Ecce Homo (Caravaggio)
Ecce Homo | |
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Autore | Michelangelo Merisi da Caravaggio |
Data | ca. 1605 |
Tecnica | Olio su tela |
Dimensioni | 128×103 cm |
Ubicazione | Musei di Strada Nuova - Palazzo Bianco, Genova |
Ecce Homo è un dipinto del pittore italiano Michelangelo Merisi da Caravaggio realizzato in olio su tela (128×103 cm) intorno al 1605 (o nel 1609, secondo l'interpretazione di John Gash). È una delle tele più importanti conservate a Genova, nei Musei di Strada Nuova (Palazzo Bianco).
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Secondo Giambattista Cardi, il nipote dell'artista fiorentino Cigoli, il "Monsignor Massimo Massimi"[1] commissionò alcuni dipinti col soggetto dell'Ecce Homo a tre artisti, Cigoli, Caravaggio e Domenico Passignano. Cardi afferma che tra le opere eseguite, il cardinale apprezzò maggiormente quella eseguita da Cigoli.
«Volendo Monsignor Massimi un Ecce Homo che gli soddisfacesse ne commesse uno al Passignano, uno al Caravaggio et uno al Cigoli senza che l'uno sapesse dell'altro; i quali tutti tirati al fine e messi a paragone… (quello del Cigoli)… piacque più degli altri e perciò tenutolo appresso di se Monsignore mentre stette in Roma fu di poi portato a Firenze e venduto al Severi…”»
G.P. Bellori, nel 1672, riferisce che:
«Alli signori Massimi colorì un Ecce Homo che fu portato in Ispagna»
Anche F. Baldinucci, nel 1681, gli fa eco, ricordando il citato concorso nelle notizie sul Cigoli:
«Dipinse per i Massimi un Ecce Homo, che poi portato in Ispagna, ove pure furon mandate altre sue opere, e per altri, molti quadri ebbe a fare, a cagione dell'essersi ormai tutta Roma impegnata nel gusto di sua maniera. Ma non pure altre volte fecene, che rimasero in quella città: ma altre ancora, che furono mandate in Francia ed in varie province d'Europa.»
Una nota autografa del Caravaggio attesta:
«Io Michel Ang.lo Merisi da Caravaggio mi obbligo di pingere al Ill.mo S [Ignor] Massimo Massimi p [er] esserne statto pagato un quadro di valore e grandezza come quello ch’io gli feci già della Incoronatione di Crixto p [er] il primo di Agosto 1605. In fede ò scritto e sottoscritto di mia mano questa questo dì 25 Giunio 1605. Io Michel Ang.lo Merisi»
Questo importante documento permette di risolvere alcuni interrogativi. Il primo conferma che Caravaggio possedeva una qualche cultura umanistica (si noti la grafia "alla greca" di "Cristo"); il secondo è il nome del committente, Massimo Massimi (o Massimo Massimo)[1] finora indicato genericamente o individuato in un altro membro della famiglia; il terzo è che Caravaggio si impegna a consegnare entro un mese circa dello stesso 1605 (quindi una fase assai intensa) un quadro “grande” che, forse come deterrente, gli è stato già pagato. Il tempo di esecuzione è breve e conferma la velocità del pittore. Altra notizia interessante riveste la citazione di un quadro, di valore e grandezza analoghi, che l'artista aveva già realizzato per il Massimo in epoca antecedente: una incoronazione di [spine di] Cristo. Non è escluso che Massimo Massimi abbia poi ceduto l'Ecce Homo ad un suo congiunto, Monsignor Innocenzo, mecenate e amante delle belle arti, che nel 1623 era Nunzio Apostolico a Madrid.[1] Ciò giustificherebbe quanto affermato dal Bellori circa la presenza in Spagna del dipinto.
L'iconografia è nota tramite una copia di discreta qualità attribuita ad Alonso Rodriguez e conservata nel museo regionale di Messina, che l'Hackert, nel 1792, e Grosso-Cacopardo, nel 1821, ritengono autografa, sulla base di una tradizione locale risalente alla presenza del quadro nella chiesa di Sant'Andrea Avellino dei Padri Teatini di Messina. L'originale risulta inventariato a Palazzo Bianco nel 1921 come “copia di Lionello Spada”, e di provenienza incerta; considerato di scarso interesse, nel 1929 viene temporaneamente concesso alla Scuola Navale di Genova ubicata nell'alessiana Villa Cambiaso. Rinvenuto tra le macerie dopo i bombardamenti del 1944 viene ricoverato a Palazzo Ducale, con altri oggetti recuperati; di qui viene trasportato nel 1946 nuovamente nei depositi di Palazzo Bianco. Nella prima metà del XX secolo diversi importanti critici si esprimono circa la vera autografia dell'opera in questione. Roberto Longhi, nel catalogo della mostra milanese del 1951, sostiene che l'opera da lui volutamente esposta sia:
«Una copia cruda ma abbastanza fedele da un'opera tarda del maestro»
individuando in Pilato il Caravaggio stesso e nel Cristo i caratteri della tradizione di Antonello da Messina. La copia esposta nella mostra viene sottovalutata dalla critica presente alla rassegna milanese, prevalendo la tesi della derivazione da un ignoto prototipo, di un seguace meridionale del Caravaggio. Bernard Berenson nel 1951 aderisce, anche se con riserva, alla suddetta tradizione sostenendo che:
«Pilato è evidentemente preso dal vivo e degno di un grande ritrattista forse più di ogni altro dipinto»
Dubbi sull'attribuzione
[modifica | modifica wikitesto]Sulla base della copia di Messina e grazie ad un recente restauro Roberto Longhi nel 1954 riconosce, in una tela ritrovata l'anno prima da Caterina Marcenaro nei depositi di Palazzo Bianco a Genova, l'originale del Caravaggio. Il Longhi lo identifica col dipinto menzionato dal Bellori ed interpreta l'espressione: "fu portato in Ispagna" secondo la logica di un'estensione geografica, dal momento che il quadro era pervenuto dalla Sicilia che a quei tempi era sotto il dominio della Spagna. Il dipinto genovese viene confermato autografo da Mina Gregori nel 1985, con cronologia di produzione posta all'estremo momento romano dell'artista tra aprile e maggio del 1606.
Nel 1977 Corrado Maltese, in un suo scritto dal titolo: "Vero e falso in un'opera di pittura"[2], a proposito dell'opera in questione sostiene quanto segue:
«Un Ecce Homo esposto qui a Genova in questo Museo è attribuito al Caravaggio. Ora, se noi lo esaminiamo con molta attenzione, ci accorgiamo che l'attribuzione è contestabile. È contestabile specialmente se esaminiamo le mani e confrontiamo il gioco delle mani e la loro fattura con quelle che si ritrovano usualmente in Caravaggio, nel Caravaggio, diciamo così, che nessuno mette in dubbio»
Essendo questo testo la trascrizione di una conferenza tenuta dal Maltese su questo argomento, egli a questo punto propone una diapositiva relativa al quadro della Madonna del Rosario di Vienna e la paragona in contemporanea con l'immagine di un particolare dell'Ecce Homo di Palazzo Bianco. Egli sostiene:
«Ci troviamo di fronte a mani la cui certezza pratica e pittorica traballa alquanto. Le mani del Cristo che vedete così ingrandite, e che appartengono al citato "Ecce Homo", sono evidentemente meno sicure di quelle che vedete nella "Vergine del Rosario". Analizzatele, analizzate la pennellata (quello che i tecnici chiamano il ductus, che sarebbe nient'altro poi che la grafia): vi accorgerete sicuramente di una certa debolezza.»
L'autore procede proponendo ulteriori analisi comparative con altri dipinti di sicura autografia caravaggesca usando sempre come riferimento il particolare delle mani dell'Ecce Homo, e conclude:
«Come vedete, tutte queste mani hanno una sicurezza plastica, una sicurezza di stile ben diversa da quella dell'Ecce Homo: osservate ancora la mano dello sbirro che sta dietro: rivelano una sicurezza d'impianto che tutti potete riconoscere, nonché durezza e semplificazione nell'esecuzione»
Secondo il Maltese quindi "l'Ecce Homo" di Genova non è un'opera di Caravaggio.
Lo storico dell'arte americano Alfred Moir, nel 1967, fa presente che il quadro in oggetto non è ricordato né dal Soprani né dal Ratti nel 1780, mentre invece l'edizione del testo di Hackert nel 1790[3] parla di dipinti portati a Genova dalla Sicilia tramite mercanti genovesi e inglesi che, approfittando delle ricorrenti calamità naturali che colpivano Messina, facevano incetta dai sopravvissuti dei beni salvati e l'Ecce Homo viene forse trasferito a Genova dopo il terremoto del 1783, il che spiegherebbe i silenzi sia del Ratti che del Soprani[4]. Antonio Vannugli ritiene di aver dimostrato con fonti attendibili che il quadro sia appartenuto al diplomatico spagnolo Juan de Lezcano, documentato a Roma tra 1609 e 1616[5].
Franco Renzo Pesenti, in un'analisi del 1997[6], partendo dall'assunto che nella lettera autografa che il Caravaggio invia al suo committente Massimo Massimi l'artista non specifica il soggetto dell'opera promessa, confuta l'attribuzione dell'autografia del dipinto. Pesenti, entrando nel merito dell'attribuzione di un dipinto con soggetto Ecce Homo presente nel Santuario del Bambino Gesù di Praga ad Arenzano - copia che alcuni anni fa aveva suscitato qualche scalpore sui quotidiani come reietto capolavoro del Caravaggio - sostiene non esistere alcuna correlazione tra questo dipinto e l'Ecce Homo di Palazzo Bianco, soprattutto per via del loro diverso formato, della disposizione in controparte dei principali personaggi e del numero dei soggetti. Secondo Pesenti, in merito all'attribuzione di Palazzo Bianco, appare invece più verosimile quanto segue:
«Lanfranco Massa, procuratore ligure a Napoli di Marcantonio Doria ha in casa alla sua morte dei dipinti che per la maggior parte corrispondono per autore e titoli ai dipinti da lui procurati allo stesso Marcantonio. Fra questi dipinti il Massa ha un quadro con un Ecce Homo del Caravaggio e viene da chiedersi se non sia la mediazione del Massa all'origine dell'Ecce Homo di Palazzo Bianco»
Più di recente diversi studiosi italiani e stranieri hanno rivalutato l'attribuzione a Caravaggio. Prima del 1951 l’Ecce Homo non aveva ricevuto alcun interesse anche perché il suo ingresso nelle collezioni civiche era stato relativamente recente: Orlando Grosso, allora segretario specializzato del museo, aveva proposto l’acquisto al Comune nel 1908[7] di un "Leonello Spada, Cristo mostrato al popolo, buona opera di pittura della scuola bolognese del Seicento conservato in ottimo stato"[8]. Risulta verosimile l'identità tra le due opere data la generale assenza di dipinti assegnati allo Spada nelle collezioni genovesi già in antico. È probabile che l’ingresso del quadro nelle raccolte comunali segua di alcuni anni, poiché l’Ecce Homo, senza indicazioni di provenienza, viene inventariato solo dopo la prima guerra mondiale[9] insieme alle numerose copie del legato di Casa Piola (1913) che includeva anche molte "copie d’autore". Ed è probabilmente per questo che il "Leonello Spada" visto da Grosso diventi una "Copia di un quadro del L. Spada"[9]. Tale attribuzione vedrà poi ulteriore confusione nell'interpretazione: la notazione "copia da Lionello Spada" verrà infatti riportata dalla critica come "copia di Lionello Spada", riconoscendovi dunque non un'opera derivante da un prototipo dello Spada, ma un'opera realizzata da Spada su un presunto modello caravaggesco. L'autografia della tela ancora oggi non ha un riconoscimento unanime[10].
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Per quanto riguarda l'iconografia, nel 1954 Roberto Longhi scorge nell'opera il riflesso compositivo di un quadro di Tiziano conservato nel monastero dell'Escorial a Madrid e il rapporto con sue opere della piena attività romana. Nel 1973 Maurizio Marini osserva come il precedente più diretto per Pilato sia individuabile nel ritratto di Andrea Doria di Sebastiano del Piombo attualmente esposto presso il Palazzo del Principe a Genova, che presenta analoghe impostazione cronologica e impostazione cromatica. Secondo il critico è probabile che Caravaggio abbia visto il quadro di Sebastiano a Genova, presso Marcantonio Doria, durante la sua sosta del 1605. Il carceriere alle spalle del Cristo appare stranamente premuroso nel togliere delicatamente il mantello dalle sue spalle, ma probabilmente lo sta invece rimettendo su di queste, accingendosi a portarlo via dopo che questi è stato mostrato alla folla. Circa Pilato non vi è nessuna ambiguità: egli è cinico, e non vede l'ora di liberarsi del problema creatogli da Cristo. La Gregori sempre nel 1985[11] sottolinea che il gesto con cui Pilato mostra Gesù alla folla e quindi allo spettatore corrisponde alla finalità della pittura sacra del periodo della Controriforma.
L'opera è tratta dal Vangelo di Giovanni 19, 5[12]: Ponzio Pilato mostra Cristo al popolo con le parole, Ecce Homo! ("Ecco l'uomo" - l'uomo che volete crocifiggere). Caravaggio ha combinato la presentazione di Cristo da parte di Pilato con il momento di poco precedente in cui Cristo, coronato di spine, è vestito in modo derisorio da re dai suoi aguzzini. Massimi possedeva anche una Coronazione di spine di Caravaggio, (identificata con l'Incoronazione di spine di Prato) che faceva probabilmente da pendant a quest'opera.
Restauri e stato attuale
[modifica | modifica wikitesto]Il restauro eseguito a Roma nel 1954 da Pico Cellini ha ottenuto il risultato del pieno recupero e della leggibilità dell'autografia, intervenendo anche sui "danni" di un complicato "restauro" subito nel corso del Settecento che con l'andare del tempo, a causa del rattrappimento del colore e lo squamamento degli impasti stava causando la caduta del colore essiccato.
In occasione del restauro effettuato nel 2003 da Cristina Bonavera Parodi sono state eseguite indagini diagnostiche non invasive (riprese riflettografiche all'infrarosso, letture ai raggi ultravioletti, indagini al microscopio ottico e radiografie ai raggi X) che hanno permesso di ottenere una più approfondita conoscenza dello stato di conservazione, dei materiali costituenti l’opera e della tecnica esecutiva dell'artista, rivelando numerosi "pentimenti", "abbozzi preliminari di colore" e sovrapposizioni di campiture pittoriche[13].
La presenza, inoltre, di altri elementi pertinenti alla tecnica esecutiva del Caravaggio quali "incisioni", "pennellate a zig zag" e "l'uso della preparazione a risparmio" (ossia ciò che Bellori definiva "lasciare in mezze tinte l'imprimitura della tela"), messi a confronto con la banca dati raccolta da Rossella Vodret e da Claudio Falcucci nel 2017, si ritiene abbiano permesso l'individuazione delle caratteristiche peculiari della tecnica esecutiva del Caravaggio, confermando la certa autografia dell'opera.
L’ultimo restauro è stato condotto nel 2023 da Elisabetta Latini e il dipinto si trova attualmente in buono stato di conservazione.
L'Ecce Homo di Madrid
[modifica | modifica wikitesto]Nell'aprile 2021 un'opera appartenente alla cerchia di un seguace spagnolo di Caravaggio, Jusepe de Ribera, è stata ritirata dalla vendita presso la casa d'aste Ansorena di Madrid, la cui base d'asta era di mille e cinquecento euro. Il dipinto era stato portato ad Ansorena da tre fratelli spagnoli che lo avevano ereditato dal padre, Antonio Pérez de Castro, il cui avo Evaristo Pérez de Castro lo aveva permutato nel 1823 con un'opera di Alonso Cano esposta all'Accademia di San Fernando di Madrid. Per motivi che rimangono ignoti, la attribuzione iniziale a Caravaggio e il titolo andarono perduti o mutarono in quella di "appartenente alla cerchia di de Ribera".[14] Il Museo del Prado ha allertato il Ministero della Cultura, che ha imposto un divieto preventivo di esportazione del dipinto con conseguente ritiro dall'asta. Le prove stilistiche, così come la somiglianza dei modelli con quelli di altre opere di Caravaggio, hanno convinto alcuni esperti, tra cui Maria Cristina Terzaghi, che il dipinto sia l'opera originale di Caravaggio commissionata da Massimo Massimi nel 1605.[15][16]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c 'Volendo Monsignor Massimi un Ecce Homo ...'; svelato l'ideatore della famosa gara pittorica tra Caravaggio, Cigoli e Passignano?, su aboutartonline.com. URL consultato il 28 maggio 2024.
- ^ Corrado Maltese, Vero e falso in un'opera di pittura, Genova, Tip. ATA, 1977, pp. 4-7.
- ^ Gaetano Grano e Philipp Hackert, Memorie de' pittori messinesi (Napoli 1792), Napoli, 1972.
- ^ (EN) Alfred Moir, The Italian followers of Caravaggio [I seguaci italiani di Caravaggio], vol. 1, Cambridge, 1967, p. 184 nota 7.
- ^ Antonio Vannugli, Il segretario Juan de Lezcano e l'Ecce Homo del Caravaggio. In: España y Napoles. Coleccionismo y mecenazgo virreinales en el siglo XVII [Spagna e Napoli. Collezionismo e mecenatismo vicereali nel secolo XVII], Madrid, 2009, pp. 267-276.
- ^ Franco Renzo Pesenti, Appunti sui Caravaggio in Liguria, in Trasparenze, n. 1, Genova, San Marco dei Giustiniani, 1997, pp. 22-23.
- ^ Raffaella Besta, Margherita Priarone in, Caravaggio and his Time. Friends, Rivals and Enemies, a cura di Rossella Vodret, Yusuke Kawase e Tokyo National Museum of Western Art, 2016, pp. 228-231.
- ^ Biblioteca Civica Berio, Fondo Orlando Grosso, Cassetto 21, Fascicoli 6-7, p. 91.
- ^ a b R.Besta e M. Priarone, Il dibattito sull'Ecce Homo di palazzo Bianco: storia e fortuna critica di un 'ritrovamento' tra vicenda attributiva e ipotesi di provenienza. In: Caravaggio e i Genovesi, Genova, Sagep Editori, 2019, p. 34-45.
- ^ Scheda dell'opera sul catalogo online dei Musei di Strada Nuova, su Musei di Genova. URL consultato il 21 maggio 2024.
- ^ Mina Gregori, The Age of Caravaggio, Milano, Electa, 1985.
- ^ Gv 19, 5, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ C. Bonavera Parodi, Caravaggio e i genovesi. Committenti, collezionisti, pittori, catalogo della mostra, a cura di A. Orlando, Genova, Sagep Editori, 2019, pp. 68-75.
- ^ Maria Cristina Terzaghi, Tutti i segreti dell'Ecce Homo di Caravaggio, in la Repubblica, 28 maggio 2024, pp. 30-31.
- ^ Michela Bompani, Caravaggio, la sfida tra Genova e Madrid: ci sono due Ecce Homo, in la Repubblica, 10 aprile 2021. URL consultato il 28 maggio 2024.
- ^ Maria Cristina Terzaghi, Keith Christiansen, Gianni Papi, Giuseppe Porzio (a cura di), Caravaggio. L'Ecce Homo svelato, Venezia, Marsilio Arte, 2024, ISBN 9791254631522.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Bernard Berenson, Del Caravaggio. Delle sue incongruenze e della sua fama, Electa ed, Firenze 1951 pp.44–45
- Roberto Longhi, Mostra del Caravaggio e dei caravaggeschi, catalogo della mostra a cura di C. Baroni, G. A. Dell'Acqua, M. Gregori, F.Mazzini (Milano, aprile–giugno 1951), Sansoni Firenze 1951
- Roberto Longhi, l'Ecce Homo del Caravaggio a Genova, Paragone N° 51, Ed. Sansoni, Firenze 1954
- Moir A., The italian followers of Caravaggio, Cambridge (MA) 1967, vol I, pp.184 nota 7, volume II p.56 E2, 59 C3
- Marini M., Io Michelangelo da Caravaggio, Bestetti & Bozzi Ed, Roma 1974, pp.200–201, 411–413
- Cinotti M., Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, Tutte le opere, in I pittori Bergamaschi dal XIII al XIX secolo, 4. Il seicento, Poligrafiche Bolis, Bergamo 1983. pp.438–440
- Marini M., Caravaggio pictor praestantissimus, Newton Compton Ed. 1987 pp.136, 232, 481–484
- Rotondi Terminiello G., Relazione di restauro dell"'Ecce Homo" del Santuario del Bambino Gesù di Praga ad Arenzano in, Paragone, Arte N° 41,1990 pp.48–49
- Lapucci R., Come nascono i capolavori, catalogo della mostra del Caravaggio, Firenze 12/ XII/ 1991 - 15 / III / 1992, Electa, Milano, pp.248–254
- Caputo R, Monti M., Manuale di dermocosmetologia, Vol. II capitolo 21, Cortina Ed., Milano 1995, pp.239–244
- Roberto Longhi, Studi Caravaggeschi, Tomo II, Ed. Sansoni, Firenze 2000 pp. 183–185
- Pierre Curie, Arnauld Brejon de Lavergnée, Francesca Cappelletti e Maria Cristina Terzaghi, CARAVAGE À ROME, AMIS ET ENNEMIS, Fonds Mercator, 2018.
- Orlando A., Caravaggio e i genovesi. Committenti, collezionisti, pittori, catalogo della mostra a cura di A. Orlando (Genova, 14 febbraio - 24 giugno 2019), Sagep Editori, Genova, 2019, pp. 46 e ss.
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