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Chiave Doro

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Giovanni Verga -- La chiave d'oro

da "Drammi intimi" (1884)

A Santa Margherita, nella casina del Canonico stavano recitando il Santo


Rosario, dopo cena, quando all'improvviso si udì una schioppettata nella
notte.Il canonico allibì, colla coroncina tuttora in mano, e le donne si fecero la
croce, tendendo le orecchie, mentre i cani nel cortile abbaiavano furiosamente.
Quasi subito rimbombò un'altra schioppettata di risposta nel vallone sotto la
Rocca.
Gesù e Maria, che sarà mai? - esclamò la fantesca sull'uscio della cucina.- Zitti
tutti! - esclamò il Canonico, pallido come il berretto da notte. - Lasciatemi
sentire -.E si mise dietro l'imposta della finestra. I cani si erano chetati, e fuori
si udiva il vento nel vallone.
A un tratto riprese l'abbaiare più forte di prima, e in mezzo, a brevi intervalli, si
udì bussare al portone con un sasso.- Non aprite, non aprite a nessuno! -
gridava il Canonico, correndo a prendere la carabina al capezzale del letto,
sotto il crocifisso. Le mani gli tremavano.
Poi, in mezzo al baccano, si udì gridare dietro al portone: - Aprite, signor
Canonico; son io, Surfareddu! - E come finalmente il fattore del pianterreno
escì a chetare i cani e a tirare le spranghe del portone, entrò il camparo,
Surfareddu, scuro in viso e con lo schioppo ancora caldo in mano.-
Che c'è Grippino? cos'è successo? - chiese il Canonico spaventato.- C'è,
vossignoria, che mentre voi dormite e riposate, io arrischio la pelle per
guardarvi la roba - rispose Surfareddu.E raccontò cos'era successo, in piedi,
sull'uscio, dondolandosi alla sua maniera. Non poteva pigliar sonno, dal gran
caldo, e s'era messo un momento sull'uscio della capanna, di là, sul poggetto,
quando aveva udito rumore, nel vallone, dove era il frutteto, un rumore come le
sue orecchie sole lo conoscevano, e la Bellina, una cagnaccia spelata e
macilenta che gli stava alle calcagna. Bacchiavano nel frutteto arance e altre
frutta; un fruscìo che non fa il vento; e poi ad intervalli silenzio, mentre
empivano i sacchi. Allora aveva preso lo schioppo d'accanto all'uscio della
capanna, quel vecchio schioppo a pietra con la canna lunga e i pezzi d'ottone
che aveva in mano. Quando si dice il destino! Perché quella era l'ultima notte
che doveva stare a Santa Margherita. S'era licenziato a Pasqua dal Canonico,
d'amore e di accordo, e l'1 settembre doveva andare dal padrone nuovo, in
quel di Vizzini. Giusto il giorno avanti s'era fatta la consegna di ogni cosa col
Canonico. Ed era l'ultimo di agosto: una notte buia e senza stelle. Bellina
andava avanti, col naso al vento, zitta, come l'aveva insegnata lui. Egli
camminava adagio adagio, levando i piedi alti nel fieno perché non si udisse il
fruscìo. E la cagna si voltava ad ogni dieci passi per vedere se la seguiva.
Quando furono al vallone, disse piano a Bellina: - Dietro! - E si mise al riparo di
un noce grosso. Poi diede la voce: - Ehi!...-Una voce, Dio liberi! - diceva il
Canonico - che faceva accapponar la pelle quando si udiva da Surfareddu, un
uomo che nella sua professione di camparo aveva fatto più di un omicidio. -
Allora - rispose Surfareddu - allora mi spararono addosso a bruciapelo - panf! -
Per fortuna che risposi al lampo della fucilata. Erano in tre, e udii gridare.
Andate a vedere nel frutteto, che il mio uomo dev'esserci rimasto.-

Ah! cos'hai fatto scellerato! - esclamava il Canonico, mentre le donne


strillavano fra di loro. - Ora verranno il giudice e gli sbirri, e mi lasci
nell'imbroglio!- Questo è il ringraziamento che mi fate, vossignoria? - rispose
brusco Surfareddu. - Se aspettavano a rubarvi sinché io me ne fossi andato dal
vostro servizio, era meglio anche per me, che non ci avrei avuto quest'altro che
dire con la giustizia.- Ora vattene ai Grilli, e di' al fattore che ti mando io.
Domani poi ci avrai il tuo bisogno. Ma che nessuno ti veda, per l'amor di Dio,
ora ch'è tempo di fichidindia, e la gente è tutta per quelle balze. Chissà quanto
mi costerà questa faccenda; che sarebbe stato meglio tu avessi chiuso gli
occhi.- Ah no, signor Canonico! Finché sto al vostro servizio, sfregi di questa
fatta non ne soffre Surfareddu! Loro lo sapevano che fino al 31 agosto il
custode del vostro podere ero io. Tanto peggio per loro! La mia polvere non la
butto via, no! -E se ne andò con lo schioppo in spalla e la Bellina dietro, ch'era
ancor buio. Nella casina di Santa Margherita non si chiuse più occhio quella
notte, pel timore dei ladri e il pensiero di quell'uomo steso a terra lì nel frutteto.
A giorno chiaro, quando cominciarono a vedersi dei viandanti sulla viottola
dirimpetto, nella Rocca, il Canonico, armato sino ai denti e con tutti i contadini
dietro, si arrischiò ad andare a vedere quel ch'era stato. Le donne strillavano:-
Non andate, vossignoria! -Ma appena fuori del cortile si trovarono fra i piedi
Luigino, che era sgattajolato fra la gente.- Portate via questo ragazzo - gridò lo
zio canonico. - No! voglio andare a vedere anche io! - strillava costui. E dopo,
finché visse, gli rimase impresso in mente lo spettacolo che aveva avuto sotto
gli occhi così piccolo.Era nel frutteto, fatti pochi passi, sotto un vecchio ulivo
malato, steso a terra, e col naso color fuligine dei moribondi. S'era trascinato
carponi su di un mucchio di sacchi vuoti ed era rimasto lì tutta la notte. I suoi
compagni nel fuggire s'erano portati via i sacchi pieni. Lì presso c'era un tratto
di terra smossa colle unghie e tutta nera di sangue.- Ah! signor canonico -
biascicò il moribondo. - Per quattro ulive m'hanno ammazzato! -Il canonico
diede l'assoluzione. Poscia, verso mezzogiorno, arrivò il Giudice con la forza, e
voleva prendersela col Canonico, e legarlo come un mascalzone. Per fortuna
che c'erano tutti i contadini e il fattore con la famiglia testimoni. Nondimeno il
Giudice si sfogò contro quel servo di Dio che era una specie di barone antico
per le prepotenze, e teneva al suo servizio degli uomini come Surfareddu per
campari, e faceva ammazzar la gente per quattro ulive. Voleva consegnato
l'assassino morto o vivo, e il Canonico giurava e spergiurava che non ne
capiva nulla.Tanto che un altro po' il Giudice lo dichiarava complice e
mandante, e lo faceva legare ugualmente dagli sbirri. Così gridavano e
andavano e venivano sotto gli aranci del frutteto, mentre il medico e il
cancelliere facevano il loro ufficio dinanzi al morto steso sui sacchi vuoti. Poi
misero la tavola all'ombra del frutteto, pel caldo che faceva, e le donne
indussero il signor Giudice a prendere un boccone perché cominciava a farsi
tardi. La fantesca si sbracciò: maccheroni, intingoli d'ogni sorta, e le signore
stesse si misero in quattro perché la tavola non sfigurasse in quell'occasione. Il
signor Giudice se ne leccò le dita. Dopo, il cancelliere rimosse un po' la
tovaglia da una punta, e stese in fretta dieci righe di verbale, con la firma dei
testimoni e ogni cosa, mentre il Giudice pigliava il caffè fatto apposta con la
macchina, e i contadini guardavano da lontano, mezzo nascosti fra gli aranci.
Infine il Canonico andò a prendere con le sue mani una bottiglia di moscadello
vecchio che avrebbe risuscitato un morto.Quell'altro intanto l'avevano
sotterrato alla meglio sotto il vecchio ulivo malato. Nell'andarsene il Giudice
gradì un fascio di fiori dalle signore, che fecero mettere nelle bisacce della
mula del cancelliere due bei panieri di frutta scelte; e il Canonico li
accompagnò sino al limite del podere.Il giorno dopo venne un messo del
Mandamento a dire che il signor Giudice avea persa nel frutteto la chiavetta
dell'orologio, e che la cercassero bene che doveva esserci di certo.- Datemi
due giorni di tempo, che la troveremo - fece rispondere il Canonico. E scrisse
subito ad un amico di Caltagirone perché gli comprasse una chiavetta
d'orologio. Una bella chiave d'oro che gli costò due onze, e la mandò al signor
Giudice dicendo:- È questa la chiavetta che ha smarrito il signor Giudice?- È
questa, sissignore - rispose lui: e il processo andò liscio per la sua strada,
tantoché sopravvenne il 60, e Surfareddu tornò a fare il camparo dopo l'indulto
di Garibaldi, sin che si fece ammazzare a sassate in una rissa con dei campari
per certa quistione di pascolo. E il Canonico, quando tornava a parlare di tutti i
casi di quella notte che gli aveva dato tanto da fare, diceva a proposito del
Giudice d'allora:- Fu un galantuomo! Perché invece di perdere la sola
chiavetta, avrebbe potuto farmi cercare anche l'orologio e la catena -.
Nel frutteto, sotto l'albero vecchio dove è sepolto il ladro delle ulive, vengono
cavoli grossi come teste di bambini.

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