Raffaele Cadorna (1889-1973)

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Raffaele Cadorna

Capo di stato maggiore dell'Esercito Italiano
Durata mandato4 luglio 1945 –
1º febbraio 1947
PredecessoreErcole Ronco
SuccessoreLuigi Efisio Marras

Presidente della 4ª Commissione Difesa del Senato della Repubblica
Durata mandato20 aprile 1961 –
15 maggio 1963
PredecessoreAngelo Cerica
SuccessoreGiovanni Maria Cornaggia Medici
Incarichi parlamentari
Sito istituzionale

Senatore della Repubblica Italiana
Durata mandato8 maggio 1948 –
15 maggio 1963
LegislaturaI, II, III
Gruppo
parlamentare
Democrazia Cristiana, Misto
CircoscrizioneVerbano-Cusio-Ossola

Dati generali
Partito politicoInd. nella DC
ProfessioneMilitare di carriera
Raffaele Cadorna
NascitaPallanza, 12 settembre 1889
MorteVerbania, 20 dicembre 1973
Luogo di sepolturaPallanza
EtniaItaliano
ReligioneCattolico
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Regno d'Italia
Italia (bandiera) Italia
Forza armata Regio Esercito
Corpo Volontari della Libertà
Esercito Italiano
Anni di servizio1909 - 1947
GradoGenerale di corpo d'armata[1]
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
CampagneCampagna d'Italia
Guerra di liberazione italiana
Comandante diCapo di stato maggiore dell'Esercito Italiano
Capo di stato maggiore del Regio Esercito
Corpo volontari della libertà
Reggimento "Savoia Cavalleria"
DecorazioniMedaglia d'argento al valor militare
Studi militariAccademia militare di Modena
Altre caricheParlamentare
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Raffaele Cadorna (Pallanza, 12 settembre 1889Verbania, 20 dicembre 1973) è stato un generale, politico e antifascista italiano, comandante del Corpo Volontari della Libertà. Fu decorato dagli Stati Uniti con la Bronze Star Medal.

Figlio del conte Luigi Cadorna, capo di stato maggiore dell'esercito italiano durante la prima guerra mondiale, e nipote di Raffaele Cadorna, comandante delle truppe italiane nella presa di Roma (20 settembre 1870), e nelle biografie viene spesso riportato con l'appellativo di "Junior" per distinguerlo dal nonno. Raffaele era imparentato col senatore Giacomo Balbi Piovera, fratello di suo nonno materno.

Nel 1928 sposò Paola Greppi dei conti di Bussero e di Corneliano (figlia del generale Edoardo), dalla quale ebbe quattro figli. Rimasto vedovo nel 1939, nel 1941 sposò la sorella minore della moglie, Cecilia Greppi, dalla quale ebbe due figli.

Carriera militare

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Ancora giovanissimo frequentò il corso allievi ufficiali di cavalleria all'Accademia militare di Modena; divenne sottotenente nel 1909 e combatté prima nella guerra italo-turca e poi al servizio del padre nella prima guerra mondiale.

Dal 1920 al 1924 fece parte della commissione militare interalleata in Germania incaricata di tracciare i nuovi confini. Successivamente fu addetto militare a Praga (dal 1929 al 1934) e comandante del Savoia Cavalleria nel 1937.

Per quanto politicamente schierato tra le file del centro-destra, sin dal 1922 fu contrario al fenomeno del fascismo (Lettere Famigliari) e nel 1936 si dichiarò contrario alla guerra d'Etiopia, facendo bruciare in caserma la propaganda fascista: per questo, pur essendo stato nominato colonnello perché classificato primo agli esami, gli fu negato un comando in guerra. Nel corso della seconda guerra mondiale partecipò, nell'estate del 1940, ad alcune operazioni militari minori e di disturbo contro la Francia.

Lapide commemorativa dell'incontro del generale Raffaele Cadorna con i rappresentanti della Resistenza italiana a Ranzanico presso l'oratorio di San Bernardino

Comandante della scuola di applicazione di cavalleria di Pinerolo nel 1942, nel settembre 1943, all'indomani dell'armistizio di Cassibile, con il grado di generale di brigata alla testa della Divisione Corazzata "Ariete II", prese parte alla difesa di Roma contrastando l'avanzata lungo la via Cassia della 3.a divisione Panzer Grenadiere; successivamente, durante l'occupazione tedesca, iniziò un'azione cospirativa in contatto con il colonnello Montezemolo, comandante del fronte clandestino militare di Roma.[2] Sandro Pertini ricorderà in seguito che Cadorna sarebbe stato accettato dai partiti del comitato di liberazione come comandante dell'esercito partigiano proprio in ragione dei fatti dell'8 settembre. [3] Di diversa e negativa opinione sull'operato di Cadorna in Roma erano invece alcuni ambienti militari, che lo criticavano per non aver sostenuto i Granatieri di Sardegna, impegnati nella difesa del settore sud occidentale durante la difesa della capitale, e per "assenteismo" durante l'occupazione tedesca susseguente, non avendo egli preso il comando di un gruppo di partigiani.[4][5]

Durante la lotta di Resistenza partigiana, nel luglio del 1944 assunse il comando del Corpo volontari della libertà, il braccio militare della Resistenza, avendo come vice Luigi Longo e Ferruccio Parri: coordinò la strategia militare della resistenza ed ordinò l'insurrezione del 25 aprile 1945. A tal fine si paracadutò il 12 agosto 1944 nel territorio del comune bergamasco di Ranzanico, da dove fu condotto successivamente a Torino.

Il 14 giugno 1945 gli venne consegnato dal generale Willis Crittenberger, comandante del IV Corpo d'Armata alleato, il Certificato al Patriota, riconoscimento attribuito ai partigiani che avevano contribuito alla lotta di Liberazione[6].

Il 4 luglio 1945 fu nominato capo di stato maggiore del Regio Esercito, ultimo ad avere tale incarico. Venne confermato nel ruolo anche quando l'Italia diventò una repubblica ma dimise dall'incarico di capo di stato maggiore dell'Esercito italiano nel 1947 per divergenze con il Ministero della difesa, con il grado di generale di divisione.

Attività politica

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A luglio 1947 fu chiamato come presidente della "Fondazione Corpo Volontari della Libertà" e nel marzo 1948 fu eletto presidente della neo-costituita Federazione Italiana Volontari della Libertà e lo sarebbe rimasto fino al 1960.[7]

Nell'aprile 1948 fu eletto senatore come indipendente nella liste della Democrazia Cristiana. Si iscrisse al gruppo misto e fu presidente della commissione difesa. In quegli anni fu promosso generale di corpo d'armata della riserva. Confermato al Senato nel 1953, fu primo dei non eletti alle elezioni del 1958 ma rientrò a palazzo Madama, in sostituzione di Teresio Guglielmone, deceduto il 24 gennaio 1959. Dal 1961 fu ancora presidente della commissione difesa, fino a conclusione della legislatura nel 1963[8].

Nel 1964 lanciò con Randolfo Pacciardi, Tomaso Smith, Alfredo Morea, Mario Vinciguerra, Ivan Matteo Lombardo, il giornalista Giano Accame (che aveva militato giovanissimo nella Xª MAS di Junio Valerio Borghese), ed altri, il manifesto per l'Unione Democratica per la Nuova Repubblica, che auspicava l'introduzione del presidenzialismo in Italia. Il movimento si sciolse nel 1968, dopo che non ebbe eletti alle elezioni politiche di quell'anno.

Onorificenze italiane

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Medaglia d'argento al valore militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Ufficiale di collegamento, durante lo svolgimento di attacchi e contrattacchi, con esemplare sprezzo del pericolo e singolare audacità, assumeva volontariamente l'incarico di chiarire alcune situazioni oscure, di recare direttive ed ordini ai reparti impegnati, assolvendo felicemente il compito, nonostante l'intenso fuoco di mitragliatrici e fucileria nemici. Con il suo tempestivo intervento, cooperava validamente al buon esito complessivo delle operazioni ed alla riconquista del Molino della Sega e del terreno circostante. Molino della Sega 16-17 novembre 1917.[9]»
Medaglia d'argento al valore militare - nastrino per uniforme ordinaria
«In servizio di stato maggiore presso una divisione di fanteria, diede prova di slancio volonteroso e di raro ardimento del compiere frequenti e pericolose ricognizioni, nonché di mirabile sangue freddo e di serena fiducia nell'adempimento delle sue funzioni sul campo di battaglia specialmente durante il bombardamento di Velo d'Astico. Altipiano di Tonezza, Valle d'Astico 17 maggio- 25 giugno 1916.[10]»
Medaglia di bronzo al valore militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Si distinse per slancio e coraggio nella giornata del 30 maggio 1912 a Fonduk el Tokar assalendo un fezzanese armato di fucile che atterrò a sciabolate. Si distinse anche per intelligenza ed ardimento nel servizio di ricognizione durante tutta la campagna libica. Libia 1912
Medaglia di benemerenza per i Volontari della Guerra 1940–43 - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia di benemerenza per i Volontari della Guerra 1940–43

Onorificenze straniere

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Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Luigi Cadorna Carlo Zaccaria Giovanni Battista Cadorna  
 
Laura Bianchini  
Raffaele Cadorna  
Virginia Bossi di Musso Giovanni Bossi di Musso  
 
Clara Rossini  
Luigi Cadorna  
Giannantonio Zoppi Ottavio Zoppi  
 
Isabella Porzelli Della Valle  
Clementina Zoppi  
Matilde Cunegonda Calcamuggi De Feruffini Ottaviano Calcamuggi De Feruffini  
 
Onorata Baronis Di Santena  
Raffaele Cadorna  
Giacomo Francesco Balbi Francesco Maria Balbi  
 
Tommasina Spinola  
Francesco Maria Balbi Senarega  
Adelaide Marta Operon  
 
 
Maria Giovanna Balbi Senarega  
Domenico Pallavicini Stefano Ludovico Pallavicini  
 
Maria Spinola  
Maria Maddalena Pallavicini  
Luigia Corsi Giuseppe Antonio Corsi  
 
 
 

Nella cultura di massa

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Nel film del 1974 Mussolini ultimo atto, diretto da Carlo Lizzani, Cadorna è interpretato da Giuseppe Addobbati.

  1. ^ della riserva
  2. ^ Raffaele Cadorna, Giuseppe Sircana, Dizionario Biografico degli italiani vol.34, Treccani
  3. ^ "Noi accettamo la designazione del generale Cadorna perché bisogna[va] tenere presente che il generale Cadorna, comandante della divisione Ariete, l'8 settembre nel Lazio si oppose all'entrata dei nazisti, dei tedeschi, in Roma. Aveva questo precedente il generale Cadorna e allora noi lo accettammo." Sandro Pertini e la Liberaizone, documentario Rai "Mille papaveri rossi: la Resistenza".
  4. ^ Daniele Sanna, Gioacchino Solinas I GRANATIERI NELLA DIFESA DI ROMA di Daniele Sanna, società italiana di storia militare Stampa Nadir Media – Roma 2015, pp. 106.
    «“Dopo alcuni colloqui telefonici fra i colonnelli Salvi e Montezemolo da una parte, e, ritengo, il generale Carboni dall'altra, si riuscì ad ottenere l'ordine di far deviare detta colonna dalla zona di Settecammini verso sud-ovest (seguendo due itinerari) per sboccare nella via Appia a nordovest di Ciampino, prendere alle spalle, i tedeschi che premevano la Granatieri nella zona di San Paolo. Fui incaricato di portare tale ordine scritto. Incontro la colonna a circa 7 Km ad est di Settecammini, e cioè prima delle deviazioni relative ai due itinerari indicati. Al generale Cadorna (comandante dell’Ariete), che è in testa, consegno e illustro ordine e lo informo che la Granatieri resisteva, e che in Roma vi era buona parte della Piave con relativo comando. Questi mi accoglie malamente e con frasi un pò inurbane, dicendo che è stufo di ricevere ordini e contrordini, che la sua colonna è troppo leggera per affrontare gli elementi corazzati che premevano sulla Granatieri, che avrebbe agito nella nuova direzione (quella dei due itinerari summenzionati) se fosse intervenuto subito il grosso dell’Ariete, che tornassi a Roma e riferissi al generale Carboni che il gen. Cadorna avrebbe solamente eseguito gli ordini che aveva ricevuti in precedenza, cioè di recarsi con detta colonna alla Porta Tiburtina. Lo consigliai di muovere tutta l'Ariete senza necessità di ottenere l'ordine scritto. Egli disse che era indispensabile tale ordine del generale Carboni.”»
  5. ^ Daniele Sanna, Gioacchino Solinas I GRANATIERI NELLA DIFESA DI ROMA, società italiana di storia militare Stampa Nadir Media – Roma 2015, ISBN : 9788894132502.
    «Il fatto che Cadorna avesse collaborato poco nella difesa di Roma era noto negli ambienti militari romani. Ma in pochi vollero evidenziare quel suo errore; in appendice si riporta la relazione del colonnello Cano. Le critiche a Cadorna non si fecero attendere. Sulla testata “Il Merlo Giallo” apparve un lungo e feroce articolo (Les dieux s’en vont, 9 aprile 1949), che aveva un sottotitolo molto chiaro: «Il generale Cadorna prima delle sue benemerenze partigiane deve rendere conto del dissolvimento della potente unità corazzata che egli comandava l’8 settembre e che non intervenne nella battaglia per la difesa di Roma». I fatti che avevano visto Cadorna non intervenire erano ben noti negli ambienti militari romani. Significativa a questo riguardo la lettera inviata dal Generale Messe al Ministro della Guerra Casati avente ad oggetto “Nuovo segretariato di Stato al Ministero della Guerra”: «Negli ambienti militari corre voce che il generale di div. Raffaele Cadorna sia designato quale nuovo Sottosegretario di Stato alla Guerra. La notizia ha prodotto penosa impressione, soprattutto fra gli ufficiali appartenenti, nel periodo di occupazione tedesca, al fronte clandestino della Resistenza. Risulta che durante il suddetto periodo il generale Cadorna ha tenuto un contegno di assenteismo, limitando ad esternare la propria contrarietà nei confronti della occupazione tedesca nei salotti romani. [Messe proseguiva ricordando che] gli stessi ambienti militari rimproverano al Generale Cadorna la poca energia e l’indecisione dimostrata al comando della propria divisione nei giorni successivi all’armistizio». A completamento della sua missiva Messe riferiva a Casati che il generale Berardi gli aveva riferito di un fatto esplicito grave: il Generale Armellini aveva chiesto esplicitamente l’incarico di comando di una banda di patrioti fuori Roma ma Cadorna «non ha accettato l’incarico»; la lettera di Messe è conservata in ACS, Carte Casati, b. 5»
  6. ^ La consegna al gen. Cadorna del certificato di Partigiano, in L'Unità, 15/6/1945. Archiviato il 4 marzo 2016 in Internet Archive.
  7. ^ www.fivl.eu
  8. ^ Sito storico Senato
  9. ^ Anagrafica (JPG), su Istituto Nazionale del Nastro Azzurro. URL consultato il 19 maggio 2024.
  10. ^ Anagrafica (JPG), su Istituto Nazionale del Nastro Azzurro. URL consultato il 19 maggio 2024.

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Predecessore Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito Successore
Ercole Ronco 4 luglio 1945 - 13 giugno 1946 se stesso

Predecessore Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano Successore
se stesso 1946 - 1947 Luigi Efisio Marras
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