ossia quando la corrente Ib supera
un valore di soglia di intervento, il relè interviene.
Per far sì che il relè elettromagnetico sia di massima
corrente, occorre rendere Ib proporzionale alla corrente da
controllare.
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L. Frosini

Relè elettromagnetico di massima corrente


Il relè elettromagnetico ha quindi un tempo di intervento indipendente dal valore della
corrente, purché essa sia superiore al valore che determina l’attrazione del nucleo
mobile, vincendo la forza della molla.
Se non è presente un dispositivo ritardatore, la sua caratteristica di intervento è del
tipo a tempo indipendente, a scatto istantaneo. Il tempo di intervento dipende solo
dall’inerzia delle parti che compongono il dispositivo.
La regolazione della corrente di taratura avviene variando la tensione della molla.

Relè elettromagnetico a scatto istantaneo (ti = 20 ms), 
regolato per intervenire a 10 volte In

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L. Frosini

Relè elettromagnetico di massima corrente


I relè elettromagnetici hanno generalmente la possibilità di regolare la corrente di
intervento, entro certi limiti. In alcuni casi è anche possibile regolare il tempo di
intervento, facendo in modo che allo scatto venga attivato un dispositivo ritardatore
che, dopo un tempo prefissato, aziona i contatti.
Il relè elettromagnetico, essendo a scatto istantaneo, è tipicamente adatto per la
protezione dalle sovracorrenti di cortocircuito, caratterizzate da elevata intensità e
breve durata tollerabile. Non è invece adatto alla protezione da sovraccarico.

Caratteristica di intervento  
con regolazione in corrente 
da 5 a 10 volte In, 
regolazione in tempo da 50 a 
200 ms, scatto istantaneo 
dopo 30 volte In

Caratteristica di intervento  a scatto istantaneo, 
con regolazione in corrente da 5 a 10 volte In 20
L. Frosini

Interruttore automatico magnetotermico


Utilizzando contemporaneamente un relè termico e uno elettromagnetico si ottiene un
interruttore automatico magnetotermico, che è un ottimo dispositivo per la protezione
da sovraccarichi e cortocircuiti: la regolazione delle correnti di intervento fa sì che per
sovracorrenti non molto intense (3÷15 volte la nominale) intervenga il termico, per
valori superiori il magnetico.
Nelle caratteristiche d’intervento degli interruttori magnetotermici si distinguono:
Zona A (I < In): zona di non intervento;
Zona B (In < I < 15In): zona di protezione dai sovraccarichi, in cui interviene lo
sganciatore termico, con un tempo tanto minore quanto maggiore è il valore della
sovracorrente;
Zona C (I > 15In): zona tipica delle correnti di cortocircuito, in cui interviene lo
sganciatore magnetico, che ha un tempo di intervento minore.

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L. Frosini

Interruttore automatico magnetotermico


Caratteristica di
intervento di un
interruttore
magnetotermico non
regolabile

a) Sganciatore termico a freddo
b) Sganciatore termico a caldo
c) Sganciatore magnetico fisso

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L. Frosini

Interruttore automatico magnetotermico


Caratteristica di
intervento di un
interruttore
magnetotermico
regolabile in corrente

a) Sganciatore termico a freddo
b) Sganciatore termico a caldo
c) Sganciatore magnetico regolabile

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L. Frosini

Relè elettronici
In alternativa ai relè precedenti, gli interruttori di massima corrente possono essere
equipaggiati con relè elettronici a microprocessore, che prevedono funzioni di
protezione:
contro il sovraccarico, con intervento ritardato a tempo dipendente, secondo una
curva a tempo lungo inverso (I2t = costante);
contro il cortocircuito, con intervento istantaneo o ritardato; il ritardo può essere a
tempo indipendente o dipendente a tempo breve inverso (I2t = costante).
In generale, i relè elettronici garantiscono una maggiore precisione di intervento e
offrono il vantaggio di una grande stabilità di funzionamento in caso di variazioni di
temperatura.

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L. Frosini

Relè elettronici
Esempi di funzioni di protezione di cui  Esempio di relè con funzioni di protezioni:
possono essere dotati i relè elettronici: • contro il sovraccarico (L)
• contro il cortocircuito ritardato a tempo indipendente (S)
• contro il cortocircuito istantaneo (I)

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L. Frosini

Fusibili
I fusibili sono dispositivi per la protezione dalle sovracorrenti, adatti sia per il
sovraccarico che per il cortocircuito.
Per quanto riguarda la caratteristica di intervento (curva tempo-corrente) i fusibili sono
dispositivi a tempo inverso: per intervenire devono immagazzinare una certa quantità
di energia termica, necessaria per il riscaldamento dell’elemento conduttore e per la
sua successiva fusione ed evaporazione.

A causa dell’inevitabile tolleranza sul


tempo di intervento, è più corretto parlare
di una zona di intervento, limitata dalla
soglia inferiore e da quella superiore,
all’interno delle quali si fa riferimento a
una curva caratteristica media.

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L. Frosini

Fusibili
All’aumentare della temperatura ambiente, diminuisce l’energia termica occorrente
all’intervento del fusibile, perciò, a parità di corrente, esso interverrà in un tempo
minore.
I fusibili sono classificati in base al campo di interruzione e alla categoria d’uso:
La prima lettera g indica il potere di interruzione a
pieno campo;
La prima lettera a indica il potere di interruzione a
campo ridotto;
La seconda lettera G indica la protezione per uso
generale;
La seconda lettera M indica la protezione di circuiti
che alimentano motori.

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L. Frosini

Protezione dei conduttori dai sovraccarichi


Lo scopo della protezione dei conduttori dai sovraccarichi è di interrompere le correnti
di sovraccarico dei conduttori del circuito, prima che tali correnti possano provocare
un riscaldamento nocivo all’isolante, ai collegamenti, ai terminali o all’ambiente
esterno, permettendo però la conduzione dei sovraccarichi di breve durata che si
producono nel normale esercizio.
Per scegliere correttamente le caratteristiche del dispositivo di protezione, occorre
considerare i seguenti valori di corrente (CEI 64-8):
IB = corrente di impiego del circuito; Caratteristiche del circuito: 
utilizzatore (IB) e conduttura (IZ)
Iz = portata in regime permanente della conduttura;
In = corrente nominale del dispositivo di protezione;
If = It = corrente che assicura l’effettivo Caratteristiche del 
dispositivo di protezione
funzionamento del dispositivo di protezione entro il
tempo convenzionale, in condizione definite.
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Protezione dei conduttori dai sovraccarichi


La corrente di impiego IB di un circuito (che alimenta uno o più apparecchi
utilizzatori) è definita come la corrente che può fluire in un circuito nel servizio
ordinario. In regime permanente, la corrente di impiego corrisponde alla più grande
potenza trasportata dal circuito in servizio ordinario, tenendo conto dei fattori di
utilizzazione e di contemporaneità.
Per fattore di utilizzazione di un apparecchio utilizzatore si intende il rapporto tra la
potenza che si prevede l’apparecchio utilizzatore debba assorbire nell’esercizio
ordinario e la massima potenza che lo stesso apparecchio può assorbire.
Per fattore di contemporaneità si intende il fattore che, applicato alla somma delle
potenze prelevate dai singoli apparecchi utilizzatori, dà la potenza da prendere in
considerazione per il dimensionamento del circuito.

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Protezione dei conduttori dai sovraccarichi


La portata in regime permanente di una conduttura Iz è il massimo valore della
corrente che può fluire in una conduttura, in regime permanente e in determinate
condizioni, senza che la sua temperatura superi un valore specificato.
Le caratteristiche di funzionamento di un dispositivo di protezione delle condutture
contro i sovraccarichi devono rispondere alle seguenti due condizioni (CEI 64-8):
IB  In  I z
I f  1, 45  I z
La prima condizione implica che il coordinamento tra un cavo e un interruttore
automatico debba iniziare dalla scelta di un interruttore automatico che abbia una
corrente nominale In superiore alla corrente di impiego IB della conduttura,
riservandosi poi di scegliere un cavo di portata adeguata Iz. Per i dispositivi di
protezione regolabili, la corrente nominale In è la corrente di regolazione scelta.

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L. Frosini

Protezione dei conduttori dai sovraccarichi


Per quanto riguarda il rispetto della seconda condizione, nel caso di interruttori
automatici non è necessaria alcuna verifica, in quanto la corrente convenzionale di
funzionamento If = It (che provoca l’intervento del dispositivo di protezione entro il
tempo convenzionale) è rispettivamente:
1,45 In per interruttori per uso domestico conformi alla CEI 23-3;
1,3 In per interruttori per altri usi conformi alla CEI 17-5.
Tale verifica è indispensabile quando il dispositivo di protezione è un fusibile, in
quanto per i fusibili If = 1,6 In.

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L. Frosini

Protezione dei conduttori dai sovraccarichi


Il coordinamento tra le caratteristiche del circuito da proteggere e quelle del
dispositivo di protezione è rappresentato in figura:

Si osserva che questo tipo di protezione non assicura una protezione completa nei casi
in cui si verifichino sovracorrenti prolungate maggiori della portata della conduttura Iz,
ma inferiori alla corrente convenzionale di funzionamento del dispositivo di
protezione If.

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L. Frosini

Protezione dal cortocircuito


I dispositivi di protezione dal cortocircuito devono interrompere le correnti di
cortocircuito prima che tali correnti possano diventare pericolose a causa degli effetti
termici e meccanici prodotti nei conduttori.
In sostanza, le correnti provocate da un cortocircuito devono essere interrotte in un
tempo ti non superiore a quello che porta i conduttori alla temperatura limite
ammissibile.
L’energia termica che fluisce durante il corto circuito è definita tramite l’integrale di
Joule o energia specifica passante: ti

 i dt
2

0
2
che può essere semplicemente indicata con I t dove I è il valore efficace della
corrente di cortocircuito e t la durata del corto circuito.

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L. Frosini

Protezione dal cortocircuito


L’energia specifica che il dispositivo di protezione lascia fluire nel tempo di durata del
cortocircuito deve essere minore o uguale all’energia specifica massima sopportabile
dal cavo senza che la sua temperatura nell’istante finale del cortocircuito superi quella
massima prevista dalle norme, per quel tipo di cavo.
Questa energia è determinata in funzione della sezione del cavo S e del tipo di
isolante, attraverso un coefficiente K, con la formula semplificata: K 2 S 2
Pertanto è necessario che:
I 2t  K 2 S 2

dove il valore di I²t è fornito dai costruttori dei dispositivi di protezione mediante
grafici, che indicano il valore dell’energia specifica in funzione del valore della
corrente di corto circuito, mentre il valore di K²S² può essere calcolato a partire dalla
sezione del cavo e dal tipo di isolante.

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L. Frosini

Protezione dal cortocircuito


Nelle seguenti figure è riportato il confronto tra le energie specifiche:
 di un cavo e di un fusibile;  di un cavo e di un interruttore.

Zona a: condizione non verificata Zona b: condizione verificata
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L. Frosini

Protezione dal cortocircuito


Per un fusibile, la condizione richiesta è verificata per tutte le correnti di cortocircuito
maggiori o uguali di Ia, che rappresenta pertanto un valore di limite inferiore.
Considerata l’impedenza propria del cavo, la corrente di cortocircuito diminuisce
allontanandosi dal punto di installazione del fusibile (a inizio linea).
Detto A il punto in cui la corrente di cortocircuito presunta assume il valore Ia, il tratto
OA assume il significato di distanza limite, oltre la quale la protezione non è efficace.

Per un interruttore, la condizione richiesta è verificata solo nella zona b, per valori
della corrente di cortocircuito presunta compresi tra Ia e Ib.
Ia rappresenta il limite inferiore della corrente minima di
cortocircuito (a fine linea) e Ib il limite superiore della
corrente massima di cortocircuito (a inizio linea).

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