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Francesco Piccolo

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Francesco Piccolo

Francesco Piccolo (1964 – vivente), scrittore e sceneggiatore italiano.

Citazioni di Francesco Piccolo

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Citazioni in ordine temporale.

  • [Enrico Maria Salerno] Ha presentato Sanremo e il Cantagiro, ha recitato in teatro tutti i grandi autori, è stato attore di film come Io la conoscevo bene, L'armata Brancaleone, Nell'anno del Signore e decine d'altri. Un artista assolutamente anticipatore di quella capacità di usare tutto, alto e basso, autorialità e conduzione, con divertimento e sapienza. Una cosa che ancora oggi molti attori temono, pensano sia sacrilego fare. E invece, nel tempo, le cose belle prendono il sopravvento sulla gerarchia dei generi, e costruiscono con dolcezza il ritratto di una persona. Così come l'abbiamo noi oggi di lui.[1]
  • Insomma, la domanda che tutti si fanno è: Berlusconi sarà capace di perdere e di uscire dalla politica per sempre? La domanda che nessuno si vuole fare è: si può considerare finito un politico che se si andasse oggi a votare avrebbe grandissime probabilità di rivincere le elezioni, con un pezzo di coalizione in meno?[2]
  • Siamo schiavi degli assoluti, la Grande Felicità o Infelicità che capitano chissà se due, tre volte nella vita. Mentre in una giornata ci sono tantissimi attimi che ci fanno male in modo relativo. Un relativo che accumulandosi ha grande valore per noi. Io volevo riscattarlo: è grave occuparsene così poco. È grave per esempio inseguire il grande amore e non curarsi di quelli piccoli. Hai vissuto sei o dieci anni con una persona e quello non è vero amore? [3]
  • Per le donne il grande amore sta sempre davanti, nel futuro. Per gli uomini è nel passato: la prima ragazzina, il primo bacio. C'è un'epocale immaturità nell'idea che l'amore abbia a che fare con la giovinezza, e forse con il nulla di fatto, tipico degli inizi. È la scia di un'eterna adolescenza.[3]
  • Se uno fa il mio lavoro non può mai pensare a chi si offende, o prova dolore. Non è bello da dire, ma è così. E soprattutto: nulla della propria vita è rintracciabile in modo meccanico nei libri. Prendi pezzi veri e li mischi col falso, rubi qualcosa agli altri e te lo attribuisci. È la libertà da cui nasce l'egocentrismo e la spietatezza: è il tentativo di essere follemente sinceri, ma soprattutto è letteratura.[3]
  • [...] col tempo ho capito che, in quanto intellettuale, è meglio non andare alle manifestazioni. Uno dei difetti enormi degli intellettuali della sinistra italiana è stato quello di farsi portabandiera delle idee. Mentre invece se fossero gli osservatori dei portabandiera delle idee, capirebbero un po' di più.[4]
  • Per me le idee di Landini sono un ritorno all'indietro, un atto reazionario e in definitiva il male della sinistra.[4]
  • [Philip Roth] Aveva già scritto alcuni libri ed era in un periodo di crisi quando cominciò a buttare giù pagine e pagine del Lamento di Portnoy. Bastarono un paio di capitoli anticipati da riviste a far capire che stava per succedere qualcosa: nella letteratura americana e di tutto il mondo, nella famiglia di Roth, nella sua vita e nella sua carriera.[5]
  • «Perché non tento mai un altro genere?» si chiedeva Cesare Pavese nel 1935. Era poeta, ma la tentazione della prosa cominciava a incalzare i suoi pensieri. Scriveva queste parole in una specie di diario che sarebbe diventato Il mestiere di vivere; ma quello che è più rilevante è che questa domanda se la faceva nella sua stanza di Brancaleone Calabro, paese dove era stato spedito al confino per l’accusa di antifascismo. Ed evidentemente era proprio quella esperienza che premeva per trovare forma di racconto, visto che in seguito Il carcere, una trasfigurazione di questo periodo, sarà il primo testo in prosa compiuto che Pavese realizzerà. Nel 1938.[6]

La bella confusione

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  • Otto e mezzo è ciò che si spinge piú in là in assoluto rispetto a una sceneggiatura originale, fino a diventare un'autoanalisi con meno trama possibile, con piú libertà possibile; una sceneggiatura che sembra farsi mentre il film viene girato, e che ha come oggetto del racconto lo scrivere e girare un film. Otto e mezzo si fonda su un'idea che mette in discussione la creatività: dice non so come andare avanti, non so che film fare.E quindi è un film che racconta che non si hanno piú idee per un film. È su questo che bisogna scrivere una sceneggiatura.
  • Piano piano, durante il cammino del film [Il Gattopardo], cala l'interesse per tutto il resto; mentre acquista interesse il decadimento dell'aristocrazia, la malinconia del mondo che cambia e la personalità di don Fabrizio che era un prozio reale di Tomasi, nel quale Tomasi si identificava completamente. Anzi, è per questo che Tomasi di Lampedusa ha scritto un romanzo storico, per nascondersi dietro don Fabrizio e dietro un suo antenato: per raccontare sé stesso; e Visconti finisce per fare la stessa cosa, racconta quel don Fabrizio raccontando Tomasi, ma racconta sé stesso e porta tutto il film verso di sé.
  • Ecco cosa sembra dire Visconti: prendo un film che teoricamente parte da un romanzo totalmente lontano da me, o credo lo sia per questioni ideologiche; lo avvicino a me, ma sempre per questioni ideologiche - come una specie di licenza ideologica; lavoro su quella licenza per cercare di esplicitarla; ma poi piano piano, da sotto, dal sommerso arriva quello che mi appartiene di più e mi somiglia di più del Gattopardo: un aristocratico confuso e decadente che si guarda intorno e vede che il mondo cambia e quindi deve cambiare per forza anche lui.
  • «Come sempre la considerazione della propria morte lo rasserenava tanto quanto lo aveva turbato quella della morte degli altri; forse perché, stringi stringi, la sua morte era in primo luogo quella di tutto il mondo?»Questo è ciò che Tomasi fa pensare a don Fabrizio; e probabilmente è qui che Visconti ha letto quello che poi ha condiviso con gli sceneggiatori: don Fabrizio comincia a morire qui, durante la festa da ballo.

Momenti di trascurabile infelicità

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  • A Roma, in qualsiasi posto tu vada per farti riparare qualsiasi cosa, scuotono la testa e dicono che non si può riparare.
    Quindi, a Roma, tutto ciò che si rompe, resterà rotto per sempre.
  • I cani vivono meno degli uomini. Questo lo sappiamo tutti, e le persone lo ripetono di continuo. E però continuano a prendere in casa i cani.
  • I titoli di testa un sacco di tempo dopo che il film è cominciato.
    E pensi: ma allora, quello che ho visto finora, cos'era?
  • Quando mi dicono: ti potevi vestire meglio. E io mi ero già vestito meglio.
  • Quando mi viene un'idea che mi sembra buonissima, talmente buona che mi fido, non me la posso dimenticare. Poi dopo un po', svanisce, non me la ricordo più. L'unica cosa che mi ricordo è che era una buona idea, ma non so piú nemmeno a proposito di cosa.
  • Quando non capisci di cosa parla una pubblicità, allora vuol dire che è la pubblicità di una macchina.
  • Quando qualcuno ti dice che devi sapere che ti vuole molto bene, quasi sempre sta per dirti qualcosa di terribile.
  • Quest'anno è volato.
    Si dice tutti gli anni, alla fine dell'anno.
    Mi chiedo come sono gli anni lenti, che non passano mai. Perché non li ho mai vissuti.
  • Una mia amica mi ha detto che fa yoga all’aperto. E prima di cominciare si cosparge di autan, a causa delle zanzare.
    Ma l'autan e lo yoga possono coesistere? Non sono in contraddizione?

Incipit di alcune opere

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Il desiderio di essere come tutti

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Sono nato in un giorno di inizio estate del 1973, a nove anni.[7]

La bella confusione

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In una domenica di metà luglio del 1962, una barca salpa da Villa Igiea a Palermo con un po’ di gente a bordo. Ci sono Claudia Cardinale e la sua segretaria americana Carolyn Pfeiffer, il produttore Franco Cristaldi che è lí con Claudia; c’è Suso Cecchi d’Amico, Paolo Stoppa, Gioacchino Lanza Tomasi, lontano cugino di Tomasi di Lampedusa che prima di morire lo ha adottato; e qualche altra persona della troupe. È giorno di riposo dalle riprese del Gattopardo, e alcuni hanno deciso di passarlo cosí: giro in barca, pranzo approdando direttamente in un ristorante di pesce, e ritorno con calma, godendosi il mare e il sole che scende verso sera.

L'Italia spensierata

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Molti anni fa, nell'inverno del 1969, avevo cinque anni e mia sorella tre. Il sabato sera mia madre ci faceva il bagno, ci asciugava i capelli per un tempo infinito, ci riempiva di borotalco, ci infilava il pigiama. Mio padre veniva a prenderci in bagno e in braccio ci portava in soggiorno, su un divano enorme. Poi andavano di là, mentre noi vedevamo Carosello, e preparavano dei grossi panini con la frittata che erano morbidissimi, grazie all'olio e al calore. Ci sedevamo tutti e quattro sul divano e mangiavamo, aspettando. L'annunciatrice diceva che stava per cominciare. Infatti apparivano le gemelle Kessler, seguite in ogni movimento da un microfono gigantesco che cadeva dall'alto (si chiamava «la giraffa»): ballavano con sincronia perfetta, con l'intento, credo, di apparire una lo specchio dell'altra, e ci dicevano che se cantavamo insieme a loro, quella sera, eravamo belli come loro, e se non cantavamo, eravamo brutti. Noi cantavamo. Ed eravamo più che sicuri di far parte di una comunità molto grande quella sera, una comunità di gente come noi che aveva la casa occupata dall'odore di borotalco e di frittata. E che cantava come noi.

Momenti di trascurabile felicità

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Nelle pagine romane del quotidiano, il mercoledì o a volte anche prima, vedo l'annuncio di un film che aspettavo. C'è scritto: «da venerdì». Chiudo il giornale sapendo che da venerdì comincerà un segmento di tempo dentro cui una sera, presto, andrò a vederlo. Non so ancora dove, quando. Ma ci andrò.
Poi arriva il venerdì, e passa. Il primo fine settimana non se ne parla. Altrimenti anche il sapore dell'attesa durerebbe poco; e poi il primo fine settimana ci vanno tutti.
Aspetto.

Note

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  1. Da Una parentela ancora viva, ACCATTONE cronache romane - 06/2004.
  2. Citato in Quella sfiducia quasi certa, l'Unità, 3 dicembre 2010.
  3. a b c Dall'intervista di Raffaela Carretta, Riscatto tutti quegli attimi che ci fanno male. Preliminari compresi, Io Donna, 21 marzo 2015.
  4. a b Dall'intervista di Nicola Mirenzi, Francesco Piccolo su Maurizio Landini: "Le sue idee sono il male della sinistra", Huffington Post.it, 28 marzo 2015.
  5. Da Amori, famiglie e altri guai Faccia a faccia tra Philip Roth e Foster Wallace, La Lettura, suppl. del Corriere della Sera, 14 maggio 2017, pp. 2-3.
  6. Da introduzione di Prima che il gallo canti, Cesare Pavese, Giulio Einaudi editore, 2021.
  7. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia

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  • Francesco Piccolo, L'Italia spensierata, Laterza, 2007.
  • Francesco Piccolo, Momenti di trascurabile felicità, Einaudi, 2010. ISBN 9788806205515
  • Francesco Piccolo, Momenti di trascurabile infelicità, Einaudi, 2015.
  • Francesco Piccolo, La bella confusione, Einaudi, 2023.

Filmografia

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Altri progetti

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