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Scelta

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La celebre scelta tra pillola rossa e pillola blu nel film Matrix

La scelta è un atto volontario, razionale o impulsivo, che avviene nel momento in cui si presentano più alternative possibili delle quali assumendone una, e talora più di una, si può tradurre il giudizio in una successiva e conseguente azione.[1][2]

Storia del concetto

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Platone teorizza, tramite il mito, il concetto di scelta attraverso il racconto di Er un tentativo di conciliare i termini contrapposti di caso, necessità e libertà[3].

Nel mito Er, un soldato morto in battaglia che ha l'avventura di resuscitare, racconta che nell'al di là le anime vengono a caso sorteggiate per scegliere tra quali vite reincarnarsi. Chi è stato scelto tra i primi è sì avvantaggiato, perché ha una scelta tra molte alternative, ma anche chi sceglie per ultimo ha molte possibilità di libera scelta perché il numero dei modelli di vita possibili offerto è più grande di quello delle anime che però non è detto che sappiano scegliere bene.

«Parole della vergine Lachesi, figlia di Ananke: anime, che vivete solo un giorno comincia per voi un altro periodo di generazione mortale, portatrice di morte. Non vi otterrà in sorte un dàimon[4], ma sarete voi a scegliere il dàimon. E chi viene sorteggiato per primo scelga per primo una vita, cui sarà necessariamente congiunto. La virtù è senza padrone e ciascuno ne avrà di più o di meno a seconda che la onori o la spregi. La responsabilità è di chi sceglie; il dio non è responsabile[5]

Quindi il caso non assicura una scelta felice mentre determinanti potranno essere i trascorsi dell'ultima reincarnazione. Scegliere, nella visione platonica, significa infatti essere coscienti criticamente del proprio passato per non commettere più errori e avere una vita migliore.

Le Moire renderanno poi la scelta della nuova vita immodificabile: nessuna anima, una volta operata la scelta potrà cambiarla e la sua vita terrena sarà segnata dalla necessità.

Le anime berranno poi le acque del fiume Lete ma quelle che lo hanno fatto in maniera smodata dimenticheranno la vita precedente, mentre i filosofi, che guidati dalla ragione hanno bevuto moderatamente, manterranno il ricordo del mondo delle idee a cui potranno ispirarsi per ampliare la loro conoscenza durante la nuova vita.

Per Aristotele il fine di ogni azione morale non può che essere il bene e quindi la scelta si deve riferire ai mezzi per realizzarlo e per questo non si può prescindere dalla ragione e dalla libera volontà. Un'azione volontaria e libera infatti è quella che nasce dall'individuo stesso e non da condizionanti fattori esterni, sempre che vi sia nel soggetto un'adeguata predisposta conoscenza di tutte le circostanze particolari che contornano la scelta: tanto più accurata sarà questa indagine tanto più libera sarà la scelta corrispondente.[6]

Come per Aristotele anche San Tommaso è convinto che ogni forma di sapere, ogni scelta sono orientate ad un loro specifico fine e, dato che il bene è ciò verso cui ogni cosa tende, la molteplicità fattuale di questa tendenza produce un'altrettanta irriducibile molteplicità di fini, e quindi, di beni. L'uomo allora, dotato di libero arbitrio è predisposto con la scelta ad agire per conseguire non il bene assoluto, ma beni particolari.[7]

Secondo Kant la scelta, sia razionale che impulsiva, è sempre libera nel senso che dopo la spinta impulsiva sarà la ragione a decidere liberamente l'azione morale:

«Quella scelta che può essere determinata dalla ragion pura è chiamata libera scelta. Quella che può essere determinata solo dall'inclinazione (impulso dei sensi, stimolo) sarebbe scelta animale (in latino arbitrium brutum). La scelta umana, in ogni caso, è una scelta che può indubbiamente essere influenzata ma non determinata dagli impulsi...[8]»

Søren Kierkegaard

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Centrale nella filosofia di Kierkegaard è il problema della scelta. L'uomo, in quanto singolo, in quanto individuo diventa ciò che è come conseguenza delle sue scelte. Non esistono regole morali, è l'individuo che crea del tutto liberamente la sua etica ed è responsabile delle sue libere scelte e delle sue azioni. L'individuo non può, del resto, fare a meno di compiere scelte, perché anche non scegliere, nella concreta situazione dell'esistenza, è in realtà una scelta:

«Se un uomo potesse mantenersi sempre sul culmine dell'attimo della scelta, se potesse cessare di essere uomo... sarebbe una stoltezza dire che per un uomo può essere troppo tardi per scegliere, perché nel senso più profondo non si potrebbe parlare di una scelta. La scelta stessa è decisiva per il contenuto della personalità; con la scelta essa sprofonda nella cosa scelta; e quando non sceglie, appassisce in consunzione ... Quando si parla di scelta che riguardi una questione di vita, l'individuo in quel medesimo tempo deve vivere; e ne segue che è facile, quando rimandi la scelta, di alterarla, nonostante che continui a riflettere e riflettere... Si vede allora che l'impulso interiore della personalità non ha tempo per gli esperimenti spirituali. Esso corre costantemente in avanti, e pone, ora in un modo ora nell'altro, i termini della scelta, sí che la scelta nell'attimo seguente diventa più difficile... Immagina un capitano sulla sua nave nel momento in cui deve dar battaglia; forse egli potrà dire: bisogna fare questo o quello; ma se non è un capitano mediocre, nello stesso tempo si renderà conto che la nave, mentre egli non ha ancora deciso, avanza con la solita velocità, e che così è solo un istante quello in cui sia indifferente se egli faccia questo o quello. Così anche l'uomo, se dimentica di calcolare questa velocità, alla fine giunge un momento in cui non ha più la libertà della scelta, non perché ha scelto, ma perché non lo ha fatto; il che si può anche esprimere così: perché gli altri hanno scelto per lui, perché ha perso se stesso... Poiché quando si crede che per qualche istante si possa mantenere la propria personalità tersa e nuda, o che, nel senso più stretto, si possa fermare o interrompere la vita personale, si è in errore. La personalità, già prima di scegliere, è interessata alla scelta, e quando la scelta si rimanda, la personalità sceglie incoscientemente, e decidono in essa le oscure potenze[9]»

La vita dell'uomo non è già prefissata, non è guidata dall'istinto, ma è segnata dalla possibilità di scegliere. Nell'esistenza umana nulla è necessario: tutto è possibile, a differenza di quanto sostiene Hegel che nella dialettica tesi-antitesi vede il necessario progressivo superamento della sintesi. Per Kierkegaard invece l'uomo si dibatte tra i termini opposti (aut-aut) di possibili infinite scelte.

«La sua libertà di scelta non rappresenta la sua grandezza, ma il suo permanente dramma. Infatti egli si trova sempre di fronte all'alternativa di una "possibilità che sí" e di una "possibilità che no" senza possedere alcun criterio di scelta. E brancola nel buio, in una posizione instabile, nella permanente indecisione, senza riuscire ad orientare la propria vita, intenzionalmente, in un senso o nell'altro[9]

Nasce così il sentimento dell'angoscia come contrappeso alla libertà di scelta di fronte all'infinità delle possibili scelte.

Martin Heidegger

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Mentre per le metafisiche passate, come ad esempio quella hegeliana, la morte aveva per lo più rappresentato un ostacolo al procedere della ragione assoluta di cui l'uomo era ritenuto portatore, la filosofia heideggeriana vuole mostrare che solo attraverso la morte l'uomo si costituisce come coscienza trascendentale, che "aprendo al mondo" lo fa venire all'essere. La morte, infatti, si differenzia da ogni altra possibilità di scelta che l'uomo può trovarsi ad avere nella sua esistenza, perché non solo è una possibilità permanente con cui dovrà misurarsi comunque, ma è l'unica che, quando si realizzi, annulla e rende impossibili tutte le altre: morendo si perde infatti ogni altra possibilità di scelta. Solo la morte, però, è costitutiva dell'esserci come tale, cioè come Dasein, mentre le altre possibilità non realizzano la sua vera caduca essenza.

Scegliendo di vivere una possibilità particolare come fondamentale e ineludibile (ad esempio dedicandosi totalmente alla famiglia, o al guadagno, o ad un mestiere specifico), l'uomo sviluppa un'esistenza inautentica. Questa è connotata da un'uniformità di tipo circolare, per la quale egli tende a ricadere in futuro nei modi di essere del passato, o in situazioni già vissute, conducendo un'esistenza quotidiana sostanzialmente insignificante e anonima, dove prevale l'adeguamento a modelli impersonali dettati dal termine «si» (man in tedesco) ossia alle convenzioni dei vari «si dice» o «si fa».

Per ritrovare l'"autenticità" dell'esistenza, termine ripreso da Kierkegaard ma in un senso nuovo, occorre fare della morte il cardine delle proprie possibilità di scelta, non in un'ottica pessimistica, ma anzi per trascendere le situazioni particolari in cui di volta in volta ci si viene a trovare: per evitare cioè l'irrigidimento in esse, salvaguardando la propria trascendenza e la propria libertà, la cui essenza è proprio la possibilità di scelta.

Il sentimento che mantiene aperta sull'uomo la minaccia della morte è l'angoscia, che non è da intendere come timore, altrimenti foriero di debolezza e di desiderio di fuga dal proprio destino, ma va vista come il momento di comprensione emotiva della propria nullità. Di fronte all'angoscia, infatti, «l'uomo si sente in presenza del niente, dell'impossibilità possibile della sua esistenza».[10] Solo l'angoscia, mostrando ogni situazione alla luce della morte, gli consente di realizzare la storicità dell'esistenza, evitando di cristallizzarla su possibilità già verificatesi; e d'altro lato, vivendo per la morte, l'uomo riesce ad accettare più liberamente anche quelle circostanze che tendono a ripetersi, per poter restare fedele al destino suo e della comunità cui appartiene.[11]

La certezza della scelta

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La scelta oltre che a riguardare la libertà del volere è evidentemente connessa al fatto che le opzioni che si offrono a chi deve risolvere il problema morale siano realmente presenti e ben identificabili[12] ma è stato osservato che difficilmente, nella realtà, si sceglie tra alternative dalle conseguenze chiaramente negative ed altre che conducono apparentemente a risultati positivi:

«...la nostra decisione non riguarda il trovare l'unica soluzione facile e giusta tra altre scelte sfavorevoli (cosa di cui sarebbe capace probabilmente anche un bambino), ma nell'individuare tra diverse opzioni complesse e dense ciascuna di fattori negativi quella che presenta maggiori possibilità di futuri interessanti sviluppi, o quella che si fa al momento preferire perché con sviluppi "certi" rispetto a quelli "incerti" delle altre opzioni (...), o quella ancora che presenta probabili perdite che potremmo meglio sopportare (o, se volete, il "male minore").[13]»

L'asino di Buridano

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Nell'apologo dell'asino di Buridano tradizionalmente attribuito al filosofo Giovanni Buridano, si vuole invece indicare il caso di una scelta costituita da due elementi identici tali che la volontà si paralizzerebbe, a meno che non si scegliesse di non scegliere. Leibniz discusse di questo paradosso nei suoi Saggi di teodicea osservando che in natura non esistono, come avviene invece in matematica, due realtà perfettamente identiche e che quindi l'azione umana è sempre determinata da una precisa causa, magari a noi sconosciuta ma esistente:

«...È vero che, se il caso fosse possibile, bisognerebbe dire che [l'asino] si lascerebbe morir di fame;...Infatti l'Universo non potrebbe esser diviso in due parti... in maniera che tutto sia uguale e simile da una parte e dall'altra...Si avranno dunque molte cose dell'asino e fuori dell'asino, sebbene non ci appaiano, che lo determinerebbero ad andare da una parte piuttosto che dall'altra; e quantunque l'uomo sia libero, mentre l'asino non lo è, non è meno vero, per la stessa ragione, che anche nell'uomo il caso d'un perfetto equilibrio tra due partiti è impossibile...[14]»

Scelta morale e previsione scientifica

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Diversamente dalla morale nelle scienze la scelta si fonda sulla previsione delle possibilità e la fecondità delle conseguenze

«La scienza sa e l'etica valuta; esistono spiegazioni e previsioni scientifiche, ma non esistono spiegazioni e previsioni etiche – esistono valutazioni etiche. L'etica non è scienza; l'etica è senza verità. Da tutta la scienza non possiamo estrarre un grammo di morale...[essenziale è allora] la scelta dei valori supremi [...] e questa è una scelta che trova la sua base non nella scienza, ma nella coscienza di ogni uomo e di ogni donna. Pluralismo, dunque scelta; scelta, dunque libertà; libertà, dunque responsabilità.[15]»

  1. ^ Vocabolario Treccani alla voce corrispondente
  2. ^ Sapere.it alla voce "Scelta (filosofia)
  3. ^ Platone, Repubblica, libro X
  4. ^ Il daimon nella cultura religiosa e nella filosofia greca, è un essere che si pone a metà strada fra ciò che è Divino e ciò che è umano, con la funzione di intermediare tra queste due dimensioni.
  5. ^ Platone, La Repubblica,617d
  6. ^ Aristotele, Etica Nicomachea, III, 1
  7. ^ S.Tommaso, Summa theologica
  8. ^ Immanuel Kant, Metafisica delle Morali, 6:213-4)
  9. ^ a b Søren Kierkegaard, Aut-aut
  10. ^ Cit. di Heidegger tratta da Nicola Abbagnano, Linee di storia della filosofia', III vol., Torino, Paravia, 1960,, p. 188.
  11. ^ Nicola Abbagnano, Op. cit., p. 187.
  12. ^ Sapere.it ibidem
  13. ^ Amedeo Benedetti, Decisione e persuasione per l'intelligence (e la politica), Genova, Erga, 2004, p. 31.
  14. ^ G. W. Leibniz, Monadologia e Saggi di Teodicea, Carabba, Lanciano, 1930, pagg. 121-124
  15. ^ Antiseri: Le mie obiezioni ai sostenitori della legge naturale. Da il Foglio del 19 ottobre 2005. Come essere relativisti senza "lasciarsi portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina"
  • Antonio Da Re, Filosofia morale: storia, teorie, argomenti, Pearson Italia S.p.a., 2003

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