Thesis Chapters by Giuseppe Grimaldi
Il lavoro, frutto di una ricerca di campo di tre mesi nella città di Haifa, studia l’emergere di... more Il lavoro, frutto di una ricerca di campo di tre mesi nella città di Haifa, studia l’emergere di una nuova forma di località nello spazio sociale israeliano.
L’analisi, estensibile ai maggiori centri urbani dello stato ebraico, si concentra sul quartiere di Hadar Merkaz (centro di potere nel periodo coloniale) dove, negli ultimi anni, sono sorti numerosi night bar ed esercizi commerciali etiopi.
I locali in questione sono frequentati da cittadini israeliani di origine etiope (i Falasha) e da richiedenti asilo eritrei.
Per comprendere i processi in atto in questi spazi, prendo in considerazione ambiti di significato diversificati, abbandonando il paradigma inclusione-esclusione che ha orientato gran parte degli studi sugli ebrei etiopi in Israele.
Diventa centrale il ruolo dell’immaginazione, forza sociale capace di riorientare le soggettività e riposizionare le appartenenze. I locali etiopi si configurano, infatti, come contesti entro cui riprodurre una forma di località che definisco “Etiopità”: questa si alimenta di flussi di significato transnazionali che entrano nelle soggettività degli attori sociali coinvolti.
Esploro tale forma di località attraverso due approcci, corrispondenti alla pratica “interna” e alla rappresentazione “esterna” dell’ “Etiopità”.
Secondo la prospettiva “interna” ai locali etiopi, l’“Etiopità” si configura come pratica del quotidiano alternativa al modello israeliano egemone. La convivenza tra ebrei etiopi e richiedenti asilo eritrei acquista funzione contingente, piuttosto che apparire come “recupero” di una comune identità etnica.
L’ “Etiopità” può configurarsi altresì come identità esternata, vicina ai modelli della diaspora globale etiope. Ciò evidenzia la necessità di considerare i “flussi mediali” che circolano nei locali etiopi come dispositivi capaci di riprodurre un ordine discorsivo. Le rappresentazioni veicolate nella diaspora dalle istituzioni di potere dello stato etiope hanno capacità performativa: entrano nello spazio sociale israeliano e riorientano l’identità ebrea etiope verso nuovi domini di significato.
In un’analisi futura, alla necessità di un’esplorazione congiunta dei molteplici aspetti che producono l’identità etiope in Israele, dovrà affiancarsi la consapevolezza che tali significati oppostivi sono destinati a confliggere.
Papers by Giuseppe Grimaldi
Journal of Ethnic and Migration Studies
REMHU: Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana
Nel Sud Europa agricolo sono ormai realtà consolidata i cosiddetti ghetti, spazi di vita della co... more Nel Sud Europa agricolo sono ormai realtà consolidata i cosiddetti ghetti, spazi di vita della componente migrante più fragile proveniente dal Sud globale e impiegata come forza lavoro bracciantile. Tali spazi vengono sovente inquadrati come confini della modernità occidentale, buchi neri in cui operano caporali che riproducono quelle che vengono definite come nuove schiavitù. In questo lavoro, partendo da una ricerca-azione svolta nel Sud Italia agricolo (Eboli), si propone di abbandonare una logica del confine e guardare alle modalità attraverso cui il ghetto diventa parte integrante del contesto più ampio, dei suoi modelli sociali, giuridici, economici. Situando l’etnografia sulle modalità attraverso cui l’intermediazione informale naviga queste strutture, il ghetto emerge come una frontiera, intesa non come confine ma come un avamposto che mostra gli effetti più violenti dei campi di forza che agiscono sulla riproduzione della presenza migrante.
The Black Mediterranean, 2021
The essay describes a direct experience of research-action in the context of Milano Porta Venezia... more The essay describes a direct experience of research-action in the context of Milano Porta Venezia, a local space of the global Ethiopian and Eritrean diaspora. I propose a reflection on the potentialities and the limits of Goffman’s performative model as a way to build a shared framework among social actors belonging to contrastive identity models. The purpose of this paper is to highlight the need for a toolbox suitable to meet the challenges of anthropology applied to the public space.
MONDI MIGRANTI, 2016
Situando l’indagine etnografica nel quartiere di Porta Venezia, spazio di riferimento della diasp... more Situando l’indagine etnografica nel quartiere di Porta Venezia, spazio di riferimento della diaspora eritrea ed etiope a Milano, il lavoro mette in luce il carattere produttivo del transito nel quartiere dei richiedenti asilo eritrei ed etiopi diretti verso il Nord Europa. Partendo da un’analisi delle condizioni strutturali su cui si basa il processo di transito ed inquadrandolo in una cornice istituzionale marcata dall’invisibilita, l’autore considera il fenomeno in corso come una fase liminale nel sistema di governo transnazionale delle migrazioni forzate. Una fase liminale che inaugura un nuovo spazio di senso situato nella discrasia creatasi tra i termini di sbarco e approdo, che coinvolge nuovi attori sociali e apre a nuovi immaginari nella costruzione del progetto migratorio. Il quartiere di Porta Venezia si configura cosi come un punto denso attraverso cui indagare i processi sociali che nutrono questo fenomeno e il suo valore performativo rispetto alle configurazioni locali e all’appartenenza sociale in diaspora.
Open Cultural Studies, 2019
This article focuses on emerging forms of ethnic identification among Italians of Ethiopian and E... more This article focuses on emerging forms of ethnic identification among Italians of Ethiopian and Eritrean origins. In 2013, in parallel with the so-called refugees’ crisis in Europe, children of immigrants engaged in the Milanese management of forced migrations in the diasporic neighbourhood of Milano Porta Venezia. They legitimated their actions by emphasising a shared Habesha ancestral ethnicity with the asylum seekers from the Horn of Africa. The article considers their ethnic identification in relation to the changes in the public discourse on the Mediterranean route. These ethnic identifications and mobilisations are interpreted as claims for social recognition as Italians rather than a form of the revivification of their ancestral ethnicity in the analysis. The Black Mediterranean represent a privileged analytical and physical space to work on the resignification of Afro-European subjectivities in contemporary Europe.
The essay describes a direct experience of research-action in the context of Milano Porta Venezia... more The essay describes a direct experience of research-action in the context of Milano Porta Venezia, a local space of the global Ethiopian and Eritrean diaspora. I propose a reflection on the potentialities and the limits of Goffman's performative model as a way to build a shared framework among social actors belonging to contrastive identity models. The purpose of this paper is to highlight the need for a toolbox suitable to meet the challenges of anthropology applied to the public space.
La pietra angolare su cui si fonda il trattamento dei richiedenti asilo in Europa (la competenza... more La pietra angolare su cui si fonda il trattamento dei richiedenti asilo in Europa (la competenza del paese di primo approdo nell'esame della richiesta di protezione) pare abbia prodotto una sorta di scollamento terminologico tra sbarco e approdo: scollamento che ha metaforicamente spostato di migliaia di chilometri a Nord delle sponde del Mediterraneo l'arrivo ufficiale dei richiedenti asilo sul suolo europeo.
Conference Presentations by Giuseppe Grimaldi
Benché negata nel discorso nazionale etiope, è palese che l'occupazione italiana in Etiopia abbia... more Benché negata nel discorso nazionale etiope, è palese che l'occupazione italiana in Etiopia abbia lasciato tracce pervasive nel suo tessuto sociale. Questi segni, in particolare ad Addis Abeba, sono andati amplificandosi dopo la fine formale dell'esperienza coloniale nel Corno d'Africa, con l'apertura di percorsi di mobilità di tipo postcoloniale verso la capitale etiope. Uno dei frutti dell'engagement postcoloniale italiano ad Addis Abeba è la creazione del Club Juventus. Circolo sportivo e ricreativo nato nel 1945, e, fino al 1997, riservato unicamente ai cittadini italiani, il club Juventus, oggigiorno, oltre ad essere il centro di riferimento della comunità italiana, è altresì uno dei poli della modernità cittadina. Il club Juventus è però, soprattutto, uno spazio attraverso cui poter analizzare le strutture dell'inclusione e dell'esclusione su cui si reggono idee e pratiche di italianità in uno spazio postcoloniale. Il paper prende in esame le modalità attraverso cui questo spazio viene fruito dagli italiani di origine etiope (le cosiddette seconde generazioni) " tornati " per periodi più o meno lunghi ad Addis Abeba. Il club, infatti, oltre a costituire una traccia della presenza italiana in Etiopia, rappresenta uno specchio attraverso cui leggere la condizione diasporica contemporanea dei giovani italiani di origine etiope. Un luogo che da un lato costituisce un vettore di mobilità sociale e un contesto di appaesamento dove riprodurre i tropi dell'italianità; ma che, allo stesso tempo, rappresenta un centro di produzione della differenza sociale, uno spazio di messa in discussione della loro italianità. Una riproposizione, nel contesto etiope, di quella " linea del colore " che le seconde generazioni esperiscono quotidianamente in contesto italiano. Attraverso un'analisi etnografica delle micropratiche quotidiane di costruzione della differenza sociale che agiscono sul posizionamento degli italiani di origine etiope all'interno del club Juventus, il paper propone una riflessione sulle continuità tra i meccanismi di riproduzione del postcoloniale e le attuali strutture del riconoscimento e dell'esclusione attive in contesto italiano su cui si basano idee e pratiche egemoni di italianità. Una continuità fondata su un processo di marginalizzazione a carattere strutturale che sembra trovare nell'analisi dell'engagement degli italiani di origine etiope all'interno dello Juventus club un esempio paradigmatico.
Based on field experiences in Porta Venezia (Milano), the aim of the contribution is to reflect o... more Based on field experiences in Porta Venezia (Milano), the aim of the contribution is to reflect on the performative character of the practices linked to the injera consumption in shaping the local spaces of the Ethiopian and Eritrean global diaspora.
The paper explores the involvement of the tigrayan diaspora in the urban change of Mek'ele (Ethio... more The paper explores the involvement of the tigrayan diaspora in the urban change of Mek'ele (Ethiopia), focusing on the rising of the " diaspora neighborhoods ". Built from abroad but inhabited from locals, these spaces can be framed as transnational infrastructures that shape new routes in the region.
n this paper I will focus on the effects following the last two years flow of Eritrean and Ethiop... more n this paper I will focus on the effects following the last two years flow of Eritrean and Ethiopian asylum seekers in the neighborhood of Milano Porta Venezia, one of the most relevant hub of the Eritrean and Ethiopian diaspora in Europe. In particular, I will take in consideration the involvement in the neighborhood of the sons of the first generation of the diaspora, i.e. the new generation born or raised in Italy. Basing the analytic perspective on the last two years fieldwork in Porta Venezia, I want to underline the diachronic process by which the new generations shifted from an Italian to an Ethiopian or Eritrean way to perceive themselves in diaspora.
Working group proposal: " Migrant protests and political mobilization in North Africa and the Med... more Working group proposal: " Migrant protests and political mobilization in North Africa and the Mediterranean: spaces, infrastructures, and embodied experiences of migrant political agency " Workshop directors: Cristina Brovia, Elisa Pascucci, Marta Scaglioni Giuseppe Grimaldi: We are all on that ship: refugee mobilization and social belonging between Ethiopian and Eritrean second generations in Milano Abstract Nowadays, social belonging is decreasing in multiple and unexpected ways. As a total social fact, the journey of refugees towards 'Fortress Europe' may activate new imaginaries and new everyday practices which, at first glance, might be seen as totally disconnected from the experience of forced migration. By analyzing the neighborhood of Porta Venezia, the social hub of the Ethiopian and Eritrean diaspora in Milan, the purpose of this contribution is to investigate the social value of the mobilization run by Italian young people of Ethiopian and Eritrean origins following the shipwreck of October the 3rd, 2013, in Lampedusa. The organization of a parade to commemorate the victims – who were mostly of Eritrean nationality-mixed media flows of the Italian public discourse, transnational imaginaries and symbols, (e.g. global symbols of mourning like lighted candles) and imagined affiliation to the refugee community based on common origins (the main slogan of the march was: we are all on that ship), revealing the hybrid belonging of Ethiopian and Eritrean second generations. The performative nature of the mobilization went beyond a mere commemorative parade, challenging the dynamics of social signification in the diasporic social field of Porta Venezia. As a matter of fact, most of the elders within the community boycotted the organization of the parade. The mobilization marked the entrance of the young in the social and political space of the neighborhood, bringing new cultural practices, new political affiliations and new patterns of belonging that opened an intergenerational gap with the first generation of the diaspora. The analysis of refugee political mobilization thus offers a perspective from which to enquire the contemporary processes of belonging reproduction.
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Thesis Chapters by Giuseppe Grimaldi
L’analisi, estensibile ai maggiori centri urbani dello stato ebraico, si concentra sul quartiere di Hadar Merkaz (centro di potere nel periodo coloniale) dove, negli ultimi anni, sono sorti numerosi night bar ed esercizi commerciali etiopi.
I locali in questione sono frequentati da cittadini israeliani di origine etiope (i Falasha) e da richiedenti asilo eritrei.
Per comprendere i processi in atto in questi spazi, prendo in considerazione ambiti di significato diversificati, abbandonando il paradigma inclusione-esclusione che ha orientato gran parte degli studi sugli ebrei etiopi in Israele.
Diventa centrale il ruolo dell’immaginazione, forza sociale capace di riorientare le soggettività e riposizionare le appartenenze. I locali etiopi si configurano, infatti, come contesti entro cui riprodurre una forma di località che definisco “Etiopità”: questa si alimenta di flussi di significato transnazionali che entrano nelle soggettività degli attori sociali coinvolti.
Esploro tale forma di località attraverso due approcci, corrispondenti alla pratica “interna” e alla rappresentazione “esterna” dell’ “Etiopità”.
Secondo la prospettiva “interna” ai locali etiopi, l’“Etiopità” si configura come pratica del quotidiano alternativa al modello israeliano egemone. La convivenza tra ebrei etiopi e richiedenti asilo eritrei acquista funzione contingente, piuttosto che apparire come “recupero” di una comune identità etnica.
L’ “Etiopità” può configurarsi altresì come identità esternata, vicina ai modelli della diaspora globale etiope. Ciò evidenzia la necessità di considerare i “flussi mediali” che circolano nei locali etiopi come dispositivi capaci di riprodurre un ordine discorsivo. Le rappresentazioni veicolate nella diaspora dalle istituzioni di potere dello stato etiope hanno capacità performativa: entrano nello spazio sociale israeliano e riorientano l’identità ebrea etiope verso nuovi domini di significato.
In un’analisi futura, alla necessità di un’esplorazione congiunta dei molteplici aspetti che producono l’identità etiope in Israele, dovrà affiancarsi la consapevolezza che tali significati oppostivi sono destinati a confliggere.
Papers by Giuseppe Grimaldi
Conference Presentations by Giuseppe Grimaldi
L’analisi, estensibile ai maggiori centri urbani dello stato ebraico, si concentra sul quartiere di Hadar Merkaz (centro di potere nel periodo coloniale) dove, negli ultimi anni, sono sorti numerosi night bar ed esercizi commerciali etiopi.
I locali in questione sono frequentati da cittadini israeliani di origine etiope (i Falasha) e da richiedenti asilo eritrei.
Per comprendere i processi in atto in questi spazi, prendo in considerazione ambiti di significato diversificati, abbandonando il paradigma inclusione-esclusione che ha orientato gran parte degli studi sugli ebrei etiopi in Israele.
Diventa centrale il ruolo dell’immaginazione, forza sociale capace di riorientare le soggettività e riposizionare le appartenenze. I locali etiopi si configurano, infatti, come contesti entro cui riprodurre una forma di località che definisco “Etiopità”: questa si alimenta di flussi di significato transnazionali che entrano nelle soggettività degli attori sociali coinvolti.
Esploro tale forma di località attraverso due approcci, corrispondenti alla pratica “interna” e alla rappresentazione “esterna” dell’ “Etiopità”.
Secondo la prospettiva “interna” ai locali etiopi, l’“Etiopità” si configura come pratica del quotidiano alternativa al modello israeliano egemone. La convivenza tra ebrei etiopi e richiedenti asilo eritrei acquista funzione contingente, piuttosto che apparire come “recupero” di una comune identità etnica.
L’ “Etiopità” può configurarsi altresì come identità esternata, vicina ai modelli della diaspora globale etiope. Ciò evidenzia la necessità di considerare i “flussi mediali” che circolano nei locali etiopi come dispositivi capaci di riprodurre un ordine discorsivo. Le rappresentazioni veicolate nella diaspora dalle istituzioni di potere dello stato etiope hanno capacità performativa: entrano nello spazio sociale israeliano e riorientano l’identità ebrea etiope verso nuovi domini di significato.
In un’analisi futura, alla necessità di un’esplorazione congiunta dei molteplici aspetti che producono l’identità etiope in Israele, dovrà affiancarsi la consapevolezza che tali significati oppostivi sono destinati a confliggere.
The articles discuss the ways in which African diaspora communities and cultures in Europe are constructed not only by individuals' engagements in Africa and its global diaspora but also through the collective agency, aiming at promoting change in European societies shadowed by the normative whiteness, nationalist discourses and policies, human rights violations and overt racism. Together, the articles make visible the diversity of African and black diasporic spaces in Europe.