Wētā
Wētā | |
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Classificazione scientifica | |
Regno | Animalia |
Phylum | Arthropoda |
Classe | Insecta |
Ordine | Orthoptera |
Sottordine | Ensifera |
I Wētā sono un gruppo di circa 100 specie di insetti delle famiglie Anostostomatidae e Rhaphidophoridae endemici della Nuova Zelanda. Sono grilli giganti incapaci di volare e alcuni sono tra gli insetti più pesanti del mondo. Generalmente notturni, la maggior parte delle specie più piccole sono carnivore e spazzine, mentre le specie più grandi sono erbivore.[1] I Wētā sono predati dai mammiferi alloctoni della Nuova Zelanda e alcune specie sono ora in pericolo critico di estinzione.
Origine del nome
[modifica | modifica wikitesto]Wētā è un prestito, dalla parola in lingua Māori wētā, che si riferisce a questo gruppo di grandi insetti; alcuni tipi di wētā hanno uno specifico nome Māori.[2] Nell'inglese neozelandese si scrive "weta" o "wētā", anche se la forma con i macron è sempre più comune nella scrittura formale, poiché la parola Māori weta (senza macron) significa invece "sporcizia" o "escremento".[3]
Caratteristiche generali
[modifica | modifica wikitesto]Molte wētā sono insetti piuttosto grandi[4] alcune specie sono tra gli insetti più grandi e pesanti del mondo. Il loro aspetto è simile a quello di un Tettigoniide, di una cavalletta o di un grillo con lunghe corna, ma con le zampe posteriori più grandi e spesso molto spinose, molti sono privi di ali. Poiché sono in grado di sopportarne le variazioni in temperatura, le wētā si trovano in una varietà di ambienti, tra cui quelli alpini, le foreste, le praterie, le grotte, gli arbusteti e i giardini urbani. Sono insetti notturni incapaci di volare. Le diverse specie hanno una dieta diversa, la maggior parte sono predatori o onnivori che si nutrono di altri invertebrati, ma i wētā arborei e giganti si nutrono soprattutto di licheni, foglie, fiori, capolini di semi e frutta.[5][6]
I maschi di wētā gigante (Deinacrida sp.) sono più piccoli delle femmine e competono per le compagne.[7] I maschi di wētā arboricola (Hemideina sp) hanno teste più grandi delle femmine e un sistema di accoppiamento poliginandrico (ambi i sessi hanno più partner sessuali simultaneamente) con formazione di harem e competizione tra i maschi per le compagne.[8] I maschi di wētā terrestre (Hemiandrus sp.) procurano doni alle femmine consistenti in cibo quando si accoppiano e le femmine di alcune specie forniscono cure materne.[9] Le uova di wētā vengono deposte nel terreno nei mesi autunnali e invernali e si schiudono nella primavera successiva. Un wētā impiega da uno a due anni per raggiungere l'età adulta e in questo lasso di tempo farà la muta circa dieci volte.[10]
I wētā sono dotate di potenti mandibole, i loro morsi sono dolorosi ma non particolarmente comuni. I wētā arboricoli sollevano le zampe posteriori per avvertire i nemici, cercando di sembrare sembrare grandi e spinosi, e poi le abbassano per stridere, le "creste" presenti sui lati del loro addome vengono colpite da un gruppo di piccole "spine" sulla superficie interna delle loro zampe posteriori, e questa azione produce un suono distintivo.[11] La femmina di wētā sembra avere un pungiglione, ma è un ovopositore, che le permette di deporre le uova all'interno di legno marcio o nel terreno muschioso.[12] Alcune specie di Hemiandrus hanno ovopositori molto corti, questo forse è dovuto dal fatto che scavano nel terreno e depongono le uova in una camera speciale in fondo alla loro tana.[13]
Evoluzione
[modifica | modifica wikitesto]Sono stati trovati ortotteri fossilizzati in Russia, Cina, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda, ma le relazioni tra essi sono aperte a diverse interpretazioni da parte degli scienziati. La maggior parte dei wētā di entrambe le famiglie si trova nell'emisfero meridionale. I wētā erano probabilmente presenti nell'antico Gondwana prima che la Zealandia se ne separasse.[14] I Rhaphidophoridae si sono dispersi nei mari per colonizzare le isole Chatham, le isole Auckland, Snares e Campbell.[15] Le specie esistenti attualmente potrebbero essere il risultato di una radiazione recente, in conflitto con le idee precedenti sulla dispersione degli antenati dei wētā nell'emisfero meridionale (Wallis et al. 2000).
Conservazione
[modifica | modifica wikitesto]Sebbene prima dell'arrivo dell'uomo i wētā avessero predatori autoctoni come uccelli (in particolare il weka e il kiwi), rettili e pipistrelli, le specie introdotte, come gatti, ricci, ratti (compreso il kiore) e mustelidi hanno causato un forte aumento della predazione verso i wētā. Sono inoltre vulnerabili alla distruzione dell'habitat causata dall'uomo e alla modifica del loro habitat causata dagli animali domestici introdotti. Il Dipartimento di Conservazione della Nuova Zelanda considera a rischio 16 delle 70 specie. Dagli anni '70 sono stati attuati programmi per prevenirne l'estinzione.
Alcune specie particolarmente a rischio di estinzione sono monitorate da radiofari.[16]
Nella cultura popolare
[modifica | modifica wikitesto]I neozelandesi Peter Jackson, Richard Taylor e Jamie Selkirk hanno fondato la compagnia di effetti speciali digitali Weta Digital, dandole il nome dell'insetto.[17] In seguito l'azienda è stata rinominata Wētā FX.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Steve Trewick, NZ wild life : introducing the weird and wonderful character of natural New Zealand, Auckland, Penguin, 2014, ISBN 9780143568896.
- ^ Wētā, su Te Aka Māori Dictionary. URL consultato il 10 febbraio 2020.
- ^ (EN) Susan Edmunds, Weta - when a macron means the difference between insects and excrement, su Stuff, 13 settembre 2019. URL consultato il 23 gennaio 2020.
- ^ Melissa J. Griffin, Steve A. Trewick, Priscilla M. Wehi e Mary Morgan-Richards, Exploring the concept of niche convergence in a land without rodents: the case of weta as small mammals, in New Zealand Journal of Ecology, vol. 35, n. 3, 2011, pp. 302–307.
- ^ Priscilla M. Wehi e Brendan J. Hicks, Isotopic fractionation in a large herbivorous insect, the Auckland tree weta, in Journal of Insect Physiology, vol. 56, n. 12, 2010, pp. 1877–1882, DOI:10.1016/j.jinsphys.2010.08.005, ISSN 0022-1910 , PMID 20709068.
- ^ Melissa J. Griffin, Mary Morgan-Richards e Steve A. Trewick, Is the tree weta Hemideina crassidens an obligate herbivore? (PDF), in New Zealand Natural Sciences, vol. 36, 2011, pp. 11–19. URL consultato il 21 maggio 2023 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
- ^ (EN) Clint D. Kelly, Luc F. Bussière e Darryl T. Gwynne, Sexual Selection for Male Mobility in a Giant Insect with Female‐Biased Size Dimorphism (PDF), in The American Naturalist, vol. 172, n. 3, 2008, pp. 417–423, DOI:10.1086/589894, ISSN 0003-0147 , PMID 18651830. URL consultato il 21 maggio 2023 (archiviato dall'url originale l'8 agosto 2017).
- ^ Priscilla M. Wehi, Murray Jorgensen e Mary Morgan-Richards, Sex- and season-dependent behaviour in a flightless insect, the Auckland tree weta (Hemideina thoracica), in New Zealand Journal of Ecology, vol. 37, n. 1, 2013, pp. 75–83.
- ^ B. L. Taylor Smith, Mary Morgan-Richards e Steve A. Trewick, New Zealand ground wētā (Anostostomatidae: Hemiandrus): descriptions of two species with notes on their biology, in New Zealand Journal of Zoology, vol. 40, n. 4, 2013, pp. 314–329, DOI:10.1080/03014223.2013.804422.
- ^ Gibbs Gibbs, Story: Wētā, Tree wētā, su Te Ara: The Encyclopedia of New Zealand, 24 Sep 2007. URL consultato il 4 settembre 2012.
- ^ Laurence H. Field, The biology of wetas, king crickets and their allies, Wallingford, Oxon., UK, CABI Pub, 2001, ISBN 9780851994086, OCLC 559432458.
- ^ Ruud Kleinpaste, Scratching for a Living, Auckland, Random House NZ, 1997, ISBN 978-1869413279.
- ^ (EN) Darryl T. Gwynne, The secondary copulatory organ in female ground weta (Hemiandrus pallitarsis, Orthoptera: Anostostomatidae): a sexually selected device in females?, in Biological Journal of the Linnean Society, vol. 85, n. 4, 2005, pp. 463–469, DOI:10.1111/j.1095-8312.2005.00510.x, ISSN 0024-4066 .
- ^ (EN) Renae C. Pratt, Mary Morgan-Richards e Steve A. Trewick, Diversification of New Zealand weta (Orthoptera: Ensifera: Anostostomatidae) and their relationships in Australasia, in Philosophical Transactions of the Royal Society of London B: Biological Sciences, vol. 363, n. 1508, 2008, pp. 3427–3437, DOI:10.1098/rstb.2008.0112, ISSN 0962-8436 , PMC 2607373, PMID 18782727.
- ^ Steve A. Trewick, Raphidophoridae, su Wētā Getter – Massey University. URL consultato il 17 agosto 2021.
- ^ Eel's costly snack, in The New Zealand Herald, 16 maggio 2009. URL consultato il 3 dicembre 2011.
- ^ Eleanor Ainge Roy, From a draughty hut to Hollywood: the rise of Peter Jackson's secretive animation giant, in The Guardian, 21 ottobre 2016.
Altri progetti
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