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Attentato alla sinagoga di Roma

Coordinate: 41°53′31.2″N 12°28′40.8″E
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Attentato alla sinagoga di Roma
Lapide alla vittima dell'attentato
Tipoattacco diretto con bombe a mano e mitra
Data9 ottobre 1982
11:55 UTC+1
LuogoRoma
StatoItalia (bandiera) Italia
Coordinate41°53′31.2″N 12°28′40.8″E
ObiettivoTempio Maggiore di Roma
Responsabiliterroristi collegati al Consiglio Rivoluzionario di al-Fatah di Abu Nidal
Conseguenze
Morti1
Feriti37

L'attentato alla sinagoga di Roma avvenne il 9 ottobre 1982 e fu condotto da un commando di cinque terroristi di origine palestinese,[1] facenti parte del Consiglio Rivoluzionario di al-Fatah di Abu Nidal.[2][3] L'attentato, definito il più grave atto antisemita avvenuto in Italia a partire dal secondo dopoguerra,[1][4] causò la morte di Stefano Gaj Taché (2 anni) e il ferimento di altre 37 persone.[1]

Dinamica dell'attentato

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L'attentato avvenne alle 11:55 di sabato 9 ottobre 1982, giorno in cui si celebravano contemporaneamente lo shabbat, il bar mitzvah di alcune decine di adolescenti della comunità ebraica romana e lo Shemini Atzeret, a chiusura della festa di Sukkot.[5][6] Si stima che nel Tempio fossero presenti almeno 300 persone,[7] fra cui almeno una cinquantina di minorenni con le rispettive famiglie.[5]

I cinque terroristi, vestiti in maniera elegante, camminarono con calma fino all'obiettivo.[7] Tre si disposero in modo da poter bloccare tutte e tre le potenziali vie di fuga di via Catalana, su cui si affaccia l'uscita posteriore della sinagoga, mentre gli altri due si posizionarono davanti all'ingresso principale dell'edificio, posto su via del Tempio.[5] Secondo le ricostruzioni, un agente di sicurezza impiegato dalla comunità ebraica chiese a due componenti del commando di identificarsi.[8] Questi risposero lanciando almeno tre bombe a mano[1][7] e successivamente aprendo il fuoco con i mitra sulla folla.[6][9] L'aggressione durò circa cinque minuti,[5] e successivamente gli attentatori furono visti fuggire a bordo di una Volkswagen rossa e di una Austin bianca.[8][9]

L'unica vittima dell'attentato fu un bimbo di 2 anni, Stefano Gaj Taché, colpito a morte da una scheggia di una bomba a mano. 40 persone furono ferite, fra cui i genitori ed il fratello della vittima, Gadiel Gaj Taché (4 anni), quest'ultimo colpito alla testa ed all'addome.[1][4][8]

L'attentato avvenne dopo cinque mesi dall'inizio della guerra del Libano, un periodo in cui gli ebrei in ogni parte del mondo si trovavano sotto accusa per l'invasione israeliana del Libano meridionale e per la conseguente strage di Sabra e Shatila, perciò la comunità ebraica a Roma si sentiva attorniata da un clima ostile[10], in via Garfagnana era stato affisso uno striscione con la scritta «Bruceremo i covi sionisti» ed una bara era stata deposta davanti alla sinagoga durante un corteo della CGIL[11].

Subito dopo l'attacco, si registrarono reazioni durissime da parte della comunità ebraica: un giornalista de l'Unità fu costretto a rifugiarsi in un edificio vicino, insultato dalla folla. Sul posto arrivò subito l'allora Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini a offrire la propria vicinanza all'allora rabbino capo della comunità ebraica romana Elio Toaff. Spadolini fu accolto con favore dalla folla di presenti come l'unico, assieme a Marco Pannella a non aver ricevuto Arafat[12] (con riferimento alla visita di qualche giorno prima del leader palestinese in Italia, che incontrò il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, il sindaco di Roma Ugo Vetere e papa Giovanni Paolo II)[9]. Il rabbino Toaf invitò Pertini a non presenziare i funerali[12].

Due giorni dopo l'attentato il consigliere comunale romano Bruno Zevi pronunciò un famoso discorso in Campidoglio (che venne pubblicato integralmente il giorno seguente sulle pagine de Il Tempo) a nome della comunità ebraica, davanti al sindaco di allora Ugo Vetere. Zevi parlò dell'antisemitismo diffuso, accusò il Ministero dell'interno di «non aver apprestato dispositivi difensivi nel ghetto ed intorno alla sinagoga, malgrado fossero stati insistentemente richiesti» notando un'Italia «che manda i suoi bersaglieri in Libano per proteggere i Palestinesi, ma non protegge i cittadini ebrei italiani», criticò il Vaticano «per il modo pomposo in cui ha ricevuto Arafat», i politici ed i media «che salvo rare eccezioni hanno distorto fatti ed opinioni». Alla fine del suo discorso Zevi disse: «L'antisemitismo è esistito per duemila anni, non dal 1948, dalla proclamazione dello Stato d'Israele. Non crediamo all'antisionismo filosemita: è una contraddizione in termini»[13].

Nei giorni successivi all'attentato, l'atto venne attribuito al Consiglio rivoluzionario di al-Fath guidato da Abu Nidal, responsabile di numerosi attentati contro obbiettivi ebraici in Italia ed in Europa lungo gli anni ottanta.[2][3] Una rivendicazione da parte di sedicenti "Brigate Rosse-OLP" non fu giudicata attendibile dagli inquirenti.[4]

A oggi si conosce l'identità solo di uno degli attentatori, Osama Abdel Al Zomar, arrestato il 20 novembre 1982 mentre cercava di passare il confine fra Grecia e Turchia portando con sé un carico di esplosivo.[12] In seguito all'arresto, ulteriori riscontri condotti dalla polizia e la testimonianza della sua fidanzata italiana portarono a identificarlo come uno dei componenti del commando.[14]

Al Zomar scontò una condanna per traffico di armi in Grecia, al termine della quale, nonostante le richieste di estradizione avanzate dall'Italia, fu lasciato libero. Zomar riparò in Libia, dove risulta sia rimasto fino alla caduta del regime di Gheddafi. Nel 1991 fu condannato in contumacia per strage dalla corte d'appello di Roma.[15]

Uno dei principali collaboratori di Abu Nidal fu arrestato in Svizzera nel mese di settembre (quindi prima dell'attentato), ma la notizia fu resa nota solo a metà ottobre, perché si sospettò che l'arrestato fosse fra gli ideatori di questo e altri attacchi contro luoghi e istituzioni ebraiche.[16]

Il 7 ottobre 2007 fu celebrata la nuova intestazione del piazzale sul luogo dell'attentato (situato all'incrocio fra via del Tempio e via Catalana) al piccolo Stefano Gaj Taché, in presenza del sindaco Walter Veltroni.[17]

Il 3 febbraio 2015, durante il messaggio al parlamento seguito al giuramento per l'elezione a Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha ricordato l'attentato con le parole:

«(L'Italia) ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell'odio e dell'intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell'ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano»

  1. ^ a b c d e (EN) 5 Hunted in Fatal Attack on Synagogue in Rome, in Pittsburgh Post-Gazette, 11 ottobre 1982, p. 2. URL consultato il 3 febbraio 2015.
  2. ^ a b Terroristi di «Giugno nero» gli assassini della sinagoga, in La Stampa, 11 ottobre 1982, p. 1. URL consultato il 3 febbraio 2015.
  3. ^ a b Marzano e Schwarz, pp. 191-193.
  4. ^ a b c (EN) Tot Fights For Life as Rome Hunt For Attackers Goes on, in Daytona Beach Morning Journal, 11 ottobre 1982, p. 16A. URL consultato il 3 febbraio 2015.
  5. ^ a b c d Assalto alla sinagoga a Roma. Bombe contro i bambini ebrei, in La Stampa, 10 ottobre 1982, p. 1. URL consultato il 3 febbraio 2015.
  6. ^ a b Marzano e Schwarz, pp. 183-184.
  7. ^ a b c (EN) Young Boy Is Killed in Synagogue Attack, in The Tuscaloosa News, 10 ottobre 1982, p. 5A. URL consultato il 3 febbraio 2015.
  8. ^ a b c (EN) Henry Kamm, Terrorists Raid Rome Synagogue; Boy, 2, Is Killed and 34 Are Hurt, in The New York Times, 10 ottobre 1982. URL consultato il 3 febbraio 2015.
  9. ^ a b c Synagogue Fired Upon; Child Killed, in Spokane Chronicle, 9 ottobre 1982, p. 1. URL consultato il 3 febbraio 2015.
  10. ^ Redazione ANSA, Quaranta anni fa l'attentato alla Sinagoga di Roma, Dureghello: "Non fu fatto abbastanza", su https://www.ansa.it/, 9 ottobre 2022. URL consultato l'11 ottobre 2022.
  11. ^ Pierluigi Battista, Ucciso a due anni dai terroristi, il mio fratellino dimenticato, su https://morasha.it/, 9 ottobre 2021. URL consultato l'11 ottobre 2022.
  12. ^ a b c Chi era Stefano Gaj Taché, su ilpost.it, 3 febbraio 2015. URL consultato il 22 dicembre 2016.
  13. ^ Emanuel Baroz, Bruno Zevi: un discorso memorabile e, purtroppo, sotto molti aspetti ancora attuale, su http://www.focusonisrael.org/, 9 ottobre 2028. URL consultato l'11 ottobre 2022.
  14. ^ Marzano e Schwarz, pp. 188-189.
  15. ^ Marzano e Schwarz, p. 191.
  16. ^ Preso terrorista preparò l'attentato della sinagoga?, in La Stampa, 14 ottobre 1982, p. 9. URL consultato il 3 febbraio 2015.
  17. ^ Trent'anni dal sabato di sangue alla Sinagoga. Anche Napolitano alla commemorazione, in la Repubblica, 8 ottobre 2012. URL consultato il 3 febbraio 2015.
  18. ^ Stefano Tachè, il bimbo ebreo vittima del terrorismo ricordato da Mattarella, su tgcom24.mediaset.it.
  • Arturo Marzano, Guri Schwarz, Attentato alla sinagoga: Roma, 9 ottobre 1982. Il conflitto israelo-palestinese e l'Italia, Roma, Viella, 2013, ISBN 9788883349201.

Voci correlate

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