Fondamenti Di Acustica
Fondamenti Di Acustica
Fondamenti Di Acustica
Fabrizio Francia
Conservatorio di Adria
Pendolo semplice
C D
B
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Si chiama oscillazione semplice ogni movimento di andata da C a D, o di ritorno da D a C.
Si chiama oscillazione doppia il movimento completo di andata e ritorno C-D-C.
Per ampiezza dell’oscillazione s’intende l’angolo C-A-D compreso fra le due posizioni
estreme raggiunte dal pendolo.
Le leggi delle oscillazioni pendolari sono le seguenti:
1. (detta legge di Galileo) Le oscillazioni di un pendolo sono isocrone (cioè mantengono
invariata la durata anche se diminuisce l’ampiezza)
2. Il periodo non dipende dalla forma, dalla materia o dal peso del pendolo, ma
3. è proporzionale alla radice quadrata della lunghezza del pendolo. Se, per esempio, un
pendolo lungo 1 metro impiega 1 secondo nel compiere un’oscillazione, perché esso
impieghi 2 secondi nel compierla occorre che il pendolo sia lungo 4 metri; perché impieghi
3 secondi esso dovrà essere lungo 9 metri; ecc…
Naturalmente le oscillazioni del pendolo sono inesorabilmente attenuate fino all’arresto dall’attrito
del filo con il chiodo, o altro a cui è fissato, e dall’attrito con l’aria.
I vecchi metronomi ad asticella erano costruiti basandosi sulla III legge dell’oscillazione
pendolare, infatti era praticamente un pendolo (capovolto), mosso da un meccanismo a ricarica (che
fornisce l’energia sufficiente a compensare gli attriti del meccanismo e a permettere che non si
fermi il congegno), le cui oscillazioni possono essere regolate in velocità mediante lo spostamento
di un peso lungo l’asta del pendolo graduata da 40 a 208 (come se si allungasse od accorciasse il
pendolo). Questi numeri indicano il numero di oscillazioni semplici che il metronomo compie in un
minuto (quindi, per esempio, se lo regoliamo a 60 vuol dire un movimento al secondo).
L'orologiaio di Amsterdam, Dietrich Nikolaus Winkel, nel 1813 costruì un metronomo a
doppio pendolo, che non riproduceva battiti udibili, ma andava osservato, ed è considerato il vero
inventore del metronomo moderno.
Johann Nepomuk Mälzel nel 1816 brevettò lo strumento, modificandolo per ottenere un
battito anche sonoro e non solo visivo. Winkel gli fece causa e la vinse, tuttavia Mälzel continuò a
godere sia della fama che dei benefici economici dell'invenzione non sua.
Il moto vibratorio prodotto da un corpo sonoro non si propaga nell’aria all’infinito: esso
raggiunge un certo limite, esaurendosi a poco a poco la forza iniziale a causa degli attriti e delle
resistenze passive.
Il movimento delle onde però potrebbe trarre in inganno:
l’aria vibra, rimanendo tuttavia ferma allo stesso punto.
Un esempio che lo dimostra è la Ola (termine spagnolo che significa: onda) che i tifosi creano allo
stadio: sembra che un’onda corra sugli spalti, mentre i tifosi semplicemente si alzano e si abbassano
in sequenza.
2. L’intensità del suono è soggetta a modifiche dall’agitazione dell’aria e dalla direzione del
vento: quando c’è vento il moto è più intenso nella direzione del vento che in senso
contrario.
3. La densità dell’aria influisce notevolmente sull’intensità del suono: in alta montagna, ove
l’aria è rarefatta, i suoni ed i rumori si odono molto attenuati; per esempio un colpo di fucile
si percepisce molto indebolito.
Le molecole d'aria sono relativamente separate le une dalle altre, e quindi il suono si muove
più lentamente nell'aria che in un mezzo più denso come l'acqua: in genere più il mezzo è denso più
il suono lo attraversa velocemente.
Nell’acqua a 20° il suono si propaga con velocità circa quattro volte maggiore di quella
dell’aria, circa 1500 metri/secondo, mentre nei solidi la velocità è ancora superiore e varia dal tipo
di sostanza: nel ferro è di circa 5000 metri/secondo.
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Riflessione del suono
Il suono si sposta nell’aria sotto forma di onda e se trova un ostacolo viene:
in parte riflesso
in parte assorbito
in piccola parte trasmesso al di là dell’ostacolo.
Il suono che ritorna è quindi una versione del suono originale indebolito in ampiezza e filtrato sulle
frequenze alte. Il suono viene filtrato sulle frequenze alte per due motivi:
1. quasi tutti i materiali assorbono di più le frequenze alte rispetto a quelle basse;
2. l’aria assorbe un po’ di frequenze alte.
Le onde si riflettono contro l’ostacolo con l’angolo d’incidenza uguale a quello di riflessione.
punto di riflessione
ostacolo
45° 45°
Riverbero ed Eco
Quando la distanza tra la fonte sonora e l'ostacolo che riflette il suono è inferiore a 17 metri
si ha il fenomeno del riverbero, cioè il suono riflesso ritorna verso la sorgente sonora e si
sovrappone, generando un'impressione di minor nitidezza. Questo fenomeno si verifica
generalmente all'interno di una stanza o di un salone, perciò, nella progettazione di teatri e sale da
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concerto, è importante prevedere e controllare il riverbero che si genererà, per evitare che il
fenomeno generi confusione ed alterazioni sonore.
Quando invece la distanza tra la sorgente sonora e l'ostacolo che riflette il suono è uguale o
maggiore di 17 metri, si ha il fenomeno dell’eco, cioè il suono riflesso ritorna verso la fonte sonora
senza generare confusione e sovrapporsi al suono originale, ed è percepito distintamente dal suono
generatore.
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L’orecchio esterno
L’orecchio esterno è costituito dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno, un sottile
“tubo” che termina in una membrana detta timpano.
determinare la localizzazione della sorgente sonora (operazione che non potrebbe essere
effettuata con uguale precisione se avessimo un solo orecchio anziché due);
L’orecchio medio
È costituito dalla membrana timpanica, da tre ossicini (martello, incudine, staffa), da una
seconda membrana, la finestra ovale, che costituisce la porta di accesso all’orecchio interno.
Il timpano è una sottilissima membrana, tenuta in tensione dal muscolo timpanico, e capace
di entrare in vibrazione, se investita dall’onda sonora proveniente dall’esterno attraverso il condotto
uditivo. Grazie alle proprietà di elasticità di tale membrana e ad un meccanismo di amplificazione
che descriveremo tra poco la sensibilità del timpano è straordinaria: è sufficiente una variazione di
livello di pressione pari a 0,2 miliardesimi della pressione atmosferica per attivare la sensazione
sonora; a questi livelli di pressione lo spostamento della membrana timpanica è dell'ordine di 10-9
cm (un decimo circa del raggio dell'atomo di idrogeno).
L’orecchio interno
Le strutture fondamentali dell’orecchio interno sono:
la coclea o chiocciola, un canale a forma di chiocciola scavato nell’osso temporale
all’interno del quale corrono diverse gallerie riempite con un liquido, chiamato perilinfa, a
cui viene trasferita la pressione esercitata dalla staffa sulla finestra ovale, membrana che
separa l’orecchio medio dalla coclea;
la membrana basilare, una sottile membrana che divide due gallerie (denominate zona
vestibolare e zona timpanica) all’interno della chiocciola e che va ispessendosi man mano
che ci si allontana dalla finestra ovale. Essa termina in un'apertura detta elicotrema che
mette in comunicazione le due gallerie e permette alla perilinfa di passare da una parte
all'altra della membrana basilare.
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La funzione di tale membrana è di entrare in oscillazione se sollecitata dall’onda di
pressione del liquido cocleare, in modo simile a quello di una corda pizzicata. L'apertura
dell'elicotrema fa sì che l'onda di pressione si propaghi sia sopra che sotto la membrana basilare.
La modalità di oscillazione di tale membrana in rapporto all’intensità, alla frequenza e alla
composizione spettrale dell’onda sonora “catturata” dal padiglione auricolare, gioca un ruolo
fondamentale nel meccanismo di trasduzione, che è il primo livello alla base della percezione
dell'intensità, della percezione dell'altezza e del timbro dei suoni.
È stato osservato che le onde generate dalle basse frequenze si spingono più avanti nella
chiocciola, mentre le alte frequenze si esauriscono prima. In tal modo, le cellule poste all'inizio
della chiocciola sono interessate solo dalle alte frequenze. Le onde generate dalle frequenze più
basse, invece, riescono a penetrare di più e vanno a toccare anche cellule che stanno più all'interno
della chiocciola.
In pratica, l'organo del Corti è un raffinato analizzatore che scompone il suono nelle sue
componenti basse, medie e alte inviando al cervello informazioni differenziate per ogni registro.
Se si va a vedere quali cellule rispondono alle diverse ottave, si nota che la loro distanza è
all'incirca uguale.
La figura mostra la distanza percorsa all'interno della chiocciola dalle onde generate da diverse
frequenze. Le onde di frequenza pari al LA7 (3520 Hz) penetrano per circa 12 mm, quelle del LA6
per circa 17 mm, quelle del LA5 per circa 22 mm e così via. Si nota che un salto di 8va corrisponde
a circa 5 mm all'interno della chiocciola. Di conseguenza un salto di frequenza variabile in termini
di Hertz, come quello dell'8va, quando arriva all'organo del Corti viene mappato su uno spazio
all'incirca sempre uguale.
Si ritiene che questa sia la ragione per cui noi percepiamo come identici gli intervalli, cioè i rapporti
e non le differenze di frequenza.
Si nota anche un'altra cosa. L'estensione di frequenze che va approssimativamente da 20 Hz
fino a 4000 Hz copre circa i due terzi dell'estensione della membrana basilare (dai 12 ai 35 mm
dalla base) su cui risiede l'organo del Corti. La rimanente porzione della scala di frequenze (4000 -
20000 Hz) è compressa nel rimanente terzo. Di conseguenza, in quest'ultima parte, composta da
suoni acutissimi per l’essere umano, la percezione è più difficoltosa, meno precisa.
Il range di frequenze fra 20 e 4000 Hz corrisponde alle prime 7 ottave musicali, la gamma di
suoni usata in musica. L'estensione del pianoforte corrisponde esattamente a questo intervallo di
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frequenze, la dimostrazione che la nostra musica si è sviluppata in base alle capacità del nostro
sistema uditivo.
l’organo del Corti, è una struttura gelatinosa appoggiata alla membrana basilare e munita di
ciglia direttamente connesse alle fibre nervose. Le ciglia vengono flesse dal moto
oscillatorio della membrana basilare. È tale movimento ad indurre le cellule dell’organo del
Corti a generare impulsi elettrici da inviare alle terminazioni nervose che, tramite il nervo
uditivo, vengono convogliate al cervello. Il meccanismo di trasduzione vero e proprio
avviene quindi a livello dell’organo del Corti.
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compensazione, il timpano potrebbe essere danneggiato dalla differenza di pressione tra il
suo interno e l'esterno.
il labirinto, una struttura connessa alla coclea, formata da tre canali semicircolari orientati
secondo tre direzioni ortogonali e pieni di liquido. Grazie alla disposizione di tali canali ogni
movimento della testa mette in moto, con una certa inerzia, il liquido contenuto nei canali.
Questo, a sua volta determina l'eccitazione di diversi gruppi neuronali, portando
all'elaborazione dell'informazione sullo stato di movimento del capo. Il sistema nervoso
centrale, integrando queste informazioni con quelle provenienti dagli occhi e dai muscoli del
corpo, ci permetterà di mettere in atto gli aggiustamenti posturali necessari per il
mantenimento dell'equilibrio e la guida del movimento volontario. Esso inoltre ci consente
di valutare consciamente la nostra posizione in un sistema di riferimento geocentrico.
Inviluppo
Ogni suono ha una sua evoluzione
dinamica. Ci sono suoni con attacco
istantaneo come le percussioni o il
pianoforte, mentre altri hanno un attacco
più dolce e graduale come il flauto.
Alcuni suoni possono essere tenuti
finchè l'esecutore desidera (o ha fiato),
mentre altri scompaiono in un tempo più o
meno lungo senza che l'esecutore possa
influire sul loro comportamento.
In figura vedete una nota di vari
strumenti Il profilo della variazione
dinamica è evidenziato in rosso.
Il piano e il tamburo hanno un
attacco immediato e poi il suono può solo
diminuire gradualmente di intensità. La
tromba ha un attacco rapido, caratterizzato
da un lieve sforzato, ma poi il suono può
essere tenuto per un certo tempo.
Il contrabbasso ha un attacco più lento a causa della lunghezza e dello spessore delle corde.
Guardando questa immagine si deduce che, per quanto riguarda l'evoluzione dinamica,
esistono due classi di strumenti che hanno un comportamento molto diverso.
Strumenti a evoluzione libera, sono quelli in cui l'esecutore si limita a fornire una energia
iniziale, ma poi non può fare altro per influire sull'evoluzione dinamica del suono che
diminuisce gradualmente fino all'estinzione. Esempi: corde pizzicate (arpa, chitarra, archi
pizzicati, clavicembalo) o percosse (pianoforte), strumenti a percussione.
Strumenti a evoluzione controllata, sono quelli in cui l'esecutore deve continuare a fornire
energia per mantenere il suono. Nel momento in cui l'esecutore cessa di dare energia, il suono
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scompare più o meno rapidamente. Esempi: strumenti ad arco e a fiato, voce, organo (in
quest'ultimo caso l'energia e fornita dal motore).
I due casi quindi sono molto diversi. Nel secondo, l'esecutore può controllare
completamente l'evoluzione dinamica del suono nel tempo fino a ottenere sforzato o crescendo
anche all'interno del suono singolo.
Con uno strumento a fiato, per es., una singola nota può attaccare rapidamente, abbassarsi
molto di volume e poi tornare a crescere nel finale. Tutto questo è impossibile con gli strumenti a
evoluzione libera.
I suoni, quindi, differiscono notevolmente per quanto riguarda la loro evoluzione dinamica.
La variazione dinamica di un suono nel tempo è detta inviluppo.
Un inviluppo può avere fino a 4 fasi in sequenza:
1. Attacco (attack) - corrisponde all'inizio del suono e dura fino al momento in cui il suono ha
raggiunto la massima energia. Può essere immediato (l'attacco del piano o di uno strumento
a percussione dura circa 1/100 di secondo) o graduale (negli strumenti ad arco e a fiato
l'esecutore può creare un attacco in crescendo della durata di vari secondi). Tutti i suoni
hanno un attacco.
2. Decadimento (decay), detto anche decadimento iniziale o primo decadimento: in alcuni
strumenti (es. ottoni), all'attacco segue una breve e rapida diminuzione di ampiezza, prima
che il suono si stabilizzi. Di solito è dovuto al fatto che il suono scatta solo quando si supera
una certa soglia di energia (es. una certa pressione del soffio), non prima. La conseguenza di
questo scatto è un attacco abbastanza rapido seguito da un breve decadimento.
3. Tenuta (sustain), è la fase in cui il suono rimane stabile mentre l'esecutore continua a
fornire energia. Ovviamente non esiste negli strumenti a evoluzione libera.
4. Rilascio (release), detto anche decadimento finale: è la fase che inizia nel momento in cui
l'esecutore smette di dare energia e il suono decade più o meno rapidamente. Questa fase
può essere anche molto lunga negli strumenti a evoluzione libera (note basse del piano),
mentre è di solito breve in quelli a evoluzione controllata. Tutti i suoni hanno un rilascio.
In figura vedete lo
schema generico dell'inviluppo
e gli inviluppi reali di alcuni
strumenti. Notate che non tutti i
suoni hanno tutte le 4 fasi.
Alcuni ne hanno meno.
Gli strumenti a
evoluzione libera non hanno né
decadimento, né tenuta. Anche
se alcuni vedono come
decadimento il rapido calo di
ampiezza che segue la
percussione o il pizzicato, si
può dire che questi strumenti
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abbiano solo 2 fasi: attacco e rilascio (l'esecutore fornisce l'energia all'inizio e poi non può fare
niente).
Al contrario, negli strumenti a esecuzione controllata, l'esecutore può influenzare
notevolmente l'inviluppo. Gli archi, per es., normalmente non hanno un decadimento perché
l'ampiezza del suono cresce rapidamente con il movimento dell'arco e raggiunge uno stato di tenuta
senza scatti (3 fasi: attacco, tenuta, rilascio), ma l'esecutore può creare un decadimento suonando
sfz.
Negli ottoni, invece, il decadimento di solito esiste per le ragioni già esposte, ma l'esecutore
può evitarlo eseguendo un attacco dolce. Al limite, sia negli archi che nei fiati, è possibile creare un
inviluppo formato solo da un attacco molto lungo e da un rilascio come nel caso di una minima
suonata in crescendo pp < ff.
Considerate, infine, che le 4 fasi dell'inviluppo sono schematiche: si tratta di una
semplificazione utile per studiare l'evoluzione dinamica dei suoni. Anche nella fase di tenuta, il
suono non è mai perfettamente fermo (non sarebbe umano) anche a causa di pratiche esecutive
come il vibrato.
In alcune situazioni, infine, si verificano variazioni di
ampiezza molto rapide dette transienti, soprattutto nel corso
dell'attacco quando il mezzo inizia a vibrare, ma non ha ancora
raggiunto la stabilità.
Osservate, nella figura a destra, i primi 2 decimi di
secondo di una nota bassa di pianoforte studiati "al microscopio"
e notate quante micro-variazioni di ampiezza si possono
chiaramente vedere.
Sono dovute al fatto che una corda lunga e spessa come
quella di una nota bassa del piano, percossa dal martelletto in un
punto vicino a una estremità, impiega un certo tempo a entrare in
vibrazione nella sua interezza. Di conseguenza, all'inizio, ha un
comportamento irregolare in cui al suono si mescola anche il rumore del martelletto che viene ad
essere parte integrante dell'attacco del piano.
Quindi l’altezza è la proprietà che ci permette di distinguere un suono acuto da uno grave.
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La caratteristica dei suoni che ci dà la sensazione dell’altezza è la periodicità delle onde.
In figura un frammento delle onde prodotte da una nota singola di un clarinetto. Guardando la
figura si nota che l’andamento di queste onde non è casuale. Esiste un ciclo che si ripete di
continuo. Queste onde sono periodiche.
In figura un frammento delle onde prodotte da un colpo di piatto di batteria. Si nota che, a
differenza delle onde del clarinetto, in queste onde non è possibile individuare con facilità un ciclo
che si ripete. Queste onde non sono periodiche.
Ascoltando questo suono di piatto si nota subito che, a differenza di quello di clarinetto, non
è possibile attribuirgli una nota precisa, quindi si deduce che è la periodicità delle onde che ci dà
la sensazione dell’altezza precisa del suono.
Limiti dell’orecchio umano.
Gli esseri umani quando sono giovani possono sentire frequenze da 16 Hz a 20.000 Hz (con
l’età la capacità si riduce, un anziano sente all’incirca al massimo 10.000 Hz).
Al di sotto dei 16 Hz le frequenze si chiamano infrasuoni, al di sopra dei 20.000 Hz
ultrasuoni.
Gli infrasuoni sono caratterizzati dalla capacità di propagarsi su lunghe distanze e di
aggirare gli ostacoli con poca dissipazione. Gli infrasuoni possono essere prodotti da fenomeni
naturali (ad esempio i tuoni o il vento), da alcuni animali (come elefanti, coccodrilli e balene)
oppure da fonti artificiali (il traffico stradale, gli aerei, le fabbriche).
Gli ultrasuoni sono frequenze che solo alcuni animali hanno la capacità di sentire: i cani (per
i quali sono in commercio appositi fischietti di richiamo agli ultrasuoni); i delfini e le balene che li
usano per comunicare tra loro; i pipistrelli che li usano per “vedere” gli ostacoli mentre volano di
notte.
Fino al XVII secolo la frequenza di riferimento del LA per l’accordatura degli strumenti
musicali poteva variare da 370 Hz fino 560 Hz. Con lo sviluppo dei trasporti e quindi con
l’intensificare delle collaborazioni tra musicisti di luoghi sempre più lontani tra di loro, la differenza
della frequenza di riferimento del LA divenne un problema. Per unificare questo importante
riferimento dal XVIII secolo al XX secolo furono organizzati diversi congressi, dapprima tra
rappresentanze di luoghi confinanti, fino ad abbracciare molti stati. Uno dei più importati si è tenuto
nel 1939 a Londra, dove per la prima volta la frequenza del LA è stata fissata a 440 Hz.
La forma più semplice di onda sonora è detta Sinusoide (in figura).
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Valori positivi
Valori negativi
Il Periodo e la Frequenza sono strettamente collegati: se il ciclo di un'onda si ripete 100 volte al
secondo, ogni ciclo dura 1/100 di secondo. Quindi:
L’ampiezza del suono (Intensità) è lo scostamento dell'onda dalla linea di zero (non suono).
Come si vede nella figura l’onda oscilla intorno al punto zero (dove non c’è suono), passando da
valori positivi a valori negativi.
La distanza più piccola tra due punti corrispondenti dell’onda sonora (ad esempio tra due
massimi consecutivi) è detta Lunghezza d’onda. Essa è comunemente indicata con il simbolo L.
La lunghezza d’onda dipende dal periodo e dalla velocità di propagazione del suono.
La relazione tra lunghezza d’onda L, velocità del suono V e periodo P è:
Questa relazione dimostra che la frequenza è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda.
Possiamo calcolare le lunghezze d’onda delle frequenze estreme udibili, 16 Hz e 20.000 Hz: se
giriamo la formula
in con le unità di misura
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(come velocità di propagazione del suono usiamo quella nell’aria a 20°, 344 m/s)
otteniamo la lunghezza d’onda in metri:
Quindi un suono con una frequenza di 16 Hz, che si propaga nell’aria a temperatura di 20°, ha una
lunghezza d’onda di 21,5 metri;
mentre un suono con una frequenza di 20.000 Hz, che si propaga nell’aria a temperatura di 20°, ha
una lunghezza d’onda di 0,021 metri (2,1 centimetri).
Un’altra caratteristica dell’onda sonora è la Fase: il ciclo ha una certa forma; in ogni istante,
l’onda si trova in un punto di quel ciclo; la Fase è l’istante in cui l’onda si trova nel ciclo.
Si misura in gradi (da 0 a 360, come un angolo) o in radianti (da 0 a 2 pi-greco). Vedremo nei
battimenti l’importanza della fase.
Nella tabella sottostante sono riportate le frequenze corrispondenti alle note del sistema
temperato (evidenziata in verde chiaro l'estensione del pianoforte).
-1 0 1 2 3 4 5 6 7 8
C 16.35 32.70 65.41 130.81 261.63 523.25 1046.50 2093.00 4186.01 8372.02
C#/Db 17.32 34.65 69.30 138.59 277.18 554.37 1108.73 2217.46 4434.92 8869.84
D 18.35 36.71 73.42 146.83 293.66 587.33 1174.66 2349.32 4698.64 9397.27
D#/Eb 19.45 38.89 77.78 155.56 311.13 622.25 1244.51 2489.02 4978.03 9956.06
E 20.60 41.20 82.41 164.81 329.63 659.26 1318.51 2637.02 5274.04 10548.08
F 21.83 43.65 87.31 174.61 349.23 698.46 1396.91 2793.83 5587.65 11175.30
F#/Gb 23.12 46.25 92.50 185.00 369.99 739.99 1479.98 2959.96 5919.91 11839.82
G 24.50 49.00 98.00 196.00 392.00 783.99 1567.98 3135.96 6271.93 12543.85
G#/Ab 25.96 51.91 103.83 207.65 415.30 830.61 1661.22 3322.44 6644.88 13289.75
A 27.50 55.00 110.00 220.00 440.00 880.00 1760.00 3520.00 7040.00 14080.00
A#/Bb 29.14 58.27 116.54 233.08 466.16 932.33 1864.66 3729.31 7458.62 14917.24
B 30.87 61.74 123.47 246.94 493.88 987.77 1975.53 3951.07 7902.13 15804.27
Nella tabella si osserva una caratteristica importante. Se, per esempio, osservate la riga della
nota LA si può notare che la differenza di frequenza tra le varie ottave non è costante (più piccolo
nelle ottave basse, più grande in quelle alte). Tuttavia noi sentiamo una differenza costante, sempre
un intervallo di ottava. Quindi, la differenza non è costante, mentre invece è costante il rapporto: la
frequenza dell'ottava superiore è sempre il doppio di quella inferiore. Questa caratteristica è vera
per qualunque intervallo ed è per questo che per calcolare le altezze delle note ci si basa sui rapporti
che intecorrono tra ogni tipo di intervallo.
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Intensità
L’intensità è la proprietà che ci permette di distinguere i suoni in deboli o forti.
L’orecchio è sostanzialmente un sensore di pressione.
L’unità di misura dell’intensità del suono è il decibel.
Il decibel non è un’unità di misura paragonabile al metro o al grammo, ma è il rapporto tra due
misurazioni: il suono meno intenso udibile dall’uomo (un suono di frequenza di 1000 Hz a 0
decibel) ed il suono da misurare.
Il decibel (simbolo dB) è la decima parte del Bel (simbolo B), 10 dB = 1 B ed è un'unità di
misura logaritmica
La scala logaritmica non è sempre di uso intuitivo, per esempio, un aumento di soli 3 dB
corrisponde al raddoppio del livello misurato, e non ad un aumento di tre unità.
Utilizzando una scala logaritmica è molto più facile effettuare calcoli e misure su grandezze
che variano in un grandissimo intervallo di valori. Ad esempio, nel campo dell'acustica, l'orecchio
umano è sensibile ad intensità sonore che variano da 0 a circa 200 dB.
Questo intervallo sembra piccolo ma invece è spaventosamente grande: se si trattasse di
lunghezze avremmo a che fare con valori che spaziano dalla dimensione dello spessore di un foglio
di carta (10-4 m) a quelle di un anno-luce (1016 m).
Ogni valore in dB corrisponde ad un fattore di moltiplicazione o divisione (rispettivamente
in caso di aumento o diminuzione) della grandezza misurata.
Nella seguente tabella vengono riassunti brevemente i vari fattori di moltiplicazione o divisione.
dB Fattore moltiplicativo
1 x 1,25 Utilizzando il decibel le operazioni
2 x 1,6 matematiche sono semplificate. Per esempio per
3 x 2 moltiplicare due valori è sufficiente sommare i valori
4 x 2,5 in dB, mentre per dividerli, è sufficiente sottrarre i
5 x 3 valori in dB.
6 x 4 Se ad esempio abbiamo un suono che aumenta
7 x 5
di 34dB, significa che l’intensità che otterremo alla
8 x 6,3
fine sarà 2500 volte quella iniziale: 34dB equivale a
10+10+10+4 dB, che si trasformano in un fattore di
9 x 8
moltiplicazione di 10×10×10×2,5=2500 volte.
10 x 10
Viceversa, se il suono si riducesse di 27dB,
20 x 100
otterremo un’intensità 500 volte più piccola di quella
30 x 1000
iniziale, cioè 1/500: 27dB equivale a 10+10+7 dB, e
40 x 10000
per trovare di quante volte si riduce la nostra
50 x 100000
grandezza dobbiamo fare 10×10×5=500
60 x 1000000
70 x 10000000
80 x 100000000
90 x 1000000000
100 x 10000000000
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Timbro
Il timbro è la proprietà che ci permette di distinguere lo strumento o la voce che produce il
suono.
Il timbro dipende dal materiale con cui è costruito lo strumento, dalla sua forma e dal modo
con cui viene messo in vibrazione (es. una corda può essere sfregata, pizzicata, percossa).
Ogni suono è composto da un suono principale detto “fondamentale” e da una serie di suoni
secondari (di volume molto inferiore al suono fondamentale) chiamati “suoni armonici”, o “suoni
parziali”, o “ipertoni”, che si amalgamano col principale e non sono distinguibili dal nostro
orecchio.
Gli armonici, che non sono abbastanza forti da farsi intendere come suoni distinti, si
fondono con la fondamentale, “colorandola”, per così dire, in un modo che dipende dal loro
numero, qualità e intensità. Questa “miscela” di fondamentale ed armonici è l’origine del timbro
dello strumento.
Tutti i suoni armonici sono multipli di frequenza del suono fondamentale, quindi il secondo
armonico è Fx2 (frequenza del 1° armonico x 2), il terzo Fx3 (frequenza del 1° armonico x 3), il
quarto Fx4 (frequenza del 1° armonico x 4), e così via.
17
Continuando a suddividere la corda in parti uguali, si avrà una serie di suoni, detti suoni armonici,
parziali o ipertoni.
Prendendo per esempio il suono DO come fondamentale (o 1° armonico), ecco la serie dei primi
sedici armonici:
I suoni segnati con x si dicono falsi perchè sono un po' più alti o un po' più bassi di quelli
effettivamente segnati.
18
Da questo schema si può riassumere:
2
L’intervallo di 8a giusta è rappresentato dal rapporto (armonici 2° e 1°)
1
3
L’intervallo di 5a giusta è rappresentato dal rapporto (armonici 3° e 2°)
2
4
L’intervallo di 4a giusta è rappresentato dal rapporto (armonici 4° e 3°)
3
5
L’intervallo di 3a maggiore è rappresentato dal rapporto (armonici 5° e 4°)
4
6
L’intervallo di 3a minore è rappresentato dal rapporto (armonici 6° e 5°)
5
9
L’intervallo di 2a maggiore è rappresentato dal rapporto (armonici 9° e 8°)
8
16
L’intervallo di 2a minore è rappresentato dal rapporto (armonici 16° e 15°)
15
5
L’intervallo di 6a maggiore è rappresentato dal rapporto (armonici 5° e 3°)
3
8
L’intervallo di 6a minore è rappresentato dal rapporto (armonici 8° e 5°)
5
9
L’intervallo di 7a minore è rappresentato dal rapporto (armonici 9° e 5°)
5
15
L’intervallo di 7a maggiore è rappresentato dal rapporto (armonici 15° e 8°)
8
La conoscenza del fenomeno acustico degli armonici ebbe grande importanza nella
costituzione delle scale e della tonalità moderna, e costituì la base naturale sulla quale si
svilupparono tutte le leggi dell’armonia contemporanea.
Se noi infatti sovrapponiamo insieme armonicamente i primi sei suoni di una qualsiasi serie
armonica, otterremo un accordo perfetto maggiore:
19
Alcuni teorici hanno tentato di contrapporre alla serie degli armonici superiori una serie
simmetrica di armonici inferiori, ottenuta mediante procedimento contrario, per teorizzare l’accordo
minore.
Questo procedimento si è rivelato inammissibile per i fisici, perché un suono non può dare
origine ad una serie di suoni armonici più gravi della fondamentale.
La teoria formantica
Osservate questa analisi di un suono di chitarra effettuata nel punto segnato in azzurro, cioè
poco dopo l'attacco:
20
Ora, noi sappiamo che una corda vibrante, da sola, produce la fondamentale seguita da una
serie di armonici con ampiezza calante. Allora ci si può chiedere perché qui la seconda e la terza
parziale sono entrambe più forti della fondamentale? E perché anche le parziali seguenti non hanno
ampiezza regolarmente discendenti?
Tecnicamente, si dice che questo spettro mostra dei formanti.
formante = concentrazione di energia acustica in una certa banda di frequenza
Ne consegue che le parziali che si trovano entro quella banda hanno una ampiezza maggiore
del normale. In figura vedete i formanti in questo spettro di chitarra.
In pratica, la cassa armonica amplifica il suono, ma non agisce nello stesso modo su tutte le
frequenze. Alcune sono amplificate maggiormente, altre vengono attenuate. In pratica
la cassa armonica è un filtro che con la sua azione crea i formanti, che non devono essere visti
come una cosa negativa perché caratterizzano timbricamente il suono di tutto lo strumento.
21
Questo fenomeno ha un importante effetto collaterale: la cassa armonica è fissa; non cambia da una
nota all'altra e, nello stesso modo, sono fisse le sue frequenze di risonanza. Quindi anche i formanti
che essa crea sono sempre negli stessi punti, qualsiasi nota si faccia.
Ora, osservate questi due spettri di violoncello relativi a due note a distanza di 8va:
Se osservate lo spettro del DO 8va alta, il secondo, noterete che nell'area del primo formante
cadono la prima e la seconda parziale (fondamentale e secondo armonico). In questa nota la
fondamentale è la componente più forte.
Se ora guardate il DO più basso (il primo), noterete che, essendo una 8va sotto e essendo il
formante fisso, a cadere nella sua area qui sono la seconda e la terza parziale. Di conseguenza, qui
non è la fondamentale, ma la terza parziale a essere la componente più forte. Il che significa che, in
un singolo strumento, il timbro cambia, sia pure gradualmente, da una nota all'altra.
La cosa non si verifica solo negli strumenti con cassa armonica. Dalle analisi di note di
tromba si può constatare come cambia lo spettro su varie note. Non esistendo una cassa armonica, i
formanti della tromba sono meno complessi di quelli degli strumenti con cassa, ma esistono e sono
dovuti alla risonanza della campana e del corpo dello strumento.
22
Probabilmente è proprio questo cambiamento timbrico provocato dai formanti ad aver
generato la nozione di "registro". Si dice, infatti che lo strumento entra in un altro registro quando il
cambiamento timbrico diventa avvertibile.
Il principale strumento che si basa sui formanti resta comunque la voce. La differenza fra le
vocali, infatti, è legata unicamente alla posizione dei formanti che viene modificata dalle diverse
posizioni che può assumere il tratto vocale.
Sulle scoperte relative ai formanti si basa la teoria formantica del timbro secondo la quale il
nostro sistema percettivo riesce a riconoscere la posizione dei formanti e proprio in base a questi
ultimi è in grado di identificare lo strumento anche se in realtà lo spettro cambia di nota in nota.
Si può quindi affermare che anche la posizione dei formanti gioca un ruolo importante nel
riconoscimento del timbro.
Ora prendiamo un software adeguato sul computer, riproduciamo la forma d'onda inserendo
le parziali armoniche trovate con l'analisi, ognuna con la sua ampiezza, e diamo al suono un
inviluppo simile a quello del pianoforte. Ne esce qualcosa di simile, ma decisamente non uguale.
Quindi la teoria non funziona. Cosa manca?
Il primo problema sta nel fatto che i suoni reali non sono fissi. Nella realtà l'ampiezza delle
parziali non rimane fissa, ma cambia durante lo svolgersi dell’inviluppo.
Nelle fasi di attacco e rilascio cambia notevolmente, ma anche nella fase di tenuta, in cui il
suono sembra fisso ed invece ci sono dei leggeri cambiamenti. Il pianoforte, poi, è uno strumento a
evoluzione libera, privo di una fase di tenuta, quindi l'ampiezza delle parziali cambia sempre.
Il suono è una cosa viva e si evolve nel tempo.
23
In tutte le analisi che abbiamo visto, invece, la componente temporale non c'è mai. Si tratta
di analisi istantanee che fotografano il suono in un particolare istante (un po' come una vostra foto a
5 anni: siete voi, ma non voi adesso).
Guardate, invece, questo tipo di analisi. Qui abbiamo le frequenze sull'asse verticale e il
tempo su quello orizzontale. Le parziali sono le linee colorate e la loro ampiezza è rappresenta con
il colore (colore scuro = ampiezza elevata). Qui perdiamo un po' di definizione in ampiezza per
vedere l'evoluzione temporale. Questo tipo di grafico è chiamato sonogramma.
Si vede benissimo
che le parziali non hanno
tutte la stessa durata.
Quelle più acute
finiscono prima. Si tratta
di una caratteristica
comune a tutti i mezzi
vibranti che riescono a
sostenere più facilmente
le vibrazioni basse e lente
rispetto a quelle acute e
veloci.
Il segno in basso
vicino a 0.0 con
frequenza bassa e durata breve è il rumore del martelletto.
Ora guardiamo un altro bel grafico in cui il suono è rappresentato come un paesaggio montagnoso:
Qui abbiamo frequenza e tempo sui due assi, mentre le ampiezze si elevano in verticale. Si
tratta di uno spettrogramma in cui possiamo vedere l'inviluppo di ogni singola parziale.
24
Da qui vediamo, per es., che la durata delle tre armoniche più alte è molto breve rispetto alle
altre. La collina vicina all'angolo degli assi è il rumore del martelletto. Ovviamente nulla di tutto ciò
sarebbe mai stato possibile senza la potenza di calcolo dei computer attuali.
Disponendo di questo tipo di analisi, è utile anche osservare lo spettrogramma della tromba
in cui si vede come, anche nella fase di tenuta, le parziali non hanno mai una ampiezza veramente
fissa, a causa del fatto che l'esecutore non è una macchina e la sua azione ha sempre delle piccole
variazioni.
In conclusione,
possiamo affermare che la
teoria classica deve essere
estesa e che nella creazione
del timbro giocano un ruolo
importante i seguenti
parametri:
le parziali presenti
la loro evoluzione nel
tempo
il tipo di attacco
eventuali altre sonorità
significative
(rumore di attacco,
soffio, etc…)
25
Stabiliti questi rapporti numerici, Pitagora calcolò, procedendo di quinta in quinta, l’altezza di tutti i
suoni della scala diatonica:
Questa scala, che rispondeva perfettamente alle esigenze di una melodia esente da
accompagnamento, venne applicata nella pratica musicale fin verso la fine del 1500. Quando però
cominciò a svilupparsi la polifonia vocale, la scala pitagorica presentò alcuni gravi inconvenienti
che la resero inadatta allo stile polifonico ed amonico. Alcuni intervalli, derivati dalla progressione
di quinte giuste, risultavano un poco più grandi del giusto e specialmente gli intervalli di 3a e di 6a
risultavano duri e di non gradevole effetto, tanto che vennero considerati dissonanti (come la 2a e la
7a); i cantori istintivamente modificavano l’intonazione di questi intervalli per renderli consonanti e
quindi gradevoli.
Dalla constatazioni di questi difetti, risultò necessaria una revisione del calcolo dell’altezza
dei suoni della scala e fu per merito di Gioseffo Zarlino se nel secolo XVI prevalse la teoria
numerica, che prendeva come base del calcolo il fenomeno dei suoni armonici; teoria che
consentiva di ottenere, senza alcun inconveniente di intonazione, gli accordi consonanti.
Nacque così la Scala naturale, o Zarliniana, in cui l’intonazione dei gradi rispetto alla
tonica è determinata dai rapporti derivati dal fenomeno dei suoni armonici.
Servendosi dei numeri d'ordine della serie armonica contenuti nella tabella vista in precedenza,
Zarlino ottenne la scala di DO maggiore, dove i rapporti sono tutti nei confronti della tonica DO.
DO RE MI FA SOL LA SI DO
9 5 4 3 5 15
1 2
8 4 3 2 3 8
26
Stabiliti questi rapporti, è possibile calcolare l’intervallo che intercede fra ciascun suono
della stessa scala col suono immediatamente precedente, dividendo il rapporto del suono superiore
per quello del suono inferiore
Comma
La differenza tra il tono maggiore ed il tono minore si chiama comma.
Semitono cromatico
La differenza tra il tono minore ed il semitono diatonico si chiama semitono cromatico
Ma anche la scala naturale, come quella pitagorica, presentava alcuni notevoli inconvenienti
che la rendevano particolarmente inadatta agli strumenti a tastiera o a suono fisso come l'organo, il
clavicordo e il clavicembalo (Bartolomeo Cristoforo creò il primo modello di pianoforte nel 1698).
27
Il più grave inconveniente era determinato dalla impossibilità di dare ad intervalli identici un
identico valore su qualsiasi suono della scala. Infatti, dovendo costruire delle scale naturali con
partenza da toniche diverse, gli intervalli stabiliti fra i vari gradi di una scala non servono per i gradi
di un'altra scala. Si dimostra con questo esempio:
nel tono di DO la distanza tra il 3° e il 2° grado (MI e RE) è, come abbiamo visto, di 10/9;
nel tono di RE, invece, la stessa distanza fra MI e RE (2° e 1° grado) è di 9/8. Trattandosi quindi di
uno strumento a suoni fissi, occorrerebbero due tasti diversi per suonare il MI: uno come
appartenente al tono di DO ed uno come appartenente al tono di RE.
Altra dimostrazione che la Scala naturale è poco adatta per gli strumenti a tastiera si ottiene
osservando che non tutti gli intervalli di quinta sono uguali: DO-SOL, MI-SI e FA-DO
corrispondono esattamente al rapporto 3/2, ma la quinta RE-LA ha un rapporto diverso, 40/27, più
bassa di un comma.
Un’altra prova per la stessa dimostrazione la otteniamo sovrapponendo una sull’altra tre
terze maggiori: partendo dalla nota DO, si dovrebbe raggiungere il SI diesis, cioè l’ottava superiore,
essendo SI diesis = DO. Invece il SI diesis ottenuto risulta un po’ più basso e non coincide con il
DO.
Da quanto abbiamo esposto appare evidente che la Scala naturale, se poteva applicarsi con
notevole vantaggio della musica polifonica, perché corrispondeva esattamente alle intonazione
assunte istintivamente dai cantori, non poteva, invece, essere adoperata nella musica strumentale e
specialmente nella musica cembalistica ed organistica (suonata cioè da strumenti nei quali l'altezza
dei suoni non si può modificare con la posizione delle dita o dalla pressione delle labbra) senza dar
luogo a notevoli inconvenienti. Sarebbe stato necessario modificare l'accordatura dello strumento ad
ogni nuova tonalità, oppure mantenersi in uno stile strettamente diatonico, evitando i cromatismi e
le modulazioni ai toni lontani; giacche per poter riprodurre in un solo strumento a tastiera la Scala
naturale in tutte le tonalità, esso avrebbe dovuto avere, nell'ambito di una ottava, sette tasti per i
suoni naturali, sette per i diesizzati, sette per i bemolizzati, quattordici per gli accidenti doppi:
in tutto 35 tasti.
LA = 440.00 Hz
LA diesis = 440 x 1,0594631 = 466.16 Hz
LA bemolle = 440 : 1,0594631 = 415.30 Hz
Per calcolare altri suoni superiori o inferiori, distanti più di un semitono dal suono base,
bisognerà innanzitutto calcolare di quanti semitoni è formato l'intervallo che divide i due suoni,
elevare poi alla 2a, 3a, 4a, fino alla 12a potenza, il numero 1,0594631, a seconda che l'intervallo sia
formato da 2, 3, 4, ecc… fino a 12 semitoni, infine moltiplicare o dividere il numero ottenuto per la
frequenza del suono base.
Il sistema temperato era già stato suggerito nel 1691 da Andrea Werckmeister (1645-1706),
autore del trattato Musikalische Temperatur, ma trovò la sua pratica attuazione nei due volumi del
Clavicembalo ben temperato di John Sebastian Bach. Con quest'opera Bach dimostrò la possibilità
di eseguire sul clavicembalo pezzi composti in tutti i toni maggiori e minori.
In figura vediamo le
curve di discriminazione
della frequenza per
diverse ampiezze in db
scritte vicino alla curva.
La minima differenza
percepibile è espressa
come rapporto fra le due
frequenze. Il fatto che le
curve si alzino in corrispondenza delle frequenze sotto ai 1000 Hz significa che, per discriminare in
questa zona, occorrono differenze maggiori.
Per esempio, a 1000 Hz, con dinamica 60 db (circa mf), viene percepita una differenza pari a
circa lo 0.002, il che significa 2 Hz (1000 * 0.002 = 2). Quindi, sentendo due suoni in successione,
il primo di 1000 Hz e l'altro almeno a 1002 o 998 Hz, si dovrebbe percepirne la differenza.
Con dinamica più bassa, per es. a 10 db (appena percettibile), la soglia sale a circa lo 0.006,
cioè 6 Hz.
30
A frequenze più basse le cose cambiano. A 100 Hz e 60 db serve circa lo 0.26 cioè 26 Hz di
differenza. A 100 Hz e 10 db la differenza non è avvertibile.
Frequenze simultanee
Nel caso di frequenze simultanee, la discriminazione richiede una differenza maggiore. La
percezione simultanea di più frequenze investe vari argomenti come quello della banda critica, dei
battimenti e dei suoni di combinazione, come il terzo suono di Tartini.
Il problema è quello del potere di risoluzione dell'orecchio, cioè della capacità di distinguere
due frequenze simultanee. Questa faccenda è complicata anche dalle varie interferenze che si
formano nel liquido della chiocciola quando cominciano a circolare contemporaneamente onde
diverse.
Per chiarire, vediamo prima un esempio relativo all'occhio. Nella figura qui sotto, varie linee
bianche e nere diventano sempre più sottili. Quando le linee sono abbastanza grosse, si distinguono
bene. Quando diventano più sottili si entra in una zona di incertezza. Alla fine, non si distinguono
più e si vede una barra grigia, cioè la media fra bianco e nero.
Questo accade perché, ad un certo punto, le linee diventano così piccole che vanno a stimolare lo
stesso gruppo di cellule sulla retina. Per questa ragione, l'occhio non riesce più a differenziarle.
Accade la stessa cosa anche con il tatto: se non si guarda, due punture di spillo molto vicine
sembrano nello stesso punto.
Come vedremo ora, nell'orecchio accade una cosa simile.
Banda critica
Introduciamo ora il concetto di Banda Critica che è molto importante perché determina sia la
percezione di suoni simultanei (accordi) che quella del timbro.
Abbiamo visto che l'orecchio interno è un potente analizzatore in grado di distinguere le
componenti di un suono. La sua capacità di discriminazione ha però dei limiti.
Le cellule dell'organo del Corti che interpretano le informazioni di frequenza, infatti,
lavorano a gruppi di circa 1300, ognuno dei quali occupa fisicamente circa 1.3 mm di membrana
basilare e copre, in frequenza, circa 1/3 di ottava.
Ognuno di tali gruppi costituisce una Banda Critica (Critical Band).
Quando due frequenze simultanee sono abbastanza vicine da stimolare lo stesso gruppo di
cellule e quindi cadono entrambe entro la stessa banda critica, la loro distinzione diventa difficile,
se non impossibile e dà luogo a vari fenomeni.
Facciamo un esempio: partiamo con due frequenze uguali e mentre una rimane fissa, l'altra
si alza in glissando.
All'inizio non avrete la sensazione di due frequenze, ma di un solo suono. Via via che la
seconda frequenza si allontana dalla prima, sentirete:
1. battimenti, che diventano più rapidi fino a
2. un suono aspro, sempre senza distinguere le due frequenze (avrete sempre la sensazione di
un unico suono).
31
3. Solo quando la loro differenza supererà una certa soglia di discriminazione (il limite di
discriminazione di due frequenze simultanee, circa 15 Hz), inizierete a distinguere le due
frequenze, pur permanendo la sensazione di suono aspro.
4. Quando, infine, verrà superata una seconda soglia pari al limite della banda critica, finirà la
sensazione di asprezza.
Se ne deduce che quando due suoni simultanei sono interni alla banda critica danno luogo a uno
dei seguenti fenomeni:
battimenti
suono aspro
A questo punto è molto importante capire quanto è larga la banda critica.
Nella maggior parte dello spettro sonoro, la sua estensione è un po' più di un tono e un po'
meno di una 3a minore sia in più che in meno rispetto a una qualsiasi frequenza centrale. Ciò
significa che, se prendiamo un LA come frequenza centrale, la banda critica andrà all'incirca dal
SOL fino al SI.
L'intervallo coperto da una banda critica è circa 1/3 di ottava.
Intanto notate che il tono e quindi anche il semitono sono sempre dentro la banda critica.
Questo spiega perché i bicordi di 2a mag. e min. danno sempre una sensazione aspra. Spiega anche
perché nei "cluster" di semitoni e toni (cluster = accordo formato da varie note a distanza di
semitono o tono) non si distinguono i singoli suoni, mentre invece si distinguono benissimo in un
accordo di terze sovrapposte.
Nella parte bassa dello spettro sonoro, la banda critica è un po' più larga, tanto da includere
anche la 3a minore (e nella parte bassissima, anche la 3a maggiore). Questa spiega perché, sui bassi,
un bicordo di 3a suona male e anche perché, nella pratica del contrappunto, si lascia sempre un certo
spazio fra il basso e le altre voci.
Abbiamo visto come la chiocciola sia come un analizzatore basato appunto sull'ampiezza di
banda critica (circa 1/3 di 8va) e l'intero campo udibile può essere diviso in 25 bande.
Battimenti
Per capire esattamente in cosa consistono i battimenti vediamo come interferiscono tra di loro due
suoni con la stessa frequenza.
L'interferenza acustica
L'interferenza acustica è la sovrapposizione di due o più onde acustiche sullo stesso mezzo di
propagazione, con la medesima frequenza e fase (cioè per l’istante in cui hanno inizio le loro
oscillazioni).
La concordanza e l'opposizione di fase
Quando due onde acustiche si sovrappongono possono accadere due
fenomeni distinti. Vediamo i due casi estremi, cioè quando le due onde
hanno la stessa ampiezza.
La concordanza di fase (interferenza costruttiva)
La risultante di due onde, con la stessa frequenza, stessa ampiezza ed in
fase uguale (cioè iniziano a vibrare nello stesso istante), è un’onda di
uguale frequenza, ma di doppia ampiezza (quindi se le due onde
originali hanno ampiezze diverse, la risultante è la somma delle due
ampiezze).
32
L'opposizione di fase (interferenza distruttiva)
La risultante di due onde, con la stessa frequenza, uguale ampiezza,
ma in fase opposta (cioè una di esse è sfasata di mezzo periodo), è la
scomparsa totale delle due onde, perché si sottraggono a vicenda
(quindi se le due onde originali hanno ampiezze diverse, la risultante è
la differenza delle due ampiezze).
Il battimento è un caso di interferenza tra due onde acustiche con frequenza leggermente diversa.
33
Per il fatto che nella parte bassa dello spettro sonoro la banda critica è un po' più larga, i
battimenti sono più evidenti nei suoni gravi.
Il fenomeno dei battimenti è utile per capire se due suoni sono perfettamente intonati.
I battimenti sono sfruttati nella creazione di particolari registri in strumenti musicali: ad
esempio nell’organo, il registro della “voce umana” è formato da due tubi non perfettamente
intonati, allo scopo di ottenere una specie di vibrato che imita quello della voce dei cantanti; nella
fisarmonica il registro chiamato “musette”, tipico del folklore francese, è ottenuto dalla vibrazione
di due lamelle non perfettamente intonate.
Vi sono degli strumenti che producono quasi sempre dei battimenti: così sono le campane
che, presentando diversità di spessore in diversi punti, producono battimenti assai intensi che
conferiscono loro la caratteristica sonorità ondulante.
Toni di combinazione
Un altro effetto delle interferenze fra onde è quello dei cosiddetti toni di combinazione, che
danno origine ai suoni di differenza.
Fra questi maggiore importanza dal punto di vista pratico hanno i suoni di differenza,
scoperti da Giuseppe Tartini (1692–1770).
Terzo suono di Tartini
Il celebre violinista constatò sul suo strumento che suonando un bicordo consonante, si
produceva al grave un terzo suono, la cui frequenza era uguale alla differenza delle frequenze dei
due suoni del bicordo. Egli spiegò questo fenomeno nel suo Trattato di musica secondo la vera
scienza dell’armonia, pubblicato a Padova nel 1754. In seguito il fenomeno venne chiamato Terzo
suono di Tartini.
Nel calcolo dei suoni risultanti, oltre ad usare le frequenze dei suoni, è possibile servirsi del
numero d’ordine relativo dato ai suoni della serie armonica.
Nella figura, come esempio, sono visualizzati alcuni intervalli formati con suoni della serie
armonica di DO1, ed il terzo suono da essi risultante :
34
(i numeri accanto alle note si riferiscono al n. d’ordine della serie armonica)
Con intervalli più grandi dell’ottava (intervalli composti) il terzo suono si produrrà al centro dei due
suoni generatori:
Il fenomeno del terzo suono di Tartini ha una certa utilità nella pratica musicale:
viene usato per l’accordatura di certi strumenti, la comparsa del terzo suono è la conferma della
giusta intonazione (Tartini scoperse il fenomeno accordando il suo violino: il violino si accorda
a quinte giuste);
questo sistema è utilizzato a volte nella costruzione degli organi, per creare un DO basso per cui
sarebbe necessaria una canna troppo lunga e costosa. Al posto di questa canna se ne mettono
due, una al DO 8va sopra (armonico n.2) e una al SOL 12ma sopra (armonico n.3): esse creano il
DO basso (sottrazione tra i due armonici: 3-2=1).
Lo specchio completo dei possibili toni di combinazione, però, non si esaurisce con il terzo
suono. Oltre a quest'ultimo, che è la differenza semplice fra le frequenze generatrici (f2 - f1), in
teoria è possibile sentire anche un suono di frequenza pari a (2xf1 - f2) e un altro pari a (3xf1 –
2xf2). Questi ultimi toni di combinazione non hanno nessuna utilità pratica, perché sono
estremamente difficili da sentire.
Le curve isofoniche
La percezione della dinamica.
Facciamo una considerazione. Quando ascoltiamo a casa nostra un CD di una orchestra non
teniamo certo un volume pari a quello dell'orchestra dal vivo, altrimenti, prima o poi, i vicini
faranno una spedizione punitiva. Tuttavia, pur tenendo un volume anche molto basso, siamo in
grado di capire quando l'orchestra suona fortissimo.
Come mai? Evidentemente la nostra idea della dinamica non dipende solo dall'ampiezza
fisica del suono, altrimenti anche una heavy metal band, sentita da una radiolina, suonerebbe
sempre ppp. In effetti, dipende anche dal tipo di suono, cioè dal timbro: una nota ff, infatti, ha molti
più armonici della stessa nota pp.
Quindi la sensazione dinamica dipende in parte dall'ampiezza, ma anche dal timbro.
35
Curve isofoniche
Un’altra cosa che complica la percezione della dinamica è il fatto che il nostro sistema
percettivo non funziona nello stesso modo su tutte le frequenze. Sente molto meglio nell'area che va
da circa 600 a circa 5000 Hz, che è l'area del linguaggio parlato, ma soprattutto sente molto meno
sulle frequenze basse. Questo accade perché il condotto uditivo ha una lunghezza tale da provocare
un'area di risonanza a circa 3000 Hz. Di conseguenza il livello sonoro percepito non corrisponde
all'ampiezza fisica.
La figura seguente mostra le cosiddette curve isofoniche (elaborate da Fletcher e Munson
nel 1933 e note anche con il nome dei due ricercatori) che mappano la sensazione di livello sonoro
effettivamente percepito rispetto ai dB per le varie frequenze.
I diagrammi di uguale intensità sonora furono prodotti per la prima volta da Fletcher e
Munson usando delle cuffie nel 1933.
Nel loro studio, alle persone prese in esame, veniva fatto ascoltare prima un suono puro
(sinusoide) di riferimento a 1000 Hz, con un volume di ascolto a partire da 10 dB. A questo punto
veniva fatto ascoltare un suono di un’altra frequenza, e, su richiesta dell’ascoltatore, si aumentava o
diminuiva il volume così che il suono producesse la stessa sensazione d’intensità del primo suono di
riferimento.
Si procedeva così per tutte le frequenze udibili, sia superiori che inferiori a quella di
riferimento di 1000 Hz. Fatto ciò si riprendeva tutto dall’inizio, ma facendo ascoltare la frequenza
di riferimento di 1000 Hz a 20 dB, poi a 30 dB e via così ad incrementi di 10 dB, fino ad arrivare ad
un volume massimo di sopportazione di ascolto.
Annotando tutte le regolazioni di compensazione per mantenere la sensazione d’intensità ad
ogni frequenza, Fletcher e Munson crearono il diagramma in figura:
Si leggono nel modo
seguente: supponiamo di
volere un suono a 1000 Hz
con livello sonoro percepito
di 60 dB. Per sapere quale
ampiezza fisica dovremo
dare a questo suono perché
venga effettivamente
percepito a 60 dB cerchiamo
sull'asse orizzontale (in
basso) i 1000 Hz (indicati
con 1k; k = kilo = 1000);
andiamo verso l'alto fino a
incontrare la linea etichettata
con 60, da qui andiamo
verso sinistra fino a
incontrare l'asse verticale e
leggiamo l'ampiezza in dB.
Eseguendo questo
procedimento risulta che,
per generare un suono a
1000 Hz con livello sonoro percepito di 60 dB, il suddetto suono dovrà avere una ampiezza fisica di
36
60 dB. Perché un valore uguale? Perché le curve isofoniche sono tarate proprio sui 1000 Hz, e
quindi a questa frequenza la scala in dB coincide con quella in ph.
Ma adesso facciamo la stessa cosa per una frequenza a 100 Hz. Risulta che, per generare un
suono a 100 Hz con livello sonoro percepito di 60 dB, il suddetto suono dovrà avere una ampiezza
fisica di 75 dB (aumentare di 15 dB in più vuol dire 10+5, che si trasforma in moltiplicazione [nella
tabella dei decibel il numero 10 ha un fattore di moltiplicazione uguale a 10, mentre il numero 5 ha
un fattore di moltiplicazione uguale a 3], 10x3 = 30, cioè moltiplicare per 30 l’ampiezza fisica di
partenza).
La differenza aumenta decisamente andando ancora più in basso. Se scendiamo a 50 Hz, per
percepire i 60 dB, dovremo andare a circa 85 dB (un aumento di 25 dB: 10+10+5 = 10x10x3 = 300
volte l’ampiezza fisica iniziale).
Ecco una tabella che mostra la differenza dell'ampiezza percepita per suoni a varie
frequenze, rispetto a uno di 1000 Hz. Essa mostra, per esempio, che un suono di 100 Hz che ha la
stessa ampiezza fisica di uno di 1000 Hz verrà in realtà percepito come se avesse una ampiezza
inferiore di ben 19.1 dB e così via.
16kHz 20kHz
-6,6dB -9,3dB
Dalla creazione delle curve isofoniche i due ricercatori Fletcher e Munson misero a punto
una nuova unità di misura, il Phon.
Il Phon è l’unità di misura dell'"intensità della sensazione sonora". Dato che spiegare questa
definizione non è facile, vediamo di ripercorrere con altre parole la ricerca dei due scienziati.
Il due ricercatori hanno individuato le curve isofoniche lungo le quali viene percepita
costante l’intensità di un suono sinusoidale al variare della frequenza.
Varie curve sono state tracciate in modo sperimentale per diversi valori di intensità al fine di
determinare l’intensità fisica (espressa in dB) necessaria per mantenere costante la percezione
dell’intensità (espressa in ph) in tutto il campo delle frequenze udibili.
Per convenzione la scala in dB coincide con quella in ph alla frequenza di 1000 Hz. Ad
esempio, se un suono sinusoidale di 1000 Hz, 60 ph e 60 dB (a 1000 Hz i phon ed i decibel
coincidono) viene abbassato a 100 Hz, si deve aumentare l’intensità fisica da 60 dB a più di 70 dB,
per mantenere la stessa sensazione di intensità di 60 ph.
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La localizzazione del suono
Il nostro sistema percettivo ha la capacità di localizzare un suono nello spazio basandosi non
soltanto sul suono diretto, ma anche su quello riflesso dalle pareti dell'ambiente stesso.
L’essere umano ha due orecchie per un motivo preciso: così come sono necessari due occhi
per avere una visione del mondo tridimensionale e non semplicemente piatta, è indispensabile
possedere due orecchie per localizzare correttamente la sorgente di un suono, capire la direzione da
cui proviene e valutare le dimensioni della sala, il che, analogamente alla visione, equivale a
percepire la tridimensionalità o, se vogliamo, la profondità dell'ambiente acustico.
Vediamo perché, aiutandoci ancora con le analogie con la visione: i due processi, in linea di
principio, sono, infatti, molto più simili di quanto non si creda.
Nel caso della visione, l'immagine tridimensionale viene creata basandosi sul fatto che
ognuno degli occhi vede una immagine leggermente diversa del mondo circostante: più
precisamente esiste una differenza nell'angolo con cui ogni occhio guarda il mondo. Tale differenza
è sottile, ma, per il nostro cervello, è quanto basta per elaborare una immagine tridimensionale.
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differenze interaurali di tempo in quanto la distanza fra le orecchie, che è, in media, di
circa 20 cm fa si che il suono arrivi loro in tempi diversi;
differenze interaurali di ampiezza perché solo un orecchio riceve realmente il suono
diretto, mentre l'altro è schermato dalla testa;
differenze interaurali di spettro provocate dalla schermatura della testa e dalla forma
asimmetrica dei padiglioni auricolari.
Osservate, infatti, la figura: si tratta della stessa onda sonora generata da una sorgente sonora
piazzata di fronte all'orecchio destro. La figura ha il tempo sull'asse X e mostra come l'onda arrivi
all'orecchio destro (sotto, in blu) con una precedenza rispetto al sinistro (sopra, in rosso) che si
traduce in differenza di fase: confrontando le due onde, si nota, infatti che, a parità di tempo, quella
in blu è più avanti nel ciclo rispetto a quella in rosso. Il sistema percettivo è in grado di confrontare
le due onde e notare la precedenza di fase dalla quale si deduce che la sorgente sonora è più vicina
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all'orecchio al quale il segnale arriva con precedenza rispetto all'altro. L'entità della precedenza
fornisce ulteriori indicazioni sulla posizione della sorgente nei confronti del piano mediano.
Ma attenzione: questo sistema è valido solo per le frequenze basse. A frequenze superiori a
1000 Hertz, infatti, la durata del ciclo dell'onda (Periodo) è inferiore al millisecondo e quindi la
differenza interaurale di tempo non fornisce più un'esatta misura della differenza di fase.
Per questa ragione, la posizione della sorgente sonora a frequenze alte viene stimata con un
altro sistema.
Differenze Interaurali di Ampiezza
Questo secondo tipo di differenze nella percezione di un suono da parte di ogni orecchio è
provocato dal fatto che, se la sorgente non si trova sul piano mediano, solo una delle due orecchie
riceve veramente il suono diretto privo di schermature perché la testa si comporta come uno
schermo interposto fra la sorgente e uno dei due padiglioni auricolari: questo fa sì che il suono
venga percepito con intensità maggiore da uno dei due rispetto all'altro.
Le differenze di ampiezza sono piccole fino a poco più di 1000 Hz, ma aumentano
notevolmente oltre questa soglia fino ad arrivare a uno sbalzo di quasi 20 dB sulle alte frequenze.
Questo perché i suoni di bassa frequenza superano meglio gli ostacoli, quindi al di sotto di
1000 Hz le onde riescono più facilmente a superare l’ostacolo della testa ed a raggiungere
l’orecchio nascosto, mentre più la frequenza sale, meno il suono riesce a superare l’ostacolo della
testa, e di conseguenza cresce la differenza di percezione tra le due orecchie dell’ampiezza delle
onde.
In tal modo il sistema percettivo può facilmente localizzare la posizione di una sorgente che
emette alte frequenze. Notate come le differenze interaurali di ampiezza compensino esattamente le
manchevolezze riscontrate nelle differenze interaurali di tempo:
Differenze Interaurali di Tempo 1000 Hz Differenze Interaurali di Ampiezza
La voce
La voce è uno “strumento” molto particolare, dato che tutte le sue parti sono contenute
all’interno del nostro corpo. Esattamente come nel caso degli altri strumenti, è necessario un
elemento “eccitante” (cioè l’aria, che fuoriesce grazie alla spinta del diaframma), un corpo vibrante
(in questo caso le corde vocali la cui tensione, lunghezza e spessore determinano l’altezza del
suono) e un “ambiente risonante” (rappresentato dalla cassa toracica nonché la cavità orale, quella
nasale e diverse piccole altre zone distribuite nella scatola cranica).
L’incredibile peculiarità della voce umana sta nel fatto che il “risonatore” principale, la
bocca, è mobile, ed è pertanto possibile modificarne la forma nel corso dell’emissione del suono.
Ne consegue la possibilità di variarne il timbro con continuità (ad esempio, mantenendo un’altezza
costante, passando da una “a” ad una “u”). E’ grazie a questa capacità che riusciamo ad emettere le
vocali e le consonanti.
La voce naturale
Il suono della voce nasce dalla vibrazione della corde vocali poste all'interno della laringe,
provocata dal flusso d'aria emessa dai polmoni e la nota è stabilita dalla velocità di vibrazione
determinata da proprietà fisiche delle corde vocali (lunghezza e spessore) variabili tramite l'azione
di alcuni muscoli della gola. La regolazione della produzione del parlato e del cantato è un fatto
istintivo.
La voce impostata
I cantanti, viceversa, hanno bisogno di usare la voce a lungo e a volume molto alto, ma mai
sforzandola: il meccanismo istintivo di fonazione, per loro, non è più sufficiente.
Il sistema di fonazione usato nel canto classico (ma in parte anche nel teatro di prosa) è la
cosiddetta impostazione o voce impostata: si tratta di sfruttare al meglio una o più delle cavità
orofaringee, come cassa di risonanza secondo il principio sfruttato in molti strumenti musicali. Va
inoltre gestita diversamente la respirazione e va curato il risultato ottenuto in base alla lunghezza
della "frase musicale" e della note che si devono eseguire.
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Come si produce la voce
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La frequenza del suono prodotto dipende quindi, in ultima analisi, dalla frequenza di
oscillazione delle corde vocali, la quale, a sua volta, dipende dalla loro tensione, dalla loro densità,
e dalla loro lunghezza. Nei maschi adulti le corde vocali sono lunghe circa 17-25 mm, mentre nelle
femmine circa 12-17 mm, il che spiega la differenza di tessitura tra maschi e femmine.
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Appena sopra le corde vocali (chiamate anche "vere corde vocali") vi sono le pieghe
vestibolari, chiamate anche "false corde vocali". La funzione primaria delle pieghe vestibolari è la
protezione delle corde vocali più delicate che si trovano sotto.
Per la produzione del suono in musica ci si serve, nella sua pratica, di corde tese, di colonne
d’aria contenute in tubi sonori, di lamine di legno o di metallo, di membrane tese.
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Vibrazione delle corde
Le corde possono essere di diverse specie: di budella di animale, di metallo, ecc..., ma tutte,
perché possano vibrare e produrre dei suoni, debbono acquistare anzitutto l'elasticità che per se
stesse non hanno; e questo si ottiene mediante la tensione.
L'elasticità delle corde, a differenza di quella delle lamine, è regolabile a piacere variando la
tensione.
Per mettere in vibrazione una corda si usano tre modi diversi: lo strofinamento, il pizzico e
la percossa.
Il primo è il più comunemente usato, anche perché, strofinata con l'arco, la corda dà un suono
uguale e prolungato.
Ventre C
Nodo Nodo
A B
D
Messa in vibrazione la corda si comporterà nel seguente modo:
Se la corda viene pizzicata, dalla posizione di quiete A-B raggiungerà incurvandosi la
posizione A-C-B; tornerà quindi nella posizione normale A-B, per portarsi subito dopo nella
posizione opposta alla precedente, A-D-B, ed infine si porterà alla posizione iniziale A-B.
Il percorso così compiuto è un'oscillazione completa e la distanza tra il piano di riposo A-B
e C (o tra A-B e D) è l'ampiezza dell'oscillazione.
Le oscillazioni continueranno a ripetersi fino a quando gli attriti fermeranno le vibrazioni.
Le leggi sono:
1. la frequenza è inversamente proporzionale alla lunghezza della corda: più lunga è una corda,
minore è il numero delle vibrazioni al secondo e meno acuto è il suono prodotto;
2. la frequenza è inversamente proporzionale al diametro della corda: più grossa è una corda,
minore è il numero delle vibrazioni e meno acuto il suono prodotto.
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3. la frequenza è direttamente proporzionale al quadrato della tensione della corda: più si tende
una corda, maggiore è il numero di vibrazioni e più acuto è il suono prodotto.
4. la frequenza è inversamente proporzionale alla radice quadrata della densità: più la sostanza
di cui è formata la corda è densa, minore è il numero delle vibrazioni e meno acuto è il
suono prodotto.
Vibrazione dell’aria
L'aria, come qualsiasi gas, può diventare un corpo vibrante, purché si stabiliscano le
seguenti condizioni:
1) sia contenuta in tubi o in altri recipienti relativamente ristretti e formati di pareti rigide
2) questi tubi o recipienti abbiano almeno una via di comunicazione con l'aria esterna.
Mentre le vibrazioni delle corde avvengono solamente in senso perpendicolare rispetto al
senso di propagazione (vibrazioni trasversali) [anche le corde possono vibrare longitudinalmente,
però debbono essere strofinate nel senso della loro lunghezza, e ciò comunque non trova
applicazione nell’arte musicale], le vibrazioni dell'aria contenuta in un tubo sonoro avvengono nel
senso della lunghezza del tubo stesso (vibrazioni longitudinali).
Perché l'aria possa vibrare bisogna immettere nel tubo sonoro dell'altra aria la quale,
provocando un'alternanza di compressioni e di rarefazioni, costringe l'aria interna a vibrare e
produrre il suono.
L'aria s'immette nel tubo attraverso una piccola apertura detta imboccatura.
L'imboccatura può essere:
semplice o a flauto, in cui il suono è provocato dal frangersi dell'aria immessa contro uno
spigolo aguzzo (flauto, organo a canne)
ad ancia semplice, in cui il suono è provocato dalle vibrazioni di una sottile linguetta di
canna (chiamata ancia) o di metallo fissata in una fenditura tagliata a becco: se l'alloggiamento
permette all'ancia di compiere un'intera oscillazione, è un'imboccatura ad ancia libera
(fisarmonica);
se l'ancia può compiere soltanto mezza oscillazione, l'imboccatura è ad ancia battente (clarinetto,
saxofono)
ad ancia doppia, in cui il suono è provocato dal chiudersi e dall'aprirsi di una stretta fessura
formata da due sottilissime linguette di canna riunite ad una estremità (oboe, fagotto).
a bocchino, il cui suono è provocato dalle vibrazioni della labbra del suonatore, che
agiscono, stringendosi e contraendosi, come un’ancia doppia. A questa categoria appartengono tutti
gli ottoni.
I tubi sonori possono essere aperti dai due lati (tubi aperti) o da un solo lato (tubi chiusi).
Per convenzione si definiscono tubi aperti i cilindri che sono aperti ad entrambe le estremità, mentre
i cilindri chiusi da un solo lato ed aperti dall'altro sono definiti tubi chiusi.
La forma dei tubi può essere conica o cilindrica; nella costruzione degli strumenti a fiato si
adoperano entrambe i generi: quelli a forma cilindrica sono flauto, clarinetto, quelli a forma conica
oboe, saxofono, corno, e quelli a forma mista tromba e trombone: 2/3 cilindrica e 1/3 conica (la
parte finale della campana).
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Nelle figure sottostanti:
a sinistra, a destra,
raffigurazione dell’aria in una canna aperta raffigurazione dell’aria in una canna chiusa
Ne consegue quindi che i tubi chiusi, a parità di lunghezza e di diametro con i tubi aperti,
danno l'ottava bassa.
Il clarinetto, per esempio, pur essendo un tubo aperto, si comporta acusticamente come un
tubo chiuso, in cui il suono fondamentale è all’ottava inferiore rispetto a quello prodotto dalle canne
aperte, a parità di lunghezza; le armoniche pari sono virtualmente assenti, e quindi nel salto con il
portavoce, al posto dell’ottava (come nel flauto) si produce la dodicesima della fondamentale
(utilizzando la terza armonica, dato che la seconda nel clarinetto non esiste).
Leggi della vibrazione dei tubi sonori
La frequenza dei suoni prodotti nei tubi sonori dipende dai seguenti fattori:
dalla rapidità della corrente d'aria immessa nel tubo sonoro: più essa è veloce e più acuto
sarà il suono;
dall'ampiezza dell'apertura attraverso la quale è immessa la corrente d'aria: più l'apertura è
piccola, più le vibrazioni saranno veloci e più acuto sarà il suono;
dalle dimensioni della colonna d'aria contenuta nel tubo: più lungo sarà il tubo, maggiore
sarà la quantità d'aria in esso contenuta e più grave il suono prodotto.
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Piastre
Si dà il nome di piastra ad una qualsiasi lastra di metallo la cui superficie sia molto superiore al suo
spessore. Le piastre si mettono in vibrazione sia percuotendole con un martello alla superficie, sia
strofinandole ai margini con un arco. Il vibrafono è uno strumento a suono determinato dove ogni
nota è prodotta da una piastra metallica di adeguata lunghezza. Le campane, il tam-tam (origine
turca, leggermente concavo, con bordi lisci), il gong (origine cinese, con i bordi ribattuti verso
l’interno, ma piatto, può avere suono determinato), i piatti, sono piastre a suono indeterminato.
Membrane
Le membrane, formate da pelli animali o artificiali, vibrano soltanto quando, opportunamente tese,
acquistano elasticità. In esse, durante la vibrazione, si formano nodi e ventri come sulle piastre.
Funzionano mediante membrane tese i timpani, i tamburi, la grancassa.
Idiofoni (o Autofoni)(il suono è prodotto dalla vibrazione del corpo stesso dello strumento, senza
l’utilizzo di corde, membrane o colonne d’aria):
strumenti in legno, metallo o altro materiale che vengono posti in vibrazione mediante
percussione, scuotimento, raschiamento, sfregamento (frizione o strofinamento) o pizzico
Membranofoni:
strumenti il cui corpo vibrante è costituito da una o più membrane tese che vengono
percosse o sfregate
Aerofoni:
strumenti nei quali gli elementi vibranti sono colonne d’aria contenute in tubi di materiale
rigido e di forma variabile; le vibrazioni delle colonne d’aria sono provocate dalla
immissione di altra aria nei tubi stessi
Cordofoni:
strumenti forniti di una o più corde tese fra punti estremi fissi, le quali sono fatte vibrare
mediante pizzico, percussione o sfregamento.
Alle quattro classi è stata aggiunta una quinta da Francis W. Galpin, autore del libro A Textbook of
European Musical Instruments, 1937:
Elettrofoni:
strumenti che producono i suoni mediante vibrazioni create da generatori elettronici.
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Bibliografia
Sitografia
https://it.wikipedia.org/wiki/
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