Virgilio
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Virgilio
La vita
Non parla spesso di sé carattere schivo e riservato che tutti gli addossano.
Le notizie che abbiamo provengono da una serie di Vitae, come quella di Elio Donato, che riprese
informazioni date da Svetonio.
Nacque nella Gallia Cisalpina ad Andes nel 70 a.C. da una famiglia di proprietari terrieri, le proprietà erano
infatti acquisite dal padre tramite il matrimonio nelle quali aveva avviato un’apicoltura Virgilio conosce
così la vita agreste, il paesaggio padano, il ciclo delle stagioni che imprimerà nella sua memoria poetica.
Studiò a Cremona, Milano e infine a Roma dove studia retorica presso Epidio e dal greco Partenio di Nicea
(poesia alessandrina), nel frattempo Roma è nel caos causa crisi istituzionale e civile e Lucrezio e Catullo
erano appena morti. Lasciò Roma durante lo scontro Cesare- Pompeo per Napoli dove apprenderà la filo
epicurea e qui, in una vita appartata, apprenderà la massima ‘vivi nascosto’ che poi manterrà come stile di
vita.
Qui scrisse le Bucoliche (42-39 a.C.), grazie alle quali, una volta pubblicate, diviene celebre nel circolo di
Mecenate al quale presenterà pure Orazio. Tuttavia dato che nella prima ecloga allude all’esproprio di
terre mantovane per i veterani, può darsi che fosse tornato a difendere le proprie terre degli espropri: 1.
Potrebbe averli persi in un primo momento, ma poi averli riacquisiti grazie alla protezione di Ottaviano 2.
Potrebbe averli mantenuti in un primo momento grazie ad amicizie, ma poi averli persi e acquisito un ager
a Napoli come ricompensa. La Campania resterà dunque la sua dimora abituale, dove visse
successivamente appartato e all’oscuro di qualsiasi evento politico e non.
Dopodiché compone le Georgiche (37-30 a.C.) influenzato da Ottaviano e il circolo di Mecenate, che
dimostrano la dolce bellezza delle campagne e che negli ultimi due versi riprendono il poema delle
Bucoliche e l’immagine del pastore Titiro che disteso tra i campi suona il flauto. Successivamente partirà il
progetto dell’Eneide su cui lavorerà fino alla morte e che desta fin da subito molta curiosità. Quando
l’Eneide era quasi conclusa, si recò in Grecia per raccogliere info e durante il rientro fu colto da un malore
nel 19 a.C.
Epigrafe: “Mantova mi diede la vita, la Calabria me la tolse, ora mi tiene Napoli; cantai i campi, i pascoli
e gli eroi”; inoltre aveva ordinato prima della partenza per la Grecia di bruciare il poema non concluso se gli
fosse successo qualcosa, ma Augusto non lo permise.
La sua formazione è basata sui modelli neoterici e la poesia alessandrina ma anche sulla lettura del De
rerum natura e del Liber catulliano interesse per filosofia, scienze naturali, mate e astronomia.
Le Bucoliche
10 componimenti composti tra il 42 e il 39 a.C. (pubblicazione 38 a.C.) in esametri di argomento pastorale.
La II e la III comp. Sono le più antiche, la I e la IX intorno al 40-1 a.C., mentre il X dedicato a Cornelio Nepote
è il più recente. “Bucolica”: aggettivo pl. nt. che sottointende carmina intendendo dunque ‘canti pastorali’
da boukòlos ‘pastore’, riferendosi ai personaggi dell’opera anche detta “Eclogae” dai grammatici
posteriori e significa ‘breve componimento’/’estratto’, poiché vanno da 63 versi a 111 a ecloga. In
moltissimi punti dell’opera fa riferimento a Teocrito, esponente più alto della poesia neoterica, senza mai
nominarlo, citando Siracusa/Sicilia, sua terra natale, e ponendolo spesso come incipit omaggi formali:
10 ecloghe=10 idilli
Virgilio nella VI dice di essere colui che portò per la prima volta a Roma il tema bucolico, si ispirò dunque ad
opere greche: in primis Teocrito che scrisse gli Idilli, brevi componimenti pastorali, ma anche encomiastici,
erotici e mitologici tema bucolico, uno tra tanti per Teocrito, trattato con ironia per un pubblico
cosmopolita e raffinato, ciò che lasciò il segno fu proprio il contrasto tra tema umile–stile alto (Polifemo
mostruoso che prova sentimenti teneri/patetici. Tuttavia Teocrito non attecchì mai a Roma dove vigeva la
cultura dei neoteroi, come Catullo, ‘alla moda’, tuttavia Virgilio, data la sua origine e la sua volontà di
un’esistenza nascosta e mite, si sposava bene con tale tema. Tuttavia esclusivamente omaggi di forma (10
ecloghe), infatti stile non somigliante: no ironia e malizia, no aspetti realistici, ma più ideali e pensosi e
sentimentalmente partecipe con i personaggi.
Vita in dolce serenità in un’eterna pace, pastori fanno pascolare i greggi e suonano il proprio flauto e si
innamorano delle pastorelle paesaggio con tratti edenici, come sorgenti, fronde, crespucoli ma anche le
tradizionali divinità della poesia come le ninfe a cui i pastori offrono le proprie mercanzie. A differenza di
quelli teocritei sono paesaggi ideali misti siculi e mantovani, mentre i pastori sono definiti Arcadi pascolano
a riva di un fiume simile al Mincio realtà incrociate, sovrapposte e armonia affettiva e letteraria (Grecia
arcadica e sicilia teocritea), dimensione favolosa e utopica. Questa meraviglia è rotta da temi come la
confisca delle terre e la discordia civile, esempi dunque di pastori invasi dall’empia soldataglia sono:
- I Ecloga. Melibeo deve abbandonare la propria patria e terre in un esilio umiliante, mentre un
empio soldato avrà le sue terre. A lui si contrappone Titiro che conserverà le proprie grazie
all’intervento di un dio Ottaviano, figura di uno dei ‘salvatori’ illustrati nelle Bucoliche a cui
Virgilio affida la propria speranza (esempi Asinio Pollione, Alfeno Vano e Cornelio Gallo
contemporanei a lui).
Nella IV Ecloga invece annuncia la nascita di un puer (figlio del console?) miracoloso che inizierà l’età
dell’oro, ciò è mischiato a una visione messianica e doracolare. Due temi centrali sono l’amore, come
portatore di sofferenza (dementia e furor, insania amorosa nei miti alessandrini –VI- con Pasifae e nella X
Cornelio Gallo vaga per i monti tormentato dall’infedeltà dell’amata) e il canto, come portatore di serenità
che cura dall’amore e riavvicina alla natura l’uomo potere consolatorio.
Ispirazione massima è la poesia alessandrina per il tono suggestivo e patetico, anche il citare la poesia
stessa all’interno dell’opera è in perfetto stile alessandrino. Inoltre Virgilio lega l’opera tramite molti
parallelismi tra un’ecloga e l’altra ubbidendo al valore alessandrino della variatio: e. dispari drammatiche a
più voci, e. pari voce sola lirico-narrative negligenza alessandrini dei parallelismi nella II e VIII, per
rompere l’uniformità strutturale.
Parallelismi:
- lamento d’amore II, VIII
- gare poetiche botta e risposta tra poeti III, VII
Lingua e stile: umile e la Musa è detta tenuis per indicare il genere meno elevato rispetto al genere epico,
dunque tenue carattere raffigurato dalle humiles myricae riprese da Pascoli in seguito labor limae per
trovare sobrietà e semplicità di sintassi
Le Georgiche
Poema didascalico di 4 libri in esametri. Tra il 37-30 a.C. e letto ad Ottaviano nel 29 a.C.
Problematica del finale: opinione di Servio contestata -> I edizione finale con dedica a Cornelio Gallo,
governatore dell’Egitto sotto Augusto a cui dedica la X ecloga, che cadde poi in disgrazia e si suicidò ->
damnatio memoriae che porta Virgilio a sostituire la dedica con l’epillio di Aristeo in un’ultima edizione.
Divisione in quattro libri in diadi:
- I-II coltivazione di cereali, frutti e vite,
- III-IV allevamento bestie e api (cf. biografia).
Ogni libro autonomo, ma armoniosamente legati tramite anche simmetrie: I-III ampi poemi con finali
digressivi cupi (morte di Cesare e bestie), II-IV brevi poemi con finali lieti (celebrazioni campi e aristeo con
rigenerazione api) —> finale simmetrico aristeo e api - terribile storia Orfeo e Euridice.
Ispirazione: la maggiore Lucrezio per poesia pedagogica, impegno nei contenuti, similitudini e digressione
funzionali ad una struttura solida e didascalica —> tipica variatio ellenica; Esiodo per l’impegno etico ed
adesione completa al l’argomento, attenzione alle descrizioni naturalistiche—> vuole comporre un poema
in latino di tipo ascreo. Ispirazione del titolo è Georgika di Nicandro, un ellenista con la predilizione per la
formalità più che l’aspetto didascalico e Virgilio ne prende ispirazione con binomio gran formalità-
argomento minuto; opere scientifiche come il De Agricoltura di Catone.
Destinatario dell’opera: fittizio il destinatario agricoltore, vero d. pubblico intellettuale —> non un manuale
(ne esistevano di più funzionali, semplici e accessibili), ma celebrazione del vivere agreste in un mondo in
crisi civilmente.
Dedicatario: Mecenate, ricordato nei passi proemiali di ogni libro ed esplicitamente ispiratore dell’opera;
Ottaviano = divus celebrato nei primi tre libri —> prima opera latina con divinizzazione di un uomo
(salvatore dalle barbarie, pacificatore, celebrato anche con le api con i suoi obiettivi fi collaborazione e
concordia, tuttavia evita il piano politico per dedicarsi all’etica di un piano ideale dunque che il lavoro nei
campi comporto equilibrio interiore e moralità, necessità e dovere dal divino —> lo spiega eziologicamente
con una digressione: Zeus decise dopo il torpore primitivo di mettere l’uomo fi fronte alla crudele natura e
dunque fatica, labor —> lavoro omnia vicit. Tutta la natura è partecipe di questa fatica (esempio la terra
ferita dal vomero; la morte per gli animali che come l’uomo sono governati e messi alla prova da passioni
come l’Eros
Agricoltura come luogo di giustizia e moralità, indipendenza economica, infatti la figura del contadino
fortunatus è fondamentale e sviluppato —> il vecchio di Corico, schiavo, trasforma il proprio
appezzamento in un bel giardino.
Api: modello divino di inconscia saggezza —> esenti da eros (riproduzione sessuata), fedeli a casa e leggi,
organizzazione comunitaria perfetta res publica, ape regina= monarchia e soluzione alle guerre civili
contemporanee.
Visione di concordia come un cosmo unitario —> dolori e piaceri comuni a tutti pure al mondo inanimato
Lingua e stile: variatio sia nei temi che nello stile, ma anche in microparti non solo nel generale. Narrazione
guidata dallo scorrere dei sentimenti che coinvolge una visione cosmica unitaria
Le lodi d’Italia. Georgiche. II 136-176
IV Ecloga.
Sicelides Musae, paulo maiora canamus.
non omnis arbusta iuvant humilesque myricae;
si canimus silvas, silvae sint consule dignae.
Ultima Cumaei venit iam carminis aetas;
magnus ab integro saeclorum nascitur ordo.
iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna,
iam nova progenies caelo demittitur alto.
tu modo nascenti puero, quo ferrea primum
desinet ac toto surget gens aurea mundo,
casta fave Lucina; tuus iam regnat Apollo.
Teque adeo decus hoc aevi, te consule, inibit,
Pollio, et incipient magni procedere menses;
te duce, si qua manent sceleris vestigia nostri,
inrita perpetua solvent formidine terras.
ille deum vitam accipiet divisque videbit
permixtos heroas et ipse videbitur illis
pacatumque reget patriis virtutibus orbem.
At tibi prima, puer, nullo munuscula cultu
errantis hederas passim cum baccare tellus
mixtaque ridenti colocasia fundet acantho.
ipsae lacte domum referent distenta capellae
ubera nec magnos metuent armenta leones;
ipsa tibi blandos fundent cunabula flores.
occidet et serpens et fallax herba veneni
occidet; Assyrium vulgo nascetur amomum.
At simul heroum laudes et facta parentis
iam legere et quae sit poteris cognoscere virtus,
molli paulatim flavescet campus arista
incultisque rubens pendebit sentibus uva
et durae quercus sudabunt roscida mella.
Pauca tamen suberunt priscae vestigia fraudis,
quae temptare Thetin ratibus, quae cingere muris
oppida, quae iubeant telluri infindere sulcos.
alter erit tum Tiphys et altera quae vehat Argo
delectos heroas; erunt etiam altera bella
atque iterum ad Troiam magnus mittetur Achilles.
Hinc, ubi iam firmata virum te fecerit aetas,
cedet et ipse mari vector nec nautica pinus
mutabit merces; omnis feret omnia tellus.
non rastros patietur humus, non vinea falcem,
robustus quoque iam tauris iuga solvet arator;
nec varios discet mentiri lana colores,
ipse sed in pratis aries iam suave rubenti
murice, iam croceo mutabit vellera luto,
sponte sua sandyx pascentis vestiet agnos.
'Talia saecla' suis dixerunt 'currite' fusis
concordes stabili fatorum numine Parcae.
Adgredere o magnos—aderit iam tempus—honores,
cara deum suboles, magnum Iovis incrementum.
aspice convexo nutantem pondere mundum,
terrasque tractusque maris caelumque profundum;
aspice, venturo laetantur ut omnia saeclo.
O mihi tum longae maneat pars ultima vitae,
spiritus et quantum sat erit tua dicere facta:
non me carminibus vincat nec Thracius Orpheus
nec Linus, huic mater quamvis atque huic pater adsit,
Orphei Calliopea, Lino formosus Apollo.
Pan etiam, Arcadia mecum si iudice certet,
Pan etiam Arcadia dicat se iudice victum.
Incipe, parve puer, risu cognoscere matrem;
matri longa decem tulerunt fastidia menses.
incipe, parve puer. qui non risere parenti,
nec deus hunc mensa dea nec dignata cubili est.