Kutriguri
I Kutriguri furono un popolo di cavalieri nomadi che fiorì nelle steppe pontico-caspiche nel VI secolo.
Etimologia
[modifica | modifica wikitesto]Il nome Kutriguri, spesso indicato anche come Kwrtrgr, Κουτρίγουροι, Κουτούργουροι, Κοτρίγουροι, Κοτρίγοροι, Κουτρίγοροι, Κοτράγηροι, Κουτράγουροι, Κοτριαγήροι,[1] è generalmente considerato una metatesi del turco *Toqur-Oğur, così che *Quturoğur significa "nove Oğur (tribù)".[2] David Marshall Lang lo fa derivare da kötrügür (cospicuo, eminente, rinomato).[3] Ci sono poche fonti che sostengono la teoria che collega Kutriguri e Utiguri a popoli come Guti/Quti e/o Udi/Uti, o ad antichi popoli dell'Asia del sud e del Caucaso, come sostenuto da Osman Karatay,[4] o ancora Duč'i (alcuni leggono Kuchi) Bulgari secondo Josef Markwart.[5]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Procopio di Cesarea racconta che "in tempi antichi molti Unni[6][7][8], chiamati allora Cimmeri, abitavano le terre che ho già menzionato (le terre a nord del mar Nero) . Essi avevano un unico re. Uno dei loro re aveva due figli: uno chiamato Utigur e un altro Kutrigur. Dopo la morte del padre condivisero il potere e diedero i loro nomi ai popoli soggetti, in modo che anche al giorno d'oggi alcuni di essi sono chiamati Utiguri e gli altri Kutriguri".[9][10] Occuparono la steppa fra il Don e il mare di Azov, i Kutriguri ad ovest e gli Utriguri ad est.[11]
Questa storia è confermata anche dalle parole del sovrano utiguro Sandilch, "non è né giusto né dignitoso sterminare le nostre tribù (Kutriguri), che non solo parlano una lingua, identica alla nostra, ma sono nostri vicini e hanno gli stessi nostri costumi e modi di vivere, e sono anche nostri parenti, anche se sottoposti ad altri signori".[9]
La traduzione siriaca della Storia Ecclesiastica (c. 555) dello Pseudo-Zaccaria Scolastico cita la presenza di tredici tribù nell'Eurasia occidentale, wngwr (Onoğuri), wgr (Oğur), sbr (Sabiri), bwrgr (Burğar=Bulğar), kwrtrgr (Kutriğuri), br (Abar/Avard), ksr (sconosciuti, Kasar/Kasir/Akatzir), srwrgwr (Sarurgur=Sararguri), dyrmr (sconosciuti, Dirmar=Ιτίγαροι), b'grsyq (Bagrasir=Barsili), kwls (sconosciuti, Xwâlis), bdl (Abdel) e ftlyt (Eftaliti). Essi sono descritti con frasi tipiche riservate ai nomadi nella letteratura etnografica del periodo, come persone che "vivono in tende, si nutrono di carne di animali, pesci e animali selvatici e si guadagnano da vivere con le loro armi (col saccheggio o offrendosi come mercenari)".[9][12]
Agazia (c. 579–582) scrisse:
«...sono chiamati Sciti in generale e Unni, in particolare, in base alla loro nazione. Così, alcuni sono Kutriguri o Otiguri e altri ancora sono Oltizuri e Burugundi (Bulgari) ... gli Oltizuri e i Burugundi-Bulgari erano noti fin dal tempo dell'imperatore Leone I (457-474) e ai Romani di quel tempo e sembravano essere stati forti. Noi, tuttavia, oggi, non lo sappiamo, né, credo, lo sapremo. Forse, sono morti, o si sono trasferiti in un luogo molto lontano.»
Nel 551, un esercito di Kutriguri di 12 000 uomini, con a capo diversi comandanti, compreso Chinialon, giunse "dall'occidente del mar d'Azov" per aiutare i Gepidi nella loro guerra contro i Longobardi.[14] In seguito, assieme ai Gepidi, saccheggiarono le terre bizantine.[14] Tuttavia, l'imperatore Giustiniano I (527-565), con la persuasione diplomatica e la corruzione, trascinò i Kutriguri e gli Utiguri a farsi la guerra tra di loro.[10][15] Gli Utiguri , comandati da Sandilch, attaccarono i Kutriguri che subirono gravi perdite.[10]
I Kutriguri stipularono un trattato di pace con l'Impero, e 2000 Kutriguri, con mogli e bambini, al comando di Sinnion, entrarono al servizio imperiale in Tracia.[10][14] Il buon trattamento dei Kutriguri non venne accettato amichevolmente da Sandilch.[10] Nell'inverno del 558, il rimanente dei Kutriguri, guidato da Zabergan, attraversò il Danubio ghiacciato, diviso in tre sezioni: una si spinse a sud a razziare fino alle Termopili, mentre altre due assaltarono la penisola di Gallipoli e la periferia di Costantinopoli.[16] Nel marzo 559 Zabergan attaccò Costantinopoli e una parte delle sue forze era costituita da 7 000 cavalieri.[17] Il percorso di una così grande distanza in un breve lasso di tempo mostra che si trattava di guerrieri a cavallo, e rispetto all'esercito di Chinialon, i predoni di Zabergan erano già accampati vicino alle sponde del Danubio.[16]
Una minaccia per la stabilità dell'impero bizantino, secondo Procopio, Agazia e Menandro Protettore, i Kutriguri e gli Utiguri si decimarono a vicenda.[10] Alcuni resti dei Kutriguri vennero spazzati via dagli Avari verso la Pannonia (il khagan Avaro Baian, nel 568, obbligò 10 000 cosiddetti Kutriguri Unni ad attraversare la Sava.[18]), mentre successivamente Κοτζαγηροί (Kotzagiroi, forse Kutriguri), Ταρνιάχ (Tarnzach) e Ζαβενδὲρ (Zabender) si rifugiarono presso gli Avari fuggendo dai Göktürk.[10] Gli Utiguri rimasero nelle steppe pontiche e caddero sotto la dominazione turca.[19]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Golden 2011, p. 139.
- ^ Golden 2011, pp. 71 e 139.
- ^ (EN) David Marshall Lang, The Bulgarians: from pagan times to the Ottoman conquest, Westview Press, 1976, p. 34, ISBN 978-0-89158-530-5.
- ^ Karatay, p. 26.
- ^ (BG) Vasil Zlatarski, History of the Bulgarian state in the Middle Ages, Volume I. History of the First Bulgarian Kingdom. Part I. Age of Hun-Bulgarian supremacy (679-852), Sofia, 1970 [1918]. Ospitato su http://promacedonia.org/vz1a/vz1a_a_5.html.
- ^ Il nome "Unni", come "Sciti" e "Turchi", era spesso usato come sinonimo generico per nomadi e nemici invasori da est, senza connessione con la loro vera origine e identità.
- ^ (EN) Christopher I. Beckwith, Empires of the Silk Road: A History of Central Eurasia from the Bronze Age to the Present, Princeton University Press, 2009, p. 99, ISBN 978-1-4008-2994-1.«Come il nome "Scita" fino all'Alto Medioevo, il nome "Unno" è diventato un termine generico (di solito peggiorativo) per indicare popolazioni della steppa, senza connessione con la loro identità reale.»
- ^ (EN) Mark Dickens, Medieval Syriac Historians’ Perceptionsof the Turks, University of Cambridge, 2004, p. 19. Ospitato su https://www.academia.edu/436106/Medieval_Syriac_Historians_Perceptions_of_the_Turks.«I cronisti siriaci, arabi, bizantini, latini, armeni e georgiani non utilizzavano l'etnonimo nel modo più specifico fatto dagli studiosi moderni. Come osserva K. Czeglédy, "alcune fonti ... usano l'etnonimo dei vari popoli della steppa, in particolare quello degli Sciti, Unni e Turchi, nel senso generico di "nomadi".»
- ^ a b c (EN) D. Dimitrov, Bulgars, Unogundurs, Onogurs, Utigurs, Kutrigurs, in Prabylgarite po severnoto i zapadnoto Chernomorie, collana kroraina.com, Varna, 1987. Ospitato su http://www.kroraina.com/p_bulgar/p_bulg1a.htm.
- ^ a b c d e f g Golden 2011, p. 140.
- ^ Golden 1992, p. 99.
- ^ Golden 1992, p. 97.
- ^ Golden 1992, p. 98.
- ^ a b c Curta, p. 76.
- ^ Golden 1992, pp. 99-100.
- ^ a b Curta, p. 77.
- ^ Golden 2011, p. 107.
- ^ (EN) Mark Dickens, The Three Scythian Brothers: an Extract from the Chronicle of Michael the Great, in Parole de l'Orient, vol. 35, 2010, p. 5.
- ^ Golden 2011, pp. 140-141
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Peter Benjamin Golden, An introduction to the History of the Turkic peoples: ethnogenesis and state formation in medieval and early modern Eurasia and the Middle East, Wiesbaden, Otto Harrassowitz, 1992, ISBN 978-3-447-03274-2.
- (EN) Osman Karatay, In Search of the Lost Tribe: The Origins and Making of the Croation Nation, Ayse Demiral, 2003, ISBN 978-975-6467-07-7.
- (EN) Peter Benjamin Golden, Studies on the Peoples and Cultures of the Eurasian Steppes, Editura Academiei Române; Editura Istros a Muzeului Brăilei, 2011, ISBN 978-973-27-2152-0.
- (EN) Florin Curta, Avar Blitzkrieg, Slavic and Bulgar raiders, and Roman special ops: mobile warriors in the 6th-century Balkans, in Zimonyi István e Osman Karatay (a cura di), Eurasia in the Middle Ages. Studies in Honour of Peter B. Golden, Wiesbaden, Otto Harrassowitz, 2015, pp. 69-89.
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Kutriguri, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.