Books by Maria Gabriella Pezone
Eidos Publishing and Design, Castellammare 2020, ISBN: 978-88-85867-05-5 , 2020
Reconstruction of the activity of Carlo Buratti offers an effective key to analyze the relations ... more Reconstruction of the activity of Carlo Buratti offers an effective key to analyze the relations between Rome and Naples in the period between 17th and 18th century. The book retraces the entire productivity of architect from Ticino, “accademico di merito” at the St. Luca Academy, pupil and collaborator of Carlo Fontana, called to operate in many centres of Central-Southern Italy.
La ricostruzione critica dell’opera di Carlo Buratti, offre una perspicua chiave di lettura per analizzare i rapporti tra Roma e Napoli nel periodo a cavallo tra Seicento e Settecento. Il libro ripercorre l’intera produttività dell’architetto di origini ticinesi, accademico di merito all’accademia di S. Luca, allievo e collaboratore di Carlo Fontana, chiamato a operare in molti centri dell’Italia centro-meridionale. Impegnato in campi diversi della progettazione, diede qualificati contributi nella costruzione di acquedotti, ponti, teatri e, soprattutto in rifattioni di edifici storici e in rinnovamenti urbani. Dalle opere, analizzate anche attraverso la lettura di fonti inedite, emerge il forte spirito razionale dell’architetto che, pur operando in un periodo difficile per le finanze dello stato pontificio, riuscì a definire un proprio linguaggio architettonico dalle valenze essenziali, che ne fa un anticipatore di quell’asciuttezza espressa in maniera programmatica solo nella seconda metà del secolo.
Partendo dalla sua attività, l’indagine è stata estesa anche alla presenza nel territorio vicereale napoletano di altri artefici romani, per sottolineare una precoce diffusione di stilemi e modi architettonici tipici dell’urbe ancora prima che il fenomeno dell’“importazione” del linguaggio romano avesse la sua consacrazione con l’arrivo di Carlo di Borbone.
Il testo delinea, attraverso una larga sintesi, il mosaico degli artefici che operarono per la di... more Il testo delinea, attraverso una larga sintesi, il mosaico degli artefici che operarono per la dinastia borbonica nel Settecento, con aggiornamenti bibliografici e nuovi dati archivistici. La vasta materia è stata articolata con l’obiettivo di restituire la formazione e la cultura professionale napoletana attraverso il rapporto tra arte e tecnica. Ad un capitolo d’apertura dedicato alla formazione seguono due ampie sezioni che affrontano la prima il tema della cultura architettonica riletta attraverso il rapporto tra Roma e Napoli (II capitolo) e la seconda l’apporto della cultura tecnica alla quale gli ingegneri militari diedero un contributo insostituibile (IV capitolo), non trascurando gli artefici operanti nelle aree periferiche ai quali è dedicato il III capitolo. Non deve sorprendere se i profili biografici più approfonditi riguardino figure considerate sinora minori o totalmente sconosciute. Si è operata questa scelta per rimediare a una duplice “distorsione” storiografica che ha consegnato all’oblio molti architetti di valore. Se da un lato gli storici post-unitari hanno sminuito anche quanto di positivo la dinastia borbonica aveva promosso d’altra parte non è stata da meno la storiografia ufficiale borbonica che, soprattutto dopo la prima restaurazione, ha demonizzato e cancellato dalla memoria storica molti architetti eccellenti coinvolti politicamente nella rivoluzione del 1799.
Una rilettura dell’architettura romanica e gotica volta a evidenziarne i caratteri e i temi più p... more Una rilettura dell’architettura romanica e gotica volta a evidenziarne i caratteri e i temi più pregnanti, dal muro articolato, alla facciata autonoma, alla metrica spaziale, allo spazio illimitato, dal sincretismo formale alla policromia fino alla struttura diafana, al contrasto delle forze dimensionali e al valore trascendente della luce. Il volume propone un’ampia e documentata sintesi critica delle posizioni storiografiche più aggiornate, evidenziando il ruolo nient’affatto marginale dell’architettura italiana romanica e gotica, rispetto alla coeva produzione europea, senza trascurare l’indagine sulla produzione minore. Un ricco apparato iconografico facilita la lettura delle fabbriche facendone un agevole strumento didattico.
Chapter in edited volumes by Maria Gabriella Pezone
Finis coronat opus. Saggi in onore di Rosanna Cioffi, a cura di Giulio Brevetti, Almerinda Di Benedetto, Riccardo Lattuada, Ornella Scognamiglio, Tau, Todi 2021, pp. 447-454, 2021
Intorno a Capua nova. Ricerche tra antichità ed età moderna, a cura di M. G. Pezone, Eidos, Castellammare di Stabia 2022, pp. 88-103, 2022
L’edificio della cattedrale capuana ha cambiato più volte facies architettonica nel corso della s... more L’edificio della cattedrale capuana ha cambiato più volte facies architettonica nel corso della sua storia millenaria. Delle articolate vicende il saggio approfondisce la riconfigurazione promossa da Nicola Caracciolo nel Settecento, una colta operazione di “reimpiego” dei materiali medievali che riaffiorarono dalle demolizioni. Purtroppo, di questa veste decorativa non rimane quasi nulla ed è possibile ricostruirne la configurazione solo attraverso la lettura delle fonti. L’architetto Sebastiano Cipriani dovette applicare una metodologia di intervento diffusa a Roma nella riedificazione di chiese vetuste, dove il mantenimento dell’originaria struttura e il reimpiego in chiave moderna dei reperti antichi esprimeva una sorta di rispetto reverenziale per l’edificio primitivo del quale si conservavano alcuni elementi come emblemi della memoria. Solo nel succorpo permane qualche brandello delle decorazioni in stucco della rifattione settecentesca, sebbene la sua integrità spaziale sia stata invece inesorabilmente compromessa dalle disastrose vicende successive, non solo belliche. Il saggio si sofferma nel dettaglio proprio su questo spazio destinato alla liturgia del triduo pasquale che, con la sistemazione centrale di una copia del tempietto del Santo Sepolcro, doveva evocare la Rotonda dell’Anastasis di Gerusalemme.
The Capua cathedral building has changed its architectural facies several times throughout its thousand-year history. Of the articulated architectural events of its history, the essay explores the reconfiguration promoted by Nicola Caracciolo in the 18th century, a cultured operation of 're-use' of medieval materials that resurfaced from demolitions. Unfortunately, almost nothing remains of this decorative appearance, and it is only possible to reconstruct its configuration by reading the sources. The architect Sebastiano Cipriani had to apply a methodology of intervention that was very widespread in Rome in the rebuilding of old churches, where the preservation of the original structure and the reuse of ancient artefacts in a modern key expressed a sort of reverential respect for the primitive building, of which some elements were preserved as emblems of memory. Only in the succorpo remains some shreds of the stucco decorations of the 18th-century rifattione, although its spatial integrity was inexorably compromised by the disastrous events that followed, not only from the war. The essay focuses in detail on this space destined for the liturgy of the Easter triduum, which, with the central arrangement of a copy of the temple of the Holy Sepulchre, was meant to evoke the Rotunda of the Anastasis in Jerusalem.
in Intorno a Capua nova. Ricerche tra antichità ed età moderna, a cura di M. G. Pezone, Eidos, Castellammare di Stabia 2022, 2022
Si vis pacem para bellum, a cura di Marcello Rotili, Giuseppe Pignatelli, 2017
The paper focuses on the project of Ferdinando Sanfelice for the library of San Giovanni a Carbon... more The paper focuses on the project of Ferdinando Sanfelice for the library of San Giovanni a Carbonara, an extraordinary example of reuse/restoration in the 18th century of an ancient tower of the aragonese wall in Neaples. A building for the war was trasformed in an amazing star shaped library that unfortunately today doesn’t exist anymore because of many alterations after the suppression of the monastery in 1799.
The essay analyzes urben transformations in Benevento, town destroyed by a lot of terrible earthq... more The essay analyzes urben transformations in Benevento, town destroyed by a lot of terrible earthquakes. Studying rebuilding works after earthquakes of 1688, 1702 and works of last 18th urban designs makes easier analyzing constant exchanges between Roman and Neapolitan languages that always marked Beneventan architecture for its condition of papal exclave.
Il saggio ricostruisce la storia dell’attuale sede della facoltà di Lettere e Filosofia della Sec... more Il saggio ricostruisce la storia dell’attuale sede della facoltà di Lettere e Filosofia della Seconda Università di Napoli dalla fondazione del convento di S. Maria Via Coeli sino alla costruzione del carcere borbonico. Il convento dei Minimi fu fondato nel 1604 dal padre predicatore dell’Ordine don Ignazio da Capua. Poiché non rimangono tracce materiali di questa prima costruzione, è stato necessario consultare le fonti archivistiche per definirne l’originaria configurazione. L’edificio religioso fu demolito nel 1819 quando iniziò la costruzione del nuovo Carcere centrale di Terra di Lavoro: fondato sulle strutture del criptoportico romano, l’impianto seguiva la forma bloccata di un rigido quadrilatero. Il saggio descrive le articolate vicende del cantiere borbonico fino all’Unità d’Italia precisando anche le originarie destinazioni d’uso degli ambienti. La lunga durata dei lavori, per i problemi insorti con l’appaltatore sin dall’inizio, rese inadeguato e anacronistico il carcere di S. Maria molto prima della sua conclusione (negli anni ’40 dell’Ottocento), soprattutto al confronto con i contemporanei edifici di Avellino e Campobasso che seguirono le norme costruttive del panopticon. La lettura delle carte dell’epoca relative alla costruzione della prigione borbonica riflette efficacemente anche il vivace dibattito sull’edilizia carceraria che impegnò gli ambienti del Corpo di Ponti e Strade in quegli anni.
Il saggio delinea una sintetica rassegna sull’architettura tra Quattrocento e Cinquecento a Benev... more Il saggio delinea una sintetica rassegna sull’architettura tra Quattrocento e Cinquecento a Benevento, che non ha ricevuto gli stessi approfondimenti dedicati ad altri periodi. Se è vero che per ricostruire la storia artistica beneventana è indispensabile analizzare l’opera intrapresa da Vincenzo Maria Orsini dopo i due terremoti del 1688 e 1702, poiché larga parte del patrimonio edilizio fu ricostruito per la sua munificenza, si è ritenuto in questo studio opportuno seguire e delineare le poche tracce di un percorso storico-artistico in parte cancellato e tentare di individuare le ragioni della mancata affermazione dell’architettura rinascimentale a Benevento. Se per il Quattrocento il recupero del linguaggio classico nell’architettura fu con certezza un’occasione mancata, soprattutto per le vicende storico politiche che la trasformarono in teatro di scontri violenti e di aspre lotte di potere, lo stesso non può dirsi per il secolo successivo, qualificato invece da un’intensa attività culturale e da una vivace ripresa architettonica, riflesso forse anche delle vicende artistiche di Roma, dalle quali in questo periodo Benevento, da enclave pontificia, non fu certamente esclusa. Il quadro della letteratura artistica conferma questo nuovo fermento sebbene la perdita materiale delle opere per effetto dei terremoti ne abbia notevolmente oscurato l’evidenza.
Il saggio traccia un quadro della presenza benedettina nella Costiera amalfitana. In questa zona ... more Il saggio traccia un quadro della presenza benedettina nella Costiera amalfitana. In questa zona l’ordine contribuì non solo alla diffusione di modelli architettonici ma anche, attraverso oculate politiche agrarie, alla concreta trasformazione del paesaggio amalfitano ancora oggi di ineguagliabile bellezza. La rassegna include gli insediamenti che ancora conservano elementi originari – un numero esiguo rispetto a quelli registrati nelle fonti ¬ riservando attenzione non solo alle fabbriche di fondazione benedettina ma anche a quelle rientrate nell’orbita solo successivamente o a quelle che, pur non essendo benedettine, hanno risentito dell’influenza di modi e stilemi diffusi proprio dall’Ordine. Un viaggio attraverso il linguaggio architettonico degli insediamenti delle diverse famiglie benedettine con un’attenzione particolare ai caratteri bizantini che, connaturati alla storia del Ducato, permangono anche nei monasteri passati nell’orbita delle grandi abbazie di Cava e di Montecassino.
Il saggio ricostruisce le vicende del cantiere settecentesco della cattedrale di Aversa, attraver... more Il saggio ricostruisce le vicende del cantiere settecentesco della cattedrale di Aversa, attraverso la lettura delle convenzioni notarili con le maestranze. Un intervento che non a caso sin dal titolo si preferisce definire col termine di “rifattione” poiché riflette appieno la concezione che prevale nel Settecento del restaurare come reficere e dunque come incessante operazione di riproduzione, ereditata dal mondo latino e convalidata dalle note tesi classiciste e idealiste dell'abate Bellori. Il progetto di Buratti, infatti, prevede lo smontaggio delle colonne dell’antica cattedrale romanica e la ricostruzione di poderosi pilastri in muratura, che creano una nuova spazialità pienamente espressiva del linguaggio burattiano.
Governo del territorio e trasformazione del paesaggio domizio attraverso i secoli, in Ambiente, Territorio, Paesaggio, a cura di A. Robotti, collana “Imagines”, a cura di Ciro Robotti, edizioni del Grifo, Lecce 2014, pp. 131-152, ISBN: 9788898175888 THE DOMITIAN COAST. TRANSFORMATION OF LANDSCAPE THROUGH AGES.
The natural environment fits the n... more THE DOMITIAN COAST. TRANSFORMATION OF LANDSCAPE THROUGH AGES.
The natural environment fits the needs of the men who live there and who shaped it over the centuries in the name of better usability.
In some rare cases, the men followed advices of ius naturae and improved the natural elements of landscape; in other cases, he irremediably defaced it through the introduction of invasive shapes far from its equilibrium (i.e. illegal construction along the coast).
The paper focuses on transformation that men enforced to the landscape of Domitian coast through ages to meet their residential, industrial, associative needs. It describes then all those works carried out on a large scale that have contributed to transform the landscape over the centuries as we see it today: the medieval monastic settlements, the massive works of hydraulic, the control policy and land management in the Domitian hinterland by the Bourbons in 18th century through the system of Real Sites, the agricultural colonies by ONC and finally the most recent and irreparable damage of unauthorized building right along the coasts
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Books by Maria Gabriella Pezone
La ricostruzione critica dell’opera di Carlo Buratti, offre una perspicua chiave di lettura per analizzare i rapporti tra Roma e Napoli nel periodo a cavallo tra Seicento e Settecento. Il libro ripercorre l’intera produttività dell’architetto di origini ticinesi, accademico di merito all’accademia di S. Luca, allievo e collaboratore di Carlo Fontana, chiamato a operare in molti centri dell’Italia centro-meridionale. Impegnato in campi diversi della progettazione, diede qualificati contributi nella costruzione di acquedotti, ponti, teatri e, soprattutto in rifattioni di edifici storici e in rinnovamenti urbani. Dalle opere, analizzate anche attraverso la lettura di fonti inedite, emerge il forte spirito razionale dell’architetto che, pur operando in un periodo difficile per le finanze dello stato pontificio, riuscì a definire un proprio linguaggio architettonico dalle valenze essenziali, che ne fa un anticipatore di quell’asciuttezza espressa in maniera programmatica solo nella seconda metà del secolo.
Partendo dalla sua attività, l’indagine è stata estesa anche alla presenza nel territorio vicereale napoletano di altri artefici romani, per sottolineare una precoce diffusione di stilemi e modi architettonici tipici dell’urbe ancora prima che il fenomeno dell’“importazione” del linguaggio romano avesse la sua consacrazione con l’arrivo di Carlo di Borbone.
Chapter in edited volumes by Maria Gabriella Pezone
The Capua cathedral building has changed its architectural facies several times throughout its thousand-year history. Of the articulated architectural events of its history, the essay explores the reconfiguration promoted by Nicola Caracciolo in the 18th century, a cultured operation of 're-use' of medieval materials that resurfaced from demolitions. Unfortunately, almost nothing remains of this decorative appearance, and it is only possible to reconstruct its configuration by reading the sources. The architect Sebastiano Cipriani had to apply a methodology of intervention that was very widespread in Rome in the rebuilding of old churches, where the preservation of the original structure and the reuse of ancient artefacts in a modern key expressed a sort of reverential respect for the primitive building, of which some elements were preserved as emblems of memory. Only in the succorpo remains some shreds of the stucco decorations of the 18th-century rifattione, although its spatial integrity was inexorably compromised by the disastrous events that followed, not only from the war. The essay focuses in detail on this space destined for the liturgy of the Easter triduum, which, with the central arrangement of a copy of the temple of the Holy Sepulchre, was meant to evoke the Rotunda of the Anastasis in Jerusalem.
The natural environment fits the needs of the men who live there and who shaped it over the centuries in the name of better usability.
In some rare cases, the men followed advices of ius naturae and improved the natural elements of landscape; in other cases, he irremediably defaced it through the introduction of invasive shapes far from its equilibrium (i.e. illegal construction along the coast).
The paper focuses on transformation that men enforced to the landscape of Domitian coast through ages to meet their residential, industrial, associative needs. It describes then all those works carried out on a large scale that have contributed to transform the landscape over the centuries as we see it today: the medieval monastic settlements, the massive works of hydraulic, the control policy and land management in the Domitian hinterland by the Bourbons in 18th century through the system of Real Sites, the agricultural colonies by ONC and finally the most recent and irreparable damage of unauthorized building right along the coasts
La ricostruzione critica dell’opera di Carlo Buratti, offre una perspicua chiave di lettura per analizzare i rapporti tra Roma e Napoli nel periodo a cavallo tra Seicento e Settecento. Il libro ripercorre l’intera produttività dell’architetto di origini ticinesi, accademico di merito all’accademia di S. Luca, allievo e collaboratore di Carlo Fontana, chiamato a operare in molti centri dell’Italia centro-meridionale. Impegnato in campi diversi della progettazione, diede qualificati contributi nella costruzione di acquedotti, ponti, teatri e, soprattutto in rifattioni di edifici storici e in rinnovamenti urbani. Dalle opere, analizzate anche attraverso la lettura di fonti inedite, emerge il forte spirito razionale dell’architetto che, pur operando in un periodo difficile per le finanze dello stato pontificio, riuscì a definire un proprio linguaggio architettonico dalle valenze essenziali, che ne fa un anticipatore di quell’asciuttezza espressa in maniera programmatica solo nella seconda metà del secolo.
Partendo dalla sua attività, l’indagine è stata estesa anche alla presenza nel territorio vicereale napoletano di altri artefici romani, per sottolineare una precoce diffusione di stilemi e modi architettonici tipici dell’urbe ancora prima che il fenomeno dell’“importazione” del linguaggio romano avesse la sua consacrazione con l’arrivo di Carlo di Borbone.
The Capua cathedral building has changed its architectural facies several times throughout its thousand-year history. Of the articulated architectural events of its history, the essay explores the reconfiguration promoted by Nicola Caracciolo in the 18th century, a cultured operation of 're-use' of medieval materials that resurfaced from demolitions. Unfortunately, almost nothing remains of this decorative appearance, and it is only possible to reconstruct its configuration by reading the sources. The architect Sebastiano Cipriani had to apply a methodology of intervention that was very widespread in Rome in the rebuilding of old churches, where the preservation of the original structure and the reuse of ancient artefacts in a modern key expressed a sort of reverential respect for the primitive building, of which some elements were preserved as emblems of memory. Only in the succorpo remains some shreds of the stucco decorations of the 18th-century rifattione, although its spatial integrity was inexorably compromised by the disastrous events that followed, not only from the war. The essay focuses in detail on this space destined for the liturgy of the Easter triduum, which, with the central arrangement of a copy of the temple of the Holy Sepulchre, was meant to evoke the Rotunda of the Anastasis in Jerusalem.
The natural environment fits the needs of the men who live there and who shaped it over the centuries in the name of better usability.
In some rare cases, the men followed advices of ius naturae and improved the natural elements of landscape; in other cases, he irremediably defaced it through the introduction of invasive shapes far from its equilibrium (i.e. illegal construction along the coast).
The paper focuses on transformation that men enforced to the landscape of Domitian coast through ages to meet their residential, industrial, associative needs. It describes then all those works carried out on a large scale that have contributed to transform the landscape over the centuries as we see it today: the medieval monastic settlements, the massive works of hydraulic, the control policy and land management in the Domitian hinterland by the Bourbons in 18th century through the system of Real Sites, the agricultural colonies by ONC and finally the most recent and irreparable damage of unauthorized building right along the coasts
Not many people went beyond, to Nocera dei Pagani, Cava dei Tirreni, Salerno, Persano and beyond to south, to Velia, Palinuro, Camerota, Sapri e Maratea.
This unusual itinerary to discover the antiquities and the nature along the coastal areas beyond the gulf of Salerno and in many little towns inland was the subject of a new guide Le Memorie di Storia Naturale del litorale tirreno della Lucania in oggi detto Principato di Salerno written by Niccolò Carletti in 1794 and unpublished for the death of its author.
Reflecting the spirit of the Enlightenment, the manuscript describes all aspects of these areas, not only history, architecture and art but also sites of natural, geological, botanical and geographical interest.
The choice of Carletti, well-read man, to write this guide probably reflected an interest really shared with travelers of that time in this areas.
My paper focuses on this itinerary through the examination of the books and the iconographic albums about it.
Ferdinando Fuga (dal 1748) e Luigi Vanvitelli (dal 1750) avrebbero dominato la scena artistica partenopea del secondo Settecento contendendosi, con una rivalità senza esclusioni di colpi, le commesse più importanti, non solo reali ma anche della nobiltà più in vista all’epoca.
Sullo sfondo dell’architettura ufficiale di corte continuò, operosa e senza clamori, l’attività di una miriade di artefici che sono rimasti lungamente in ombra e che solo negli ultimi anni la storiografia sta riscoprendo. Architetti il cui linguaggio andava riannodandosi, senza soluzione di continuità, ai modi e agli stilemi della tradizione del primo Settecento napoletano, traghettati, non senza apporti innovativi, nella seconda metà del secolo. Proprio per la vicinanza del loro linguaggio al primo Settecento, nel corso degli anni, molte loro opere sono state attribuite erroneamente ora a Sanfelice ora a Vaccaro.
Tra costoro, insieme a Niccolò Tagliacozzi Canale, ai Buonocore, ai de Blasio, rientrano a buon titolo anche Luca e Bartolomeo Vecchione, sulla cui attività, svolta tra gli anni 30 e gli anni 70 del Settecento, intende soffermarsi il saggio.
Come gli altri poc’anzi menzionati, essi appartennero a una famiglia che, da più generazioni, lavorava nel campo dell’edilizia. I genitori avevano affiancato, con la loro impresa edile, i grandi Maestri del primo Settecento. Proprio in questi cantieri mossero i primi passi i due fratelli, elevando poi la loro condizione da artigiani ad architetti, ma mantenendo sempre saldo, grazie alle origini, il contatto col fare, col plasmare la materia – legno, stucco, pietra, marmo – soggiogandola al disegno dell’architettura e facendo di questa attenzione materica la cifra distintiva della loro attività edilizia.
Fatto costruire a sue spese da Carlo di Borbone nel 1754 per il marchese di Squillace Leopoldo de Gregorio dall’architetto reale Luigi Vanvitelli, fu poi acquistato da Ferdinando IV nel 1796 per insediarvi la prima fabbrica “delle Fiandre” del regno. Trasformato, in seguito, in cotonificio con Luigi Vallin nel Decennio Francese, continuò ad avere una destinazione d’uso legata alla fabbrica anche dopo la Restaurazione. Passato in seguito ai militari nel 1851, per volontà di Ferdinando II, che potenziò la vocazione difensiva di S. Maria Capua Vetere e Caserta in appoggio a Capua, il palazzo fu infine venduto ai privati alla fine dell’Ottocento per poi essere requisito dopo la Seconda Guerra mondiale da parte del Commissariato degli alloggi e concesso ai senzatetto per risolvere il problema delle abitazioni. Nel ripercorrerne le molte “vite” il saggio proverà, nelle conclusioni, a toccare anche aspetti più direttamente legati alla sua tutela, poiché lo stato attuale di conservazione dell’edificio sollecita interrogativi inerenti il rapporto tra storia, memoria, identità e quanto di esso sopravvive materialmente, che non riflette più ciò che ha rappresentato nei singoli momenti della sua lunga storia.
The essay explores the origins and the many transformations of palazzo de Gregorio, located in Caserta behind the gardens of the Bourbon royal palace.
Built at his own expense by Charles of Bourbon in 1754 for the Marquis of Squillace Leopoldo de Gregorio by the royal architect Luigi Vanvitelli, it was purchased by Ferdinand IV in 1796 to house the kingdom's first Flanders's factory. Later transformed into a cotton mill with Luigi Vallin in the French Decade, it continued to be used as a factory even after the return of the Bourbons. The palace later passed to the military in 1851, at the behest of Ferdinand II, who strengthened the defensive vocation of S. Maria Capua Vetere and Caserta in support of Capua, and was finally sold to private individuals at the end of the 19th century. After World War II, it was requisitioned by the Housing Commission and granted to the homeless to solve the housing problems. In tracing its many 'lives', the essay will also try, in its conclusions, to touch on some aspects more directly related to its protection, since the current state of conservation of the building solicits questions concerning the relationship between history, memory, identity and what materially survives of it, which no longer reflects what it has represented at individual moments in its long history.
That has meant working without the architecture but with the tools of historical reconstruction, with the help of the sources, first the descriptions of the property in the “Prese di possesso” and then with other banking and iconographic documents, that contributed to define a more precise idea of the architectural configuration in these different eras.
The paper focuses on some moments of its modern history. Starting from the origin of the new building in the sixteenth century with the Carafa of San Lucido family, the essay analyzes the reconstruction of the early seventeenth century and the transformation of the early nineteenth century. These two moments share the luxurious transformations and the dominating personality of the patrons, Matteo di Capua in the early seventeenth century and Nicola Amalfi in the early nineteenth century.
Questa storia lunga e straordinaria sollecita, a trent’anni dalla monografia di Pisani e con nuovi percorsi di indagine aperti da altri studi di approfondimento sui luoghi della geografia artistica dei Carafa, un confronto a più voci tra specialisti di diversi campi della ricerca. Un incontro transdisciplinare che parta dal centro della famiglia Carafa per diramarsi e articolarsi negli specifici disciplinari, non perdendo mai di vista l’insieme della storia di una famiglia, che fu specchio delle dinamiche di affermazione sociale nel regno di Napoli.
Questa storia lunga e straordinaria sollecita, a trent’anni dalla monografia di Pisani e con nuovi percorsi di indagine aperti da altri studi di approfondimento sui luoghi della geografia artistica dei Carafa, un confronto a più voci tra specialisti di diversi campi della ricerca.
Un incontro transdisciplinare che parta dal centro della famiglia Carafa per diramarsi e articolarsi negli specifici disciplinari, non perdendo mai di vista l’insieme della storia di una famiglia, che fu specchio delle dinamiche di affermazione sociale nel regno di Napoli.