Acustica 3
Acustica 3
Acustica 3
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Tre sono i fenomeni derivati dalla riflessione del suono: eco,
rimbombo, riverberazione.
L'eco
Il rimbombo
Consiste in una disordinata successione di riflessioni del
suono (ad esempio, il fragore del treno in una galleria). Il
rimbombo può essere udito anche da notevole distanza: ad esem-
pio è il caso del tuono il cui rumore è causato da molteplici
effetti prodotti da superfici riflettenti poste anche molto
lontane le une dalle altre, come banchi di nubi, terreno,
strati d’aria di diversa densità in funzione di variazioni di
temperatura ecc. Il fenomeno interessa soprattutto le frequen-
ze gravi che per la loro notevole lunghezza d’onda sono più
soggette al gioco di effetti sonori riflessi: avendo un coef-
ficiente di assorbimento minore possono riflettersi più volte
sulle superfici prima di perdere tutta o gran parte
dell’energia a loro associata. Cessata la causa che ha genera-
to il suono, ciò che viene sentito è il prodotto delle succes-
sive riflessioni di intensità decrescente e di altezza sempre
più grave perché le componenti ad alta frequenza si esaurisco-
no più rapidamente.
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Riverbero
63
nerando l'effetto. Il tempo di ritardo dipende dalla distanza
tra le due testine e permette di generare sia l'effetto river-
bero che l'eco. Questi apparecchi sono ingombranti e pesanti.
Come in ogni registrazione a nastro, lo scorrimento dello
stesso genera un fruscio che peggiora notevolmente la qualità
del suono.
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un certo tempo. All'altro capo della molla il segnale giungerà
quindi in leggero ritardo rispetto al capo di ingresso della
molla stessa e verrà riconvertito in segnale elettrico con un
apposito trasduttore, solitamente realizzato tramite un nucleo
ferromagnetico intimamente fissato al capo finale della molla
ed immerso in un solenoide. Grazie alla legge di Faraday il
movimento del nucleo magnetico posto all'interno del condutto-
re diverrà un segnale elettrico. Purtroppo il tempo di ritardo
del sistema è stabilito a priori dalla lunghezza della molla e
dunque non è modificabile dall'utilizzatore. Anche adottando
molle di grande lunghezza, il massimo ritardo ottenibile è
nell'ordine dei millisecondi, quindi non è possibile generare
l'effetto eco ma solo un riverbero accettabile. Se accidental-
mente la scatola a molle viene scossa, i trasduttori captano
il rumore delle molle che sbattono tra loro e contro le pareti
della scatola stessa inviandolo al circuito di amplificazione.
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Molto diffusi anche i circuiti integrati detti 'bucket briga-
de' (catena di secchi) che non operano al loro interno una
conversione da analogico a digitale e viceversa, ma sono for-
mati da tantissime celle a condensatore che si caricano in se-
quenza con il valore di tensione campionato ad istanti regola-
ri, analogicamente. Il valore della carica viene passato da un
condensatore all'altro (da qui il nome di catena di secchi)
fino a raggiungere l'uscita, impiegando un determinato tempo
che sarà il ritardo desiderato.
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fra loro diventando, via via, sempre più fitti fino a generare
una linea pressoché uniforme. Questo dato è molto importante
per il nostro sistema percettivo in quanto apporta una notevo-
le quantità di informazioni che ora vedremo, tanto da spinger-
ci a descrivere il fenomeno più in dettaglio.
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Da questa differenza di intensità, il nostro sistema percetti-
vo ricava delle indicazioni sulla capacità di assorbimento
della sala.
Ben più importante, però, è il tempo che separa il suono di-
retto dai primi echi che fornisce precise informazioni sulla
grandezza della sala: esso, ovviamente, è funzione della lun-
ghezza del percorso che le onde sonore devono coprire per ar-
rivare alle pareti e rimbalzare fino all'ascoltatore, quindi,
in definitiva, dipende strettamente dalle dimensioni della sa-
la.
A titolo di esempio, possiamo quantizzare, in linea di massi-
ma, questo ritardo per la stanza della nostra figura misurando
le linee dei primi echi e mettendole in rapporto con la di-
stanza fra sorgente e ascoltatore. Il rimbalzo sulla parete
sinistra, per esempio, è circa 2.5 volte la distanza diretta:
supponendo che quest'ultima sia di 10 metri (con il lato più
lungo della stanza pari a circa 40 metri), la distanza percor-
sa dal suono nel primo rimbalzo sarà di 25 metri. A 344
m/sec., il suono diretto impiegherà circa 0.029 secondi per
arrivare all'ascoltatore, mentre l'eco ne impiegherà circa
0.072: una differenza di 0.043 sec. (quasi mezzo decimo di se-
condo) non è poco in assoluto, tanto più se si considera che
questo è solo il primo eco ad arrivare. Il rimbalzo più lungo,
per esempio, è circa 5 volte la distanza diretta il che equi-
vale, nel nostro esempio, a 50 metri con un tempo di 0.145 e
un ritardo di 0.116 (più di 1/10 di secondo).
In modo del tutto automatico, la combinazione orec-
chio cervello trasforma le differenze di intensità e i ritardi
temporali in un senso delle dimensioni e delle caratteristiche
di assorbimento della sala.
Ma le onde sonore non muoiono una volta raggiunto l'ascoltato-
re e continuano a viaggiare rimbalzando sulle pareti e perden-
do, via via, di intensità. In tempi brevi la densità dei ri-
flessi cresce al punto che questi ultimi non sono più distin-
guibili singolarmente nemmeno da un sistema percettivo raffi-
nato come il nostro, arrivando da tutte le direzioni e forman-
do quello che viene percepito come un riverbero diffuso che
circonda la sorgente sonora con un caldo alone ambientale. La
soglia percettiva fra la fase dei primi echi e quella del ri-
verbero percepibile come un suono continuo è stata stimata in
una densità dei riflessi pari a circa 1000 echi al secondo.
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1) un volume adatto, sia in relazione alla massima sonorità
del complesso, sia per quanto concerne il rapporto fra i vari
gruppi (orchestra, solisti, coro). Questo spiega perchè, a me-
no che non vi siano correttore acustici, non esiste un teatro
perfetto per qualsiasi spettacolo, ma ogni sala ha, per le
proprie caratteristiche, una forma di spettacolo congeniale.
2) un buon tempo di riverberazione. E’ la caratteristica di
maggior rilievo. Se infatti sono assolutamente da evitarsi eco
e rimbombo per evidenti motivi di disturbo, la riverberazione
gioca un ruolo essenziale ai fini di una buona acustica. Per
evitare risonanze non gradite e limitare la riverberazione, si
ricorre all'artificio di rendere acusticamente assorbenti
(tutte o in parte) le pareti della sala. Un eccessivo assorbi-
mento comporta secchezza e povertà di timbri, mentre un pro-
lungamento esagerato provoca un fastidioso accavallarsi di
suoni. Il tempo di riverberazione dipende dal volume della sa-
la.
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6) costanza delle sue caratteristiche, indipendentemente dal
numero di spettatori.
L'effetto Doppler
E’ un cambiamento apparente della frequenza o della lunghezza
d'onda di un'onda percepita da un osservatore che si trova in
movimento rispetto alla sorgente delle onde (o, viceversa, può
accadere che l’osservatore sia fermo e la sorgente sonora in
movimento). Per quelle onde che si trasmettono in un mezzo,
come le onde sonore, la velocità dell'osservatore e dell'emet-
titore vanno considerate in relazione a quella del mezzo in
cui sono trasmesse le onde. L'effetto Doppler totale può quin-
di derivare dal moto di entrambi, ed ognuno di essi è analiz-
zato separatamente.
70
L'effetto fu analizzato per la prima volta da Christian Andre-
as Doppler nel 1845. Procedette quindi a verificare la sua a-
nalisi in un famoso esperimento: si piazzò accanto ai binari
della ferrovia, e ascoltò il suono emesso da un vagone pieno
di musicisti, assoldati per l'occasione, mentre si avvicinava
e poi mentre si allontanava. Confermò che l'altezza del suono
era più alta quando l'origine del suono si stava avvicinando,
e più bassa quando si stava allontanando.
Oggi è molto facile constatare l'effetto Doppler: basta ascol-
tare la differenza nel suono emesso dalla sirena di un mezzo
di soccorso quando si avvicina e quando si allontana. L'effet-
to è più evidente con mezzi molto veloci.
L'orecchio assoluto
L'orecchio assoluto è una capacità particolare, congenita che
è presente in un numero relativamente scarso di individui.
71
uno strumento un intero pezzo musicale dopo averlo ascoltato so-
lo un paio di volte.
Quali sono le capacità mentali che permettono una tale abilità
musicale? Molti studi hanno dimostrato che l’emisfero cerebrale
di sinistra è dominante sul destro per quanto riguarda la ripro-
duzione e la comprensione del linguaggio nella maggioranza degli
individui.
Ricerche analoghe dirette a stabilire la presenza di un “centro
della musicalità” a livello della corteccia cerebrale sono quasi
completamente fallite perché lo studio degli individui che col-
piti da lesioni cerebrali sviluppano un difetto detto “amusia”
(mancanza di musicalità) non ha rilevato localizzazioni specifi-
che come invece avviene, per esempio, nel caso
dell’organizzazione del linguaggio.
Questa situazione è cambiata drasticamente con l’introduzione
della PET (tomografia a emissione di positroni) una tecnologia
che permette di analizzare una determinata funzione cerebrale
(parola vista, udito, movimento) nell’individuo vivente. La PET
consente anche di correlare direttamente l’effetto di stimoli
verbali o non-verbali a una variazione di flusso cerebrale san-
guigno, metabolismo cerebrale (il consumo di glucosio, per esem-
pio) in una determinata regione del cervello di pochi mm di dia-
metro.
Fin dal 1992 è noto che esiste una prevalenza dell’emisfero ce-
rebrale destro per le funzioni musicali,(intonazione, percezione
melodica) nelle persone che non conoscono la musica. Altri studi
hanno dimostrato che questa prevalenza può cambiare secondo le
strategie musicali individuali e secondo l’esperienze acquisita.
Un primo sospetto di cambiamenti di lateralità e di localizza-
zione era già noto studiando semplicemente le differenze anato-
miche anche grossolane, del cervello di famosi musicisti e para-
gonandoli a individui non musicisti.
Questi studi sebbene molto imprecisi suggerivano differenze di
simmetria emisferica particolarmente a carico del lobo tempora-
le.
In un lavoro recente pubblicato sull’autorevole rivista america-
na Science, un gruppo di neurologi e psicologi dell’Università
di Dusseldorf comunica che il cosiddetto “planum temporale”, una
regione della corteggia cerebrale nota per l’analisi dei segnali
acustici, è molto più estesa nei musicisti di professione e in
particolare tra quei pochi che sono dotati di un orecchio asso-
luto per le note. Questa scoperta conferma ancora una volta il
concetto che funzioni altamente specializzate sono localizzate
prevalentemente in un lato del cervello. D’altra parte contrad-
dice parzialmente le nozioni precedenti che indicavano che musi-
ca e talento musicale erano un privilegio del cervello di de-
stra.
Nello studio riportato da Science i ricercatori hanno usato la
risonanza magnetica (MRI) che permette di misurare con maggiore
precisione rispetto alla PET il volume di determinate strutture
cerebrali.
Gli autori hanno messo a confronto le immagini ottenute con la
MRI dal cervello di 30 musicisti di professione non mancini, un-
72
dici dei quali selezionati per il loro orecchio assoluto, con 30
individui della stessa età non musicisti e non mancini. I musi-
cisti dalla nota perfetta differivano maggiormente nella asimme-
tria (prevalenza a sinistra) cerebrale dagli altri due gruppi
(musicisti normali e non musicisti).
Non si sa se questa differenza sia una qualità innata del cer-
vello o venga acquisita con l’esperienza musicale.
D’altra parte è stato dimostrato che praticamente tutti gli in-
dividui dotati di talento musicale eccezionale iniziano a suona-
re uno strumento prima dei 7 anni. Che si tratti di un carattere
innato (ereditario?) è suggerito anche dal fatto che nel lavoro
pubblicato da Science i musicisti che avevano iniziato a suonare
a un’età più avanzata e non dimostravano doti eccezionali non
erano meno “asimmetrici” dei non musicisti.
La polemica non si conclude qui. Un altro gruppo di ricercatori
guidato dal canadese Zatorre ha pubblicato un anno fa uno studio
che dimostra che quando ascoltiamo una melodia nuova non è il
cervello di sinistra bensì quello di destra che entra in maggio-
re attività. Come conciliare questi dati con quelli ora ottenuti
che sottolineano una musicalità “di sinistra”? Secondo alcuni
studiosi l’analisi perfetta della qualità del suono (orecchio
assoluto) richiede qualcosa di più del semplice ascolto di una
melodia e coinvolge funzioni sia verbali sia musicali. Di fatto
il “planum temporale” include anche il centro del linguaggio la
cosiddetta area di Wernicke delegata alla comprensione della pa-
rola. Il fatto che l’orecchio assoluto possa identificare un
suono (tono) non è sufficiente. Esso deve essere in grado di di-
re ad esempio: “Si tratta di un do diesis”. La contraddizione
non verrà probabilmente risolta prima di nuovi studi e di dati
più precisi. Per il momento dobbiamo semplicemente concludere
che possedere un orecchio musicale perfetto è non solo un talen-
to, ma anche un vero dono del nostro cervello.
L'orecchio umano
Dopo aver analizzato i fenomeni legati alla produzione e alla
trasmissione del suono, può essere utile soffermarsi sull'or-
gano che ci consente la percezione degli impulsi sonori. L'o-
recchio umano si divide in tre parti: esterno, medio e inter-
no.
1. padiglione
2. membrana del timpano
3. tromba di Eustachio
4. coclea
5. nervo acustico
6. staffa
7. incudine
8. martello
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L’orecchio esterno è costituito dal padiglione auricolare e
dal condotto uditivo.
L’orecchio medio è formato dal timpano, dalla catena di ossi-
cini (martello, incudine e staffa) e dalla finestra ovale.
L’orecchio interno comprende la coclea, i canali semicircolari
e le terminazioni nervose che portano al cervello i segnali
stimo alti dal suono.
Il padiglione auricolare ha la funzione di raccogliere il suo-
no da un’area sufficientemente ampia e convogliarlo verso il
timpano. Condotto uditivo e timpano costituiscono una sorta di
tubo aperto a un estremo e risuonano attorno alla frequenza di
3800 Hz il che spiega perché la nostra maggiore capacità udi-
tiva riguarda le frequenze comprese fra 2000 e 5000 Hz. Il
timpano entra in vibrazione quando è sollecitato da oscilla-
zioni di pressione nell’aria interna al condotto, anche se ta-
li oscillazioni possono essere molto deboli.
Il padiglione auricolare, oltre a raccogliere il suono, aiuta
a individuarne la provenienza. Infatti le onde riflesse dai
vari punti del padiglione verso l’imboccatura del condotto au-
ditivo presentano piccoli sfasamenti fra loro che consentono
al nostro sistema nervoso di dedurre informazioni di tipo di-
rezionale. Per avere una localizzazione completa della sorgen-
te sonora sono necessarie le due orecchie perché dalle infor-
mazioni provenienti da entrambe il cervello può dedurre la po-
sizione precisa. Dalle informazioni provenienti dalle due o-
recchio il cervello elabora la posizione effettiva della sor-
gente.
74
dall’orecchio medio sono amplificate di circa 30 volte rispet-
to a quello in ingresso. Se il suono è eccessivamente forte,
l’orecchio medio si difende: il muscolo timpanico si irrigidi-
sce, il timpano si deforma pertanto poco mentre un secondo mu-
scolo allontana la staffa dalla finestra ovale diminuendo così
il trasferimento della vibrazione. Questo effetto protettivo
si chiama riflesso acustico o riflesso di Stapedio. Dal momen-
to che necessita di qualche istante per mettersi in azione,
risulta inefficace in caso di esplosioni o di suoni improvvi-
samente violenti. Infine, la tuba di Eustachio è un condotto
che collega l’orecchio medio con la parte posteriore della ca-
vità orale e ha la funzione di equilibrare la pressione stati-
ca interna e quella esterna, Normalmente è chiusa, ma si apre
per contrazione muscolare se si sbadiglia o si deglutisce.
75
APPENDICE
Acustica nei teatri
Premessa
Gli aspetti relativi ad una buona risposta sonora delle sale
destinate alla produzione musicale, costituiscono certamente
gli elementi più importanti per un musicista nel campo
dell’acustica.
Le esigenze acustiche degli spazi destinati all’esecuzione e
all’ascolto di un evento musicale variano durante i secoli,
così come varia la musica. Del resto i mutamenti sono causati
da una serie di fattori: il modo di vivere, il clima, i mate-
riali utilizzati, le tecniche costruttive, ma anche i generi
musicali, la produzione stessa del suono. Ad esempio gli spazi
destinati ad accogliere il suono naturale sono diversi rispet-
to a quelli per il suono amplificato, in termini, ad esempio,
di ampiezza. Si pensi ai grandi stadi per gli eventi rock e
alle sale assai più contenute per un concerto cameristico.
Oggi, molto spesso, per ragioni essenzialmente economiche, si
tende a costruire spazi alquanto ampi per poter accogliere
tutti i tipi di generi musicali e di suoni, cercando di appor-
tare le necessarie correzioni con strumenti elettronici.
Gli elementi fisici fondamentali per poter studiare l’acustica
di uno spazio sono: il volume, la forma, la larghezza e la
lunghezza, i materiali usati e la loro capacità di assorbire o
diffondere il suono.
Nell’antichità
76
lonesi i costruttori un aspetto progettuale importante era
rappresentato dal miglioramento dell’acustica.
Gli architetti e gli ingegneri dell’antichità fanno in genere
riferimento ai pitagorici quando si tratta di affrontare il
problema dell’acustica in una sala di spettacolo. Questo non
significa che prima di Pitagora e della sua scuola non ci sia-
no stati studi scientifici; significa solo che a noi non sono
pervenuti.
Fra gli esempi più famosi di teatri antichi dotati di una buo-
na acustica si possono citare i teatri di Epidauro, di Pompei
e di Orange.
77
occupò di propagazione del suono, di eco e di intelligibilità
delle parole.
Un autentico esperto del settore fu Vitruvio che nei suoi Die-
ci libri sull’architettura (25 a.C.) fece compiere
all’acustica autentici progressi, consigliando ad esempio
l’utilizzo di vasi risuonatori per rinforzare la rispondenza
sonora in talune parti del teatro ottenendo una maggiore uni-
formità nella diffusione del suono.
Fu invece Severino Boezio (480 – 524) a sviluppare la prima
teoria ondulatoria relativa al suono, prendendo spunto
dall’osservazione del moto dell’acqua.
Non ci sono invece rimaste documentazioni relative al Medioe-
vo. Sappiamo ad esempio che l’arcivescovo Sigieri per la Cat-
tedrale di Saint Denis (1129) utilizzò vasi murati nelle pare-
ti per migliorare la qualità del suono.
78
Nelle epoche successive, gli studi furono portati avanti con
successo da importanti personalità: i contributi di Eulero
(1703 – 1783), Lagrange (1736 – 1813), D’Alembert (1717 –
1783) e Laplace (1749 – 1827) trovarono applicazione nella co-
struzione delle nuove sale da concerto e dei teatri. Savart
(1791 – 1841), inoltre, indagò i limiti di udibilità mentre a
Faraday si deve un’indagine sull’irraggiamento acustico.
La ricerca nel campo dell’acustica trovò ulteriori spinte in
Lord Rayleigh (1842 – 1919, Theory of Sound, 1877) e in Sabine
(1868 – 1919, sul tempo di riverberazione e sull’assorbimento
sonoro).
Il Novecento, naturalmente, ha visto un proliferare degli stu-
di, intensificati soprattutto durante la seconda guerra mon-
diale quando furono compiuti molti sforzi per migliorare
l’acustica utile alla guerra sottomarina.
Nel secondo dopoguerra, ha ricevuto infine un impulso
l’acustica ambientale grazie all’apporto di Watson (Acoustics
of buildings, 1930), Knudsen (Acoustic Design in Architecture,
1950) e Cremer (Die wissenschaftlichen Grunlagen der Raumaku-
stik, 1976).
I Teatri
79
Vicenza, Il Teatro Olimpico
80
Fra i grandi architetti del Sette-
cento figura la dinastia dei Galli-
Bibiena che progettarono vari tea-
tri. Fra questi di rilievo è il
Margrafliches Opernhaus di Bayreuth
(1751-53), a forma di campana (foto
accanto). La sua decorazione favo-
risce la diffusione del suono. Dei
palchi laterali facevano parte an-
che i cosiddetti Trompetenlogen,
dai quali i suonatori di tromba an-
nunciavano l’arrivo del margravio.
I palchi laterali avevano una funziona acustica essenziale in
quanto distribuivano il suono in direzione del pubblico e dei
musicisti che all’epoca non erano nella buca orchestrale.
Non sempre i teatri funzionavano bene. Ad esempio gli stessi
Galli-Bibiena costruirono il Comunale di Bologna (1756-63) ma
dovettero rifarne l’interno dopo le prime prove musicali: il
rivestimento in pietra risultava troppo riverberante. Oggi ma-
teriali duri (marmi e pietra) sono tranquillamente usati con
particolari accorgimenti. Si possono ricordare il Corum di
Montpellier (2000 posti) o lo stesso Carlo Felice di Genova
(2000 posti) che hanno un’ottima riuscita grazie ad un uso a-
deguato di superfici diffusive.
Negli ultimi due secoli sono stati costruiti teatri d’opera
sempre più grandi.
Naturalmente quanto più grande è il teatro, tanto più diffici-
le è ottenere una buona acustica sul modello dei teatri più
contenuti. La capienza varia nel corso degli anni.
La Scala era stata progettata per 2800 posti, in realtà agli
inizi del Novecento ne conteneva circa 1800. Il Carlo Felice
del Barabino conteneva oltre 2500 spettatori, il Politeama Ge-
novese quasi 3000. Spazi ampi che non potevano certo adattarsi
ad ogni genere di spettacolo. Il Carlo Felice era celebre per
la buona acustica in campo lirico, probabilmente non era adat-
to alla sinfonica e men che meno alla cameristica. Risultati
analoghi proponeva la Fenice di Venezia, probabilmente il tea-
tro italiano con la migliore acustica nell’Ottocento.
Molti teatri in Europa e in America sono stati costruiti su
modelli di quelli italiani.
L’Opera Garnier di Parigi è sempre stato oggetto di critiche
per l’acustica: centinaia di posti non ricevono alcun suono
diretto e ovunque si avverte un eccessivo assorbimento. Recen-
ti lavori di rinnovamento, con l’utilizzo di folti velluti as-
sorbenti hanno peggiorato la situazione.
81
Ch.Garnier, Opera di Parigi, 1861-75
82
Wallace K.Harrison, Metropolitan Opera House, New York, 1966
Sotto: spaccato
Le sale da concerto
La più antica sala da concerto pubblica è lo Holywell Music
Room di Oxford (1748). Fra le più antiche e famose, l’Altes
83
Gewandhaus di Lipsia (1780), ancora oggi oggetto di studio: il
suo successo fu dovuto al volume e alla forma: un volume di
circa 2.100 m³ per 400 spettatori con un tempo di riverbera-
zione di circa 1,2 sec, oggi considerato insoddisfacente.
84
Vienna, il Grosser Musikvereinsaal
Amsterdam, il Concertgebouw
85
Hans Scharoun, Berlin Philharmonie, Berlino, 1963
86
nelle condizioni di emozionarsi e di sentirsi partecipe al
fatto interpretativo.
87
flessione è uguale all’angolo di incidenza. La forma
dell’ostacolo, naturalmente, influenza il risultato: un ri-
flettore concavo con un grande raggio di curvatura concentrerà
il suono. Ciò significa che in un determinato ambiente potran-
no essere zone ad altra concentrazione sonora ed altre a den-
sità più rarefatta.
Una superficie convessa tende invece a diffondere l’energia
acustica che la colpisce.
In un ambiente dove siano presenti materiali duri e manchino
quelli assorbenti, l’energia sonora rimbalza avanti e indietro
per lungo tempo finchè non è assorbita dall’aria: in questo
caso l’energia acustica si trasforma in energia termica. In
realtà si tratta di un aumento di temperatura minimo in quanto
l’energia acustica è di per sé bassissima.
La forma dell’ambiente e la tipologia dei suoi elementi deco-
rativi influiscono sul modo in cui evolve il campo sonoro. Se
vi sono pareti dure parallele si danno origine a onde stazio-
narie. Se le pareti parallele sono molo lontane posso non ori-
ginarsi anche effetti d’eco. Superfici curve, invece, possono
generare, come si è detto, una concentrazione del suono che
può avere effetti negativi.
Uno dei parametri più usati per controllare l’acustica è il
tempo di riverberazione: quello cioè che un suono impiega per
diminuire di 60 decibel. Il livello di pressione sonora è u-
guale a venti volte il logaritmo di base 10 del rapporto fra
la pressione sonora alla sorgente e la pressione di riferimen-
to pari a 2 x 105 N/m².
Esso si esprime in decibel (dB).
Le altre variabili in uso sono strettamente correlate alle
principali, ossia: tempo di decadimento precoce, chiarezza,
intelligibilità, volume ed energia laterale o il suo equiva-
lente, la correlazione incrociata interaurale.
L’introduzione nella fase conclusiva del Novecento di computer
sempre più raffinati e potenti ha consentito ai costruttori di
migliorare in fase progettuale l’analisi del comportamento del
suono.
88
Il modello tridimensionale computerizzato di un ambiente nel
quale a ogni componente siano attribuite specifiche caratteri-
stiche acustiche, fornisce una rappresentazione grafica della
distribuzione del suono e può inoltre produrre un modello acu-
stico di ciò che sarà effettivamente la sala una volta co-
struita.
Principi di design
Da tutti i principi esposti deriva che l’acustica di un tea-
tro dipende da molti fattori e che un progetto architettonico
deve tener presente alcuni parametri fondamentali. Elementi
essenziali sono: l’equilibrio tra i materiali diffrangenti e i
materiali assorbenti e l’assenza di difetti acustici come gli
echi e la concentrazione del suono.
La variabile più importante è il volume, perché da questo di-
pende la riverberazione come dimostrò alla fine dell’Ottocento
Sabine che sostenne a ragione due fattori: 1) il tempo di ri-
verberazione è direttamente proporzionale al volume di un am-
biente
2) il tempo di riverberazione è inversamente proporzionale al-
la quantità di assorbimento dell’ambiente stesso.
Il volume dell’ambiente deve naturalmente essere adeguato alle
dimensioni del pubblico e agli usi cui viene edibita la sala.
• La parola esige tempi brevi di riverberazione perché al-
trimenti viene compromessa la intelligibilità: lo spazio
deve dunque essere contenuto e assorbente.
• La musica sinfonica richiede un ampio volume riverberan-
te, con scarso assorbimento e grande diffusione, ma senza
echi, né onde stazionarie o concentrazioni sonore.
Una sala da concerto capace di circa 2000 posti dovrebbe avere
un volume di circa 18.000 m³, cioè 9 m³a persona, mentre il
tempo di riverberazione dovrebbe stare intorno ai 2 sec.
La forma è la seconda variabile fondamentale. In teoria tutti
i posti a sedere dovrebbero essere vicini al palcoscenico.
Nelle grandi sale da concerto per ottenere una sufficiente so-
norità è raccomandabile non superare una distanza massima di
33 m fra l’ultima fila di posti e la posizione del primo vio-
lino. Inoltre è consigliabile che ogni spettatore abbia rela-
tivamente vicino a sé una superficie laterale che rifletta il
suono originario.
Il Goldener Saal del Musikverein di Vienna è a pianta rettan-
golare (forma “a scatola da scarpe”) con una larghezza di 20
m. Un altro esempio è la sala della Philharmonie di Berlino:
pur essendo un ambiente notevolmente vasto, ogni settore di
posti è circondato da pareti riflettentri che creano per cia-
scuno di essi riflessioni laterali. Altre soluzioni possibili
sono date dall’inserimento di pareti, palchi, mezzanini, set-
tori sfasati.
89
Una particolare attenzione deve essere inoltre posta nella
progettazione del palcoscenico, del proscenio e della fossa
orchestrale. E’ infatti fondamentale che i musicisti si “sen-
tano”. La buca orchestrale deve essere concepita in modo che
il suono venga distribuito fra i musicisti e proiettato verso
il pubblico e verso il palcoscenico, dove i cantanti hanno la
necessità assoluta di sentire lo strumentale bene.
L’Opera Batille, con i suoi 2700 posti e la eccessiva larghez-
za, non ha riflessioni laterali; se a questo si aggiunge
l’altezza eccessiva del soffitto e l’eccessiva capacità di as-
sorbimento del proscenio, si capisce la pessima acustica che
caratterizza questo sia pur rilevante teatro.
Ulteriore elemento importante è favorire la diffusione del
suono, il che è possibile sfruttando la posizione e la forma
delle decorazioni e degli abbellimenti architettonici.
Infine, la scelta dei materiali. In un teatro sono pochi, in
realtà gli elementi assorbenti. Le poltrone sono funzionali
quando sono in grado di assorbire il suono nella stessa misu-
ra, sia che siano vuote, sia che siano occupate dal pubblico.
Il pavimento e il palcoscenico dovrebbero essere normalmente
dei tavolati di vero legno, poggianti su travetti con una
spessa ma smorzata intercapedine sottostante.
Spesso oggi si costruiscono pavimenti in cemento il che crea
non pochi problemi acustici. Le pareti, il soffitto e le gal-
lerie dovrebbero essere molto diffusivi; le dimensioni degli
elementi diffusivi dovrebbero superare di molto la metà della
lunghezza d’onda delle note più gravi. Fa eccezione la parete
di fondo che può essere messa nelle condizioni di assorbire
l’intera estensione musicale.
Quando in un teatro d’opera, l’orchestra sale sul palcoscenico
per un concerto sinfonico, l’equilibrio acustico è del tutto
alterato. In questo caso è necessario ricostruire sul palco-
scenico l’effetto della buca e in genere si provvede con una
sorta di conchiglia acustica, una “falsa parete” che avvolge
interamente l’orchestra e che ha lo scopo di convogliare il
suono verso il pubblico, consentendo altresì ai musicisti di
sentirsi.
Le multisale
Negli ultimi decenni si sono sempre più affermate le multisa-
le, spazi destinati a diversi generi di intrattenimento, dalla
musica, al cinema, alle conferenze, alla prosa. Queste sale
presentano problemi acustici non facilmente risolvibili.
Funzionano sale da concerto da 600 posti: il tempo di riverbe-
razione non è eccessivo e questo consente un impiego anche nel
parlato in maniera abbastanza corretta.
In sale fino a 1200 posti il problema è ancora abbastanza ri-
solvibile se volume, forma e superfici riflettenti e diffusive
sono adeguate.
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Il discorso è praticamente impossibile per sale dalla capienza
superiore ai 2000 spettatori. Difficilmente risolubile per sa-
le inferiori ai 2000 posti.
Un tentativo consiste nel costruire volumi tra loro collegabi-
li che prolunghino il tempo di riverberazione mediante
l’apertura di pesanti porte. A volte si installano dispositivi
di amplificazione elettroacustica per creare artificialmente
la riverberazione necessaria. Tali strumentazioni, utili nel
caso di sale destinate a produzioni musicali moderne, compor-
tano problemi nel caso di produzioni musicali tradizionali in
quanto portano a una “modifica” timbrica del suono.
In altri casi si è tentato con elementi mobili che servono sul
momento ad apportare opportune modifiche. Ma anche questo si-
stema raramente funziona.
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APPENDICE II
Articoli da Tuttoscienze
Giuseppe Righini, Prima della prima acustica, 30 ottobre 1996
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quelli più precoci, contribuiscono favorevolmente alla rispo-
sta sonora procurando amalgama e sostegno ai suoni dei vari
strumenti.
A ridurre naturalmente l’energia di queste riflessioni provve-
de l’effetto fonoassorbente del pubblico eventualmente corro-
borato dall’aggiunta di materiali oppositi, come moquette,
velluto, intonaco acustico. Quando il ritardo supera il mezzo
secondo, il raggio sonoro ha subito ormai numerose riflessioni
perdendo a ogni impatto parte della sua energia iniziale e
della identità della sorgente. Il magma di queste riflessioni
produce l’effetto di riverberazione che induce il senso di
spaziosità dell’ambiente e che conferisce calore al suono ag-
giungendogli una coda sonora.
Per una buona prestazione gli esecutori hanno una esigenza
fondamentale: sentire se stessi e sentirsi l’un l’altro. Ciò
vale sia per i professori d’orchestra nella fossa, sia per i
cantanti sul palco. La qualità dell’ascolto da parte del pro-
fessore d’orchestra è del tutto diversa da quella dello spet-
tatore: egli sente soprattutto il suono del proprio strumento
che sovrasta, ma talvolta ne è sovrastato, quello degli altri
esecutori; nel suo posto di lavoro la dinamica sonora risulta
aspra, con istantanee variazioni di livello anche tra valori
estremi e la percezione del timbro dei vari strumenti falsata
per l’effetto del mascheramento reciproco.
Ogni esecutore conosce bene il proprio mestiere e le possibi-
lità del proprio strumento e la propria esecuzione non ha bi-
sogno di un ascolto molto fedele. Però ha bisogno di poter co-
municare con gli altri esecutori nella fossa e sul palcosceni-
co e di avere un riscontro dell’assieme. Ciò è reso possibile
dalle riflessioni prodotte dal boccascena e dagli specchi acu-
stici disposti a lato e sopra la fossa. Sono riflessioni di-
screte in numero ma molto energiche che pervengono ai musici-
sti con pochi centesimi di ritardo.
Per quanto riguarda il cantante sul palcoscenico., bisogna ag-
giungere che, a differenza degli orchestrali, riceve un ritor-
no del suono della propria voce dalla sala e ciò lo porta au-
tomaticamente a regolare l’apparato fonatorio in base
all’impressione ricevuta. Questa flessibilità gli consente di
sopperire ai difetti dell’acustica, ma talvolta a prezzo di
grandi sforzi.
L’obbiettivo della progettazione acustica è quello di realiz-
zare le migliori condizioni per un buon ascolto da parte degli
spettatori e per la migliore prestazione da parte di tutti gli
esecutori. Per raggiungere questo scopo si interviene anzitut-
to sulla forma della sala e quindi sul suo allestimento, ge-
stendo in modo opportuno la scelta dei materiali delle pareti,
del soffitto, del pavimento (comprese le poltrone) ed even-
tualmente sugli elementi di decoro e sugli accessori tecnolo-
gici. […]
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Sandro Cappelletto, I luoghi della musica, l9 ottobre 1996
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Sandro Cappelletto, L’architettura per la musica, 9 ottobre
1996
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Dipende da come arriva. A qual punto un luogo acusticamente
inadatto possa penalizzare l’ascolto, è raccontato
nell’opuscolo pubblicato dal Teatro Regio in occasione
dell’avvio del suo “restauro acustico”, espressione per la
prima volta impiegata da un Ente lirico italiano,m segno di
una consapevolezza finalmente raggiunta. Quelle pagine costi-
tuiscono una radiografia fatta da tutti i possibili punti di
ascolto: l’orchestrale, il direttore, il cantante, lo spetta-
tore, il critico.
“L’acustica attuale del Regio, ha un andamento irregolare,
tende a togliere spessore e dinamica alle voci e
all’orchestra, pone problemi di assieme di ardua soluzione”,
scrive Claudio Abbado.
Ancora più drastico, Riccardo Chailly, direttore del Concer-
tgebouw di Amsterdam: “La prima Sinfonia di Mahler richiede un
buon tempo di riverbero perché il suono possa espandersi nella
sala e perché sia possibile un gioco di dinamiche: a Torino i
problemi sono stati enormi”.
“La Boheme del centenario è stata una grandissima fatica per-
ché, come si dice in gergo, la mia voce non aveva ritorno. Non
avevo la minima idea di come risuonasse nella sala ed ero por-
tato a forzare continuamente, l’ultima cosa che un cantante
deve fare”, protesta Luciano Pavarotti. […]
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