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Research Interests:
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The aim of this contribution is to provide an exhaustive, updated repertoire of the many varied geometrical and phytomorphic frames that decorate the wall mosaics of the early Christian and Byzantine places of worship of Ravenna, dating... more
The aim of this contribution is to provide an exhaustive, updated repertoire of the many varied geometrical and phytomorphic frames that decorate the wall mosaics
of the early Christian and Byzantine places of worship of Ravenna, dating back to the v and vi century, i.e. between Placidia’s age and Justinian’s age. The mosaics of the mausoleum of Galla Placidia, the Orthodox and Arian baptisteries, the Bishops Chapel and the basilicas of St Apollinare Nuovo, St Michele in Africisco, St Vitale,
St Apollinare in Classe and St Agata Maggiore have, therefore, been taken into account. All documented by the Author’s original photographic reproductions, the frames have been thoroughly reviewed, sorted by type and compared with
earlier and contemporary specimens featuring the same motifs, including some from floor mosaics, in western and eastern cities. The purpose of such work was to highlight the similarities and differences between the motifs from Ravenna
and those from other places, to document the endurance of classic tradition as well as the local workers’ excellent skills and uniqueness, and finally to give prominence to Ravenna’s role in the artistic-cultural milieu of the Mediterranean koinè.
A Grazzano Badoglio (AT), cittadina del Monferrato tra il Po e il Tanaro, nella chiesa parrocchiale dei Ss. Vittore e Corona, dal 1581 riposano le spoglie di Aleramo I, capostipite dei Marchesi del Monferrato, morto prima del 991,... more
A Grazzano Badoglio (AT), cittadina del Monferrato tra il Po e il Tanaro, nella chiesa parrocchiale dei Ss. Vittore e Corona, dal 1581 riposano le spoglie di Aleramo I, capostipite dei Marchesi del Monferrato, morto prima del 991, personaggio la cui storia è parzialmente avvolta nella leggenda. In luogo dell’attuale edificio di culto, si ergeva l’Abbazia Aleramica, complesso che lo stesso marchese fece edificare tra il 950 ed il 960, e che nell’agosto del 961 affidò ai Benedettini, i quali vi risiedettero per quattro secoli. Esigui sono i resti dell’originaria costruzione, fra i quali la torre campanaria e l’abside poligonale. Le spoglie di Aleramo giacciono nella seconda cappella, dedicata alla Madonna del Rosario, come recita l’epigrafe collocata sulla soprastante parete, al di sotto di un mosaico pavimentale bicromo.
Il pannello musivo che copre la tomba di Aleramo I del Monferrato, anche se vi è chi dubita che il marchese sia sepolto qui, è stato collocato qui nel 1932, portato, secondo una tradizione priva di fondamento, dal pavimento della cattedrale di Casale Monferrato. E’ di forma rettangolare e si presenta diviso verticalmente da filari di tessere nere, in due riquadri entro i quali, su un fondo bianco rosato, sono raffigurati a sinistra un’arpia di mortifera tradizione, a destra, contrapposto, un felino in atteggiamento aggressivo, in una scena didascalica di lotta tra Bene e Male.
Gli animali, verosimilmente parte di una composizione simbolica più ampia, sono resi a tessere nere ed evidenziati nei dettagli anatomici da tessere bianche, secondo moduli privilegiati in area piemontese ed emiliana, particolarmente tra avanzato XI e metà XII secolo circa.
Impiegate dapprima a scopo ora commemorativo per esaltare la memoria dei defunti, ora apoteotico per enfatizzare pubblicamente l’imperatore, dal IV secolo le imagines clipeatae, chiara espressione del rapporto di osmosi fra... more
Impiegate dapprima a scopo ora commemorativo per esaltare la memoria dei defunti, ora apoteotico per enfatizzare pubblicamente l’imperatore, dal IV secolo le imagines clipeatae, chiara espressione del rapporto di osmosi fra rappresentazioni sacre e profane, costituiscono un topos figurativo ricorrente nell’arte cristiana, anche in ragione del fatto che il cerchio sia emblema della perfezione divina: soprattutto nei due secoli successivi, esse raggiungono l’acme della loro diffusione negli edifici di culto, con la funzione di fulcri visivi e concettuali dei programmi figurativi musivi parietali, in posizioni di grande visibilità e liturgicamente significative, al fine di esaltare e trasfigurare sia singoli personaggi ritratti a mezzo busto (anche grazie all’affinità tra la forma del clipeo e quella del nimbo), sia figure intere e temi assai cari all’iconografia cristiana, quali il Battesimo, la croce, i monogrammi cristologici, il trono vuoto dell’Etimasia e l’Agnus Dei. A Ravenna le imagines clipeatae, tra l’epoca placidiana e quella giustinianea, raggiungono i più alti esiti artistici e sono paradigmatiche da un lato, in generale, del vero e proprio trionfo di tale sintagma iconografico nei mosaici di una vasta area geografica tra V e VI secolo, dall’altro, nello specifico, delle tipologie di clipei e di soggetti in essi contenuti. Un confronto tra le immagini clipeate ravennati e quelle coeve dei centri occidentale e orientali testimonia e ribadisce, al di là delle peculiarità stilistiche e pur nella varietà dei temi teologici e decorativi, la propagazione, nell’ambito della koinè culturale mediterranea, di un linguaggio artistico fondamentalmente unitario, intessuto di fitti richiami iconografici e iconologici.