Conference Presentations by Paola Meozzi
How do demographic and educational factors affect a woman’s occupational status? How common is no... more How do demographic and educational factors affect a woman’s occupational status? How common is non standard employment for different labour force groups and in different sectors of the labour market? This paper aims at analysing the impact of different “structural variables” in terms of risk for a woman working in the province of Pisa to be employed with a non-standard contract. Determinants of women’s atypical employment in Pisa are studied using microdata for approximately 425.000 women employed in Pisa. Section 1 summarizes previous literature. Section 2 shows some descriptive evidence and the incidence patterns that exist for different demographic groups. In Section 3 regression methods are used to explore the association between particular worker characteristics and the likelihood of being employed in atypical jobs. Multivariate analyses conducted on administrative microdata during the economic crisis (2008-2013) show that some structural variables (citizenship, age and educational level) affect the type of employment stability. Moreover some female atypical workers have a higher probability of working in some sectors rather than some other ones, providing support to the horizontal occupational hypothesis.
Detailed programma: http://www.aiel.it/page/archive.php
Books by Paola Meozzi
Teorie neokeynesiane ed evidenze empiriche
Edizioni Accademiche Italiane ( 12.01.2015 )
€ 6... more Teorie neokeynesiane ed evidenze empiriche
Edizioni Accademiche Italiane ( 12.01.2015 )
€ 64,90
https://www.edizioni-ai.com/catalog/details/store/hu/book/978-3-639-68116-1/flessibilit%C3%A0-e-mercato-del-lavoro?search=PAOLA%20MEOZZI
Sulla scia degli interventi già attuati in altri paesi dell’Unione Europea, da quasi un ventennio, è in corso in Italia un processo di deregolamentazione del mercato del lavoro mirato a creare nuove opportunità di occupazione, sia per le imprese che per i lavoratori. Per comprendere quanto è attualmente all’ordine del giorno nelle indicazioni di politica economica occorre essere in grado di rispondere alle seguenti domande:
- l’attuale riforma (cosiddetto “Jobs Act”) e i relativi decreti attuativi potrebbero realmente creare nuova occupazione?
- Che cosa si intende e che cosa implica la flessibilità del lavoro?
- Perché un mercato del lavoro meno rigido in termini numerici (possibilità di variare lo stock di lavoratori tramite maggiore flessibilità sia in entrata che in uscita) dovrebbe permettere una maggiore espansione economica, ovvero un aumento del tasso di occupazione, del reddito e della domanda interna?
- La vischiosità dei salari (rigidità salariale) rappresenta veramente la principale causa del costante disequilibrio presente nel mercato del lavoro?
- La liberalizzazione totale dei rapporti di lavoro sarebbe in grado di generare nuova occupazione in Italia?
Rispondere a tali domande comporta una comprensione tecnica del problema, basata sulla conoscenza di teorie che tentano di interpretare i fenomeni empirici che si sono verificati negli ultimi anni, con particolare riguardo agli effetti della crisi economica. Il saggio “Flessibilità e mercato del lavoro – Teorie neokeynesiane ed evidenze empiriche” fornisce non solo gli strumenti critici teorici - per quanto possibile semplificati ad uso di un lettore non esperto della materia - ma illustra anche evidenze empiriche persuasive che sollevano importanti interrogativi sull’effettiva efficacia di politiche economiche incentrate sulla flessibilità. Il punto di vista è quello di un economista del lavoro.
https://www.edizioni-ai.com/#
https://www.edizioni-ai.com/#Partendo dall’analisi delle teorie della Nuova Economia Keynesiana c... more https://www.edizioni-ai.com/#Partendo dall’analisi delle teorie della Nuova Economia Keynesiana che tentano di spiegare la presenza della disoccupazione involontaria attraverso modelli di rigidità salariale, vengono presentati (Capitolo I) più approfonditamente i modelli insiders-outsiders, dei salari di efficienza e di contrattazione salariale in presenza di sindacati (sindacato monopolista, Right to Manage ed Efficient Bargainig). Si prendono in considerazione ipotesi di differenziazione della produttività in relazione al salario e si analizzano i costi dei lavoratori già occupati (insider) rispetto a coloro che potrebbero sostituirli (outsider); vengono inoltre studiate le situazioni nelle quali la contrattazione del salario non avviene su basi individuali, bensì tramite agenti collettivi rappresentanti dei lavoratori, prendendo in considerazione varie ipotesi relative all’oggetto (funzione obiettivo del sindacato) e alla modalità di contrattazione.
Tale impostazione teorica costituisce un punto di partenza per valutare successivamente (Capitolo II) la risposta di alcune indagini empiriche - selezionate tra la vasta letteratura di riferimento - che analizzano la relazione tra rigidità presenti nel mercato del lavoro (istituzionali, salariali, legate alla mobilità dei fattori, ecc) ed il fenomeno della disoccupazione nelle sua dinamica e composizione. Prima della verifica empirica (Capitolo II - Paragrafo 2.1), viene presentato un modello teorico unificato (in cui la tradizionale funzione di offerta di lavoro è sostituita con una wage setting function) utile per l’analisi macroeconomica in presenza di rigidità salariali.
Al fine di fornire un quadro di riferimento generale (Paragrafo 2.2) viene introdotta la questione della flessibilità salariale, per poi illustrare successivamente l’evoluzione del mercato del lavoro, sia in un contesto internazionale (Paragrafo 2.3), che in Italia (Paragrafo 2.4), delineandone le caratteristiche strutturali e istituzionali attraverso l’andamento dei principali indicatori di performance economica. I fatti stilizzati che hanno caratterizzato il mercato del lavoro nei paesi dell’area OECD nel periodo successivo agli anni ’70 costituiscono infatti il contesto in cui si sono innestate dinamiche che hanno prodotto il permanere di un elevato tasso di disoccupazione, fenomeni di segmentazione del mercato del lavoro (di genere, di livello di istruzione, territoriale, etc.) e l’ampliamento dei differenziali salariali.
Ciò che si cerca di analizzare successivamente (Paragrafo 2.4) è la rilevanza dei modelli di rigidità salariale nella spiegazione di alcuni fenomeni verificatisi recentemente nel mercato del lavoro di alcune economie avanzate caratterizzate da complessi assetti istituzionali. Il primo passo è verificare se e fino a che punto le cosiddette istituzioni del mercato del lavoro, riducendo il grado di variabilità delle retribuzioni, hanno contribuito a produrre performance macroeconomiche insoddisfacenti; la verifica empirica dei modelli viene condotta in prima istanza attraverso relazioni bivariate tra le istituzioni del mercato del lavoro e il tasso di disoccupazione (dati panel), utilizzando diversi tipi di specificazioni; in particolare, si analizzano le relazioni tra il tasso di disoccupazione o di occupazione e i regimi di protezione dell’impiego, ottenendo risultati diversi a seconda del fatto che il salario di un paese sia flessibile o rigido; nel primo caso, come vedremo, la presenza di meccanismi di protezione non produce alcun effetto, avendosi quindi neutralità, mentre nel secondo caso si avranno risposte allocative diverse che dipenderanno dal fatto che il paese con rigidità salariale abbia un’economia flessibile o meno. Le implicazioni sottoposte a verifica empirica sono:
a) l’occupazione media di lungo periodo è uguale in entrambi i paesi;
b) la variabilità nell’occupazione è più alta nel paese flessibile;
c) il paese flessibile ha un’allocazione ottimale delle risorse in quanto occupa un numero di lavoratori pari a quello necessario alla massimizzazione del profitto da parte dell’impresa.
Altri studi presentati analizzano la relazione tra meccanismi di protezione dell’impiego e tasso di occupazione, nonché i suoi effetti indiretti sul tasso di disoccupazione (aumento del potere degli insider, segmentazione del mercato del lavoro, persistenza del tasso di disoccupazione) attraverso relazioni multivariate; si considera un modello statico che spiega le differenze cross-sectional del tasso di disoccupazione attraverso alcune variabili istituzionali ed un modello dinamico che analizza come la disoccupazione sia cambiata nel tempo a causa di shock esogeni ed in relazione a specifiche variabili istituzionali. Quest’ultimo permette di ottenere un’equazione generale dinamica che sarebbe in grado di spiegare la storia del tasso di disoccupazione nei diversi paesi considerati. I vincoli istituzionali, come ad esempio i sussidi al reddito, il cuneo fiscale e la legislazione a favore dell’occupazione possono produrre persistenza nella disoccupazione di alcune categorie di lavoratori con riflessi permanenti sul tasso di disoccupazione generale. A seguito di uno shock avverso che porta ad alti livelli di disoccupazione, il meccanismo di riequilibrio attraverso le variazioni salariali può fallire causando i seguenti effetti: i disoccupati di lungo periodo, perdendo livelli di specializzazione, possono rinunciare alla ricerca di un nuovo lavoro (duration dependance) ed i lavoratori maggiormente a rischio, quali ad esempio i giovani, i lavoratori anziani licenziati o le donne, in periodo di prolungata crisi, vengono esclusi dal mercato del lavoro (marginalization) .
Si fa riferimento inoltre ad altri studi che stimano coefficienti legati ai sussidi di disoccupazione o ai salari minimi in relazione al tasso di disoccupazione generale e giovanile, così come ad analisi che stimano l’impatto di un aumento del cuneo fiscale sul tasso di disoccupazione.
Altre forme di rigidità sono quelle collegate alla presenza di sindacati. Ciò che viene sottoposto a verifica nelle indagini empiriche è se tale istituzione avvantaggerebbe gli insider attraverso azioni di protezione dei lavoratori già occupati. Viene infine accennato il dibattito sul grado di centralizzazione della contrattazione, misurato attraverso gli indicatori di densità e di copertura sindacale. Ciò che si mira a valutare è se esiste una relazione positiva tra tassi di sindacalizzazione e tassi di disoccupazione, anche se alcuni studi indicano invece una relazione positiva tra livello di occupazione ed alto livello di coordinamento della contrattazione.
Infine (Paragrafo 3.3), vengono esposte alcune considerazioni sugli strumenti di misurazione empirica del grado di flessibilità salariale, in particolare i differenziali salariali, il wage gap e la variabilità del salario, prima di passare alle conclusioni finali.
Papers by Paola Meozzi
Che cosa si intende e che cosa implica la flessibilita del lavoro? La vischiosita dei salari rapp... more Che cosa si intende e che cosa implica la flessibilita del lavoro? La vischiosita dei salari rappresenta davvero la principale causa del costante disequilibrio nel mercato del lavoro? Perche un’economia meno rigida permetterebbe una maggiore espansione economica in termini di aumento del tasso di occupazione, del reddito e della domanda interna? La liberalizzazione totale dei rapporti di lavoro potrebbe generare nuova occupazione? Questo saggio tenta di gettare luce su alcune delle questioni relative alle politiche del lavoro recentemente piu dibattute e ad oggi sull’agenda politica nazionale. Partendo dalla questione posta da J.M. Keynes e da una riflessione sui principali contributi teorici sulla rigidita salariale come causa della disoccupazione, l'autore presenta al lettore gli strumenti critici di risposta a tali domande. La teoria economica, attraverso alcuni modelli - quali ad esempio quelli dei nuovi macroeconomisti keynesiani - fornisce una chiave di lettura utile a com...
How do demographic and educational factors affect a woman's occupational status? How common i... more How do demographic and educational factors affect a woman's occupational status? How common is non standard employment for different labour force groups and in different sectors of the labour market? This paper aims at analysing the impact of different "structural variables" in terms of risk for a woman working in the province of Pisa to be employed with a non-standard contract. Determinants of women's atypical employment in Pisa are studied using microdata for approximately 425.000 women employed in Pisa. Section 1 summarizes previous literature. Section 2 shows some descriptive evidence and the incidence patterns that exist for different demographic groups. In Section 3 regression methods are used to explore the association between particular worker characteristics and the likelihood of being employed in atypical jobs. Multivariate analyses conducted on administrative microdata during the economic crisis (2008-2013) show that some structural variables (citizenshi...
Che cosa si intende e che cosa implica la flessibilita del lavoro? La vischiosita dei salari rapp... more Che cosa si intende e che cosa implica la flessibilita del lavoro? La vischiosita dei salari rappresenta davvero la principale causa del costante disequilibrio nel mercato del lavoro? Perche un’economia meno rigida permetterebbe una maggiore espansione economica in termini di aumento del tasso di occupazione, del reddito e della domanda interna? La liberalizzazione totale dei rapporti di lavoro potrebbe generare nuova occupazione? Questo saggio tenta di gettare luce su alcune delle questioni relative alle politiche del lavoro recentemente piu dibattute e ad oggi sull’agenda politica nazionale. Partendo dalla questione posta da J.M. Keynes e da una riflessione sui principali contributi teorici sulla rigidita salariale come causa della disoccupazione, l'autore presenta al lettore gli strumenti critici di risposta a tali domande. La teoria economica, attraverso alcuni modelli - quali ad esempio quelli dei nuovi macroeconomisti keynesiani - fornisce una chiave di lettura utile a com...
The core question analyzed by Labour Market Institu tions (LMI) studies is to assess whether the ... more The core question analyzed by Labour Market Institu tions (LMI) studies is to assess whether the diffusion of various types of rigidities (employment protection measures, the presence of Unions in work bargaining, minimum wages, generous unemployment benefits, etc.) has contributed to the growth of the persistently high level of unemployment observed in many OECD countries. In recent years, there has been a sharp divergence in trends in the unemployment rates. This divergence is usually explained by inefficiencies that originate in the labour market. This paper deals with the effects of labour market institutions on unemployment in a panel of 27 EU countries for the period 2000-2010, extending the range of LMI considered in empirical literature. Our novel contribution is the estimation of a panel model where we allow for heterogeneous effects of institutions on unemployment. The panel analysis includes a range of non standard variables referred to Public Employment Services policies...
Gli effetti della crisi sull'occupazione femminile della provincia di Pisa. Sempre più donne cerc... more Gli effetti della crisi sull'occupazione femminile della provincia di Pisa. Sempre più donne cercano lavoro. Salgono i numeri delle donne impiegate con contratti atipici. Identikit della lavoratrice precaria pisana: giovane, straniera, con titolo di scuola media inferiore. Una nuova offerta di lavoro femminile nelle strategie delle famiglie per resistere alla crisi. Più occupate atipiche Se la recessione economica sembra avere ridotto il divario tra tasso di occupazione maschile e femminile, altrettanto non si può dire per le diverse dimensioni della qualità del lavoro. La riduzione dei differenziali occupazionali di genere nel nostro paese, attestatasi al 23% a favore degli uomini, è da ricondursi soprattutto al peggioramento della situazione occupazionale degli uomini, avendo la crisi colpito i settori tradizionalmente maschili dell'industria manifatturiera e delle costruzioni. L'aumento dell'occupazione femminile si è tradotto principalmente in lavoro atipico (lavoro a tempo determinato e part-time) e in mansioni a bassa specializzazione. Tale fenomeno è compatibile con il permanere di un tasso di occupazione femminile tra i più bassi della UE. L'Italia ha raggiunto il tasso di occupazione più basso della UE nel 2011 (46,9%) ed è stata migliore sfiorando il 50% solo a Malta e Grecia nel 2012. L'identikit della lavoratrice precaria: un modello statistico predittivo Utilizzando circa 425.000 dati di fonte amministrativa riferiti a flussi di lavoro di donne pisane nel periodo 2008-2013, attraverso un modello statistico, è stato possibile fornire un quadro predittivo della lavoratrice tipica precaria pisana, in base ad alcune variabili strutturali. Se prendiamo come riferimento un individuo tipo occupato nella provincia di Pisa nel periodo 2008-2010, di sesso femminile, italiana, di età superiore ai 45 anni, laureato, sono state calcolate le diverse probabilità di essere una lavoratrice atipica in funzione di alcune variabili esplicative (periodo, genere, età ed istruzione). Nell'ultima fase della recessione i fattori di rischio di atipicità si siano intensificati, essendo aumentata del 26% la probabilità per le lavoratrici pisane di avere un contratto di lavoro atipico. L'analisi predittiva fa emergere chiaramente le difficoltà di un mercato del lavoro duale. Non sorprende infatti che il rischio di essere una lavoratrice precaria decresce al crescere dell'età, mentre aumenta al diminuire del livello di istruzione. Infatti, una lavoratrice giovane tra i 15 e i 30 anni ha quasi il 20% in più di probabilità di essere atipica rispetto ad una over 45, mentre chi possiede un titolo di scuola media superiore ha il 10% in più di rischio di essere atipica rispetto ad una laureata. Ciò tuttavia varia a seconda del tipo di attività economica o settore. Inoltre, anche la cittadinanza rappresenta un " rischio di atipicità " , avendo le lavoratrici straniere il 62% di probabilità in più di avere un contratto non standard.
Marco Guerrazzi, Paola Meozzi, Newsletter nr 1 (Andamento del mercato del lavoro e delle attivit... more Marco Guerrazzi, Paola Meozzi, Newsletter nr 1 (Andamento del mercato del lavoro e delle attività di Centri per l'Impiego della Provincia di Pisa, 2010 a cura del Dipartimento di Economia. Università di Pisa)
How
do demographic and educational factors affect a woman’s occupational status?
How common is ... more How
do demographic and educational factors affect a woman’s occupational status?
How common is non standard employment for different labour force groups and in
different sectors of the labour market? This paper aims at analysing the impact of
different “struct
ural variables” in terms of risk for a woman working in the province of
Pisa to be employed with a non
-
standard contract. Determinants of women’s atypical
employment in Pisa are studied using microdata for approximately 425.000 women
employed in Pisa. Sect
ion 1 summarizes
previous literature.
Section 2
shows some
descriptive evidence and
the incidence patterns that exist for different demographic
groups. In Section 3 regression methods are used to explore the association between
particular worker character
istics and the likelihood of being employed in atypical jobs.
Multivariate analyses conducted on administrative microdata during the economic
crisis (2008
-
2013) show that some structural variables (citizenship, age and
educational level) affect the type of
employment stability. Moreover some female
atypical workers have a higher probability of working in some sectors rather than
some other ones, providing support to the horizontal occupational hypothesis.
Quaderni del Dipartimento di Economia e Management, Università degli Studi di Pisa, Apr 1, 2014
Labour Market Institutions: a Model to Assess the Impact of Labour Market Policies on EU-27 Unemp... more Labour Market Institutions: a Model to Assess the Impact of Labour Market Policies on EU-27 Unemployment Rates
The core question analyzed by Labour Market Institutions (LMI) studies is to assess whether the diffusion of various types of rigidities (employment protection measures, the presence of Unions in work bargaining, minimum wages, generous unemployment benefits, etc.) has contributed to the growth of the persistently high level of unemployment observed in many OECD countries. In recent years, there has been a sharp divergence in trends in the unemployment rates. This divergence is usually explained by inefficiencies that originate in the labour market. This paper deals with the effects of labour market institutions on unemployment in a panel of 27 EU countries for the period 2000–2010, extending the range of LMI considered in empirical literature. Our novel contribution is the estimation of a panel model where we allow for heterogeneous effects of institutions on unemployment. The panel analysis includes a range of non standard variables referred to Public Employment Services policies (such as employment subsidies, job creation schemes and training expenses), besides early retirement and unemployment benefits. The results of a set of tests show that there is no simple relationship between active policies and unemployment rates across countries. Nevertheless, our main conclusions are first, that on the average active policies referred to Public Employment Services decrease, whereas more generous unemployment subsidies increase unemployment, if there is a high level of labour productivity and secondly, that the magnitude of the effects of institutions differs considerably among countries.
Thesis Chapters by Paola Meozzi
Phd report 2014. Fondazione Marco Biagi.- Social Report:
https://www.fmb.unimore.it/wp-content/u... more Phd report 2014. Fondazione Marco Biagi.- Social Report:
https://www.fmb.unimore.it/wp-content/uploads/2019/04/9126FMB_BilancioSoci.pdf
Labour Market Flexibility and Women’s Employment in Pisa
The present research aims at providing evidence on women participation in the labour market extending the range of issues considered in other studies of female participation with respect to occupational segregation. The logistic regression estimates compare female temporary workers and female permanent workers in Pisa since 2008 using a dataset of “administrative data” provided by the Public Labour Services. The model includes a range of “structural variables”, such as citizenship, educational level, age and other variables, such as the work sector. The results may be accounted for both on the female labour supply side and on the female demand supply side. Furthermore they provide support to labour market policies to contrast phenomena such as precariousness, loss of human capital, etc. The growth of precarious employment during the economic crisis has had major consequences on women and young workers, thus enhancing gender differences. Gender gaps are systematic differences in the outcomes that men and women achieve in the labour market (such as the percentages of men and women in the labour force, the types of occupations they choose, their relative wages, et.). This work first summarizes the main theoretical contribution to the question, then reviews the more important results achieved in recent empirical literature (Chapter 1). According to the literature, many factors can be accounted for gender gaps in earnings, careers and occupations. Economic gender gaps may be the consequence of individual behaviour both on the labour supply side due to education, job experience, hours of work, time spent in child care and in the home and so on (theories on human capital, gender socialization and family) and on the labour demand side (statistical discrimination, vertical and horizontal occupational segregation). Theoretical models explain differences within occupations between men and women, different rate of participation, the reason why youger and more educated women have few opportunities in their careers in relation to comparable groups of men. Economic gender gaps may also originate at institutional level. The diffusion of various types of rigidities (job protection measures, the presence of union in work bargaining in some countries as of the early 1980s, etc.) has contributed to the growth of various types of gender gaps and the persistently high level of unemployment. A heated debate has grown around the question of whether inside power and the ensuing severity of protection clauses run counter to the flexibility required to guarantee labour market efficiency. This issues has given rise to a growing corpus of empirical research. The empirical studies examined point to the greater impact of job protection measures on the dynamics and composition of unemployment rather than on its rate. The effect of these measures would seem that of prolonging the expected duration of unemployment spells and marginalization phenomena. The macroeconomic outcome is the emerging of dual economies with their inherent problems of equity and undermining inefficiencies. Other theoretical explanations apply such as the ‘adjustment costs models’ and the market imperfection theory (second best).
Chapter 2 offers a descriptive analysis of the temporary work both at international and national level, focusing on the regional and provincial dynamics which have occurred during the economic crisis. Finally, a model to study correlation between female temporary work and some individual characteristics is presented (Chapter 3). The logistic regression findings show that some structural variables (citizenship, age and educational level) affect the type of employment stability. Moreover female temporary workers have more probability of working in some work sectors rather than some other ones, providing support to the horizontal occupational hypothesis.
Reports by Paola Meozzi
Il processo di riforma del mercato del lavoro, iniziato con la L. n 196 del 1997 e continuato con... more Il processo di riforma del mercato del lavoro, iniziato con la L. n 196 del 1997 e continuato con la L n. 30 del 2003 e successivi interventi, ha portato ad una moltiplicazione delle differenti forme contrattuali e ad una vasta segmentazione dell’occupazione su molteplici dimensioni e piani interpretativi.
La presente indagine si è posta l’obiettivo di ricostruire il complesso quadro del fenomeno del lavoro atipico nella provincia di Lucca. Partendo dal dibattito economico sul tema della flessibilità nel mercato del lavoro, dopo avere delineato il processo di riforma all’interno del contesto internazionale e le prevalenti voci contrattuali vigenti, viene analizzata la composizione dell’occupazione non standard attraverso i principali indicatori. Il quadro di riferimento della performance del mercato del lavoro locale è quello fornito dai risultati dell’ultima rilevazione campionaria dell’indagine delle forze di lavoro nella provincia di Lucca nel 2011 (la prima è stata realizzata nel III trimestre 2009). L’impianto metodologico, pur integrando dati provenienti da fonti differenti, è incentrato su quelli fornita dalle indagini campionarie sulle rilevazioni delle forze di lavoro nella provincia di Lucca.
Nel corso del 2009, la Provincia di Lucca ha commissionato alla società Simurg Ricerche di Livorno una rilevazione volta a misurare i principali indicatori di andamento del mercato del lavoro (tasso di occupazione, tasso di disoccupazione ecc.) ed a fornire un quadro aggiornato, statisticamente affidabile e dettagliato sul fenomeno occupazionale a livello locale. L’indagine si svolge ogni sei mesi e coinvolge in ogni ciclo di rilevazione un campione di oltre 1.600 famiglie, di cui 260 con intestatario straniero. Ogni famiglia dopo la prima intervista è reintervistata per altre due volte a distanza di tempo, in maniera tale da ottenere informazioni sia di tipo strutturale che congiunturale. Il campione è distribuito uniformemente sul territorio provinciale, condizione che rende possibile ottenere stime fino al dettaglio dei Sistemi Economici Locali (Area Lucchese, Media Valle del Serchio, Garfagnana, Versilia).
I dati Eurostat, Ebitemp, Istat sono stati utilizzati per ricostruire il quadro di riferimento sia internazionale che nazionale. A livello provinciale, l’analisi di ulteriori dati, come quelli provenienti dai Centri per l’Impiego (IDOL) e dagli archivi dell’INPS consentono un riscontro delle principali tendenze registrate dall’indagine campionaria.
E’ importante sottolineare che la dimensione raggiunta dal fenomeno della precarietà è tale da rendere necessari nuovi indicatori che consentano di capire le tendenze in atto e siano in grado di misurare la qualità del lavoro nei suoi diversi aspetti. Pur considerando i rischi legati alla ricomposizione quantitativa di un fenomeno complesso, per misurare il livello di precarietà a livello provinciale nelle sue varie sfaccettature è stato utilizzato un indicatore di sintesi
Il rapporto è organizzato secondo i seguenti capitoli. Nell’ultima parte (capitoli 5 e 6) sono presentati i dati di fonte amministrativa relativi, rispettivamente, alle iscrizioni negli elenchi delle persone in cerca di occupazione ed agli avviamenti al lavoro a tempo determinato e part-time (fonte: sistema informativo IDOL dei Centri per l’Impiego).
RESEARCH PROJECTS (financed & present proposals) by Paola Meozzi
Financed Research Project (2012), Provincia di Lucca
Albi di Esperti (Veneto Lavoro) by Paola Meozzi
Albo Veneto Lavoro Decreto Direttoriale 11 Aprile 2017 , 2017
Veneto Lavoro Decreto Direttoriale 11 Aprile 2017
Veneto Lavoro DECRETO DIRETTORIALE
N. 161 DEL 06/07/2018
OGGETTO: Elenco esperti al 30 Giugno 201... more Veneto Lavoro DECRETO DIRETTORIALE
N. 161 DEL 06/07/2018
OGGETTO: Elenco esperti al 30 Giugno 2018: candidature ammesse
Uploads
Conference Presentations by Paola Meozzi
Detailed programma: http://www.aiel.it/page/archive.php
Books by Paola Meozzi
Edizioni Accademiche Italiane ( 12.01.2015 )
€ 64,90
https://www.edizioni-ai.com/catalog/details/store/hu/book/978-3-639-68116-1/flessibilit%C3%A0-e-mercato-del-lavoro?search=PAOLA%20MEOZZI
Sulla scia degli interventi già attuati in altri paesi dell’Unione Europea, da quasi un ventennio, è in corso in Italia un processo di deregolamentazione del mercato del lavoro mirato a creare nuove opportunità di occupazione, sia per le imprese che per i lavoratori. Per comprendere quanto è attualmente all’ordine del giorno nelle indicazioni di politica economica occorre essere in grado di rispondere alle seguenti domande:
- l’attuale riforma (cosiddetto “Jobs Act”) e i relativi decreti attuativi potrebbero realmente creare nuova occupazione?
- Che cosa si intende e che cosa implica la flessibilità del lavoro?
- Perché un mercato del lavoro meno rigido in termini numerici (possibilità di variare lo stock di lavoratori tramite maggiore flessibilità sia in entrata che in uscita) dovrebbe permettere una maggiore espansione economica, ovvero un aumento del tasso di occupazione, del reddito e della domanda interna?
- La vischiosità dei salari (rigidità salariale) rappresenta veramente la principale causa del costante disequilibrio presente nel mercato del lavoro?
- La liberalizzazione totale dei rapporti di lavoro sarebbe in grado di generare nuova occupazione in Italia?
Rispondere a tali domande comporta una comprensione tecnica del problema, basata sulla conoscenza di teorie che tentano di interpretare i fenomeni empirici che si sono verificati negli ultimi anni, con particolare riguardo agli effetti della crisi economica. Il saggio “Flessibilità e mercato del lavoro – Teorie neokeynesiane ed evidenze empiriche” fornisce non solo gli strumenti critici teorici - per quanto possibile semplificati ad uso di un lettore non esperto della materia - ma illustra anche evidenze empiriche persuasive che sollevano importanti interrogativi sull’effettiva efficacia di politiche economiche incentrate sulla flessibilità. Il punto di vista è quello di un economista del lavoro.
Tale impostazione teorica costituisce un punto di partenza per valutare successivamente (Capitolo II) la risposta di alcune indagini empiriche - selezionate tra la vasta letteratura di riferimento - che analizzano la relazione tra rigidità presenti nel mercato del lavoro (istituzionali, salariali, legate alla mobilità dei fattori, ecc) ed il fenomeno della disoccupazione nelle sua dinamica e composizione. Prima della verifica empirica (Capitolo II - Paragrafo 2.1), viene presentato un modello teorico unificato (in cui la tradizionale funzione di offerta di lavoro è sostituita con una wage setting function) utile per l’analisi macroeconomica in presenza di rigidità salariali.
Al fine di fornire un quadro di riferimento generale (Paragrafo 2.2) viene introdotta la questione della flessibilità salariale, per poi illustrare successivamente l’evoluzione del mercato del lavoro, sia in un contesto internazionale (Paragrafo 2.3), che in Italia (Paragrafo 2.4), delineandone le caratteristiche strutturali e istituzionali attraverso l’andamento dei principali indicatori di performance economica. I fatti stilizzati che hanno caratterizzato il mercato del lavoro nei paesi dell’area OECD nel periodo successivo agli anni ’70 costituiscono infatti il contesto in cui si sono innestate dinamiche che hanno prodotto il permanere di un elevato tasso di disoccupazione, fenomeni di segmentazione del mercato del lavoro (di genere, di livello di istruzione, territoriale, etc.) e l’ampliamento dei differenziali salariali.
Ciò che si cerca di analizzare successivamente (Paragrafo 2.4) è la rilevanza dei modelli di rigidità salariale nella spiegazione di alcuni fenomeni verificatisi recentemente nel mercato del lavoro di alcune economie avanzate caratterizzate da complessi assetti istituzionali. Il primo passo è verificare se e fino a che punto le cosiddette istituzioni del mercato del lavoro, riducendo il grado di variabilità delle retribuzioni, hanno contribuito a produrre performance macroeconomiche insoddisfacenti; la verifica empirica dei modelli viene condotta in prima istanza attraverso relazioni bivariate tra le istituzioni del mercato del lavoro e il tasso di disoccupazione (dati panel), utilizzando diversi tipi di specificazioni; in particolare, si analizzano le relazioni tra il tasso di disoccupazione o di occupazione e i regimi di protezione dell’impiego, ottenendo risultati diversi a seconda del fatto che il salario di un paese sia flessibile o rigido; nel primo caso, come vedremo, la presenza di meccanismi di protezione non produce alcun effetto, avendosi quindi neutralità, mentre nel secondo caso si avranno risposte allocative diverse che dipenderanno dal fatto che il paese con rigidità salariale abbia un’economia flessibile o meno. Le implicazioni sottoposte a verifica empirica sono:
a) l’occupazione media di lungo periodo è uguale in entrambi i paesi;
b) la variabilità nell’occupazione è più alta nel paese flessibile;
c) il paese flessibile ha un’allocazione ottimale delle risorse in quanto occupa un numero di lavoratori pari a quello necessario alla massimizzazione del profitto da parte dell’impresa.
Altri studi presentati analizzano la relazione tra meccanismi di protezione dell’impiego e tasso di occupazione, nonché i suoi effetti indiretti sul tasso di disoccupazione (aumento del potere degli insider, segmentazione del mercato del lavoro, persistenza del tasso di disoccupazione) attraverso relazioni multivariate; si considera un modello statico che spiega le differenze cross-sectional del tasso di disoccupazione attraverso alcune variabili istituzionali ed un modello dinamico che analizza come la disoccupazione sia cambiata nel tempo a causa di shock esogeni ed in relazione a specifiche variabili istituzionali. Quest’ultimo permette di ottenere un’equazione generale dinamica che sarebbe in grado di spiegare la storia del tasso di disoccupazione nei diversi paesi considerati. I vincoli istituzionali, come ad esempio i sussidi al reddito, il cuneo fiscale e la legislazione a favore dell’occupazione possono produrre persistenza nella disoccupazione di alcune categorie di lavoratori con riflessi permanenti sul tasso di disoccupazione generale. A seguito di uno shock avverso che porta ad alti livelli di disoccupazione, il meccanismo di riequilibrio attraverso le variazioni salariali può fallire causando i seguenti effetti: i disoccupati di lungo periodo, perdendo livelli di specializzazione, possono rinunciare alla ricerca di un nuovo lavoro (duration dependance) ed i lavoratori maggiormente a rischio, quali ad esempio i giovani, i lavoratori anziani licenziati o le donne, in periodo di prolungata crisi, vengono esclusi dal mercato del lavoro (marginalization) .
Si fa riferimento inoltre ad altri studi che stimano coefficienti legati ai sussidi di disoccupazione o ai salari minimi in relazione al tasso di disoccupazione generale e giovanile, così come ad analisi che stimano l’impatto di un aumento del cuneo fiscale sul tasso di disoccupazione.
Altre forme di rigidità sono quelle collegate alla presenza di sindacati. Ciò che viene sottoposto a verifica nelle indagini empiriche è se tale istituzione avvantaggerebbe gli insider attraverso azioni di protezione dei lavoratori già occupati. Viene infine accennato il dibattito sul grado di centralizzazione della contrattazione, misurato attraverso gli indicatori di densità e di copertura sindacale. Ciò che si mira a valutare è se esiste una relazione positiva tra tassi di sindacalizzazione e tassi di disoccupazione, anche se alcuni studi indicano invece una relazione positiva tra livello di occupazione ed alto livello di coordinamento della contrattazione.
Infine (Paragrafo 3.3), vengono esposte alcune considerazioni sugli strumenti di misurazione empirica del grado di flessibilità salariale, in particolare i differenziali salariali, il wage gap e la variabilità del salario, prima di passare alle conclusioni finali.
Papers by Paola Meozzi
do demographic and educational factors affect a woman’s occupational status?
How common is non standard employment for different labour force groups and in
different sectors of the labour market? This paper aims at analysing the impact of
different “struct
ural variables” in terms of risk for a woman working in the province of
Pisa to be employed with a non
-
standard contract. Determinants of women’s atypical
employment in Pisa are studied using microdata for approximately 425.000 women
employed in Pisa. Sect
ion 1 summarizes
previous literature.
Section 2
shows some
descriptive evidence and
the incidence patterns that exist for different demographic
groups. In Section 3 regression methods are used to explore the association between
particular worker character
istics and the likelihood of being employed in atypical jobs.
Multivariate analyses conducted on administrative microdata during the economic
crisis (2008
-
2013) show that some structural variables (citizenship, age and
educational level) affect the type of
employment stability. Moreover some female
atypical workers have a higher probability of working in some sectors rather than
some other ones, providing support to the horizontal occupational hypothesis.
The core question analyzed by Labour Market Institutions (LMI) studies is to assess whether the diffusion of various types of rigidities (employment protection measures, the presence of Unions in work bargaining, minimum wages, generous unemployment benefits, etc.) has contributed to the growth of the persistently high level of unemployment observed in many OECD countries. In recent years, there has been a sharp divergence in trends in the unemployment rates. This divergence is usually explained by inefficiencies that originate in the labour market. This paper deals with the effects of labour market institutions on unemployment in a panel of 27 EU countries for the period 2000–2010, extending the range of LMI considered in empirical literature. Our novel contribution is the estimation of a panel model where we allow for heterogeneous effects of institutions on unemployment. The panel analysis includes a range of non standard variables referred to Public Employment Services policies (such as employment subsidies, job creation schemes and training expenses), besides early retirement and unemployment benefits. The results of a set of tests show that there is no simple relationship between active policies and unemployment rates across countries. Nevertheless, our main conclusions are first, that on the average active policies referred to Public Employment Services decrease, whereas more generous unemployment subsidies increase unemployment, if there is a high level of labour productivity and secondly, that the magnitude of the effects of institutions differs considerably among countries.
Thesis Chapters by Paola Meozzi
https://www.fmb.unimore.it/wp-content/uploads/2019/04/9126FMB_BilancioSoci.pdf
Labour Market Flexibility and Women’s Employment in Pisa
The present research aims at providing evidence on women participation in the labour market extending the range of issues considered in other studies of female participation with respect to occupational segregation. The logistic regression estimates compare female temporary workers and female permanent workers in Pisa since 2008 using a dataset of “administrative data” provided by the Public Labour Services. The model includes a range of “structural variables”, such as citizenship, educational level, age and other variables, such as the work sector. The results may be accounted for both on the female labour supply side and on the female demand supply side. Furthermore they provide support to labour market policies to contrast phenomena such as precariousness, loss of human capital, etc. The growth of precarious employment during the economic crisis has had major consequences on women and young workers, thus enhancing gender differences. Gender gaps are systematic differences in the outcomes that men and women achieve in the labour market (such as the percentages of men and women in the labour force, the types of occupations they choose, their relative wages, et.). This work first summarizes the main theoretical contribution to the question, then reviews the more important results achieved in recent empirical literature (Chapter 1). According to the literature, many factors can be accounted for gender gaps in earnings, careers and occupations. Economic gender gaps may be the consequence of individual behaviour both on the labour supply side due to education, job experience, hours of work, time spent in child care and in the home and so on (theories on human capital, gender socialization and family) and on the labour demand side (statistical discrimination, vertical and horizontal occupational segregation). Theoretical models explain differences within occupations between men and women, different rate of participation, the reason why youger and more educated women have few opportunities in their careers in relation to comparable groups of men. Economic gender gaps may also originate at institutional level. The diffusion of various types of rigidities (job protection measures, the presence of union in work bargaining in some countries as of the early 1980s, etc.) has contributed to the growth of various types of gender gaps and the persistently high level of unemployment. A heated debate has grown around the question of whether inside power and the ensuing severity of protection clauses run counter to the flexibility required to guarantee labour market efficiency. This issues has given rise to a growing corpus of empirical research. The empirical studies examined point to the greater impact of job protection measures on the dynamics and composition of unemployment rather than on its rate. The effect of these measures would seem that of prolonging the expected duration of unemployment spells and marginalization phenomena. The macroeconomic outcome is the emerging of dual economies with their inherent problems of equity and undermining inefficiencies. Other theoretical explanations apply such as the ‘adjustment costs models’ and the market imperfection theory (second best).
Chapter 2 offers a descriptive analysis of the temporary work both at international and national level, focusing on the regional and provincial dynamics which have occurred during the economic crisis. Finally, a model to study correlation between female temporary work and some individual characteristics is presented (Chapter 3). The logistic regression findings show that some structural variables (citizenship, age and educational level) affect the type of employment stability. Moreover female temporary workers have more probability of working in some work sectors rather than some other ones, providing support to the horizontal occupational hypothesis.
Reports by Paola Meozzi
La presente indagine si è posta l’obiettivo di ricostruire il complesso quadro del fenomeno del lavoro atipico nella provincia di Lucca. Partendo dal dibattito economico sul tema della flessibilità nel mercato del lavoro, dopo avere delineato il processo di riforma all’interno del contesto internazionale e le prevalenti voci contrattuali vigenti, viene analizzata la composizione dell’occupazione non standard attraverso i principali indicatori. Il quadro di riferimento della performance del mercato del lavoro locale è quello fornito dai risultati dell’ultima rilevazione campionaria dell’indagine delle forze di lavoro nella provincia di Lucca nel 2011 (la prima è stata realizzata nel III trimestre 2009). L’impianto metodologico, pur integrando dati provenienti da fonti differenti, è incentrato su quelli fornita dalle indagini campionarie sulle rilevazioni delle forze di lavoro nella provincia di Lucca.
Nel corso del 2009, la Provincia di Lucca ha commissionato alla società Simurg Ricerche di Livorno una rilevazione volta a misurare i principali indicatori di andamento del mercato del lavoro (tasso di occupazione, tasso di disoccupazione ecc.) ed a fornire un quadro aggiornato, statisticamente affidabile e dettagliato sul fenomeno occupazionale a livello locale. L’indagine si svolge ogni sei mesi e coinvolge in ogni ciclo di rilevazione un campione di oltre 1.600 famiglie, di cui 260 con intestatario straniero. Ogni famiglia dopo la prima intervista è reintervistata per altre due volte a distanza di tempo, in maniera tale da ottenere informazioni sia di tipo strutturale che congiunturale. Il campione è distribuito uniformemente sul territorio provinciale, condizione che rende possibile ottenere stime fino al dettaglio dei Sistemi Economici Locali (Area Lucchese, Media Valle del Serchio, Garfagnana, Versilia).
I dati Eurostat, Ebitemp, Istat sono stati utilizzati per ricostruire il quadro di riferimento sia internazionale che nazionale. A livello provinciale, l’analisi di ulteriori dati, come quelli provenienti dai Centri per l’Impiego (IDOL) e dagli archivi dell’INPS consentono un riscontro delle principali tendenze registrate dall’indagine campionaria.
E’ importante sottolineare che la dimensione raggiunta dal fenomeno della precarietà è tale da rendere necessari nuovi indicatori che consentano di capire le tendenze in atto e siano in grado di misurare la qualità del lavoro nei suoi diversi aspetti. Pur considerando i rischi legati alla ricomposizione quantitativa di un fenomeno complesso, per misurare il livello di precarietà a livello provinciale nelle sue varie sfaccettature è stato utilizzato un indicatore di sintesi
Il rapporto è organizzato secondo i seguenti capitoli. Nell’ultima parte (capitoli 5 e 6) sono presentati i dati di fonte amministrativa relativi, rispettivamente, alle iscrizioni negli elenchi delle persone in cerca di occupazione ed agli avviamenti al lavoro a tempo determinato e part-time (fonte: sistema informativo IDOL dei Centri per l’Impiego).
RESEARCH PROJECTS (financed & present proposals) by Paola Meozzi
Albi di Esperti (Veneto Lavoro) by Paola Meozzi
N. 161 DEL 06/07/2018
OGGETTO: Elenco esperti al 30 Giugno 2018: candidature ammesse
Detailed programma: http://www.aiel.it/page/archive.php
Edizioni Accademiche Italiane ( 12.01.2015 )
€ 64,90
https://www.edizioni-ai.com/catalog/details/store/hu/book/978-3-639-68116-1/flessibilit%C3%A0-e-mercato-del-lavoro?search=PAOLA%20MEOZZI
Sulla scia degli interventi già attuati in altri paesi dell’Unione Europea, da quasi un ventennio, è in corso in Italia un processo di deregolamentazione del mercato del lavoro mirato a creare nuove opportunità di occupazione, sia per le imprese che per i lavoratori. Per comprendere quanto è attualmente all’ordine del giorno nelle indicazioni di politica economica occorre essere in grado di rispondere alle seguenti domande:
- l’attuale riforma (cosiddetto “Jobs Act”) e i relativi decreti attuativi potrebbero realmente creare nuova occupazione?
- Che cosa si intende e che cosa implica la flessibilità del lavoro?
- Perché un mercato del lavoro meno rigido in termini numerici (possibilità di variare lo stock di lavoratori tramite maggiore flessibilità sia in entrata che in uscita) dovrebbe permettere una maggiore espansione economica, ovvero un aumento del tasso di occupazione, del reddito e della domanda interna?
- La vischiosità dei salari (rigidità salariale) rappresenta veramente la principale causa del costante disequilibrio presente nel mercato del lavoro?
- La liberalizzazione totale dei rapporti di lavoro sarebbe in grado di generare nuova occupazione in Italia?
Rispondere a tali domande comporta una comprensione tecnica del problema, basata sulla conoscenza di teorie che tentano di interpretare i fenomeni empirici che si sono verificati negli ultimi anni, con particolare riguardo agli effetti della crisi economica. Il saggio “Flessibilità e mercato del lavoro – Teorie neokeynesiane ed evidenze empiriche” fornisce non solo gli strumenti critici teorici - per quanto possibile semplificati ad uso di un lettore non esperto della materia - ma illustra anche evidenze empiriche persuasive che sollevano importanti interrogativi sull’effettiva efficacia di politiche economiche incentrate sulla flessibilità. Il punto di vista è quello di un economista del lavoro.
Tale impostazione teorica costituisce un punto di partenza per valutare successivamente (Capitolo II) la risposta di alcune indagini empiriche - selezionate tra la vasta letteratura di riferimento - che analizzano la relazione tra rigidità presenti nel mercato del lavoro (istituzionali, salariali, legate alla mobilità dei fattori, ecc) ed il fenomeno della disoccupazione nelle sua dinamica e composizione. Prima della verifica empirica (Capitolo II - Paragrafo 2.1), viene presentato un modello teorico unificato (in cui la tradizionale funzione di offerta di lavoro è sostituita con una wage setting function) utile per l’analisi macroeconomica in presenza di rigidità salariali.
Al fine di fornire un quadro di riferimento generale (Paragrafo 2.2) viene introdotta la questione della flessibilità salariale, per poi illustrare successivamente l’evoluzione del mercato del lavoro, sia in un contesto internazionale (Paragrafo 2.3), che in Italia (Paragrafo 2.4), delineandone le caratteristiche strutturali e istituzionali attraverso l’andamento dei principali indicatori di performance economica. I fatti stilizzati che hanno caratterizzato il mercato del lavoro nei paesi dell’area OECD nel periodo successivo agli anni ’70 costituiscono infatti il contesto in cui si sono innestate dinamiche che hanno prodotto il permanere di un elevato tasso di disoccupazione, fenomeni di segmentazione del mercato del lavoro (di genere, di livello di istruzione, territoriale, etc.) e l’ampliamento dei differenziali salariali.
Ciò che si cerca di analizzare successivamente (Paragrafo 2.4) è la rilevanza dei modelli di rigidità salariale nella spiegazione di alcuni fenomeni verificatisi recentemente nel mercato del lavoro di alcune economie avanzate caratterizzate da complessi assetti istituzionali. Il primo passo è verificare se e fino a che punto le cosiddette istituzioni del mercato del lavoro, riducendo il grado di variabilità delle retribuzioni, hanno contribuito a produrre performance macroeconomiche insoddisfacenti; la verifica empirica dei modelli viene condotta in prima istanza attraverso relazioni bivariate tra le istituzioni del mercato del lavoro e il tasso di disoccupazione (dati panel), utilizzando diversi tipi di specificazioni; in particolare, si analizzano le relazioni tra il tasso di disoccupazione o di occupazione e i regimi di protezione dell’impiego, ottenendo risultati diversi a seconda del fatto che il salario di un paese sia flessibile o rigido; nel primo caso, come vedremo, la presenza di meccanismi di protezione non produce alcun effetto, avendosi quindi neutralità, mentre nel secondo caso si avranno risposte allocative diverse che dipenderanno dal fatto che il paese con rigidità salariale abbia un’economia flessibile o meno. Le implicazioni sottoposte a verifica empirica sono:
a) l’occupazione media di lungo periodo è uguale in entrambi i paesi;
b) la variabilità nell’occupazione è più alta nel paese flessibile;
c) il paese flessibile ha un’allocazione ottimale delle risorse in quanto occupa un numero di lavoratori pari a quello necessario alla massimizzazione del profitto da parte dell’impresa.
Altri studi presentati analizzano la relazione tra meccanismi di protezione dell’impiego e tasso di occupazione, nonché i suoi effetti indiretti sul tasso di disoccupazione (aumento del potere degli insider, segmentazione del mercato del lavoro, persistenza del tasso di disoccupazione) attraverso relazioni multivariate; si considera un modello statico che spiega le differenze cross-sectional del tasso di disoccupazione attraverso alcune variabili istituzionali ed un modello dinamico che analizza come la disoccupazione sia cambiata nel tempo a causa di shock esogeni ed in relazione a specifiche variabili istituzionali. Quest’ultimo permette di ottenere un’equazione generale dinamica che sarebbe in grado di spiegare la storia del tasso di disoccupazione nei diversi paesi considerati. I vincoli istituzionali, come ad esempio i sussidi al reddito, il cuneo fiscale e la legislazione a favore dell’occupazione possono produrre persistenza nella disoccupazione di alcune categorie di lavoratori con riflessi permanenti sul tasso di disoccupazione generale. A seguito di uno shock avverso che porta ad alti livelli di disoccupazione, il meccanismo di riequilibrio attraverso le variazioni salariali può fallire causando i seguenti effetti: i disoccupati di lungo periodo, perdendo livelli di specializzazione, possono rinunciare alla ricerca di un nuovo lavoro (duration dependance) ed i lavoratori maggiormente a rischio, quali ad esempio i giovani, i lavoratori anziani licenziati o le donne, in periodo di prolungata crisi, vengono esclusi dal mercato del lavoro (marginalization) .
Si fa riferimento inoltre ad altri studi che stimano coefficienti legati ai sussidi di disoccupazione o ai salari minimi in relazione al tasso di disoccupazione generale e giovanile, così come ad analisi che stimano l’impatto di un aumento del cuneo fiscale sul tasso di disoccupazione.
Altre forme di rigidità sono quelle collegate alla presenza di sindacati. Ciò che viene sottoposto a verifica nelle indagini empiriche è se tale istituzione avvantaggerebbe gli insider attraverso azioni di protezione dei lavoratori già occupati. Viene infine accennato il dibattito sul grado di centralizzazione della contrattazione, misurato attraverso gli indicatori di densità e di copertura sindacale. Ciò che si mira a valutare è se esiste una relazione positiva tra tassi di sindacalizzazione e tassi di disoccupazione, anche se alcuni studi indicano invece una relazione positiva tra livello di occupazione ed alto livello di coordinamento della contrattazione.
Infine (Paragrafo 3.3), vengono esposte alcune considerazioni sugli strumenti di misurazione empirica del grado di flessibilità salariale, in particolare i differenziali salariali, il wage gap e la variabilità del salario, prima di passare alle conclusioni finali.
do demographic and educational factors affect a woman’s occupational status?
How common is non standard employment for different labour force groups and in
different sectors of the labour market? This paper aims at analysing the impact of
different “struct
ural variables” in terms of risk for a woman working in the province of
Pisa to be employed with a non
-
standard contract. Determinants of women’s atypical
employment in Pisa are studied using microdata for approximately 425.000 women
employed in Pisa. Sect
ion 1 summarizes
previous literature.
Section 2
shows some
descriptive evidence and
the incidence patterns that exist for different demographic
groups. In Section 3 regression methods are used to explore the association between
particular worker character
istics and the likelihood of being employed in atypical jobs.
Multivariate analyses conducted on administrative microdata during the economic
crisis (2008
-
2013) show that some structural variables (citizenship, age and
educational level) affect the type of
employment stability. Moreover some female
atypical workers have a higher probability of working in some sectors rather than
some other ones, providing support to the horizontal occupational hypothesis.
The core question analyzed by Labour Market Institutions (LMI) studies is to assess whether the diffusion of various types of rigidities (employment protection measures, the presence of Unions in work bargaining, minimum wages, generous unemployment benefits, etc.) has contributed to the growth of the persistently high level of unemployment observed in many OECD countries. In recent years, there has been a sharp divergence in trends in the unemployment rates. This divergence is usually explained by inefficiencies that originate in the labour market. This paper deals with the effects of labour market institutions on unemployment in a panel of 27 EU countries for the period 2000–2010, extending the range of LMI considered in empirical literature. Our novel contribution is the estimation of a panel model where we allow for heterogeneous effects of institutions on unemployment. The panel analysis includes a range of non standard variables referred to Public Employment Services policies (such as employment subsidies, job creation schemes and training expenses), besides early retirement and unemployment benefits. The results of a set of tests show that there is no simple relationship between active policies and unemployment rates across countries. Nevertheless, our main conclusions are first, that on the average active policies referred to Public Employment Services decrease, whereas more generous unemployment subsidies increase unemployment, if there is a high level of labour productivity and secondly, that the magnitude of the effects of institutions differs considerably among countries.
https://www.fmb.unimore.it/wp-content/uploads/2019/04/9126FMB_BilancioSoci.pdf
Labour Market Flexibility and Women’s Employment in Pisa
The present research aims at providing evidence on women participation in the labour market extending the range of issues considered in other studies of female participation with respect to occupational segregation. The logistic regression estimates compare female temporary workers and female permanent workers in Pisa since 2008 using a dataset of “administrative data” provided by the Public Labour Services. The model includes a range of “structural variables”, such as citizenship, educational level, age and other variables, such as the work sector. The results may be accounted for both on the female labour supply side and on the female demand supply side. Furthermore they provide support to labour market policies to contrast phenomena such as precariousness, loss of human capital, etc. The growth of precarious employment during the economic crisis has had major consequences on women and young workers, thus enhancing gender differences. Gender gaps are systematic differences in the outcomes that men and women achieve in the labour market (such as the percentages of men and women in the labour force, the types of occupations they choose, their relative wages, et.). This work first summarizes the main theoretical contribution to the question, then reviews the more important results achieved in recent empirical literature (Chapter 1). According to the literature, many factors can be accounted for gender gaps in earnings, careers and occupations. Economic gender gaps may be the consequence of individual behaviour both on the labour supply side due to education, job experience, hours of work, time spent in child care and in the home and so on (theories on human capital, gender socialization and family) and on the labour demand side (statistical discrimination, vertical and horizontal occupational segregation). Theoretical models explain differences within occupations between men and women, different rate of participation, the reason why youger and more educated women have few opportunities in their careers in relation to comparable groups of men. Economic gender gaps may also originate at institutional level. The diffusion of various types of rigidities (job protection measures, the presence of union in work bargaining in some countries as of the early 1980s, etc.) has contributed to the growth of various types of gender gaps and the persistently high level of unemployment. A heated debate has grown around the question of whether inside power and the ensuing severity of protection clauses run counter to the flexibility required to guarantee labour market efficiency. This issues has given rise to a growing corpus of empirical research. The empirical studies examined point to the greater impact of job protection measures on the dynamics and composition of unemployment rather than on its rate. The effect of these measures would seem that of prolonging the expected duration of unemployment spells and marginalization phenomena. The macroeconomic outcome is the emerging of dual economies with their inherent problems of equity and undermining inefficiencies. Other theoretical explanations apply such as the ‘adjustment costs models’ and the market imperfection theory (second best).
Chapter 2 offers a descriptive analysis of the temporary work both at international and national level, focusing on the regional and provincial dynamics which have occurred during the economic crisis. Finally, a model to study correlation between female temporary work and some individual characteristics is presented (Chapter 3). The logistic regression findings show that some structural variables (citizenship, age and educational level) affect the type of employment stability. Moreover female temporary workers have more probability of working in some work sectors rather than some other ones, providing support to the horizontal occupational hypothesis.
La presente indagine si è posta l’obiettivo di ricostruire il complesso quadro del fenomeno del lavoro atipico nella provincia di Lucca. Partendo dal dibattito economico sul tema della flessibilità nel mercato del lavoro, dopo avere delineato il processo di riforma all’interno del contesto internazionale e le prevalenti voci contrattuali vigenti, viene analizzata la composizione dell’occupazione non standard attraverso i principali indicatori. Il quadro di riferimento della performance del mercato del lavoro locale è quello fornito dai risultati dell’ultima rilevazione campionaria dell’indagine delle forze di lavoro nella provincia di Lucca nel 2011 (la prima è stata realizzata nel III trimestre 2009). L’impianto metodologico, pur integrando dati provenienti da fonti differenti, è incentrato su quelli fornita dalle indagini campionarie sulle rilevazioni delle forze di lavoro nella provincia di Lucca.
Nel corso del 2009, la Provincia di Lucca ha commissionato alla società Simurg Ricerche di Livorno una rilevazione volta a misurare i principali indicatori di andamento del mercato del lavoro (tasso di occupazione, tasso di disoccupazione ecc.) ed a fornire un quadro aggiornato, statisticamente affidabile e dettagliato sul fenomeno occupazionale a livello locale. L’indagine si svolge ogni sei mesi e coinvolge in ogni ciclo di rilevazione un campione di oltre 1.600 famiglie, di cui 260 con intestatario straniero. Ogni famiglia dopo la prima intervista è reintervistata per altre due volte a distanza di tempo, in maniera tale da ottenere informazioni sia di tipo strutturale che congiunturale. Il campione è distribuito uniformemente sul territorio provinciale, condizione che rende possibile ottenere stime fino al dettaglio dei Sistemi Economici Locali (Area Lucchese, Media Valle del Serchio, Garfagnana, Versilia).
I dati Eurostat, Ebitemp, Istat sono stati utilizzati per ricostruire il quadro di riferimento sia internazionale che nazionale. A livello provinciale, l’analisi di ulteriori dati, come quelli provenienti dai Centri per l’Impiego (IDOL) e dagli archivi dell’INPS consentono un riscontro delle principali tendenze registrate dall’indagine campionaria.
E’ importante sottolineare che la dimensione raggiunta dal fenomeno della precarietà è tale da rendere necessari nuovi indicatori che consentano di capire le tendenze in atto e siano in grado di misurare la qualità del lavoro nei suoi diversi aspetti. Pur considerando i rischi legati alla ricomposizione quantitativa di un fenomeno complesso, per misurare il livello di precarietà a livello provinciale nelle sue varie sfaccettature è stato utilizzato un indicatore di sintesi
Il rapporto è organizzato secondo i seguenti capitoli. Nell’ultima parte (capitoli 5 e 6) sono presentati i dati di fonte amministrativa relativi, rispettivamente, alle iscrizioni negli elenchi delle persone in cerca di occupazione ed agli avviamenti al lavoro a tempo determinato e part-time (fonte: sistema informativo IDOL dei Centri per l’Impiego).
N. 161 DEL 06/07/2018
OGGETTO: Elenco esperti al 30 Giugno 2018: candidature ammesse
Programma della tavola rotonda organizzata dal Prof. Mario Morroni del Dipartimento di Scienze economiche dell'Università di Pisa, durante la quale, in qualità di Direttore Scientifico del progetto di ricerca in convenzione con la Provincia di Pisa, presenterà, insieme al suo gruppo di lavoro ( Irene Brunetti, Marco Guerrazzi, Maria Luisa
Mazzanti, Paola Meozzi, Mauro Sylos Labini), il rapporto annuale
sull'andamento del mercato del lavoro e delle attività dei Centri per
l'Impiego della Provincia di Pisa del 2010. Seguirà una tavola rotonda
in cui interverranno diversi ospiti, tra i quali l'Assessore al
lavoro, formazione, welfare, associazionismo e terzo settore, pari
opportunità Anna Romei (V. Programma sottostante)
Martedì 13 dicembre alle ore 10.30
presso l’aula 8 della Facoltà di Economia dell’Università di Pisa (Via
Ridolfi, 10), il Dipartimento di Scienze Economiche organizza un workshop sul tema
Mercato del lavoro e crisi economica.
Mario Morroni presenterà il Rapporto annuale di ricerca su Il Mercato del
lavoro nella Provincia di Pisa e l’attività dei Centri per l’Impiego.
Seguirà una tavola rotonda su Prospettive occupazionali, formazione
professionale e politiche del lavoro, interverranno:
Bruno Anastasia, Veneto Lavoro, Regione del Veneto; Patrizia Di Monte,
Arlas, Regione Campania; Francesca Mazzolari, Centro Studi Confindustria;
Anna Romei, Assessore al lavoro, formazione, welfare, associazionismo e
terzo settore, pari opportunità, Provincia di Pisa; Nicola Sciclone,
Istituto Regionale Programmazione Economica Toscana.
Ore 12:15 - Dibattito
Ore 13:00 Conclusioni
https://en.wikipedia.org/wiki/Alasdair_MacIntyre
Paola Meozzi, "La teoria storicistica della razionalità in Alasdair MacIntyre: alcune questioni rimaste in sospeso" - Nuova Civiltà delle Macchine, ANNO XX nr 3/4, 2002
Paola Meozzi, Alasdair MacIntyre: Traduzione, incommensurabilità e verità -
Fenomenologia e Società - Rosenberg & Sellier, n. 1 - 2003
Abstract: Aspects of and Problems with Alasdair Macintyre’s Moral Enquiry
Imre Lakatos' "methodology of scientific research programs" and Alasdair MacIntyre's "tradition-constituted enquiry" are two sustained attempts to overcome the assumptions of logical empiricism, while saving the appearance that theory-change is rational. The key difference between them is their antithetical stand on the issue of incommensurability between large-scale theories. This divergence generates other areas of disagreement; the most important are the relevance of the historical record and the presence of decision criteria that are common to rival programmes. The thesis argues that moral relativism can be rejected if we are able to live life well according to virtues, developing the practical wisdom required to choose which social practices are worth pursuing. That requires induction into a wide selection of social practices. I claim that MacIntyre can dissolve tensions between incommensurability and rationality in theory-change if he is able: 1) to distinguish a sense of incommensurability that preserves genuine rivalry between theories; 2) to show that the possibility of rationality in theory-change depends not on the presence of common decision criteria, but on the fact that traditions can fail by their own standards. After reconstructing and examining the arguments, I conclude that the notion of a tradition's "internal failure" is consistent, but that it leaves crucial questions about the epistemology and ontology of traditions that must be answered if MacIntyre's proposal is to constitute a genuine improvement on Lakatos.