4886-Texto Del Artículo-14977-1-10-20200709
4886-Texto Del Artículo-14977-1-10-20200709
4886-Texto Del Artículo-14977-1-10-20200709
Nella
prima si dice cosa sia il cioccolato e quali qualità abbiano il cacao e gli altri
ingredienti. Nella seconda si tratta della qualità che risulta da tutti i suddetti
ingredienti. Nella terza si parla della maniera in cui si prepara <la
cioccolata>, dei diversi modi in cui si beve nelle Indie e di quale di questi
sia il più salutare. L’ultima parte, infine, tratta sia della quantità e del modo
in cui bisogna berla sia dei momenti opportuni e delle persone che ne
possono trarre giovamento 2
Con privilegio
MADRID
Francisco Martínez
1631
1 Lungo tutta la traduzione userò il termine “Cioccolato” al maschile per indicare il prodotto dolciario in forma solida e riserverò
il femminile “Cioccolata” per la bevanda (calda o fredda).
2 La traduzione italiana di Roma (1667) reca il seguente titolo: DELLA CIOCCOLATA/ DISCORSO/ diviso in quattro Parti/
D’ANTONIO COLMENERO/ LEDESMA/ Medico e Chirurgo della Città/ d’Ecija nell’Andaluzia/ Tradotto dalla Lingua
Spagnuola/ nell’Italiana, con aggiunta d’alcune Annotationi/ DA ALESSANDRO VITRIOLI (IN ROMA,/ Nella Stamparia
della R.C.A. 1667./ Con licenza de’ Superiori, e Privilegio.) (p.3).
Quella di Venezia (1678) reca invece un frontespizio molto più lungo: DELLA CIOCCOLATA. DISCORSO D’ANTONIO
COLMENERO Medico nell’Andaluzia - CONSACRATO All’Illustrissimo Signor GERVASIO GUGLIELMO DI GOLLEN,
Consigliere della Corte, e Segretario di Stato di sua Maestà Cesarea. / IN VENETIA, M. DC. LXXVIII. (Per il Valvasense.
Con Licenza de’ Sup.).(p.3). Questa traduzione, inoltre, alla p. 5 reca la seguente dedica: “Illustrissimo Signore. Marco la fronte
di questo libricciuolo col glorioso Nome di V.S. Illustriss. per pubblicarmele in faccia del Mondo quel servitore umilissimo,
che privatamente me le professo. E’ debito di giustizia, e di gratitudine notificare le obbligazioni di servitù, affinchè non
potendosi mai quest’estinguere, sia noto almeno il merito del creditore, che ne tragga per censo l’obbligo del più divoto affetto.
Chiunque ha avuto fortuna di conoscere V.S. Illustrissima, e di provare gli eccessi della sua gentilezza, è fatto debitore di mol-
(p.6:) to più di quanto egli gliene possa pagare. tale son io, che e per genio di reverentissimo ossequio, e per debito di
graziosissimi favori, non avendo con che effettuare il vivo desiderio di mostrarmele grato, ardisco umiliarle questa, piccola sì,
ma succosa raccolta, del Modo di comporre la Cioccolata. Supplico V.S. Illustrissima ad aggradire colla solita sua benignità
questa tenue oblazione, et in ciò a riguardare più tosto che l’offerta, la divozione dell’animo, colla quale mi protesto. Di V. S.
Illustriss./ Servitore divotiss. et obbligatiss. Felice Tamagnin. Infine, il titolo della traduzione di Bologna (1694) è invece breve:
“DELLA CIOCCOLATA. DISCORSO D’ ANTONIO COLMENERO MEDICO NELL’ANDALUZIA”.
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SOMMA DEL PRIVILEGIO
Al Dottor Antonio Colmenero de Ledesma, Medico e Chirurgo della città di Ecija, è concesso il privilegio
di pubblicare questo trattato sulla natura del cioccolato per un periodo di quattro anni, con la
proibizione, per qualsiasi altra persona, di stamparlo durante il suddetto periodo senza sua licenza,
come consta dal suddetto privilegio, firmato dal Re Nostro Signore e autenticato da Juan Las<s>o de la
Vega, suo segretario, a Madrid il 16 Ottobre del 1631.
Questo libro, intitolato Trattato del beneficio/giovamento che si trae dal Cioccolato, è stampato bene e
fedelmente rispetto al suo originale. Madrid 14 Ottobre del 1631.
Il Dottor Murcia de la Llana
Io sottoscritto, Dottor Melchor de Lara, Medico del Regno, ho visto questo Trattato sul Cioccolato,
composto dal Dottor Antonio Colmenero de Ledesma, per mandato del signor don Juan de Velasco y
Acevedo, Vicario generale di questa città di Madrid, trattato che è molto dotto e curioso, fatto per cui
gli dev’essere concessa licenza di stampa tanto più che esso non presenta cosa alcuna contro i buoni
costumi e deve risultare di grande diletto per gli appassionati del Cioccolato; e in fede (per essere verità)
l’ho firmato. Madrid 23 Agosto del 1631.
Dottor Melchor de Lara
Ha dato licenza il Signor Don Juan de Velasco y Acevedo, Vicario generale della città di Madrid e del
suo distretto, per quanto gli spetta, Madrid 25 Agosto del 1631.
――――――――――――
Io sottoscritto, Dottor Juan de Mena, medico del Re Nostro Signore e del Consiglio della Generale
Inquisizione, dichiaro di aver visto questo Trattato sul Cioccolato, composto dal Dottor Antonio
Colmenero de Ledesma, per mandato del Supremo Consiglio Reale di Giustizia. Esso non presenta cosa
alcuna contro i buoni costumi e la sua materia è trattata dottamente e con molta erudizione; così sarà di
grande diletto e divertente per gli appassionati del Cioccolato e bisogna concedergli licenza di stampa;
e in fede l’ho firmato il 17 Settembre del 1631.
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ALL’AFFEZIONATO LETTORE3
È così alto il numero di coloro che oggigiorno bevono la Cioccolata che questa bevanda è già
largamente consumata non solamente nelle Indie, ove ebbe la sua origine e il suo principio,
bensì anche in Spagna, in Italia e nelle Fiandre e in particolar modo4 a Corte. E molte sono le
persone che nutrono dubbi riguardo al danno o al giovamento che risulta dal suo uso5: alcune
dicono che essa è astringente6; altre, e sono la maggioranza, che le fa ingrassare; altre, ancora,
che il prenderla fortifica lo stomaco; altre che lo riscalda e infiamma; e altre, infine, che si
trovano bene con essa in tutti i momenti e perfino nei giorni canicolari7. E così mi è sembrato
bene intraprendere questo lavoro per l’utilità e il piacere comuni 8, ed ho cercato di renderlo
adatto al gusto di tutti, conformemente alla varietà degli ingredienti9 riportati, che vi si
possono mescolare, affinché ognuno scelga ciò che più conviene ai suoi malanni10. Non ho
trovato nessuno che abbia scritto su questa bevanda ad eccezione di un Medico di Marchena11,
il quale deve averlo fatto soltanto per relazione altrui12 poichè ha giudicato il Cioccolato
astringente 13 dato che il Cacao, di cui esso si compone, è freddo e secco 14. E perché questa sola
ragione non sia sufficiente ad impedire il suo uso a certe persone che sono stitiche 15 e affinché
si sappia trarre profitto sia dal modo di preparare la sua pasta, che può essere diverso a
seconda di come conviene ai differenti soggetti, sia dal suo uso moderato, mi è sembrato a
proposito difendere questa confezione16 con ragioni filosofiche contro chiunque condannerà
questa bevanda così sana e così buona17. E così, facendo le dovute distinzioni e con la maggior
3 L’ediz. di Roma riporta il seguente incipit (p.3): “DELLA CIOCCOLATA. Prefattione./ Che contiene il soggetto, e la
Divisione di questo Discorso”. Lo stesso si riscontra nell’ediz. di Venezia che offre però la variante: “Prefatione” con una sola
/t/ (p.7). L’ed. di Bologna riporta: “ PREFATIONE Che contiene il soggetto, e la Divisione di questo Discorso”, senza la
ripetizione del titolo (p.3).
4 Si riferisce alla Corte del Re di Spagna. La traduzione francese, infatti, riporta: “et particulièrement en la Cour du Roy
d’Espagne” (p.76). Ugualmente le tre traduzioni italiane: “e particolarmente nella Corte del Re di Spagna” ( Roma e Bologna
alla p.3; Venezia alla p.7).
5 L’ed. Roma traduce: “Varie sono l’opinioni intorno all’utile o danno che ella apporta.” (p.3).
6 L’edizione di Bologna traduce “oppila” come nell’originale (p.3). Così anche le edd. di Roma e Venezia: “Alcuni dicono che
edd. di Roma e Venetia: “Che però stimo bene di prendermi questo assunto ad utilità e contentamento comune” (pp. 4 e 8)
9 Letteralmente “cose”.
10 Leggono le edd. di Roma e Venetia: “E son per dare un componimento di Cioccolata che sia a gusto di tutto il mondo,
secondo la varietà degl’ingredienti che vi si possono mettere: affinchè ognuno elegga quello che troverà più a proposito per le
sue indispositioni.” (pp. 4 e 8).
11 Nella traduzione francese si aggiunge:”bourg de l’Andaluzie” (p.77) e si introduce il suo dialogo (op.cit.) alla fine del trattato.
Lo stesso avviene nelle edizioni italiane nelle quali, però, non viene introdotto il dialogo: “Borgo dell’Andaluzia” (Roma, p.4;
Venezia, p.8; Bologna, pp.3-4).
12 “por relación”, trad. francese:”par relation”. Covarrubias: “actus referendi”. Le edd. italiane: “per relatione altrui”.
13 Tutte le edd. italiane: “poichè egli stimò esser la Cioccolata oppilativa stante che il Cacao, di cui ella si compone, è freddo
maravillosos de las Indias, dedicata all’” Illustrissimo (sic) Señor Don Luis de Velasco, Virrey d’esta Nueva España”, stampata
a Città del Messico (“En casa de Pedro Ocharte”) nel 1591 e composta dal “Doctor Juan de Cárdenas, Médico”, opera questa
che segue di tutto punto il filo del ragionamento di Colmenero de Ledesma e che giunge alle sue stesse conclusioni.
15 La traduzione di Roma interpreta il “porque” spagnolo come causale: “ E benchè questa ragione non sia sufficiente ad
impedire il suo uso a certe persone che patiscono di ostruttione;...) (p.5). Mi sembra invece più appropriato attribuire a questa
congiunzione un uso finale (contemplato nel D.R.A.E.) così come fanno anche le traduzioni francese (“Et afin que cette raison
ne soit pas suffisante d’empescher son usage à certaines personnes qui ont des obstructions:...;p.77) e latina (“Quae quidem
ratio cum nihil ponderis habeat, ut absterreantur illi, qui hoc fatigantur morbo, ac si illius potione uti nequirent;... Norimberga,
1644, f.B2).
16 Medicamento composto di vari ingredienti. Le edd. italiane leggono: “compositione” (Roma, p.5; Venezia, p.8; Bologna,
p.4).
17 L’intero passaggio viene così tradotto nelle edd. di Roma e Venezia: “ mi è paruto non esser fuor di proposito il difendere
questa compositione con ragioni filosofiche contro tutti quelli che vorranno condannnare una bevanda sì buona e sì salubre:
affinchè la persona sappia servirsi di un modo di fare questa pasta secondo li diversi soggetti et occasioni nelle quali ella è utile
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brevità possibile 18, dividerò questo trattato in quattro parti. Nella prima, spiego19 cosa sia il
Cioccolato e quali siano le qualità del Cacao e degli altri ingredienti di questa confezione. In
questa parte riporterò la ricetta del suddetto Autore di Marchena e dirò ciò che ne penso. Nella
seconda parte, tratto20 invece della qualità che risulta dalla mescolanza21 dei semplici di cui è
formata detta confezione. Nella terza, parlo del “modus faciendi” 22 e delle diverse maniere in
cui viene bevuta nelle Indie. Nella quarta ed ultima parte, tratto della quantità che bisogna
prenderne, del come si deve bere, dei momenti più opportuni per farlo e delle persone che
devono servirsene23.
e profittevole; e secondo la moderatione che a ciascuno nel suo uso fà di mestiere.” (Roma, p.5; Venezia, pp.8-9).
18 Le tre traduzioni italiane:Ediz.Bologna: “Laonde, con la distintione e brevità possibile...” (Roma, p5; Venezia, p.9;
Bologna,p.4).
19 Le edd. di Roma e Venezia usano un futuro: “...esplicherò che cosa è la Cioccolata...” (Roma, p.5; Venezia, p.9) mentre la
traduzione francese segue l’originale spagnolo e usa il presente: “...j’ explique...” (p.78).
20 Di nuovo un futuro nelle edd. di Roma e Venezia: “...tratterò...” (pp. 6 e 9 rispettivamente). “...je traicte...”, invece, in quella
ultima, parlerò della quantità che bisogna prenderne, come bisogna servirsene, in che tempo, et in che occasione” (Roma, p.6;
Venezia, pp.9-10; Bologna, p.4).
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PARTE PRIMA
Riguardo alla prima parte, dico che Cioccolato 24 è un nome indio e che nel nostro volgare
castigliano così possiamo chiamare una certa confezione nella quale, tra gli altri ingredienti,
viene messo25, come base principale e fondamentale, il Cacao, la cui natura e qualità è
necessario trattare per prima. E così dico, com’è comune opinione, che il Cacao è in prevalenza
freddo e secco. 26 Tuttavia, bisogna sapere che, sebbene sia verità che ogni semplice 27 ha in sé
le quattro qualità degli elementi, dall’azione e reazione che queste hanno fra loro, risulta
un’altra qualità diversa che chiamiamo complessione 28.
24 Il traduttore francese, sempre tra parentesi, inserisce qui, come in altri punti della sua traduzione, dei lunghi passaggi
esplicativi che riporto in nota. In questo caso, il passaggio si riferisce all’origine del Cioccolato: “ (CHOCOLATE, ou
CHOCOLLATL, est un mot Indien qui se prend pour une certaine pâte ou mixtion faicte de plusieurs simples et ingrédiens de
laquelle on prend certaine portion pour dilayer avec de l’eau commune ou avec quelque autre liqueur pour servir de breuvage.
Ce breuvage ici n’est pas commun à tous les Indiens, mais seulement à ceux qui habitent l’Amerique Septentrionale, et
nommément aux habitans de la nouvelle Espagne où croist le Cacao en abondance lequel sert de base en cette composition. Il
est particulièrement usité en la Méxique, d’où on l’a transporté en Europe aux lieux qui ont grand commerce et intelligence
avec les Méxicains, et c’est-là où nôtre Autheur l’a practiqué et veu practiquer ci après)” (pp.80-81). (Nella trascrizine delle
traduzioni seicentesche italiane e francese ometto, per ragioni di comodità di scrittura su computer, i segni paleografici che si
trovano sopra le lettere).
25 Letteralmente: ”entra”; così traducono infatti le edd. italiane di Roma, Venezia e Bologna. Ecco il relativo paragrafo: “ In
quanto alla prima Parte, dico che la Cioccolata è un nome Indiano che volgarmente può significare certa confettione nella quale,
oltre gli altri semplici et ingredienti entra, per base principale e fondamento, il Cacao: della natura e facoltà del quale è
necessario, prima d’ogn’altra cosa, discorrere.” (rispettivamente alle pp. 7, 11e 5).
26 Il paragrafo esplicativo del traduttore francese è in questo caso effettivamente molto lungo: [Nôtre Autheur a dit si peu de
choses de l’arbre qui porte le Cacao, que nous sommes obligez de suppléer à son défaut et de donner la description que du Laët
en son histoire Occidentale livre 7. chap.2. a tirée de François Ximenez en son livre de la Nature des Plantes et animaux de la
nouvelle Espagne, oeuvre très curieux mais très rare, qui a esté imprimé à México. L’arbre du Cacao appellé Cucahuaguahuitl,
est (dit-il) de la grandeur et mêmes feüilles que l’orenger, mais plus grandes; (Herrera les compare à celles du chastaigner) son
fruit est long et semblable au melon ou pepon, mais il est rayé, canelé et roux, lequel se nomme Cacahuacintli plein de noix
appellés Cacao qui sont plus petites qùune amande, mais plus compactes et de bonne saveur: les noix sont divisées en deux
parties égales bien iointes et serrées ensemble. Elles sont d’une tendre nourriture, d’une saveur moyenne entre doux et amer,
d’un tempérament un peu froid et humide. Il se trouve quatre espèces de cet arbre: la première est appellée Cacahuaguahuitl
qui est la plus grande de toutes et porte grande quantité de fruicts: la seconde est de même nom, de moyenne grandeur portant
les feüilles et les fruicts beaucoup plus petits: la troisième est appellée Xuchicacahuaguahuitl: encore plus petite, les fruicts de
laquelle sont plus rouges au dehors, au dedans du tout semblables aux autres; la quatrième est la plus petite de toutes, par ainsi
elle est dite Tlalcahuaguahuitl, c’est à dire, petit ou bas arbre de Cacao, laquelle porte un fruict plus petit que tous les autres,
combien qù il n’en diffère en rien quand à la couleur; or tous ces fruicts sont de mêmes qualitez et ont même usage, encore
qùon se serve du dernier, principalement en breuvage, les autres sont plus propres à trafiquer. Au reste on a accoûtumé de
planter auprès des arbres qui portent le Cacao un autre arbre qùils nomment Atlynam, afin qù il l’ombrage et le défende des
ardeurs et rayons du soleil, car il n’est utile à aucune autre chose. Il faut voir ce qui en écrit dans le second livre de l’Amerique
Imprimé à Francfort l’an 1602, livre 4. ch.22. et dans les Paralipomens pag.99. dans Ioseph à Costa(sic) livre 4. de l’Histoire
générale des Indes chap.22. dans Jean Eusèbe de Nuremberg en son Histoire Naturelle livre 15. chap.22. et dans Clusius, livre
2. des choses Estrangères chap. 28]. (pp.81-84). Malgrado le numerose citazioni che riporta, il traduttore francese non fa
menzione della Historia general y natural de las Indias di Gonzalo Fernández de Oviedo il quale, già nel XVI secolo, aveva
scritto un intero capitolo - il XXX del Tomo I - sull’albero del cacao e le proprietà dei suoi frutti, così intitolato:: “ Del árbol
llamado cacao, e algunos le llaman cacaguate, e su fructa e bebraje e aceite. E cómo su fructa, en algunas partes, sirve por
moneda, e se hallan por ella todas las cosas que entre los indios se tractan, e otras particularidades d’estos árboles”. Le edd.
italiane leggono: “ Dico, dunque, con la comune opinione di tutto il Mondo, che il Cacao è freddo e secco secondo l’eccesso
delle sue qualità.” (Roma, p.7; Venezia, p.11; Bologna, p.5).
27 Le edd. italiane e quella francese traducono questa proposizione con una concessiva: “...quantunque sia vero che ogni
medicamento, per semplice ch’egli sia...” (Roma, p.7; Venezia, p.11; Bologna, p.5); il traduttore francese:”...qùencore qùil soit
vray que tout médicament pour simple qùil soit...” (p.84). A mio avviso, invece, il termine simple (tanto più se preceduto, come
in questo caso, dall’agg. indefinito “qualquiera”) significa “semplice”, ossia erba medica. María Moliner: “(n.). Se aplica a las
substancias que, por sí solas o entrando en la composición de otras, se emplean en farmacia: ‘El conocimiento de los simples’.”.
Covarrubias:”...Simple medicina y curar con simples, es curar con yervas, sin que aya admistión de una droga con otra...”.
Viene da dubitare, già a questo punto, che le traduzioni italiane si siano basate più sulla traduzione francese che sull’originale
spagnolo.
28 Il traduttore francese dice:”...que nous appellons Compléxion ou Tempérament”. Ugualmente le edd. italiane: “...la quale noi
chiamiamo complessione o temperamento” (Roma, p.8; Venezia, p.12; Bologna, p.5), sebbene nell’originale spagnolo non
compaia il secondo termine che in realtà è un sinonimo del primo. Il Covarrubias, infatti, alla voce Complesión, dice:
“Comúnmente se toma por el temperamento de humores que cada uno tiene, de donde resulta ser de buena complexión o
delicada, frágil y enfermiza. Díxose del nombre latino complexio, copulatio seu adhesio, a verbo complector, por abraçar, unir
y juntar. Bien acomplisionado y mal acomplisionado”.
241
Questa qualità o complessione, che risulta da tale mescolanza, non sempre è una sola né
rimane di uno stesso genere in tutti i composti, bensì può variare in nove modi diversi: quattro
semplici, in cui una sola qualità rimane esuberante 29; quattro composti, in cui rimangono
predominanti due qualità le quali, tuttavia, si accordano tra di loro e vengono perciò dette
simbolizzanti; e, infine, un nono modo, chiamato “ad pondus”30, che si verifica quando tutte
le suddette qualità rimangono in equilibrio, ossia in ugual misura e grado. La complessione
del Cacao fa parte di quelli composti poichè da essa risultano due qualità, che sono la
freddezza e la secchezza, le quali rendono la sostanza in cui si amalgamano astringente e
occlusiva, alla stessa stregua dell’elemento della terra 31. Tuttavia, siccome il Cacao non è un
elemento semplice bensì composto, necessariamente deve possedere parti corrispondenti ai
restanti elementi, e, in particolare, ne ha, e non poche, che corrispondono all’elemento dell’a-
ria, ossia il calore e l’umidità. Queste qualità si trovano unite nelle parti burrose 32, visto che
dal Cacao si ricava una gran quantità di burro33 adoperato per il viso, come affermo di aver
visto fare nelle Indie dalle Creole34.
<A quest’affermazione> si può obiettare filosoficamente nel seguente modo35: due
qualità contrarie e dissimili non possono trovarsi in grado intenso in uno stesso soggetto;
perciò, essendo il Cacao a predominanza fredda e secca, in esso non possono trovarsi le qualità
contrarie a queste, che sono il calore e l’umidità 36. La prima proposizione è verissima ed
assodata37 dalla buona filosofia. La seconda è già riconosciuta da tutti. La terza, ossia la con-
clusione, è legittima.
Non si può negare che l’argomento è molto forte e che tali ragioni, essendo state consi-
derate dal medico di Marchena, devono averlo indotto ad affermare che il Cioccolato è
occlusivo 38 poichè dev’essergli sembrato contro ogni Filosofia trovare in esso calore e umidità
in grado intenso, essendo presenti in questo grado freddezza e secchezza.
Tuttavia, a questa obiezione si possono dare due risposte. La prima consiste nel
sottolineare la poca esperienza che il suddetto medico di Marchena aveva nel vedere estrarre
il burro 39; inoltre, quando si prepara il Cioccolato senza aggiungere niente alla polvere
29 Il traduttore francese dice: “qui ont une seule qualité supérieure”. Anche in questo caso, rilevo il fatto che le traduzioni
italiane usino lo stesso termine di quella francese piuttosto che quello dell’originale spagnolo: “...che hanno una sola qualità
superiore...” (Roma, p.8; Venezia, p.12; Bologna, p.5).
30 Anche qui le edd. italiane seguono la traduzione francese: “une neuvième que les Philosophes appellent ad pondus, comme
qui diroit tempérament de poids...”(p.85)./ “una nona che li Filosofi chiamano ad pondus, come chi dicesse temperamento a
peso:...” (Roma, p.8; Venezia, p.12; Bologna, p.6).
31 Le traduzioni italiane leggono: “La complessione e temperamento del Cacao è di quelli che sono composti poichè egli ha
due qualità, cioè il freddo, et il secco superiori e predominanti; le quali qualità divengono, né corpi dove si trovano, astringenti,
oppilative, e fanno delle ostruttioni in quella guisa che fa l’elemento della terra” (Roma, pp. 8-9; Venezia, pp.12-13; Bologna,
pp.6-7).
32 Le edd. italiane traducono butirosas con: “grassose”.
33 Ed. Bologna: “grasso”. idem Venezia (p13).
34 Le edd. italiane: “...come io ho veduto praticare all’Indie per le donne spagnuole che sono nate in quei paesi.” (Roma, p 9;
Venezia, p.13; Bologna, p.7). Esattamente come nella traduzione francese: “...comme j’ay veu pratiquer aux Indes par les
femmes espagnoles qui sont nées en ce païs-là”, solo che il traduttore francese aggiunge tra parentesi: “(Les Espagnols les
appellent Criollas)”. (p.86).
35 Le edd. italiane, calcando quella francese (“Surqoy on peut faire cette obiection tirée de la Philosophie...”(p.87)): “ Sopra di
che si può formare quest’obbiettione cavata dalla filosofia” (Roma, p.9; Venezia, p.13; Bologna, p.7).
36 Ed. Bologna: “ Due qualità contrarie e discordanti non si possono trovare in un grado superiore nel medesimo corpo. Ma il
Cacao ha il freddo e secco in un grado superiore; adunque il Cacao non può havere il caldo e l’humido in grado superiore:
sono contrarij al freddo e secco” (Roma, p.10; Venezia, pp. 13-14; Bologna, pp.7-8). Inutile riportare il corrispondente
passaggio del traduttore francese poiché anche in questo caso è chiaramente servito da base al traduttore italiano.
37 L’ “assentada en buena Filosofia” dell’originale (p.2) viene tradotta in francese: “receuë en bonne Philosophie” (p.87) e in
beurre” (p88). Quelle italiane: “ L’una la poca cognitione che questo Medico haveva del Cacao, da cui egli non haveva mai
veduto cavare il grasso” (Roma, p.11; Venezia, p.14; Bologna, p.8).
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tostata40, la quale viene solamente pestata quanto basta, questa si amalgama e diventa una
pasta, segno del fatto che nel Cacao c’è qualcosa di succoso e appiccicoso 41 che
necessariamente corrisponde all’elemento dell’aria.
L’altra ragione verrà presa da fonti filosofiche per cui diremo che nel Cacao sono
presenti diverse sostanze, alcune delle quali, ossia quelle non tanto crasse (dense), contengono
più quantità di elementi “burrosi” che di terrestri; mentre nelle parti crasse (dense) c’è più
quantità di elementi terrestri che di oleosi o burrosi. In queste predominano calore e umidità;
in quelle freddezza e secchezza42.
Malgrado ciò, sembra difficile credere che in una stessa sostanza, e così piccola come il
Cacao, possano essere presenti queste diverse sostanze. Ma perché ciò sembri più facile, vero,
chiaro ed evidente poniamo in primo luogo l’esempio del Rabarbaro, il quale possiede sia parti
calde e purgative, sia parti astringenti, fredde e secche che hanno la virtù di fortificare, astrin-
gere e arrestare il flusso del ventre. Alla stessa stregua, dico che l’acciaio, quando lo si vede e
considera di natura così terrestre, pesante, densa, fredda e secca, sembrerebbe inadatto ad
impedire le ostruzioni e, anzi, piuttosto idoneo ad aumentarle: e, invece, esso viene dato come
loro unico rimedio 43. Quest’errore viene risolto quando si considera che, sebbene sia vero che
esso possiede molte parti terrestri 44, ne ha anche di sulfuree e di mercurio 45, per mezzo delle
quali apre ed elimina le ostruzioni. <Naturalmente> ciò non avviene senza l’intervento dell’
artificio e della preparazione46. Infatti, visto che esso viene pestato, triturato e preparato in
modo così sottile, le sue parti sulfuree e mercuriali, essendo così attive, sottili e incisive,
vengono infine a mescolarsi con quelle terrestri e astringenti di modo che, essendo così
(intimamente) mescolate le une con le altre, non si può più dire che l’acciaio sia astringente ma
piuttosto incisivo, attenuante e disoppilativo.
Verifichiamo ora questa tesi per mezzo delle Autorità. E che la prima sia di Galeno, il
quale nel Libro 3 delle Proprietà dei Medicamenti semplici, cap. 14, all’inizio, ci insegna che
quasi tutti i medicamenti che a prima vista 47 sembrano semplici sono invece composti per
natura e, perciò, possiedono in sé qualità contrarie come quelle di espellere e ritenere, di
ispessire ed assottigliare o, ancora, di rarefare e condensare. Questo fatto non deve causare
meraviglia, visto che ognuno dei medicamenti citati ha insieme la virtù di scaldare e
raffreddare, di umidificare e di disseccare e in tutti si trovano parti sottili e crasse, tenui e
pesante, densa, fredda e secca, la persona giudicherà che egli non è altrimente a proposito per toglier l’ostrutioni, ma più tosto,
al contrario, è atto ad aumentarle; e nulladimeno li Medici l’ordinano tutto giorno come sovrano rimedio di quelle” (Roma,
p.12; Venezia, p.16; Bologna,p.10). Anche per questo passaggio la traduzione italiana si avvale del testo francese: “
Pareillement à voir et à considérer l’Acier qui est d’ une substance terrestre, pesante, dense, froide et seiche, on jugeroit qùil
n’est aucunement propre à ôter les obstructions, au contraire qùil est propre à les augmenter: et neantmoins on l’ordonne tous
les jours comme leur souverain remède” (p.90).
44 La traduzione francese e, di conseguenza, quella italiana aggiungono entrambe un aggettivo: “il y a plusieurs parties terrestres
et grossières” (p.90); “vi sono molte parti terrestri e grosse” (Roma, p.13).
45 Dice Cárdenas a proposito del mercurio: “si el azogue es frío, cómo puede purgar essos humores por sudor y por vómito y
cámara? Respondo que esta ha sido la causa de aver errado los auctores, llamando al azogue caliente, por no saber como siendo
frío el azogue, purga los humores [...]. Como el azogue es compuesto de sutiles y penetrativas partes, al tiempo que lo
refregamos por las coyunturas y partes del cuerpo, penetra con gran velocidad por toda la substancia de nuestros miembros,
hasta los propios huessos, puesto ya y derramado este veneno del azogue por todos nuestros miembros, como de suyo es mortal
y enemigo de nuestra naturaleza, despierta, e incita a la virtud expulsiva de nuestros miembros” (op.cit., pp.104-105).
46 Seguo qui la traduzione francese:”Il est vray que cecy ne paroist point que moyennant l’artifice et la préparation qùon y
apporte;” (p.91). Le edd. italiane: “ E’ vero che questo non comparisce se non mediante l’artifitio e preparatione che vi si fa”
(Roma, p.13; Venezia, p. 16; Bologna,p.10). Il Covarrubias, alla voce “artificio”, dice: “La compostura de alguna cosa o
fingimiento”.
47 La trad. francese legge: “aux sens exterieurs” (p.92). Di nuovo allo stesso modo traducono le edd. italiane: “alli sensi
243
dense, molli e dure. E nel successivo cap. 15 del medesimo libro, egli riporta l’esempio del
pollo 48, il cui brodo rilascia l’intestino mentre la sua carne ha la virtù di trattenere il flusso;
nonché quello dell’aloe che, se lavato, perde la sua virtù purgativa o gliene rimane una
debole 49.
Orbene, che queste differenze di virtù e proprietà si trovino in diverse sostanze o parti
dei medicamenti, viene dimostrato da Galeno nel Libro I dei Medicamenti semplici, cap.17,
quando riporta l’esempio del latte, alimento nel quale si trovano e si possono separare tre
sostanze, e cioè: la sostanza del formaggio, che ha la proprietà di astringere50 e trattenere il
flusso del ventre; la sostanza del siero, che è purgativa; <e il burro, 51 che è nutriente,> come
consta nel cap. 15 del Libro terzo delle Proprietà degli Alimenti dello stesso Galeno. La stessa
cosa si riscontra nel mosto52, in cui parimenti si separano tre sostanze diverse, e cioè: la
sostanza di terra, che è la posatura53; la sostanza sottile, che è il fiore chiamato spuma; e
un’altra sostanza, che propriamente chiamiamo vino. Ognuna di queste sostanze possiede
diverse qualità e virtù per quanto concerne il colore, il sapore e altri accidenti.
Aristotele, nel cap. I del Libro 4 delle Meteore, trattando della putrefazione, vi trovò le
medesime sostanze, come i più curiosi potranno vedere nel successivo capitolo secondo dello
stesso autore. Cosicché, secondo le dottrine di Galeno e Aristotele, in ciascuna parte del
composto vi sono diverse sostanze in una stessa quantità e forma, teoria, questa, grandemente
conforme alla ragione, se consideriamo che da qualsiasi alimento, per quanto semplice possa
essere, vengono prodotti e generati nel fegato quattro umori, non solamente diversi nel
temperamento, ma anche nella sostanza; e, inoltre, che si genera questo o quell’umore, in
maggiore o minore quantità, a seconda che tale alimento possieda più o meno parti
corrispondenti alla sostanza dell’umore che si produrrà in quantità maggiore54; e così, durante
le malattie fredde, prescriviamo alimenti caldi e durante quelle calde, alimenti freddi.
Da questi esempi così lampanti, e da molti altri che si potrebbero addurre a questo
proposito, si evince che quando il Cacao viene pestato e triturato, le parti diverse dategli dalla
natura in quantità diversa55, vengono mescolate artificialmente ma intimamente le une con le
altre. Così le parti burrose, calde e umide, mescolate con quelle terrestri 56, (come abbiamo visto
che succede per l’acciaio), reprimono queste ultime e le rendono meno astringenti di prima,
dando loro una mediocrità (moderazione) che s’inclina maggiormente verso il temperamento
caldo e umido dell’aria piuttosto che verso quello freddo e secco della terra. Questo si nota, in
particolar modo, quando del Cacao vogliamo fare una bevanda, poiché basta girarlo due volte
con il frullino 57 per far affiorare una spuma crassa a dimostrazione del fatto che esso possiede
molte parti burrose.
48 Di nuovo la traduzione italiana segue quella francese: “d’ un viel coq dont le boüillon lâche le ventre et la chair resserre”
(p.92). Edd. italiane: “del brodo di un gallo vecchio, che rilassa il ventre; e la carne lo ristringe...”(Roma, p.14; Venezia, p.18;
Bologna, p.12).
49 Le edd. italiane: “restando molto fiacco” (ibidem).
50 L’edizione francese traduce “sistir” con “resserre” (p.93). Lo stesso le edd. italiane: “serra e ferma il flusso del ventre”(Roma,
sebbene la parola, posta all’inizio di riga, sia poco leggibile: “et le beurre qui nourrit comme luy mesme explique au treizième
livre des Aliments chap. 15” (p.93). Le edd. italiane leggono: “et il Buttiro” . A queste mi appoggio.
52 La traduzione italiana, appoggiandosi a quella francese, aggiunge: “o vino nuovo” .
53 Le traduzione italiana: “la feccia”.
54 La traduzione italiana: “e s’ingenera più o meno di tal humore secondo che tal alimento ha più o meno di parti coformi alla
sostanza dell’humore che in più gran quantità si produrrà.” (Roma, p.16; Venezia, p.19).
55 Il testo spagnolo[“las partes que naturaleza concedió en él diversas, en diversas partes” (p.3)] viene così tradotto in francese:
“les substances qùil a naturellement différentes en ses diverses parties” (p.95). La traduzione italiana anche in questo caso si
appoggia a quella francese: “che, quando si pesta e stritola il Cacao, le sostanze che egli ha naturalmente differenti, nelle sue
diverse parti, si mescolano sì strettamente l’une con l’altre” (Roma, p.17; Venezia, p.20; Bologna, p.14).
56 “Che sono invece fredde e secche” aggiungono sia l’ed. di Bologna sia la traduzione francese, mentre le edd. di Roma e
Venezia dicono semplicemente: “terrestri, freddi e secche (come habbiamo detto dell’Acciaio)” (p. 17 e p.20, rispettivamente).
57 La traduzione francese, a proposito del “molinillo” (tradotto “molinet”) aggiunge: “qui est un instrument de bois duquel ils
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Sulla base di tutto ciò, deduco che il suddetto autore di Marchena si sia notevolmente
ingannato quando, trattando del Cioccolato, dice che esso causa occlusioni essendo il Cacao
astringente; come se detta costipazione non venisse corretta quando le parti si mescolano
intimamente le une con le altre mediante la triturazione, come si è detto. Inoltre, essendoci
<insieme al Cacao> così tanti ingredienti caldi per loro propria natura, questi necessariamente
devono produrre il loro effetto, che è quello di incidere 58 e di attenuare e non di occludere.
D’altronde, al fine di corroborare questa verità, non era davvero necessario portare altro
esempio nè altra dottrina se non quello che vediamo nello stesso Cacao, il quale, se non viene
preparato e triturato come si è detto sopra, per farne del Cioccolato, e viene mangiato così,
com’è in frutto, come solgono fare le Creole nelle Indie, è occlusivo e notevolmente ostruente.
E questo avviene per la sola ragione che le diverse sostanze di cui è composto non riescono a
mescolarsi così intimamente con la sola masticazione, bensì hanno bisogno della triturazione
artificiale 59 di cui abbiamo detto.
Inoltre, la nostra parte avversa60 dovrebbe considerare e ricordarsi dei primi rudimenti
e principi della Filosofia, i quali sostengono che “a dicto secundum quid ad dictum simpliciter”
non è consequenziale61. E così, come non è esatto dire che se uno ha i denti bianchi è un bianco,
poiché può essere un negro colui che ha i denti bianchi 62, allo stesso modo non è esatto dire: il
Cacao è astringente e di conseguenza la confezione che risulta da esso e dagli altri ingredienti
è astringente.
È così delicato l’albero che dà questo frutto e la terra da cui nasce è così eccessivamente
calda che, affinché esso non venga seccato dal sole, si piantano dapprima altri alberi e, soltanto
dopo che questi sono cresciuti, viene piantato l’albero del Cacao63; cosicché, quando
quest’ultimo uscirà dalla terra, gli altri alberi gli serviranno da padiglione. E il suo frutto non
se servent à cet effet” (p.96), esattamente come le edd. italiane: “Molinello, che è un istromento di legno che serve a
quest’effetto” (p.14). Queste edd., inoltre, a margine, riportano tutte la seguente annotazione: “Maradon nel suo Dialogo dice
essere fatto” e di seguito: “come un fuso con cui si torce il filo in Spagna”. (Roma, p.17; Venezia, pp. 20-21; Bologna, pp.14-
15), frase anch’essa tradotta dall’edizione francese: “ Maradon, en son Dialogue, dit qùil est fait comme un fuseau dont on tort
le fil en Espagne” (p.96). In effetti, nel Dialogo citato si dice: “mulinello, ch’ è un bastone fatto in forma di fuso col quale si
torce il filo in Spagna” (Roma, p.85).
58 La traduzione francese legge “inciser” e le edd. italiane “incidere”. Non mi è stato possibile trovare una traduzione adeguata.
59 L’ed. Bologna, dopo artificiale, aggiunge: “nel mortaio o nel molino” (p.16). Lo stesso quelle di Roma e Venezia con la
simpliciter” (Roma, p.19; Venezia, p.22; Bologna p.16). Il traduttore francese spiega, nella sua traduzione, il detto nel seguente
modo: “qui disent que d’une proposition particulière et a dicto secundum quid, il n’en faut pas tirer une générale et ad dictum
simpliciter” (p.99), esattamente come riferiscono le edd. italiane.
62 La traduzione italiana e quella francese saltano un passaggio: “Onde non serve a niente dire: quest’huomo ha i denti bianchi,
donque è huomo bianco. E così non serve dire il Cacao” (Roma, p.19; Venezia, p. 22; Bologna, p.16).
63 Il traduttore francese aggiunge una nota [Ces arbres s’appellent Athlynam, vulgairement les Mères du Cacao]” (p.100)
puntualmente tradotta a margine anche da quella italiana: “ Quest’albero si addimanda volgarmente Madre del Cacao” (Roma,
p.20; Venezia, p. 23; Bologna, p. 17). In effetti, ancor oggi, rari sono i casi in cui si riesce a far crescere gli alberi del Cacao
in pieno sole, senza alcuna protezione: avviene, ad esempio, in qualche piantagione del Sud America e nelle isole Hawaii, dove
si coltivano così gli alberi che danno il solo Cacao nordamericano, il hawaiian vintage chocolate. In genere, però, per
prosperare, gli alberi del Cacao hanno bisogno di riparo: “Gli alberi grandi sono generalmente sparsi e quelli del Cacao piantati
ai loro piedi. Queste piantagioni annegano nella giungla, che le racchiude in uno scrigno verde. [...] Quando la piantagione non
è stata conquistata alla foresta, i giovani alberi del Cacao sono stati piantati insieme agli alberi-parasole a crescita rapida che
possono essere dei banani a larghe foglie, dei cocchi, dei manghi, delle palme, dei limoni; e, ancora, dei Gliricidia sepium, un
albero molto alto, originario delle foreste tropicali dell’America centrale e dell’America del Sud, i cui fiori rosati cadono a
cascata e illuminano le piantagioni di tutto il mondo: i piantatori lo chiamano madre del Cacao” (Cfr. John Feltwell, Au coeur
des plantations in Le livre du Chocolat, Flammarion, Parigi 1995. (La traduzione italiana è mia).
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esce nudo, bensì vi sono dieci o dodici fave di Cacao in una cabossa64 grande come un fiorone65
–e a volte più grande– ma con la stessa forma e colore di quest’ultimo 66.
Vi sono due diverse specie di Cacao: l’una, quella comune, che è di un bruno tendente
al rosso; l’altra, più larga e più grande, chiamata “Patlaxte” che è bianca 67 e molto disseccante68,
causa per la quale tiene svegli e toglie il sonno, cosicché non è indicata quanto l’ordinaria. E
questo è quanto si può dire a proposito del Cacao.
Quanto agli altri ingredienti di cui è composta la nostra confezione “Chocolatica” 69, vi è
una notevole varietà. Infatti, alcuni vi mettono pepe nero e Tabasco 70 i quali, essendo molto
caldi e secchi, non sono adatti se non a chi ha il fegato molto freddo. Di questo avviso pare sia
stato un Dottore dell’Università di Messico il quale, come mi ha assicurato una certa persona
religiosa e degna di fiducia, ritenendo il pepe poco adatto al Cioccolato e affinchè ci si rendesse
conto che era meglio il “chili” 71, per dimostrare la sua tesi, fece quest’esperimento sul fegato
di un montone: versò su una parte del fegato il pepe, e sull’altra il “chili”. Dopo ventiquattro
ore trovò la parte dove aveva versato il pepe disseccata, mentre la parte dove c’era il
peperoncino, o “chili”, era succosa come se non vi fosse stato messo niente 72.
La ricetta del nostro Dottore di Marchena è la seguente: 700 Cacao73; una libbra e mezza
di zucchero bianco; due once di cannella; 14 “chili” o peperoncini 74; mezza oncia di chiodi di
garofano; tre vaniglie 75 di Campeche o, al loro posto, il peso di due reali di anice; terra oriana76,
64 “calabacilla”, tradotto in francese con “coque” (p.100). Le edd. italiane traducono: “sono racchiusi e come foderati in un
medesimo guscio, a guisa d’una cucuzzetta grossa, come un fico secco, e qualche volta più grosso” (Roma, p. 20; Venezia,
p.23). Ne La storia del Cioccolato- Dal cacao al cioccolatino (Comunità montana Val Pellice. U.S.S.L. 43 - Servizio di igiene
pubblica, Aprile 1989) si danno le seguenti informazioni sul cacao: “L’albero, di media altezza, ha foglie verdi e grandi, fiori
rossastri in pannocchie che nascono dal tronco da gemme fiorali rimaste attive dopo la caduta delle foglie: di questi fiori pochi
fruttificano, dando origine ai frutti, che sono lunghi circa 15 cm., di forma ovale appuntita e di colore giallo-rossastro che
imbrunisce con la maturazione. Il frutto, detto ‘cabossa’, contiene circa una quarantina di semi, detti ‘fave’, di forma ovoidale
più o meno schiacciata. I semi sono avvolti da una membrana esterna (guscio) bruna, accoppiata ad una membrana interna
bianca, pellicolare. Il tutto è immerso in una polpa gelatinosa” (punti 6, 7 e 8 dell’ opuscolo cit.).
65 Covarrubias alla voce “breva”: “higo temprano”. Il francese traduce con “figue hâtive” (p.100). “fico secco” traducono invece
Roma, Bologna e Venezia. In realtà si tratta del fiorone, ossia del fico primaticcio.
66 Legge l’ed. di Bologna: “Il suo frutto medesimamente non nasce nudo e scoperto; ma dieci o dodici Cacao sono racchiusi e
come foderati in un medesimo guscio a guisa d’una cucuzzetta grossa come un fico secco, e qualche volta più grosso, ma
sempre della medesima forma e colore che è il detto fico.” (p.17). Lo stesso in Roma e Venezia che omettono, però, l’ultimo
ausiliare “è” (Roma, p.20; Venezia, p.23).
67 Anche in questo passaggio si nota che il traduttore italiano si è basato sulla traduzione francese. Infatti questa dice: “et l’autre
plus large et plus grande appellée Patlaxté, laquelle est grande et grandement désiccative” (p.100; la sottolineatura è mia); le
edd. italiane: “e l’altra più larga e più grande nomata Patlaxte, la quale è grande e grandemente diseccativa” (Roma, p.20;
Venezia, p.22; Bologna, p.17). Entrambe le traduzioni, cioè, sostituiscono all’aggettivo “bianco” l’aggettivo “grande” che
nell’originale non compare.
68 La traduzione francese dà: “désiccative” (p.100). Roma, Venezia e Bologna: “diseccativa”.
69 Ossia, del Cioccolato.
70 Le edd italiane leggono: “polvere nera eTabacco” mentre quella francese traduce correttamente “poivre noir et de Tavasco”.
71 Le edd. italiane leggono: “Chile, che è la polvere del Messico” , aggiunta ricavata dalla traduzione francese: “Chile, qui est
Università del Messico, è stato di questo parere; il quale, come mi ha asseverato un certo Religioso degno di fede, ha stimato
che la polvere nera non sia approposito per la Cioccolata. Per provare questo suo parere, e dar’ a conoscere, che la polvere
chiamata Chile, che è la polvere del Messico, sia migliore, ha fatto questa sperienza sul fegato di un montone: nella metà del
quale havendo messo della polvere nera, e nell’altra metà della polvere del Messico, in ventiquattr’hore, ha provato il lato dove
è stata la polvere nera, tutto secco; l’altro lato, dove è stata la polvere del Messico, humido e sugoso come se non vi fosse stato
messo nulla”. (Roma, pp. 21-22; Venezia, pp. 24-25).
73 Non si capisce se intende 700 fave di Cacao o 700 grammi. Le edd. italiane riportano, come l’originale, soltanto: “Settecento
Cacao”.
74 Le edd. italiane dicono: “quattro grani di polvere del Messico, chiamato Chile, overo Pimiento” (Roma, p.22; venezia, p. 25;
Bologna, p.19). In questo caso non leggono bene neppure la traduzione francese della quale si sono servite: “quatorze grains
de poivre de Méxique appellé Chilé ou Pimiento,...” (p.102. La sottolineatura è mia).
75 “piccole scorze di Campeca”, le denominano le edd. italiane.
76 Carbonell: “Achiote, bixa orellana”. Le edd. italiane traducono: “finalmente, una noce di Achiote che sia bastante per darli
colore”. Il cap. VI del Libro VIII della Natural y General Historia de las Indias, islas e Tierra Firme del mar Océano, cit., di
Gonzalo Fernández de Oviedo s’intitola: “De la bija. Este no es árbol, sino planta o arbusto, e por sí mismo e de la Natura
246
quanto basta per dare colore, ossia la grandezza di una nocciola. Alcuni vi aggiungono
mandorle, nocciole e acqua di zagara77.
Riguardo a questa ricetta, per prima cosa dico che con questa forma non si possono
calzare tutte le persone che soffrono di malanni o ne sono predisposte, bensì è necessario
aggiungere e togliere, a seconda della necessità e del temperamento di ognuno. Non ritengo
dannoso mettere lo zucchero quando si beve la Cioccolata, purché sia nella quantità che dirò.
Esso viene messo anche nelle tavolette di Cioccolato che fanno in Messico le dame per golosità
e che si vendono nei negozi, spolverate con lo zucchero e mangiate come dolciumi78. Al
contrario, i chiodi di garofano che il suddetto Autore mette in questa confezione non sono
usati da quelli che meglio trattano e s’intendono di questa bevanda, forse perché consci del
fatto che, sebbene correggano l’alito cattivo, astringono il ventre, come consta da questi versi
di un dotto personaggio79:
producido, como son todos los que he dicho; y también los plantan los indios”. Ne riporto la prima parte: “Bija. este es arbusto
o planta producido, de sí mismo, por industria e obra de la Natura, como todos los que he dicho. Pero también éste e los otros
los plantan los indios cuando quieren. Y puse aquí éste, porque vino a propósito de la pintura de los indios con la bija e la
xagua. Esta planta o bija hay en esta e las otras islas e en la Tierra Firme, e son tan altas como estado y medio de hombre, o
poco más o menos. Tiene la hoja cuasi de la manera del algodón, y echa unos fructos en capullos que quieren parescer a los del
algodón, salvo que por de fuera tienen un vello grosezuelo, por ciertas venas que de fuera señalan los apartamientos o partes
que de dentro tiene el capullo, dentro del cual están unos granos colorados, o rojos, que se pegan como cera, o más viscosos; e
de aquéllos hacen unas pelotas los indios con que después se pintan las caras y lo mezclan con ciertas gomas, e se hacen unas
pinturas como bermellón fino, e de aquella color se pintan las caras y el cuerpo, de tan buena gracia, que parescen al mismo
diablo. E las indias hacen lo mismo cuando quieren hacer sus fiestas e areitos o bailes, y los indios, cuando quieren parescer
bien, e cuando van a pelear, por parescer feroces. Después, aquesta bija es muy mala de quitar hasta que pasan muchos días;
mas aprieta mucho las carnes e dicen que se hallan muy bien con ella, e aun tiene un bien o sirve a los indios en esto: que
cuando están así pintados, aunque los hieran, como es la pintura colorada y de la color que le sale la sangre, no desmayan tanto
como los que no están pintados de aquella color roja o sanguina; y ellos atribúyenlo a la virtud de la bija, e no es sino por ser
así de color sanguina, con la cual no paresce tanta la sangre, como se paresce en otro indio que no esté embijado. Ella es pintura
que, demás de su mal parescer, no tiene buen olor, a causa de las gomas o cosas con que la mezclan. Mas para pelear y mostrarse
feroces en la batalla, se pintan de tal color...” (p.253 dell’ed. cit.). In questo capitolo, dunque, G. Fernández de Oviedo non
accenna al fatto che questa tintura viene messa nel Cioccolato, ma lo dirà in seguito nel capitolo relativo al Cacao. Anche
Cárdenas inserisce nel suo trattato un lungo passaggio sull’”achiote”: “ También se cuenta por specia el achiote, pues no es
menos preciado en esta bevida que lo es el cardamomo en las composiciones medicinales y aromáticas [...]. Echase el achiote
en esta bevida, assí para darle un roxo y gracioso color, como para dar sustento y engordar al que le beve, y esto haze el achiote,
con cierta parte pingue y azeytosa que tiene: yerran según esto todos los que affirman que el achiote es specia mala y
sospechosa, para esta bevida; y digo que se engañan, porque si su calor es templado, y las partes de que se compone son aéreas
y delgadas, qué daño podrá hazer a ninguna complexión? Antes es una de las más saludables specias que lleva, assí para
desopilar como para provocar la regla y el sudor, salvo que, porque no dé mal sabor, se deve echar en cantidad muy templada
y d’este modo, junto con hacer los dichos effectos, ayuda a quebrar la piedra de los riñones y despedir por la orina todo humor
gruesso” (op.cit., pp.112-113). Nel Dialogo di Marradón, a proposito di quest’ingrediente, s’inserisce una curiosa battuta del
“Medico”: “e colorato con l’Achiote, che è una polvere o pastiglia fatta d’ un frutto quale dicono essere eccellente contro i
dolori colici. Perche gl’ Indiani sono grandissimi impostori che danno alle loro piante nomi Indiani per l’ eccellenza, che gli
mette in gran riputatione” (Roma, p. 86).
77 Ossia, di fiori d’arancio. Le edd. italiane, seguendo la traduzione francese: “dell’acqua di fiori d’Orange” (La sottolineatura
è mia). La ricetta riportata da Colmenero de Ledesma, in realtà, omette alcuni passaggi di quella del Dialogo citato che trascrivo
qui in nota prendendola dall’ed. di Roma, 1667, p.87: “ Pigliate settecento cacai, che pesano un peso, o otto reali, che sono
quattrocento cinquanta per reale nella Nuova Spagna, una libra e mezza di zucchero bianco, due oncie di Cannella, quattordici
grani di pepe del Messico chiamato Chille o pimiento, mezz’oncia di garofoli, tre gusci piccoli Tesatta - (il traduttore francese
fa notare, a questo punto, che sono chiamati Campeche nel discorso precedente. Inoltre, la traduzione italiana omette la
specificazione “di”, poiché dovrebbe essere “di Tesatta”) – o, in suo luogo, il peso di due reali di anisi; e dell’ Achiote, se ne
metterà quanto bisogna per darli il colore, così come si fa del zafferano, che sarà forse grosso, come una noce. Alcuni vi
aggiungono delle amandorle o delle noci. Di tutto questo pisto, e macinato nella pietra chiamata Metate, si fanno col sugo che
n’esce e col zucchero de picciole fogaccie, o una pasta per mettere nelle scatole; alcuni vi mescolano delle goccie d’acqua di
fiori d’arancio, un grano di muschio e d’ambra bigia o della polvere Scolapendria.”.
78 Le edd. italiane: “Vi è chi vi ci mette tal quantità, e fanno delle tavolette di Cioccolata per golosità, come fanno le Dame del
Messico, e si vendono per le botteghe, come si fa delle Confetture” (Roma, p.23; Venezia, p. 26; Bologna, p.20).
79 La traduzione italiana: “Li Garofani […] non sono ammessi da quelli che intendon bene la maniera di far questa bevanda,
fondati forse su questo: che essi ristringano il ventre, se bene hanno la proprietà di correggere il cattivo e puzzolente fiato della
bocca come fu notato da un dotto personaggio con questi versi”. (Roma, p23; Venezia, p.26).
247
Constringunt ventrem, primaque membra iuvant 80.
Cosicché, essendo astringenti ( benché caldi e secchi in terzo grado), non bisogna servir-
sene, come dicono i versi, anche se aiutano le prime membra, ossia quelle della cozione (dige-
stione), come lo stomaco e il fegato.
Le vaniglie di Campeche81 sono molto belle ed emanano un profumo quasi di finocchio
e vengono messe da tutti <nella confezione> perchè non sono molto calde; ma non per questo
si fa a meno dell’anice, come invece dice l’Autore della ricetta. Infatti, non esiste Cioccolato
che non lo abbia come ingrediente perché, essendo caldo in terzo grado, è adatto a molti
malanni freddi e serve per temperare la freddezza del Cacao. E perché si veda che giova alle
membra fredde, riporto alcuni versi di un autore curioso:
La terra oriana 83, messa nella grandezza di una nocciola, non è sufficiente per tingere la grande
quantità d’ingredienti contenuti nella ricetta; cosicché se ne può mettere tanta quanta, secondo
l’artefice, basterà per tingerla.
80 Ossia, “i chiodi di garofano profumano l’alito, astringono il flusso del ventre e giovano ai “prima membra”. Il traduttore
francese: “C’est à dire, La girofle rend bonne haleine/ Reserre le ventre coulant/ Et va l’estomac concolant/ Lors que l’aliment
luy fait peine” (p.104).
81 Moreau inserisce una lunga annotazione a propostio di queste vaniglie: “Je n’ay point veu encore en aucun Autheur la
description de ces goûses de Campeche ny de la plante qui les produit. Elles semblent avoir pris leur nom de la Ville de
Campeche qui est en la province Yucatana de la nouvelle Espagne, aussi bien qù une certaine espèce de Brésil qùon appelle
bois de Campeche, qui sert aux Teinturiers, qùon apporte en très grande abondance en nôtre Europe. Laët en son livre ch.28.
des Indes Occidentales, a opinion qùil soit tiré d’un arbrisseau appellé Cucuraqua par les Tarasquains et Quammochetl
xuitzquahuitl par les Méxiquains qùil décrit au livre 5.chap.23. Mais ces bois- là n’ont rien de commun avec nos goûses qui
entrent dans le Chocolate, lesquelles sont peut estre de même qualité que le fenoüil, puis qùelles en ont l’odeur, et que l’ autheur
de Marchena dit que l’on peut substituer en leur place l’Anis” (pp.105-106). Le tradd. ital.: “Tutto il mondo mette in questa
compositione le piccoli scorze del Campeche[...] a cagione che non riscaldi troppo” (Roma, p. 24; Venezia, p.27). La traduzione
francese diceva: “...à cause qù elles n’échauffent pas beaucoup” (p.106). ( Il corsivo è mio).
82 E cioè, l’anice ha come principale virtù quella di ristorare le membra rilasciate, di guarire i mali accumulati col solo effetto
dei suoi semi, i reni e la vescica malata, il mal di milza e l’alito cattivo, il fegato ingrossato, la matrice e gli intestini e altre
parti affette si trovano sollevate col suo uso. Il traduttore francese aggiunge nel testo la traduzione: L’Anis par vertu souveraine/
Conforte les membres lassez,/ Il oste les maux amassez/ Par le seul effect de sa graine/ Les reins et vessie malade/ La ratelle
et la bouche fade/ Le foye gros de vens mutins,/ La matrice et les intestins/ Et autre partie engagée/ Se trouvent par luy
soulagée” (pp.107-108).
83 L’annotazione di Moreau realtiva all’achiote è anch’essa molto lunga: “Cette teinture est tirée d’ un arbre fruitier que les uns
appellent Achtiol, d’autres Changuarica, et d’autres Pamaqua. Voicy comme il est décrit par François Ximenes au rapport de
Laët livre 5. ch.3.: C’est un arbre semblable en grandeur, tronc et forme à l’oranger, ses feüilles sont comme celles de l’orme
en couleur et aspreté, l’ écorce, le tronc et les branches sont roux tirant sur le verd, ses fleurs sont grandes distingués en cinq
feüilles à la façon des étoilles, d’ une couleur blanche pourprine, le fruict est semblable aux premières écorces de chastaigne
de forme et grandeur d’ une petite amande verde, quadrangulaire et qui s’ ouvre estant meur, contenant certains grains
semblables à ceux des raisins, mais beaucoup plus ronds. Les sauvages l’ont en grande estime et le plantent auprès de leurs
maisons, il verdit toute l’année et porte son fruict au Printemps, auquel temps on a de coûtume de le tailler, pource que de son
bois on en tire du feu comme d’un caillou. Son écorce est fort propre à faire des cordes qui sont plus fortes que du chanure
même, de sa semence on en fait de la teinture cramoysie rouge, de laquelle les peintres se servent: on s’en sert aussi en
Médecine, pource qùelle est de qualité froide estant beüe avec quelque eau de même qualité, ou appliquée au dehors, elle
tempère l’ardeur de la fièvre, arreste la dysenterie, enfin on la mesle avec grande utilité en toutes les potions réfrigerantes, d’où
vient que l’on la mesle avec le breuvage de Chocolate pour rafraîchir et luy donner goût et belle couleur, la même description
est aussi dans Joan. Eusèbe de Nuremberg au 15. livre de son hist. nat. chap.48. (pp.108-110)”. Giuseppe Donizelli nel suo
Teatro farmaceutico (Venezia, Paolo Baglioni, 1686), definisce l’Achiote” “sandalo rosso o silvestre”, ma Lorenzo Magalotti,
in Lettere sopra i buccheri [ Firenze, Le Monnier, 1945 (edito per la prima volta nel 1825 ma scritto alla fine del XVII secolo)]
denomina “sciotta” le polveri del cacao in genere, per corruzione del nome di uno dei loro ingredienti che è appunto l’”achiote”,
secondo l’autore “il condimento più squisito che si usa nel cioccolato” (op.cit., p.158).
248
Non fanno male coloro i quali vi aggiungono delle mandorle84 e delle nocciole, perché, per
rendere più corposa la confezione, queste sono meglio del mais o granturco85 mescolati da
altri. Anzi, io le metterei in qualsiasi genere di Cioccolato perché, oltre a ciò che si è detto, le
mandorle sono moderatamente calde ed hanno un succo delicato 86. Non si devono però usare
quelle fresche, come dice un certo dotto:
Quindi anche le nocciole 88 non sono fuori proposito poichè possiedono quasi lo stesso
temperamento della mandorla sebbene, essendo più secche, siano più vicine al temperamento
bilioso/collerico; tuttavia, esse rinvigoriscono il ventre e lo stomaco e, arrostite o tostate, come
si devono fare per la suddetta confezione, proteggono la testa dai vapori che risalgono dal
ventre, come consta dal citato Autore:
84 L’autore intende le mandorle americane e non quelle europee, come dottamente spiega in nota il traduttore francese: “Nôtre
autheur parlant des Amandes entend celles des Indes et non celles de l’Europe. Voicy ce qui dit Ios. Acosta en son Hist. nat.
liv.4. chap. 29. des Amandes Indiennes. Il y a une autre espèce de Cocos qui ont dedans leur noyeau une quantité de petits
fruicts comme Amandes, à la façon des grains de grenades. Ces Amandes sont trois fois aussi grandes que celles de Castille et
leur ressemblent au goût, encore qùelles soient un peu plus aspres, et sont aussi humides et huilleuses; c’est un assez bon
manger; aussi ils s’en servent en delices faute d’amandes pour faire des masses de pains et autres telles choses: il les appellent
Amandes des Andes pource que ces Cocos croissent abondamment és Andes du Peru, et sont si forts et durs que pour les ouvrir
il les faut frapper rudement avec une grosse pierre. Quand ils tombent de l’arbre s’il rencontroient la teste de quelqù un, il
n’auroit besoin d’aller plus loing. Et sembleuvne chose incroyable que dans le creux de ces Cocos qui ne sont pas plus grands
que les autres ou guères davantage, il y a neantmoins une telle multitude et quantité de ces Amandes: Mais en ce qui concerne
les Amandes et tous les autres fruicts semblables, tous les arbres doivent ceder aux Amandes de Chachapoyas, lesquelles je ne
peux autrement appeller. C’ est le fruict le plus délicat, friand et plus sain de tous ceux que j’ay veu aux Indes. Voire un docte
Médecin asseuroit qùentre tous les fruicts qui sont és Indes ou en Espagne, nul n’approchoit de l’excellence de ces Amandes.
Il y en a des plus grandes et de plus petites que celles queji’ay dit des Andes, mais toutes sont plus grosses que celles de Castille.
Elles sont fort tendres à manger, ont beaucoup de suc et substance, et comme onctueuses et fort agréables, elles croissent en
des arbres tres hauts et de grand feüillage. Et comme c’est une chose précieuse, nature aussi leur a donné une bonne couverture
et défense, veu qùelles sont en une écorce quelque peu plus grande et plus poignante que celle des chastaignes, toutesfois quand
cette écorce est seiche l’on en tire facilement le grain. Ils racontent que les singes qui sont fort friands de ce fruict, et desquels
il y en a grand nombre en Chachapoyas du Peru (qui est la contrée de toutes où je sçache qùil y ait de ces arbres) pour ne se
piquer en l’écorce et en tirer l’amande les jettent rudement du haut de l’arbre sur les pierres, et les ayant ainsi rompues les
achèvent d’ouvrir pour les manger à leur plaisir” (pp.110-113). Anche G. Fernández de Oviedo parla di un tipo di mandorle
americane e del loro albero chiamato “capera” (Cfr. cap. XXVI, Libro IX, ed. cit., pp.298-299).
85 Le edd. italiane: “ Non è mal fatto l’aggiungerui le Mandorle e le Nocchie stante che quelle sono migliori, che il grano
d’India, et il panisco, che vi sono messi da qualcuno per dar corpo alla mistura.” (Roma, p.25; Venezia, p.28; Bologna, p22).
86 Il traduttore francese aggiunge nel testo: “ et ont un suc délicat, principalement les seiches, les vertes et les nouvelles ny
estant pas propres, mais plûtôt nuisibles,...” (p114; il corsivo è mio) esattamente come le edd. italiane: “principalmente le
secche: le verdi e le novelle non sono a proposito, anzi nocive” (Roma, p.26; Venezia, p.29; Bologna, p.23).
87 Nella traduzione francese (p.114) si aggiunge la parola “plurima” prima di “damna nova” così come nelle edd. italiane. In
parole povere: La mandorla presa moderatamente costituisce un alimento dolce e sano, ma presa quando non è ancora matura
procura soltanto guai.
88 Anche a proposito delle nocciole il traduttore francese fa una lunga disquisizione: “ Christophe Acosta, en son livre des
aromates, chap. 18., descrit les noysettes des Indes en cette sorte: le noysetier estuvn fort grand arbre, droit, delié, rond et d’
une matière fongeuse. Il a les feüilles plus longues et plus larges que la Palme qui porte les Cocos, et qui sortent de la sommité
de l’arbre, entre lesquelles sortent de petites verges déliées pleines de petites fleurs blanches et presque sans odeur, d’ où s’
engendre le fruit appellé Areca, grand, comme des noix, qui n’est pas toutes-fois rond, mais en ovale en forme d’ un petit oeuf
de poule, l’escorce extérieure est merveilleusement verde devant que d’estre meur;, estant meure elle devient grandement jaune
à la façon des dattes bien meures; cette escorce est d’ une substance molle et velue qui contient un fruit gros comme une grosse
chastaigne, blanc, dur, plein de petites veines rouges que les habitans mangent. Estant encore verd ils le mettent sous le? sable
pour le rendre meilleur et plus agréable; quelque fois ils le mangent avec les feüilles de Bethel?, autres fois ils le rompent et le
font seicher au soleil, et puis s’ en servent grandement en leur manger et en leurs potions adstringentes: pour l’escorce ils s’ en
nettoyent les dents. Il y a une autre espèce de noysette qui croist en l’Isle de S. Dominique qui est purgative, mais ce n’est pas
elle qùon mesle avec le Chocolate. Elle est descrite par Oviedo en son hist. des Indes livre 2. ch. 4. et en suite par Monardes en
son livre ch. 47.” (pp.115-116).
89 Ossia, come traduce il Moreau: “La noysette engendre la bile/ Elle tient le ventre fermé/ Quand elle est rostie elle opile/ Et
249
E così sono molto indicate per coloro che soffrono di flatulenza e di vapori che dall’
ipocondriaca risalgono al cervello, dove danno origine a molti sogni turbolenti e pensieri
gravissimi 90.
Fanno invece molto male coloro i quali mescolano al Cioccolato il mais91 o il granturco92,
perché questi generano umore melanconico, come consta dal citato Autore:
L’uno e l’altro, inoltre, sono ventosi, e coloro che li mescolano in questa confezione lo fanno
soltanto per aumentare la quantità di Cioccolato e il loro profitto; infatti, poichè ogni moggio
di mais lor costa sedici reali, risulta che ogni libbra viene venduta per otto reali, che è il giusto
prezzo di ogni libbra di Cioccolato 94.
Quanto alla cannella 95, essa è calda e secca in terzo grado; giova all’orina e ai reni che
reprime l’air enfermé/ Qù il ne monte jusqùà la teste/ Pour y former quelque tempeste.” (pp.117-118): “La nocciola genera la
bile, astringe il ventre, quand’è tostata ostruisce e reprime l’aria racchiusa affinché non risalga fino alla testa per formarvi
qualche tempesta”.
90 “Immaginazioni fastidiose” (ed. Bologna, p.24). Roma e Venezia: “imaginationi fastidiose” (p. 27 e p.30, rispettivamente).
91 A proposito del mais c’é un’altra lunga descrizione del traduttore francese: “Ce que les Indiens appellent Mays nous
l’appellons bled d’Inde ou froment de Turquie, qui est commun qùil n’est pas besoin de le décrire davantage. François Ximenes
au rapport de Laet livre 3. ch. 7. en parle très dignement en ces termes. La différence du Mays se prend de la couleur de ses
espics ( que le commun appelle Mazorcas) laquelle varie grandement, car les uns sont de couleur blanche, les autres de rouge,
il y en a presque de noirs, d’autres purprés, bleus et bigarrez de diverses couleurs (ce qui se doit entendre de l’escorce de dessus,
car la farine en est blanche) etc. Au reste s’ il y a aucun bled que Dieu ait fait qui soit de qualité temperée et de grande nourriture,
c’est sans doute le Mays ( que les Méxicains appellent Tlaolli) car il n’est ny chaud ny froid, mais moyen entre les deux comme
aussi ny humide ny sec, mais du tout temperé entre les deux, bien loin d’estre de grosse et visqueuse substance. Voilà pourquoy
ceux qui l’ont jugé estre de grossière et visqueuse nourriture et engendrer des obstructions se sont fort trompez; on a trouvé le
contraire és Sauvages qui en vivent ordinairement parce que jamais ils ne sont travaillez d’obstruction, et n’ont jamais mauvaise
couleur mais au contraire ils asseurent qùil se digère aysement et ayguise l’appetit, que mesme avant la venuë des Espagnols
ils ne sçavoient que c’estoit des douleurs nephritiques: enfin il ne se trouve aucun plus excellent remède entre les Sauvages à
l’encontre des maladies aigues. Ce que l’expérience témoigne abondamment, car le Mays boüilly en l’eau nourrist suffisemment
le corps et se digère sans aucune difficulté ou nuisance, il adoucit la poitrine, tempère la chaleur des fièvres, principalement la
poudre de sa racine trempée dans l’eau et exposée au froid du soir, et puis après beuë. Or ce Mays boüilly n’est pas seulement
une louable et saine viande, mais peut aussi estre donné sans crainte aux malades aussi bien qùaux sains, aux jeunes qùaux
vieux, aux hommes et aux femmes et de quelque condition qùils soient, enfin en toutes maladies sans mal ny peine. On dit en
outre qùil provoque l’urine et nettoye les conduits. Puis donc que le Mays pris comme il appartient apporte mille commoditez
et nul dommage (si ce n’est qùon veuille dire qùil augmente par trop le fang et la bile) on ne doit point écouter ceux qui
affirment qùil est plus chaud que le froment, qùil se digère plus dificilement et qùil engendre des obstructions. Suyvons plutôt
les Médecins Méxicains, qui ayant rejetté la ptisane comme ennuyeuse aux malades ont mis en sa place l’Atolle duquel nous
parlerons cy-après. Je passe icy sous silence la façon comme on fait le pain du Mays qui est décrite par le même Laet à la fin
de ce chap. Lopez Acosta, le premier et second tome de l’ histoire de l’Amerique, et de Lery ont amplement parlé du Mays”
(pp.118-122). Anche in questo caso, tuttavia, il traduttore francese non fa riferimento alcuno a Gonzalo Fernández de Oviedo
il quale, nell’ op. cit., cap.I del Libro VII della prima parte, fa una lunga descrizione del mais (pp.226-230 dell’ed. cit.).
92 Il traduttore francese aggiunge: “Par ce Paniz il ne faut pas entendre le vulgaire, mais celuy des Indes qui est décrit par
Dodonnée en sa quatrième partie de l’hist. des Plantes livre 7. chap.26. et par Dalechant dans le grand Herbier livre 4. ch.20.
comme aussi par Lobel p. 25. de ses Observ. et par Pena en la pag.15. de son livre” (p.122).
93 Ossia, secondo il traduttore francese: “Le Panet en seichant fait la/ melancholie/ Apliqué sur le corps le gele et/ mortifie”
P.123). In parole povere: “Il granturco, quando è secco, provoca malinconia e, applicato sul corpo, lo raffredda e mortifica”.
94 La traduzione francese risolve così il passaggio: “châque boisseau de Mays ne leur coûtant que seize reales, faisant revenir
châque livre à huict reales qui est le juste prix de la livre du Chocolate.” (p.123). Le edd. italiane confondono sedici con sei:
“stante che un moggio di Grano d’India costerà sei reali la libra, che è il giusto prezzo della Cioccolata” (Roma, p.28; Venezia,
p. 30; Bologna, p.24).
95 Il traduttore francese aggiunge, come al solito, una descrizione particolareggiata: “Il y a apparence que nôtre autheur parle
de la Canelle des Indes Occidentales, et non de la Canelle d’Orient, laquelle étoit incognue en la nouvelle Espagne devant que
les Espagnols l’eussent découverte. Cette Canelle- cy est décrite par Monardes en son hist. des Plantes ch.25. Laet en son livre
10. ch.26. dit que l’arbre de la canelle est de la grandeur d’ un olivier produisant certaines boursettes avec leurs fleurs qui étant
broyées approchent en quelque façon à l’odeur ou goût de la canelle d’Orient. Monardes remarque qùon se sert plutôt de leur
fruict que de leur écorce, et estant mis en poudre qùil fortifie l’estomac, chasse les vents, fait bonne haleine, oste les douleurs
du ventre, ayde le coeur et donne bonne couleur meslé avec les viandes, ainsi que la vraye canelle. (pp.123-124). Ossia: “La
cannella fa bene all’urina perché fortifica i reni che la producono; rischiara gli occhi e mette in fuga i veleni”. Anche G.
Fernández de Oviedo nel Libro IX, Parte prima dell’ ed. cit., inserisce un capitolo - il XXXI - intitolato: “De los de la canela,
250
soffrono di malattie fredde 96 ed è di conforto agli occhi 97, come consta da un certo Autore:
La terra oriana99 ha invece proprietà 100 incisive e attenuanti, come risulta dalla pratica
comune dei Medici nelle Indie. Questi, infatti, avendo sperimentato i suoi effetti, la pre-
scrivono per incidere e attenuare gli umori crassi che causano l’asma e il trattenimento delle
urine 101; cosicché, allo stesso modo, è possibile trarne giovamento per qualsiasi genere di
occlusione, si trovi essa nel petto o nella regione del ventre o in qualunque altra parte, poiché
lottiamo contro un’unica causa102.
Quanto ai “chili” 103, dico che ve ne sono di quattro tipi: i primi vengono chiamati “Chil-
chotes”104 e i secondi, che sono molto piccoli, “Chiltecpin”. Queste due specie sono molto aspre
e piccanti. I terzi si chiamano “Tonalchiles”105 e sono moderatamente caldi poichè si mangiano
en la provincia que llaman Quito, en la tierra austral” (pp.300-301), in cui parla delle differenze esistenti tra la cannella orientale
e quella delle Indie occidentali. Ne riporta un frammento: “En cierta parte de aquella provincia - si riferisce a Quito - se ha
hallado una cierta manera de nueva canela, porque, a la verdad, no es como la que tenemos en uso e viene de la Especiería e
islas de Maluco e Bruney e de por allá, sino de nueva forma, e no semejante a la que todos conoscemos sino en el sabor e en el
olor, y no en la hechura; porque aquesta nueva canela es unos capullos o engastes o vasillos de alguna fructa, de los cuales, mis
amigos e conoscidos me han enviado algunos, y lo que puedo conjecturar d’ellos es lo que digo. [...] Tienen un color pardo
escuro, e a mi juicio su sabor no es durable: que preso se le pasa aquel sabor e le pierde, o la mayor parte d’él. E escríbenme
que donde esta canela es fresca, que es mucho mejor que la que se usa en España. El gordor d’estas cáscaras o vasillos es como
de un real de plata, e arrugadas por de fuera, e de dentro más lisas, e aquel pezón paresce como de un higo paso. Créese que la
fructa que en estos vasillos nasce, debe ser excelente. Los cristianos no la han visto, porque a aquella provincia de Quito les
llevan a rescatar estas cáscaras o canela, si lo es, e les dicen que los árboles en que nascen, son pequeños”.
96 Le edd. italiane: “e per altre malatie fredde” (Roma, p.28; Venezia e Bologna, con la variante “malattie” a p.30 e 24,
rispettivamente).
97 E’ ormai evidente che il traduttore italiano si è basato sulla traduzione francese. Riguardo agli occhi, infatti, entrambe le
traduzioni aggiungono: “et en effect elle est cordiale, comme a remarqué” (p.124); “et in effetto ella è cordiale, come ha notato”
(Roma, p.28; Venezia, p.31; Bologna, p.25).
98 Secondo il traduttore francese: “La Canelle est bonne à l’urine/ Fortifiant les reins qui la vont/ produisant,/ Elle éclercit les
yeux, et du ve/ nin cuysant/ Elle destourne la ruine.” (p.125), ossia: La cannella fa bene all’orina, schiarisce gli occhi e allontana
la rovina del veleno.
99 Nelle edd. italiane questo termine non viene tradotto. Nella traduzione francese si aggiunge: “La vertu que donne nôtre
autheur à l’Achiote ne s’accorde pas avec celle qui luy est attribuée par François Ximenes, car celuy-cy la tient rafraichissante
et celuy-là échauffante. Quoy que ce soit la consequence n’est pas grande en esgard à sa petite quantité qui entre dans le
Chocolate” (p.125).
100 “calidad”: il traduttore francese legge “chaleur” e quello italiano: “calore”
101 Non è chiaro se sono l’asma e il trattenimento delle urine a causare gli umori crassi o viceversa. La traduzione italiana:
“onde l’ordinano per incidere et attenuare gli humori grossi che cagionano l’affannosa respiratione, che si chiama Asma, e la
suppressione di orina” (Roma, p.28; Venezia, p.31).
102 Il traduttore francese: “Et ainsi de la même façon il peut profiter contre toutes sortes d’opilations lesquelles nous tâchons de
détruire, soit qùelles se rencontrent en la poictrine, soit en la region du ventre, ou en quelque autre part”. (p.126). Anche qui
esattamente come la traduzione italiana: “E così della medesima maniera può giouare a tutte le sorti di oppilationi, le quali
cercano di distruggerci: e si incontrino nel petto, o nella regione del ventre, o in qualunque altra parte” (Roma, pp. 28-29;
Venezia, p.31; Bologna, p.25).
103 Moreau spiega che: “Il y a deux sortes de Chiles ou Chilli, l’ un d’Orient qui est le Zingembre duquel le père Eusèbe de
Nuremberg a fait son 27. ch. du 15. livre de son Hist.; et l’autre d’Occident qui est le poivre de Méxique, et qùon appelle poivre
de Tabasco pource qù il croist en grande abondance en cette province de la nouvelle Espagne. Nôtre Autheur fait de cestuy-cy
quatre espèces, mais le Père Jean Eusèbe en fait bien d’avantage au ch.80. du même livre, que les curieux pourrons aller voir.
Laët dit au dernier chap. de son 5. livre, que ce fruit vient d’ un arbre domestique appellé Xocoxochitl, lequel est fort grand,
ayant les feüilles d’orenger fort odorantes. Ses fleurs sont rouges comme grenats de la même odeur que celles des oranges,
agréables et douces, les fruicts en sont ronds et pendans par grappes qui sont au commencement verds, et puis après roux, et à
la fin noirs, d’ un goût acre et mordace, et de bonne odeur, chauds et secs au troisième degré, de sorte qùil peut estre mis au
lieu du poivre, et on s’en peut servir chez les Apothicaires au lieu du Carpobalsamum, les espagnols l’appellent poivre de
Tabasco”. (pp.126-128). G. Fernández de Oviedo, nell’op. cit., (pp.235-236), Libro VII, Parte, cap. VII, parla dell’ “ají” o
peperoncino, che sembra avere le stesse caratteristiche dei chili citati dal nostro autore. Dagli italiani viene generalmente
indicato col nome di “pepe d’India” ma nella traduzione seicentesca consultata lo si definisce: “la polvere nera del Tabacco”.
104 “Chilcori” li chiama il traduttore italiano.
105 “Tornachile” dice la traduzione italiana.
251
col pane come se fossero un frutto qualsiasi; sono gialli 106 e crescono soltanto nei paesi del
Golfo 107 del Messico. Gli ultimi, detti “Chilpatlagua”, sono dei “chili” o peperoncini molto
larghi ma non così piccanti come quelli citati sopra, nè tanto semplici 108 come i penultimi: sono
i più comuni e quelli che si mettono nel Cioccolato.
In questa confezione si usano anche altri ingredienti dei quali uno si chiama
“Mecasuchil”109 e un altro “Vinacaxtli” 110, che nel nostro volgare chiamano “orecchiette”111, e
che sono fiori profumati, aromatici e caldi. Il “Mecasuchil” 112 ha proprietà purgative poichè
nelle Indie ne fanno uno sciroppo lassativo. Al suo posto, in Spagna, per chi avesse necessità
di rilasciare il ventre, si può mescolare all’impasto polvere di rose di Alessandria.
Ho riportato tutti questi ingredienti del Cioccolato 113 affinché colui che avesse più
indisposizioni o necessità, possa scegliere, a seconda del malanno di cui soffre, quello di cui
avrà maggior bisogno114.
106 Il traduttore francese, al posto di “gialli”, legge: “bien qùils soient moderement amers” (p.128; corsivo mio). Naturalmente
piccanti, come le terze” (p.29 e p.26, rispettivamente). Idem Venezia che offre la variante “peccanti” (p.32).
109 Il traduttore francese aggiunge:”Cette plante est décrite par Laët en son 5. livre chap. 4. C’est une herbe (dit- il) appellée
Mecaxuchitl rempant sur terre, les tuyaux de laquelle sont à trois côtez contournez, et légers excepté où les queuës des feüilles
sortent, lesquelles feüilles sont grandes, épaisses et presque rondes, odorantes et d’ un goût acre, elle porte son fruict semblable
au poivre long, lequel ils meslent avec le breuvage de Cacao qui est le Chocolate auquel il donne une agréable saveur; Il
corrobore le coeur et l’estomac, attenue les crasses et lentes humeurs, et est un remarquable Alexipharmaque contre les venins,
il a rapporté même la figure du fruit. On peut voir ses autres vertus dans le P. Jean Eusèbe, livre 14. ch.62. “ (pp.129-130). A
proposito di quest’ ingrediente dice Cardenas: “Al guynacaztle se sigue segundo en orden, el mecasuchil, que no es otra cosa
sino unos palites o hebritas pardas y delgadas, que por tener esta figura de hilillos delgados, se llaman d’este nombre, que
quiere dezir rosa a modo de hebra [...] es el mecasuchil caliente en primer grado, y seco en principio del segundo, es en la
composición, y con textura de partes semejante al gueyna caztle, porque juntamente participa de alguna astriction con
delicadeza de partes, y no carece de buen olor, de todo lo qual resulta, no solo calentar y consumir las humidades flemáticas,
pero amigablemente confortar el hígado con mediano calor [...] y junto con esto da gana de comer: por donde digo ser la más
segura medicina o especia, y más general que entra en el chocolate, pues carece de todo excesso demasiado.” (op.cit. pp.110-
111).
110 Di nuovo il traduttore francese spiega: “J’ay peur ou que l’autheur se soit trompé, ou qùil y ait faute en l’Impression, et que
au lieu de Vinacaxtli il ne faille mettre Xuchinacuzli ou Huchmacuztli, qui est un arbre dont la fleur est appellée par les
Espagnols Flor de la oreja, fleur à oreille, à cause de la ressemblance qùelle a avec l’oreille. Elle est composée, dit Laët livre
5. ch.4., de feüilles pourprées au dedans, au dehors verdes et disposées en sorte qùelles représentent une oreille. Elle est d’une
fort douce et agréable odeur”. (p.130). Ma nel trattato di Cárdenas viene definito “gueynacaztle”: “Es pues lo primero, que en
la dicha bevida se echa, una specia que los indios llaman gueynacaztle, assí como los Españoles orejuelas [...] esta specia digo
que se echa en el chocolate muy sabia y acordadamente, lo primero por su buen olor, pues con él da gracia de flagrancia y
suavidad a esta bevida, y como toda medicina aromática de su naturaleza sea cordial, hallamos con justa razón, serlo ésta, y
assí es, que por ella, esta bevida refuerça y conforta la virtud vital, ayudando a engendrar spíritus de vida. De assí mesmo un
muy gracioso sabor, mediante el qual entra muy más en provecho lo que se beve, también ayuda el gueynacaztle con su buena
complexión, por quanto siendo moderadamente caliente, con sequedad en segundo grado, tiene partes stíticas y confortativas,
mediante todo lo qual conforta el hígado, ayuda la digestión del estómago, destirpando toda ventosidad, y malos humores que
en sí tenga el estómago, y esto también haze con ciertas partes sutiles que tiene, mediante las quales provoca el mestruo y la
orina” (op.cit., pp.109-110).
111 “Orecchini” viene tradotto in italiano.
112 Il traduttore francese, di nuovo: “Nôtre autheur s’est abusé en donnant au Mecaxuchitl une vertu purgative, disant que les
Indiens en font un syrop pour purger. Tous ceux que j’ay veu qui ont décrit cette fleur ne luy ont point attribué cette faculté. Je
croy donc qùil a pris le syrop de Matlatzric fait de racine de Zarziparille pour celuy de Mecaxuchitl.]” (pp.130-131).
113 Ma, a questo proposito, il traduttore francese fa notare che si è dimenticato perlomeno di due ingredienti: “Pour monstrer
que nôtre autheur se peut abuser, je vay produire deux ingrédiens du Chocolate desquels il n’a fait aucune mention: l’ un est la
fleur d’ un certain arbre résineux qui jette une gomme comme le styrax d’ une plus belle couleur, sa fleur est semblable à celle
de l’orenger, d’ une bonne odeur qùils meslent avec le breuvage de Cacao qui est le Chocolate, et estiment qùelle est bonne
pour l’estomac. L’autre ingrédient est la gousse du Tlixochitl qui est une herbe rampante ayant les feüilles semblables au
plantain mais plus longues et épaisses, elle monte le long des arbres et les embrasse et porte des cosses ou gousses longues et
estroictes et quasi rondes, qui sentent le baume de la nouvelle Espagne; ils meslent ces gousses avec leur célèbre breuvage de
Cacao: leur pulpe est noire, pleine de petites semences comme celles du Pavot, on dit que deux d’icelles trempées en eau
provoquent puissamment l’ urine. Voy Laët livre 5. chap. 4. & livre 7. chap. 4.” (pp.131-133).
114 La traduzione italiana: “Questi sono tutti gl’ingredienti di questa famosa bevanda: li quali ho qui riferiti, accioché chi haverà
più indispositioni e necessità si elegga quelli che faranno più per lui conforme li mali che lo travagliano.” (Roma, p. 30; Venezia,
p.33; Bologna, p.27).
252
PARTE SECONDA
Riguardo alla seconda parte, sulla base di quanto si è detto, faccio notare che, sebbene sia vero
che al Cacao vengono mescolati tutti ingredienti caldi, nulladimeno la quantità del Cacao
risulta sempre maggiore rispetto alle altre le quali, in tal maniera, servono soltanto per
temperare le sue parti fredde; di modo che, così come quando da due medicamenti con
proprietà contrarie vogliamo far risultare artificialmente un solo medicamento temperato e
moderato, allo stesso modo dall’azione e reazione delle parti fredde del Cacao, e dal calore
degli altri ingredienti, il Cioccolato acquista 115 una proprietà moderata e temperata, poco
distante dalla mediocrità 116; e quando, (se non vi mettiamo né pepe né chiodi di garofano, ma
soltanto un poco di anice, come dirò più sotto), volessimo azzardarci a dire che esso è117
puramente temperato, lo potremmo provare per mezzo e dell’ esperienza e della ragione. Sulla
base dell’esperienza, rifacendoci a quanto dice Galeno quando pone l’esempio dell’olio rosa-
to 118, ossia che qualsiasi medicamento temperato riscalda ciò che è freddo e raffredda ciò che
è caldo. Per mezzo dell’esperienza –dico– perché nelle Indie, in base a ciò che si usa fare in
quelle terre119, quando arrivavo accaldato dal 120 visitare gli infermi e chiedevo un pò d’acqua
per rinfrescarmi, mi persuadevano a prendere una chicchera di Cioccolata con la quale
effettivamente placavo la mia sete; e, se al mattino la bevevo a digiuno, mi riscaldava e
ristorava lo stomaco.
Proviamolo ora con la ragione: abbiamo dimostrato che non tutte le parti del Cacao
sono121 fredde poiché molte sono quelle burrose e queste sono calde o temperate; quindi,
sebbene sia vero che la quantità del Cacao sia maggiore di quella di tutti gli altri ingredienti,
le parti fredde che gli corrispondono risultano essere tutt’al più la metà122. Ed è così anche se
in realtà diventano di più, visto che con la triturazione vengono un poco temperate per mezzo
delle parti calde burrose e, d’altra parte, anche per mezzo degli altri ingredienti caldi in
secondo e terzo grado che, avendo delle proprietà più attive, devono <necessariamente>
ridurlo ad una mediocrità 123. La stessa cosa avviene quando due persone che si toccano le mani
le hanno l’ una fredde e l’altra calde: queste si raffreddano e quelle si riscaldano e, alla fine, né
l’una né l’altra permane con quella sensazione di caldo o di freddo che aveva prima, bensì
entrambe le mani diventano temperate. Allo stesso modo, coloro che cominciano a lottare,
all’inizio hanno le loro forze intere ma in seguito, per via dell’ azione e reazione dei due
contrari, queste s’indeboliscono e diminuiscono così tanto che, conclusa la lotta, rimangono
115 Letteralmente: “la Cioccolata risulta di una qualità moderata e temperata” (cfr. p.6 testo spagnolo).
116 Intesa nell’accezione di ciò che sta in mezzo tra due estremi. Ed. Bologna: “e per tanto le altre non servono che a reprimere
le parti fredde del detto Cacao. Di maniera che con tutto questo di due medicamenti di contrarie qualità, noi con l’artificio
(Bologna: “arteficio”) ne venghiamo a fare un solo, che è temperato e moderato; tanto che l’attione e reattione delle parti fredde
del Cacao e degli altri ingredienti caldi, la Cioccolata prende una qualità temperata e mediocremente moderata; e, quando
haveremo ardire di afferire (non mettendo nella Cioccolata né Pepe né Garofani ma solamente un poco di anisi ( Bologna:
“anissi”), come appresso diremo) che è una bevanda temperata, lo potremo provare con l’esperienza e con la ragione.” (Roma,
pp.31-32; Venezia, pp.34-35; Bologna, pp.28-29).
117 Letteralmente: “era”, ma anche la traduzione francese legge: “nous voudrions nous hazarder de dire [...] qùil est purement
temperé...” (p.134. La sottolineatura è mia). idem quella italiana (cfr. nota 114).
118 In francese: “huile rosat” (cfr. p.135). “Oglio rosato”, la traduzione italiana.
119 La traduzione francese: “ qùestans aux Indes ceux du pays fondez sur ce qui se practique en ces quartiers-là” (p.135).La
traduzione italiana: “che, stando io nell’Indie, quei del paese, fondati su quello che nelle loro parti si pratica, vedendomi quivi
tutto riscaldato, tornando io da visitare li miei ammalati e dimandando un poco d’acqua xicara per rifrescarmi, mi persuadeuano
a prendere un bicchiere di Cioccolata, con la quale io smorzavo la mia sete” (Roma, p.32; Venezia, p.35; Bologna, p.29).
120 Il testo spagnolo riporta un gerundio: “visitando” che sia la traduzione francese, sia quella italiana interpretano con un “da”
(“de” in francese). A queste traduzioni mi sono attenuta anche se è altrettanto possibile la traduzione del termine con la finale
“per” (“per visitare gli infermi”).
121 Anche in questo caso, e nei due successivi, è meglio usare il presente piuttosto che l’imperfetto dell’originale.
122 La traduzione italiana: “non rivengono tutte a più, che alla metà...” (Roma, p.32; Venezia, p. 36; Bologna, p.30).
123 La traduzione italiana: “e così, ancorché tutte insieme vengano a sopravanzare, atteso che esse vi si mantengono un poco
riprese per la trituratione per mezzo delle parti calde e butirose del Cacao, e di altre parti ancora per gli altri ingredienti caldi
in secondo e terzo grado, che hanno una qualità più attiva, bisogna che quella si riduca ad una mediocrità” (Roma, p.33;
Venezia, p. 36; Bologna -con la variante “buttirose”-, p.30).
253
entrambi più deboli 124. Così lo percepì Aristotele nel Libro 4 della Generazione degli animali,
cap.3, dove dice che ogni agente patisce quanto il paziente125, così come chi taglia è smussato
dalla cosa 126 che è tagliata, ciò che riscalda si raffredda e ciò che spinge in qualche modo è
respinto.
Da ciò evinco che sia meglio fare uso del Cioccolato quando siano passati alcuni giorni
dalla sua composizione, per lo meno un mese; infatti ritengo che questo sia il tempo necessario
perché le proprietà contrarie dei suoi ingredienti si indeboliscano e raggiungano la mediocrità
più conveniente e temperata; e siccome all’inizio ogni contrario vuole incidere e fare il suo
effetto, la natura non tollera che si ricaldi e si raffreddi allo stesso tempo127. Questa è la ragione
per la quale Galeno, nel libro 12 del Metodo, consiglia di non usare il “Filonio” 128 finché non
sia passato un anno, o perlomeno sei mesi, dalla sua composizione: esso, infatti, è un preparato
fatto d’oppio, medicamento freddo in quarto grado, e di pepe e altri ingredienti caldi in terzo
grado 129. Questa teoria è confermata dall’esperienza di alcune persone che, interpellate da me
sul tipo di Cioccolato con cui si trovavano meglio, mi hanno risposto che è con quello fatto da
alcuni mesi, mentre quello fresco lor faceva male e rilasciava lo stomaco130. A parer mio, ciò
avviene perchè le parti burrose non sono ancora del tutto corrette dall’elemento terrestre del
Cacao, fatto che provo con la ragione, come dirò qui di seguito, che se si fa bollire la Cioccolata
per berla, con la bollitura, ciò che è crasso e burroso viene separato, di modo che, sebbene <il
Cioccolato> sia vecchio, rilascia lo stomaco come se invece fosse fresco.
In questa seconda parte, sono dunque arrivato a chiarire che questa confezione
“Chocolatica” 131 non è così fredda come il Cacao, né tanto calda come gli altri ingredienti;
bensì, che dall’azione e reazione di questi, risulta una complessione moderata che può giovare
tanto agli stomaci freddi quanto a quelli caldi purché essa venga presa, come dirò più avanti,
in quantità moderata e ad un mese dalla sua composizione, come si è provato. Cosicché non
so chi, avendo sperimentato questa confezione (fatta a seconda delle necessità di ciascun
individuo), possa dirne male tanto più che, essendo già così diffusa, la maggior parte delle
persone o quasi tutte si trovano bene con essa, tanto nelle Indie come in Spagna132. Nessuna
ragione ebbe quindi quel dottore di Marchena di dire che il Cioccolato era occludente poichè,
se così fosse, una volta ostruito il fegato, la persona dovrebbe dimagrire mentre, al contrario,
vediamo per esperienza che essa ingrassa, la cui ragione spiegherò più avanti. E questo è tutto
per quanto concerne la seconda parte.
124 La traduzione italiana: “Appunto appunto, come si vede in due persone che si prendono per la mano, l’uno de’ quali l’ha
fredda, e l’altro l’ha calda: la calda si raffredda, e la fredda si riscalda, rimanendo alla fine l’una e l’altra senza alcun eccesso
di calore o di freddo che prima havevano, ma restando temperate. Somigliantemente quei che lottano, al principio hanno le loro
forze intere, ma poscia per l’attione e riattione di due contrarii lottatori insieme, elleno s’indeboliscono di tal maniera che alla
fine restano l’une e l’altre sminuite.” (Roma, pp. 33-34; Venezia, pp. 36-37; Bologna, pp.30-31).
125 La traduzione italiana: “niente meno che il patiente. Così si vede che colui che taglia, è stancato dalla cosa che taglia: colui
che scalda, si raffredda: e colui che spinge, in qualche maniera è risospinto” (Roma, p.34; Venezia, p.37; Bologna, p.31).
126 In realtà l’autore usa l’art. det. “el”. Il traduttore francese: “ainsi qùon void que qui coupe est emoussé par la chose qui est
couppée, que ce qui échauffe se refroidit, et que ce qui pousse est en quelque façon repoussé”. (pp137-138. Le sottolineature
sono mie).
127 La traduzione italiana: “la natura non soffre che egli possa scaldare e raffreddare nel medesimo tempo”. (Roma, p.35;
chiama Oppio, il quale è freddo in quarto grado, e con mescolarsi con qualch’altro ingrediente che sia caldo si riduce al terzo
grado.” (Roma, p.35; Venezia, p. 38; Bologna, p32). Forse si tratta di una cattiva lettura della traduzione francese: “pource que
dans cette composition il y entre du suc de pavot appellée Opium qui est froid au quatriéme degré, et du poivre avec quelques
autres ingrédiens qui sont chauds au troisième” (p. 139).
130 Le edd. italiane traducono “relaxa” con “ ha riscaldato troppo”; la francese, correttamente: “leur relâchoit” (p.139).
131 Ossia, il Cioccolato.
132 La traduzione italiana: “ Oltre che il mondo tutto se ne serve universalmente e non vi è quasi persona che non ne dica bene,
sì nell’Indie come nella Spagna, ed anche hoggidì nell’Italia.” (Roma, p.37; Venezia, p. 40; Bologna, p.33).
254
PARTE TERZA
Avendo trattato, nella prima parte, la definizione del Cioccolato, le proprietà del Cacao e degli
altri ingredienti e, nella seconda, la complessione che risulta dalla loro mescolanza, in questa
terza parte ci rimane da esaminare il modo in cui i suddetti ingredienti devono venir
mescolati 133. Tuttavia, dapprima riporterò la ricetta migliore e più conveniente che abbia
potuto trovare. E sebbene sia vero che avevo detto che non era possibile dare una ricetta
comune per tutti o, a meglio dire, per tutti quelli che soffrono di malanni, questa può giovare
a coloro che si trovano in buona salute134. Gli altri - come ho detto alla fine della prima parte -
scelgano ognuno gli ingredienti a seconda del giovamento che possono trarre per questa o per
quella parte del loro corpo. La ricetta è la seguente:
Ad ogni cento fave135 di Cacao si mescolino due “chili”, di quelli grandi che ho detto
chiamarsi “Chilpatlagua”, o, al posto di questi delle Indie, si prendano i più larghi e meno
caldi peperoni di Spagna 136. Un pugno di anice, due di quei fiori chiamati orecchiette o
“Vinacaxtlidos” 137 e, qualora il ventre fosse ostruito, altri due di quelli che chiamano
“Mecasuchil”. Al posto di questi ultimi, in Spagna, si possono mettere sei rose di Alessandria
in polvere138. Una vaniglia di Campeche 139, due pizzichi 140 di cannella, una dozzina di
mandorle e altrettante nocciole, mezza libbra di zucchero e terra oriana nella quantità che
basterà per tingere il tutto. E, se non dovessero trovarsi alcune droghe delle Indie, si farà con
le altre.
133 Letteralmente: “cercare di mescolarli”. La traduzione italiana: “della maniera di far la mistione.” (Roma, p. 38; Venezia, p.
41; Bologna, p35).
134 La traduzione italiana: “e se bene ho detto che non si può dare una ricetta proportionata a tutte le sorti di persone, ciò si deve
intendere di quei che non istanno sani: perché per quei che si trovano in buona salute può servir questa” (Roma, p.38; Venezia,
p. 41; Bologna, p35).
135 Ho inteso fave perché la misura di 100 grammi mi pare fuori luogo per l’epoca in cui fu scritto il trattato. Il traduttore
francese risolve il problema dicendo: “A chacune centaine de Cacao” (p.143). Quello italiano: “A ciascun centinaio di grani di
Cacao” (Roma, p.39; Venezia, p.42).
136 Il traduttore francese fa delle aggiunte esplicative ma probabilmente sbaglia nella traduzione della seconda parte del periodo
perché il segmento “ de las Indias” viene da lui riferito ai peperoncini spagnoli e non ai cosiddetti “Chilpatlagua”: “ et à leur
défaut on prendra deux grains de Chile ou poivre de Méxique de ces gros grains que nous avons dit estre appellez Chilpatlague,
et à leur défaut on prendra deux grains de poivre des Indes les plus larges et les moins chauds qùon pourra trouver de ceux
d’Espagne” (p.143. La sottolineatura è mia). Lo stesso dicasi delle edd. italiane: “et in difetto loro, si possono prendere due
granella di pepe d’India, li più larghi, e li men caldi, che si trovino di quei di Spagna” (Roma, p.39; Venezia, p.42; Bologna,
p.36).
137 Seguo qui la traduzione francese, più sciolta: “deux de ces fleurs appellées petites oreilles ou vinacaxtlides, et deux autres
qùon nomme Mécasuchil”. (pp.143-144). La traduzione italiana invece salta un passaggio: “due di quei fiori chiamati
Mecasuchil, se il ventre fosse duro e serrato.” (Roma, p.39; Venezia, p. 42; Bologna, p.36).
138 Il traduttore francese: “la poudre de six roses d’Aléxandrie vulgairement appellées roses pasles” (p.144). Lo stesso le edd.
italiane: “volgarmente nominate rose passe” (Roma, p. 39 - con la variante “vuolgarmente”; Venezia, p. 42; Bologna, p.36).
139 Riguardo alla vaniglia dice Cárdenas: “La tercera en orden [si rifwrisce agli ingredienti della cioccolata], y primera en suave
y regalado olor, es el llamado tlixochil, y en nuestro romance vaynillas olorosas, porque realmente son unas vaynillas largas y
pardas, llenas por de dentro de unos granillos negros, menores que los de la mostaza. Estas (como he dicho) son de suyo tan
suaves, flagrantes y aromáticas, que en quanto al buen olor compiten con el almizque y ámbar: son éstas de complexión caliente
y seca en primero grado, añaden al dicho chocolate un muy apazible y suave olor y assí se aventajan a todas las demás specias
en ser cordiales y amigas del coraçón, y tanto más hazen el dicho effecto, quanto más exceden a las otras. Tienen virtud de dar
calor al estómago, cozer los humores gruesos que en él están de ordinario; no se deve escusar ésta, ni las demás species
declaradas, de echarlas en el chocolate, porque como su calor es poco, y ellas que también se echan en poca cantidad jamás
hazen daño, aunque el que las usa peque en calor.” (op.cit., p.111).
A titolo di curiosità, Pietro Polli, nel suo Caffé e surrogati, té, ciocolatte, zafferano, pepi ed altri stimulanti, Fratelli Dumolard,
Milano 1885, introduce un paragrafo relativo alla vaniglia ed afferma che la migliore è quella messicana la quale viene
importata in Italia principalmente dalle zone litorali di Veracruz. Il centro della sua coltivazione è Jicaltepec, vicino a Nautla.
Le zone orientali del Messico -aggiunge- esportarono nel 1864, via Veracruz e Tampico, all’incirca 20.000 chilogrammi di
vaniglia, in gran parte mandata a Bordeaux; da allora la produzione è diminuita molto” (p.311?).
140 “Adarme” : peso equivalente a 179 centigrammi (Carbonell). Cobarruvias: “Es la mínima parte de una onça”. La traduzione
francese: “une petite goûte de Campeche, deux drachmes de Canelle” (p.144). La traduzione italiana: “una piccola guscia di
Campeche, due dramme di Canella” (Roma, p. 39; Venezia, p.42; Bologna, p.36).
255
MODUS FACIENDI 141
Il Cacao e gli altri ingredienti si macinano su una pietra fatta apposta, detta “metate”142. Ma
affinché possano essere ben macinati, per prima cosa bisogna tostare tutti gli ingredienti,
eccetto la terra oriana, facendo ben attenzione a tostarli con cura e girandoli durante la
tostatura perché non si brucino e diventino neri, tanto più che, se sono molto tostati, perdono
le loro proprietà e diventano amari. La cannella e i “chili” devono essere macinati per primi, e
i “chili” insieme all’anice. Per ultimo il Cacao, che deve venir macinato a poco a poco, sino alla
quantità sufficiente, avendo cura, ogni volta, di dargli due o tre giri sulla pietra affinché risulti
(piuttosto) ben triturato. Ogni cosa dev’essere macinata a parte. Dopo di che si gettano le
polveri degli ingredienti nel recipiente in cui sta il Cacao, mescolandole man mano con un
cucchiaio. In seguito, si toglie parte di quella massa e la si macina nuovamente sulla pietra o
“metate” sotto la quale, una volta preparata la confezione, si accende un focherello, badando
di non fare un fuoco troppo grosso nè di riscaldare eccessivamente la confezione per non
dissiparne la parte burrosa. E si osservi che, quando si macina il Cacao, bisogna mescolarvi la
terra oriana affinché il colore attecchisca meglio143. Le polveri degli ingredienti, eccetto quella
del Cacao, devono essere setacciate e, se al Cacao viene tolto il guscio 144, la confezione risulta
più delicata. E quando tutto sembrerà ben macinato e aggregato (cosa di cui ci si renderà conto
quando non comparirà più nessuna pagliuzza) 145, si prenderà con un cucchiaio parte di questa
massa, che sarà quasi fusa, e se ne faranno tavolette o la si butterà in scatole dove, raffred-
dandosi, diventerà dura 146. Ma avviso che, per fare queste tavolette, bisogna gettare una
cucchiaiata di questa massa su della carta o su qualche grande foglia d’albero. Nelle Indie
usano quelle del platano/banano147 ma la si può anche versare sulla carta, dove si distende e,
141 La traduzione italiana: “MANIERA di comporla” (Roma, p.40; Venezia, p.43; Bologna, p.37). La traduzione francese: “ La
façon de faire le meslange” (p.144).
142 Specie di macina: si tratta di un lastrone di pietra quadrilungo, sostenuto su tre piedi, in modo da formare un piano inclinato
(serve per macinare a mano, con un rullo pure di pietra, il cacao, il granoturco e altri grani). Dagli Indios, secondo il traduttore
francese, veniva chiamato “metatl”.(Cfr. trad. franc., p.145). “Nella Media Cultura e nel periodo tolteco avevano un orlo
rialzato, mentre il metaplil (“figlio del metate”, cioè il mano, o pestello) era sghembo e adattato alla conca del metate. Il metate
azteco era piatto, ed il mano aveva due gonfi manici aggettanti all’esterno, sporgenti dalla superficie macinante del metate.”
(Vaillant, G. C., La civiltà azteca, Einaudi, Torino 1962, p.139). Le edd. italiane: “si pestino e tritino in un mortaio, che
gl’Indiani chiamano Metate”. A margine si legge: “ Gl’Indiani addimandano questa pietra Metatil” (Roma, p.40; Venezia, p.43;
Bologna, p.37).
143 La traduzione francese: “afin que la couleur s’y prenne mieux.” (p.146); quella italiana: “affinché il colore si imprima
cioccolatino, cit.).
145 Dice la traduzione francese: “ce qùon recognoistra à n’y voir la moindre petite paille” (p.147), mentre la traduzione italiana
salta il passaggio.
146 La traduzione francese: “on prendra avec une cuillière de cette masse qui sera presque toute fondue et liquefiée dont on fera
des tablettes qùon mettra dans des boëttes et deviendront dures à mesure que la masse se refroidira.” (p.147. La sottolineatura
è mia). Anche la traduzione italiana non tiene conto della disgiuntiva “o”: “ si prenderà con un cucchiaro di questa massa, la
quale sarà tutta liquida e pastosa, e se ne faranno delle Tavolette, le quali si metteranno dentro a scatole e diveranno dure di
mano in mano che si raffreddano.” (Roma, p.42; Venezia, p.45).
147 Il traduttore francese, a questo proposito, aggiunge in nota: “Il entend le Plane d’Inde et non celuy de l’Europe. Or le Platanus
des Indes a esté ainsi nommé par les Espagnols pour des raisons qui nous sont incognuës. Car il n’a rien de commun avec nôtre
plane, mais ressemble plûtôt à la palme tant en forme qùen grandeur de feüilles qùil a si grandes qùelles couvrent un homme
depuis la teste jusques aux pieds. Il est remarqué, au second tome de l’Amerique, que ces feüilles servent à écrire comme
anciennement celles du papier. Voy la pag.173. & 174”. (pp.147-148). José de Acosta nella Historia Natural y Moral de las
Indias (cit.), Libro cuarto, cap.XXI, dice del “platano”: “Pasando a plantas mayores, en el linaje de árboles el primero de Indias
de quien es razón hablar, es el plátano o plantano, como el vulgo le llama. Algún tiempo dudé si el plátano que los antiguos
celebraron, y este de Indias, era de una especie; mas visto lo que es éste y lo que del otro escriben, no hay duda sino que son
diversísimos. La causa de haberle llamado plátano los españoles (porque los naturales no tenían tal vocablo) fue, como en otras
cosas, alguna similitud que hallaron, como llaman ciruelas y piñas y almendras y pepinos cosas tan diferentes de las que en
Castilla son de esos géneros. En lo que me parece que debieron hallar semejanza entre estos plátanos de Indias y los plátanos
que celebran los antiguos, es en la grandeza de las hojas, porque las tienen grandísimas y fresquísimas estos plátanos, y de
aquéllos se celebra mucho la grandeza y frescor de sus hojas, también ser planta que quiere mucha agua, y cuasi continua [...]
Mas en realidad de verdad no tiene que ver la una planta con la otra más que el huevo con la castaña, como dicen.[...] Las hojas
del plátano de Indias son de maravillosa grandeza, pues cubrirá una de ellas a un hombre poco menos que de pies a cabeza -(Il
256
messa all’ombra, s’indurisce. In seguito, si fa fuoriuscire la tavoletta piegando la carta dalla
quale, per via del grasso che contiene, si separa facilmente, mentre se viene posta in recipienti
di cotto o su un asse (di legno), non la si potrà scollare nè far uscire intera. 148
Due sono le maniere in cui nelle Indie si beve la Cioccolata. La prima, e la più comune,
è quella di prenderla calda con l’ atole149, che era l’antica bevanda degli Indios, i quali danno
questo nome a delle pastette150 fatte con farina di mais e mescolate insieme alla Cioccolata;
essi, inoltre, per rendere questo “Atole” più salutare, mondano il mais dalla sua buccia, che è
ventosa e produce malinconia, cosicché ne rimane soltanto la parte migliore e più sostanziosa.
Riprendendo quindi il discorso che abbiamo interrotto, dico che l’altra bevanda
moderna, introdotta da quando gli Spagnoli ne fanno largo uso151, è preparata in due modi
diversi. Il primo consiste nello sciogliere il Cioccolato in acqua fredda e, dopo aver tolto e
riposto in un altro recipiente la schiuma, mettere sul fuoco ciò che rimane con dello zucchero;
quando <la Cioccolata> è calda, versarle sopra la schiuma messa a parte e berla così. Il secondo
modo consiste nel riscaldare dell’acqua e, dopo aver messo la quantità necessaria di Cioccolato
nella ciotola o tazza d’argilla 152, versarvi sopra un pò d’acqua e stemperare molto bene con un
frulli-no; una volta che la Cioccolata è ben sciolta, versarvi sopra il resto dell’acqua calda con
dello zucchero e berla così.
Esiste anche un altro modo di preparare la Cioccolata che consiste nel mettere il Cioc-
colato in un pentolino153 con poca acqua e farlo bollire finchè non sia ben sciolto; quindi
aggiungere lo zucchero e l’acqua sufficienti, a seconda della quantità della Cioccolata, e
cuocerla finché non ne fuoriesca un grasso burroso, tenendo presente che, se il fuoco è molto
alto, il bollore la farà fuoriuscire/scappare e versare. Ma avviso che non considero
quest’ultimo modo molto salutare, benché più gustoso, perché, separandosi il burro dall’
elemento terrestre che rimane sotto, causa malinconia e (inoltre) il burro rilascia lo stomaco e
toglie l’appetito.
traduttore francese usa la stessa frase)- [...] Todavía las hojas secas sirvieron a D. Alonso de Arcila (como el dice) para escrebir
en Chile algunos pedazos de la Araucana” (pp. 263-266).
148 La traduzione italiana semplifica molto il lungo passaggio: “e stesela quivi metterla all’ombra, accioché s’indurisca. E,
com’è indurita, si leva la carta o le foglie, il che diviene facile per esser la materia burrosa.” (Roma, p.42; Venezia, p.45).
149 “Atolle” traducono le edd. italiane. “Atolle” o “Atole” è una farinata rada, di farina di granoturco, molto usata in America
come bevanda. Il Pequeño Larousse ilustrado del 1992 lo definisce così: “Bebida muy común que se hace en América
consistente en la mezcla de harina de maíz tostado, agua, leche y azúcar”. Il traduttore francese aggiunge in nota: “ Nôtre
Autheur a fort bien décrit l’Atolle, disant que c’est du Mays moulu, pêtri et detrempé en l’eau et boüilly à la façon d’une
boüillie fort claire ou plûtôt de l’Amidon, mais il n’a pas rapporté toutes les différences qui ont esté trés bien remarquées par
du Laët en son 7. liv. ch. 3. que les curieux pourront lire à loisir, le discours estant trop long pour estre icy transcrit. (p.149).
Cárdenas, nel suo trattato, sostiene che la complessione dell’ Atole non è calda ma temperata (Cfr., op. cit., p.107). Infine, nel
Dialogo di Marradon inserito in appendice al nostro trattato (cfr. nota 167), viene così definito dal “Medico”: “Atolle (che è
l’antica bevanda degl’Indiani) il quale si fa con del Mays bianco, cotto e lavato, e che s’assomiglia all’Amydon, che si fa in
Spagna per gli ammalati con dell’acque proprie e convenevoli à lor mali; et il quale, essendo dato solo, deve esser tenuto per
temperato, com’egli apparisce al suo gusro dolce et aggradevole, rassomigliandosi anco all’Amandorle, le quali hanno questo
temperamento moderato. Per questa ragione i Medici della Nuova Spagna danno questo Mays mescolato con il zucchero ai loro
ammalati con buonissimo successo, all’hora che eglino non sono travagliati punto da eccessiuo calore” (Roma, pp.83-84).
150 La traduzione francese: “une boüillie” (p.149). Quella italiana: “polenta fatta di farina di Grano d’India” (Roma, p. 43;
edd. italiane: “introdotta dopo che gli Spagnuoli han cominciato ad adoprar la Cioccolata”.(Roma, p.43; Venezia, p.46).
152 “Tecomate” o “Tocomate”, nel nostro testo, cui il traduttore francese aggiunge in nota: “Les Méxiquains appellent
Tecomatés certains vaisseaux ou gobelets qùils font du fruit de Cocos, dans lesquels ils boivent le Chocolate. Ils les font aussi
des fruits de l’arbre appellé par les espagnols Higuero. L’arbre est fort grand, lequel a les feüilles semblables en figure et
grandeur à celles de nôtre meurier et porte des fruicts comme des citrouilles, dont les Sauvages font des gobelets pour boire le
Chocolate. Je n’ay rien icy à dire des Palmes qui portent les cocos qui est une des merveilles de la nature: Je remarqueray
seulement avec le Docteur de Linschot que le Cocos est couvert de deux écorces, la première desquelles est veluë, de laquelle
ils font des cables et cordages; de l’autre on en fait des gobelets. L’opinion vulgaire estant que tels gobelets ont quelque vertu
contre l’apoplexie, et c’est dans ces gobelets proprement que l’on boit le Chocolate “ (pp.151-152). Da qui prende Bologna:
“et havendo messa in un bicchiere di terra o di cocco, che essi chiamano Tecomate, 20. X. tanto di Cioccolata quanto bisogna
versarvi sopra un poco di acqua calda, e col molinello disfar bene la Cioccolata” (p.40). Idem Venezia (p.46).
153 La “olla” è una pentola di terracotta. La traduzione italiana: “pentolino o caldarino”.
257
Esiste ancora un altro modo di bere la Cioccolata, che è freddo, il cui nome è derivato154
dal suo principale ingrediente per cui si chiama Cacao. Esso viene usato come rinfresco
durante le feste e si prepara nel seguente modo: si stempera il Cioccolato in un poco d’ acqua
con un frullino e si toglie la schiuma che aumenta e risulta in maggiore quantità quando il
Cacao è più vecchio e putrido; quindi si raccoglie in una ciotola o tazza d’argilla questa
schiuma che dev’essere separata man mano; infine si mette lo zucchero su quel che rimane e
dall’alto si versa il tutto sulla schiuma che si era separata155 e si beve così, fredda. Tuttavia,
questa bevanda è così fredda che non è adatta a tutti gli stomaci. La stessa esperienza ci
dimostra i danni che provoca nel dare dolori di stomaco soprattutto alle donne. Ne direi la
causa, ma la tralascio per non essere troppo prolisso 156.
C’è ancora un altro modo di berla fredda 157, detto “Cacao pinoli” 158, il quale si fa
aggiungendo al Cioccolato stesso (dopo averne preparato la confezione, come abbiamo detto)
un’ uguale quantità di mais tostato e ben macinato, il quale dapprima è stato mondato dal suo
guscio. Questo mais, macinato e pestato sulla pietra insieme al Cioccolato stesso, si riduce tutto
in polvere che viene a mischiarsi con quella del Cioccolato. Da queste polveri tutte stemperate,
come abbiamo detto, si fa la schiuma che si prende e beve allo stesso modo della precedente.
Esiste anche una maniera più rapida, per uomini d’affari che non possono aspettare, la
quale è più salutare ed è quella di cui io faccio uso: si fa riscaldare l’acqua e, mentre questa si
riscalda, si mette una tavoletta o si gratta un poco di Cioccolato in un piccolo boccale e lo si
mescola con lo zucchero. Quando l’acqua è calda, lo si versa dentro, lo si mescola con il frullino
e si beve così, senza aver separato la schiuma come invece si faceva negli altri modi.
154 Il Cobarruvias: “Alçarse a mayores, no querer dar parte de la presa a los demás, como hermano mayor y más poderoso”.
Carbonell: “alzarse a mayores”= “insuperbirsi”. La traduzione italiana: “la quale ha preso il nome dal suo principal ingrediente,
e si fa nominar Cacao” (Roma, p 45; Venezia, pp.47-48).
155 Difficile l’interpretazione di questo passaggio. Il traduttore francese legge: “On recueille cette écume dans un gobelet de
Xicara ou de Coco, et qui est appellé tecomaté que l’on met à part, et au même vaisseau on y met le succre; puis on y verse
l’écume qùon a tirée à part et on le boit ainsi froid.” (p154). In realtà non è la schiuma che viene versata sulla Cioccolata ma il
contrario, così come l’espressione “ en aquel assiento que queda” non significa “nello stesso recipiente” ma “su ciò che rimane”.
La traduzione italiana ovviamente segue quella francese: “Si piglia poi quella schiuma e si mette da parte, e nel medesimo vaso
si mette del zucchero, e poi vi si versa la schiuma che si era posta da banda, e si beve cosi fredda”. (Roma, p 45 - con la variante
“questa schiuma”; Venezia, p.48; Bologna, p.42).
156 Seguo qui la traduzione francese: “ J’en dirois la cause mais je la laisse à part pour n’estre trop prolixe”. (p.154).
157 S’intende: la Cioccolata.
158 “pinole” è una mistura di vaniglia in polvere e altre spezie aromatiche che si usava in Spagna per profumare la cioccolata.
In Messico, Guatemala e Honduras il “pinol” è un dolce di granoturco tostato e macinato, zucca dolce, cacao e zucchero oppure
(Messico) qualsiasi materia in polvere.
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PARTE QUARTA
In quest’ultima parte ci resta da trattare della quantità di Cioccolata che si deve bere, dei
momenti in cui si deve prendere e delle persone alle quali essa è adatta; perché, se se ne beve
troppa –non dico solo di Cioccolata, ma anche di qualsiasi altro cibo o bevanda, per quanto
buono possa essere– può diventare dannosa, tanto che se su alcune persone ha un effetto
ostruente dev’essere per il troppo uso che esse ne fanno 159. Così come colui che beve troppo
vino, invece di esserne riscaldato, viene a soffrire di malanni freddi perché la natura non riesce
ad avantaggiarsi né a convertire in sostanza tanta quantità, allo stesso modo, colui che beve
troppa Cioccolata, siccome essa ha parti pingui, non può distribuirle nella stessa quantità
lungo tutto il corpo, e quelle che rimangono nelle sottili vene del fegato per forza diventano
occlusive e ostruenti; così, affinché non dia luogo a tale inconveniente, in inverno si possono
bere cinque o sei once 160 di Cioccolata la mattina. E, se il soggetto è collerico, invece di
prepararla con acqua comune, la prenda con acqua d’indivia. Lo stesso dicasi in estate per chi
la usa come medicina contro le occlusioni se ha il fegato caldo 161; mentre chi ha il fegato freddo
e ostruito, deve prenderla con acqua di rabarbaro. In effetti la Cioccolata può essere bevuta
regolarmente fino al mese di Maggio e particolarmente nei giorni temperati. Non approvo
invece il suo uso in Spagna nel periodo della canicola eccetto da chi, essendo abituato a berla,
non ne subisce alcun danno; e se questi fosse un soggetto caldo e sentisse la necessità di
prenderla in questo periodo, lo faccia, come ho detto, temperandola con acqua d’indivia, ogni
quattro giorni, e particolarmente se si sveglia con lo stomaco debole e floscio. E sebbene sia
vero che nelle Indie, pur essendo una terra caldissima, essa viene bevuta tutto l’anno e che, di
conseguenza, si dovrebbe poterlo fare anche in estate in Spagna, 162 dico, in primo luogo che,
essendo un’ usanza, può essere tollerata; in secondo luogo che in quei paesi, al terribile caldo
che fa si unisce un’eccessiva umidità163, la quale aiuta, insieme al tremendo calore, ad aprire i
pori. E così viene dissolta e devastata la nostra sostanza, causa per la quale, non soltanto di
mattina, ma a qualsiasi ora del giorno, la Cioccolata viene bevuta senza che causi alcun danno.
Ed ciò è così vero perchè con il caldo eccessivo della regione, viene esalato il calore naturale,
e quello dello stomaco e delle cavità interiori viene diffuso verso quelle esteriori in tal modo
che, sebbene faccia tanto caldo, gli stomaci sono così freddi che solitamente ne traggono
profitto. E non mi riferisco soltanto alla Cioccolata che, come ho dimostrato, è moderatamente
calda, ma anche al vino puro il quale, anche se fa moltissimo caldo, non è dannoso ma, anzi,
ristora lo stomaco; invece, se col troppo caldo si beve acqua, il danno che ne risulta è molto
grande perché lo stomaco si raffredda ulteriormente e di qui<derivano> i problemi di
digestione164 e altri mille danni.
159 La traduzione francese: “ pource que plusieurs usant excessivement, je ne dis pas seulement du Chocolate, mais aussi de
toute autre sorte de viande et breuvage quelque bon et excellent qùil puisse estre, en reçoivent de l’incommodité et du détriment.
Et si quelques personnes s’en trouvent opilées c’est pour son usage excessif.” (pp.156-157). Uguale è la traduzione italiana:
“Perché vi sono molti che l’adoperano con eccesso: e non dico solamente della Cioccolata, ma anche di tutte le bevande le
quali, per eccellenti che sieno, possono cagionare inconvenienti e detrimento” (Roma, p.48; Venezia, p.50).
160 La traduzione italiana riduce la dose indicata: “una, o al più, due oncie” (Roma, p.49; Venezia, p.51; Bologna, p.45).
161 La traduzione italiana: “e intemperie calde del fegato” (Roma, p.49; Venezia, p. 51; Bologna, p.45).
162 La traduzione italiana aggiunge: “e molto più in Italia” (Roma, p.50; Venezia, p.52; Bologna, p.46).
163 Dice la traduzione francese: “que l’excessive chaleur de ces pays-là se trouvant conjointement avec une excessive humidité
laquelle ayde à ouvrir les pores du corps, il arrive qùil se fait une si grande dissipation de la propre substance du corps, que
l’on peut non seulement le matin, mais aussi à toute heure prendre du Chocolate sans aucun detriment.” (pp.159-160). La
traduzione italiana: “l’eccessivo calore di quei paesi dell’India e sempre congiunto con un’ eccessiva humidità, la quale aiuta
ad aprire li pori del corpo, donde si fa una sì grande dissipatione della propria sostanza del corpo che la persona può non
solamente la mattina, ma anche a tutte l’hore prender la Cioccolata” (Roma, pp. 50-51; Venezia, p.52).
164 Legge la traduzione francese: “Que parmy ces chaleurs excessives les Indiens viennent à boire de l’eau ils en reçoivent un
notable détriment par le refroidissement de leur estomac, par lequel la coction vient à se corrompre et se produisent beaucoup
d’autres maladies.” (p.161). Lo stesso la traduzione italiana: “Che se in mezzo a questi calori eccessivi gl’Indiani bevon
dell’acqua, ne ricevon notabile detrimento per il raffreddamento dello stomaco, per il quale la concottione si viene a corrompere
e si producono molti altri malori” (Roma, pp. 51-52; Venezia, p.53).
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Bisogna altresì osservare che le sostanze terrestri, le quali, come ho detto, sono presenti
nel Cacao, cadono sul fondo della chicchera quando si prepara la bevanda, e ci sono persone
alle quali pare che ciò che rimane sul fondo sia la parte migliore e più sostanziosa e la bevono
arrecandosi non poco danno perché, oltre ad essere una sostanza terrestre, grassa e occlusiva,
è di natura malinconica; così si deve evitare di berla accontentandosi solo della parte migliore
che è anche quella più sostanziosa.
Per ultimo rimane da risolvere una difficoltà segnalata poco sopra: ossia, qual è la causa
per cui la Cioccolata fa ingrassare la maggior parte delle persone che la bevono, considerato
che tutti i suoi ingredienti, al di fuori del Cacao, sono più propri a far dimagrire che a
ingrassare, essendo caldi e secchi in terzo grado. Inoltre, come abbiamo già detto all’inizio, nel
Cacao le qualità predominanti sono la freddezza e la secchezza, anch’esse inadatte a far
impinguare.
Ciononostane affermo che le molte parti burrose le quali, come ho dimostrato, sono
contenute nel Cacao, sono quelle che rimpinguano e ingrassano; mentre quelle calde che
rientrano in questa composizione servono loro da guida e veicolo per farle passare attraverso
il fegato e le altre parti finché non raggiungono quelle carnose: qui, trovando una sostanza
simile, cioè calda e umida come quella burrosa, si convertono in sostanza della persona e la
fanno ingrassare e impinguare165.
Si potrebbero dire molte altre cose prese da fonti filosofiche e mediche, ma le tralascio
essendo più consone alle Scuole che a questo scritto. Faccio soltanto notare che alla mia ricetta
si possono aggiungere semi di melone, zucca e “valenzía” 166, tostati e ridotti in polvere, per
coloro che avessero calore nel fegato o nei reni; e, se si presentassero delle ostruzioni nel fegato
e nella milza, con malessere freddo, si può mescolare polvere di doradilla 167. Infine, a tutto ciò,
per dare profumo, un po’ d’ambra o di muschio. E non sarà poco se questo “discorso” piacerà
a tutti168.
165 Molto più esplicativa è la traduzione francese: “ Neantmoins je dis que la grande quantité des parties butyreuses que j’ ay
prouvé estre au cacao sont celles qui engraissent, et que les ingrédiens chauds de cette composition servent de conduite et de
véhicule pour les faire passer par le foy Iet par les autres parties jusques à ce qùelles soient arrivées aux parties charnuës: là où
trouvvant une substance qui leur est conforme et semblable, sçavoir chaude et humide, telles que sont ces parties butyreuses en
se convertissant en la substance du subjet, elles l’augmentent et l’engraissent.” (pp.162-163). La traduzione italiana: “
Nulladimeno dico che la gran quantità delle parti butirose, che io ho provato essere nel Cacao, sono quelle che ingrassano: e
che gl’ingredienti caldi di questa compositione servono di condotta e di veicolo per farle passare per il fegato e per l’altre parti,
finché arrivano alle parti carnose, dove, trovando una sostanza che è a loro conforme e simile, cioè calda et humida, che sono
le parti butirose, e convertendosi nella sostanza del suggetto, l’aumentano e l’ingrassano.” (Roma, p.53; Venezia, p.55).
166 Anche il traduttore francese non traduce il termine: “Je n’ay peu sçavoir qùelle drogue c’estoit que la Valenzia; on peut dire
toutesfois qùelle est de même nature que le concombre”. (p.164). La traduzione italiana legge: “semi di Mellone, Cedriolo e
Cocomero” (Roma - con la variante “Melone -, p.54; Venezia, p.55; Bologna, p.49).
167 Si tratta di una pianta della famiglia delle felci. La traduzione italiana legge: “Scolopedre”.
168 NOTA: Alla traduzione francese segue: Du Chocolate. Dialogue entre un Médecin, un Indien et un Bourgeois, composto
da Barthélemy Marradon, della città di Marchena, e stampato a Sevilla nel 1618 ( qui, ovviamente, tradotto in francese).
Nell’Introduzione, il traduttore avvisa che si è servito non dell’ originale ma di una copia manoscritta di Roma, presa dalla
Biblioteca del Cavaliere del Pozzo, nella quale ha trovato numerosi errori, fatto che l’ha costretto a seguire più il senso
dell’Autore che ad attenersi a una versione letterale. Alle edizioni di Roma e Venezia seguono le “ANNOTATIONI O’ ESAME
Sopra gl’ingredienti DELLA CIOCCOLATA” (Roma, pp. 55-77; Venezia, pp.57-80). Le annotazioni sono una traduzione
letterale delle esplicazioni che il traduttore francese aveva inserito nelle note circondanti il testo. Per questo motivo ho preferito
riportare in nota tali Annotationi in lingua francese piuttosto che in italiano. Aggiungo ancora che delle edizioni italiane quella
di Roma è l’unica a riportare il dialogo di Marradon con il seguente titolo: “DELLA CIOCCOLATA DIALOGO Tra un
Medico, un Indiano et un Paesano,” (pp.78-94). Si tratta, anche in questo caso, di una traduzione letterale dal francese da cui
si desume che neppure il Vitrioli abbia avuto sotto gli occhi l’originale.
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