Pirandello Liam
Pirandello Liam
Pirandello Liam
CONTESTO STORICO
● Tra il 1870 e il 1914 la produzione industriale conosce un tale sviluppo da
poter parlare di Seconda Rivoluzione Industriale, e la nuova situazione
economica cambia anche la politica che diventa più aggressiva, volta
all’Imperialismo.
● Strettamente legato al concetto di Imperialismo c’è anche quello della
superiorità della razza bianca, che, a sua volta, si lega all’idea di
Nazionalismo.
● L’urbanizzazione cresce a dismisura. Nelle città le industrie attirano
manodopera che forma la classe operaia; si diffonde l’istruzione obbligatoria
insieme a innovazioni tecnologiche come le automobili, la radio, il telefono. Da
un punto di vista artistico/culturale si affermano il cinema, il fumetto.
VITA PIRANDELLO
● 1867 Il 28 giugno nasce ad Agrigento da famiglia borghese benestante.
● 1891 Si laurea in glottologia a Bonn, quindi rientra in Italia e si stabilisce a
Roma, dove conosce Luigi Capuana.
● 1894 Sposa Maria Antonietta Portulano, dalla quale avrà tre figli.
● 1897 A partire da quest’anno, fino al 1922, insegna lingua e letteratura
italiana all’Istituto Superiore di Magistero di Roma.
● 1901 Esce il suo primo romanzo, L’esclusa, seguito l’anno successivo da Il
turno.
● 1903 La famiglia Pirandello subisce un tracollo finanziario, in seguito al quale
Maria Antonietta perde definitivamente l’equilibrio psichico.
● 1904 Pubblica Il fu Mattia Pascal.
● 1908-1913 Pirandello intensifica l’attività di scrittore per sostenere la famiglia
e le cure mediche della moglie. Pubblica i saggi Arte e scienza (1908) e
L’umorismo (1908), e i romanzi Suo marito (1911) e I vecchi e i giovani
(1913). Intanto nel 1910 ha inaugurato l’incontro con il teatro facendo adattare
per la rappresentazione due sue novelle: Lumìe di Sicilia e La morsa.
● 1915-1922 Dopo aver pubblicato il romanzo Si gira…, in questo intervallo di
tempo scrive e mette in scena le sue più importanti opere teatrali (Pensaci,
Giacomino!; Il berretto a sonagli; Così è (se vi pare); Il piacere dell’onestà; Sei
personaggi in cerca d’autore; Enrico IV).
● 1919 Inizia a lavorare all’imponente raccolta Novelle per un anno (che non
porterà a compimento).
● 1924 Aderisce al fascismo (è infatti tra i firmatari del Manifesto degli
intellettuali fascisti, promosso da Gentile), ma il suo rapporto critico e
contraddittorio con il regime lo porterà a distaccarsene progressivamente.
● 1925 Pubblica il suo ultimo romanzo, Uno, nessuno e centomila, e assume la
direzione del Teatro d’Arte a Roma, mettendo in scena in Italia e in Europa
molte opere proprie e di altri autori.
● 1934 È insignito del premio Nobel per la letteratura.
● 1936 Muore a Roma il 10 dicembre.
IL FLUSSO VITALE
Pirandello influenzato dal filosofo Bergson, pone a fondamento dell’esistenza una
forza vitale non riducibile ai fenomeni fisici e chimici. Ritiene che ciascun individuo si
sforzi in ogni modo per dare una “forma” coerente e unitaria alla propria personalità
e a quella degli altri, ma che questa forma sia solo un'illusione, una maschera sotto
la quale si nasconde la propria identità. Secondo lo scrittore noi crediamo di essere
‘uno’ per noi stessi e per tutti gli altri, mentre in rata siamo tanti individui diversi, a
seconda delle maschere che ci auto-imponiamo o che ci vengono attribuite dal
contesto sociale in cui viviamo (es: un individuo può crearsi di se stesso l’immagine
gratificante dell'onesto lavoratore e del buon padre di famiglia, mentre gli altri lo
vedono come un ambizioso senza scrupoli). I personaggi pirandelliani provano
solitudine e angoscia, soffrono perché non riescono a riconoscersi nei ruoli in cui la
societa li costringe. Questi ruoli vengono vissuti come una trappola per cui l’uomo
lotta per liberarsene. P. critica in modo negativo la società borghese in cui vive e la
vita stessa, che ritiene una costruzione che impone schemi rigidi e che imprigiona
l’uomo in un ruolo da cui si può liberare solo grazie all’immaginazione o alla follia.
Le due trappole che secondo P. imprigionano l’uomo sono la famiglia e il lavoro
monotono e frustrante. Molti personaggi pirandelliani sono definiti “forestieri della
vita” cioè come individui che hanno preso coscienza del carattere ingannevole dei
meccanismi sociali e per questo si isolano, limitandosi a guardare vivere gli altri.
IL RELATIVISMO CONOSCITIVO
Secondo Pirandello siccome l’uomo ha un suo modo soggettivo di interpretare le
cose, la verita non puo essere un fatto oggettivo e dunque non può esistere una
prospettiva privilegiata da cui osservare la realtà. Inoltre l'autore crede che non sia
possibile una vera comunicazione tra gli uomini, perché ognuno fa riferimento alla
realtà com'è per lui e non sa, né può sapere, come sia per gli altri: tale
incomunicabilità accresce il senso di solitudine degli individui e mette in crisi i
rapporti sociali. Con queste teorie Pirandello si colloca pienamente nel clima
culturale novecentesco, che è caratterizzato, a differenza di ciò che avveniva
nell'epoca del Positivismo, dalla crisi di ogni certezza.
LA POETICA - L’UMORISMO
Nel 1908 Pirandello pubblica il saggio L'umorismo, fondamentale per capire la sua
concezione dell'arte e la sua poetica. In questo testo egli mostra la differenza tra
l'«avvertimento del contrario» (il «comico») e il «sentimento del contrario»
(l'umoristico»). Per spiegare ciò Pirandello ricorre a un esempio: se vedo una
vecchia signora coi capelli tinti e truccata, avverto che è il contrario di ciò che una
vecchia signora dovrebbe essere. Questo «avvertimento del contrario» è il
comico. Ma se interviene la riflessione e suggerisce che quella signora soffre nel
conciarsi in quel modo con l'illusione di trattenere l'amore del marito più giovane, non
posso più soltanto ridere: dall'«avvertimento del contrario» passo al «sentimento
del contrario», cioè all'atteggiamento umoristico. Quest'ultimo spegne
immediatamente la risata attraverso la constatazione della miseria umana che c'è
dietro a ogni atto dell'uomo, anche se ridicolo. L'umorismo è quindi costituito dalla
mescolanza di tragico e comico, di riso e serietà, dalla visione di una realtà non più
ordinata e armonica ma frantumata e al limite dell'assurdo. Tale poetica si riflette in
tutta la produzione pirandelliana. È importante notare che questo modo di intendere
l'arte è alla base dei migliori risultati artistici, non solo in letteratura, di tutto il
Novecento.
TEMI
1. La vita come «flusso continuo»
2. La maschera che la società impone.
3. La dissoluzione dell’Io: l’identità individuale è relativa, perché dipende dallo
sguardo degli altri: ognuno di noi non ha un solo volto, ma centomila, perché
tutti lo vedono in modo differente, ciascuno a suo modo. Quindi non si può
arrivare a definire l’essenza di un individuo.
4. La rinuncia alle passioni, la sfiducia nella morale: insieme al soggetto
tradizionale vengono meno anche tutti i moti interiori, come le grandi passioni,
l’amore. Proprio l’amore è quello sognato in gioventù, spezzato dalla
lontananza o dalla morte, ne rimane solo il ricordo. Le convenzioni borghesi
appaiono solo una vuota formalità, come delle «parti» che ognuno è costretto
a recitare, senza alcuna reale convinzione. I grandi imperativi della morale
borghese (il culto del focolare domestico, le virtù dei padri, la fedeltà
coniugale, l’amor di patria, ecc.) sono solo obblighi che non si vorrebbero
avere.
5. Togliersi la maschera: il personaggio pirandelliano per eccellenza è colui che
ha capito il gioco e non riesce più a parteciparvi con la stessa passività di
prima. A volte prova a liberarsi da tutti i vincoli per arrivare all’essenza, ma
scopre dolorosamente che senza maschera è impossibile vivere. Gli
rimangono due alternative: continuare ad indossare la maschera in modo
critico, guardando con scetticismo il gioco delle parti o rifiutare qualsiasi
maschera e rimanere, quindi, senza identità individuale, in una condizione di
vita inconsapevole simile a quella
I ROMANZI
Ha scritto sette romanzi, molto diversi tra loro per impostazione e trama, Il fu Mattia
Pascal (1904) e Uno, nessuno e centomila (1926), sono accomunati dal fatto di
essere entrambi narrati in prima persona e di essere centrati sulle consuete vicende
del protagonista-narratore.
• In generale tutti i romanzi sono caratterizzati da due elementi:
1. La considerazione negativa dei rapporti e dei legami sociali. Qualsiasi forma
di aggregazione sociale, dalla famiglia alle istituzioni politiche, si traduce in
una macchina vessatoria, che schiaccia l’individuo e ne mortifica l’autenticità.
2. La crisi dell’identità individuale. Se le relazioni affettive e i ruoli sociali
costringono l’individuo ad una serie di compromessi e di finzioni, i protagonisti
pirandelliani scoprono prima o poi che dietro non c’è nulla, che non esiste
autenticità a cui poter aspirare; si arriva, quindi, alla crisi delle ambizioni e
delle passioni individuali, come l’amore, i legami affettivi, i progetti, le
vocazioni artistiche e lavorative, tutto appare vacuo e inconsistente.
IL FU MATTIA PASCAL
Il fu Mattia Pascal, pubblicato nel 1904, è il terzo romanzo di Pirandello e segna la
rottura definitiva con la narrazione naturalistica a favore della piena maturazione
della poetica dell’umorismo. Mattia Pascal, angustiato dal peso della vita familiare e
dal dissesto economico, grazie a una serie di circostanze, si fa credere morto e
assume un’altra identità. Con il nome di Adriano Meis inizia una nuova vita, ma
presto deve prendere atto delle insuperabili difficoltà che comporta la sua nuova
condizione, burocraticamente inesistente. Decide allora di riprendersi la sua vecchia
identità e fa ritorno a Miragno, sua città d’origine, dove scopre che sua moglie nel
frattempo si è risposata. Tagliato fuori da entrambe le realtà, non gli resta che vivere
nell’ombra.
ENRICO IV
E’ una tragedia in tre atti rappresentata nel 1922. In una villa in campagna, in
Umbria, trasformata in un finto castello medievale, un uomo vive da 20 anni come se
fosse l’imperatore Enrico IV di Sassonia. La sua pazzia, inizialmente vera, è simulata
ormai da anni. Dopo essere caduto da cavallo durante una festa mascherata e aver
creduto per 12 anni di essere il personaggio da cui era travestito, ossia Enrico IV,
all’improvviso guarisce. Capisce che il mondo era andato avanti anche senza di lui,
che la donna di cui era innamorato, Matilde, si era sposata ed era diventata l’amante
del suo antico rivale Belcredi, che aveva provocato la caduta da cavallo. Era meglio,
quindi, continuare a tenersi la maschera.
Matilde un giorno arriva al finto castello con la figlia, l’amante Belcredi e un medico
convinto di poter guarire Enrico IV. Egli fa indossare a tutti dei costumi medievali e
decide di far rivivere le immagini di due quadri, appesi alle pareti, che rappresentano
Enrico IV e Matilde di Toscana, costringendo la figlia di Matilde e Belcredi a vestirsi
come i personaggi dei quadri. In questo modo, il confronto tra le immagini giovani e
quelle invecchiate dei personaggi storici avrebbe dovuto aiutare Enrico ad uscire
dalla sua follia. Enrico, davanti a questa messa in scena, scosso dall’arrivo di
Matilde, rischia di perdere la ragione un’altra volta, rivela ai presenti la sua finta
pazzia, ma poi ricorre ad un gesto estremo: infilza con la spada il rivale Belcredi
uccidendolo e chiudendosi per sempre nella sua follia (anche perché altrimenti
sarebbe stato processato).