MATURITA
MATURITA
MATURITA
In questo contesto il mondo della pedagogia si interroga sull'efficacia della formazione didattica, degli
ambienti scolastici e della formazione, si inizia a parlare quindi di “scuola su misura” con la Montessori.
La sua esperienza famigliare è stata così positiva che sostiene l’importanza dell’educazione da parte
della figura materna. Secondo lei le scuole del tempo non erano adeguate ad uno sviluppo corretto del
bambino (classi numerose, approccio omologante, conduce allo sviluppo di uomini gregge senza criteri
liberi e creativi che si adeguano alla maggioranza e sono influenzabili e passivi).
Sosteneva la difficoltà della donna moderna a gestire il lavoro, sfera privata e maternità affermando
che quest’ultima richiedeva un sostegno pubblico, lo stato deve quindi pagare le madri per educare i figli.
perché si tratta di un ruolo importantissimo e insostituibile. Afferma l’equivalenza (non uguaglianza) tra
uomo e donna, hanno lo stesso valore e dignità ma caratteristiche, esigenze e ruoli diversi.
Lavora in una struttura che si occupa di adulti (pazienti psichiatrici) e di bambini in situazioni di deficit
cognitivo. Si rende conto che i metodi pedagogici che utilizzava per questi bambini, potevano essere
estesi anche a quelli normodotati perché facilitavano il processo di apprendimento.
Apre la prima “casa dei bambini”, cioè una scuola infanzia che applicava i metodi montessoriani.
Faceva anche corsi di formazione agli insegnanti.
Inizialmente la Montessori riscosse un ottimo successo agli occhi di Mussolini per i suoi metodi innovativi
ma ben presto attirò le sue antipatie poiché i criteri del dittatore andavano contro la sua formazione
libera e democratica. In quegli anni andava ad affermandosi in Italia un altro modello pedagogico, ben
visto da Mussolini, l’approccio idealista, cioè una scuola non inclusiva, sessista e classista (Gentile).
La Montessori invece fa parte di un movimento pedagogico tra il 800 ed il 900 chiamato “scuola attiva”.
Nel suo modello pedagogico il ruolo dell’insegnante è non direttivo ma si parla di autoeducazione,
l’insegnante non guida o impone ma supporta ed affianca l’allievo. La Montessori inoltre insiste su un
ambiente stimolante che spinga il bambino ad imparare da solo “aiutami a fare da solo” e ad accendere
la sua curiosità attraverso la bellezza ed i colori. L’aula montessoriana infatti è sviluppata in spazi
dedicati ad attività specifiche, su misura ed accessibili, ed il bambino sceglie in quale spazio andare e
per quanto rimanerci → se il bambino impara fin da piccolo a scegliere come un individuo libero,
rispetterà la libertà altrui: base società democratica
Nell’opera “Mente assorbente” la Montessori afferma che la mente del bambino è capace di assorbire,
il bambino però non assorbe le parole dell'educatore ma gli stimoli che provengono dall’ambiente.
Non è più compito dell’insegnante quello di trovare strategie per attirare l’attenzione perché il bambino è
per natura attento, recettivo e portato ad imparare. Questa tendenza è messa in pericolo dal nozionismo.
Il materiale di sviluppo è fondamentale per favorire la crescita del bambino (sonagli, campanelli, tavole
graduate di colori, tavole lisce e ruvide, solidi da incastrare, contenitori dei travasi). Questi materiali
portano il bambino con il tempo ad autocorreggersi. Non c’è nessuna punizione o ricompensa, l'obiettivo
è una conoscenza fine a se stessa.
Si deve possibilmente cercare che i materiali offerti al bambino contengano in sé il "controllo dell'errore".
Il fatto che il bambino si è già esercitato a constatare gli errori, rende questi evidenti. Il controllo
materiale dell'errore conduce il bambino prepara il bambino a controllare gli errori anche non materiali.
“L'ambiente è come un educatore severo e come un maestro”.
Per rendere interessante una cosa non basta che sia interessante in se stessa, ma occorre che si presti
all'attività motoria del bambino (piccoli oggetti da spostare). Bisogna quindi favorire l’attività del bambino,
cioè il cuore dell’”attivismo pedagogico”, il bambino è attivo ed è il vero protagonista.
Gli oggetti non devono solo essere belli ma anche maneggiabili e trasformabili, il bambino deve poter
esercitare la propria motricità, poter sentire che la sua azione ha una conseguenza visibile sull’ambiente.
Il materiale deve essere limitato in quantità e l’ambiente deve essere sobrio, stimolante ma non
iperstimolante. Il bambino non ha bisogno di stimoli che lo risvegliano ed i suoi rapporti con l'ambiente
sono innumerevoli e continui. Egli ha bisogno invece di ordinare il caos formato nella sua coscienza
dalla moltitudine di sensazioni dell’ambiente. Egli è un “esploratore del mondo”, ciò di cui ha bisogno è
una strada (cioè qualcosa di limitato e di diretto) che lo conduca al suo fine e lo salvi dalle deviazioni che
non permettono di avanzare. Egli è anche un “uomo illuminato" che ad ogni passo fa nuove scoperte.
Crediamo erroneamente che il bambino più ricco di giocattoli, possa essere il meglio sviluppato.
Invece la moltitudine disordinata di oggetti aggrava l'animo di un nuovo caos. I "limiti" negli aiuti che
conducono il bambino a dare ordine alla sua mente e a facilitargli la comprensione delle cose infinite che
lo circondano permettono di farlo avanzare con sicurezza nelle vie difficili dello sviluppo.
Il bambino deve fare cose pertinenti, non troppo facili (manca un ostacolo) né troppo difficili
(si sente debole), gli aiuti devono essere limitati altrimenti non sarà un bambino sicuro. L’intervento
dell'adulto che vuole sostituirsi al bambino, pone il più duro ostacolo al suo sviluppo. Le scoperte
spontanee riguardo al mondo esterno, permettono al bambino di provare estrema soddisfazione e gioia.
Il valore del metodo montessoriano consiste nell'aver liberato il bambino dalle costrizioni imposte da un
sistema educativo arretrato e fondato su posizioni sostanzialmente improntate ai principi eteroeducativi
(posti dall’esterno). La formula della "liberazione del bambino" nella concezione pedagogica della
Montessori è legata ai concetti di autoeducazione e di spontaneità.
- educazione sensoriale (prendere coscienza tanto delle sensazioni esterne quanto interne allo scopo di
individuare i propri bisogni e di individuare ciò che permetterà al bisogno di essere soddisfatto)
- educazione motoria (coordinamento motorio, come mettere in moto il corpo per raggiungere il bisogno)
- educazione affettiva (riconoscere le proprie emozioni)
- educazione linguistica (come esprimere i propri bisogni o descrivere il mondo attraverso le parole)
- educazione logico-matematica (aiutare bambino a stabilire connessioni)
- educazione professionale (educazione attraverso il fare, avviare il bambino al lavoro)
CLAPARÈDE (Ginevra 1873-1940)
Si interessa di pedagogia speciale. Crea a Ginevra l’istituto Jean Jacques Rousseau, una scuola di
pedagogia che preparava gli educatori (importante essere preparati sulle conoscenze psicologiche
perché la pedagogia è strettamente connessa alla psicologia).
La sua pedagogia prende il nome di “pedagogia funzionalista”, secondo cui la mente è un tutto organico,
paragonabile ad un flusso dinamico, la mente entra in relazione con l’ambiente ed è importante perché
deve stimolare la curiosità del bambino.
Parla di una “legge dell’interesse - bisogno” secondo cui l’interesse è strettamente legato al bisogno:
quando si crea uno squilibrio interno (bisogno), viene attivato un interesse (per soddisfare un bisogno),
e l’ambiente deve rispondere a questi interessi (che nascono dai loro bisogni).
Il bambino conosce in modo diverso dall’adulto, non in modo inferiore. Importante l'individualizzazione
dell’insegnamento, le modalità di insegnamento dovrebbero basarsi sulle individualità degli alunni.
Nell’opera “Scuola su Misura” egli delinea un modello scolastico in grado di rispondere in modo flessibile
sia ai diversi ritmi di apprendimento degli allievi sia ai loro interessi e alle loro capacità.
Claparède si chiede che cosa concretamente debba essere fatto al fine di valorizzare le attitudini
individuali dell'allievo. Nel rispondere egli indica 4 possibili vie fondamentali da seguire: le classi
parallele, le classi mobili, le sezioni parallele, le opzioni. Ognuna di queste soluzioni deve permettere lo
sviluppo delle attitudini per cui l'allievo appare maggiormente predisposto.Il sistema migliore sarà quello
che permetterà ad ogni alunno di raggruppare il più liberamente possibile gli elementi favorevoli allo
sviluppo delle sue attitudini particolari.
Parla di scuola rinnovata, capace di sviluppare a pieno tutte le potenzialità espressive dell'individuo,
insegna a mettere in dubbio, educa le emozioni, lavora nell'ambito delle relazioni, dà spazio alla libera
espressione e condivisione di idee.
- cooperative learning e lavoro di squadra (scambio di idee, apertura e flessibilità mentale, compromessi)
Dewey parla della responsabilità dell'educatore di creare le condizioni migliori per favorire l’esperienza e
che non può esistere educazione senza esperienza, cioè un processo dinamico (e non solo come una
semplice constatazione dei fatti, come accadeva nel pensiero positivistico) rispetto al quale la
conoscenza ha il potere di interagire e modificare.
GIOVANNI GENTILE (Trapani 1875-1944)
Le donne non hanno una finezza di pensiero, nell'università erano pericolose, impedì alle donne di
iscriversi alle medie ed al liceo. Profondamente critico nei riguardi dell’”attivismo pedagogico”,
la pedagogia non deve appoggiarsi sulla psicologia ma sulla filosofia perché psicologia e biologia si
focalizzano troppo sul presente dell’alunno.
Definisce il bambino come un “stato sorgivo dell’umanità”, deve essere proiettato verso il compimento
della sua umanità (uomo a metà). Il bambino deve essere educato alla collettività ed allo stato
(che esprime il volere della collettività), non deve essere al centro, pertanto Gentile rifiuta la visione
educativa puerocentrica. Il suo modello pedagogico ricalca il modello fascista.
La pedagogia è una forma di arte attraverso cui si realizza un'unione perfetta tra maestro e allievo.
Il maestro deve lavorare sulla relazione affettiva, cioè una relazione basata sulla trasmissione.
Si ritorna quindi su un modello basato sull’eteroeducazione.
In questa trasmissione di Gentile, vede un gesto d’amore che il maestro compie per l’autunno.
Il maestro non si chiude all’interno delle sue conoscenze ma ama condividerle.
Per Gentile l’insegnamento non è una semplice professione ma è una disposizione innata, una missione.
Trasmettere il sapere non è una operazione tecnica o meccanica ma è un atto d’amore
“quando un insegnante esce dalla propria aula non avendo imparato nulla, è una sconfitta”
Il sapere non è un oggetto, è il vissuto del maestro (si sente potente se ascoltato).
Gli alunni invece sono il motore del maestro “partecipazione allo spirito del maestro”
Il modello di Gentile si basa sull'autorità del maestro, egli guida e gli allievi seguono
(opposto alla scuola attiva) → avviene il riconoscimento dell’allievo del maestro, sorta di “fusione mistica”
Non può esserci separazione tra educato ed educante, egli afferma che l’azione educatrice non può che
essere autoeducazione, ma in realtà si parla di eteroeducazione.
“Noi siamo la radice da cui tutto germoglia e da noi tutto torna ad attingere il succo vitale che lo
mantiene in essere”, noi quindi siamo il principio del mondo.
In questi anni, emergono anche delle voci dal mondo della pedagogia o sociologia,
contestando il classismo della scuola, non offriva pari opportunità a tutti come per esempio
Bourdieu (Francia, “I delfini”, la scuola sostiene le disuguaglianze sociali ereditando il capitale culturale
dalle famiglie) e Bernstein (Inghilterra, codice ristretto/elaborato).
Scrive “Lettere ad una Professoressa” con i suoi alunni della scuola di Barbiana. Si rivolgono ad una
professoressa immaginaria che coincide con il modello di professore della scuola pubblica (severa e
giudicante). Sandro, definito cretino dai prof, non si sapeva esprimere e l’hanno bocciato.
Tutti i cittadini sono uguali, nonostante la lingua (art. 3). Sandro ora spazza in officina.
“Senza studenti difficili, la scuola non è scuola, è un ospedale che accoglie i sani e respinge i malati”.
“In tutto quello che mangiamo c’è dentro un pò della loro fatica analfabeta”.
1) spazio / iniziazione = arrivo nel campo dal viaggio nei vagoni merci aggressivo, “qua dentro ci sono
500 pezzi”, il lavoro rende liberi, separazione dai familiari, violenza inutile, spogliarsi (magrezza e
depilazione rendeva infantili; corpo ridotto ad oggetto). Il rito di iniziazione è al contrario, in quanto la
vittima non viene abituata gradualmente a ciò che va incontro. Lo spazio dell'ager è isolato, ristretto e
privo di spazi privati e intimi. La condivisione obbligatoria di spazi ristretti fa del vicino un nemico.
2) tempo del lager non rispettava quello naturale delle persone (le persone sono sottratte al loro tempo
naturale/quotidiano). Il deportato si ritrova ad affrontare un tempo senza tempo: non si capisce più
quando è giorno, è notte
Nell’ambito formativo-pedagogico il controllo permette la crescita, nei lager l'obiettivo era ridurre le
persone a cose, per poi ucciderle.
3) corpi = il momento del bisogno deve essere vissuto serenamente (non nella latrina), scherno continuo
verso il corpo nudo, costretti ad essere brutti e riportavano la loro bruttezza come colpa, riportavano una
dissenteria cronica, mangiavano dove defecavano, no forchette. S corpo non più desiderabile è una
cosa "cosalizzazione" (spogliato umanità). Le baracche sporche riportavano l’obbligo di non avere
pidocchi → impossibilità di rispondere alle richieste. L’unico modo per salvarsi era l’invisibilità. Il lavoro è
inutile, la fatica è inutile, finalità insensate, solo come punizione. Attraverso il lavoro, l’uomo gratifica se
stesso, qui porta alla morte, estremamente faticoso.
4) oggetti = scarpe ferrate, violenza gratuita. La porta e la torre al centro del campo costituivano unità e
chiusura definitiva. Il filo spinato era oggetto di desiderio, era morte veloce, se fallivano venivano uccisi.
La frusta era un'umiliazione ed una infantilizzazione, simbolo di onnipotenza per gli aguzzini. La doccia
nel suo carattere rassicurante racchiude l’estrema crudeltà. Il camino del forno crematorio era una
caratteristica fondamentale, sbarazzarsi di una cosa. Il fumo rimane nelle memorie dei sopravvissuti per
un annichilimento totale.
5) linguaggio = uso ironico ed alienante (il lavoro rende liberi, a ciascuno il suo). Nel lager la parola era
vista come uno stimolo "input", a cui non rispondeva nessuna cosa giusta. Erano presenti doppi vincoli,
la comunicazione era paradossale, paralizza il soggetto. LTI (lingua del terzo impero): linguaggio povero.
Ci deve essere un ritorno del rigore linguistico (Don Milani). Un linguaggio semplice porta ad un pensiero
banale e superficiale.
INCLUSIONE
Legge del 1977 non più distinzione scuole e classi normali e speciali (inserimento), massimo 20 alunni in
una classe con un disabile che ha diritto all’insegnante di sostegno. Legge del 1992 (integrazione),
necessario percorso individualizzato con inserimento del PAI, strumento redatto dal consiglio di classe in
cui appare diagnosi specialistica e patto scuola famiglia. Legge del 2010, PDP realizzato dal consiglio di
classe con diagnosi specialistica a misure scolastiche previste dal consiglio e patto scuola famiglia,
normazione DSA. Legge del 2012, nuova informativa per BES, coloro che non hanno vera e propria
diagnosi ma disagio temporaneo. Legge del 2017 obbligatorio PAI piano annuale di inclusione redatto
dal collegio docenti per disposizioni della scuola per andare incontro ai ragazzi con difficoltà. PEI (piano
educativo individualizzato), si passa ad un modello educativo che punta all’integrazione perchè si crede
che bimbi con disabilità abbiamo un piano specializzato e che si pensi al loro percorso adeguato. Arriva
una normativa anche per il grande tasso di dispersione scolastica, tanti i fenomeni di abbandono, prima
dei 18 anni, anche nell’università.
IMMIGRAZIONE
c m.
EDUCAZIONE CIVICA
Primo quadrimestre: il fenomeno migratorio nella storia (storia e scienze umane)
FILM IO CAPITANO DI MATTEO GARRONE
Io Capitano racconta la storia di due giovani adolescenti, Seydou e Moussa, che partono da
Dakar, in Senegal, per affrontare un lungo viaggio per raggiungere l'Europa.
Tutti in Senegal li incoraggiano a rinunciare al loro progetto, per prima la madre di Seydou.
I due però decidono di intraprendere comunque la loro impresa. Un viaggio che si rivelerà
un'odissea attraverso il deserto e le sue mille insidie, i pericoli del mare aperto e l'aggressività e
l'ipocrisia degli uomini. Garrone toglie il film dall'ideologia comune circa il tema dell'immigrazione,
restituendogli una purezza di racconto dal punto di vista di chi non viene mai interpellato
sull'argomento. Dall'ottica di Seydou e Moussa il viaggio è un'avventura da Capitani coraggiosi. I
due ragazzi infatti, non scappano dalla miseria o dalla guerra ma scelgono autonomamente di
avventurarsi oltre il Mediterraneo.
Garrone restituisce dignità anche al sogno dei due adolescenti, che, come tutti i loro coetanei,
hanno diritto di muoversi in libertà per viaggiare all'estero.
Lo sappiamo dai tempi di Omero che l'aspirazione all'ignoto vince sulla dolcezza delle mura
domestiche e che la libertà ci rende padroni del nostro destino.
Si tratta quindi di un racconto di formazione, più che di denuncia, che spinge lo sguardo dello
spettatore abituato ad ascoltare il resoconto dei numeri e degli sbarchi, a ricordare come dietro ai
freddi dati ci sono volti, aspirazioni e vite che somigliano molto alle nostre.
Traspare un'umanità che ci ricorda come in questo mondo tutti siamo simili; alcuni sono però
semplicemente più fortunati perché nati in condizioni migliori.
Legge Crispi
Negli ultimi decenni del XIX secolo il fenomeno dell'emigrazione iniziò ad avere numeri che
richiedevano la necessità di provvedere alla sua regolamentazione.
La legge Crispi del 30 dicembre 1888 privilegia l'aspetto repressivo a quello della tutela degli
emigranti e dei loro diritti. Con la nuova normativa venne riconosciuto all'emigrante il pieno diritto
di espatriare per motivi di lavoro ma furono introdotte delle discrete restrizioni dovute al mancato
espletamento degli obblighi militari. La legge disciplinava tutti gli aspetti riferibili ai contratti di
trasporto. Le norme stabilivano, infine, quali dovessero essere le condizioni minime relative alla
sistemazione a bordo dei piroscafi a cui gli emigranti avevano diritto.
"l'emigrante viene preso per mano fino al porto di imbarco e poi lasciato al proprio destino".
... dopo Crispi
1901 vi fu la creazione di un unico ente di controllo, il Commissariato Generale per l'emigrazione,
a cui erano demandate tutte le incombenze relative al problema migratorio; aboliva gli agenti delle
compagnie di navigazione e li sostituiva con i "rappresentanti dei vettori". A bordo dei piroscafi,
poi, furono previsti commissari viaggianti e medici militari.
Con il testo unico del 1919 si intese, infine, riorganizzare tutta la normativa in materia di
emigrazione conferendo maggiori poteri al Commissariato per l'emigrazione che fu in grado di
intervenire nei paesi esteri in modo più incisivo per garantire l'emigrante con norme adeguate ai
tempi.
STATUS DI RIFUGIATO
Secondo la Convenzione di Ginevra del 1951, il rifugiato è colui che
"per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione
politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha
cittadinanza (o dimora abituale - nel caso di soggetti apolidi) e non può o, a causa di tale timore,
non vuole avvalersi della protezione di detto paese".
Sono esclusi dallo status di rifugiato coloro che possono avvalersi di una forma alternativa di
protezione effettiva e non temporanea e i cittadini colpevoli di crimini contro l'umanità.
requisiti per ottenere lo status:
• L'impossibilità di avvalersi della protezione del proprio paese.
• Timore fondato di subire persecuzione in caso di rimpatrio verso il paese di origine.
• Il rischio per la propria vita e libertà, gravi violazioni di diritti umani fondamentali, rischio di
discriminazione a livello intollerabile. Ad esempio, rientrano anche la violenza sessuale e di
genere, maltrattamenti, abusi ed altre violazioni. Questa persecuzione deve essere motivata da
circostanze e caratteristiche individuali (razza/casta, religione, nazionalità, opinione politica,
appartenenza ad un particolare gruppo sociale)
Diritti garantiti dallo status di rifugiato:
• Permesso di soggiorno e documento di viaggio di 5 anni rinnovabile;
• Possibilità di richiedere permesso di soggiorno di lungo periodo:
• Accesso agli studi di ogni ordine e grado e al lavoro;
• Medesimo trattamento del cittadino per assistenza sociale e sanitaria;
• Accesso agli alloggi di edilizia pubblica (case popolari);
• Possibilità di richiedere la cittadinanza italiana dopo 5 anni di residenza in Italia;
PROTEZIONE SUSSIDIARIA
Nel caso in cui il cittadino straniero non possieda i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato,
ma sussistono comunque fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine,
correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno, è ammissibile alla protezione sussidiaria.
Se nel caso del rifugiato si parla di timore fondato di persecuzione ai sensi della Convenzione di
Ginevra, nel caso del protetto sussidiario si parla di rischio effettivo e grave danno.Le clausole di
esclusione della protezione sussidiaria sono le stesse dell'asilo politico.
La differenza sostanziale sta nei documenti di viaggio:
al titolare di protezione internazionale viene riconosciuto il documento di viaggio di colore blu, al
titolare di protezione sussidiaria, invece, quello di colore verde.
Inoltre, chi ottiene lo status di rifugiato politico, ha diritto al riconoscimento della cittadinanza
italiana già dopo 5 anni sul territorio italiano.
IL FENOMENO MIGRATORIO
La migrazione è il movimento di persone da un luogo all'altro, per stabilirsi in una nuova posizione.
La migrazione è spesso il risultato di problemi disuguaglianze socio-economiche, che costringono
le persone a cercare condizioni di vita migliori altrove.
Il processo migratorio può anche portare a sfruttamento e discriminazione, mettendo in evidenzia
le difficoltà nella gestione e il rispetto dei diritti umani globali.
FATTORI SOCIO-POLITICI
Tra cui le persecuzioni etniche, religiose, razziali, politiche e culturali, la guerra o la minaccia di un
conflitto. Coloro che fuggono da conflitti armati, violazioni dei diritti umani o persecuzioni possono
essere definiti profughi o migranti umanitari.
FATTORI AMBIENTALI
L'ambiente è da sempre una delle cause della migrazione: le persone scappano da disastri
naturali come inondazioni, uragani e terremoti. Con i cambiamenti climatici si prevede un
peggioramento e quindi un aumento del numero di persone in movimento.
FATTORI DEMOGRAFICI ED ECONOMICI
I cambiamenti demografici come l'invecchiamento o la crescita della popolazione possono influire
sia sulle opportunità lavorative nei paesi d'origine.
L'immigrazione demografica ed economica è legata alle scarse condizioni di lavoro, agli alti tassi
di disoccupazione e stato di salute generale dell'economia di un paese.
L'esperienza di Seydou
Abbiamo ascoltato la testimonianza di un ragazzo di nome Seydou, partito dalla Costa d'Avorio a
soli 14 anni. Seydou non era felice della sua condizione di vita e, dopo aver messo da parte un po
di soldi, decide di lasciare la sua famiglia (alla quale non comunica la sua decisione) e tentare il
viaggio per arrivare in Italia, dove spera di trovare
condizioni di vita migliori. Seydou intraprende il suo viaggio che consiste per una prima
nell'attraversamento del deserto e poi nel passaggio tramite il mare.
E stato toccante scoprire che ciò che ci viene mostrato nei film o nei notiziari è proprio la verità e
le condizioni disumane che secondo l'immaginario comune devono vivere i profughi
corrispondono a quelle reali.Chi era riuscito a sopravvivere al pericolosissimo viaggio nel deserto,
tra cui lo stesso Seydou, una volta raggiunta Tripoli (in Libia) si imbarcava per raggiungere
Lampedusa ed iniziare un'altra avventura sul suolo italiano.
Seydou si ritiene molto fortunato poiché in Italia è stato accolto in una bellissima famiglia che lo
ama e ci ha confessato che gli piacerebbe portare in Italia anche il resto della famiglia per poter
concedere anche ai suoi cari una prospettiva di vita migliore.
Secondo quadrimestre: dignità e diritti umani (inglese, biologia, scienze umane e filosofia)
BIOLOGIA
La continua evoluzione tecnologica spinge sempre più in là i confini del possibile.
Trattandosi di una tecnologia relativamente nuova e in continua trasformazione, la percezione che
l'opinione pubblica ha delle biotecnologie è ambivalente: da un lato si riconoscono le enormi
potenzialità benefiche, dall'altro si teme per le possibili conseguenze per l'ambiente e per la salute.
Il dibattito sulle biotecnologie comporta la valutazione di problematiche che vanno oltre gli aspetti
scientifici e tecnologici. Infatti, se da un lato le biotecnologie possono aprire prospettive
straordinarie per il progresso e il benessere della società, il loro uso distorto potrebbe arrecare
danni all'ambiente o alla salute, favorire discriminazioni sociali o generare nuove forme di
sfruttamento.
La clonazione
Le biotecnologie offrono in teoria la possibilità di generare individui geneticamente identici. Il
quesito morale più importante, come sottolinea anche il relativo documento del Comitato
Nazionale di Bioetica, è se questa applicazione leda in qualche modo l'identità individuale
dell'essere vivente.
La clonazione di viventi non umani è considerata lecita poiché rientra nell'ambito dell'utilizzo di
animali per scopi benefici per l'uomo.Tuttavia, la clonazione umana pone interrogativi più
importanti.
Il fondamentale principio dell'autodeterminazione, secondo cui nessuno può decidere a priori ciò
che un altro individuo debba essere, si scontra con la clonazione dell'uomo, che equivale alla
«programmazione artificiale» di un individuo. Proprio per questo, la comunità internazionale
condanna la clonazione umana a scopo riproduttivo.
Esiste invece un ambito in cui la comunità è tutt'ora divisa, che è quello della clonazione a scopo
terapeutico. Si tratta di una procedura volta a generare in vitro embrioni umani clonati per
ottenere cellule staminali embrionali geneticamente identiche a quelle del donatore. Lo scopo è
quello di usare queste cellule embrionali per sviluppare terapie più efficaci. In questo caso, gli
embrioni non vengono quindi fatti differenziare e non arrivano mai a generare un individuo, ma
sono sacrificati ai primi giorni di sviluppo. Diversi sistemi etici di riferimento (per esempio, morale
religiosa e morale laica o religioni differenti) danno una diversa interpretazione dell'identità
dell'embrione umano; per questo, la questione della liceità della clonazione a scopo terapeutico
può essere sentita in modo diverso.
PRO
● Salute: Le biotecnologie hanno consentito lo sviluppo di farmaci e terapie innovative per trattare
una vasta gamma di malattie, migliorando la qualità della vita e aumentando l'aspettativa di vita.
● Agricoltura: Le biotecnologie agricole hanno aumentato la resa delle colture, ridotto l'uso di
pesticidi e migliorato la qualità degli alimenti, contribuendo alla sicurezza alimentare globale.
● Ambiente: Le biotecnologie possono essere utilizzate per la bioremediation dei siti contaminati,
la riduzione dei rifiuti e la produzione di biocarburanti, contribuendo alla sostenibilità ambientale.
● Industria: Le biotecnologie industriali offrono processi più sostenibili e biodegradabili per la
produzione di materiali e prodotti chimici, riducendo l'impatto ambientale delle industrie
tradizionali.
CONTRO
● Preoccupazioni Etiche: La manipolazione genetica e l'ingegneria degli organismi sollevano
preoccupazioni etiche riguardanti la sicurezza, l'equità e l'impatto sull'ambiente
● Rischio di Contaminazione: L'introduzione di organismi geneticamente modificati nell'ambiente
può comportare il rischio di contaminazione genetica e la perdita di biodiversità
● Accesso ed equità: L'accesso alle tecnologie biotecniche e ai loro benefici può essere ineguale,
creando disparità tra paesi sviluppati e in via di sviluppo.
● Impatto Economico: L'adozione delle biotecnologie può influenzare l'economia delle comunità
agricole e industriali, richiedendo investimenti in infrastrutture e formazione.
Nel 1937 a Monaco vengono organizzate sue mostre. La prima “ARTE DEGENERATA” riguardava
opere di artisti messi all’indice dai nazisti (Kandiskij, Matisse, Monet, Picasso, espressionismo,
impressionismo, surrealismo, cubismo) i loro lavori furono requisiti e messi all’asta e utilizzati dal
regime come investimento economico. La seconda “LA GRANDE ESPOSIZIONE DELL’ARTE
GERMANICA” di cui Hitler si occupava personalmente rappresentava l’inizio della grande
ossessione per l’arte classica che avrebbe portato Goring e Hitler a contendersi i patrimoni dei
paesi occupati. Questa mostra esponeva l’imponenza e la bellezza contro il degrado culturale. E
così a Monaco si istituì il contrasto tra arte di stato e quella che era da distruggere.
La mostra dell’Arte degenerata diventerà itinerante e avrà una affluenza straordinaria, sarà visitata
da oltre 2 milioni di persone. Molte opere erano appese in modo confuso, prive di cornice, in modo
da far sembrare tutto particolarmente brutto e caotico.
Nel suo testamento privato le ultime volontà di Hitler sono quelle di mettere al sicuro la sua
collezione d’arte. Il fuhrer acquisì tutte queste opere d’arte perché voleva ampliare una pinacoteca
della sua città natale, Linz, dove era cresciuto e dove aveva iniziato la sua parabola di pittore
mediocre (rifiutato alla accademia di belle arti di Vienna).
Anche Goring lasció traccia della sua ossessione per l’arte, cioè un elenco di tutte le opere in suo
possesso ordinato, che diventò un atto di accusa contro di lui. Goring fu uno dei più grandi
saccheggiatori della storia, anche più di Hitler.
La sua è la collezione d’arte in assoluto di maggior pregio del periodo nazista. Era divorato dalla
passione per l’arte e per il denaro.
Hitler e Goring diventano così rivali e si contendono i pezzi migliori. Hitler emise un ordine che
stabiliva che il fuhrer aveva la precedenza nella scelta delle opere.
La residenza di Goring è Carinhall, nord di Berlino.
Quando i russi erano alle porte di Berlino Goring aspetto fino all’ultimo prima di ordinare
l’evacuazione della sua pinacoteca. Prima di far saltare in aria Carinhall dà l’ordine di gettare i
bronzi dello scultore del reich nel lago di Bucasè. Le restanti opere d’arte invece vennero spedite
con dei treni speciali nel nido dell’Aquila di Hitler. Altre opere d’arte invece vennero nascoste in
delle miniere di sale in Austria.
L’esercito americano a Washington creò un unità speciale composta da storici dell’arte chiamata
“monuments man” che tenevano sotto controllo tutti gli spostamenti delle opere e le loro
peregrinazioni in tutta Europa.
Il conto su cui sono avvenute tutte le transizioni del tesoro delle SS fa capo a Himmler. Nel 2012
1550 opere di cui si erano perse le tracce ricompaiono nell’appartamento di Cornelius Gullit, figlio
del mercante d’arte di Hitler.
MOTORIA
Il totalitarismo è un idealtipo usato da alcuni studiosi per definire le dittature nate nel XX secolo,
che mobilitarono intere popolazioni nel nome di un'ideologia o di una nazione, accentrando il
potere in un unico partito, in un gruppo ristretto, o in una sola persona.
È il termine più usato dagli storici per definire un tipo di dittatura, al quale possono essere
ricondotti il nazismo, il fascismo e il comunismo. Uno Stato totalitario è caratterizzato soprattutto
dal tentativo di controllare capillarmente la società in tutti gli ambiti di vita, imponendo
l'assimilazione di un'ideologia: il partito unico che controlla lo Stato non si limita cioè a imporre
delle direttive, ma vuole mutare radicalmente il modo di pensare e di vivere della società stessa.
La politica sportiva del fascismo non prevedeva inizialmente un’attenzione particolare per il
calcio: le simpatie sportive dei vertici fascisti si indirizzavano verso sport più completi come il
nuoto, più tradizionali come la scherma o più moderni e influenti sul piano culturale, come
l’automobilismo. Il calcio aveva origini anglosassoni e la sua pratica non corrispondeva
perfettamente all’ideale di esercizio fisico della cultura fascista in quanto meno schematico e
rigoroso rispetto alla ginnastica. Tuttavia, il crescente interesse popolare verso il calcio rese
questo sport interessante per i progetti politici fascisti, il cui obiettivo era quello di distogliere
l’attenzione delle masse dai problemi politici e sfruttare gli eventuali successi allo scopo di
migliorare il profilo del regime nei riguardi delle altre nazioni. Nel 1926 il segretario del Partito
fascista, Augusto Turati, stabilì la dipendenza del Coni (Comitato Olimpico Nazionale Italiano)
dal partito fascista e dunque di tutte le federazioni sportive italiane. In questo modo anche la
Federazione italiana giuoco calcio (Figc) veniva fascistizzata e affidata fino al 1933 a Leandro
Arpinati, esponente di rilievo del partito fascista.
ARPAD WEISZ
Arpad Weisz nasce a Solt, in Ungheria,
il 16 aprile 1896, da genitori ebrei.Quando scoppia la Prima guerra mondiale, parte volontario
nell’esercito austro-ungarico, ma venne catturato dai soldati italiani il 28 novembre 1915 nel corso
della 4° battaglia dell'Isonzo e internato a Trapani. Terminata la guerra, ritorna sul campo da
calcio, prima in qualità di giocatore, per poi divenire anche un ammiratissismo allenatore.Il 24
settembre 1929 sposò in Ungheria Ilona Rechnitzer, anch’essa di origine ebraiche.
Il suo nome verrà italianizzato in Elena, mentre il cognome Weisz nel clima di autarchia diventerà
Veisz. Il 7 luglio 1930 Elena darà alla luce a Milano il primogenito Roberto.
Il 2 ottobre 1934, nascerà la secondogenita Clara. Nel campionato 1938-39 riparte alla caccia
dello scudetto, ma le leggi razziali impongono agli ebrei stranieri di lasciare l’Italia. Weisz guida
il Bologna per l’ultima volta il 23 ottobre 1938, contro l’Ambrosiana-Inter. Il 10 gennaio 1939 con
moglie e figli lascia Bologna, diretto a Parigi. Il 16 febbraio raggiunge l’Olanda per guidare il
Dordrecht, con cui diventa un eroe locale, conquistando la salvezza e due quinti posti nella
massima serie. Nel frattempo la Germania ha invaso l’Olanda e le leggi razziali provocano nel
settembre 1941 l’espulsione dalla scuola di Roberto e Clara Weisz e il divieto per Arpad di
lavorare. Nonostante gli aiuti, la famiglia Weiz non riesce ad espatriare e il 2 agosto 1942 viene
arrestata dalla Gestapo. Dal campo di raccolta di Westerbork, il 2 ottobre 1942 i quattro vengono
caricati su un treno blindato con destinazione Auschwitz, in Polonia. Dopo tre giorni di viaggio in
condizioni inumane, Arpad viene dirottato ai lavori forzati nell’Alta Slesia. Poi, deportato ad
Auschwitz, resiste fino al 31 gennaio 1944, quando muore di stenti dopo atroci sofferenze. Elena,
Roberto e Clara raggiungono Auschwitz-Birkenau, dove vengono subito eliminati in una camera a
gas.