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Strabone

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Raffigurazione di Strabone

Strabone (ante 60 a.C. – ca. 23 d.C.), storico e geografo greco antico.

Geografia

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  • Più tardi poi quando i Romani concedettero agl'Italiani il diritto di cittadinanza, stimarono conveniente d'impartire siffatto onore anche ai Celti al di qua delle Alpi, ed agli Eneti, denominandoli tutti Italiani e Romani: oltreché fondarono in diversi tempi varie colonie, delle quali non si potrebbero facilmente trovar le migliori. (V, 1; 1833, p. 6)
  • Considerando poi le singole parti diremo, che le radici delle Alpi corrono per una linea curva e sinuosa colla concavità rivolta all'Italia. Il centro poi di questa sinuosità è nel paese dei Salassi; e le estremità danno volta da un lato fino all'Ocra ed al fondo del golfo Adriatico, dall'altro verso la spiaggia ligustica fino a Genova, emporio dei Liguri dove i monti Apennini si congiungono colle Alpi. (V, 1; 1833, pp. 7-8)
  • La città di Ancona è di origine ellenica, e la fondarono i Siracusani che fuggivano la tirannia di Dionigi. Sta sopra un promontorio che volgendosi a settentrione ne forma il porto; ed è molto abbondevole di vino e di frumento. (V, 8; 1833, pp. 71-72)
  • Vicinissimo a Napoli vi è il castello Eraclio che ha un promontorio sporgente nel mare, dove il vento di Libia soffia mirabilmente, sicché l'abitarvi è salubre. Questo sito, con Pompeja che viene subito dopo ed è irrigata dal fiume Sarno, furono un tempo possedute dagli Osci, poi da' Tirreni e da' Pelasghi, e poi da' Sanniti, i quali ne furono anch'essi cacciati. Pompeja è l'arsenale marittimo di Nola, Nuceria e Acerra (cotesto nome ha anche un luogo vicino a Cremona) ed è bagnata, come già dissi, dal fiume Sarno sul quale si possono portare mercantanzie così a seconda come a ritroso del suo corso. A tutti codesti luoghi sovrastà il monte Vesuvio. (V, 9; 1833, p. 83)
  • [Descrivendo Castellabate] Chi navighi di colà [Posidonia] trova l'isola di Leucosia divisa dal continente un picciol tratto di mare, e denominata così da una delle Sirene che fu portata a quel luogo dal mare in cui esse, come raccontasi, si sono precipitate. (VI, 1; 1833, pp. 93-94)
  • La città di Siracusa la fondò Archia da Corinto, d'onde partissi verso quel tempo in cui fondaronsi anche Nasso e Megara. E dicono che Miscello ed Archia giunsero insieme a Delfo per interrogare l'oracolo; e domandati dal Dio se volessero piuttosto ricchezza o sanità, Archia elesse la ricchezza, e Miscello la sanità: ed allora il Dio commise al primo di fondar Siracusa, all'altro Crotone; e nel vero intervenne che i Crotoniati ebbero una città saluberrima come già dissi, e i Siracusani crebbero a tanto di ricchezza, che solevan citarsi in proverbio dicendosi de' troppo splendidi spenditori: Non potrebbero far tanto né anche colla decima dei Siracusani. (VI, 3; 1833, p. 126)
  • Si favoleggia che questo fiume sia l'Alfeo il quale, cominciando nel Peloponneso, e guidando la sua corrente sotterra a traverso del mare fino al luogo dov'è la fontana Aretusa [a Siracusa], quivi sbocchi di nuovo e vada al mare. E ne fan congettura da questo, che una fiala caduta dentro quel fiume in Olimpia fu trovata a Ortigia nell'Aretusa; e dall'osservarsi che questa s'intorbida quando in Olimpia si fa il sagrificio de' buoi. (VI, 3; 1833, p. 128)
  • [Descrivendo la Puglia] Poiché abbiamo discorsa l'antica Italia fino a Metaponto, ci convien ora parlar del rimanente; e prima di tutto seguita la Japigia. Gli Elleni la chiamano anche Messapia; e gli abitanti in parte si chiamano Salentini (e son quelli intorno al promontorio Japigio), in parte Calabri. Al di sopra di costoro verso il settentrione stanno i Peucezii, poi quelli che nel greco linguaggio sono denominati Daunii: ma i nativi di quella regione chiamano Apulia tutto il paese al di là dei Calabri. Alcuni poi de' popoli onde son abitati que' luoghi si dicono anche Pedicli, principalmente i Peudicizii. (VI, 5; 1833, p. 142)
  • [Sulla Statua di Zeus a Olimpia] Ma il più notabile di tutti era una statua pur di Giove d'avorio, opera di Fidia figliuol di Carmide ateniese, di tanta grandezza, che sebbene il tempio sia altissimo, nondimeno pare ch'ecceda la giusta proporzione: perocché l'artista lo fece seduto; e tuttavolta per poco non tocca colla testa il tetto: sicché poi si vede che qualora esso dovesse levarsi in piedi scoperchierebbe il tempio. Ed alcuni descrissero la misura di quella statua, e fra gli altri Callimaco in versi giambici. Molto cooperò a Fidia in quel lavoro il pittore Paneno suo nipote, a cui insieme con Fidia venne allogato, ed attese ad abbellire la statua coll'ornamento dei colori, e principalmente nella parte della drapperia. (VIII, 3; 1833, pp. 296-297)
  • Anzi per la bontà del terreno quegli Elleni che la staccarono [la Battriana] (dalla dominazione dei Seleucidi) vi crebbero in tanta potenza, che giunsero ad impadronirsi dell'Ariana e degl'Indi, secondoché dice Apollodoro artemitteno: e nel numero delle nazioni soggiogate superarono Alessandro; [...]. Le città da loro possedute furono Battra, denominata anche Zariaspa, la quale è attraversata da un fiume dello stesso suo nome che va a sboccare nell'Oxo; poi Daraspa ed altre parecchie, fra le quali contavasi Eucratidia, che ricevette il suo nome dal proprio fondatore. [...] Tennero anche la Sogdiana situata verso l'oriente al di là della Battriana, tra il fiume Oxo (che serve di confine tra i Battriani e i Sogdiani) e l'Iassarte, il quale disgiunge i Sogdiani dai Nomadi. (XI, 11; 1834, pp. 63-64)
  • Perciocché Tolomeo, figlio di Lago, successe ad Alessandro; a costui successe Tolomeo Filadelfo; a questi l'Evergete, poi Tolomeo Filopatore amante di Agatoclea; quindi l'Epifane; poi il Filometore: sempre di padre in figliuolo. A Tolomeo Filometore successe poi il fratello Evergete, il soprannominato anche Fiscone. Dopo costui regnò Tolomeo detto Laturo; poi alla nostra età l'Aulete, che fu padre di Cleopatra. Tutti quelli che vennero dopo il terzo Tolomeo, corrotti dal lusso eccessivo, ressero malamente lo Stato, ma peggio di tutti il quarto, il settimo e l'ultimo detto Aulete; il quale, per giunta, per gli altri mali esercitava a suonare il flauto, e tanto insuperbì di quell'arte, che non si vergognò di celebrarne dei certami nella sua reggia, suonando a gara egli stesso con alcuni antagonisti. (XVII, 1; 1835, p. 227)

Bibliografia

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