Per le sue caratteristiche era stato considerato fin dagli esordi il possibile erede di Eddy Merckx; ma mentre Merckx primeggiava nei grandi Giri, Maertens si distinse per lo spunto in volata, risultando ancora oggi uno dei velocisti più forti di tutti i tempi.[2] Dopo esser passato professionista nel 1972, si mise in mostra già l'anno seguente, quando giunse secondo nel campionato del mondo di Barcellona,[2] superato da Felice Gimondi (Maertens e Merckx furono allora al centro di forti polemiche, per le incomprensioni nei chilometri finali che costarono il titolo alla squadra belga).[1]
Raggiunse l'apice della carriera nel biennio 1976-1977: vinse in totale 107 corse, 54 nel 1976, eguagliando il record fatto segnare da Merckx nel 1971, e 53 l'anno dopo.[2] Tra i trionfi del biennio, il Campionato del mondo 1976 (quando batté in volata Francesco Moser), il titolo nazionale belga, la Gand-Wevelgem, l'Amstel Gold Race, la Quattro Giorni di Dunkerque, la Parigi-Nizza, l'Omloop Het Volk, il Giro di Catalogna, la Settimana Catalana, 8 tappe al Tour de France 1976 (eguagliando ancora una volta un record di Merckx)[2] e 7 al Giro d'Italia 1977. Ma soprattutto si impose alla Vuelta a España1977, con ben 13 tappe vinte (di cui 11 nelle prime 13 disputate), ancor oggi record assoluto di vittorie in un singolo grande giro, trionfando, per la prima volta, in una grande corsa a tappe e tenendo la maglia di leader della generale dal primo all'ultimo giorno.[2] Nelle classiche belghe dello stesso anno fu "vittima di un giallo" al Giro delle Fiandre in quanto, presunto squalificato per cambio irregolare di bicicletta nella prima metà di gara, dopo aver aiutato per la restante parte Roger De Vlaeminck, viene informato solo a pochi km dall'arrivo di essere ancora in corsa, ma ormai esausto si rassegna al secondo posto. Alla Freccia Vallone viene squalificato per doping, dopo aver vinto con quasi tre minuti di vantaggio su Francesco Moser.
Proprio al Giro d'Italia 1977 accadde un episodio che lo condizionò in parte nel prosieguo di carriera: cadde nella seconda semitappa dell'ottava frazione che si concludeva all'autodromo del Mugello e si fratturò il polso, ponendo fine alla sua avventura al Giro che stava fin lì dominando.[2] Non si riprese mai completamente dall'incidente,[2] e quando tornò alle corse non riuscì più a centrare una vittoria in una delle grandi classiche. Dopo anni in cui deluse non poco le aspettative ebbe le ultime luminose fiammate nel 1981, quando in maglia Boule d'Or-Sunair vinse 5 tappe al Tour de France, portando a casa per la terza volta la maglia verde della classifica a punti, e soprattutto si impose di nuovo nel Campionato del mondo, disputatosi questa volta a Praga, dove rispolverò le sue grandi doti di velocista da ultimi metri per beffare di poco Giuseppe Saronni. Fu questo il canto del cigno, negli anni successivi continuò a correre, ma non riuscì ad ottenere altri risultati di rilievo. Il 18 luglio 1987 a Cuneo pose fine alla sua attività di ciclista professionista.[3]
^abcdefg(EN) Freddy Maertens, su flandriabikes.com, www.flandriabikes.com. URL consultato il 16 dicembre 2010 (archiviato dall'url originale l'8 novembre 2016).
^(FR) Palmarès de Freddy Maertens (Bel), su memoire-du-cyclisme.net, www.memoire-du-cyclisme.net. URL consultato il 28 novembre 2010 (archiviato dall'url originale il 25 febbraio 2011).