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Antonio Di Pietro

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Versione del 29 ago 2007 alle 00:12 di Dardorosso (discussione | contributi) (Curiosità: Se mettiamo ogni partecipazione ad unprogramma televisivo, non la finiamo più)

Template:Membro delle istituzioni italiane

«La politica è l'arte del compromesso.»

Antonio Di Pietro (Montenero di Bisaccia, 2 ottobre 1950) è un politico ed ex magistrato italiano.

Come magistrato ha fatto parte del pool di Mani Pulite; nel 1996 è entrato in politica, e nel 1998 ha fondato il movimento Italia dei Valori. Attualmente è Ministro delle Infrastrutture nel Governo Prodi II.

I primi anni

Dopo aver conseguito un diploma di perito elettronico emigra in Germania; la sua giornata si suddivide fra un lavoro da operaio in una fabbrica metalmeccanica e un altro, il pomeriggio, in una segheria. Tornato in Italia dopo un paio d'anni, continuando a lavorare inizia gli studi all'Università di Milano presso la facoltà di giurisprudenza. Dapprima riesce ad ottenere, a ventotto anni, la laurea in giurisprudenza (con voto 108/110); due anni dopo, nel 1980, vince un concorso della Polizia di Stato per Commissario, e viene assunto alla Scuola Superiore di Polizia. Successivamente viene inviato al IV distretto come responsabile della Polizia Giudiziaria. Nel 1981, sempre alternando lavoro e studio, vince un nuovo concorso, questa volta in Magistratura: è assegnato, con funzione di Sostituto Procuratore, alla Procura della Repubblica di Bergamo.

Il periodo in magistratura

Nel 1985 passa alla Procura della Repubblica di Milano, dove si occupa soprattutto di reati contro la pubblica amministrazione. Si fa notare per la sua padronanza degli strumenti informatici, che gli consente una notevole velocizzazione delle indagini e un efficiente collegamento dei dati processuali. In questo modo, all'epoca di Tangentopoli, può svolgere una notevolissima mole di lavoro. Nel 1989 il Ministero di Grazia e Giustizia lo nomina consulente per l'informazione e membro di alcune Commissioni ministeriali per la riorganizzazione informatizzata dei servizi della pubblica amministrazione.

Quale pubblico ministero di punta del cosiddetto Pool di Mani Pulite, composto anche da altri magistrati come Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Ilda Boccassini e Armando Spataro, coordinati da Francesco Saverio Borrelli, ha messo sotto inchiesta per corruzione centinaia di politici locali e nazionali, tra cui alcune figure politiche di primo piano, tra cui il segretario del Partito Socialista Italiano Bettino Craxi.

Subito dopo le elezioni del 27 marzo 1994, Silvio Berlusconi gli chiede di abbandonare la magistratura e di entrare a far parte del suo governo come Ministro dell'Interno[1]. Di Pietro, pur dichiarandosi lusingato di fronte a numerosi giornalisti, non accetta e preferisce continuare il suo lavoro di magistrato. Berlusconi ha poi smentito di aver offerto un Ministero a Di Pietro.

Dopo questi anni di protagonismo, sono partite contro di lui diverse indagini giudiziarie, tutte risolte in assoluzioni o archiviazioni. Nel 1995 viene indagato dal sostituto procuratore di Brescia Fabio Salamone, ipotizzando reati di concussione e abuso d'ufficio, ma il giudice per le indagini preliminari archivia il procedimento .

Il 6 dicembre del 1994, poco prima che si riuscisse a tenere alla Procura di Milano l'interrogatorio dell'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, indagato per corruzione, si dimetterà clamorosamente dalla magistratura. La spiegazione resa all'epoca fu quella di voler evitare "di essere tirato per la giacca", ma sul dettaglio si susseguirono nel tempo dallo stesso interessato varie versioni: Di Pietro prima addusse l'esigenza che i veleni sul suo conto - dal "poker d'assi" di Rino Formica al dossier de "Il Sabato", dall'inchiesta del GICO sull'autosalone di via Salomone alle indagini bresciane attivate dalle denunce degli inquisiti - non danneggiassero l'immagine della Procura di Milano. Successivamente lamentò come ragione scatenante la fuga di notizie sul mandato di cattura a Berlusconi, reso noto durante la conferenza di Napoli sul crimine transnazionale mentre Di Pietro si trovava a Parigi per rogatorie internazionali. La reazione a tali ricostruzioni oscillanti[senza fonte] fu un gelido "con Di Pietro non siamo passati mai oltre il lei", pronunciato dal suo ex superiore Francesco Saverio Borrelli sulla sedia del testimone al processo di Brescia.

La carriera politica

Ministro dei Lavori pubblici

Nel 1996 chiamato da Romano Prodi accetta di divenire ministro nel suo Governo sostenuto dalla coalizione dell'Ulivo, appena insediatosi dopo la vittoria nelle elezioni politiche di aprile.

L'incarico affidatogli è il Ministero dei Lavori pubblici, ma decide di presentare le sue dimissioni dopo sei mesi, il giorno dopo in cui gli viene notificata da Brescia una nuova indagine nei suoi confronti (avviso di garanzia). Prodi respinge le dimissioni, ma Di Pietro non vuole tornare sui suoi passi.

Elezione al Senato ed al Parlamento Europeo

A fine 1997 si tengono l'elezioni supplettive e Di Pietro accetta la candidatura per un seggio al senato offerta dall'Ulivo al collegio uninominale del Mugello in Toscana, dove nella precedente votazione la coalizione aveva vinto con il 66,5% dei consensi. Gli avversari, Giuliano Ferrara per la coalizione di Silvio Berlusconi, Sandro Curzi per Rifondazione comunista, che nel 1996 non si era presentata da sola, e il candidato della Lega Nord, vengono battuti da Di Pietro, che ottiene il 67,8% dei voti. Diventa così senatore e, come indipendente, aderisce al gruppo misto.

Dopo alcuni mesi, nel marzo 1998, fonda un suo movimento, Italia dei Valori, che vede l'adesione anche di altri parlamentari, e insieme a loro forma un sottogruppo. Dopo la caduta del Governo Prodi I dell'ottobre del 1998, si verificano dei cambiamenti nell'assetto dei partititi alleati. Di Pietro è un sostenitore di Romano Prodi, lo considera come unico punto di riferimento, aderisce al progetto dei Democratici, che intende portare avanti l'idea unitaria formale dei partiti che sono a fondamento dell'Ulivo. Così nel febbraio 1999 viene deciso lo scioglimento del giovane movimento, per farlo confluire, insieme ad altre formazioni politiche, in quello di Prodi. Di Pietro viene scelto per svolgere l'importante ruolo di responsabile organizzativo.

I Democratici debuttano alle elezioni europee dello stesso anno, ottenendo il 7,7% dei voti e sette seggi, e Di Pietro viene eletto eurodeputato con funzioni di Presidente di Delegazione del Parlamento europeo dapprima per le relazioni con il Sud America, poi per l’Asia centrale ed infine per il Sudafrica.

Italia dei Valori

In seguito a ripetuti dissidi con la linea portata avanti da Arturo Parisi, leader del partito, con il culmine nello strappo avvenuto quando Di Pietro sceglie di non votare la fiducia al nuovo governo Amato, il 27 aprile 2000 si separa dai Democratici. Rifonda quindi Italia dei Valori come partito autonomo nel settembre 2000, sempre con l'obiettivo di portare avanti le proprie battaglie politiche, mettendo sempre in primo piano temi come la valorizzazione e l'affermazione della legalità e la neccessità di trasparenza amministrativa e a livello politico.

Pur d'accordo nel contrastare la coalizione guidata da Silvio Berlusconi, per l'elezioni politiche del 2001 Di Pietro non riesce a trovare un accordo e si presenta quindi da solo alla competizione elettorale. Tuttavia non risulterà eletto, non riuscendo a spuntarla nel collegio uninominale in Molise e non superando, con la sua lista al proporzionale, la soglia del 4%, seppur di poco (3,9%).

Il 'tentato' Nuovo Ulivo

Alla vigilia delle elezioni europee del 2004, Di Pietro aderisce all'appello di Prodi di presentarsi sotto un'unico simbolo nel nome dell'Ulivo. Ma non tutti sono d'accordo con l'ingresso di Di Pietro (il fronte dell'opposizione è guidato dai socialisti dello SDI). E così nasce una nuova intesa elettorale con Achille Occhetto: insieme presentano la Lista Società Civile, Di Pietro-Occhetto, Italia dei Valori.

Nel suo simbolo, la lista inserisce la dicitura "Per il Nuovo Ulivo", con un piccolo ramoscello d'ulivo, per sottolineare la chiara intenzione di partecipare alla rinascita e al rafforzamento della coalizione. Prodi, in un primo momento, plaude all'idea, ma poi Di Pietro e Occhetto (a campagna elettorale già avviata) sono costretti ad eliminare quel frammento del loro simbolo perché - dicono dalla coalizione - si potrebbe generare confusione fra gli elettori che potrebbero confonderlo con il "vero" Ulivo.

La lista, comunque, corre regolarmente alle elezioni, ma il progetto è un fallimento: raccoglie soltanto il 2,1%. Occhetto abbandona immediatamente l'alleanza, cedendo il seggio di parlamentare europeo in favore del giornalista Giulietto Chiesa (come aveva anticipato prima delle elezioni) e conservando quindi il suo seggio al Senato.

Di Pietro viene rieletto al Parlamento europeo nella circoscrizione sud, dopo aver ricevuto in tutta Italia quasi 200 mila preferenze. Iscritto al gruppo parlamentare dell'Alleanza dei Democratici e Liberali per l'Europa; membro della Conferenza dei presidenti di delegazione; della Commissione giuridica; della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni; della Delegazione per le relazioni con il Sudafrica.

L'ingresso nell'Unione e le primarie

Intanto, nasce la nuova coalizione di centrosinistra, chiamata L'Unione, che si apre ai contributi di Italia dei Valori e di Rifondazione Comunista.

Il nuovo schieramento debutta alle elezioni regionali dell'aprile 2005: IdV ne è parte integrante in tutte le 14 regioni chiamate al voto, ma il partito conferma il suo trend negativo, raggranellando soltanto l'1,8% dei voti.

Prodi, in vista delle elezioni politiche del 2006, lancia l'idea delle consultazioni primarie per la scelta del candidato premier. Il progetto va in porto, le primarie si organizzano e Di Pietro presenta subito la sua candidatura.

Le primarie si svolgono il 16 ottobre 2005 con sette candidati: Di Pietro è arrivato quarto, raccogliendo 142.143 voti (il 3,3% dei consensi), alle spalle di Romano Prodi, che ha ricevuto l'investitura di candidato premier della coalizione, di Fausto Bertinotti e Clemente Mastella.

Ministro delle Infrastrutture

Il 17 maggio 2006, dopo le elezioni politiche che attestano la vittoria del centrosinistra (Italia dei Valori si attesta intorno al 3,5% sia alla Camera che al Senato), Di Pietro viene nominato Ministro delle Infrastrutture nel nuovo Governo Prodi. Lascia l'incarico di europarlamentare per accettare quello di deputato nazionale.

La protesta sull'indulto

A luglio del 2006 scoppia una polemica all'interno della coalizione di governo che vede protagonista Di Pietro e il suo partito, contrari all'approvazione di una parte del provvedimento di indulto sostenuto, invece, in maniera trasversale da esponenti e partiti di entrambi gli schieramenti, esclusa la Lega Nord Padania e Alleanza Nazionale.

Si riteneva che tale indulto avrebbe avuto effetti su circa 12 mila carcerati, in seguito rivelatisi più di 20 mila. Di Pietro manifesta davanti a Palazzo Madama prima dell'approvazione del provvedimento al Senato, insieme alla Lega Nord, anch'essa contraria. La richiesta avanzata da Di Pietro, ma non accolta, è quella di escludere dall'indulto i reati finanziari, societari e di corruzione, anche in risposta ai recenti scandali come Bancopoli. Al contrario della Lega Nord, Di Pietro resta invece favorevole all'indulto come mezzo per svuotare le carceri per gli altri reati, secondo il programma dell'Ulivo.

Di Pietro pubblica sul suo sito web personale i nomi dei deputati che hanno votato a favore dell'indulto.

Afferma Di Pietro:

«È sconcertante, davvero sconcertante, vedere l'Unione rinnegare nei fatti, con questo indulto, il programma che ha presentato ai cittadini e per cui è stata eletta. Il cittadino conta meno di zero, non può scegliere i suoi rappresentanti (con riferimento alla legge elettorale senza preferenze, ndr) e neppure vedere rispettato il programma di governo. A cosa serve l'istituzione parlamentare oggi? Quanto è lontana dagli elettori? È una domanda che noi politici dobbiamo farci e alla quale è necessario dare presto delle risposte.»

Onorificenze

Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana

Curiosità

  • Nel 1994, quando il Governo Berlusconi I era in formazione, Berlusconi propose a Di Pietro il ministero dell'Interno; Di Pietro rifiutò in quanto intendeva proseguire il suo lavoro in Magistratura. Tuttavia, durante la campagna elettorale per le Politiche del 2006, l'ex premier ha rinnegato di aver mai fatto tale offerta, mostrando anche di dubitare che il leader dell'IdV si sia mai laureato; a seguito delle prove [2] dell'effettivo conseguimento del titolo di studio presentate in risposta al Cavaliere, questi ha comunque messo in discussione, durante una puntata di Matrix, il livello di istruzione dell'attuale ministro.
  • La sua propensione all'uso dei mezzi informatici l'ha spinto a partire dall'autunno 2006 ad utilizzare le potenzialità comunicative del sito YouTube: ogni settimana, al termine della riunione del Consiglio dei Ministri, Di Pietro riferisce agli utenti i fatti oggetto della discussione le decisioni adottate all'interno del Consiglio dei Ministri stesso, spiegando le motivazioni e le possibili conseguenze dell'attività governativa.
  • Il 28 febbraio 2007 ha annunciato sul suo blog di aver aperto uno spazio per l'Italia dei Valori nella comunità virtuale Second life. Per primo in Italia ha acquistato un'isola e piantato la bandiera del suo partito. Attualmente l'area è stata strutturata con nuove costruzioni. Il 26 marzo 2007 è nato il gruppo IDV- AGORA' fondato dall'avatar Silvestro Dagostino. Attualmente sull'isola di Never land è l'unico gruppo spontaneo esistente e consta di 350 iscritti alla data del 16 agosto 2007. In Europa Segolene Royal è stata la prima candidata ad un partito politico ad andare su Second Life.
  • Di Pietro si schiera insieme a Casini ed a tutta la Casa delle Libertà contro la rimozione del capo della polizia De Gennaro, responsabile della polizia in carica durante le violenze del G8[1], adducendo come motivazione "non tanto il gesto ma le modalità di esecuzione",[2] ritenendo preferibile che non venisse prontamente allontanato, troppo veementemente, un capo della polizia indagato per istigazione alla falsa testimonianza[3], allontanamento che Di Pietro definisce "una vendetta della sinistra massimalista"[4]}. Altri membri del suo partito in tale occasione si sono augurati che a De Gennaro venissero affidati altri prestigiosi incarichi, cosa puntualmente accaduta, con la nomina a capo del gabinetto da parte di Amato[5].
  • Di Pietro dichiara di opporsi alla riforma sulle intercettazioni che, secondo Di Pietro, avrebbe come obiettivo l'imbavagliamento dei giornalisti e la limitazione dei poteri della magistratura.
  • Contrario al divieto di diffusione di informazioni ottenute con le intercettazioni dei politici e comuni cittadini, si schiera però contro le intercettazioni della magistratura. A proposito delle intercettazioni dei magistrati ad opera dei servizi segreti, dichiara a Radio Popolare il 5-7-2007 che "è ovvio che i dipendenti seguano ordini dei loro capi", indicando che per i membri dei servizi che indagavano sulla magistratura, qualcuno doveva aver loro dato questo incarico.

Predecessore Presidente Italia dei Valori Successore
nessuno 1998 - oggi

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Riferimenti e note

  1. ^ Antonio Di Pietro, Intervista su Tangentopoli, a cura di Giovanni Valentini, Laterza, ISBN 8842061875.
  2. ^ Berlusconi, eccoti la mia laurea, Corriere della Sera.it, 1 gennaio 2006

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