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  • Professore associato, abilitato a ordinario, di storia dell'arte moderna e contemporanea presso l'Università degli St... moreedit
Su alcuni dei quadri più belli della nostra vita sono venute a posarsi le mosche. Nel ritratto di certosino del quattrocentesco Petrus Christus un esemplare corre sul bordo della tavola. Come dire: dentro e fuori il dipinto. Mosche... more
Su alcuni dei quadri più belli della nostra vita sono venute a posarsi le mosche. Nel ritratto di certosino del quattrocentesco Petrus Christus un esemplare corre sul bordo della tavola. Come dire: dentro e fuori il dipinto. Mosche domestiche, dalle ombre rigorosamente portate, zampettano sui parapetti delle Madonne venete di Carlo Crivelli e una indugia poco sopra il capezzolo del Cristo di Giovanni Santi, il babbo di Raffaello. Mosche svolazzano nel teschio su tavola di Maurizio Bottoni come se, nel 2001, fosse quello il vero e unico labirinto di Fontanellato; mosche intrudono le nature morte seicentesche e, nel 1970, finiranno per posarsi sulle labbra di Yoko Ono, non ancora vedova Lennon. Stanche della micrografia fiamminga, cresceranno a dismisura. Nel film di David Cronenberg del 1986 uno scienziato capace di tele trasportarsi si trasforma in una mosca maxi king.
Difficile dire quanti da noi passeranno l'estate al segno di Misericordia di Benito Pérez Galdós: duecentocinquanta pagine senza un attimo di tregua, figurativamente densissime e che oggi vorremmo tirare dalla nostra parte come lezione... more
Difficile dire quanti da noi passeranno l'estate al segno di Misericordia di Benito Pérez Galdós: duecentocinquanta pagine senza un attimo di tregua, figurativamente densissime e che oggi vorremmo tirare dalla nostra parte come lezione sulla pittura spagnola. Difficile dirlo. Ma temo saranno in pochi a sporcarsi le ferie con questo urticante episodio di caravaggismo moderno che mescola, nel 1896, notizie fresche degli straccioni di Ignacio Zuloaga (1870-1945) e dei santi e mostri di Ribera e Goya giusto quando Picasso, adolescente talentuoso come altri, è già Picasso e non è ancora Picasso. Che, dal canto suo, non avrebbe mai avuto il coraggio di trascinare a Parigi, nei bassifondi stilizzatissimi di Toulouse-Lautrec, i pezzenti di Misericordia. Autentici professionisti dell'accattonaggio compaiono, dalle prime pagine, mentre si distribuiscono in chiesa contendendosi, per anzianità e prestigio, i posti migliori dove arriverà l'obolo. Lo storpio, il cieco, un vecchio che «doveva avere il corpo di bronzo, e alcool o mercurio al posto del sangue». E diverse donne (una con «la faccia lunghissima come se gliela stirassero a macchina ogni giorno, schiacciandole le guance…, con gli occhi sporgenti, spaventati, senza né luce né espressione…il naso adunco, sgraziato; a grande distanza dal naso le labbra sottilissime, e infine la mascella lunga e ossuta…come un cavallo vecchio»). Galdós sapeva di allinearsi dentro una filiera di cantori della miseria. Per chi sia sceso alle stazioni salienti del siglo de oro il rinvio è all'apparizione del dottor Cabra in avvio del Briccone di Quevedo, scritto quando Caravaggio sbarcava a Napoli la prima volta. Ma l'omaggio è privo dell'accumulazione caricata di quel capolavoro seicentesco. Come se, a distanza di quasi tre secoli, non si potesse dar luogo che a un Barocco disciplinato e senza gioie. I poveri sono poveri. Stracciati e insani di corpo e di mente. Potranno, al limite, abbozzare un sorriso per farsi compatire (come il mendicante di Ribera al Louvre dal piede equino e i denti marci che, a figura intera, ci sollecita in latino: «Fammi l'elemosina per grazia di Dio»). Ma alla fine dell'800 il soccorso alle metafore e alle immagini ingegnose non basta a redimere: né loro né il lettore. Non sapremmo soppesare la fortuna italiana anche recente di uno scrittore sbrigato come capofila del realismo spagnolo ottocentesco per quanto abbia retto lo sforzo sino al 1920 (come molti maestri che costringiamo a forza in un secolo, sebbene morissero con uno o tutti e due in piedi in quello nuovo da Gemito a Degas). Uscito nel decennio dei Viceré di De Roberto, della Bocca del Lupo di Remigio Zena, del Paese di Cuccagna della Serao e di Senilità di Svevo, Misericordia di Pérez Galdós, epopea al rovescio di autentici virtuosi dell'elemosina viene solitamente presentato con la scorta di
Chissà che il culmine della fortuna del pittore savonese Cesare Tallone, scomparso a Milano nel 1919, non stia nell'aver servito da copertina all'edizione Mondadori di Amore e ginnastica (1892) di Edmondo De Amicis. Come un Degas in salsa... more
Chissà che il culmine della fortuna del pittore savonese Cesare Tallone, scomparso a Milano nel 1919, non stia nell'aver servito da copertina all'edizione Mondadori di Amore e ginnastica (1892) di Edmondo De Amicis. Come un Degas in salsa sabauda l'«Alessandro Pirovano» della pinacoteca di Brera è la copertina perfetta per le pagine di quest'altro ligure fattosi per tempo torinese. Lo schermidore baffuto di Tallone non sfigurerebbe in una vicenda frizzantina di insegnanti di ginnastica, amiche zitelle, presidi, zii maturi che dispensano strategie di corteggiamento a nipoti trentenni che ne dimostrano cinquanta. Si muovono dentro appartamenti bene di Torino o all'ombra di pianerottoli buoni a incontri casuali, ovviamente fugaci. Si discetta di ginnastica da insegnare nelle scuole (come già si faceva nella Germania guglielmina), tra mille riserve e qualche timore (la «ginnastica sforma il bel sesso»), per quanto già Parini avesse avvertito: «che non può un'alma ardita | se in forte membra ha vita?»! Chi abbia amato La Stanza del Vescovo, il Cappotto di Astrakan o il Pretore di Cuvio sa da dove è partito Piero Chiara. Intanto Amore e Ginnastica era piaciuto a un terzo ligure come Calvino, deciso a scortare il lettore dell'edizione Einaudi del 1971 (in copertina il saltatore in alto di Muybridge). Due anni dopo quelle pagine origineranno un film di Luigi Filippo d'Amico con Senta Berger, Lino Capolicchio e Adriana Asti (mai più così in parte nessuno dei tre). E in questo garbatissimo lavoro del 1973 (cui il costumista Giancarlo Bartolini Salimbeni si preoccupò di dare vesti, luci e mobili giusti) fa capolino il generale Antonino Faà di Bruno, dal viso irrefutabilmente umbertino e che, nell'archetto di un triennio, saltava dal set felliniano di «Amarcord» (pure del '73) al «Secondo tragico Fantozzi». Tra libro e film si naviga sapientemente tra il dire e il non dire, tra il vedo (pochissimo) e il non vedo; ma sarebbero bastati due o tre anni, oltre a un netto calo di pretese, perché l'amore, e anche la ginnastica, da De Amicis compressi più che compresi, esplodessero, in tutti e con tutti i sensi, nel filone scollacciato (si dice ancora così?) del nostro cinema. Tra dottoresse, soldatesse, liceali e assistenti sociali, quei film, che da alcuni anni stiamo rivedendo in ragione e razione di pillole quotidiane sui social, sono il canto e il discanto del decennio delle stragi. Quanto all'insegnante di ginnastica, diverrà un topos di un regista non privo di guizzi, Nando Cicero, l'uomo di «Ultimo tango a Zagarol» (uscito nel 1973). Spalle e caratteristi dalle inflessioni diverse come Enzo Cannavale, Renzo Montagnani, Mario Carotenuto, Lino Banfi e Gianfranco d'Angelo dirigono il coro degli allupati perenni capitanato, come tutti sappiamo, da Alvaro Vitali. Sulle ovvie derive del romanzo di De Amicis, D'Amico aveva visto giusto. Trasposto in epoca fascista Amore e Ginnastica è un preludio di «Amarcord»;
si è cimentato nell'ardua opera di raccontare l'artista come non se l'avessimo mai visto, con accostamenti nuovi e brillanti
Un album da riempire. Procida tra cartoline e copertine Bell'Italia In this essay I tried to reexamine , analyzing some ancient and modern paintings, the iconographic history of Procida starting from the second half of the 18th century.... more
Un album da riempire. Procida tra cartoline e copertine Bell'Italia In this essay I tried to reexamine , analyzing some ancient and modern paintings, the iconographic history of Procida starting from the second half of the 18th century. The theme is still little known and deserves to be investigated in a systematic way.
Viaggi inconsueti dentro, sotto e di lato alla storia dell'arte attraverso le «robes de chambre», intrapresi da Arabella Cifani e Stefano Causa
Da Zucchero ai Carracci: natura ed espressione nel blues bologneseemiliano Nel giugno 1989 Adelmo Fornaciari, in arte Zucchero, nativo di Roncocesi, sette chilometri da Reggio, pubblica «Oro incenso & birra», piaccia o meno uno dei dischi... more
Da Zucchero ai Carracci: natura ed espressione nel blues bologneseemiliano Nel giugno 1989 Adelmo Fornaciari, in arte Zucchero, nativo di Roncocesi, sette chilometri da Reggio, pubblica «Oro incenso & birra», piaccia o meno uno dei dischi fondamentali della scena italiana di fine secolo. Si tratta di un titolo irriverente come impone quel sano spirito blues che, dagli Stati americani del Sud alla provincia di Reggio, sa di sangue, sudore e lacrime, natura ed espressione (e qui al gusto di gnocchi fritti). «Immacolata concezione» di Jusepe de Ribera (1635) Mettici che il titolo è una paronomasia. Accostare parole dal suono simile ma di significato diverso. Se ne dilettava Ennio Flaiano, che non sono in molti a leggere per intero essendosi adattato come pochi alla riduzione aforistica della cultura in rete. E dopo di lui? Maestri di malapropismi sono Totò e quel suo garbato divulgatore siculo che si chiama Nino Frassica: «Occorre tagliare la testa al topo, è successa una cosa di una certa gravidanza, qui lo dico e qui lo annego…». Quanto ai Magi sappiamo bene cosa portassero. Ma qui di birra ne

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