BSSF-Bollettino della Società di Studi Fiorentini, 2022
Studi, consulenze, autopsie antiquarie e giudizi tecnici (in Apulia, Campania, Latium, Lucania, M... more Studi, consulenze, autopsie antiquarie e giudizi tecnici (in Apulia, Campania, Latium, Lucania, Marsica, Picenum e e Sicilia)
Bitonto, Cattedrale, i restauri di Ettore Bernich di fine Ottocento e la questione delle "incavallature" , 2023
The story of the late nineteenth-century restorations conducted in the Bitonto (Bari) Cathedral b... more The story of the late nineteenth-century restorations conducted in the Bitonto (Bari) Cathedral by the Roman Ettore Bernich appears rather intricate in light of the reading of the archive documentation. The Monument, considered one of the greatest expressions of “Norman-Swabian” Romanesque in the Land of Bari already at the end of the nineteenth century, was placed at the center of the attention not only of local Scholars, but, above all, of some of the greatest Art Historians of the time: the interventions of Benedetto Croce are remembered, but also the studies of Adolfo Venturi, who also wanted to visit the restoration site of the Cathedral. In this study we try to restrace, on the basis of unpublished documents, to the reasons why the Roman architect was at the center of the controversy and criticism, thus becoming even a ‘special observed’ within the ministerial authority: after repeated disobedience by of Bernich to the indications of the Ministry, it was thus decided to appoint an “Inspection Commission” on his work, but rather than clearing up the story, it became complicated for personal, political reasons and also for opportunities towards the religious authorities. At first, Ernesto Basile was consulted, but in the end he declined the invitation; then Camillo Boito was called, but also the Theorist of the “Philological Restoration”, refused and so that “Inspection Commission” never came to exist. Bernich, however, came out psychologically tried, even if, initially from the Ministry, Giacomo Boni had taken his defense and then, from Naples, Adolfo Avena had supported his work
La ricostruzione grafica del 'Katholikon' o chiesa di San Teodoro (o della Santissima ANnunziata) a Castro (LE): due ipotesi a confronto (Riccardo Bordenache vs Filippo Bacile) e l'attualità dell'idea di una concreta ricostruzione, 2021
La Chiesa bizantina di San Teodoro o di Santissima Annunziata (probabilmente un Katholikon, cfr. ... more La Chiesa bizantina di San Teodoro o di Santissima Annunziata (probabilmente un Katholikon, cfr. D. Sokolof, A Manual of the Orthodox Church’s Divine Services, Jordanville-NY, 1917, p. 5) di Castro (in Provincia di Lecce), centro anticamente noto come Castrum Minervae, si trova addossata sul fianco sinistro dell’omonima ex Cattedrale latina normanno-sveva della Cittadina, riutilizzando anche spolia, quali fusti di colonne e materiale vario, provenienti dal complesso dell’antico Tempio di Minerva. Un modus operandi consolidato in età mediobizantina che si riscontra anche in ambito balcanico (nell’antico Epiro e in Grecia). Da parte degli Studiosi otto-novecenteschi si è a lungo pensato che si trattasse di «un’edicola» (o «tempietto») risalente al «VII od VIII secolo», ma si è oggi più portati a riferirla, viste le caratteristiche del modello architettonico adottato, al periodo mediobizanino tra X e XI secolo, dopo la riconquista della Terra d’Otranto ad opera dell’imperatore bizantino Niceforo Foca, come attestato dalla diffusione delle medesime tipologie a partire dal X secolo (cfr. V. von Falkenhausen, La dominazione bizantina nell’Italia meridionale dal IX all’XI secolo, Bari, 1978).
Leon Basttista Alberti a Napoli e nei baronati del Regno aragonese. Cultura, Archeologia, Architettura e città, 2021
La questione delle presenze di Leon Battista
Alberti a Napoli e nel Regno napoletano è stata a
... more La questione delle presenze di Leon Battista Alberti a Napoli e nel Regno napoletano è stata a lungo storiograficamente sottaciuta, fino a che, dal 2004, in occasione del “VI° Centenario albertiano (1404-2004)”1 quelle presenze sembrano essere divenute una sorta di ‘dato acquisito’, sostanziato sia da attestazioni documentarie individuate nel 20002 relative alla presenza di Leon Battista nella casapartenopea degli Strozzi nel 1465; sia da numerosi dati ‘di contesto’3 ; sia da ‘soluzioni’ architettoniche di ‘matrice albertina’ ri-considerate tali dalla Critica specie a partire dall’Arco di Castel Nuovo. Ma in questi ultimi anni si è poi aggiunta l’attenzione anche per una serie di ulteriori evidenze, come per la presenza ‘diffusa’ – precocemente o a volte attardata – di alcune suggestioni albertiane4 , o di costrutti morfologici tipicamente ‘albertiani’ nella Decorazione architettonica, quali il ‘motivo firma’ dei ‘modiglioni reggi-fregio, anche se con leggerissime deroghe, nelle costruzioni di Palazzi e Chiese della Capitale (e del Regno): tra tutti il portale di palazzo Carafa; il portale di palazzo Sanseverino5 ; il portale di palazzo Del Balzo6 ; e il portale del complesso della Santissima Annunziata legata ad una committenza Caetani. Tutti costrutti evidentemente in relazione, o scaturiti, dal portale di palazzo Rucellai a Firenze e da quello di San Sebastiano a Mantova (ma si tratta di una soluzione presente anche nella porta d’accesso alla ‘Camera Picta’ o ‘degli Sposi’ del palazzo Ducale di Mantova, come segnalato nel 2019)
BSSF-Bollettino della Società di Studi Fiorentini, 2021
Pirro Del Balzo, tra i principali Baroni del Regno aragonese di Napoli, dai primi anni Cinquanta ... more Pirro Del Balzo, tra i principali Baroni del Regno aragonese di Napoli, dai primi anni Cinquanta fino al 1487 (anno in cui il Feudatario venne imprigionato ...) operò una sistematica committenza infrastrutturale (con la fondazione di Città), urbana e architettonica.
T Pirro del Balzo – tra i principali Baroni del Regno aragonese di Napoli – dai primi anni Cinqua... more T Pirro del Balzo – tra i principali Baroni del Regno aragonese di Napoli – dai primi anni Cinquanta
fino al 1487 (anno in cui il Feudatario venne imprigionato a seguito della “Seconda Congiura dei Baroni”,
chiudendo così le fortune familiari) operò una sistematica committenza infrastrutturale, urbana e architettonica
nei territori della sua Baronìa, specie dopo il devastante terremoto del 1456 – a cui seguì a distanza di dieci anni,
nel 1466, un secondo terremoto meno devastante ma che comunque terrorizzò le popolazioni) e la conclusione
della “Prima Congiura dei Baroni” del 1463, momento che aveva visto anche nelle terre di Pirro l’arrivo di
tecnici e ingegneri molto qualificati: nuovi borghi; nuovi quartieri insediativi pressoché in tutti i centri, specie
per le popolazioni «di Schiavonia» fatte giungere per il ripopolamento (come in molte località lucane ed irpine
e pugliesi); nuovi ridisegni urbani sulla base di modelli antiquari o per la rivitalizzazione di antichi impianti
(come nella Venosa ‘di Orazio’); impostazione di nuove piazze commerciali (come ad Altamura e a Venosa); e poi
nuove strutture ossidionali (a Venosa, a Minervino, a Montescaglioso e a San Mauro Forte ...), ristrutturazioni
di vecchi sistemi castellari e cinte murarie (ad Altamura, Camarda, Lacedonia, Montescaglioso, Rocchetta, Ruvo,
Torre a Mare e a Uggiano ...) aggiornatissimi anche agli esempi napoletani come quello di Castelnuovo; e quindi
nuove cattedrali o riordino di quelle precedenti (come ad Altamura, Andria, a Lacedonia e Venosa ...); nuovi
castelli feudali (come a Venosa ...); nuove chiese per i «Greci» (come a Locorotondo, a Lavello, a Montescaglioso, ad
Altamura, Rocchetta ...); e conventi, costruiti o ampliati (come a Montescaglioso ...). Un’aggiornata committenza
svolta prima nell’orizzonte di Leon Battista Alberti presente nel Regno, non solo a Napoli, a Baia, a Pozzuoli,
nella Marsica, ma forse anche in Puglia, e poi anche grazie alla consulenza degli Umanisti e degli Artisti attivi a
Napoli. E proprio da Napoli dovevano essere giunti gli stimoli più innovativi, dalla metà degli anni Settanta, per
un ulteriore aggiornamento, questa volta forse sotto l’influsso di Alfonso Duca di Calabria e dei suoi tecnici, tra i
quali Giuliano da Maiano e Antonio Marchesi. L’eredità committenziale di Pirro si spingeva poi, indirettamente,
fino alla fine del secolo, grazie alla ripresa e alla continuazione delle sue iniziative da parte di sua figlia Isabella
e di suo genero Federico d’Aragona, innervandosi, ancora una volta, con gli indirizzi architettonici più moderni
presso la Corte napoletana (a partire dalla presenza di Baccio Pontelli, Francesco di Giorgio Martini, già presente
nella Capitale dagli anni Ottanta, Fra Giocondo ... affiancati da tecnici ed architetti regnicoli, del calibro di
Giovan Francesco Mormando, ideatore e ‘ideatore’ di un caratteristico Rinascimento proprio diffusosi tra la fine
del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento in tutto il Regno)
La tecnica costruttiva del Castone ("Cloisonné") murario nell'architettura Medio-bizantina tra struttura, accorgimenti antisismici e decorazioni (IX-XV secolo). Interpretazioni storiografiche e realtà materica negli esempi delle Province balcaniche: in Albania, Grecia, Macedonia, Serbia , Turchia, 2023
Il “Cloisonné” nella Letteratura attuale viene sempre ricordato, in genere, come una tipologia
d... more Il “Cloisonné” nella Letteratura attuale viene sempre ricordato, in genere, come una tipologia di paramento murario e perciò non ne vengono approfonditi nel dettaglio i valori né strutturali, né antisismici - propri invece di una Tecnica muraria a tutti gli effetti - ‘limitandosi’ solo a quelli decorativi (con una visione, dunque, estremamente riduttiva); e ciò peraltro senza che si sia dato neppure luogo ad alcun contributo scientifico autonomo. Invece, in questo studio - dedicato espressamente al Castone /Cloisonné - si è cercato di dimostrare che la denominazione stessa “Cloisonné” - derivata dalla Toreutica, come hanno voluto Autori quali Gabriel Millet, Richard Krautheimer ed Ehrhard Ruetsche - è concettualmente errata in riferimento alla tecnica costruttiva e, più correttamente, va dunque sostituita con quello di “Castone”. Il Castone/Cloisonné è dunque una tecnica costruttiva a tutti gli effetti (anche perché quel tipo di ‘paramento’ andava, nella maggioranza dei casi, ricoperto da intonaco) ed essa è costituita da spolia - cioè pezzi lapidei antichi - e da mattoni, in genere anch’essi di recupero, ‘affogati’ orizzontalmente e verticalmente in grandi spessori di malta, coinvolgendo l’intera sezione muraria. Una tale resistenza, ottenuta grazie all’impiego del principio statico del ‘cuneo strutturale’, assumeva inoltre valenza antisismica in unione con altri accorgimenti costruttivi; anche se, ovviamente, non se ne può trascurare, in alcuni casi lasciati probabilmente ‘faccia a vista’, anche il valore estetico (come infatti è avvenuto fino all’adozione sistematica che ne hanno fatto i Turchi dopo la metà del XV secolo). Il Castone/Cloisonné si è diffuso soprattutto nei Balcani: nell’attuale Macedonia del Nord, in Albania del Sud (nel ‘nuovo Epiro’) e in Grecia (nell’ ‘antico Epiro’, ma anche nella Focide), e in Serbia, a partire dal IX secolo fino al XV secolo (cioè in Età mediobizantina ovvero Comnena e Paleologa), ma esso ha trovato i propri antecedenti addirittura nel V e VI secolo (nelle Basiliche cristiane di Delfi e di Byllis in Albania), a partire dallo ‘sviluppo’ dell’opus listatum (o vittatum) tardo romano e costantinopolitano. The “Cloisonné” in current literature is always remembered, in general, as a type of wall facing and therefore neither structural nor anti-seismic values - typical of a full-fledged masonry technique - are ‘limited’ in detail, thinking only as decorative ones (with an extremely reductive vision, therefore); and this, moreover, without even giving rise to any autonomous scientific study. Instead, in this research - dedicated expressly to Castone/Cloisonné - we tried to show that the very term “Cloisonné” - derived from Toreutics, as suggested by authors such as Gabriel Millet, Richard Krautheimer and Ehrhard Ruetsche - is conceptually wrong in reference to the construction technique and, more correctly, it must therefore be replaced with that of “Castone”. Castone/Cloisonné is therefore a construction technique in all respects (also because that type of facing was, in most cases, covered with plaster) and it is made up of spolia - that is, ancient stone pieces - and bricks, generally also ‘they of recovery,’ drowned ‘horizontally and vertically in large thicknesses of mortar, involving the entire wall section. Such resistance, due to the use of the static principle of the structural wedge, also assumed an anti-seismic value in conjunction with other constructive devices; even if, obviously, its aesthetic value cannot be neglected, in some cases left face to face (as in fact happened until the systematic adoption by the Turks after the middle of the 15th century). Cloisonné/Castone spread mainly in the Balkans starting from the 9th century (i.e. in the Middle Byzantine age or Comnena and Paleologa) up to the 15th century, but it found its antecedents even in the 5th century, thus constituting the ‘development’ of opus listatum (or vittatum) late Roman and Constantinopolitan
Città, Borghi, moschee e chiese nei resoconti dei viaggiatori italiani in ALbania nei primi decenni del Novecento, 2021
In questo studio si vuole rilevare l'attività di Viaggiatori, studiosi, militari, giornalisti e p... more In questo studio si vuole rilevare l'attività di Viaggiatori, studiosi, militari, giornalisti e pittori italiani alla ricerca del 'vicino orient' in Albania, nei primi decenni del Novecento e la descrizione di paesaggi e monument. Ed ognuno in base alla propria cultura e ai propri interessi ne dà una particolare descrizione che aggiunge un nuovo tassello alla conoscenza del Paese delle aquile ancora del tutto sconosciuto in Italia nonostante la vicinanza geografica. Molti ritrovano e sottolineano alcune caratteristiche di lunga durata, che spesso si rispecchiano nelle tecniche costruttive delle costruzioni religiose che perdurano nel tempo e travalicano le diverse dominazioni succedutisi.
ARCHITETTURE E ORNAMENTAZIONI DALLA TOSCANA AGLI ‘UMANESIMI BARONALI’ DEL REGNO DI NAPOLI ALLA FINE DEL QUATTROCENTO. PARTE QUINTA: FRANCESCO II DEL BALZO, 2019
La committenza dei Del Balzo di Andria nel XV secolo - famiglia baronale del Regno di Napoli, str... more La committenza dei Del Balzo di Andria nel XV secolo - famiglia baronale del Regno di Napoli, strettamente imparentata con la Casa regnante aragonese e famosa in tutta Italia per la ricchezza dei suoi possedimenti pugliesi e lucani - trovava in Francesco II, Duca di Andria, tra i primi anni Trenta e il 1482, il proprio rappresentante principale, che procedeva anche ad una specifica committenza architettonica nei territori della sua Baronia, specie dopo il devastante terremoto del 1456 e la conclusione della “Prima Congiura dei Baroni” del 1463: nuovi borghi e nuovi quartieri insediativi, nuovi ridisegni urbani sulla base di modelli antiquari o per la rivitalizzazione di antichi impianti (come ad Andria, dove si sottolineavano i rimandi alla commedia “Andria” dell’antico commediografoTerenzio nel busto celebrativo dello stesso Francesco II); nuove piazze (come piazza Catuma ad Andria); nuove cattedrali o riordino di quelle precedenti (come ad Andria o ad Irsina); ampliamenti di palazzi Ducali (sempre ad Andria); nuove chiese con il recupero del culto di antichi Martiri (come a Bisceglie, Irsina, Andria ... o nelle terre irpine ‘di San Potito’); e nuovi conventi, costruiti o ampliati (come nella chiesa di San Domenico e nella chiesa della Madonna dell’Umiltà ancora ad Andria). Un’aggiornata committenza, quella di Francesco II, svolta all’insegna del gusto dell’“Umanesimo gentile” prima e di una maggiore attenzione antiquaria poi, nell’orizzonte di Leon Battista Alberti presente non solo a Napoli ma forse anche proprio ad Andria; ma il Duca si poteva valere della consulenza degli Umanisti e degli Artisti attivi nella Capitale del Regno, dove i Del Balzo possedevano un ricco palazzo e occupavano un Seggio nel consiglio di Stato. Importante diplomatico regio, a Roma e alla Dieta di Mantova, Francesco II mediava tra Cultura adriatica e suggestioni attinte dalla Corte napoletana, e non solo, agevolando l’acquisto di arredi sacri provenienti da Padova e dalla Scuola di Mantegna (la “donazione De Mabilia” per la Concattedrale di Irsina), fino all’arrivo di tavole a tema sacro di ambito pittorico veneziano della Scuola dei Vivarini.The commission of the Del Balzo family - in the Fifteenth century baronial family of the Kingdom of Naples, closely related to the Aragonese ruling family and famous throughout Italy for the wealth of its Apulian and Lucanian possessions - found in Francesco II, Duke of Andria, among the Thirties and 1482, its main representative, who also proceeded to a specific architectural. The commission of the Del Balzo family - in the Fifteenth century baronial family of the Kingdom of Naples, closely related to the Aragonese ruling family and famous throughout Italy for the wealth of its Apulian and Lucanian possessions - found in Francesco II, Duke of Andria, among the Thirties and 1482, its main representative, who also proceeded to a specific architectural commission in the territories of his Barony, especially after the devastating earthquake of 1456 and the conclusion of the “First Conspiracy of the Barons” (Prima Congiura dei Baroni) of 1463. New villages and new neighborhoods, new urban redesigns on the basis of antique models or for the revitalization of ancient plans (such as in Andria, where the references to the comedy “Andria” by the ancient playwright Terenzio were underlined in the commemorative bust of “Francesco II” himself) ; new squares (such as Catuma square in Andria); new cathedrals or reorganization of previous ones (such as in Andria or Irsina); new Ducal palaces (as in Andria); new churches with the recovery of the cult of ancient Martyrs (such as in Andria, Bisceglie, Irsina ... or in the Irpinia lands ‘of San Potito’); and new convents, built or enlarged (as in the San Domenico convent and in the Madonna dell’Umiltà church in Andria). An updated commission, that of Francesco II, carried out in the name of the taste of a “gentle Humanism” first and of greater antiquarian attention then, on the horizon of Leon Battista Alberti present not only in Naples but perhaps also precisely in Andria; but the Duke probably also availed himself of the advice of the Humanists and the Artists active in Naples, where the Del Balzo owned a rich palace and occupied a Seat in the State Council. An important royal diplomat, in Rome and at the “Diet of Mantua”, Francesco II mediated between Adriatic culture and suggestions of the Neapolitan Court, facilitating the purchase of important sacred furnishings from Padua and the Mantegna School (the “De Mabiia donation” for the Concattedrale of Irsina), until the arrival of sacred themed tables of Venetian pictorial School by Vivarini.
Monumentalia, Bollettino della Società di Studi Fiorentini, 29,, 2020
abstract Il busto quattrocentesco del duca Francesco II del Balzo di Andria ad oggi è stato cons... more abstract Il busto quattrocentesco del duca Francesco II del Balzo di Andria ad oggi è stato considerato dalla Letteratura e dalla Storiografia come un’opera sin dall’origine facente parte del Sepolcro del Barone; ma fino ad ora nessuno ha mai ipotizzato che l’opera potesse essere stata ideata invece per usi celebrativi, come alcuni busti coevi realizzati per altri Principi italiani, tra tutti i diversi busti del Re di Napoli Ferrante d’Aragona, cognato dello stesso Duca. Proprio l’ambiente napoletano costituisce un imprescindibile orizzonte artistico al quale Francesco II ha certamente traguardato, tanto che il busto è stato variamente attribuito a Francesco Laurana o a Domenico Gaggini, ma sempre grazie all’intermediazione napoletana. Un ambiente da cui dovrebbe anche provenire l’ ‘aggiornamento culturale’ in chiave umanistica della piccola ‘corte ducale’ andriese: la presenza del motto latino “NE QVID NIMIS” sul busto del Duca, derivante dalla commedia l’ “Andria” di Terenzio, rimanderebbe ad assunti molto più puntuali di quanto finora considerato dalla Letteratura. Dunque, l’ipotesi che il busto fosse stato pensato per una sala nobiliare di rappresentanza nel palazzo Ducale di Andria o a Castel del Monte – allora di proprietà dei Del Balzo – non appare poi così peregrina. The fifteenth-century bust of Duke Francesco II del Balzo di Andria has so far been considered by Literature and Historiography as a work from the beginning that was part of the Baron’s Sepulcher; but until now no one has ever hypothesized that the work could have been conceived instead for celebratory uses, such as some contemporary busts made for other Italian Princes, among all the different busts of the King of Naples Ferrante d’Aragona, brother-in-law of the Duke himself. Precisely the Neapolitan environment constitutes an essential artistic horizon which Francesco II certainly aimed at, so much so that the bust has been variously attributed to Francesco Laurana or Domenico Gaggini, but always thanks to Neapolitan intermediation. That environment from which the ‘cultural updating’ in a humanistic key of the small ‘ducal court’ of Andria should also come: the presence of the Latin motto “NE QVID NIMIS” on the bust of the Duke, deriving from the play the “Andria” of the ancien author Terenzio, it would refer to much more precise assumptions than the Literature has hitherto considered. Therefore, the hypothesis that the bust was designed for a stately representative hall in the Ducal Palace of Andria or in Castel del Monte - then owned by the Del Balzo family - does not appear so strange.
in «Paesaggi, città e monumenti di Salento e Terra d'Otranto», a cura di F. Canali e V. Galati, 2018, pp.597-599
Timoleone Vedovi, dalla «bellezza» ai «caratterpittorechii» di Terra d'Otrano, fino all'apprezzam... more Timoleone Vedovi, dalla «bellezza» ai «caratterpittorechii» di Terra d'Otrano, fino all'apprezzamento dell'architettura barocca leccese, anche se di gusto «borrominesco», Virgilio Galati
Nell'ambito di una letteratura odeporica che alla fine dell'Ottocento, poneva grande attenzione all'Adriatico e alle sue coste (si ricordino i viaggi del francese Charles Yriarte o dell'austriaco Freiher von Schweiger Lerchenfeld), per parte italiana si staglia il precoce contributo di Timoleone Vedovi, edito a Mantova nel 1877, resoconto di un viaggio compiuto in piroscafo lungo le coste adriatiche. «il mare Adriatico si congettura che prenda avvio dal Capo di Santa Maria di Leuca, che forma il punto estremo dell'Italia quantunque qualcuno ritenga dal Capo d'Otranto» …
in «Paesaggi, città e monumenti di Salento e Terra d'Otranto tra Otto e Novecento», 2018, pp.608-611.
Carlo Placci e la Modernità del viaggio in automobile: l'amata Antichità magno greca tra percezio... more Carlo Placci e la Modernità del viaggio in automobile: l'amata Antichità magno greca tra percezioni paesaggistiche e sopravvivenze architettoniche.
La Modernità, dopo quella ferroviaria di fine Ottocento, faceva il proprio ingresso nel turismo d'èlite grazie all'uso dell'automobile; un uso che ancora una volta, faceva nettamente mutare le percezioni paesaggistiche ma anche la possibilità di approccio ai monumenti (rendendo tutto più agevole e veloce rispetto sia alla carrozza sia al treno). Carlo Placci viaggiava dunque, nel 1908, attraverso la Penisola italiana, in Trentino sui valichi alpini, nelle Marche, attraversava "tutti gli Abruzzi", era nella "Roma di Stendal" …
Il volume “L’occhio alato. Migrazioni di un simbolo” di Alberto Giorgio Cassani cerca di dipanare... more Il volume “L’occhio alato. Migrazioni di un simbolo” di Alberto Giorgio Cassani cerca di dipanare il bandolo del significato di un simbolo ormai divenuto icona esplicita, e allo stesso tempo criptica, del Rinascimento: l’ ‘Occhio alato’ appunto. Icona che racchiude in sé la grandezza del Rinascimento e allo stesso tempo le contraddizioni insite in esso; la bellezza esteriore e i reconditi drammi interiori che nell’Alberti rappresentavano un dualismo inscindibile del suo pensiero filosofico. Il libro compendia una serie di scritti già pubblicati e rivisti per l’occasione dallo stesso Autore viene qui recensito.
abstract La "Leucade" - cioè l'estrema punta meridionale del Salento (un’area comprendente un t... more abstract La "Leucade" - cioè l'estrema punta meridionale del Salento (un’area comprendente un territorio che andava da Roca, a Nardò, da Otranto a Gallipoli fino alla punta del Capo di Leuca) - dopo il 1453 e soprattutto a seguito dello sbarco dei Turchi ad Otranto nel 1480, acquistò grande rilevanza per la Corte aragonese di Napoli poiché si trattava dell'area del Regno più vicina ai Domini ottomani e, dunque, maggiormente soggetta alla creazione di teste di ponte turche nella Penisola italiana. 'Baluardo della Cristianità', l'area venne fatta oggetto di importantissime attenzioni fortificatorie a cura dei Reali aragonesi, attraverso i loro Baroni locali - soprattutto i Del Balzo, famigli della Corte aragonese - con la costruzione e l'aggiornamento di nuovi presìdi militari (mura, castelli, enormi torrioni ...) che per iniziativa regia non vennero lasciati a maestranze locali, ma furono affidati - proprio per la delicatezza dell'incarico - ai migliori ingegneri-architetti del Regno, tra i quali Ciro Ciri, e tra i Toscani probabilmente Giuliano da Maiano e i suoi collaboratori, certamente Francesco di Giorgio Martini, Antonio Marchesi da Settignano, Baccio e Jacopo Pontelli ... Venne a crearsi così, nella Leucade salentina, un nuovo 'Paesaggio della Modernità' fatto in primis di aggiornatissimi luoghi forti, ma che vide anche la realizzazione di una serie di architetture private - volute dai baroni Del Balzo, quali palazzi, castelli-residenze, chiese ... - che improvvisamente mutarono il panorama della tradizione locale, con innesti di forme e soluzioni in linea con le nuove acquisizioni rinascimentali della Corte napoletana e degli Architetti toscani. I Del Balzo con i loro feudi dei territori sudorientali del Regno, situati nell’attuale Salento meridionale - seppur fino ad oggi pressoché ignorati dalla Storiografia specie architettonica - furono allora i maggiori Feudatari della zona centroorientale del Regno con incarichi politici e militari di prim’ordine, oltre ad essere direttamente imparentati con i regnanti; Angilberto (che fu uno dei Generali della Guerra d’Otranto con incarico di Regio Consigliere alla corte aragonese) e il fratello Pirro (Gran Conestabile del Regno, a sua volta feudatario di gran parte della Terra di Bari con il ducato di Andria e di Venosa, in terra Lucana), ebbero un ruolo importante nel controllo dei territorio e nell’aggiornamento architettonico e ossidionale delle strutture castellari e svolsero, dunque, una assai proficua attività committenziale di 'mediazione', sotto il coordinamento delle istanze regie, e di deciso aggiornamento: a Castro, ad Alessano, a Ugento, a Tricase, a Specchia, a Carpignano, a Supersano, a Nardò, fino, nei loro domini più a Nord, nella 'barese' Giovinazzo.
Mausolei e tribune ottagone nel primo Umanesimo baronale del Regno di Napoli. Il Mausoleo di
Gio... more Mausolei e tribune ottagone nel primo Umanesimo baronale del Regno di Napoli. Il Mausoleo di Giovanni I Ventimiglia a Castelbuono (Palermo) Il Mausoleo di Giovannantonio Ventimiglia fu voluto dal Conte intorno agli anni Cinquanta del Quattrocento e rappresenta un esempio interessante ancora in bilico tra Tardo-gotico gentile e prima Rinascenza. Trascurato dalla critica nazionale a ben guardare è da annoverare ed inserire all'interno di altri esempi coevi realizzati nel Regno di Napoli durante la prima metà del Quattrocento a partire dallla tribuna ottagona di Dan Giovanni a Carbonara voluta da Ser Gianni Caracciolo ...
.abstract Nel saggio per la prima volta si cerca di risalire agli Autori del progetto generale d... more .abstract Nel saggio per la prima volta si cerca di risalire agli Autori del progetto generale dell’impostazione architettonica delle cosiddette “architecturae pictae” presenti nei due monumentali ambienti del Salone dei Mesi della villa suburbana di Schifanoia (1468-1470) a Ferrara e nella «Camera Picta» (1465-1474) a Mantova; e ciò in rapporto ai dettami sia di Vitruvio che di Alberti e in relazione ad altri esempi coevi. La Letteratura storiografica che ha accompagnato i due grandi cicli pittorici si è da sempre rivolta all'analisi della parte criticoartistica o politico-simbolica, ma non ha mai preso seriamente in considerazione la scansione architettonica dei due importanti invasi. E col tempo quelle strutturazioni architettoniche dipinte, presenti nei due cantieri, sono passate in secondo piano rispetto alle scene rappresentate. Si cerca ora di delineare una nuova pista interpretativa, alla luce delle importanti presenze presso le due Corti, estense e gonzaghesca, di Andrea Mantegna e di Leon Battista Alberti, il cui contributo nelle idee, nei programmi culturali e architettonici pare presente in ambedue i cantieri, almeno in filigrana.
Le complesse vicende che hanno interessato Castelnuovo di Napoli dopo la ricostruzione
della Regg... more Le complesse vicende che hanno interessato Castelnuovo di Napoli dopo la ricostruzione della Reggia da parte di Alfonso il Magnanimo verso il 1450 dell’antico maniero angioino, sono state tanto articolate da aver consegnato alla Municipalità napoletana, alla fine del XIX secolo, un complesso fortemente trasformato nelle sue cortine murarie e nelle sue destinazioni funzionali, essendo stata adibita addirittura a deposito di munizioni. Alfonso Avena, Direttore del locale “Ufficio per la Conservazione dei Monumenti”, venne incaricato dei primi interventi di restauro per valorizzare la monumentalità del complesso sulla base delle attenzioni di Camillo Boito (e i suggerimenti di Giacomo Boni), dando origine alla “Stagione Avena”, ma la sua opera non fu né facile né priva di polemiche. Una situazione che si ripresentò negli anni Venti, quando del complessivo restauro del monumento, venne incaricato Riccardo Filangieri (la “Stagione Filangieri”), che per sedare le nuove polemiche insorte e supportate in buona parte da Achille Stella, dovette far ricorrere il Ministero della Pubblica Istruzione al giudizio di Corrado Ricci. La complicata e lunga vicenda, svoltasi per circa quarant’anni, e i dibattiti occorsi, vengono qui ripercorsi attraverso la lettura inedita delle fonti conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma e rianalizzando le fonti bibliografiche disponibili riguardanti il dibattito culturale (tecnico-stilistico), dai connotati spesso politici, bilicato tra chi avrebbe voluto valorizzare l’indirizzo stilistico angioino e chi invece la successiva fase aragonese. Al termine dei restauri condotti da Filangieri, invece, venne consegnata alla città una ‘nuova’ reggia, dove la componente aragonese rinascimentale si presentava decisamente predominante su quella angioino-medievale, scatenando sin da subito forti note polemiche. Secondo i detrattori i risultati del restauro della Commissione, guidata da Riccardo Filangieri, avevano portato alla realizzazione di un vero e proprio ‘ibrido’.
The most shred thimking about restoration teaches how the illusion of finding "the magic water of... more The most shred thimking about restoration teaches how the illusion of finding "the magic water of youngness" by chemistry is now completely left for the consolidations are divided bettween prudence and reversibility, while thte new concept of compatibility - only ad "the necessity of not creating discontinuity inside the sistem stone-consolidant - is considered the real aim to set. In florentine C.N.R. - Centro Studi sulle cause del deperimento e metodi di Conservazione delle Opere d'Arte (Center of Studies about causes of decay and methods of Conservation of the Monuments), were done some tests on different type of stones, to prove the consolidatinf results of treatments either elastomer NH treatment. Tehm we tested the resistance of a steel pin with a vidia point, respect the same stone type just exstacted (as a method of pre-drilling) 2) Test procedure with traditional treatments over new Pietra Leccese stones. Were applied traditional tratments by impregnation as solution of slaked lime or limewash, or as juice pressed out of a particular vegetable (called "cipollaccio") to test the resitance of the surfaces to humidity and erosion. Then we tested also the resitance of a steel pin with a vidia point.
BSSF-Bollettino della Società di Studi Fiorentini, 2022
Studi, consulenze, autopsie antiquarie e giudizi tecnici (in Apulia, Campania, Latium, Lucania, M... more Studi, consulenze, autopsie antiquarie e giudizi tecnici (in Apulia, Campania, Latium, Lucania, Marsica, Picenum e e Sicilia)
Bitonto, Cattedrale, i restauri di Ettore Bernich di fine Ottocento e la questione delle "incavallature" , 2023
The story of the late nineteenth-century restorations conducted in the Bitonto (Bari) Cathedral b... more The story of the late nineteenth-century restorations conducted in the Bitonto (Bari) Cathedral by the Roman Ettore Bernich appears rather intricate in light of the reading of the archive documentation. The Monument, considered one of the greatest expressions of “Norman-Swabian” Romanesque in the Land of Bari already at the end of the nineteenth century, was placed at the center of the attention not only of local Scholars, but, above all, of some of the greatest Art Historians of the time: the interventions of Benedetto Croce are remembered, but also the studies of Adolfo Venturi, who also wanted to visit the restoration site of the Cathedral. In this study we try to restrace, on the basis of unpublished documents, to the reasons why the Roman architect was at the center of the controversy and criticism, thus becoming even a ‘special observed’ within the ministerial authority: after repeated disobedience by of Bernich to the indications of the Ministry, it was thus decided to appoint an “Inspection Commission” on his work, but rather than clearing up the story, it became complicated for personal, political reasons and also for opportunities towards the religious authorities. At first, Ernesto Basile was consulted, but in the end he declined the invitation; then Camillo Boito was called, but also the Theorist of the “Philological Restoration”, refused and so that “Inspection Commission” never came to exist. Bernich, however, came out psychologically tried, even if, initially from the Ministry, Giacomo Boni had taken his defense and then, from Naples, Adolfo Avena had supported his work
La ricostruzione grafica del 'Katholikon' o chiesa di San Teodoro (o della Santissima ANnunziata) a Castro (LE): due ipotesi a confronto (Riccardo Bordenache vs Filippo Bacile) e l'attualità dell'idea di una concreta ricostruzione, 2021
La Chiesa bizantina di San Teodoro o di Santissima Annunziata (probabilmente un Katholikon, cfr. ... more La Chiesa bizantina di San Teodoro o di Santissima Annunziata (probabilmente un Katholikon, cfr. D. Sokolof, A Manual of the Orthodox Church’s Divine Services, Jordanville-NY, 1917, p. 5) di Castro (in Provincia di Lecce), centro anticamente noto come Castrum Minervae, si trova addossata sul fianco sinistro dell’omonima ex Cattedrale latina normanno-sveva della Cittadina, riutilizzando anche spolia, quali fusti di colonne e materiale vario, provenienti dal complesso dell’antico Tempio di Minerva. Un modus operandi consolidato in età mediobizantina che si riscontra anche in ambito balcanico (nell’antico Epiro e in Grecia). Da parte degli Studiosi otto-novecenteschi si è a lungo pensato che si trattasse di «un’edicola» (o «tempietto») risalente al «VII od VIII secolo», ma si è oggi più portati a riferirla, viste le caratteristiche del modello architettonico adottato, al periodo mediobizanino tra X e XI secolo, dopo la riconquista della Terra d’Otranto ad opera dell’imperatore bizantino Niceforo Foca, come attestato dalla diffusione delle medesime tipologie a partire dal X secolo (cfr. V. von Falkenhausen, La dominazione bizantina nell’Italia meridionale dal IX all’XI secolo, Bari, 1978).
Leon Basttista Alberti a Napoli e nei baronati del Regno aragonese. Cultura, Archeologia, Architettura e città, 2021
La questione delle presenze di Leon Battista
Alberti a Napoli e nel Regno napoletano è stata a
... more La questione delle presenze di Leon Battista Alberti a Napoli e nel Regno napoletano è stata a lungo storiograficamente sottaciuta, fino a che, dal 2004, in occasione del “VI° Centenario albertiano (1404-2004)”1 quelle presenze sembrano essere divenute una sorta di ‘dato acquisito’, sostanziato sia da attestazioni documentarie individuate nel 20002 relative alla presenza di Leon Battista nella casapartenopea degli Strozzi nel 1465; sia da numerosi dati ‘di contesto’3 ; sia da ‘soluzioni’ architettoniche di ‘matrice albertina’ ri-considerate tali dalla Critica specie a partire dall’Arco di Castel Nuovo. Ma in questi ultimi anni si è poi aggiunta l’attenzione anche per una serie di ulteriori evidenze, come per la presenza ‘diffusa’ – precocemente o a volte attardata – di alcune suggestioni albertiane4 , o di costrutti morfologici tipicamente ‘albertiani’ nella Decorazione architettonica, quali il ‘motivo firma’ dei ‘modiglioni reggi-fregio, anche se con leggerissime deroghe, nelle costruzioni di Palazzi e Chiese della Capitale (e del Regno): tra tutti il portale di palazzo Carafa; il portale di palazzo Sanseverino5 ; il portale di palazzo Del Balzo6 ; e il portale del complesso della Santissima Annunziata legata ad una committenza Caetani. Tutti costrutti evidentemente in relazione, o scaturiti, dal portale di palazzo Rucellai a Firenze e da quello di San Sebastiano a Mantova (ma si tratta di una soluzione presente anche nella porta d’accesso alla ‘Camera Picta’ o ‘degli Sposi’ del palazzo Ducale di Mantova, come segnalato nel 2019)
BSSF-Bollettino della Società di Studi Fiorentini, 2021
Pirro Del Balzo, tra i principali Baroni del Regno aragonese di Napoli, dai primi anni Cinquanta ... more Pirro Del Balzo, tra i principali Baroni del Regno aragonese di Napoli, dai primi anni Cinquanta fino al 1487 (anno in cui il Feudatario venne imprigionato ...) operò una sistematica committenza infrastrutturale (con la fondazione di Città), urbana e architettonica.
T Pirro del Balzo – tra i principali Baroni del Regno aragonese di Napoli – dai primi anni Cinqua... more T Pirro del Balzo – tra i principali Baroni del Regno aragonese di Napoli – dai primi anni Cinquanta
fino al 1487 (anno in cui il Feudatario venne imprigionato a seguito della “Seconda Congiura dei Baroni”,
chiudendo così le fortune familiari) operò una sistematica committenza infrastrutturale, urbana e architettonica
nei territori della sua Baronìa, specie dopo il devastante terremoto del 1456 – a cui seguì a distanza di dieci anni,
nel 1466, un secondo terremoto meno devastante ma che comunque terrorizzò le popolazioni) e la conclusione
della “Prima Congiura dei Baroni” del 1463, momento che aveva visto anche nelle terre di Pirro l’arrivo di
tecnici e ingegneri molto qualificati: nuovi borghi; nuovi quartieri insediativi pressoché in tutti i centri, specie
per le popolazioni «di Schiavonia» fatte giungere per il ripopolamento (come in molte località lucane ed irpine
e pugliesi); nuovi ridisegni urbani sulla base di modelli antiquari o per la rivitalizzazione di antichi impianti
(come nella Venosa ‘di Orazio’); impostazione di nuove piazze commerciali (come ad Altamura e a Venosa); e poi
nuove strutture ossidionali (a Venosa, a Minervino, a Montescaglioso e a San Mauro Forte ...), ristrutturazioni
di vecchi sistemi castellari e cinte murarie (ad Altamura, Camarda, Lacedonia, Montescaglioso, Rocchetta, Ruvo,
Torre a Mare e a Uggiano ...) aggiornatissimi anche agli esempi napoletani come quello di Castelnuovo; e quindi
nuove cattedrali o riordino di quelle precedenti (come ad Altamura, Andria, a Lacedonia e Venosa ...); nuovi
castelli feudali (come a Venosa ...); nuove chiese per i «Greci» (come a Locorotondo, a Lavello, a Montescaglioso, ad
Altamura, Rocchetta ...); e conventi, costruiti o ampliati (come a Montescaglioso ...). Un’aggiornata committenza
svolta prima nell’orizzonte di Leon Battista Alberti presente nel Regno, non solo a Napoli, a Baia, a Pozzuoli,
nella Marsica, ma forse anche in Puglia, e poi anche grazie alla consulenza degli Umanisti e degli Artisti attivi a
Napoli. E proprio da Napoli dovevano essere giunti gli stimoli più innovativi, dalla metà degli anni Settanta, per
un ulteriore aggiornamento, questa volta forse sotto l’influsso di Alfonso Duca di Calabria e dei suoi tecnici, tra i
quali Giuliano da Maiano e Antonio Marchesi. L’eredità committenziale di Pirro si spingeva poi, indirettamente,
fino alla fine del secolo, grazie alla ripresa e alla continuazione delle sue iniziative da parte di sua figlia Isabella
e di suo genero Federico d’Aragona, innervandosi, ancora una volta, con gli indirizzi architettonici più moderni
presso la Corte napoletana (a partire dalla presenza di Baccio Pontelli, Francesco di Giorgio Martini, già presente
nella Capitale dagli anni Ottanta, Fra Giocondo ... affiancati da tecnici ed architetti regnicoli, del calibro di
Giovan Francesco Mormando, ideatore e ‘ideatore’ di un caratteristico Rinascimento proprio diffusosi tra la fine
del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento in tutto il Regno)
La tecnica costruttiva del Castone ("Cloisonné") murario nell'architettura Medio-bizantina tra struttura, accorgimenti antisismici e decorazioni (IX-XV secolo). Interpretazioni storiografiche e realtà materica negli esempi delle Province balcaniche: in Albania, Grecia, Macedonia, Serbia , Turchia, 2023
Il “Cloisonné” nella Letteratura attuale viene sempre ricordato, in genere, come una tipologia
d... more Il “Cloisonné” nella Letteratura attuale viene sempre ricordato, in genere, come una tipologia di paramento murario e perciò non ne vengono approfonditi nel dettaglio i valori né strutturali, né antisismici - propri invece di una Tecnica muraria a tutti gli effetti - ‘limitandosi’ solo a quelli decorativi (con una visione, dunque, estremamente riduttiva); e ciò peraltro senza che si sia dato neppure luogo ad alcun contributo scientifico autonomo. Invece, in questo studio - dedicato espressamente al Castone /Cloisonné - si è cercato di dimostrare che la denominazione stessa “Cloisonné” - derivata dalla Toreutica, come hanno voluto Autori quali Gabriel Millet, Richard Krautheimer ed Ehrhard Ruetsche - è concettualmente errata in riferimento alla tecnica costruttiva e, più correttamente, va dunque sostituita con quello di “Castone”. Il Castone/Cloisonné è dunque una tecnica costruttiva a tutti gli effetti (anche perché quel tipo di ‘paramento’ andava, nella maggioranza dei casi, ricoperto da intonaco) ed essa è costituita da spolia - cioè pezzi lapidei antichi - e da mattoni, in genere anch’essi di recupero, ‘affogati’ orizzontalmente e verticalmente in grandi spessori di malta, coinvolgendo l’intera sezione muraria. Una tale resistenza, ottenuta grazie all’impiego del principio statico del ‘cuneo strutturale’, assumeva inoltre valenza antisismica in unione con altri accorgimenti costruttivi; anche se, ovviamente, non se ne può trascurare, in alcuni casi lasciati probabilmente ‘faccia a vista’, anche il valore estetico (come infatti è avvenuto fino all’adozione sistematica che ne hanno fatto i Turchi dopo la metà del XV secolo). Il Castone/Cloisonné si è diffuso soprattutto nei Balcani: nell’attuale Macedonia del Nord, in Albania del Sud (nel ‘nuovo Epiro’) e in Grecia (nell’ ‘antico Epiro’, ma anche nella Focide), e in Serbia, a partire dal IX secolo fino al XV secolo (cioè in Età mediobizantina ovvero Comnena e Paleologa), ma esso ha trovato i propri antecedenti addirittura nel V e VI secolo (nelle Basiliche cristiane di Delfi e di Byllis in Albania), a partire dallo ‘sviluppo’ dell’opus listatum (o vittatum) tardo romano e costantinopolitano. The “Cloisonné” in current literature is always remembered, in general, as a type of wall facing and therefore neither structural nor anti-seismic values - typical of a full-fledged masonry technique - are ‘limited’ in detail, thinking only as decorative ones (with an extremely reductive vision, therefore); and this, moreover, without even giving rise to any autonomous scientific study. Instead, in this research - dedicated expressly to Castone/Cloisonné - we tried to show that the very term “Cloisonné” - derived from Toreutics, as suggested by authors such as Gabriel Millet, Richard Krautheimer and Ehrhard Ruetsche - is conceptually wrong in reference to the construction technique and, more correctly, it must therefore be replaced with that of “Castone”. Castone/Cloisonné is therefore a construction technique in all respects (also because that type of facing was, in most cases, covered with plaster) and it is made up of spolia - that is, ancient stone pieces - and bricks, generally also ‘they of recovery,’ drowned ‘horizontally and vertically in large thicknesses of mortar, involving the entire wall section. Such resistance, due to the use of the static principle of the structural wedge, also assumed an anti-seismic value in conjunction with other constructive devices; even if, obviously, its aesthetic value cannot be neglected, in some cases left face to face (as in fact happened until the systematic adoption by the Turks after the middle of the 15th century). Cloisonné/Castone spread mainly in the Balkans starting from the 9th century (i.e. in the Middle Byzantine age or Comnena and Paleologa) up to the 15th century, but it found its antecedents even in the 5th century, thus constituting the ‘development’ of opus listatum (or vittatum) late Roman and Constantinopolitan
Città, Borghi, moschee e chiese nei resoconti dei viaggiatori italiani in ALbania nei primi decenni del Novecento, 2021
In questo studio si vuole rilevare l'attività di Viaggiatori, studiosi, militari, giornalisti e p... more In questo studio si vuole rilevare l'attività di Viaggiatori, studiosi, militari, giornalisti e pittori italiani alla ricerca del 'vicino orient' in Albania, nei primi decenni del Novecento e la descrizione di paesaggi e monument. Ed ognuno in base alla propria cultura e ai propri interessi ne dà una particolare descrizione che aggiunge un nuovo tassello alla conoscenza del Paese delle aquile ancora del tutto sconosciuto in Italia nonostante la vicinanza geografica. Molti ritrovano e sottolineano alcune caratteristiche di lunga durata, che spesso si rispecchiano nelle tecniche costruttive delle costruzioni religiose che perdurano nel tempo e travalicano le diverse dominazioni succedutisi.
ARCHITETTURE E ORNAMENTAZIONI DALLA TOSCANA AGLI ‘UMANESIMI BARONALI’ DEL REGNO DI NAPOLI ALLA FINE DEL QUATTROCENTO. PARTE QUINTA: FRANCESCO II DEL BALZO, 2019
La committenza dei Del Balzo di Andria nel XV secolo - famiglia baronale del Regno di Napoli, str... more La committenza dei Del Balzo di Andria nel XV secolo - famiglia baronale del Regno di Napoli, strettamente imparentata con la Casa regnante aragonese e famosa in tutta Italia per la ricchezza dei suoi possedimenti pugliesi e lucani - trovava in Francesco II, Duca di Andria, tra i primi anni Trenta e il 1482, il proprio rappresentante principale, che procedeva anche ad una specifica committenza architettonica nei territori della sua Baronia, specie dopo il devastante terremoto del 1456 e la conclusione della “Prima Congiura dei Baroni” del 1463: nuovi borghi e nuovi quartieri insediativi, nuovi ridisegni urbani sulla base di modelli antiquari o per la rivitalizzazione di antichi impianti (come ad Andria, dove si sottolineavano i rimandi alla commedia “Andria” dell’antico commediografoTerenzio nel busto celebrativo dello stesso Francesco II); nuove piazze (come piazza Catuma ad Andria); nuove cattedrali o riordino di quelle precedenti (come ad Andria o ad Irsina); ampliamenti di palazzi Ducali (sempre ad Andria); nuove chiese con il recupero del culto di antichi Martiri (come a Bisceglie, Irsina, Andria ... o nelle terre irpine ‘di San Potito’); e nuovi conventi, costruiti o ampliati (come nella chiesa di San Domenico e nella chiesa della Madonna dell’Umiltà ancora ad Andria). Un’aggiornata committenza, quella di Francesco II, svolta all’insegna del gusto dell’“Umanesimo gentile” prima e di una maggiore attenzione antiquaria poi, nell’orizzonte di Leon Battista Alberti presente non solo a Napoli ma forse anche proprio ad Andria; ma il Duca si poteva valere della consulenza degli Umanisti e degli Artisti attivi nella Capitale del Regno, dove i Del Balzo possedevano un ricco palazzo e occupavano un Seggio nel consiglio di Stato. Importante diplomatico regio, a Roma e alla Dieta di Mantova, Francesco II mediava tra Cultura adriatica e suggestioni attinte dalla Corte napoletana, e non solo, agevolando l’acquisto di arredi sacri provenienti da Padova e dalla Scuola di Mantegna (la “donazione De Mabilia” per la Concattedrale di Irsina), fino all’arrivo di tavole a tema sacro di ambito pittorico veneziano della Scuola dei Vivarini.The commission of the Del Balzo family - in the Fifteenth century baronial family of the Kingdom of Naples, closely related to the Aragonese ruling family and famous throughout Italy for the wealth of its Apulian and Lucanian possessions - found in Francesco II, Duke of Andria, among the Thirties and 1482, its main representative, who also proceeded to a specific architectural. The commission of the Del Balzo family - in the Fifteenth century baronial family of the Kingdom of Naples, closely related to the Aragonese ruling family and famous throughout Italy for the wealth of its Apulian and Lucanian possessions - found in Francesco II, Duke of Andria, among the Thirties and 1482, its main representative, who also proceeded to a specific architectural commission in the territories of his Barony, especially after the devastating earthquake of 1456 and the conclusion of the “First Conspiracy of the Barons” (Prima Congiura dei Baroni) of 1463. New villages and new neighborhoods, new urban redesigns on the basis of antique models or for the revitalization of ancient plans (such as in Andria, where the references to the comedy “Andria” by the ancient playwright Terenzio were underlined in the commemorative bust of “Francesco II” himself) ; new squares (such as Catuma square in Andria); new cathedrals or reorganization of previous ones (such as in Andria or Irsina); new Ducal palaces (as in Andria); new churches with the recovery of the cult of ancient Martyrs (such as in Andria, Bisceglie, Irsina ... or in the Irpinia lands ‘of San Potito’); and new convents, built or enlarged (as in the San Domenico convent and in the Madonna dell’Umiltà church in Andria). An updated commission, that of Francesco II, carried out in the name of the taste of a “gentle Humanism” first and of greater antiquarian attention then, on the horizon of Leon Battista Alberti present not only in Naples but perhaps also precisely in Andria; but the Duke probably also availed himself of the advice of the Humanists and the Artists active in Naples, where the Del Balzo owned a rich palace and occupied a Seat in the State Council. An important royal diplomat, in Rome and at the “Diet of Mantua”, Francesco II mediated between Adriatic culture and suggestions of the Neapolitan Court, facilitating the purchase of important sacred furnishings from Padua and the Mantegna School (the “De Mabiia donation” for the Concattedrale of Irsina), until the arrival of sacred themed tables of Venetian pictorial School by Vivarini.
Monumentalia, Bollettino della Società di Studi Fiorentini, 29,, 2020
abstract Il busto quattrocentesco del duca Francesco II del Balzo di Andria ad oggi è stato cons... more abstract Il busto quattrocentesco del duca Francesco II del Balzo di Andria ad oggi è stato considerato dalla Letteratura e dalla Storiografia come un’opera sin dall’origine facente parte del Sepolcro del Barone; ma fino ad ora nessuno ha mai ipotizzato che l’opera potesse essere stata ideata invece per usi celebrativi, come alcuni busti coevi realizzati per altri Principi italiani, tra tutti i diversi busti del Re di Napoli Ferrante d’Aragona, cognato dello stesso Duca. Proprio l’ambiente napoletano costituisce un imprescindibile orizzonte artistico al quale Francesco II ha certamente traguardato, tanto che il busto è stato variamente attribuito a Francesco Laurana o a Domenico Gaggini, ma sempre grazie all’intermediazione napoletana. Un ambiente da cui dovrebbe anche provenire l’ ‘aggiornamento culturale’ in chiave umanistica della piccola ‘corte ducale’ andriese: la presenza del motto latino “NE QVID NIMIS” sul busto del Duca, derivante dalla commedia l’ “Andria” di Terenzio, rimanderebbe ad assunti molto più puntuali di quanto finora considerato dalla Letteratura. Dunque, l’ipotesi che il busto fosse stato pensato per una sala nobiliare di rappresentanza nel palazzo Ducale di Andria o a Castel del Monte – allora di proprietà dei Del Balzo – non appare poi così peregrina. The fifteenth-century bust of Duke Francesco II del Balzo di Andria has so far been considered by Literature and Historiography as a work from the beginning that was part of the Baron’s Sepulcher; but until now no one has ever hypothesized that the work could have been conceived instead for celebratory uses, such as some contemporary busts made for other Italian Princes, among all the different busts of the King of Naples Ferrante d’Aragona, brother-in-law of the Duke himself. Precisely the Neapolitan environment constitutes an essential artistic horizon which Francesco II certainly aimed at, so much so that the bust has been variously attributed to Francesco Laurana or Domenico Gaggini, but always thanks to Neapolitan intermediation. That environment from which the ‘cultural updating’ in a humanistic key of the small ‘ducal court’ of Andria should also come: the presence of the Latin motto “NE QVID NIMIS” on the bust of the Duke, deriving from the play the “Andria” of the ancien author Terenzio, it would refer to much more precise assumptions than the Literature has hitherto considered. Therefore, the hypothesis that the bust was designed for a stately representative hall in the Ducal Palace of Andria or in Castel del Monte - then owned by the Del Balzo family - does not appear so strange.
in «Paesaggi, città e monumenti di Salento e Terra d'Otranto», a cura di F. Canali e V. Galati, 2018, pp.597-599
Timoleone Vedovi, dalla «bellezza» ai «caratterpittorechii» di Terra d'Otrano, fino all'apprezzam... more Timoleone Vedovi, dalla «bellezza» ai «caratterpittorechii» di Terra d'Otrano, fino all'apprezzamento dell'architettura barocca leccese, anche se di gusto «borrominesco», Virgilio Galati
Nell'ambito di una letteratura odeporica che alla fine dell'Ottocento, poneva grande attenzione all'Adriatico e alle sue coste (si ricordino i viaggi del francese Charles Yriarte o dell'austriaco Freiher von Schweiger Lerchenfeld), per parte italiana si staglia il precoce contributo di Timoleone Vedovi, edito a Mantova nel 1877, resoconto di un viaggio compiuto in piroscafo lungo le coste adriatiche. «il mare Adriatico si congettura che prenda avvio dal Capo di Santa Maria di Leuca, che forma il punto estremo dell'Italia quantunque qualcuno ritenga dal Capo d'Otranto» …
in «Paesaggi, città e monumenti di Salento e Terra d'Otranto tra Otto e Novecento», 2018, pp.608-611.
Carlo Placci e la Modernità del viaggio in automobile: l'amata Antichità magno greca tra percezio... more Carlo Placci e la Modernità del viaggio in automobile: l'amata Antichità magno greca tra percezioni paesaggistiche e sopravvivenze architettoniche.
La Modernità, dopo quella ferroviaria di fine Ottocento, faceva il proprio ingresso nel turismo d'èlite grazie all'uso dell'automobile; un uso che ancora una volta, faceva nettamente mutare le percezioni paesaggistiche ma anche la possibilità di approccio ai monumenti (rendendo tutto più agevole e veloce rispetto sia alla carrozza sia al treno). Carlo Placci viaggiava dunque, nel 1908, attraverso la Penisola italiana, in Trentino sui valichi alpini, nelle Marche, attraversava "tutti gli Abruzzi", era nella "Roma di Stendal" …
Il volume “L’occhio alato. Migrazioni di un simbolo” di Alberto Giorgio Cassani cerca di dipanare... more Il volume “L’occhio alato. Migrazioni di un simbolo” di Alberto Giorgio Cassani cerca di dipanare il bandolo del significato di un simbolo ormai divenuto icona esplicita, e allo stesso tempo criptica, del Rinascimento: l’ ‘Occhio alato’ appunto. Icona che racchiude in sé la grandezza del Rinascimento e allo stesso tempo le contraddizioni insite in esso; la bellezza esteriore e i reconditi drammi interiori che nell’Alberti rappresentavano un dualismo inscindibile del suo pensiero filosofico. Il libro compendia una serie di scritti già pubblicati e rivisti per l’occasione dallo stesso Autore viene qui recensito.
abstract La "Leucade" - cioè l'estrema punta meridionale del Salento (un’area comprendente un t... more abstract La "Leucade" - cioè l'estrema punta meridionale del Salento (un’area comprendente un territorio che andava da Roca, a Nardò, da Otranto a Gallipoli fino alla punta del Capo di Leuca) - dopo il 1453 e soprattutto a seguito dello sbarco dei Turchi ad Otranto nel 1480, acquistò grande rilevanza per la Corte aragonese di Napoli poiché si trattava dell'area del Regno più vicina ai Domini ottomani e, dunque, maggiormente soggetta alla creazione di teste di ponte turche nella Penisola italiana. 'Baluardo della Cristianità', l'area venne fatta oggetto di importantissime attenzioni fortificatorie a cura dei Reali aragonesi, attraverso i loro Baroni locali - soprattutto i Del Balzo, famigli della Corte aragonese - con la costruzione e l'aggiornamento di nuovi presìdi militari (mura, castelli, enormi torrioni ...) che per iniziativa regia non vennero lasciati a maestranze locali, ma furono affidati - proprio per la delicatezza dell'incarico - ai migliori ingegneri-architetti del Regno, tra i quali Ciro Ciri, e tra i Toscani probabilmente Giuliano da Maiano e i suoi collaboratori, certamente Francesco di Giorgio Martini, Antonio Marchesi da Settignano, Baccio e Jacopo Pontelli ... Venne a crearsi così, nella Leucade salentina, un nuovo 'Paesaggio della Modernità' fatto in primis di aggiornatissimi luoghi forti, ma che vide anche la realizzazione di una serie di architetture private - volute dai baroni Del Balzo, quali palazzi, castelli-residenze, chiese ... - che improvvisamente mutarono il panorama della tradizione locale, con innesti di forme e soluzioni in linea con le nuove acquisizioni rinascimentali della Corte napoletana e degli Architetti toscani. I Del Balzo con i loro feudi dei territori sudorientali del Regno, situati nell’attuale Salento meridionale - seppur fino ad oggi pressoché ignorati dalla Storiografia specie architettonica - furono allora i maggiori Feudatari della zona centroorientale del Regno con incarichi politici e militari di prim’ordine, oltre ad essere direttamente imparentati con i regnanti; Angilberto (che fu uno dei Generali della Guerra d’Otranto con incarico di Regio Consigliere alla corte aragonese) e il fratello Pirro (Gran Conestabile del Regno, a sua volta feudatario di gran parte della Terra di Bari con il ducato di Andria e di Venosa, in terra Lucana), ebbero un ruolo importante nel controllo dei territorio e nell’aggiornamento architettonico e ossidionale delle strutture castellari e svolsero, dunque, una assai proficua attività committenziale di 'mediazione', sotto il coordinamento delle istanze regie, e di deciso aggiornamento: a Castro, ad Alessano, a Ugento, a Tricase, a Specchia, a Carpignano, a Supersano, a Nardò, fino, nei loro domini più a Nord, nella 'barese' Giovinazzo.
Mausolei e tribune ottagone nel primo Umanesimo baronale del Regno di Napoli. Il Mausoleo di
Gio... more Mausolei e tribune ottagone nel primo Umanesimo baronale del Regno di Napoli. Il Mausoleo di Giovanni I Ventimiglia a Castelbuono (Palermo) Il Mausoleo di Giovannantonio Ventimiglia fu voluto dal Conte intorno agli anni Cinquanta del Quattrocento e rappresenta un esempio interessante ancora in bilico tra Tardo-gotico gentile e prima Rinascenza. Trascurato dalla critica nazionale a ben guardare è da annoverare ed inserire all'interno di altri esempi coevi realizzati nel Regno di Napoli durante la prima metà del Quattrocento a partire dallla tribuna ottagona di Dan Giovanni a Carbonara voluta da Ser Gianni Caracciolo ...
.abstract Nel saggio per la prima volta si cerca di risalire agli Autori del progetto generale d... more .abstract Nel saggio per la prima volta si cerca di risalire agli Autori del progetto generale dell’impostazione architettonica delle cosiddette “architecturae pictae” presenti nei due monumentali ambienti del Salone dei Mesi della villa suburbana di Schifanoia (1468-1470) a Ferrara e nella «Camera Picta» (1465-1474) a Mantova; e ciò in rapporto ai dettami sia di Vitruvio che di Alberti e in relazione ad altri esempi coevi. La Letteratura storiografica che ha accompagnato i due grandi cicli pittorici si è da sempre rivolta all'analisi della parte criticoartistica o politico-simbolica, ma non ha mai preso seriamente in considerazione la scansione architettonica dei due importanti invasi. E col tempo quelle strutturazioni architettoniche dipinte, presenti nei due cantieri, sono passate in secondo piano rispetto alle scene rappresentate. Si cerca ora di delineare una nuova pista interpretativa, alla luce delle importanti presenze presso le due Corti, estense e gonzaghesca, di Andrea Mantegna e di Leon Battista Alberti, il cui contributo nelle idee, nei programmi culturali e architettonici pare presente in ambedue i cantieri, almeno in filigrana.
Le complesse vicende che hanno interessato Castelnuovo di Napoli dopo la ricostruzione
della Regg... more Le complesse vicende che hanno interessato Castelnuovo di Napoli dopo la ricostruzione della Reggia da parte di Alfonso il Magnanimo verso il 1450 dell’antico maniero angioino, sono state tanto articolate da aver consegnato alla Municipalità napoletana, alla fine del XIX secolo, un complesso fortemente trasformato nelle sue cortine murarie e nelle sue destinazioni funzionali, essendo stata adibita addirittura a deposito di munizioni. Alfonso Avena, Direttore del locale “Ufficio per la Conservazione dei Monumenti”, venne incaricato dei primi interventi di restauro per valorizzare la monumentalità del complesso sulla base delle attenzioni di Camillo Boito (e i suggerimenti di Giacomo Boni), dando origine alla “Stagione Avena”, ma la sua opera non fu né facile né priva di polemiche. Una situazione che si ripresentò negli anni Venti, quando del complessivo restauro del monumento, venne incaricato Riccardo Filangieri (la “Stagione Filangieri”), che per sedare le nuove polemiche insorte e supportate in buona parte da Achille Stella, dovette far ricorrere il Ministero della Pubblica Istruzione al giudizio di Corrado Ricci. La complicata e lunga vicenda, svoltasi per circa quarant’anni, e i dibattiti occorsi, vengono qui ripercorsi attraverso la lettura inedita delle fonti conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma e rianalizzando le fonti bibliografiche disponibili riguardanti il dibattito culturale (tecnico-stilistico), dai connotati spesso politici, bilicato tra chi avrebbe voluto valorizzare l’indirizzo stilistico angioino e chi invece la successiva fase aragonese. Al termine dei restauri condotti da Filangieri, invece, venne consegnata alla città una ‘nuova’ reggia, dove la componente aragonese rinascimentale si presentava decisamente predominante su quella angioino-medievale, scatenando sin da subito forti note polemiche. Secondo i detrattori i risultati del restauro della Commissione, guidata da Riccardo Filangieri, avevano portato alla realizzazione di un vero e proprio ‘ibrido’.
The most shred thimking about restoration teaches how the illusion of finding "the magic water of... more The most shred thimking about restoration teaches how the illusion of finding "the magic water of youngness" by chemistry is now completely left for the consolidations are divided bettween prudence and reversibility, while thte new concept of compatibility - only ad "the necessity of not creating discontinuity inside the sistem stone-consolidant - is considered the real aim to set. In florentine C.N.R. - Centro Studi sulle cause del deperimento e metodi di Conservazione delle Opere d'Arte (Center of Studies about causes of decay and methods of Conservation of the Monuments), were done some tests on different type of stones, to prove the consolidatinf results of treatments either elastomer NH treatment. Tehm we tested the resistance of a steel pin with a vidia point, respect the same stone type just exstacted (as a method of pre-drilling) 2) Test procedure with traditional treatments over new Pietra Leccese stones. Were applied traditional tratments by impregnation as solution of slaked lime or limewash, or as juice pressed out of a particular vegetable (called "cipollaccio") to test the resitance of the surfaces to humidity and erosion. Then we tested also the resitance of a steel pin with a vidia point.
Pesaggi, Città e Monumemti di Salento e Terra d'Otranto, 2017
In questo volume vengono ripercorse, per la prima volta in maniera sistematica utilizzando fonti ... more In questo volume vengono ripercorse, per la prima volta in maniera sistematica utilizzando fonti bibliografiche molte estese e documentazioni d'archivio inedite, le vicende culturali e amministrative che, tra XIX e XX secolo nella Provincia di Terra d'Otranto-Salento poi suddivisa in quelle di Lecce, Taranto e Brindisi, portarono alla individuazione di un rilevante Patrimonio paesaggistico e monumentale, grazie all'opera di Viaggiatori anche stranieri, di Funzionari, di Studiosi, di Eruditi salentini e italiani; ciò avvenne infatti nell'ambito di una volontà nazionale, oltre che locale, che puntava, attraverso la "Direzione delle Antichità e Belle Arti" del Ministero della Pubblica Istruzione e attraverso i suoi Enti periferici, a valorizzare e a tutelare l'identità storico-monumentale delle antiche "Piccole Patrie" locali unificate ora nella "Grande Patria" italiana. Così, Membri della "Commissione Conservativa dei Monumenti di Terra d'Otranto", "Ispettori agli Scavi e Monumenti", Funzionari di Soprintendenza, Ispettori ministeriali, Studiosi, Eruditi, semplici Viaggiatori colti (questi ultimi, in verità, già a partire dal XVIII secolo) e anche Letterati (si pensi al celeberrimo "The Castle of Otranto" di Horace Walpole del 1764 e alla sua fama europea), con le loro varie segnalazioni indicarono un Corpus monumentale salentino-fatto di edifici e resti antichi oltre che del singolare carattere dei vari Paesaggi-in una stretta relazione virtuosa tra Letteratura,). Si trattò di un processo lungo e complesso iniziato già nel XVIII secolo, ma che, tra il 1860 (anno in cui il Salento entrò a far parte del Regno d'Italia) e il 1922 (anno dell'uscita del più ponderato "Elenco dei Monumenti salentini" di Pietro Marti, ma anche della morte di Cosimo De Giorgi, lo Studioso che più di tutti si era impegnato in un tale riconoscimento), vide l'individuazione-pur tra polemiche, dibattiti e difficoltà di ordine sia culturale sia burocratico-di quel Patrimonio ora non più soggetto alla sola «buona volontà» delle menti più sensibili, ma divenuto, finalmente, "Patrimonio comune" sotto la Tutela dello Stato unitario.
Umanesimo meridionale: mausolei, tribune e cappelle ottagone nel Regno di Napoli 1430-1470, Il Ma... more Umanesimo meridionale: mausolei, tribune e cappelle ottagone nel Regno di Napoli 1430-1470, Il Mausoleo di Antonio Ventimiglia a Castelbuono e la Tribuna/Mausoleo di Giovannantonio Del Balzo Orsini a Galatina, dis. Virgilio Galati, Firenze 2018. In 2018._GALATI._BOLL.SSF._Castelnuovo_a_Napoli20190628-35693-1ffqqcz.pdf
Rappresentazione grafica della Tribuna di Santa Caterina in Galatina e del capitello del Cenotaf... more Rappresentazione grafica della Tribuna di Santa Caterina in Galatina e del capitello del Cenotafio di Giovanniantonio Del Balzo Orsini di scuola di Giorgio Orsini da Sebenico.
Rappresentazione grafica Virgilio C. Galati.
Ricerche e Rilievo Ferruccio Canali eVirgilio C. G... more Rappresentazione grafica Virgilio C. Galati.
Ricerche e Rilievo Ferruccio Canali eVirgilio C. Galati.
Ricerche e Rilievo Ferruccio Canali eVirgilio C. Galati
Rappresentazione grafica Virgilio C. G... more Ricerche e Rilievo Ferruccio Canali eVirgilio C. Galati
Rappresentazione grafica Virgilio C. Galati
Tavola grafica esemplificativa della Basilica di Santa Caterina, e della Tribuna aggiunta negli a... more Tavola grafica esemplificativa della Basilica di Santa Caterina, e della Tribuna aggiunta negli anni 1440-1460, composta da un rilievo e da un ipotesi di riconfigurazione originaria delle ghimberghe sommitali della tribuna, degli arredi sacri (cenotafi sepolcrali) e della tessitura dell'antico pavimento maiolicato in verde e rosso.
Tavola grafica esemplificativa del Duomo di Pienza, 1459-1462, composta da un rilievo e da un ipo... more Tavola grafica esemplificativa del Duomo di Pienza, 1459-1462, composta da un rilievo e da un ipotesi comparativa del costrutto.
Rappresentazione grafica Virgilio C. Galati.
Ricerche e Rilievo Ferruccio Canali eVirgilio C. G... more Rappresentazione grafica Virgilio C. Galati.
Ricerche e Rilievo Ferruccio Canali eVirgilio C. Galati.
Rappresentazione grafica Virgilio C. Galati.
Ricerche e Rilievo Ferruccio Canali eVirgilio C. Ga... more Rappresentazione grafica Virgilio C. Galati.
Ricerche e Rilievo Ferruccio Canali eVirgilio C. Galati.
italianità e stile nazionale, altare della Patria, Roma, tav graf.pdf
Ricerche e Rilievo Ferrucc... more italianità e stile nazionale, altare della Patria, Roma, tav graf.pdf
Ricerche e Rilievo Ferruccio Canali e Virgilio Galati
Rappresentazione grafica Virgilio C. Galati.
Abbazia di Santa Maria di Lastreta, Chiesa e Cripta, Pergola (PU), tav graf. Rilievo e rappresent... more Abbazia di Santa Maria di Lastreta, Chiesa e Cripta, Pergola (PU), tav graf. Rilievo e rappresentazione grafica.
La Call mira a puntualizzare una serie di aspetti variamente intersecati nell'Italia tra gli anni... more La Call mira a puntualizzare una serie di aspetti variamente intersecati nell'Italia tra gli anni Cinquanta e Ottanta del
Novecento (quelli della "Terza Industrializzazione"), invitando gli Autori ad approfondire singole tematiche/casi di
studio all'interno di più generali filoni di ricerca quali:
- la messa a punto e l'articolarsi di una specifica situazione economico-sociale, dall'Industrializzazione
dirigista, all'Industrializzazione 'selvaggia', all'Industria umanizzata', all'Ambientalismo' ...;
- la ricostruzione del clima generale realizzatosi tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta del Novecento in
Italia in rapporto alle tematiche dello sviluppo industriale, dal punto di vista dell'indirizzo politico o della
riflessione teorica (filosofica, sociologica, letteraria, ingegneristico-architettonica, tecnico-realizzativa ...);
- la concreta realizzazione di casi pianificati, distribuiti in tutta la Penisola, per quanto riguarda la 'grande
Industria';
- gli impatti territoriali e urbanistici di quei nuovi insediamenti anche nell'ambito delle più generali politiche
pianificatorie (Zonizzazioni, Piani insediativi, Piani produttivi ...);
- i 'grandi Protagonisti': Industrie, Amministratori delegati, ...
- le 'grandi Utopie, «magnifiche e progressive», della vita industriale' e il «Miracolo economico»;
- il contributo dei singoli Architetti o Ingegneri specie intesi come 'Progettisti di processi complessi', della
«Bellezza industriale» e non solo come risolutori di problemi tecnici-tecnologici;
- la costruzione di singoli impianti industriali o «aree industriali»: Tecnologia, Organizzazione e ... Bellezza;
- gli «insediamenti operai» a servizio della 'grande Industria': dai quartieri ai 'servizi', all'abitazione;
- «perequazioni» tra Industria e Territorio: impianti, infrastrutture e insediamenti;
- la ricezione da parte dell'Opinione pubblica e anche degli Ambienti culturali (nell’Arte, nel Cinema e nella
Letteratura ...) delle problematiche connesse all'Industrializzazione;
- le prime reazioni 'ambientaliste' agli insediamenti industriali: dalle 'paure' (nucleari ...) ai disastri
ambientali;
- l'organizzazione di reti commerciali e di negozi connessi strettamente alle produzioni industriali ovvero
gestiti direttamente dalle grandi Industrie come propri showroom (si pensi al caso Olivetti);
- le realizzazioni all'Estero di impianti, manifatture e complessi voluti o coordinati da industrie italiane, come
estensione mondiale del fenomeno dell'Industrializzazione nazionale italiana.
ANNALI DI STORIA DELL'URBANISTICA E DEL PAESAGGIO, 2020
La Call mira a puntualizzare una serie di aspetti variamente intersecati nell'Italia tra gli ann... more La Call mira a puntualizzare una serie di aspetti variamente intersecati nell'Italia tra gli anni Cinquanta e Ottanta del Novecento (quelli della "Terza Industrializzazione"), invitando gli Autori ad approfondire singole tematiche/casi di studio all'interno di più generali filoni di ricerca quali: - la messa a punto e l'articolarsi di una specifica situazione economico-sociale, dall'Industrializzazione dirigista, all'Industrializzazione 'selvaggia', all'Industria umanizzata', all'Ambientalismo' ...; - la ricostruzione del clima generale realizzatosi tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta del Novecento in Italia in rapporto alle tematiche dello sviluppo industriale, dal punto di vista dell'indirizzo politico o della riflessione teorica (filosofica, sociologica, letteraria, ingegneristico-architettonica, tecnico-realizzativa ...); - la concreta realizzazione di casi pianificati, distribuiti in tutta la Penisola, per quanto riguarda la 'grande Industria'; - gli impatti territoriali e urbanistici di quei nuovi insediamenti anche nell'ambito delle più generali politiche pianificatorie (Zonizzazioni, Piani insediativi, Piani produttivi ...); - i 'grandi Protagonisti': Industrie, Amministratori delegati, ... - le 'grandi Utopie, «magnifiche e progressive», della vita industriale' e il «Miracolo economico»; - il contributo dei singoli Architetti o Ingegneri specie intesi come 'Progettisti di processi complessi', della «Bellezza industriale» e non solo come risolutori di problemi tecnici-tecnologici; - la costruzione di singoli impianti industriali o «aree industriali»: Tecnologia, Organizzazione e ... Bellezza; - gli «insediamenti operai» a servizio della 'grande Industria': dai quartieri ai 'servizi', all'abitazione; - «perequazioni» tra Industria e Territorio: impianti, infrastrutture e insediamenti; - la ricezione da parte dell'Opinione pubblica e anche degli Ambienti culturali (nell’Arte, nel Cinema e nella Letteratura ...) delle problematiche connesse all'Industrializzazione; - le prime reazioni 'ambientaliste' agli insediamenti industriali: dalle 'paure' (nucleari ...) ai disastri ambientali; - l'organizzazione di reti commerciali e di negozi connessi strettamente alle produzioni industriali ovvero gestiti direttamente dalle grandi Industrie come propri showroom (si pensi al caso Olivetti);
"La casa albanese, la casa balcanica: lo spazio delle donne" di Virgilio Galati, 2019
"La casa albanese, la casa balcanica: lo spazio delle donne"
Virgilio Galati
L'evoluzine della ca... more "La casa albanese, la casa balcanica: lo spazio delle donne" Virgilio Galati L'evoluzine della casa in Albania dalla Kulla albanese ai palazzi aristocratici di Argirocastro
LEON BATTISTA ALBERTI A NAPOLI E NEI BARONATI DEL REGNO ARAGONESE. CULTURA, ARCHEOLOGIA, ARCHITETTURA E CITTÀ PARTE PRIMA Studi, Consulenze, Autopsie antiquarie e Giudizi tecnici (in Apulia, Campania, Latium, Lucania, Marsica, Picenum e Sicilia) Ferruccio Canali e Virgilio Carmine Galati, 2021
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Ettore Bernich appears rather intricate in light of the reading of the archive documentation. The Monument,
considered one of the greatest expressions of “Norman-Swabian” Romanesque in the Land of Bari already at
the end of the nineteenth century, was placed at the center of the attention not only of local Scholars, but, above
all, of some of the greatest Art Historians of the time: the interventions of Benedetto Croce are remembered,
but also the studies of Adolfo Venturi, who also wanted to visit the restoration site of the Cathedral. In this
study we try to restrace, on the basis of unpublished documents, to the reasons why the Roman architect was
at the center of the controversy and criticism, thus becoming even a ‘special observed’ within the ministerial
authority: after repeated disobedience by of Bernich to the indications of the Ministry, it was thus decided to
appoint an “Inspection Commission” on his work, but rather than clearing up the story, it became complicated
for personal, political reasons and also for opportunities towards the religious authorities. At first, Ernesto
Basile was consulted, but in the end he declined the invitation; then Camillo Boito was called, but also the
Theorist of the “Philological Restoration”, refused and so that “Inspection Commission” never came to exist.
Bernich, however, came out psychologically tried, even if, initially from the Ministry, Giacomo Boni had taken
his defense and then, from Naples, Adolfo Avena had supported his work
Lecce), centro anticamente noto come Castrum Minervae, si trova addossata sul fianco sinistro dell’omonima ex
Cattedrale latina normanno-sveva della Cittadina, riutilizzando anche spolia, quali fusti di colonne e materiale
vario, provenienti dal complesso dell’antico Tempio di Minerva. Un modus operandi consolidato in età mediobizantina che si riscontra anche in ambito balcanico (nell’antico Epiro e in Grecia). Da parte degli Studiosi
otto-novecenteschi si è a lungo pensato che si trattasse di «un’edicola» (o «tempietto») risalente al «VII od VIII
secolo», ma si è oggi più portati a riferirla, viste le caratteristiche del modello architettonico adottato, al periodo
mediobizanino tra X e XI secolo, dopo la riconquista della Terra d’Otranto ad opera dell’imperatore bizantino Niceforo Foca, come attestato dalla diffusione delle medesime tipologie a partire dal X secolo (cfr. V. von
Falkenhausen, La dominazione bizantina nell’Italia meridionale dal IX all’XI secolo, Bari, 1978).
Alberti a Napoli e nel Regno napoletano è stata a
lungo storiograficamente sottaciuta, fino a che, dal
2004, in occasione del “VI° Centenario albertiano
(1404-2004)”1
quelle presenze sembrano essere
divenute una sorta di ‘dato acquisito’, sostanziato sia
da attestazioni documentarie individuate nel 20002
relative alla presenza di Leon Battista nella casapartenopea degli Strozzi nel 1465; sia da numerosi
dati ‘di contesto’3
; sia da ‘soluzioni’ architettoniche
di ‘matrice albertina’ ri-considerate tali dalla Critica
specie a partire dall’Arco di Castel Nuovo. Ma in
questi ultimi anni si è poi aggiunta l’attenzione
anche per una serie di ulteriori evidenze, come
per la presenza ‘diffusa’ – precocemente o a volte
attardata – di alcune suggestioni albertiane4
, o
di costrutti morfologici tipicamente ‘albertiani’
nella Decorazione architettonica, quali il ‘motivo
firma’ dei ‘modiglioni reggi-fregio, anche se con
leggerissime deroghe, nelle costruzioni di Palazzi
e Chiese della Capitale (e del Regno): tra tutti
il portale di palazzo Carafa; il portale di palazzo
Sanseverino5
; il portale di palazzo Del Balzo6
; e il
portale del complesso della Santissima Annunziata
legata ad una committenza Caetani. Tutti costrutti
evidentemente in relazione, o scaturiti, dal portale
di palazzo Rucellai a Firenze e da quello di
San Sebastiano a Mantova (ma si tratta di una
soluzione presente anche nella porta d’accesso alla
‘Camera Picta’ o ‘degli Sposi’ del palazzo Ducale di
Mantova, come segnalato nel 2019)
fino al 1487 (anno in cui il Feudatario venne imprigionato a seguito della “Seconda Congiura dei Baroni”,
chiudendo così le fortune familiari) operò una sistematica committenza infrastrutturale, urbana e architettonica
nei territori della sua Baronìa, specie dopo il devastante terremoto del 1456 – a cui seguì a distanza di dieci anni,
nel 1466, un secondo terremoto meno devastante ma che comunque terrorizzò le popolazioni) e la conclusione
della “Prima Congiura dei Baroni” del 1463, momento che aveva visto anche nelle terre di Pirro l’arrivo di
tecnici e ingegneri molto qualificati: nuovi borghi; nuovi quartieri insediativi pressoché in tutti i centri, specie
per le popolazioni «di Schiavonia» fatte giungere per il ripopolamento (come in molte località lucane ed irpine
e pugliesi); nuovi ridisegni urbani sulla base di modelli antiquari o per la rivitalizzazione di antichi impianti
(come nella Venosa ‘di Orazio’); impostazione di nuove piazze commerciali (come ad Altamura e a Venosa); e poi
nuove strutture ossidionali (a Venosa, a Minervino, a Montescaglioso e a San Mauro Forte ...), ristrutturazioni
di vecchi sistemi castellari e cinte murarie (ad Altamura, Camarda, Lacedonia, Montescaglioso, Rocchetta, Ruvo,
Torre a Mare e a Uggiano ...) aggiornatissimi anche agli esempi napoletani come quello di Castelnuovo; e quindi
nuove cattedrali o riordino di quelle precedenti (come ad Altamura, Andria, a Lacedonia e Venosa ...); nuovi
castelli feudali (come a Venosa ...); nuove chiese per i «Greci» (come a Locorotondo, a Lavello, a Montescaglioso, ad
Altamura, Rocchetta ...); e conventi, costruiti o ampliati (come a Montescaglioso ...). Un’aggiornata committenza
svolta prima nell’orizzonte di Leon Battista Alberti presente nel Regno, non solo a Napoli, a Baia, a Pozzuoli,
nella Marsica, ma forse anche in Puglia, e poi anche grazie alla consulenza degli Umanisti e degli Artisti attivi a
Napoli. E proprio da Napoli dovevano essere giunti gli stimoli più innovativi, dalla metà degli anni Settanta, per
un ulteriore aggiornamento, questa volta forse sotto l’influsso di Alfonso Duca di Calabria e dei suoi tecnici, tra i
quali Giuliano da Maiano e Antonio Marchesi. L’eredità committenziale di Pirro si spingeva poi, indirettamente,
fino alla fine del secolo, grazie alla ripresa e alla continuazione delle sue iniziative da parte di sua figlia Isabella
e di suo genero Federico d’Aragona, innervandosi, ancora una volta, con gli indirizzi architettonici più moderni
presso la Corte napoletana (a partire dalla presenza di Baccio Pontelli, Francesco di Giorgio Martini, già presente
nella Capitale dagli anni Ottanta, Fra Giocondo ... affiancati da tecnici ed architetti regnicoli, del calibro di
Giovan Francesco Mormando, ideatore e ‘ideatore’ di un caratteristico Rinascimento proprio diffusosi tra la fine
del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento in tutto il Regno)
di paramento murario e perciò non ne vengono approfonditi nel dettaglio i valori né strutturali, né antisismici
- propri invece di una Tecnica muraria a tutti gli effetti - ‘limitandosi’ solo a quelli decorativi (con una visione,
dunque, estremamente riduttiva); e ciò peraltro senza che si sia dato neppure luogo ad alcun contributo scientifico
autonomo. Invece, in questo studio - dedicato espressamente al Castone /Cloisonné - si è cercato di dimostrare che
la denominazione stessa “Cloisonné” - derivata dalla Toreutica, come hanno voluto Autori quali Gabriel Millet,
Richard Krautheimer ed Ehrhard Ruetsche - è concettualmente errata in riferimento alla tecnica costruttiva
e, più correttamente, va dunque sostituita con quello di “Castone”. Il Castone/Cloisonné è dunque una tecnica
costruttiva a tutti gli effetti (anche perché quel tipo di ‘paramento’ andava, nella maggioranza dei casi, ricoperto
da intonaco) ed essa è costituita da spolia - cioè pezzi lapidei antichi - e da mattoni, in genere anch’essi di recupero,
‘affogati’ orizzontalmente e verticalmente in grandi spessori di malta, coinvolgendo l’intera sezione muraria. Una
tale resistenza, ottenuta grazie all’impiego del principio statico del ‘cuneo strutturale’, assumeva inoltre valenza
antisismica in unione con altri accorgimenti costruttivi; anche se, ovviamente, non se ne può trascurare, in alcuni casi
lasciati probabilmente ‘faccia a vista’, anche il valore estetico (come infatti è avvenuto fino all’adozione sistematica
che ne hanno fatto i Turchi dopo la metà del XV secolo). Il Castone/Cloisonné si è diffuso soprattutto nei Balcani:
nell’attuale Macedonia del Nord, in Albania del Sud (nel ‘nuovo Epiro’) e in Grecia (nell’ ‘antico Epiro’, ma anche
nella Focide), e in Serbia, a partire dal IX secolo fino al XV secolo (cioè in Età mediobizantina ovvero Comnena e
Paleologa), ma esso ha trovato i propri antecedenti addirittura nel V e VI secolo (nelle Basiliche cristiane di Delfi e
di Byllis in Albania), a partire dallo ‘sviluppo’ dell’opus listatum (o vittatum) tardo romano e costantinopolitano.
The “Cloisonné” in current literature is always remembered, in general, as a type of wall facing and therefore neither
structural nor anti-seismic values - typical of a full-fledged masonry technique - are ‘limited’ in detail, thinking
only as decorative ones (with an extremely reductive vision, therefore); and this, moreover, without even giving rise
to any autonomous scientific study. Instead, in this research - dedicated expressly to Castone/Cloisonné - we tried
to show that the very term “Cloisonné” - derived from Toreutics, as suggested by authors such as Gabriel Millet,
Richard Krautheimer and Ehrhard Ruetsche - is conceptually wrong in reference to the construction technique and,
more correctly, it must therefore be replaced with that of “Castone”. Castone/Cloisonné is therefore a construction
technique in all respects (also because that type of facing was, in most cases, covered with plaster) and it is made
up of spolia - that is, ancient stone pieces - and bricks, generally also ‘they of recovery,’ drowned ‘horizontally and
vertically in large thicknesses of mortar, involving the entire wall section. Such resistance, due to the use of the static
principle of the structural wedge, also assumed an anti-seismic value in conjunction with other constructive devices;
even if, obviously, its aesthetic value cannot be neglected, in some cases left face to face (as in fact happened until the
systematic adoption by the Turks after the middle of the 15th century). Cloisonné/Castone spread mainly in the
Balkans starting from the 9th century (i.e. in the Middle Byzantine age or Comnena and Paleologa) up to the 15th
century, but it found its antecedents even in the 5th century, thus constituting the ‘development’ of opus listatum (or
vittatum) late Roman and Constantinopolitan
ad Andria); nuove chiese con il recupero del culto di antichi Martiri (come a Bisceglie, Irsina, Andria ... o nelle terre irpine ‘di San Potito’); e nuovi conventi, costruiti o ampliati (come nella chiesa di San Domenico e nella chiesa della Madonna dell’Umiltà ancora ad Andria). Un’aggiornata committenza, quella di Francesco II, svolta all’insegna del gusto dell’“Umanesimo gentile” prima e di una maggiore attenzione antiquaria poi, nell’orizzonte di Leon Battista Alberti presente non solo a Napoli ma forse anche proprio ad Andria; ma il Duca si poteva valere della consulenza degli Umanisti e degli Artisti attivi nella Capitale del Regno, dove i Del Balzo possedevano un ricco palazzo e occupavano un Seggio nel consiglio di Stato. Importante diplomatico regio, a Roma e alla Dieta di Mantova, Francesco II mediava tra Cultura adriatica e suggestioni attinte dalla Corte napoletana, e non solo, agevolando l’acquisto di arredi sacri provenienti da Padova e dalla Scuola di Mantegna (la “donazione De Mabilia” per la Concattedrale di Irsina), fino all’arrivo di tavole a tema sacro di ambito pittorico veneziano della
Scuola dei Vivarini.The commission of the Del Balzo family - in the Fifteenth century baronial family of the Kingdom of Naples, closely related to the Aragonese ruling family and famous throughout Italy for the wealth of its Apulian and Lucanian possessions - found in Francesco II, Duke of Andria, among the Thirties and 1482, its main representative, who also proceeded to a specific architectural. The commission of the Del Balzo family - in the Fifteenth century baronial family of the Kingdom of Naples, closely related to the Aragonese ruling family and famous throughout Italy for the wealth of its Apulian and Lucanian possessions - found in Francesco II, Duke of Andria, among the Thirties and 1482, its main representative, who also proceeded to a specific architectural commission in the territories of his Barony, especially after the
devastating earthquake of 1456 and the conclusion of the “First Conspiracy of the Barons” (Prima Congiura dei Baroni) of 1463. New villages and new neighborhoods, new urban redesigns on the basis of antique models or for the revitalization of ancient plans (such as in Andria, where the references to the comedy “Andria” by the ancient
playwright Terenzio were underlined in the commemorative bust of “Francesco II” himself) ; new squares (such as Catuma square in Andria); new cathedrals or reorganization of previous ones (such as in Andria or Irsina); new Ducal palaces (as in Andria); new churches with the recovery of the cult of ancient Martyrs (such as in Andria, Bisceglie, Irsina ... or in the Irpinia lands ‘of San Potito’); and new convents, built or enlarged (as in the San Domenico convent and in the Madonna dell’Umiltà church in Andria). An updated commission, that of Francesco II, carried out in the name of the taste of a “gentle Humanism” first and of greater antiquarian attention then,
on the horizon of Leon Battista Alberti present not only in Naples but perhaps also precisely in Andria; but the Duke probably also availed himself of the advice of the Humanists and the Artists active in Naples, where the Del Balzo owned a rich palace and occupied a Seat in the State Council. An important royal diplomat, in Rome
and at the “Diet of Mantua”, Francesco II mediated between Adriatic culture and suggestions of the Neapolitan Court, facilitating the purchase of important sacred furnishings from Padua and the Mantegna School (the “De Mabiia donation” for the Concattedrale of Irsina), until the arrival of sacred themed tables of Venetian pictorial
School by Vivarini.
il busto fosse stato pensato per una sala nobiliare di rappresentanza nel palazzo Ducale di Andria o a Castel del Monte – allora di proprietà dei Del Balzo – non appare poi così peregrina.
The fifteenth-century bust of Duke Francesco II del Balzo di Andria has so far been considered by Literature and Historiography as a work from the beginning that was part of the Baron’s Sepulcher; but until now no one has ever hypothesized that the work could have been conceived instead for celebratory uses, such as some contemporary busts made for other Italian Princes, among all the different busts of the King of Naples Ferrante d’Aragona, brother-in-law of the Duke himself. Precisely the Neapolitan environment constitutes an essential artistic horizon which Francesco II certainly aimed at, so much so that the bust has been variously attributed to Francesco Laurana or Domenico Gaggini, but always thanks to Neapolitan intermediation. That environment from which the ‘cultural updating’ in a humanistic key of the small ‘ducal court’ of Andria should also come: the presence of
the Latin motto “NE QVID NIMIS” on the bust of the Duke, deriving from the play the “Andria” of the ancien author Terenzio, it would refer to much more precise assumptions than the Literature has hitherto considered.
Therefore, the hypothesis that the bust was designed for a stately representative hall in the Ducal Palace of Andria or in Castel del Monte - then owned by the Del Balzo family - does not appear so strange.
Nell'ambito di una letteratura odeporica che alla fine dell'Ottocento, poneva grande attenzione all'Adriatico e alle sue coste (si ricordino i viaggi del francese Charles Yriarte o dell'austriaco Freiher von Schweiger Lerchenfeld), per parte italiana si staglia il precoce contributo di Timoleone Vedovi, edito a Mantova nel 1877, resoconto di un viaggio compiuto in piroscafo lungo le coste adriatiche. «il mare Adriatico si congettura che prenda avvio dal Capo di Santa Maria di Leuca, che forma il punto estremo dell'Italia quantunque qualcuno ritenga dal Capo d'Otranto» …
La Modernità, dopo quella ferroviaria di fine Ottocento, faceva il proprio ingresso nel turismo d'èlite grazie all'uso dell'automobile; un uso che ancora una volta, faceva nettamente mutare le percezioni paesaggistiche ma anche la possibilità di approccio ai monumenti (rendendo tutto più agevole e veloce rispetto sia alla carrozza sia al treno). Carlo Placci viaggiava dunque, nel 1908, attraverso la Penisola italiana, in Trentino sui valichi alpini, nelle Marche, attraversava "tutti gli Abruzzi", era nella "Roma di Stendal" …
del significato di un simbolo ormai divenuto icona esplicita, e allo stesso tempo criptica, del Rinascimento:
l’ ‘Occhio alato’ appunto. Icona che racchiude in sé la grandezza del Rinascimento e allo stesso tempo le contraddizioni insite in esso; la bellezza esteriore e i reconditi drammi interiori che nell’Alberti rappresentavano un dualismo inscindibile del suo pensiero filosofico. Il libro compendia una serie di scritti già pubblicati e rivisti per l’occasione dallo stesso Autore viene qui recensito.
andava da Roca, a Nardò, da Otranto a Gallipoli fino alla punta del Capo di Leuca) - dopo il 1453 e soprattutto
a seguito dello sbarco dei Turchi ad Otranto nel 1480, acquistò grande rilevanza per la Corte aragonese di
Napoli poiché si trattava dell'area del Regno più vicina ai Domini ottomani e, dunque, maggiormente soggetta
alla creazione di teste di ponte turche nella Penisola italiana. 'Baluardo della Cristianità', l'area venne fatta
oggetto di importantissime attenzioni fortificatorie a cura dei Reali aragonesi, attraverso i loro Baroni locali
- soprattutto i Del Balzo, famigli della Corte aragonese - con la costruzione e l'aggiornamento di nuovi presìdi
militari (mura, castelli, enormi torrioni ...) che per iniziativa regia non vennero lasciati a maestranze locali, ma
furono affidati - proprio per la delicatezza dell'incarico - ai migliori ingegneri-architetti del Regno, tra i quali
Ciro Ciri, e tra i Toscani probabilmente Giuliano da Maiano e i suoi collaboratori, certamente Francesco di
Giorgio Martini, Antonio Marchesi da Settignano, Baccio e Jacopo Pontelli ... Venne a crearsi così, nella Leucade
salentina, un nuovo 'Paesaggio della Modernità' fatto in primis di aggiornatissimi luoghi forti, ma che vide anche
la realizzazione di una serie di architetture private - volute dai baroni Del Balzo, quali palazzi, castelli-residenze,
chiese ... - che improvvisamente mutarono il panorama della tradizione locale, con innesti di forme e soluzioni
in linea con le nuove acquisizioni rinascimentali della Corte napoletana e degli Architetti toscani. I Del Balzo
con i loro feudi dei territori sudorientali del Regno, situati nell’attuale Salento meridionale - seppur fino ad oggi
pressoché ignorati dalla Storiografia specie architettonica - furono allora i maggiori Feudatari della zona centroorientale
del Regno con incarichi politici e militari di prim’ordine, oltre ad essere direttamente imparentati con i
regnanti; Angilberto (che fu uno dei Generali della Guerra d’Otranto con incarico di Regio Consigliere alla corte
aragonese) e il fratello Pirro (Gran Conestabile del Regno, a sua volta feudatario di gran parte della Terra di
Bari con il ducato di Andria e di Venosa, in terra Lucana), ebbero un ruolo importante nel controllo dei territorio
e nell’aggiornamento architettonico e ossidionale delle strutture castellari e svolsero, dunque, una assai proficua
attività committenziale di 'mediazione', sotto il coordinamento delle istanze regie, e di deciso aggiornamento: a
Castro, ad Alessano, a Ugento, a Tricase, a Specchia, a Carpignano, a Supersano, a Nardò, fino, nei loro domini
più a Nord, nella 'barese' Giovinazzo.
Giovanni I Ventimiglia a Castelbuono (Palermo)
Il Mausoleo di Giovannantonio Ventimiglia fu voluto dal Conte intorno agli anni Cinquanta del Quattrocento e rappresenta un esempio interessante ancora in bilico tra Tardo-gotico gentile e prima Rinascenza. Trascurato dalla critica nazionale a ben guardare è da annoverare ed inserire all'interno di altri esempi coevi realizzati nel Regno di Napoli durante la prima metà del Quattrocento a partire dallla tribuna ottagona di Dan Giovanni a Carbonara voluta da Ser Gianni Caracciolo ...
architettonica delle cosiddette “architecturae pictae” presenti nei due monumentali ambienti del Salone dei Mesi
della villa suburbana di Schifanoia (1468-1470) a Ferrara e nella «Camera Picta» (1465-1474) a Mantova;
e ciò in rapporto ai dettami sia di Vitruvio che di Alberti e in relazione ad altri esempi coevi. La Letteratura
storiografica che ha accompagnato i due grandi cicli pittorici si è da sempre rivolta all'analisi della parte criticoartistica
o politico-simbolica, ma non ha mai preso seriamente in considerazione la scansione architettonica dei
due importanti invasi. E col tempo quelle strutturazioni architettoniche dipinte, presenti nei due cantieri, sono
passate in secondo piano rispetto alle scene rappresentate. Si cerca ora di delineare una nuova pista interpretativa,
alla luce delle importanti presenze presso le due Corti, estense e gonzaghesca, di Andrea Mantegna e di Leon
Battista Alberti, il cui contributo nelle idee, nei programmi culturali e architettonici pare presente in ambedue i
cantieri, almeno in filigrana.
della Reggia da parte di Alfonso il Magnanimo verso il 1450 dell’antico maniero angioino, sono state tanto
articolate da aver consegnato alla Municipalità napoletana, alla fine del XIX secolo, un complesso fortemente
trasformato nelle sue cortine murarie e nelle sue destinazioni funzionali, essendo stata adibita addirittura a
deposito di munizioni. Alfonso Avena, Direttore del locale “Ufficio per la Conservazione dei Monumenti”,
venne incaricato dei primi interventi di restauro per valorizzare la monumentalità del complesso sulla base
delle attenzioni di Camillo Boito (e i suggerimenti di Giacomo Boni), dando origine alla “Stagione Avena”, ma
la sua opera non fu né facile né priva di polemiche. Una situazione che si ripresentò negli anni Venti, quando
del complessivo restauro del monumento, venne incaricato Riccardo Filangieri (la “Stagione Filangieri”), che
per sedare le nuove polemiche insorte e supportate in buona parte da Achille Stella, dovette far ricorrere il
Ministero della Pubblica Istruzione al giudizio di Corrado Ricci. La complicata e lunga vicenda, svoltasi
per circa quarant’anni, e i dibattiti occorsi, vengono qui ripercorsi attraverso la lettura inedita delle fonti
conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma e rianalizzando le fonti bibliografiche disponibili
riguardanti il dibattito culturale (tecnico-stilistico), dai connotati spesso politici, bilicato tra chi avrebbe voluto
valorizzare l’indirizzo stilistico angioino e chi invece la successiva fase aragonese. Al termine dei restauri
condotti da Filangieri, invece, venne consegnata alla città una ‘nuova’ reggia, dove la componente aragonese rinascimentale
si presentava decisamente predominante su quella angioino-medievale, scatenando sin da
subito forti note polemiche. Secondo i detrattori i risultati del restauro della Commissione, guidata da Riccardo
Filangieri, avevano portato alla realizzazione di un vero e proprio ‘ibrido’.
Ettore Bernich appears rather intricate in light of the reading of the archive documentation. The Monument,
considered one of the greatest expressions of “Norman-Swabian” Romanesque in the Land of Bari already at
the end of the nineteenth century, was placed at the center of the attention not only of local Scholars, but, above
all, of some of the greatest Art Historians of the time: the interventions of Benedetto Croce are remembered,
but also the studies of Adolfo Venturi, who also wanted to visit the restoration site of the Cathedral. In this
study we try to restrace, on the basis of unpublished documents, to the reasons why the Roman architect was
at the center of the controversy and criticism, thus becoming even a ‘special observed’ within the ministerial
authority: after repeated disobedience by of Bernich to the indications of the Ministry, it was thus decided to
appoint an “Inspection Commission” on his work, but rather than clearing up the story, it became complicated
for personal, political reasons and also for opportunities towards the religious authorities. At first, Ernesto
Basile was consulted, but in the end he declined the invitation; then Camillo Boito was called, but also the
Theorist of the “Philological Restoration”, refused and so that “Inspection Commission” never came to exist.
Bernich, however, came out psychologically tried, even if, initially from the Ministry, Giacomo Boni had taken
his defense and then, from Naples, Adolfo Avena had supported his work
Lecce), centro anticamente noto come Castrum Minervae, si trova addossata sul fianco sinistro dell’omonima ex
Cattedrale latina normanno-sveva della Cittadina, riutilizzando anche spolia, quali fusti di colonne e materiale
vario, provenienti dal complesso dell’antico Tempio di Minerva. Un modus operandi consolidato in età mediobizantina che si riscontra anche in ambito balcanico (nell’antico Epiro e in Grecia). Da parte degli Studiosi
otto-novecenteschi si è a lungo pensato che si trattasse di «un’edicola» (o «tempietto») risalente al «VII od VIII
secolo», ma si è oggi più portati a riferirla, viste le caratteristiche del modello architettonico adottato, al periodo
mediobizanino tra X e XI secolo, dopo la riconquista della Terra d’Otranto ad opera dell’imperatore bizantino Niceforo Foca, come attestato dalla diffusione delle medesime tipologie a partire dal X secolo (cfr. V. von
Falkenhausen, La dominazione bizantina nell’Italia meridionale dal IX all’XI secolo, Bari, 1978).
Alberti a Napoli e nel Regno napoletano è stata a
lungo storiograficamente sottaciuta, fino a che, dal
2004, in occasione del “VI° Centenario albertiano
(1404-2004)”1
quelle presenze sembrano essere
divenute una sorta di ‘dato acquisito’, sostanziato sia
da attestazioni documentarie individuate nel 20002
relative alla presenza di Leon Battista nella casapartenopea degli Strozzi nel 1465; sia da numerosi
dati ‘di contesto’3
; sia da ‘soluzioni’ architettoniche
di ‘matrice albertina’ ri-considerate tali dalla Critica
specie a partire dall’Arco di Castel Nuovo. Ma in
questi ultimi anni si è poi aggiunta l’attenzione
anche per una serie di ulteriori evidenze, come
per la presenza ‘diffusa’ – precocemente o a volte
attardata – di alcune suggestioni albertiane4
, o
di costrutti morfologici tipicamente ‘albertiani’
nella Decorazione architettonica, quali il ‘motivo
firma’ dei ‘modiglioni reggi-fregio, anche se con
leggerissime deroghe, nelle costruzioni di Palazzi
e Chiese della Capitale (e del Regno): tra tutti
il portale di palazzo Carafa; il portale di palazzo
Sanseverino5
; il portale di palazzo Del Balzo6
; e il
portale del complesso della Santissima Annunziata
legata ad una committenza Caetani. Tutti costrutti
evidentemente in relazione, o scaturiti, dal portale
di palazzo Rucellai a Firenze e da quello di
San Sebastiano a Mantova (ma si tratta di una
soluzione presente anche nella porta d’accesso alla
‘Camera Picta’ o ‘degli Sposi’ del palazzo Ducale di
Mantova, come segnalato nel 2019)
fino al 1487 (anno in cui il Feudatario venne imprigionato a seguito della “Seconda Congiura dei Baroni”,
chiudendo così le fortune familiari) operò una sistematica committenza infrastrutturale, urbana e architettonica
nei territori della sua Baronìa, specie dopo il devastante terremoto del 1456 – a cui seguì a distanza di dieci anni,
nel 1466, un secondo terremoto meno devastante ma che comunque terrorizzò le popolazioni) e la conclusione
della “Prima Congiura dei Baroni” del 1463, momento che aveva visto anche nelle terre di Pirro l’arrivo di
tecnici e ingegneri molto qualificati: nuovi borghi; nuovi quartieri insediativi pressoché in tutti i centri, specie
per le popolazioni «di Schiavonia» fatte giungere per il ripopolamento (come in molte località lucane ed irpine
e pugliesi); nuovi ridisegni urbani sulla base di modelli antiquari o per la rivitalizzazione di antichi impianti
(come nella Venosa ‘di Orazio’); impostazione di nuove piazze commerciali (come ad Altamura e a Venosa); e poi
nuove strutture ossidionali (a Venosa, a Minervino, a Montescaglioso e a San Mauro Forte ...), ristrutturazioni
di vecchi sistemi castellari e cinte murarie (ad Altamura, Camarda, Lacedonia, Montescaglioso, Rocchetta, Ruvo,
Torre a Mare e a Uggiano ...) aggiornatissimi anche agli esempi napoletani come quello di Castelnuovo; e quindi
nuove cattedrali o riordino di quelle precedenti (come ad Altamura, Andria, a Lacedonia e Venosa ...); nuovi
castelli feudali (come a Venosa ...); nuove chiese per i «Greci» (come a Locorotondo, a Lavello, a Montescaglioso, ad
Altamura, Rocchetta ...); e conventi, costruiti o ampliati (come a Montescaglioso ...). Un’aggiornata committenza
svolta prima nell’orizzonte di Leon Battista Alberti presente nel Regno, non solo a Napoli, a Baia, a Pozzuoli,
nella Marsica, ma forse anche in Puglia, e poi anche grazie alla consulenza degli Umanisti e degli Artisti attivi a
Napoli. E proprio da Napoli dovevano essere giunti gli stimoli più innovativi, dalla metà degli anni Settanta, per
un ulteriore aggiornamento, questa volta forse sotto l’influsso di Alfonso Duca di Calabria e dei suoi tecnici, tra i
quali Giuliano da Maiano e Antonio Marchesi. L’eredità committenziale di Pirro si spingeva poi, indirettamente,
fino alla fine del secolo, grazie alla ripresa e alla continuazione delle sue iniziative da parte di sua figlia Isabella
e di suo genero Federico d’Aragona, innervandosi, ancora una volta, con gli indirizzi architettonici più moderni
presso la Corte napoletana (a partire dalla presenza di Baccio Pontelli, Francesco di Giorgio Martini, già presente
nella Capitale dagli anni Ottanta, Fra Giocondo ... affiancati da tecnici ed architetti regnicoli, del calibro di
Giovan Francesco Mormando, ideatore e ‘ideatore’ di un caratteristico Rinascimento proprio diffusosi tra la fine
del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento in tutto il Regno)
di paramento murario e perciò non ne vengono approfonditi nel dettaglio i valori né strutturali, né antisismici
- propri invece di una Tecnica muraria a tutti gli effetti - ‘limitandosi’ solo a quelli decorativi (con una visione,
dunque, estremamente riduttiva); e ciò peraltro senza che si sia dato neppure luogo ad alcun contributo scientifico
autonomo. Invece, in questo studio - dedicato espressamente al Castone /Cloisonné - si è cercato di dimostrare che
la denominazione stessa “Cloisonné” - derivata dalla Toreutica, come hanno voluto Autori quali Gabriel Millet,
Richard Krautheimer ed Ehrhard Ruetsche - è concettualmente errata in riferimento alla tecnica costruttiva
e, più correttamente, va dunque sostituita con quello di “Castone”. Il Castone/Cloisonné è dunque una tecnica
costruttiva a tutti gli effetti (anche perché quel tipo di ‘paramento’ andava, nella maggioranza dei casi, ricoperto
da intonaco) ed essa è costituita da spolia - cioè pezzi lapidei antichi - e da mattoni, in genere anch’essi di recupero,
‘affogati’ orizzontalmente e verticalmente in grandi spessori di malta, coinvolgendo l’intera sezione muraria. Una
tale resistenza, ottenuta grazie all’impiego del principio statico del ‘cuneo strutturale’, assumeva inoltre valenza
antisismica in unione con altri accorgimenti costruttivi; anche se, ovviamente, non se ne può trascurare, in alcuni casi
lasciati probabilmente ‘faccia a vista’, anche il valore estetico (come infatti è avvenuto fino all’adozione sistematica
che ne hanno fatto i Turchi dopo la metà del XV secolo). Il Castone/Cloisonné si è diffuso soprattutto nei Balcani:
nell’attuale Macedonia del Nord, in Albania del Sud (nel ‘nuovo Epiro’) e in Grecia (nell’ ‘antico Epiro’, ma anche
nella Focide), e in Serbia, a partire dal IX secolo fino al XV secolo (cioè in Età mediobizantina ovvero Comnena e
Paleologa), ma esso ha trovato i propri antecedenti addirittura nel V e VI secolo (nelle Basiliche cristiane di Delfi e
di Byllis in Albania), a partire dallo ‘sviluppo’ dell’opus listatum (o vittatum) tardo romano e costantinopolitano.
The “Cloisonné” in current literature is always remembered, in general, as a type of wall facing and therefore neither
structural nor anti-seismic values - typical of a full-fledged masonry technique - are ‘limited’ in detail, thinking
only as decorative ones (with an extremely reductive vision, therefore); and this, moreover, without even giving rise
to any autonomous scientific study. Instead, in this research - dedicated expressly to Castone/Cloisonné - we tried
to show that the very term “Cloisonné” - derived from Toreutics, as suggested by authors such as Gabriel Millet,
Richard Krautheimer and Ehrhard Ruetsche - is conceptually wrong in reference to the construction technique and,
more correctly, it must therefore be replaced with that of “Castone”. Castone/Cloisonné is therefore a construction
technique in all respects (also because that type of facing was, in most cases, covered with plaster) and it is made
up of spolia - that is, ancient stone pieces - and bricks, generally also ‘they of recovery,’ drowned ‘horizontally and
vertically in large thicknesses of mortar, involving the entire wall section. Such resistance, due to the use of the static
principle of the structural wedge, also assumed an anti-seismic value in conjunction with other constructive devices;
even if, obviously, its aesthetic value cannot be neglected, in some cases left face to face (as in fact happened until the
systematic adoption by the Turks after the middle of the 15th century). Cloisonné/Castone spread mainly in the
Balkans starting from the 9th century (i.e. in the Middle Byzantine age or Comnena and Paleologa) up to the 15th
century, but it found its antecedents even in the 5th century, thus constituting the ‘development’ of opus listatum (or
vittatum) late Roman and Constantinopolitan
ad Andria); nuove chiese con il recupero del culto di antichi Martiri (come a Bisceglie, Irsina, Andria ... o nelle terre irpine ‘di San Potito’); e nuovi conventi, costruiti o ampliati (come nella chiesa di San Domenico e nella chiesa della Madonna dell’Umiltà ancora ad Andria). Un’aggiornata committenza, quella di Francesco II, svolta all’insegna del gusto dell’“Umanesimo gentile” prima e di una maggiore attenzione antiquaria poi, nell’orizzonte di Leon Battista Alberti presente non solo a Napoli ma forse anche proprio ad Andria; ma il Duca si poteva valere della consulenza degli Umanisti e degli Artisti attivi nella Capitale del Regno, dove i Del Balzo possedevano un ricco palazzo e occupavano un Seggio nel consiglio di Stato. Importante diplomatico regio, a Roma e alla Dieta di Mantova, Francesco II mediava tra Cultura adriatica e suggestioni attinte dalla Corte napoletana, e non solo, agevolando l’acquisto di arredi sacri provenienti da Padova e dalla Scuola di Mantegna (la “donazione De Mabilia” per la Concattedrale di Irsina), fino all’arrivo di tavole a tema sacro di ambito pittorico veneziano della
Scuola dei Vivarini.The commission of the Del Balzo family - in the Fifteenth century baronial family of the Kingdom of Naples, closely related to the Aragonese ruling family and famous throughout Italy for the wealth of its Apulian and Lucanian possessions - found in Francesco II, Duke of Andria, among the Thirties and 1482, its main representative, who also proceeded to a specific architectural. The commission of the Del Balzo family - in the Fifteenth century baronial family of the Kingdom of Naples, closely related to the Aragonese ruling family and famous throughout Italy for the wealth of its Apulian and Lucanian possessions - found in Francesco II, Duke of Andria, among the Thirties and 1482, its main representative, who also proceeded to a specific architectural commission in the territories of his Barony, especially after the
devastating earthquake of 1456 and the conclusion of the “First Conspiracy of the Barons” (Prima Congiura dei Baroni) of 1463. New villages and new neighborhoods, new urban redesigns on the basis of antique models or for the revitalization of ancient plans (such as in Andria, where the references to the comedy “Andria” by the ancient
playwright Terenzio were underlined in the commemorative bust of “Francesco II” himself) ; new squares (such as Catuma square in Andria); new cathedrals or reorganization of previous ones (such as in Andria or Irsina); new Ducal palaces (as in Andria); new churches with the recovery of the cult of ancient Martyrs (such as in Andria, Bisceglie, Irsina ... or in the Irpinia lands ‘of San Potito’); and new convents, built or enlarged (as in the San Domenico convent and in the Madonna dell’Umiltà church in Andria). An updated commission, that of Francesco II, carried out in the name of the taste of a “gentle Humanism” first and of greater antiquarian attention then,
on the horizon of Leon Battista Alberti present not only in Naples but perhaps also precisely in Andria; but the Duke probably also availed himself of the advice of the Humanists and the Artists active in Naples, where the Del Balzo owned a rich palace and occupied a Seat in the State Council. An important royal diplomat, in Rome
and at the “Diet of Mantua”, Francesco II mediated between Adriatic culture and suggestions of the Neapolitan Court, facilitating the purchase of important sacred furnishings from Padua and the Mantegna School (the “De Mabiia donation” for the Concattedrale of Irsina), until the arrival of sacred themed tables of Venetian pictorial
School by Vivarini.
il busto fosse stato pensato per una sala nobiliare di rappresentanza nel palazzo Ducale di Andria o a Castel del Monte – allora di proprietà dei Del Balzo – non appare poi così peregrina.
The fifteenth-century bust of Duke Francesco II del Balzo di Andria has so far been considered by Literature and Historiography as a work from the beginning that was part of the Baron’s Sepulcher; but until now no one has ever hypothesized that the work could have been conceived instead for celebratory uses, such as some contemporary busts made for other Italian Princes, among all the different busts of the King of Naples Ferrante d’Aragona, brother-in-law of the Duke himself. Precisely the Neapolitan environment constitutes an essential artistic horizon which Francesco II certainly aimed at, so much so that the bust has been variously attributed to Francesco Laurana or Domenico Gaggini, but always thanks to Neapolitan intermediation. That environment from which the ‘cultural updating’ in a humanistic key of the small ‘ducal court’ of Andria should also come: the presence of
the Latin motto “NE QVID NIMIS” on the bust of the Duke, deriving from the play the “Andria” of the ancien author Terenzio, it would refer to much more precise assumptions than the Literature has hitherto considered.
Therefore, the hypothesis that the bust was designed for a stately representative hall in the Ducal Palace of Andria or in Castel del Monte - then owned by the Del Balzo family - does not appear so strange.
Nell'ambito di una letteratura odeporica che alla fine dell'Ottocento, poneva grande attenzione all'Adriatico e alle sue coste (si ricordino i viaggi del francese Charles Yriarte o dell'austriaco Freiher von Schweiger Lerchenfeld), per parte italiana si staglia il precoce contributo di Timoleone Vedovi, edito a Mantova nel 1877, resoconto di un viaggio compiuto in piroscafo lungo le coste adriatiche. «il mare Adriatico si congettura che prenda avvio dal Capo di Santa Maria di Leuca, che forma il punto estremo dell'Italia quantunque qualcuno ritenga dal Capo d'Otranto» …
La Modernità, dopo quella ferroviaria di fine Ottocento, faceva il proprio ingresso nel turismo d'èlite grazie all'uso dell'automobile; un uso che ancora una volta, faceva nettamente mutare le percezioni paesaggistiche ma anche la possibilità di approccio ai monumenti (rendendo tutto più agevole e veloce rispetto sia alla carrozza sia al treno). Carlo Placci viaggiava dunque, nel 1908, attraverso la Penisola italiana, in Trentino sui valichi alpini, nelle Marche, attraversava "tutti gli Abruzzi", era nella "Roma di Stendal" …
del significato di un simbolo ormai divenuto icona esplicita, e allo stesso tempo criptica, del Rinascimento:
l’ ‘Occhio alato’ appunto. Icona che racchiude in sé la grandezza del Rinascimento e allo stesso tempo le contraddizioni insite in esso; la bellezza esteriore e i reconditi drammi interiori che nell’Alberti rappresentavano un dualismo inscindibile del suo pensiero filosofico. Il libro compendia una serie di scritti già pubblicati e rivisti per l’occasione dallo stesso Autore viene qui recensito.
andava da Roca, a Nardò, da Otranto a Gallipoli fino alla punta del Capo di Leuca) - dopo il 1453 e soprattutto
a seguito dello sbarco dei Turchi ad Otranto nel 1480, acquistò grande rilevanza per la Corte aragonese di
Napoli poiché si trattava dell'area del Regno più vicina ai Domini ottomani e, dunque, maggiormente soggetta
alla creazione di teste di ponte turche nella Penisola italiana. 'Baluardo della Cristianità', l'area venne fatta
oggetto di importantissime attenzioni fortificatorie a cura dei Reali aragonesi, attraverso i loro Baroni locali
- soprattutto i Del Balzo, famigli della Corte aragonese - con la costruzione e l'aggiornamento di nuovi presìdi
militari (mura, castelli, enormi torrioni ...) che per iniziativa regia non vennero lasciati a maestranze locali, ma
furono affidati - proprio per la delicatezza dell'incarico - ai migliori ingegneri-architetti del Regno, tra i quali
Ciro Ciri, e tra i Toscani probabilmente Giuliano da Maiano e i suoi collaboratori, certamente Francesco di
Giorgio Martini, Antonio Marchesi da Settignano, Baccio e Jacopo Pontelli ... Venne a crearsi così, nella Leucade
salentina, un nuovo 'Paesaggio della Modernità' fatto in primis di aggiornatissimi luoghi forti, ma che vide anche
la realizzazione di una serie di architetture private - volute dai baroni Del Balzo, quali palazzi, castelli-residenze,
chiese ... - che improvvisamente mutarono il panorama della tradizione locale, con innesti di forme e soluzioni
in linea con le nuove acquisizioni rinascimentali della Corte napoletana e degli Architetti toscani. I Del Balzo
con i loro feudi dei territori sudorientali del Regno, situati nell’attuale Salento meridionale - seppur fino ad oggi
pressoché ignorati dalla Storiografia specie architettonica - furono allora i maggiori Feudatari della zona centroorientale
del Regno con incarichi politici e militari di prim’ordine, oltre ad essere direttamente imparentati con i
regnanti; Angilberto (che fu uno dei Generali della Guerra d’Otranto con incarico di Regio Consigliere alla corte
aragonese) e il fratello Pirro (Gran Conestabile del Regno, a sua volta feudatario di gran parte della Terra di
Bari con il ducato di Andria e di Venosa, in terra Lucana), ebbero un ruolo importante nel controllo dei territorio
e nell’aggiornamento architettonico e ossidionale delle strutture castellari e svolsero, dunque, una assai proficua
attività committenziale di 'mediazione', sotto il coordinamento delle istanze regie, e di deciso aggiornamento: a
Castro, ad Alessano, a Ugento, a Tricase, a Specchia, a Carpignano, a Supersano, a Nardò, fino, nei loro domini
più a Nord, nella 'barese' Giovinazzo.
Giovanni I Ventimiglia a Castelbuono (Palermo)
Il Mausoleo di Giovannantonio Ventimiglia fu voluto dal Conte intorno agli anni Cinquanta del Quattrocento e rappresenta un esempio interessante ancora in bilico tra Tardo-gotico gentile e prima Rinascenza. Trascurato dalla critica nazionale a ben guardare è da annoverare ed inserire all'interno di altri esempi coevi realizzati nel Regno di Napoli durante la prima metà del Quattrocento a partire dallla tribuna ottagona di Dan Giovanni a Carbonara voluta da Ser Gianni Caracciolo ...
architettonica delle cosiddette “architecturae pictae” presenti nei due monumentali ambienti del Salone dei Mesi
della villa suburbana di Schifanoia (1468-1470) a Ferrara e nella «Camera Picta» (1465-1474) a Mantova;
e ciò in rapporto ai dettami sia di Vitruvio che di Alberti e in relazione ad altri esempi coevi. La Letteratura
storiografica che ha accompagnato i due grandi cicli pittorici si è da sempre rivolta all'analisi della parte criticoartistica
o politico-simbolica, ma non ha mai preso seriamente in considerazione la scansione architettonica dei
due importanti invasi. E col tempo quelle strutturazioni architettoniche dipinte, presenti nei due cantieri, sono
passate in secondo piano rispetto alle scene rappresentate. Si cerca ora di delineare una nuova pista interpretativa,
alla luce delle importanti presenze presso le due Corti, estense e gonzaghesca, di Andrea Mantegna e di Leon
Battista Alberti, il cui contributo nelle idee, nei programmi culturali e architettonici pare presente in ambedue i
cantieri, almeno in filigrana.
della Reggia da parte di Alfonso il Magnanimo verso il 1450 dell’antico maniero angioino, sono state tanto
articolate da aver consegnato alla Municipalità napoletana, alla fine del XIX secolo, un complesso fortemente
trasformato nelle sue cortine murarie e nelle sue destinazioni funzionali, essendo stata adibita addirittura a
deposito di munizioni. Alfonso Avena, Direttore del locale “Ufficio per la Conservazione dei Monumenti”,
venne incaricato dei primi interventi di restauro per valorizzare la monumentalità del complesso sulla base
delle attenzioni di Camillo Boito (e i suggerimenti di Giacomo Boni), dando origine alla “Stagione Avena”, ma
la sua opera non fu né facile né priva di polemiche. Una situazione che si ripresentò negli anni Venti, quando
del complessivo restauro del monumento, venne incaricato Riccardo Filangieri (la “Stagione Filangieri”), che
per sedare le nuove polemiche insorte e supportate in buona parte da Achille Stella, dovette far ricorrere il
Ministero della Pubblica Istruzione al giudizio di Corrado Ricci. La complicata e lunga vicenda, svoltasi
per circa quarant’anni, e i dibattiti occorsi, vengono qui ripercorsi attraverso la lettura inedita delle fonti
conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma e rianalizzando le fonti bibliografiche disponibili
riguardanti il dibattito culturale (tecnico-stilistico), dai connotati spesso politici, bilicato tra chi avrebbe voluto
valorizzare l’indirizzo stilistico angioino e chi invece la successiva fase aragonese. Al termine dei restauri
condotti da Filangieri, invece, venne consegnata alla città una ‘nuova’ reggia, dove la componente aragonese rinascimentale
si presentava decisamente predominante su quella angioino-medievale, scatenando sin da
subito forti note polemiche. Secondo i detrattori i risultati del restauro della Commissione, guidata da Riccardo
Filangieri, avevano portato alla realizzazione di un vero e proprio ‘ibrido’.
Ricerche e Rilievo Ferruccio Canali eVirgilio C. Galati.
Rappresentazione grafica Virgilio C. Galati
Ricerche e Rilievo Ferruccio Canali eVirgilio C. Galati.
Ricerche e Rilievo Ferruccio Canali eVirgilio C. Galati.
Ricerche e Rilievo Ferruccio Canali e Virgilio Galati
Rappresentazione grafica Virgilio C. Galati.
Novecento (quelli della "Terza Industrializzazione"), invitando gli Autori ad approfondire singole tematiche/casi di
studio all'interno di più generali filoni di ricerca quali:
- la messa a punto e l'articolarsi di una specifica situazione economico-sociale, dall'Industrializzazione
dirigista, all'Industrializzazione 'selvaggia', all'Industria umanizzata', all'Ambientalismo' ...;
- la ricostruzione del clima generale realizzatosi tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta del Novecento in
Italia in rapporto alle tematiche dello sviluppo industriale, dal punto di vista dell'indirizzo politico o della
riflessione teorica (filosofica, sociologica, letteraria, ingegneristico-architettonica, tecnico-realizzativa ...);
- la concreta realizzazione di casi pianificati, distribuiti in tutta la Penisola, per quanto riguarda la 'grande
Industria';
- gli impatti territoriali e urbanistici di quei nuovi insediamenti anche nell'ambito delle più generali politiche
pianificatorie (Zonizzazioni, Piani insediativi, Piani produttivi ...);
- i 'grandi Protagonisti': Industrie, Amministratori delegati, ...
- le 'grandi Utopie, «magnifiche e progressive», della vita industriale' e il «Miracolo economico»;
- il contributo dei singoli Architetti o Ingegneri specie intesi come 'Progettisti di processi complessi', della
«Bellezza industriale» e non solo come risolutori di problemi tecnici-tecnologici;
- la costruzione di singoli impianti industriali o «aree industriali»: Tecnologia, Organizzazione e ... Bellezza;
- gli «insediamenti operai» a servizio della 'grande Industria': dai quartieri ai 'servizi', all'abitazione;
- «perequazioni» tra Industria e Territorio: impianti, infrastrutture e insediamenti;
- la ricezione da parte dell'Opinione pubblica e anche degli Ambienti culturali (nell’Arte, nel Cinema e nella
Letteratura ...) delle problematiche connesse all'Industrializzazione;
- le prime reazioni 'ambientaliste' agli insediamenti industriali: dalle 'paure' (nucleari ...) ai disastri
ambientali;
- l'organizzazione di reti commerciali e di negozi connessi strettamente alle produzioni industriali ovvero
gestiti direttamente dalle grandi Industrie come propri showroom (si pensi al caso Olivetti);
- le realizzazioni all'Estero di impianti, manifatture e complessi voluti o coordinati da industrie italiane, come
estensione mondiale del fenomeno dell'Industrializzazione nazionale italiana.
Novecento (quelli della "Terza Industrializzazione"), invitando gli Autori ad approfondire singole tematiche/casi di
studio all'interno di più generali filoni di ricerca quali:
- la messa a punto e l'articolarsi di una specifica situazione economico-sociale, dall'Industrializzazione
dirigista, all'Industrializzazione 'selvaggia', all'Industria umanizzata', all'Ambientalismo' ...;
- la ricostruzione del clima generale realizzatosi tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta del Novecento in
Italia in rapporto alle tematiche dello sviluppo industriale, dal punto di vista dell'indirizzo politico o della
riflessione teorica (filosofica, sociologica, letteraria, ingegneristico-architettonica, tecnico-realizzativa ...);
- la concreta realizzazione di casi pianificati, distribuiti in tutta la Penisola, per quanto riguarda la 'grande
Industria';
- gli impatti territoriali e urbanistici di quei nuovi insediamenti anche nell'ambito delle più generali politiche
pianificatorie (Zonizzazioni, Piani insediativi, Piani produttivi ...);
- i 'grandi Protagonisti': Industrie, Amministratori delegati, ...
- le 'grandi Utopie, «magnifiche e progressive», della vita industriale' e il «Miracolo economico»;
- il contributo dei singoli Architetti o Ingegneri specie intesi come 'Progettisti di processi complessi', della
«Bellezza industriale» e non solo come risolutori di problemi tecnici-tecnologici;
- la costruzione di singoli impianti industriali o «aree industriali»: Tecnologia, Organizzazione e ... Bellezza;
- gli «insediamenti operai» a servizio della 'grande Industria': dai quartieri ai 'servizi', all'abitazione;
- «perequazioni» tra Industria e Territorio: impianti, infrastrutture e insediamenti;
- la ricezione da parte dell'Opinione pubblica e anche degli Ambienti culturali (nell’Arte, nel Cinema e nella
Letteratura ...) delle problematiche connesse all'Industrializzazione;
- le prime reazioni 'ambientaliste' agli insediamenti industriali: dalle 'paure' (nucleari ...) ai disastri
ambientali;
- l'organizzazione di reti commerciali e di negozi connessi strettamente alle produzioni industriali ovvero
gestiti direttamente dalle grandi Industrie come propri showroom (si pensi al caso Olivetti);
Virgilio Galati
L'evoluzine della casa in Albania dalla Kulla albanese ai palazzi aristocratici di Argirocastro